Tema sicurezza al TotA, attenzione e sopralluoghi

23.04.2024
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SCHWAZ (Austria) – Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps ci accoglie nel head quarter dell’organizzazione. Per lui abbiamo domande che in questo periodo fioriscono in ogni dibattito e tornano alla ribalta dopo ogni caduta. Il tema della sicurezza qui al TotA è molto serio e gode di standard attuativi molto alti. Non a caso questa corsa ha dimostrato di essere ben voluta anche per questo aspetto da parte dei corridori. 

«Ci mettiamo tanto impegno – afferma Evangelista – questo è un evento che è cresciuto in maniera importante e che, a mio modo di vedere, ha raggiunto una dimensione che in questo momento nel panorama del ciclismo italiano è un po’ un’anomalia. La filosofia organizzativa è quella di un gruppo assolutamente professionale, anche se non composto solo da persone che fanno questo per mestiere, ma anche tanti volontari. Quello che però accomuna tutte queste persone è che lo fanno per passione. Non lavoriamo con i paraocchi tra i vari comparti, ma c’è una coesione vera e propria e questo ci dà un’anima riconoscibile anche da fuori. Il prodotto cresce, il consenso cresce, l’attenzione cresce, la visibilità anche e quindi evidentemente significa che stiamo lavorando bene».

Una giornata difficile in questo Tour of the Alps con tanto freddo e pioggia
Una giornata difficile in questo Tour of the Alps con tanto freddo e pioggia
Questo aspetto infatti si ripercuote anche sulla sicurezza, come gestite questo aspetto dell’evento?

Abbiamo cominciato per primi, invece di chiacchierare e basta, a fare qualcosa di concreto. Lo abbiamo fatto con un’idea nostra che può essere più o meno condivisibile, ma che è l’elemento cardine di tutto il lavoro che facciamo. E’ inutile, a mio modo, fare quello che si vede in alcune grandi manifestazioni dove ci sono gli avvisi luminosi, sirene, che servono a ben poco. I corridori oggi performano in una maniera che li espone molto di più al pericolo. Primo, perché loro vanno molto più forte. Secondo, perché non ci sono più le strade di una volta. Il terzo elemento è che il corridore ha tante sollecitazioni che provengono dalle strumentazioni, dalla bicicletta, da quello che gli dicono alla radiolina. Lui non è in grado di percepire il pericolo a meno che tu non gli dia gli strumenti base per farlo, su tutti la conoscenza. E questo non lo fa nessuno (Maurizio ci mostra il manuale della sicurezza del TotA 2024, ndr).

Come segnalate i pericoli ai corridori?

Noi predisponiamo il percorso di tutta una serie di strumenti di preavviso. Per fare un esempio i banner che ultimamente abbiamo fatto per segnalare le curve servono per richiamare visivamente l’attenzione. Non risolvono tutti i problemi, però se l’atleta alza la testa e li vede, sono un input in più. Un’altra cosa fondamentale è la protezione dell’ostacolo. Noi partiamo dal presupposto che non possiamo pretendere che questi atleti andando così forte, tra l’altro spesso distratti, pedalino a rischio zero. Facciamo in modo che se avviene l’impatto sia meno dannoso possibile. E’ questa la differenza nel concetto di sicurezza, la cura dei dettagli. Quindi quello che mettiamo sui guardrail, le coperture che mettiamo su determinati tombini, sui dislivelli, sulle ringhiere, su delle sporgenze, sono tutte attenzioni importanti. I corridori se ne accorgono di tutto questo e sanno che quando vengono qua, c’è un certo tipo di attenzione.

Evangelista, qui con Antonio Tiberi, coordina ogni movimento al TotA
Evangelista, qui con Antonio Tiberi, coordina ogni movimento al TotA
In questo modo abbassate notevolmente i rischi…

Non c’è la matematica certezza che tutto andrà bene. Noi stessi possiamo fare degli errori, però c’è un tipo di impegno, di applicazione, di investimento di risorse umane piuttosto importante e tutto questo cerchiamo di farlo anche in condizioni di salvaguardia del codice della strada. L’installazione avviene a traffico chiuso. E questa è una cosa che tu puoi fare in quella mezz’ora che intercorre da quando chiude il traffico a quando passano i corridori. Si può immaginare che l’impegno non sia da poco. C’è una squadra che anticipa il gruppo fa questo lavoro e poi c’è una dietro che toglie.

Veniamo dalla polemica che è esplosa dopo il giro dei Paesi Baschi. Sul tema sicurezza si sta dibattendo molto. Qual’è il tuo pensiero in merito? E’ giusto mettere sul patibolo gli organizzatori ogni volta che c’è una caduta?

Ogni organizzatore vorrebbe che non succedesse, può succedere e l’onestà intellettuale è quella di saper valutare quanto di quell’accadimento c’è di tuo. Per esempio Pickering l’altro giorno è andato giù dal dirupo. Il corridore lì ha perso completamente la traiettoria. Per me lui si è deconcentrato, perché non c’era logica che quella curva lo potesse portare così fuori… Dicendo così io non mi lavo le mani. Ma siamo consci che quel tratto è stato messo in sicurezza e valutato al meglio. Certo però che il caso dei Paesi Baschi al di là dell’importanza di quelli che ci sono finiti per terra, che ovviamente ha amplificato notevolmente la questione, sta nel fatto che quel sasso stava là. Sono particolari di cui accorgersi, come anche che ci fosse quello scolo dell’acqua. Dirò di più da quanto ho capito, il vero problema era che sotto l’asfalto c’erano delle radici per cui l’asfalto era irregolare. La vera domanda è con che accuratezza vengono valutati questi dettagli?

Voi quanti sopralluoghi fate per evitare questo tipo di insidie?

Ne facciamo cinque, dilazionati nel tempo perché ovviamente ci sono fattori che possono mutare. Ci può essere stata una frana o lavori che sono stati aperti. Spesso, dopo che abbiamo fatto le richieste di autorizzazione, ci segnalano che su una strada c’è un cantiere. Oppure succede qualche volta che non ce lo segnalino e siamo noi che ce ne dobbiamo accorgere. Infatti, non è un caso che il nostro ultimo sopralluogo avvenga 7-8 giorni prima della manifestazione. Non dico che il nostro staff tecnico sia immune da errori o che noi abbiamo la sicurezza al 100 per cento, però quello che posso garantire è che il nostro staff tecnico conosce i percorsi che facciamo palmo a palmo. 

Può influire il fatto che il Trentino, il Tirolo, ha comunque uno standard di infrastrutture molto buono, cioè le strade sono asfaltate in modo spesso impeccabile…

Beh questo è un punto di vantaggio. Noi non disconosciamo mai il fatto che viviamo in una situazione privilegiata. Abbiamo dei luoghi bellissimi, questo ti aiuta già anche come prodotto televisivo. Le strade ci agevolano perché c’è un livello anche di manutenzione che è molto alto.

Si parla molto di iniziative per aumentare questa sicurezza: safety car, neutralizzazione di certi segmenti… Secondo te sono modalità che stridono con il ciclismo che conosciamo?

Tutti devono far vedere che si spendono, che trovano la soluzione a tutto. Tanti discorsi franano davanti a certi banali ostacoli che non sono né protetti né presidiati. Mi viene il dubbio che certi propositi rimangano solo propositi. Ogni idea è sicuramente da rispettare e da considerare. Io personalmente vedo con perplessità gli sport che non si sanno rimettere in discussione. Se c’è questo pericolo e questo pericolo c’è, se oggi i corridori vanno a velocità e con prestazioni totalmente diverse del passato è qualcosa su cui bisogna lavorare, però non si può snaturare uno sport. Non possiamo correre la Parigi-Roubaix sulla moquette, la discesa del Poggio rimane la discesa del Poggio con le sue insidie. Ogni iniziativa è meritevole d’attenzione, ma bisogna evitare di esagerare. Ci sono dei problemi più banali che però possono fare molto più male e questo è l’aspetto che a me lascia un pochino perplesso.

