Arvedi Cycling, colonna portante per la pista azzurra

18.01.2024
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Agli ultimi europei su pista che hanno visto l’Italia protagonista, una buona fetta della nazionale era composta da atleti dell’Arvedi Cycling, che ha portato a casa i bronzi di Francesco Lamon con il quartetto e di Stefano Moro nel keirin. Non è un caso, perché la società lombarda è nata proprio sulla base di un progetto che vede la pista come obiettivo privilegiato.

Stiamo parlando di un team diverso da tutti gli altri, nato nel 2019 proprio per dare una “casa” a molti pistard e consentire loro di abbinare alla stagione nei velodromi anche la necessaria preparazione e attività su strada. Un progetto condiviso, per certi versi voluto dalla Federazione che aveva bisogno di un team di appoggio per coloro che non hanno contratti nelle squadre WorldTour come Ganna o Milan.

Alla guida del team, come presidente e team manager, c’è Massimo Rabbaglio, da sempre attratto dall’attività su pista fino al punto di fare questa scommessa rivelatasi vincente: «Abbiamo 13 ragazzi nel nostro roster – racconta – e la loro attività la gestiamo in perfetta sintonia con le indicazioni e le esigenze di Villa. Quando non ci sono impegni su pista, portiamo i ragazzi a gareggiare su strada, anche se Lamon e Scartezzini hanno una tale mole di impegni tra allenamenti e gare nei velodromi che raramente riescono a trovare tempo e spazio anche per la stagione su strada».

Massimo Rabbaglio, da anni presidente e manager dell’Arvedi Cycling, seguendo un progetto (foto Rodella)
Massimo Rabbaglio, da anni presidente e manager dell’Arvedi Cycling, seguendo un progetto (foto Rodella)
Questo comporta una gestione un po’ diversa rispetto a quella di qualsiasi altra società…

Sicuramente, ma non significa che non seguiamo un calendario compiuto, come le altre. Gareggiamo nelle prove nazionali e anche in molte internazionali. Chiaro che esso viene stilato in base agli eventi e alla preparazione su pista, mettendo in condizione chi non è impegnato di gareggiare su strada e mantenere la condizione. D’altronde abbiamo verificato come l’attività su strada e quella del gruppo endurance siano molto compatibili. E’ chiaro però che per qualcuno l’attività su strada è un complemento per la pista, ma non è detto che per tutti sia così.

Ci sono anche casi inversi?

Basta guardare l’esempio di Mattia Pinazzi, che proprio dalla pista e dall’attività con noi ha tratto spunto per mettersi in luce e guadagnarsi un contratto con la VF Group-Bardiani. Per noi il suo ingaggio è stata una grande soddisfazione, un premio per il nostro lavoro. L’impegno con noi si compendia con quello della nazionale completando la crescita dei ragazzi, poi qualcuno troverà posto fra i professionisti, qualcun altro in un corpo militare come Lamon e Moro che sono nelle Fiamme Azzurre. O magari avrà una professione nell’ambito del ciclismo, come meccanico o preparatore.

Pinazzi ha regalato all’Arvedi la prima vittoria 2023 al Trofeo Città di Nonantola (foto team)
Pinazzi ha regalato all’Arvedi la prima vittoria 2023 al Trofeo Città di Nonantola (foto team)
Com’è nata questa idea diversa da tutte le altre?

E’ stata quasi un’intuizione, quand’ero alla Biesse-Carrera come diesse e gestivo i giovani della Arvedi. La pista mi è sempre piaciuta, ho pensato che un progetto simile mancasse nella crescita della specialità e poteva essere molto utile. Abbiamo iniziato con 6 atleti, c’erano già Lamon e Moro e con loro Attilio Viviani, Plebani, Giordani. Il nostro lavoro ha sempre per obiettivo le Olimpiadi, portare almeno un ragazzo a Parigi sarà una soddisfazione enorme com’è stato l’oro di Lamon a Tokyo.

Il programma della strada viene quindi compilato in base alle indicazioni che arrivano dal settore della pista?

Sì, decidiamo assieme. Spesso i ragazzi fanno blocchi di attività su strada per acquisire fondo che sarà poi utile su pista. E’ un sistema che funziona, una strategia che andrà avanti anche oltre l’appuntamento olimpico parigino.

Lamon ha dato al team la grande gioia dell’oro olimpico. Ora si punta forte su Parigi
Lamon ha dato al team la grande gioia dell’oro olimpico. Ora si punta forte su Parigi
Guardate già a Los Angeles 2028?

Non potremmo fare altrimenti. Il nostro è un lavoro che si gratifica e si compensa in base ai risultati dei ragazzi in nazionale, anche se poi qualche soddisfazione su strada ce la togliamo sempre. I ragazzi migliorano proprio grazie alla doppia attività. Galli è un esempio, lavorando con noi ormai è un riferimento per la nazionale maggiore e ad Apeldoorn ha già avuto modo di mettersi in luce.

Avete mai pensato a un progetto simile per le donne?

Per ora no, potrebbe essere una nuova strada, ma servirebbe un impegno che da parte nostra attualmente non possiamo garantire senza contraccolpi. Lo stesso dicasi per l’ingaggio di corridori stranieri come avviene nelle altre società. Noi siamo concentrati su uno scopo e lavoriamo per quello.

Arvedi come team di lancio verso i pro’. L’esempio di Pinazzi vale per chi oggi è nel team
Arvedi come team di lancio verso i pro’. L’esempio di Pinazzi vale per chi oggi è nel team
Quanti ragazzi avete?

Nove under 23 e quattro elite, è un numero adeguato per fare un’attività fatta bene. Considerando anche di loro 11 sono effettivamente disponibili perché due fanno velocità e quindi seguono una programmazione diversa che praticamente non contempla impegni su strada.

Da dove ti viene tutta questa passione?

Il ciclismo è sempre stata la mia vita. Ho corso fino ai dilettanti, poi sono stato diesse in tutte le categorie, anche fra i professionisti. Ora presiedo un team di livello continental seguendo un progetto che è completamente originale. Sono ormai 14 anni che vivo e lavoro per questo team e la collaborazione con la federazione nata nel 2019 è stata uno step che mi ha dato nuovo vigore. La corsa verso le Olimpiadi coinvolge anche me e mi sento esaltato al pensiero.

Pinazzi con Reverberi: i pro’ e il rebus della pista

25.07.2023
5 min
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Nonostante questa stagione non sia ancora finita, anzi non se ne veda nemmeno l’orizzonte, c’è chi lavora in vista del 2024. Una delle squadre che ha già lanciato lo sguardo al breve futuro è la Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè. I ragazzi di Bruno e Roberto Reverberi vedranno presto un nuovo compagno: Mattia Pinazzi (nella foto di apertura insieme a Bruno Reverberi). Parmense, classe 2001, che nelle ultime tre stagioni ha vestito la maglia dell’Arvedi. 