Daniel Oss di nuovo in gruppo, da ambassador del TOTA

06.02.2024
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Qualche giorno fa il Tour of the Alps ha annunciato la collaborazione con Daniel Oss. «Sarà il nostro ambassador», tanto per sintetizzare il tutto. E ci sta. Oss è un ragazzo brillante, è un freschissimo ex pro’, è trentino… Insomma c’erano, e ci sono, tutti i presupposti per una storia che è già interessante (in apertura Daniel Oss, foto di Giacomo Podetti).

Quest’anno il TOTA, abbreviazione Tour of the Alps, andrà in scena dal 15 al 19 aprile. Cinque tappe nell’Euroregio, vale a dire quella zona a cavallo fra Austria e Italia, puntinata dalle cime forse più belle del mondo e solcata dalle valli più affascinanti. E in questo contesto, fra squadre WorldTour, professional e continental, e tappe stuzzicanti, ci sarà anche Daniel Oss appunto.

Dal Sud Africa, dove si trova ora con il team Specialized per provare i modelli gravel in vista del nuovo scorcio di carriera, Oss ci spiega meglio questa avventura.

Daniel Oss (classe 1987) fra il general manager del Tour of the Alps, Maurizio Evangelista, e il presidente del GS Alto Garda, Giacomo Santini (foto Giacomo Podetti)
Daniel Oss fra il general manager Evangelista, e il presidente del GS Alto Garda, Santini (foto Giacomo Podetti)
Daniel, come nasce dunque questa collaborazione con il GS Alto Garda, società organizzatrice del TOTA?

Mi ha contattato il GS Alto Garda, la società organizzatrice del TOTA, tramite Maurizio e David Evangelista (che con la loro Vitesse curano il coordinamento organizzativo e la comunicazione della corsa, ndr). Siamo vicini di casa e mi hanno fatto questa proposta che io sposato subito con naturalezza per diverse ragioni. Innanzitutto perché è il nostro territorio e in generale perché c’è una certa empatia per questa gara. Io ho dedicato del tempo al mio territorio. Ho sempre vissuto in Italia. Durante le uscite valorizzavo “casa mia” facendone la palestra di allenamento e mostrandolo sui social… e tutto ciò rispecchia anche i valori del TOTA. Senza contare gli aspetti legati al turismo e all’organizzazione stessa della gara.

Insomma c’era una certa affinità…

Esatto, io poi continuo a pedalare ma lo faccio da un punto di vista diverso, un punto che tuttavia può essere comunque affine al TOTA. Anche perché io tecnicamente non lo ero, visto che è una corsa per scalatori. Anche se ai tempi della BMC aiutai Cadel Evans a conquistare la maglia ciclamino.

Quale sarà il tuo ruolo? Cosa ti vedremo fare?

Quello di far parlare della corsa e di raccontarla. Stare con gli ospiti, i giornalisti e i corridori. E tutto ciò mi entusiasma e mi lusinga. Raccontare il pre e post tappa. In più sono previste delle social ride. Credo sia importante essere presente sul posto.

Nel 2014 grazie alla cronosquadre di apertura, Oss indossò il simbolo del primato dell’allora Giro del Trentino poi divenuto TOTA
Nel 2014 grazie alla cronosquadre di apertura, Oss indossò il simbolo del primato dell’allora Giro del Trentino poi divenuto TOTA
Prima si è detto da un punto di vista diverso. Anche Nibali al Giro ha assaporato questa situazione…

Stare vicino a David e Maurizio mi consentirà di vedere tante cose che da atleta ti sfuggono e mi piace imparare questi dettagli, scoprire queste cose. Potrebbe essere anche l’inizio di qualcosa di nuovo.

Seguirai i social ufficiali?

Vediamo, di sicuro sarò presente sui social. Miei o della corsa, sono un canale molto importante.

Daniel, hai parlato di valori. Spiegaci meglio…

Il TOTA è una corsa che offre spettacolo. Ha percorsi belli, scenografici e la corsa stessa è dinamica grazie ai suoi tracciati mai troppo lunghi. Io stesso ho fatto delle ricognizioni e posso dire che sono percorsi perfetti per lo show.

Sei un corridore, conosci quelle strade, che Tour of the Alps ci possiamo aspettare da un punto di vista tecnico?

Come sempre sarà duro. E su questo non ci sono dubbi. Sarà un banco di prova per coloro che puntano a fare bene al Giro d’Italia, ma c’è anche chi viene per vincere la corsa. E il valore dell’evento lo si nota anche perché c’è proprio chi non viene, perché sa che non può fare bene, non può vincere o non è in condizione. Segno dunque che è una gara importante.

Ci saranno da fare un totale di 709 chilometri in 5 tappe, con 13.250 metri di dislivello: c’è un passaggio o un momento chiave?

Credo che tutto sia collegato allo show. Mi spiego: non ci sono salite super lunghe di 10-15 chilometri che potrebbero ammazzare la corsa e che poi in quel periodo si rischierebbe di non affrontare per questioni meteo. E poi ci sono i circuiti finali, nei paesi, dove c’è la gente. Il tutto per rendere la corsa interessante e spettacolare appunto. 

Quindi gara aperta fino alla fine?

Salvo azioni particolari, non ci sarà un vincitore con minuti di vantaggio. Le prime frazioni sono più da studio, mentre le ultime due, in Valsugana e nella Valle dei Mocheni, saranno decisive. Sono tappe in cui la squadra è molto importante per quei tratti di transizione. Tratti in cui se un uomo di classifica resta solo rischia di pagare molto.

EDITORIALE / Campionati italiani, appunti e strappi

26.06.2023
6 min
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I campionati italiani juniores del prossimo fine settimana in Veneto e quelli allievi di luglio a Boario Terme assegneranno gli ultimi titoli della strada. Frattanto Comano Terme e Mordano hanno ospitato le rassegne delle altre categorie.

Stile trentino

Gli organizzatori del GS Alto Garda, che in aprile mettono su strada il Tour of the Alps nel Trentino in cui nel 2012 fu organizzata l’ultima Settimana Tricolore, hanno portato a casa un ottimo risultato, con il passo del grande evento: i campionati europei di Trento 2021 sono un ricordo ancora fresco. Nei giorni fra giovedì e domenica si sono succedute le crono individuali di tutte le categorie, poi le prove su strada di professionisti e donne elite.

Il Trentino ha fatto sistema e il territorio di Comano Terme è diventato teatro di manifestazioni nel segno dell’efficienza e senza concessioni allo sfarzo. I percorsi hanno riscosso il gradimento di atleti e tecnici, nelle hospitality si degustavano prodotti tipici, si è tenuta aperta una porta sul turismo e pare che la sola cena di gala organizzata il sabato abbia visto la partecipazione di pochi invitati.

Al via della gara pro’ a Comano, anche 9 under 23 di squadre continental. Perché non correre a Mordano?
Al via della gara pro’ a Comano, anche 9 under 23 di squadre continental. Perché non correre a Mordano?

I pro’ al sabato

Ha fatto parlare tuttavia la scelta di invertire le gare del sabato e della domenica, anticipando i professionisti rispetto alle donne. La decisione, annunciata il 2 marzo alla presentazione dell’evento, era già stata ventilata a dicembre, quando i tecnici azzurri andarono a Comano per visionare i percorsi.

Il motivo dello spostamento, come spiegato da Maurizio Evangelista (general manager del GS Alto Garda), sta nell’aver voluto concedere un giorno di recupero in più agli atleti che saranno impegnati al Tour e una vetrina più importante per le donne elite. Ugualmente la scelta ha creato qualche contrattempo.