Nel 2023 Pinazzi ha iniziato la stagione su strada a gennaio in Argentina, con la Vuelta a San Juan
Nel 2023 Pinazzi ha iniziato la stagione su strada a gennaio in Argentina, con la Vuelta a San Juan

Continua il progetto giovani

Pinazzi è un altro giovane che arriva alla Green Project: una linea, quella dei Reverberi, che ha portato tanti ragazzi a vestire questa maglia. 

«E’ un ragazzo veloce – esordisce – in salita fa leggermente fatica, ma può migliorare tanto. Abbiamo dei corridori buoni tra i nostri, ma raccogliamo soltanto piazzamenti. Pinazzi è uno che può vincere, in questa stagione ha vinto due corsette di 110 chilometri. Alle quali ha poi aggiunto due bei successi (Vicenza-Bionde e Porto, ndr), gare lunghe insomma. Con i dilettanti che ci sono, abbiamo deciso di puntare su di lui, offrendogli un contratto di quattro anni. Vogliamo programmare le prossime stagioni con dei corridori che possono crescere e fare bene. Siamo da sempre legati ai giovani, da noi sono passati tanti corridori che si sono poi affermati: Ciccone, Battaglin, Modolo e Colbrelli».

Tra le quattro vittorie di quest’anno spicca la Vicenza-Bionde (foto Italiaciclismo)
Tra le quattro vittorie di quest’anno spicca la Vicenza-Bionde (foto Italiaciclismo)

Pistard e sprinter

Pinazzi, nel corso della stagione, ha colto quattro vittorie: le ultime due sono state la Vicenza-Bionde ed il Circuito del Porto. Gare dedicate alle ruote veloci. Non solo strada, anzi, Pinazzi è uno dei volti che costantemente vediamo sfrecciare sul parquet. Infatti nel suo palmares si contano anche molti successi su pista. All’ultimo anno da under 23 è arrivata la chiamata di Bruno Reverberi e proprio con lui parliamo dell’arrivo di Pinazzi. 

«Abbiamo visto – riprende Bruno Reverberi – che il binomio pista e strada funziona bene. Soprattutto per i velocisti. Si è avuto conferma di ciò dal grande Giro d’Italia fatto da Milan, e prima di lui dalla carriera di Viviani. Il problema sarà abbinare strada e pista al meglio, trovare il giusto equilibrio. Pinazzi è un nostro corridore, quindi prima andrà curata la strada. Su pista potrà correre, ma gli appuntamenti più importanti: mondiali, europei e corse internazionali. Il calendario lo decideremo noi, questo Pinazzi lo sa e ne abbiamo parlato: sì la pista, ma non sarà un pistard. L’attività al velodromo è importante, non va trascurata, insegna a guidare la bici e a lanciarsi nelle volate». 

Ai recenti campionati europei su pista, per juniores e U23, Pinazzi ha conquistato l’argento nel quartetto (foto Federciclismo)
Ai recenti campionati europei su pista, per juniores e U23, Pinazzi ha conquistato l’argento nel quartetto (foto Federciclismo)

Futuro incerto

La sensazione è quella che l’equilibrio tra strada e pista sarà difficile da trovare. Va bene partecipare alle competizioni più importanti sul parquet, ma la qualificazione passa anche dalle gare minori. Pinazzi in questi anni ha avuto molto spazio per mettersi in gioco, con meno frecce al suo arco riuscirà a mantenere il posto all’interno di un movimento in crescita? Nell’ultimo europeo su pista, chiuso due giorni fa ad Anadia, l’Italia ha portato a casa 22 medaglie, di cui 14 d’oro. 

«Fin dall’inizio di quest’anno – dice Pinazzi – volevo far bene su strada per passare professionista. Nel 2022 ho avuto anche la possibilità di entrare in un corpo militare, occasione non concretizzata per problemi esterni. Dopo la prima prova di Coppa del mondo ho vinto la Vicenza-Bionde ed il Circuito del Porto. Da lì sono arrivate le prime offerte, quella della Green Project è stata la più concreta. E’ una squadra forte ed attrezzata che mi potrà dare molto. Sarà diverso rispetto all’Arvedi, qui ogni volta che la pista chiamava andavo a correre. L’anno prossimo sarà più difficile, ma lo stesso Villa è favorevole. Ci ha sempre detto che fare bene su strada torna buono anche in pista, si vede da Ganna, Milan, Consonni e Viviani. Correre su strada dà un bel fondo, per questo fin dall’inizio del 2023 ho aumentato i chilometri, partendo da San Juan».

Pinazzi ha una forte impronta da pistard, dovrà adattarsi a correre su strada con maggior continuità (foto Federciclismo)
Pinazzi ha una forte impronta da pistard, dovrà adattarsi a correre su strada con maggior continuità (foto Federciclismo)

Calendario più semplice

Il tema principale sarà coordinare al meglio le due attività, tenere un piede in due scarpe non sarà semplice. Le esigenze sono alte da entrambe le parti, ma Pinazzi sembra fiducioso. 

«Secondo me sarà più semplice – dice – il calendario under 23 non aiuta a coordinare le due attività. Ogni settimana c’è una gara, quindi non hai un vero momento di “riposo”. Tra i professionisti è diverso, ci sono più corse a tappe, quindi si può programmare al meglio il tutto. La pista è un’attività che dà tanto, ma allo stesso tempo va curata, soprattutto un’attività importante come il quartetto. Da gennaio avrò il calendario per le corse su strada e da lì programmerò anche la stagione su pista».

Pinazzi vince su strada e fa discutere in pista

04.05.2023
6 min
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Due settimane di fuoco. Sono quelle vissute da Mattia Pinazzi. Lo avevamo sentito non più tardi di metà aprile con tutte le sue aspettative e si può ben dire che siano andate anche oltre le previsioni. Facciamo un veloce riassunto, come all’inizio di ogni puntata di una serie Tv: Mattia è stato finalmente convocato per la nazionale per la terza tappa della Nations Cup su pista, a Milton, dopo aver risolto i problemi burocratici che avevano ostacolato la sua presenza nella tappa inaugurale.

Il ventiduenne di Colorno è stato fondamentale per la nazionale, per il quartetto che aveva bisogno come il pane di un risultato importante e in Canada ha contribuito alla piazza d’onore dietro la Gran Bretagna, permettendo di acquisire punti fondamentali per la qualificazione olimpica e non solo. Tornato in Italia, un po’ per i benefici fisici del lavoro su pista, un po’ per l’entusiasmo, fatto sta che Pinazzi ha piazzato un clamoroso uno-due a fine aprile, portando a casa due classiche come la Vicenza-Bionde e il Circuito del Porto (la gara di casa per il suo team, foto di apertura) nello spazio di 24 ore.