Solo i giornalisti di tre testate sono rimasti a Comano per la gara delle donne elite, vinta da Longo Borghini
Solo i giornalisti di tre testate sono rimasti a Comano per la gara delle donne elite, vinta da Longo Borghini

La fuga dei media

Il primo va a disonore della categoria cui apparteniamo. Seguita la gara dei professionisti, gli inviati di alcune delle testate più prestigiose sono stati richiamati alla base. Così ieri a raccontare la vittoria di Elisa Longo Borghini, tolto chi scrive, si sono ritrovati i colleghi di Tuttobiciweb e di InBici.net. Dopo aver dovuto digerire l’assenza della diretta televisiva nella crono, la campionessa italiana ha mandato giù un altro boccone amaro.

Il secondo ha creato una sovrapposizione evidente fra gli organizzatori trentini e quelli romagnoli che per sabato avevano in programma il tricolore degli under 23, conquistato da Francesco Busatto. Qualcuno fra coloro che sono preposti allo studio dei calendari avrebbe potuto accorgersene nei tre mesi a disposizione e mettere sul tappeto le possibili soluzioni? Si poteva valutare che si proponevano i campionati italiani in piena maturità? Oggi Eleonora Ciabocco, che ieri ha corso a Comano, ha avuto gli orali…

Impossibile che il tricolore U23si corresse sulle strade del mondiale: è nato così il tracciato di Mordano
Impossibile che il tricolore U23si corresse sulle strade del mondiale: è nato così il tracciato di Mordano

L’alluvione in Romagna

Una premessa si rende ora necessaria. Dopo l’alluvione della Romagna, per mantenere il tricolore U23 gli uomini di Extra Giro hanno dovuto ridisegnare un nuovo percorso in tempo record. Le strade di Riolo Terme e delle colline dei dintorni sono infatti impraticabili e chissà per quanto ancora lo saranno. Sembra il loro destino, che pure parla di una struttura agile e buone capacità organizzative. Se Trento ha organizzato gli europei, non dimentichiamo che l’anno prima Extra Giro tirò fuori dal cilindro un mondiale a tempo di record.

Non più il tracciato ispirato a quei mondiali, dunque, bensì uno nuovo che richiamava Imola 1968: il mondiale di Adorni. La situazione avrebbe richiesto che le istituzioni avessero un occhio di riguardo. Che il presidente, ad esempio, andasse sul posto, anziché mandare il consigliere federale Cazzola.

Se il tricolore U23 fosse stato spostato alla domenica, avrebbe ricevuto un’attenzione mediatica superiore? Se le donne avessero corso il sabato sarebbe cambiato qualcosa? E se qualcuno avesse pensato a una progettazione di alto livello, si sarebbero potuti fare collegamenti dalla Romagna durante la gara dei pro’? La RAI avrebbe affrontato le spese di un’altra diretta da Mordano? Molto probabilmente no.

In rappresentanza della FCI ai campionati italiani di Mordano, il consigliere federale Cazzola, secondo da destra (foto Extra Giro)
In rappresentanza della FCI a Mordano, il consigliere federale Cazzola, primo da destra (foto Extra Giro)

Il momento di Extra Giro

Non è un mistero che, dopo aver prosperato grazie al sostegno esterno di Cassani e con l’appoggio del presidente Di Rocco – risollevando il Giro U23, organizzando corse nel post pandemia e addirittura quei mondiali del 2020 – Extra Giro sia stata messa ai margini, seguendo il destino dello stesso Cassani. Quando va così, purtroppo la tendenza è quella di saltare giù dal carro. Gli sponsor. Gli amici. I politici. I media… La cosa può infastidire, ma non certo stupire.

Dipende però da come si vive il disagio. Se comanda la rabbia, perché l’emergenza, lo scoramento, la stanchezza e l’esasperazione sfociano spesso in rabbia, può capitare che si alzino i toni.

Selleri è sul punto di mollare tutto e si spiega così probabilmente il post su Facebook in cui si è complimentato con gli atleti di Comano Terme, ma ha colpito la capacità organizzativa del GS Alto Garda. Ci risulta che nella telefonata successiva fra lui e Maurizio Evangelista, i toni non siano stati concilianti: tutt’altro. Lo scontro è fra adulti, sapranno gestirlo benissimo senza interventi esterni.

Una guerra sterile

Gli sponsor vanno dove ottengono di più, l’errore più grosso è cadere in una guerra fra bande. Il GS Alto Garda fa da anni la sua strada, senza neppure cercare intese con altri soggetti. E’ la loro scelta, che ad esempio li porta fuori dalla trattativa della Lega per i diritti televisivi e su binari totalmente autonomi.

Extra Giro fa fatica a trovare risorse e visibilità, danneggiata ad esempio dal passaggio del Giro d’Italia U23 nelle mani di RCS Sport, con un bando per loro inaccessibile. La cosa può infastidire, ma puntare il dito contro chi invece sta a galla, è l’errore più comune. Ricordiamo ad esempio che nei giorni in cui il Giro U23 aveva i favori di sponsor e palazzi, gli organizzatori del Val d’Aosta – lontani dalle logiche romane – masticavano amaro, ma rimasero sempre zitti.

Anziché farsi giustizia sui social, sarebbe più utile chiedere risposte alla FCI. Ad esempio sulle cause dell’enorme esborso di denaro per il Giro Donne oppure sul prolungamento del commissariamento della Lega. Le società affiliate sono soci con diritto di voto, sono azionisti della Federazione: sarebbe ora che la smettessero di sentirsi parti lese o di spendersi per ottenere le amicizie giuste. Che entrino semmai nel vivo delle scelte. Molto meglio portare avanti il proprio lavoro senza dover dire grazie a nessuno. E semmai, se qualcosa non va, chiedere che si lavori meglio o si mandi a casa chi non riesce a far andare la macchina.

Tour of the Alps, gruppo affiatato e dettagli al top

24.04.2023
7 min
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PREDAZZO – Quando si dice Tour of the Alps si dice principalmente una gara in preparazione al Giro d’Italia come dimostra la vittoria di Geoghegan Hart con la sua Ineos, ma si intende anche un format che va oltre l’aspetto prettamente agonistico. I tre territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino) dal 2017 ad oggi hanno caratterizzato il percorso evolutivo di quello che era il vecchio Giro del Trentino.

A dirla tutta, bisogna parlare praticamente di due eventi diversi, nonostante la collocazione nel calendario internazionale sia rimasta la medesima. Per scoprire il dietro le quinte dell’organizzazione della corsa, abbiamo sentito Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps (foto in apertura). Davanti a noi ci sono i trampolini dello stadio del salto con gli sci “Giuseppe Dal Ben” di Predazzo che saranno teatro delle olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2026.

Il Tour of the Alps è riuscito a coinvolgere a fondo i territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino)
Il Tour of the Alps è riuscito a coinvolgere a fondo i territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino)
Maurizio che tipo di gara è il “TotA”?

Abbiamo ereditato il Giro del Trentino che non riusciva più a reggere da solo un certo tipo di standard. Anche se noi siamo un’altra società, riconosciamo la sua storia e non possiamo rinnegarla. Tuttavia il messaggio che ci era arrivato era quello di allestire una corsa di alta qualità. Siamo partiti bene e credo che ad oggi abbiamo alzato l’asticella ogni anno. Questa è la filosofia della nostra manifestazione. Naturalmente portiamo avanti una nostra idea di gara. Cerchiamo di cadenzare la giornata dell’atleta. Abbiamo tappe con chilometraggi non troppo lunghi, facciamo partenze ad orari comodi e di conseguenza arriviamo presto, anche perché siamo in luoghi in cui ad aprile si trova ancora brutto tempo o neve.

Come gestite o scegliete i transiti sulle montagne della corsa?