Prima volata vincente alla Vicenza-Bionde battendo Epis e Skerl, poi il trionfo al Trofeo Arvedi (foto Italiaciclismo)
Prima volata vincente alla Vicenza-Bionde battendo Epis e Skerl, poi il trionfo al Trofeo Arvedi (foto Italiaciclismo)

Un posto d’onore vitale

Di materiale di cui parlare ce n’è in abbondanza. Così abbiamo interpellato innanzitutto chi ha vissuto da vicino la sua avventura canadese, Marco Villa che su di lui fa molto affidamento: «A Milton ha disputato due gare su tre, saltando solo la finale, ma ha dato un contributo decisivo. Avevo detto che quel risultato ci serviva, sia perché dopo due noni posti la classifica per i posti olimpici cominciava a farsi pericolosa, sia perché tengo ad avere un ranking alto per le gare titolate, in modo da poter partire dopo le principali avversarie. Abbiamo perso solo con i britannici che però avevano tre quarti del team titolare, a noi mancavano Ganna, Milan e Consonni. Per questo è un risultato che vale moltissimo».

Pinazzi è stato impiegato come secondo uomo, raccogliendo l’ideale testimone da Lamon come sempre al lancio: «E’ un ruolo delicato, perché necessità di molta resistenza lattacida, devi reggere l’impatto del lancio e poi mantenere il quartetto in tabella di gara quando finisce la prima azione di partenza. Lui è uno di quelli che ha questi valori più alti di tutti, in quel ruolo è ideale, ma può ricoprirne anche altri. Per me è parte integrante della squadra pur essendo ancora under 23».

Il podio della prova di Milton, con Pinazzi insieme a Lamon, Moro, Boscaro e Scartezzini (foto Fci)
Il podio della prova di Milton, con Pinazzi insieme a Lamon, Moro, Boscaro e Scartezzini (foto Fci)

Un futuro nello scratch

Villa ha un’idea molto chiara sulle possibilità di Pinazzi su pista: «Quartetto a parte, io sono convinto che Mattia possa essere uno dei migliori esponenti al mondo nello scratch e se la cava molto bene anche nella madison. Il suo problema è che è ancora un po’ timido nell’approccio con la gara, deve crederci di più e soprattutto vorrei che quando è a casa si allenasse di più, non aspettasse i lavori su pista per far salire la condizione. Sono temi dei quali spesso parliamo, ma è giovane e sta imparando».

I risultati ottenuti al ritorno in Italia non lo hanno stupito: «Anzi, a dir la verità considerando le sue qualità potrebbe vincere anche di più. Non è un caso se dopo 9 giorni di trasferta e tanti impegni sia tornato in Italia e abbia fatto quel che ha fatto. E’ l’ennesima dimostrazione che la pista fa bene, di esempi ce ne sono tanti, ad esempio c’è chi dopo Milton è andato al Romandia ed era sempre tra i primi, come il portoghese Oliveira».

Su pista Villa è convinto che il parmense possa diventare un big nello scratch
Su pista Villa è convinto che il parmense possa diventare un big nello scratch

I soliti problemi

Figurarsi allora la reazione del cittì quando si accenna che nell’ambiente girano voci sulla volontà del giovane emiliano di mettere in futuro un po’ da parte la pista: «Solo in Italia si sentono queste sciocchezze. Hayter si fa questi problemi? Oppure Thomas? I problemi ce li poniamo solo noi. Bisognerebbe guardare i fatti e i fatti sono che quando torna dalla pista ha una gamba diversa e vince. Io comunque non inseguo nessuno, non l’ho fatto con i quattro che ho portato all’apoteosi olimpica. Chi ci crede è con me, altrimenti ognuno per la sua strada…».

Villa parla a ragion veduta, il caso di Pinazzi vincente dopo la pista è l’ultimo di una lunga serie. Chiedere ad esempio a Ganna se ha intenzione di mollare la pista, come fanno ripetutamente molti addetti ai lavori: «Sento tanti campioni del passato che consigliano a questo o a quello di concentrarsi sulla strada, gente come Moser e Cancellara che poi, quando correvano loro, non stavano a sentire nessuno e vincevano proprio perché seguivano il loro istinto e raccoglievano anche su pista. Ripeto, certi problemi ce li poniamo solo noi».

Villa crede molto in Pinazzi, stimolandolo anche in maniera rude
Villa crede molto in Pinazzi, stimolandolo anche in maniera rude

La risposta Arvedi

Il tema è scottante, d’obbligo allora sondare il terreno in casa Arvedi, parlando con Gaetano Zanetti diesse dell’Arvedi: «Attenzione a non dare troppo credito alle voci di corridoio. Io sono in costante contatto con Mattia e so ad esempio che il suo riferimento è Viviani proprio perché sa abbinare la doppia attività. Lui è convinto di continuare sul doppio binario, poi nel futuro si vedrà. Noi da parte nostra conosciamo bene i benefici della pista e del lavoro con Villa, tanto è vero che Pinazzi è solo uno dei nostri che fa doppia attività, come Galli, Bonelli, Colosio. Siamo convinti che la pista deve prendere sempre più piede. E’ chiaro, gli impegni sono tanti, ma sta a noi saper calibrare il calendario in base ad essi».

Interessante sapere da Zanetti come è stato gestito il ragazzo al suo ritorno dal Canada e come ha fatto quindi a vincere due volte di seguito con ancora leggeri postumi del jet lag: «Non solo questo. In Canada i ragazzi hanno trovato brutto tempo e un clima diverso da quello che c’è qui e anche questo influisce. Noi l’abbiamo lasciato tranquillo al suo ritorno, programmando solo volume per un paio di giorni (mercoledì e giovedì, ndr), poi un po’ di velocizzazione prima delle due gare. Sapeva che erano due eventi ai quali tenevamo moltissimo e li ha onorati al meglio su percorsi per lui ideali».

Pinazzi con Gaetano Zanetti, diesse dell’Arvedi Cycling che punta molto sulla sua crescita
Pinazzi con Gaetano Zanetti, diesse dell’Arvedi Cycling che punta molto sulla sua crescita

50 giorni fondamentali

Ma le ambizioni riposte su Pinazzi non finiscono certo qui: «Ora ci sono un paio di mesi cruciali. Le prossime due gare sono piuttosto dure per lui, con molta salita ma io sono convinto che possa progredire anche su tracciati ostici. Intanto comunque correre e magari lavorare per gli altri gli sarà utile, poi a fine mese ci saranno altri due appuntamenti congeniali e magari potrà rimpinguare il bottino».

Oltretutto Pinazzi, all’ultimo anno nella categoria, è atteso al salto fra i pro e ogni risultato fa gioco in questa fase: «C’è già stato qualche abboccamento da parte di team importanti, ma ancora non ha deciso. Per questo sa che in queste settimane si gioca molto, noi gli daremo tutto il supporto necessario».

Pinazzi, da una nazionale all’altra con più esperienza

12.04.2023
5 min
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Da una maglia azzurra all’altra, dalla strada alla pista. Mattia Pinazzi sta vivendo un momento intenso della sua stagione attraverso una serie di appuntamenti internazionali. Finora è andato a corrente alternata ma nelle ultime settimane ha raccolto qualche certezza in più per il suo futuro.