Se avete fatto caso, se non in rarissimi casi, non facciamo mai passaggi o arrivi in alta quota perché non servono a nulla in questo periodo. Né all’atleta e le squadre, né agli addetti ai lavori e tantomeno a noi. Ci faremmo un clamoroso autogol se volessimo cercare di arrivare su certe cime. Saremmo costretti a rivedere lo svolgimento della tappa ogni giorno e quindi fare il lavoro due volte, considerando la nostra macchina organizzativa. Molta gente sottovaluta che qua attorno esistono delle signore salite a quote più basse che possono rendere spettacolare ugualmente il Tour of the Alps. Non dobbiamo fare la leggenda, noi dobbiamo fare una corsa moderna.

Renon e massiccio dello Sciliar. Le partenze e gli arrivi del TotA hanno sempre scenari suggestivi
Renon e massiccio dello Sciliar. Le partenze e gli arrivi del TotA hanno sempre scenari suggestivi
Cosa intende?

L’evento non è solo una corsa, ma tutta una serie di attività. Ovviamente abbiamo massimo rispetto per corridori e squadre però vogliamo intrattenere e coinvolgere il pubblico nelle nostre sedi di tappa. Musica, radio ufficiale, stand dei nostri sponsor, delle zone che ci ospitano e tanto altro. Abbiamo la predominanza del colore verde che ad ogni edizione è accompagnato da un altro colore. Quest’anno è il blu, l’anno prossimo sarà l’arancione. Sviluppando questo tipo di cose abbiamo generato un volano di interesse tra le amministrazioni locali. Sono loro adesso che cercano noi, come una sorta di passaparola. Per dire, quest’anno è stata Brunico a chiederci di avere una tappa, spingendo forte più per l’arrivo che la partenza. In questi sei anni siamo riusciti a dare una riconoscibilità al Tour of the Alps. Credo che per noi sia un grandissimo risultato.

Il road-book del TotAe parte del materiale turistico che ogni veniva consegnato in ogni tappa
Il road-book del TotA e parte del materiale turistico che ogni veniva consegnato in ogni tappa
Come sono i rapporti con gli enti territoriali?

Sono diventati buoni. In questa corsa inizialmente era prevalentemente solo il Trentino ad avere un certo tipo di tradizione col ciclismo mentre Tirolo e Sud Tirol non erano molto coinvolti. Abbiamo dovuto far percepire a queste altre zone dell’Euregio cosa volevamo portare a casa loro. In questi anni hanno visto il nostro impianto organizzativo, che si basa su tante persone che hanno saputo fare squadra in modo affiatato come noi richiediamo. Ed anche questo piace alle amministrazioni. Ma c’è anche un’altra cosa che mi rende molto contento.

Quale?

La collaborazione tra enti e sponsor. In questi anni abbiamo messo in contatto realtà che prima non si conoscevano fra loro. Il Tour of the Alps ha un certo di tipo di esigenze organizzative e le istituzioni con cui lavoriamo hanno sempre saputo soddisfarle. Noi cerchiamo sempre di partire da zone molto vicine in cui siamo arrivati per facilitare il compito di tutti. Da lì in avanti molte di queste amministrazioni si sono attivate autonomamente per confrontarsi con quelle delle annate precedenti o della stessa edizione per cercare di fare qualcosa in più per noi. I comitati di tappa prendono spunto da altri. Poi loro quasi ogni sera, con altre associazioni locali, organizzano per noi un rinfresco con prodotti del posto, distribuendo anche materiale informativo turistico. Da queste parti ci tengono particolarmente anche se sono posti conosciuti in tutto il mondo. E per noi è più semplice lavorare.

Al TotA ogni comitato di tappa organizza una cena o un rinfresco con prodotti tipici locali (foto Finotto)
Al TotA ogni comitato di tappa organizza una cena o un rinfresco con prodotti tipici locali (foto Finotto)
C’è qualcosa che contraddistingue il vostro gruppo di lavoro?

Innanzitutto va detto che noi muoviamo complessivamente una carovana di circa 600 persone, quindi diventa più facile gestire tutto. Però, viste le nostre dimensioni, direi che cerchiamo di curare i dettagli pur sapendo che difficile mantenere un certo di livello. Altro esempio, in sala stampa cerchiamo di non far mancare nulla a chi segue la corsa. E tra l’altro mi ha fatto molto piacere averla vista piena in questi giorni, soprattutto di testate straniere. Questo è per tornare al discorso che facevo prima. La gara ci interessa, ma ci interessano anche altri aspetti che non possono più prescindere in una manifestazione. Naturalmente sommando il tutto in paesaggi del genere, anche il prodotto televisivo diventa e resta molto interessante.

Sala stampa. Per i giornalisti italiani e stranieri c’è sempre un buonissimo trattamento (foto Tour of the Alps/Sprint)
Sala stampa. Per i giornalisti italiani e stranieri c’è sempre un buonissimo trattamento (foto Tour of the Alps/Sprint)
La reputazione del Tour of the Alps è ormai assodata. Vi manca però non avere al via i cosiddetti fenomeni di questa generazione?

Noi siamo felici e orgogliosi dei vincitori e dei partecipanti alla nostra corsa. Sono tutti corridori che vengono da noi in preparazione al Giro d’Italia o per fare una esperienza di qualità. Anzi facendo finire la gara di venerdì, molti di loro hanno sempre avuto la possibilità di rifinire la condizione per la Liegi-Bastogne-Liegi, per fare l’ennesimo esempio che ci riguarda. Detto questo, è ovvio che mi piacerebbe avere al via Evenepoel o Pogacar. Ho un po’ di anni di ciclismo alle spalle e per me questo è il più bel ciclismo che abbia mai visto. Questi fenonemi se le danno di santa ragione e appena tagliano il traguardo si fanno reciprocamente i complimenti. Questo è lo spirito che piace a me. E poi il Tour of the Alps, con tappe corte ed intense, sarebbe perfetto per il loro modo di interpretare la corsa.

Il TotA si appoggia spesso ad impianti di altri sport. Qui i trampolini di Predazzo in lavorazione per MilanoCortina 2026
Il TotA si appoggia spesso ad impianti di altri sport. Qui i trampolini di Predazzo in lavorazione per MilanoCortina 2026
Appuntamento all’anno prossimo quindi con loro?

Speriamo di sì, anche se sappiamo che i preparatori talvolta nel nostro periodo prevedono ancora i ritiri in altura o altri tipi di programmi. Aspettiamo anche tanti altri campioni che non sono mai stati da noi. In ogni caso per la nostra macchina organizzativa avere due come Evenepoel o Pogacar sarebbe un grande richiamo internazionale ma anche tanto lavoro in più. Dovremmo raddoppiare alcuni spazi o ambienti, come le sale stampe. Ve lo immaginate? Sarebbe bellissimo, e noi siamo pronti per questo tipo di straordinari.

Tour of the Alps, qualità e sicurezza: scelte azzeccate

05.11.2022
7 min
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Quello che è andato in scena ieri a Milano, durante la presentazione del Tour of the Alps 2023, è stato il confronto fra due modi di intendere il ciclismo. Alla presenza di Mauro Vegni, organizzatore del Giro d’Italia, il tema è venuto fuori da sé. Poi è rimasto sotto traccia, forse perché non era quella la sede idonea per un approfondimento.

Il Tour of the Alps – si legge nel comunicato ufficiale – ha infatti affermato un proprio modo di interpretare il ciclismo. Salite, dislivelli importanti ma senza altitudini estreme, brevi chilometraggi e trasferimenti ridotti al minimo. Così si può sintetizzare la “Formula TotA”, premiata dall’apprezzamento di campioni e squadre – prova ne sia il nutrito contingente World Tour schierato al via anno dopo anno – oltre che dall’entusiasmo di un pubblico sempre più vasto e internazionale.

Rohregger, Evangelista, Rossini, Giacomo Santini, Pichler: il motore operativo del Tour of the Alps
Rohregger, Evangelista, Rossini, Giacomo Santini, Pichler: il motore operativo del Tour of the Alps

La formula ToTa

Il Tour of the Alps partirà il 17 aprile 2023 dall’Austria e si concluderà il 21 in Alto Adige. Le cinque tappe propongono un modello moderno e avvincente, in cui lo spettacolo e i corridori sono prepotentemente al centro della scena. Lunghezza media delle tappe di 150,52 chilometri: la più breve di 127,5 mentre la più lunga ne misura 165,2. Ciascuna tappa del Tour of the Alps parte a metà mattinata, per concludersi nel primo pomeriggio. Una volta anche il Giro faceva così. Poi le esigenze televisive hanno fatto passare in secondo piano le esigenze degli atleti. Per cui le tappe partono all’ora di pranzo e si concludono sul far della sera, con tutte le problematiche connesse.

«Credo che per una corsa di una settimana – ha spiegato Giuseppe Saronni – la formula tecnica del Tour of the Alps rappresenti la soluzione ideale. C’è brillantezza, c’è spettacolo tutti i giorni. Il Tour of the Alps propone percorsi da ciclismo moderno. E’ corsa per scalatori, non c’è dubbio, e gli atleti la affronteranno con intensità dall’inizio alla fine».

Qualità e quantità

Probabilmente la modernità non c’entra affatto: il ciclismo è ciclismo e basta. Tuttavia è un dato di fatto che la progressiva riduzione delle distanze di gara negli ultimi tempi abbia prodotto lo spettacolo maggiore. Un orientamento nato dalla Vuelta, che non ha però rinunciato ai suoi tanti arrivi in salita, poi ripreso dal Tour. La tappa più spettacolare dell’ultima edizione, quella del Granon e del crollo di Pogacar, misurava appena 151,7 chilometri. Anche nella prossima edizione le tappe più brevi saranno quelle con l’arrivo in salita.

«Il Tour of the Alps – ha detto Davide Cassani, presente in sala – ha trovato una forte identità, grazie ai percorsi impegnativi che contraddistinguono i territori. A questa gara non si arriva per prepararsi, ma per vincere. L’inizio della prima tappa non sarà morbido e già da qui si potrà capire chi potrebbe essere il favorito della gara. In generale le corse rispetto a un tempo sono molto più spettacolari e questo perché si punta maggiormente alla qualità, rispetto alla quantità. Bisogna puntare a offrire corse che siano belle da vedere, proprio come il Tour of the Alps».

Tivù, croce e delizia

Le tre settimane dei grandi Giri non si toccano e così pure i tapponi, su questo siamo d’accordo. Eppure le tappe troppo lunghe sembrano noiose, al punto di chiedersi se i corridori di una volta fossero davvero più battaglieri. La risposta probabilmente è no, tanto che le tappe leggendarie ricorrono in un numero limitato di racconti e il resto rimane nelle statistiche.

Quel che fa la differenza è la copertura televisiva. La diretta integrale mostra anche i momenti di presunta… fiacca, risulta soporifera e costringe i cronisti spesso a vere maratone. Ne abbiamo davvero bisogno? Quei chilometri sono alla base del cumulo di fatica che nei finali avvantaggia i corridori più solidi, ma non sono spettacolari. Si ha modo finalmente di apprezzare il lavoro dei gregari, ma lo spettacolo della corsa è quello dei finali. Né si può pretendere che si vada a tutta dalla partenza all’arrivo nel nome dello spettacolo.

E’ corretto che la televisione diventi la discriminante per la modifica dei percorsi e della loro lunghezza? E’ corretto che costringa gli atleti a barbari orari di corsa? Si comprende il costo dei diritti, ma la risposta è no.

Secondo Vegni sono le grandi distanze fra Nord e Sud a costringere il Giro a tappe molto lunghe
Secondo Vegni sono le grandi distanze fra Nord e Sud a costringere il Giro a tappe molto lunghe

«Per quello che propone dal punto di vista tecnico – ha commentato Mauro Vegni – il Tour of the Alps mette in luce i corridori veri e anche coloro che potranno pensare di presentarsi con ambizioni al Giro d’Italia qualche settimana dopo. Un identikit del prossimo vincitore? Sarà un campione assoluto, un grande scalatore. Quanto al Giro, l’esigenza di tappe più lunghe deriva dal fatto che l’Italia è allungata al centro del Mediterraneo. Per coprire il più elevato numero di regioni, non si possono fare tappe troppo brevi».

Le tappe di montagna del prossimo Giro sono tutte intorno ai 200 chilometri. Non sarà questo spauracchio a indurre i corridori a condotte meno garibaldine, in attesa dell’ultima salita?

Obiettivo sicurezza

E così il Tour of the Alps si gode il momento e va avanti nel segno della sua filosofia. Al suo fianco, Trentino Marketing e la partnership entusiasta con gli omologhi del Sud Tirolo e del Tirolo Austriaco, orgogliosi di dare la partenza alla corsa.

«Intendiamo proseguire – ha detto Maurizio Evangelista, General Manager (foto di apertura) – su una direzione tecnica che incarna la modernità del ciclismo. Il ciclismo di oggi è decisamente più spettacolare rispetto a quello del passato e si è spostata anche l’asse della carriera di un corridore. Ci saranno sempre più atleti precoci ed è giusto dar loro grandi sfide con le quali confrontarsi».

«Fra i capisaldi per noi – ha proseguito – c’è il tema della sicurezza. All’interno del nostro team organizzativo, è presente un nucleo tecnico che lavora tutto l’anno su questa tematica».

Fra le note più toccanti della presentazione, c’è stato l’intervento di Sonny Colbrelli. Il video ha mostrato un uomo ancora alle prese con una scelta di vita importante e dolorosa, ma sempre innamorato pazzo della bici e del ciclismo. Sonny in Trentino ha vinto il suo titolo europeo e nel raccontarlo aveva gli occhi lucidi. Probabilmente, neanche noi siamo pronti a restare senza di lui.

Tour of the Alps, alle radici del successo con Evangelista

02.05.2022
8 min
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Il Giro d’Italia è alle porte e presto catalizzerà tutta l’attenzione. Tuttavia vogliamo soffermarci ancora un po’ sul Tour of the Alps. La corsa transfrontaliera ci ha colpito per la sua crescita e la sua buona organizzazione. Ci siamo chiesti sin dove può arrivare.

Le sirene del WorldTour, con un evento del genere, possono risuonare da un momento all’altro. Abbiamo fatto il punto con Maurizio Evangelista, general manager della corsa.

Garibaldi curatissimo: non solo nozioni tecniche, ma anche storiche, di colore, turistiche dei territori attraversati
Garibaldi curatissimo: non solo nozioni tecniche, ma anche storiche, di colore, turistiche dei territori attraversati
Maurizio, una corsa davvero ben riuscita…

È un progetto impegnativo e lo rendiamo sempre più impegnativo perché cerchiamo costantemente di migliorare. Però ne vale la pena, perché è una corsa bellissima in un territorio bellissimo, con degli enti che s’impegnano e ci credono. Quindi meritano il meglio possibile. 

Il vostro Garibaldi era davvero ben curato: contenuti interessanti, anche extra corsa. Ci ha colpito il messaggio di pace, tanto più in questo momento storico, della collaborazione fra diverse Nazioni e minoranze etniche…

Due Stati possono significare qualche piccolo problema burocratico in più. L’Europa unita, su certi aspetti, lo è ancora in maniera imperfetta.