E’ appena rientrato dalla Francia dove ha disputato il Circuit des Ardennes con la nazionale guidata da Scirea, ma da ieri fino a venerdì il focus del 22enne parmense dell’Arvedi Cycling (in apertura foto Artioli) sarà incentrato a Montichiari per preparare la terza ed ultima prova di Nations Cup a Milton dal 20 al 23 aprile. La trasferta canadese sarà l’occasione giusta per Pinazzi per rifarsi di un piccolo inghippo burocratico dei mesi scorsi. Ma anche di guardare alle prossime gare con più cognizione di causa, senza tanti proclami.

Pinazzi agli europei di Grenchen ha disputato lo scratch, ma non aveva la giusta condizione
Pinazzi agli europei di Grenchen ha disputato lo scratch, ma non aveva la giusta condizione
Mattia partiamo con le ultime corse al Nord con la nazionale. Come sono andate?

Non male direi anche se forse il bilancio poteva essere migliore. Ho fatto la Gand-Wevelgem a fine marzo e sono soddisfatto della mia prova nonostante il brutto tempo. Ho centrato la fuga di giornata e con me c’era anche Oioli. Ci hanno ripresi a 30 chilometri dall’arrivo quando abbiamo affrontato il primo passaggio sul Kemmelberg. Lì è ripartita una decina di uomini che poi si è giocata la vittoria. Peccato ma sono contento lo stesso perché poco dopo la partenza il gruppo si era rotto per i ventagli ed io avevo tenuto gli occhi ben aperti restando nel drappello di testa. Lassù spesso capita che la tattica salti subito.

Sulle Ardenne invece è stato un po’ diverso.

Sì, decisamente. Sono partito che ero influenzato sapendo che erano quattro tappe dure, forse più del previsto. Sicuramente poco adatte a me, ma era giusto che mi confrontassi su percorsi e concorrenza così difficili. Le prime due frazioni le ho chiuse in gruppo anche se nella seconda sono caduto e ne ho un po’ risentito. Nella terza tappa invece c’erano delle salite lunghe, non più strappi. Ho tenuto duro finché ho potuto poi sono saltato. Mi sono fermato dopo aver dato tutto e probabilmente sarei arrivato fuori tempo massimo.

Ti hanno insegnato qualcosa queste due gare con la nazionale?

Ho capito che in corse di questa portata, in cui prima pensavo di non arrivare, posso invece combinare qualcosa se stringo i denti. Credo che sforzi del genere possano dare qualche consapevolezza in più nei propri mezzi. Certamente le prossime gare le affronterò con un piglio diverso e con tanta esperienza in più.

Che differenza c’è tra le nostre corse e quelle al Nord?

Posso dirvi che intanto la noti appena parti. Si va molto più forte e ti ritrovi in fila indiana in fretta. E’ una mentalità diversa. Qui in Italia la gara la fanno sempre le solite 3-4 squadre e devi cercare di infilarti in mezzo a loro per fare risultato. Però va bene così, correre lassù è importante perché ti aiuta a migliorare.

Pinazzi con la maglia azzurra finora ha corso Vuelta a San Juan, Gand-Wevelgem U23 e Circuits des Ardennes
Pinazzi con la maglia azzurra finora ha corso Vuelta a San Juan, Gand-Wevelgem U23 e Circuits des Ardennes
Ora torni in pista con che condizione?

Buona dal punto di vista morale, in ripresa dal punto di vista fisico. Ero rimasto deluso per il risultato dell’europeo, quel giorno ho sentito subito che non c’ero. Non so perché. E poi mi era dispiaciuto non aver corso le prove di Giacarta e Il Cairo per il problema del passaporto. Responsabilità mia, ma Marco (il cittì Villa, ndr) mi ha comunque dato una motivazione giusta, spronandomi a correre più su strada in quel periodo per farmi trovare pronto per il Canada. Vado con la volontà di fare risultato e punti per la nazionale e di ripagare la fiducia di Villa dopo quel mio errore.

A metà marzo correndo su strada avevi rispettato le indicazioni di Villa riuscendo a centrare una vittoria al GP Giacobazzi davanti ad Amadori. Ci hai pensato che avevi fatto contenti i tuoi due cittì?

Ci ho fatto caso, ma diciamo che ho fatto il mio dovere, anche se Marino era stato sorpreso di avermi trovato lì. Quel giorno a Nonantola mi sentivo bene, ma prima di quella corsa c’era sempre stato qualcosa che era andato storto. Sono stato tranquillo in gruppo perché sapevo che si poteva arrivare allo sprint. La squadra è stata perfetta lasciandomi ai 200 metri. Ero doppiamente contento perché la volata me l’ha tirata Michael Cattani, che è parmense come me. Quella vittoria ci voleva sia per me che per la mia squadra, ce la meritavamo.

Pinazzi, qui col diesse con Gaetano Zanetti, vuole regalare nuovi successi alla Arvedi Cycling
Pinazzi, qui col diesse con Gaetano Zanetti, vuole regalare nuovi successi alla Arvedi Cycling
Il tuo calendario cosa prevede?

Appena rientrerò da Milton sarò a Roma per il Gran Premio Liberazione. Poi il 30 aprile correrò la Vicenza-Bionde con l’obiettivo di bissare il successo dell’anno scorso. Il giorno dopo sarò a Cremona per il Circuito del Porto, dove un anno fa ero stato beffato al fotofinish. Per noi dell’Arvedi è la gara di casa e vorremmo fare un bel regalo alla società e allo sponsor. Non voglio guardare troppo in là perché voglio concentrarmi sulle corse poco per volta.

Quindi Mattia Pinazzi ai mondiali di Glasgow non ci sta pensando?

No, ovvio che un pensiero ce lo fai sempre. Ovvio che vorrei correrli. Dipende però da tante cose. Se riuscirò a fare una buona stagione su strada e se in pista riuscirò a ritagliarmi un piccolo spazio, credo che si possano fare bene entrambe le discipline. Il fatto che siano nello stesso posto agevolerebbe tutto. Vedremo come arriverò ad agosto. Ora so che devo lavorare tanto.

Volate a San Juan: chi voleva il 58, chi sognava il 54

30.01.2023
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E’ nato tutto da un’osservazione intercettata nel gruppo alla Vuelta a San Juan, quando uno dei velocisti ha fatto un ragionamento su Nizzolo. Dato che Giacomo non ha un treno che lo lanci, questo il senso del discorso, per le volate ha scelto di usare una corona anteriore da 56. In questo modo farà le sue volate da solo, partendo da dietro e cercando di rimontare. Se la strada è piatta o tende a scendere, non avrà difficoltà a lanciarsi, come gli successe quando vinse a Verona al Giro del 2021. Se invece il finale ha continui rilanci e lui non può prendere velocità, rischia di rimanere chiuso nelle retrovie e di non arrivare neppure in zona podio. La volata di ieri si è svolta proprio secondo questo copione.

Lo stesso concetto sull’uso dei rapporti più lunghi del solito nelle volate lo aveva approfondito Viviani nei giorni successivi. E mentre ci accingevamo a parlarne con Nizzolo, dal box della squadra italiana ci è giunto il caso opposto. Gli azzurri in gara, essendo in Argentina per acquisire base e ritmo in vista degli europei su pista, hanno usato per tutto il tempo il 53. E Pinazzi, decimo nella volata della sesta tappa, a un certo punto avrebbe spinto volentieri qualcosa di più lungo.