Come le moto della Polizia ferme al confine e pronte quelle austriache…

Ci sono tre realtà, Trentino, Alto Adige e Tirolo (quest’anno nella zona dell’Osttirol, ndr) molto diverse tra loro. Anche perché molto diversa è la loro familiarità col ciclismo. Il primo ha una tradizione solida, gli altri due molto meno. Però devo dire che uno dei tornaconti migliori che abbiamo avuto da questo punto di vista è stato l’entusiasmo che c’è intorno al Tour of the Alps proprio da queste zone.

Oggi sembra che se non si è nel World Tour non si riesca a fare del grande ciclismo. Avete dimostrato che non è vero. Tuttavia c’è l’idea di diventare una corsa WorldTour in futuro?

Prima dell’ultima tappa ne ho parlato con il presidente di giuria. Ci ha riconosciuto grandi meriti. Allora io gli ho raccontato che non più tardi di tre settimane fa, l’Uci ci aveva inviato un form da completare che riguardava le manifestazioni che volessero candidarsi per il WorldTour.

Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps, nei giorni della corsa
Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps, nei giorni della corsa
Quindi è un obiettivo?

Può essere un obiettivo. Però, proporre a un’organizzazione di candidarsi al WorldTour senza sapere preventivamente cosa questo comporti non è una strada giusta. E non parlo degli aspetti economici. In quel caso è sempre tutto molto chiaro. Quello che non è chiaro è: se io mi candido a WorldTour e tu, organizzazione internazionale, accetti la mia candidatura dove finisco io in calendario?

Obiezione legittima…

Questo è il punto. Noi abbiamo una collocazione nella quale la nostra corsa sta bene, ha una sua identità. Perché non ci dimentichiamo che siamo già tra due gare WorldTour e in mezzo ce n’è un’altra, la Freccia Vallone. Se questo è lo schema e noi dovessimo entrare nel World Tour, per noi sarebbe un problema. E’ insensato fare una un’eventuale procedura per il WorldTour senza sapere questo. Il problema reale quindi è il calendario. Una gara come il Tour of the Alps è una gara importante, perché ha saputo guadagnarsi un certo tipo di considerazione. 

Una WorldTour mascherata, tanto più visto il parterre di quest’anno…

È evidente che questa è una gara WorldTour sotto mentite spoglie. E aggiungo, senza timore di essere smentito: è migliore di numerose gare WorldTour. Non è solo una questione di status, è una questione di costi-benefici. Fondamentalmente qual è il nostro patrimonio? La tradizione, una posizione in un calendario che non è felicissima al 100% ma è comunque buona, la credibilità, la qualità e il gradimento da parte dei corridori e delle squadre.

Cioè?

Guardate anche sui social quello che scrivono i corridori. Ciò che dicono nelle interviste. Sono apprezzamenti spontanei. Questo vuol dire che abbiamo un format che funziona.

C’è qualcosa ìda migliorare o che vorresti fosse andato diversamente?

Questa edizione è andata molto bene. Avrei voluto avere ancora più campioni alla partenza. Ma lo spostamento della Roubaix ha inciso. Uno dice: che c’entra la Roubaix con noi. Invece c’entra eccome. Lo staff delle squadre che fa tutto il primo blocco di classiche ha prolungato il suo impegno di una settimana e questo ha complicato la loro organizzazione. Il tutto con il Giro d’Italia dove servono doppi mezzi perché non ci sono i tempi tecnici per portarli dall’Ungheria alla Sicilia. Le squadre pertanto sono sotto pressione e tutto questo incastro non ci ha favorito.

Scorci unici e corridori di elevata qualità: il Tour of the Alps è servito
Scorci unici e corridori di elevata qualità: il Tour of the Alps è servito
Una cosa molto positiva a nostro avviso sono stati i percorsi. Disegnati per lo spettacolo. Per assurdo la tappa che sembrava dovesse essere più scoppiettante, quella con la salita dura del Furcia, è stata la più “banale”…

Diciamo di sì, ma diciamo anche che quella del Furcia sarebbe stata una tappa ancora più vivace se ci fossero state 2 o 3 squadre nel comandare la corsa e non una (la Bahrain Victorious, ndr). Fortunatamente viviamo una stagione di grandi e nuovi campioni che sono totalmente in linea con l’idea di attaccare da lontano, di dare spettacolo, che hanno gli organizzatori. Mi permetto di dire che noi, forse, ci siamo arrivati un po’ prima di altri, intuendo che se i corridori non fanno in pieno quello che un organizzatore desidera, cioè una corsa vivace, è perché le scelte tecniche forse non sono ideali.

Ti riferisci ai percorsi più corti, in particolare?

Siamo sicuri che accorciare i percorsi sia una scelta giusta. Anche perché bisogna considerare il fatto che corriamo in giorni feriali e non ti puoi permettere una corsa eccessivamente prolungata: troppi disagi. I 140, 150 o i 120 chilometri, sono una proposta che i corridori apprezzano. Gli piace, vanno a tutta, non hanno troppo stress prima e dopo la corsa. Avrete notato poi che cerchiamo di rendere la partenza e l’arrivo nello stesso luogo, riducendo i trasferimenti. Arensman prima della partenza di Lienz è arrivato al via con un sorriso straordinario, nonostante la pioggia. E nei post, la DSM diceva che questa è la loro corsa preferita. Matteo Tosatto mi ha raccontato che in Ineos-Grenadiers quando all’inizio della stagione fanno il programma c’è la ressa per venire qua, perché piace ai corridori e al personale.

In effetti si è percepito un bel clima…

Un clima che cerchiamo di trasmettere attraverso uno staff che nel corso degli anni si è evoluto, ringiovanito e con una presenza femminile più marcata. Alla sera negli alberghi, noto il piacere che hanno tutte queste persone di esserci. Ed è un’organizzazione mista, che si avvale di professionisti e volontari. E i volontari non sono qui perché “danno una mano”. No, ognuno ha il suo ruolo. Dicono che io sia una persona esigente, probabilmente è vero. Però, al di là dell’essere esigente, di cercare sempre il meglio, c’è il fatto che tu hai bisogno di persone che devi distribuire in vari incarichi e non li puoi assegnare “tanto per…”.  Il ciclismo è uno sport organizzativamente difficile e richiede competenze specifiche.

Il prossimo anno si partirà dall’Austria e si dovrebbe finire in Alto Adige (a Bressanone?)
Il prossimo anno si partirà dall’Austria e si dovrebbe finire in Alto Adige (a Bressanone?)
In virtù di tutto ciò pensate anche ad altri progetti simili oltre al Tour of the Alps?

Non lo so. Con uno staff diverso che comprendeva alcune delle persone di cui ho fiducia, l’anno scorso abbiamo fatto il campionato europeo a Trento ed è stata un’esperienza bellissima. Però il soggetto organizzativo non era lo stesso. In Italia c’è un organizzatore molto importante che è Rcs Sport. Credo che ci sarebbe bisogno di altri player altrettanto qualificati, ovviamente non della stessa dimensione. Organizzatori che però facciano qualità. A volte vedo delle gare che sono “trascinate”, cioè fatte con coraggio con i mezzi che ci sono. E non sono sicuro che questo sia funzionale all’obiettivo, perché oggi come oggi una località che ti ospita, un’azienda che ti finanzia, vuole qualità. 

Qualità non solo tecnica, ma generale?

Il ciclismo deve essere un evento, non una corsa fine a se stessa. La corsa è un elemento dell’evento. Pensare che fatta la corsa è risolto tutto, non corrisponde al mio modo di pensare.

Ci ha incuriosito la presenza di due squadre: la Kern Pharma e la Uno-X. Per i norvegesi magari ci sono anche motivazioni turistiche visto che amano le nostre montagne. Ma gli spagnoli?

La prima scelta è chiaramente razionale. Dalla tarda estate chiediamo alle squadre di dichiarare il loro interesse verso il Tour of the Alps. Dopodiché valutiamo quali coinvolgere. La squadra norvegese è già venuta l’anno scorso e gode di una certa considerazione. Quest’anno non è stata brillantissima, ma ha avuto i suoi malati e poi era stata invitata anche nelle classiche del Nord.

Il Tirol KTM Cycling Team era l’unica continental al via. Ma anche una delle squadre “di casa” lungo il percorso
Il Tirol KTM Cycling Team era l’unica continental al via. Ma anche una delle squadre “di casa” lungo il percorso
E la Kern Pharma?

E’ una squadra più piccola, ma da seguire. Anche perché se non li vedi, non ti rendi conto a che punto sono. Poi verifichi anche che tipo di rendimento producono. E in base a questo decidi se invitarli l’anno dopo. Sono anche dei test, se vogliamo…

Quasi niente continental: perché?

C’è un forte sbarramento rispetto alle continental. Nessuna preclusione, ma non possiamo permetterci una presenza di quel livello. Francamente non lo troverei così interessante per la corsa. E avevamo il posto per farle venire visto che siamo partiti con 18 squadre.

Dici che il gap è troppo grande?

C’è già un gap piuttosto forte tra WorldTour e Professional, figuariamoci tra WorldTour e continental. Significa portarsi dietro una presenza che crea problemi: non sono in grado di competere, allungano la corsa. E secondo me non serve neanche a loro perché fanno brutta figura. Non è un voler rinunciare a dare delle opportunità a squadre più piccole, ma semplicemente non vedo questa commistione che noto in alcune gare, in cui non si capisce se sono professionisti o under 23. Ben vengano semmai i giovani delle squadre development inseriti nella squadra maggiore.

Trento 2021, due mesi dopo i numeri del successo

16.11.2021
4 min
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Ci sono le corse, il pubblico e i corridori. E poi c’è il backstage, quello che la televisione non mostra e che cogli (se ti va bene) leggendo gli sguardi degli organizzatori e di chi a vario titolo ha partecipato a costruire l’evento. I campionati europei di Trento sono finiti in archivio con le vittorie di Colbrelli, Silvia Zanardi e della staffetta a cronometro di Ganna e compagni, ma a distanza di due mesi, in una conferenza stampa che si è svolta oggi a Trento sono stati letti gli altri numeri. Quelli che giustificano tanto lavoro e che domani si potranno mostrare ad altri investitori.

«Che l’evento sia andato meglio di quanto ci aspettassimo – spiega Maurizio Evangelista, direttore dell’organizzazione – è chiaro. La risposta c’è già stata. Ho visto nei volti e negli occhi di chi ci ha aiutato la convinzione di aver fatto una bella cosa e averla fatta bene. Ma partendo da questo, l’ufficio marketing ha valutato di fare una valutazione economica, affidandosi a Nielsen: azienda americana specializzata nella misurazione dell’audience di tv, radio e giornali».

La vittoria di Colbrelli in Piazza Duomo ha concluso in modo trionfale gli europei di Trento
La vittoria di Colbrelli in Piazza Duomo ha concluso in modo trionfale gli europei di Trento

La giusta consapevolezza

Gli europei di Trento tornavano dopo la scelta di non disputarli nel 2020 per il rischio che le complicazioni Covid vanificassero gli sforzi. Proprio il fatto di aver attraversato un periodo di grandi incertezze ha reso il successo della manifestazione ancora più eclatante.

«La nostra esigenza – conferma Maurizio – è fare in modo che il territorio e i soggetti coinvolti serbino un buon ricordo e abbiano consapevolezza di quello che si è avverato. Affinché un domani proprio le realtà imprenditoriali coinvolte abbiano gli strumenti per valutare ogni fattore se e quando gli verrà proposto di nuovo qualcosa del genere».

I numeri delle gare

I campionati europei Trentino 2021 hanno visto cinque giorni di gare con 13 titoli in palio. A fronte di 2.762 tamponi rapidi eseguiti in loco, hanno gareggiato 768 atleti in rappresentanza di 39 Paesi, con 439 fra tecnici e accompagnatori, 130 rappresentanti della stampa. In totale 1.967 accrediti consegnati, compresi quelli per la produzione televisiva curata dalla Eurovisione con uno staff di 72 persone.

Da sinistra: Villotti, Della Casa (Uec), Bertagnolli (APT), Ianeselli (Sindaco di Trento), Failoni, Rossini (Trentino Marketing), Evangelista
Oggi a Trento: Villotti, Della Casa, Bertagnolli, Ianeselli, Failoni, Rossini, Evangelista

Il dato complessivo sull’occupazione alberghiera attesta un +20 per cento nella città di Trento rispetto all’analogo periodo del 2020 e +15 per cento nei territori limitrofi. La ricaduta economica dell’evento si è propagata in molte altre zone del Trentino integrando l’offerta alberghiera della città.

I numeri di Nielsen

I dati di Nielsen danno l’esatta dimensione del successo. A fronte di un investimento di 1,6 milioni di euro, fra costi organizzativi, compensi e investimenti in comunicazione, il media value generato dall’evento è di 48.494.868 euro. Il successo della manifestazione ha moltiplicato di oltre 30 volte il valore dell’investimento.

A ciò si aggiungono i dati di audience televisiva, con 15 emittenti collegate in diretta, 71 Paesi coperti in Europa e Asia, 20 ore di produzione totale di cui 17 in diretta.

Maurizio Evangelista, presentazione Tour of the Alps
Maurizio Evangelista, già direttore del Tour of the Alps, ha condotto molto bene in porto anche gli europei
Maurizio Evangelista, presentazione Tour of the Alps
Maurizio Evangelista, già direttore del Tour of the Alps, ha condotto molto bene in porto anche gli europei

I numeri dei social

Non mancano neppure i dati sui digital media, che oggi come oggi spostano il gradimento in maniera davvero importante.

Instagram ha collezionato 1.236.000 utenti, per 2.347.000 impressions. Facebook 277.000 utenti e 445.000 impressions. Sul fronte video, 265 ore complessive di visualizzazioni. Mentre il sito ufficiale dell’evento ha avuto 186.000 sessioni per un totale di 116.700 utenti.

Asticella più alta

«Questi numeri – prosegue Evangelista – mettono dei paletti, dei riferimenti per i quali potremo dire di aver portato bene a casa un compito di cui inizialmente non eravamo tutti convinti. Ma c’era fiducia nelle strutture che lo avrebbero organizzato, che hanno dimostrato di avere gli strumenti per farlo. Il risultato ottenuto alza l’asticella e anche la Uec in futuro potrà faticare per trovare una località alla stessa altezza e insieme potrà pretendere uno standard superiore rispetto ai primi anni, quando gli europei non erano eventi così ben organizzati. Hanno lavorato molto bene per promuoverli, portandoli a una dimensione economica sostenibile. Magari noi abbiamo dato una spinta dal basso perché crescano ancora. Non si tratta di lodarsi, quando piuttosto di apprezzare i risultati di valutazioni economiche importanti».

EDITORIALE / Europei e Coppa d’Oro, un’occasione da cogliere

30.08.2021
3 min
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Facciamo in modo che il 12 settembre diventi un grande giorno di ciclismo? Sentite cosa succede. Nel fare i programmi dei prossimi viaggi, ci siamo accorti che nello stesso giorno degli europei di Trento, a 40 chilometri di distanza si correrà la Coppa d’Oro. La classica per allievi più famosa d’Europa.

Si svolge a Borgo Valsugana dal 1965 ed è l’unico evento al mondo in cui gli atleti corrono per la gloria dei propri direttori sportivi. La organizzano Stefano Casagranda e il Veloce Club Borgo. Negli anni l’hanno fatta crescere, coinvolgendo le ragazze con la Coppa Rosa e a seguire gli esordienti e i giovanissimi. E’ tanto alto il livello degli allievi al via, che il prossimo anno alcuni fra i primi correranno probabilmente gli europei nella categoria juniores. Un certo Pogacar la corse nel 2013, non riuscì a vincerla e il 12 settembre nello stesso giorno a Trento correrà l’europeo degli elite.