Nizzolo ci ha spiegato il suo criterio di scelta dei rapporti, preparandosi per una tappa a San Juan
Nizzolo ci ha spiegato il suo criterio di scelta dei rapporti, preparandosi per una tappa a San Juan

La volata lunga

Giacomo lo troviamo nel box della Israel-Premier Tech mentre si prepara per la tappa. Le gambe infilate nella maglia e i due numeri dorsali da fissare con le spille. Ascolta il tema. Solleva lo sguardo in modo interlocutorio. E poi spiega.

«Qualcosa di vero c’è – dice – prediligo davvero le volate arrivando da dietro e poi di testa. Nel senso che mi piace lanciare lo sprint da dietro e poi comunque fare una volata lunga. Non sono un velocista che viene fuori negli ultimi 50 metri, non lo sono mai stato. Invece il discorso del 56 è nato tempo fa, ho iniziato a usarlo nel 2016, quando ci feci tutto l’anno, non solo le volate».

Nizzolo spiega che il 56 gli dà una pedalata più rotonda in pianura
Nizzolo spiega che il 56 gli dà una pedalata più rotonda in pianura
Quali vantaggi ti dà?

Credo che sia anche un discorso di rotondità della pedalata, mi trovo sostanzialmente bene così. E poi la mia qualità in volata non è certo la cadenza, ma è più la forza. Allora provo a sfruttare quel rapporto. Ma vi dico che molti corridori lo usano sempre di più. Addirittura c’è anche chi usa il 58.

Se avessi un treno sarebbe la stessa cosa?

Sì, perché come dicevo, è proprio un discorso di caratteristiche fisiche. Piuttosto che l’agilità, preferisco sfruttare la forza.

Ci sei arrivato per vari step? Ad esempio hai provato anche il 58?

Non ce l’ho, altrimenti lo userei. Chiederò se c’è la possibilità di averlo. In realtà tutti pensano che il 56 sia qualcosa di durissimo, ma non è così impossibile.

Nizzolo utilizza pedivelle da 172,5, anche con una corona anteriore più grande
Nizzolo utilizza pedivelle da 172,5, anche con una corona anteriore più grande
Si riesce sempre bene a lanciarsi nelle volate o si rischia di restare chiusi?

Direi di sì, anche perché comunque al massimo si può giocare coi rapporti dietro, se le volate salgono leggermente. Resta però il beneficio che mi dà durante la tappa. E’ chiaro che in volata mi dà qualcosa in più, per come interpreto lo sprint. Però lo trovo comodo anche durante il giorno.

Monti il 56 anche sulla bici da allenamento?

Esattamente. E anche a casa ritrovo le stesse sensazioni. E chiaro che qui le velocità sono più alte, per cui il 58 mi avrebbe fatto comodo. Ad esempio, il primo giorno avevo il 55 perché avevamo pensato che ci fosse vento e invece mi sono messo le mani nei capelli, perché ero proprio fuori cadenza. Lo stesso Morkov ha detto che anche lui era fuori cadenza e aveva il 56. Quindi figurate io che di solito ho anche meno cadenza di lui. 

Nella prima tappa a San Juan, che aveva qualche curva nel finale, Nizzolo si è piazzato al terzo posto
Nella prima tappa a San Juan, che aveva qualche curva nel finale, Nizzolo si è piazzato al terzo posto

Gli azzurri con il 53

E gli azzurri? I corridori di Villa, che a un certo punto è ripartito per seguire le ragazze a Montichari, lasciando la squadra a Mario Scirea, sono venuti in Argentina per fare la base e certo non per inchiodarsi le gambe. Al rientro infatti li attendono tre giorni a Montichiari prima di partire per gli europei di Grenchen. Per questo, il tecnico azzurro ha stabilito che tutti corressero con il 53. Ecco il motivo per cui nella volata della sesta tappa, Pinazzi ha chiuso al decimo posto con la sensazione che un paio di denti in più non ci sarebbero stati male.

«Sono giovane e siamo qui per fare la gamba – spiega il corridore di Parma – ma in effetti il 54 lo avrei girato bene. La sensazione è che sei lì che già frulli, vuoi buttare giù altri due denti e non puoi. Allora fai il massimo per stare lì con loro, ma quando poi raggiungono un’altra punta di velocità, tu rimani lì.

«Già a due chilometri dall’arrivo, quando si sono messi davanti i treni, io avevo già il rapporto massimo. Quindi potete già immaginare dopo, quando hanno aumentato ancora di più, quanto girassi le gambe. Allo sprint avevo 120-130 pedalate. Detto questo, poco male: fra gli U23 corro sempre con il 53, casomai dovessi passare, si potrebbe valutare diversamente».

Il salto fra i pro’

Il suo obiettivo è passare professionista, con la pista come valore aggiunto per le prestazioni ed il curriculum. L’anno scorso sono venute due vittorie, alla Vicenza-Bionde e a Misano, e il secondo al Circuito del Porto.

«Il primo passaggio – spiega – è far bene ai prossimi campionati europei su pista. E poi vorrei una bella stagione su strada, essendo all’ultimo anno da under 23. L’obiettivo è far bene, vincere tanto e passare. Ho cominciato la stagione così, un buon decimo posto, un piccolo grande risultato e speriamo di continuare così

Pistard azzurri in Argentina, Bertazzo fa gli onori di casa

19.01.2023
5 min
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Caldo pomeridiano da 35 gradi e molta umidità. Così l’Argentina ha accolto la nazionale italiana di Marco Villa, in vista della Vuelta a San Juan che il tecnico italiano della pista ritiene essere un passaggio fondamentale per alcuni suoi ragazzi, nella rincorsa alla forma migliore per gli Europei di febbraio. Il posizionamento così anticipato della rassegna continentale ha costretto chi punta alla pista ad anticipare i tempi e il lavoro su strada è fondamentale. Una squadra, quella azzurra, che è un mix di esperienza e gioventù: da una parte Lamon, Bertazzo e Scartezzini, dall’altra Boscaro, Moro e Pinazzi.

Nei propositi la trasferta, che la squadra italiana aveva anticipato di una settimana rispetto all’inizio della corsa, doveva prevedere un programma diverso: «Ci eravamo trasferiti prima perché avevamo in programma di lavorare nella nuova pista di San Juan – racconta al telefono Bertazzo – ma l’impianto non era più disponibile. Questo ha quindi costretto a rivedere un po’ i piani: prima di imbarcarci per l’Argentina abbiamo quindi svolto i nostri lavori a Montichiari attraverso sedute molto intense. Prima della partenza della gara invece sono in programma sedute su strada, che serviranno per affinare la gamba».

Gli azzurri in allenamento sulle strade argentine. Sono arrivati lunedì, lavoro sin dal giorno dopo (foto Instagram)
Gli azzurri in allenamento sulle strade argentine. Sono arrivati lunedì, lavoro sin dal giorno dopo (foto Instagram)
Villa vi ha chiesto qualcosa di particolare per la gara?