Nel 2013 alla Coppa d’Oro si mise in luce Pogacar, anche se non vinse (foto Coppa d’Oro)
Nel 2013 alla Coppa d’Oro si mise in luce Pogacar, anche se non vinse (foto Coppa d’Oro)

Calendari da studiare

Siamo onesti fino in fondo. Il primo pensiero davanti alla concomitanza è stato per chi compila i calendari. Si tratta di organismi diversi, ma come si fa a sovrapporre due eventi del genere nella stessa area geografica senza pensare di metterli a sistema? Perché non coinvolgere gli allievi nel circo degli europei, studiando una formula che dia al Trentino la palma di regione ciclistica per eccellenza?

Chiaro, parliamo con occhio da appassionati prima ancora che da giornalisti specializzati. E ci rendiamo conto che in Italia la grande stampa forse neanche lo sa cosa sia la Coppa d’Oro.

Ci siamo resi conto che la corsa di Borgo si conclude alle 13. Più o meno alla stessa ora partiranno i pro’ da Trento. I due eventi sono in qualche modo conciliabili.

Ancora Nizzolo in piazza Duomo, da cui partiranno gli europei (foto Giacomo Podetti)
Ancora Nizzolo in piazza Duomo, da cui partiranno gli europei (foto Giacomo Podetti)

Agitiamo le idee

Qualcuno un giorno raccontò una celebre frase di Enzo Ferrari, secondo cui un grande giornale deve essere agitatore di idee e di uomini. Perciò questo editoriale vuole essere uno stimolo per Maurizio Evangelista e Stefano Casagranda, organizzatori delle due prove, e anche per Enrico Della Casa che presiede la Uec, perché si facciano quantomeno una telefonata. Le date non si toccano, per gli orari forse ci sarebbe tempo. Ma perché ad esempio non aggiungere una premiazione a quelle degli europei, chiamando sullo stesso palco i due vincitori della Coppa d’Oro? Oppure perché non prevedere una navetta che porti a Borgo i giornalisti interessati? Così ci rimangeremo quei pensieri e avremo per un po’ addosso la sensazione di aver reso il 12 settembre un giorno speciale per due ragazzini e i loro direttori sportivi.

Open Bike Fest, Zanardo

Open Bike Fest, l’evento che non c’era. Ma perché?

19.01.2021
4 min
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Open Bike Fest, l’evento che non c’era. E’ questo lo slogan per descrivere ciò che accadrà a Treviso dall’11 al 13 giugno. La base logistica sarà Opendream, l’ex area industriale Pagnossin, situata vicino all’aeroporto di Treviso e a due chilometri dal centro, con accesso diretto alla Treviso-Ostiglia, una delle ciclabili più belle del Nord Est. Una superficie di 38.000 metri quadrati da cui le 4 anime del ciclismo spiccheranno il volo seguendo le attività proposte. Un po’ fiera, un po’ scoperta. Come è nato l’evento che non c’era? E quali sono gli obiettivi che persegue?

«L’idea è venuta a un imprenditore di nome Damaso Zanardo (sulla sinistra nella foto di apertura, assieme a Mario Conte, sindaco di Treviso, e all’Assessore Regionale Federico Caner) che opera nel settore della logistica e che ha rilevato l’ex-Pagnossin di Treviso, un’azienda specializzata in ceramiche che a suo tempo sponsorizzò anche il basket. Quando l’azienda chiuse, i capannoni rimasero abbandonati, fino a questa rinascita».

Parla Maurizio Evangelista, che già abbiamo conosciuto nel suo ruolo al Tour of the Alps, chiamato a coordinare le forze che daranno vita a Open Bike Fest.

Ecco un rendering di come Open Dream accoglierà il pubblico di OBF
Ecco un rendering di come Open Dream accoglierà il pubblico
Qual è l’idea di partenza?

Coniugare nello stesso evento il cibo e la mobilità dolce. L’eccellenza enogastronomica come gate di ingresso a qualcosa che riguarda la bicicletta. Non sarà un’attività spot, nel senso che l’obiettivo è la nascita di un polo permanente, in cui i bambini possano pedalare liberamente, trovando la pista di pump-track, ad esempio, e tutto ciò che può essere propedeutico al ciclismo. All’interno c’è già la bottega del ciclista, il bike bistrot e presto ci saranno altre infrastrutture, compreso un villaggio del gusto che sia volano per le realtà produttive locali. La location si presta incredibilmente per gli eventi, anche se il momento non è dei più facili. E comunque proprio per scongiurare gli assembramenti, vale la pena sottolineare che Opendream sarà soltanto la base logistica.

Chi è questo Damaso Zanardo?

Un imprenditore con la passionaccia per il ciclismo, in un territorio in cui la bicicletta è una cosa viva. Treviso è sinonimo di ciclabilità sportiva, ma c’è forte anche la spinta verso il cicloturismo. Questo evento è un segnale forte per portare avanti il filone.

Il complesso ex-Pagnossin si trova vicino alla ciclabile Trevisto-Ostiglia
L’ex-Pagnossin è vicino alla Trevisto-Ostiglia
Cosa si farà a Open Bike Fest?

Expo Test, con gli stand della aziende del settore. Lo svago, magari per i più piccoli, con ogni tipo di animazione su due ruote. Cultura, raccontando la storia della bicicletta con l’esposizione di esemplari vintage ma anche attraverso il racconto di personaggi celebri. Business, perché dovrà essere un volano per l’economia. Gusto, perché si scopriranno le piccole e grandi aziende che parteciperanno. E poi Think-Tank, con i suoi workshop alla presenza di personaggi di spicco.

In che senso Opendream sarà solo la base logistica?

Nel senso che l’evento è fatto per andare fuori. La struttura sarà l’hub in cui ci saranno i servizi informativi e di svago per i bambini, ma i percorsi per bici da strada, Mtb, gravel, urban ed e-Bike porteranno fuori.

Il Covid potrebbe essere un ostacolo?

All’interno ci sono spazi immensi, se avessimo problemi di assembramento vorrebbe dire che l’evento ha richiamato davvero una folla enorme. In ogni caso la situazione è un po’ particolare, non bisogna farsi prendere dal panico, visto che mancano 5 mesi e magari la campagna dei vaccini per allora sarà più avanzata. Semmai ci sarà da intervenire sulla programmazione per far fronte agli eventuali problemi.

Open Bike Fest
L’interno dei capannoni offre superfici coperte di 38.000 metri quadrati
Open Bike Fest
L’interno dei capannoni offre superfici coperte di 38.000 metri quadrati
Treviso ha accolto bene l’idea?

Decisamente sì, anche grazie al fiuto e al tempismo di questo imprenditore. Il tessuto produttivo ha colto l’opportunità, perché si tratta di un evento trasversale. C’è la bici. Ci sono le colline del Prosecco e gli itinerari, come la Strada del Radicchio. Un evento che si sposa benissimo con il turismo slow. Le aziende di settore sono interessate soprattutto per quello che va oltre l’evento.

Perché definirlo l’evento che non c’era?

Perché è diverso dal Bike Festival, ad esempio, che ha solo la mountain bike, mentre qui ci sono 4 filoni. Negli altri eventi manca la parte dell’approfondimento, la formazione per gli addetti ai lavori e una ricaduta sul pubblico. Ci saranno dei talk con personaggi dello sport, dello spettacolo e della società civile, per i quali la bici è diventata uno stile di vita. Per questo è l’evento che non c’era. Per questo e per molto altro…