E’ difficile anche pensare a che cosa poter fare. Questa è la prima gara dell’anno, è un po’ un’incognita per tutti. Sappiamo che al via ci sono corridori stellari come l’iridato Evenepoel, ma credo che anche per gli altri sarà tutta una scoperta. Nessuno sa realmente in che condizioni è, la gara è tutta un’altra cosa. Noi corriamo pensando alle nostre necessità, l’obiettivo è stare in gruppo senza troppe difficoltà, guardando molto alle nostre sensazioni. Se poi ci sarà la possibilità lavoreremo per la volata di Pinazzi.

Voi d’altronde avete impegni importanti anche prima degli altri…

E’ una stagione strana per chi lavora prevalentemente per la pista. Abbiamo subito gli europei, poi tre tappe di Coppa del Mondo fino ad aprile e sono tutti eventi importanti perché ci si gioca una fetta importante delle qualificazioni olimpiche quindi dovremo essere pronti. Ognuno dovrà farsi trovare pronto e a me questo sta bene.

Bertazzo con Villa. In vista degli Europei, sarà uno degli osservati speciali dal cittì
Bertazzo con Villa. In vista degli Europei, sarà uno degli osservati speciali dal cittì
Hai rivincite particolari da prenderti?

Diciamo che il 2022 non è stato un’annata così positiva per me, gli errori commessi agli europei hanno pesato, mi è spiaciuto non andare ai mondiali. Sull’altro piatto della bilancia ho visto che lo scorso anno sono migliorato molto su strada, non ho mai fatto un’attività così intensa, ma questo non basta a compensare le delusioni. E’ tutto carburante che ho messo nell’approcciarmi a questo nuovo anno.

In Argentina sarà presente quasi tutta la nazionale italiana su pista, considerando anche chi è nelle altre formazioni…

Effettivamente a parte Consonni e Milan ci siamo tutti. Ganna e Viviani correranno nel loro team, ma avremo modo di confrontarci ogni giorno e questo è molto importante, soprattutto per capire realmente come stiamo l’un l’altro. Abbiamo impegni importanti all’orizzonte, è importante che ne parliamo insieme e continuiamo a far gruppo.

Bertazzo aveva già corso in Argentina nel 2015, al Tour de San Luis sempre con la nazionale (foto Instagram)
Bertazzo aveva già corso in Argentina nel 2015, al Tour de San Luis sempre con la nazionale (foto Instagram)
Tu hai già corso in Argentina?

Qualche anno fa ho fatto il Tour de San Luis, era il 2015, ma era una gara in un territorio diverso, quindi non so che cosa aspettarmi come caratteristiche tecniche delle tappe. Rispetto alle gare australiane sono corse meno frenetiche, forse perché non c’è l’appartenenza al WorldTour, ma è anche vero che ci sono quasi tutte le squadre della massima serie e poi ci sono le formazioni locali, per le quali questo è come un mondiale. Per questo vengono sempre fuori gare molto combattute, probabilmente proprio perché tutti vogliono testarsi.

Una volta le prime gare della stagione servivano per affinare la condizione, ma oggi è un lusso che non potete permettervi…

No, assolutamente. Non puoi essere in una condizione insufficiente, non andresti avanti. Per questo dicevo che si tratta di un ciclismo più o meno frenetico. Anche nel nostro caso devi comunque essere in forma anche solo per stare nel gruppo senza soffrire, che è uno degli obiettivi che abbiamo.

Per il veneto un 2022 un po’ amaro, anche se ha aumentato le sue presenze su strada
Per il veneto un 2022 un po’ amaro, anche se ha aumentato le sue presenze su strada
Che cosa ti aspetti allora a livello personale?

Di dimostrare di avere raggiunto già una buona forma al punto da essere utile agli altri e convincere Marco che agli europei posso dare il mio contributo. Voglio correre ogni tappa senza subirla, soffrire il giusto accumulando quei chilometri necessari per migliorare la condizione ed essere poi pronto quando le corse avranno ben altra valenza. Gli europei sono alle porte e io voglio esserci.

Pinazzi e Galli, due “studenti” alla Sei Giorni di Gand

01.12.2022
5 min
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Al recente raduno per la pista a Noto ci sono stati due ritardatari, peraltro pienamente giustificati. Niccolò Galli e Mattia Pinazzi si sono ricongiunti alla comitiva direttamente da Gand, dove avevano preso parte alla Sei Giorni, una delle più importanti del calendario. Un evento reso speciale dai festeggiamenti per l’addio di Iljo Keisse, il funambolico belga che alla soglia dei 40 anni ha deciso di mettere uno stop alla propria carriera.

Pinazzi era già stato nella città belga per la kermesse su pista, per Galli invece era una prima assoluta. Per entrambi è stata un susseguirsi di emozioni e di esperienze, che saranno utili nel prosieguo della loro carriera nei velodromi. Il primo a immergersi nel racconto è Pinazzi: «Lo scorso anno, quando l’avevo disputata con Boscaro avevo faticato di più, questa volta mi sono preparato e la differenza è stata evidente. E’ un’esperienza assolutamente da fare, la pista sembra un tempio, appena ci sali ti prende un magone…».

Pinazzi e Galli nel parterre, in mezzo il loro accompagnatore Giovanni Carini
Pinazzi e Galli nel parterre, in mezzo il loro accompagnatore Giovanni Carini

Quasi come un mondiale

«Io ho meno esperienza, con Mattia abbiamo condiviso la conquista del titolo europeo del quartetto ad Amadia fra gli under 23 – interviene Galli – Gand è stata la prima Sei Giorni importante e prima della partenza ero emozionatissimo. Temevo soprattutto che il livello sarebbe stato altissimo, come un mondiale e in effetti è così, ma anche se eravamo chiaramente indietro nella preparazione ci siamo difesi bene».

I due ragazzi azzurri erano impegnati nella prova per under 23, che ogni sera precedeva quella riservata agli Elite. Erano per così dire chiamati a “scaldare” il pubblico: «Ma non pensate che il programma fosse tanto diverso – chiarisce Pinazzi – anche noi ogni giorno avevamo prove sul giro lanciato o da fermo, gara a punti, americana… Insomma tutto il programma che poi affrontano anche i grandi».

La caduta nella madison della terza sera, costata la classifica ai due azzurri
La caduta nella madison della terza sera, costata la classifica ai due azzurri

Un’esperienza da rifare

A fine esperienza qual è il giudizio, soprattutto da parte di un neofita come Galli? «Assolutamente da rifare – dice – ci mancherebbe… E’ molto impegnativa, si fatica tanto, ma credo che dia molti benefici a lungo andare e sono convinto che ripetendo l’esperienza le cose andrebbero anche meglio».

La coppia azzurra ha chiuso a Gand al 7° posto (vittoria per i locali Milan Van Den Haute e Jasper Bertels), facendo meglio di quanto era avvenuto lo scorso anno: «E senza la caduta nell’americana del terzo giorno sarebbe andata anche meglio – spiega Pinazzi – perché abbiamo dovuto perdere giri in quell’occasione. Alla fine possiamo ritenerci soddisfatti anche perché io arrivavo alla gara già abbastanza rodato al contrario di Niccolò, per questo è stato lui quello che ha maggiormente sorpreso.

«Quando siamo tornati – prosegue il parmense – ho chiesto a Villa di poter verificare se c’era qualche possibilità di fare altre Sei Giorni. Mi piacerebbe tra qualche anno fare quella degli elite, non solo è uno spettacolo assoluto, ma insegna davvero il modo di correre su pista».

Grandi feste per Keisse, finito terzo insieme a De Buyst. Bis per Ghys con De Vilder (foto BeelWout)
Grandi feste per Keisse, finito terzo insieme a De Buyst. Bis per Ghys con De Vilder (foto BeelWout)

Keisse, l’addio di un mattatore

Galli ha vissuto questa esperienza come un paese delle meraviglie: «Non è paragonabile ad alcuna altra manifestazione. Quando corri ti sembra di essere in una bolgia, con gli spettatori anche nel parterre e un tifo incredibile. La pista poi è impressionante, per questo credo che sia un’esperienza che ti dà tanto».

A rendere il tutto ancora più speciale i festeggiamenti per Keisse, un autentico personaggio delle piste, di quelli capaci non solo di vincere, ma anche di fare spettacolo, di caricare il pubblico e per questo particolarmente amato: «C’era un tifo da stadio – ricorda Pinazzi – tutti i corridori a rendergli omaggio insieme al pubblico. Si vedeva che era particolarmente emozionato, sono momenti che non si dimenticano».

Keisse, 39 anni, chiude con 4 titoli europei e 25 Sei Giorni vinte, 6 solo a Gand (foto Cor Vos)
Keisse, 39 anni, chiude con 4 titoli europei e 25 Sei Giorni vinte, 6 solo a Gand (foto Cor Vos)

Un problema di cultura

«Per me – interviene Galli – è stato speciale. Keisse lo vedevo sempre in tv, sono cresciuto con idoli come lui che mi hanno fatto amare la pista. Il fatto di essere lì, condividere quei momenti, potergli stringere la mano è stato speciale. Non ha perso la sua umiltà e credo che il pubblico lo abbia amato e ringraziato anche per questo».

Sarebbe possibile qualcosa del genere anche in Italia? Noi con Milano eravamo quasi la culla delle Sei Giorni nel secolo scorso, poi con il crollo del Palasport non se ne è fatto più nulla, se non in sporadici casi: «Secondo me sarebbe difficile ricreare qualcosa del genere – ammette Pinazzi – perché lì c’è un’altra cultura, il ciclismo è quasi una religione. Per noi che corriamo, avere una gara qui sarebbe una manna dal cielo».

Giochi del Mediterraneo: Amadori vede un’Italia d’attacco

25.06.2022
5 min
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I Giochi del Mediterraneo sono sempre stati forieri di grandi soddisfazioni per il ciclismo italiano: nelle ultime tre edizioni la vittoria nella gara maschile è sempre arrisa alla nostra nazionale. Alla sua guida, in tutte queste occasioni, c’era Marino Amadori che sa bene come si affronta una gara del genere ma soprattutto qual è la sua importanza.

«Molti pensano che essendo riservata a poche Nazioni – afferma il tecnico della nazionale under 23 – sia una gara semplice, ma non è così. Squadre come Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia arrivano sempre con il coltello fra i denti e riuscire a gestire la gara con pochi uomini portando a casa il massimo risultato non è semplice. Oltretutto dopo tre successi consecutivi è chiaro che tutti guardano a noi, saremo additati come quelli da battere a ogni costo e questo va tenuto nel dovuto conto».

Mediterranei Duranti 2018
Lo sprint vincente di Jalel Duranti all’ultima edizione dei Mediterranei, disputata a Tarragona (ESP) nel 2018
Mediterranei Duranti 2018
Lo sprint vincente di Jalel Duranti all’ultima edizione dei Mediterranei, disputata a Tarragona (ESP) nel 2018
E’ in base a questo che hai scelto la tua squadra?

Sì, ma anche in base al percorso. Sono 154 chilometri senza importanti asperità, ma rispetto al passato le novità ci sono. Ero abituato a percorsi in circuito, qui invece si tratta di un tracciato in linea verso Ain Témouchent e ritorno, con solo negli ultimi 2 chilometri un po’ di ondulazione più pronunciata, ma niente di che.

Che cosa hai chiesto ai tuoi al momento della selezione?

Di comporre una squadra aggressiva perché solo così si può portare a casa il risultato. Tutti guarderanno noi, lo ripeto e dovremo essere pronti ma soprattutto capaci di prendere in mano la corsa, di esserne parte attiva e non seguire semplicemente gli eventi. So ad esempio che la Francia ha in squadra un velocista molto forte e questo dobbiamo tenerlo presente. Anche noi abbiamo un velocista che è capace di far male come Davide Persico, ma non dovremo correre pensando alla volata di gruppo, sarebbe un errore.

Come sono scaturiti i nomi che hai chiamato?

Il regolamento dei Giochi è chiaro: possono correre under 23 ed Elite appartenenti esclusivamente a squadre continental. Puppio e Manlio Moro saranno chiamati al doppio impegno considerando anche la prova a cronometro. Di Persico ho già detto, poi ci saranno Belleri, Pinazzi, lo stesso Puppio e Zurlo che saranno gli uomini chiamati a tenere le redini della corsa e impostare la tattica più valida al bisogno, mentre Coati, Giordani e Zambelli potranno entrare nelle fughe e magari essere proprio loro a dare vita a qualche azione. Non mi stupirebbe che la gara si concludesse con un’azione solitaria o con uno sprint molto ristretto.

Che valore ha una gara del genere?

Rispondo con una semplice annotazione: nell’ultima edizione disputata a Tarragona in Spagna e che vincemmo con Duranti, al 14° posto giunse un certo Tadej Pogacar… E’ una manifestazione che conta davvero, che va interpretata con grande rispetto per la maglia che si indossa, inoltre sappiamo bene che è una vetrina per tutto il ciclismo in un consesso multisportivo e questo ai ragazzi lo ripeto sempre.

Tu come detto hai una certa esperienza, anche al di fuori della gara che cosa sono i Giochi del Mediterraneo?

Un’Olimpiade in piccolo e già questo dice che si tratta di una bella esperienza da vivere. Chi partecipa è ancora molto giovane, affronta un’esperienza diversa dal solito, ti trovi a vivere giornate con campioni di tutti gli sport perché ogni disciplina porta il meglio disponibile. Anche noi abbiamo sempre onorato la prova con gente importante: quattro anni fa nella nostra nazionale c’era gente come Battistella, Sobrero, Covi, Affini che vinse la crono (con Amadori nella foto di apertura, ndr)… Io dico sempre che è una manifestazione che insegna molto, che ti fa vivere lo sport a 360 gradi. Usciamo dal nostro guscio e ci confrontiamo con un pezzo di mondo importante per una medaglia che vale molto. Non è un mondiale o un europeo, questo è chiaro, ma ci teniamo molto, e poi dopo aver vinto le ultime tre edizioni non vedo perché non dobbiamo continuare sulla stessa strada…

Pinazzi, voglia di vincere e zero voli pindarici

07.02.2022
5 min
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La pressione lui l’ha sempre gestita bene. Mattia Pinazzi – ventuno anni il prossimo 4 aprile – è uno di quelli che se sta per cadere il mondo, fa un passo di lato per non farsi colpire. Non si è mai fatto troppo influenzare dalle sue prestazioni. Né quando vinceva tanto nelle categorie giovanili, né quando faceva fatica a trovare i risultati negli ultimi anni. 

Maglia Arvedi

Il velocista della Arvedi Cycling, la stessa squadra di Moro e Lamon, vuole fare un personale upgrade ed affrontare il 2022 da protagonista. Lo farà con un rinnovato ottimismo grazie ai sigilli ottenuti nella parte finale della scorsa stagione. Dal 20 agosto, giorno in cui ha conquistato la medaglia di bronzo agli europei su pista U23 in Olanda, al 16 ottobre, data del successo a Saronno in una corsa U23.

A ottobre la seconda vittoria 2021, a Saronno, su Fiaschi (foto Instagram)
A ottobre la seconda vittoria 2021, a Saronno, su Fiaschi (foto Instagram)

Due mesi di fuoco nei quali il parmense, una volta risolti i problemi al ginocchio destro, ha vinto a metà settembre nell’arco di tre giorni anche la Targa Libero Ferrario su strada e il tricolore elite su pista nello scratch a Dalmine.

Per capire i suoi programmi, abbiamo sentito Pinazzi al termine del suo allenamento giornaliero (quattro ore pedalate sulle prime colline fuori Parma) e alla vigilia del collegiale azzurro su strada e pista (di cui farà parte) voluto da Marco Villa in programma da domani 8 febbraio fino al 12 a Peschiera del Garda.

Mattia, come sta andando la preparazione?

Sto bene rispetto all’anno scorso nello stesso periodo. Ho iniziato prima ad allenarmi, a novembre, dopo una breve vacanza. Durante l’inverno ho corso la Sei Giorni di Gand e a Grenchen. Sono state corse utili per trovare subito il giusto colpo di pedale. E ne ho sentito il beneficio durante il mini-ritiro della squadra (dal 31 gennaio al 4 febbraio, ndr).

Il tuo esordio su strada ed il resto del calendario sono già stati pianificati?

Sì, il debutto sarà sabato 26 febbraio alla San Geo. Il giorno successivo sarò a Misano per la 100 Chilometri che si corre all’interno del circuito motociclistico. Il resto della stagione è più o meno delineato per fare più gare possibili su strada per un preciso obiettivo.

Quale?

L’intenzione e la priorità sono quelle di andare al mondiale in Australia. Ne ho già parlato col cittì Marino Amadori. Sono nella sua lista di papabili azzurri, lui crede in me. Ed io voglio ricambiarlo. Il percorso è adatto alle mie caratteristiche. Non pare durissimo, ma ha alcune salitelle che, seppur non sembrino impossibili, non vanno assolutamente sottovalutate. Dovrò cercare di andare forte fin dalle prime corse perché il primo step sarebbe conquistarsi la convocazione per alcune gare al Nord da fare con la nazionale.

Con la nazionale, Pinazzi ha messo il naso fra i pro’: qui al Giro del Veneto (a destra) assieme a Raimondi, entrambi parmensi
Con la nazionale al Giro del Veneto (a destra) assieme a Raimondi, entrambi parmensi
E con la pista come farai?

Non voglio trascurarla. Lo sa Marino, tant’è che ne ha già parlato con Marco (Villa, cittì della pista, ndr). Anche Marco a sua volta ha compreso la situazione, come immaginavo. Ho un buon rapporto con entrambi, mi confronterò con loro durante la stagione.

Ci sono anche altri appuntamenti con la nazionale…

Sì, ci saranno anche europei e Giochi del Mediterraneo. Ma non ne abbiamo parlato in modo approfondito. Poi ad aprile inizieranno le prove di Nation’s Cup su pista. Europei e mondiali su pista invece sono un altro obiettivo. Voglio guadagnarmi la convocazione e farli bene anche se li ho già fatti e quindi, rispetto a quelli su strada, non sono una novità.

Queste gare riusciranno a metterti un po’ più di pressione?

In realtà un po’ ce l’ho sempre ma la maschero bene (ride, ndr). E’ giusto e fa bene avercela. Come dice sempre Elia (Viviani, ndr), le gare si vincono e si perdono però l’importante è sapere di aver fatto e dato il massimo per farle al meglio.

Fai parte del gruppo azzurro della pista da qualche anno. Sei pronto al passaggio di consegne che ci sarà? All’orizzonte c’è Parigi 2024 e potresti essere una pedina importante…

Me lo hanno già fatto in tanti questo discorso. Andare alle prossime Olimpiadi è uno dei miei obiettivi, ma ci sarà da vedere cosa faranno i professionisti. E di conseguenza cosa starò facendo io. Di elite ce ne sono tanti per la pista ed entrare in un nuovo quartetto, dopo quello che hanno vinto loro nelle ultime competizioni, sarà molto difficile. In queste annate ho sempre lavorato con loro ma per un motivo o l’altro arrivavo agli appuntamenti internazionali giù di forma. In ogni caso deciderà Villa, io continuerò ad essere a disposizione.

Nel 2021 Pinazzi ha vinto il tricolore dello scratch su Moro e Scartezzini (foto Aivlis/Silvia Colombo)
Nel 2021 Pinazzi ha vinto il tricolore dello scratch su Moro e Scartezzini (foto Aivlis/Silvia Colombo)
Hai finito la scorsa stagione in crescendo. Cosa ti ha sbloccato mentalmente?

Credo sia stata la medaglia di bronzo agli europei in pista. Già da junior la vedevo sempre lì senza mai prenderla. Sembrava un miraggio. Fino ad allora, per tornare al top, in pratica usavo le gare come allenamento. In corsa facevo di tutto. Tiravo tutto il giorno per i miei compagni dall’inizio alla fine. Dopo quel terzo posto è stato tutto più facile.

Mattia, a proposito, un’ultima domanda prima di chiudere. Un tuo futuro tra i pro’ quando potrebbe esserci?

E’ presto per pensarci. Anche se non ho il procuratore c’è stata qualche chiacchiera in estate con qualche team professional e WorldTour, ma non vi dico chi erano. Ho avuto una proposta anche dalle Fiamme Azzurre, ma non ho ancora deciso. Anche perché devo avere determinati requisiti. Adesso penso solo a questo 2022, in cui voglio migliorare i piazzamenti dell’anno scorso. E cercare di vincere, vincere e vincere.