Malucelli all’Astana, un perfetto colpo di reni

23.10.2024
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Matteo Malucelli è un corridore dell’Astana Qazaqstan Team. Ieri sera, col buio che aveva già inghiottito tutto, il romagnolo non stava nella pelle e forse non aveva neppure capito bene. Lunedì, il giorno prima, aveva firmato il contratto. Una WorldTour nel momento in cui forse pensava che fosse tardi. Invece alla fine i conti tornano e i tasselli dispersi dell’ultima Gazprom stanno trovando una collocazione, in una sorta di tetris che ha lasciato fuori soltanto Canola. Anche Carboni si è messo a posto, ma per l’annuncio c’è da aspettare ancora.

Malucelli si trova in ritiro a Padova con la nuova squadra. Ieri sera era appena arrivato in hotel e raccontava col tono basso di chi svela un segreto, quasi con la mano davanti alla bocca. Ma abbiamo condiviso così tanti discorsi e riflessioni in questi ultimi anni, che fare il misterioso alla vigilia dell’annuncio sarebbe stato imbarazzante. Malucelli ha firmato per un anno e deve tutto alle vittorie al Tour de Langkawi e all’investitura di De Kleijn. Parlando di lui, l’olandese lo ha definito un velocista fortissimo e sottovalutato.

«Che poi alla fine – ammette – il contratto me l’ha fatto firmare proprio De Kleijn. Senza di lui, sarebbe valso tutto un po’ meno. Lui non lo sa, ma il fatto che fosse in Malesia e io l’abbia battuto a quel modo è stato il plus che ha dato maggior prestigio alle mie vittorie. Dal Giro d’Abruzzo in poi ho fatto solo corse di classe 2.2 e sette vittorie, ovvio che avessero meno peso. Se avessi fatto questi risultati a luglio, avrebbero avuto ben altro riscontro, ma prendiamo il buono che è venuto…».

Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli
Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli

L’offerta di Savio

E’ presto per parlare di ruoli. Immaginare Malucelli che tira le volate al gigante Syritsa è certo suggestivo, ma una quadra così grande ha un vasto calendario da coprire e non mancheranno le occasioni per mettersi alla prova. Al suo procuratore Nicoletti stavolta è riuscito il perfetto colpo di reni, dopo che per giorni avevano discusso sul da farsi. Da una parte Malucelli, sicuro di meritare un posto nel gruppo. Dall’altro Moreno che invocava qualche risultato più pesante per andare a proporlo in giro.

«Avevo detto che se non avessi trovato una squadra vera – racconta Malucelli – avrei smesso. In realtà a un certo punto era venuta fuori una continental che però mi avrebbe pagato come una professional. Era la Petrolike: Gianni Savio sarebbe stato ancora una volta il mio salvatore. Era una buona possibilità e abbiamo tenuto la porta aperta fino a lunedì, perché giustamente Marco Bellini e Gianni non potevano aspettare in eterno. Mi hanno detto che se avessi trovato un’altra strada, sarebbe stato giusto percorrerla e così è stato. Stavo perdendo la speranza, ma ci credevo. Mi dicevo: “Cos’altro devo fare per avere l’opportunità che altri hanno avuto?”.

«E’ cambiato tutto nelle ultime due tappe di Langkawi e chiaramente, se fai quel tipo di vittorie, è più facile anche per il procuratore portare avanti il tuo nome. Adesso dipende da me, se me la sono meritata e se continuerò a meritarla. Ma sono tranquillo, perché ho la voglia di un ragazzino di 20 anni e l’esperienza del trentenne».

Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno
Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno

Ancora incredulo

Sarà la coincidenza dell’Astana che ha bisogno di corridori che portano punti, sarà aver visto in Malucelli la grinta che aveva già messo nelle corse con la nazionale subito dopo la chiusura della squadra russa. Sarà anche che nell’Astana c’è lo stesso Sedun che guidava la Gazprom. Comunque sia, la stagione con il Team Ukyo ha ridato a Malucelli voglia e vetrina. E adesso si apre la pagina più bella della sua carriera, nel momento in cui meno se lo aspettava.

«Non so ancora – dice – cosa dovrò fare. E’ tutto così fresco, che ancora non mi rendo conto. Finché non vedo, non credo. Finché non mi ritroverò a pedalare tutti insieme, non sarà facile da capire. Anche perché per l’età che ho, dico la verità, pensavo che ormai come canta Vasco, fosse tardi. Ma questa volta ho dato dei segnali profondi. Ho vinto 10 corse, me l’hanno fatta sudare, ma alla fine è arrivata».

Altro non dice, perché altro non sa. Il WorldTour, questa sorta di terra promessa che ti garantisce di fare le corse che contano, è arrivato quando meno se lo aspettava. Gli sono passati davanti agli occhi tutti i momenti degli ultimi due anni. Ha pensato a quanto sia stato faticoso correre e vivere lottando ogni volta con la frustrazione di meritare di più. Avrà pensato che in qualche modo esiste una giustizia. E che ora non ci sono più scuse, c’è solo da correre. Ma prima trascorrere un inverno da samurai, per essere pronto già dalle prime corse.

Il Langkawi si chiude con un sontuoso Malucelli

06.10.2024
5 min
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BINTULU (Malesia) – Tappa e maglia, non quella verde di leader della generale, ma quella arancione della classifica a punti. A distanza di 24 ore sullo stesso arrivo Matteo Malucelli mette a segno il tris al Tour de Langkawi. Decima vittoria in stagione. Un urlo di gioia e la festa può iniziare.

La corsa malese si conclude con la vittoria finale di Max Poole, della Dsm-Firmenich, e con il secondo posto di Thomas Pesenti, compagno di Malucelli alla JLC Ukyo. Per la squadra giapponese una corsa da incorniciare.

Il gruppo ha di nuovo pedalato in luoghi fantastici
Il gruppo ha di nuovo pedalato in luoghi fantastici

Quella corona da 54

Ma torniamo alla volata. Malucelli stavolta ribalta le carte. E nonostante il vento contrario, anticipa. S’infila nel treno della Tudor Pro Cycling e ai 200 metri secchi scatta quel mezzo secondo prima dell’olandese De Kleijn. Un mezzo secondo che sarà decisivo.

«Da lì ce la siamo giocata fino alla fine. Metro per metro. Vediamo i dati – mentre tocca il computerino andando verso il podio – una punta di oltre 1.400 watt e 12” a 1.210 watt. Dopo otto tappe non è male».

Forse il merito è stato anche della corona da 54 denti. Già la volta scorsa vi avevamo raccontato che Tudor e Astana avevano tirato fuori i 56, mentre Malucelli no. In questo caso, l’ingegner Malucelli aveva fatto bene i suoi conti.

«Guardate che qui inizia ad esserci stanchezza e quei rapporti poi li devi girare. In più bisogna valutare la corsa. Qui si fanno volate a 71-72 all’ora e a questa velocità, almeno per me, il 54 è ottimo. Ho girato ad altissime frequenze il 54×1… non è mica un rapportino. Dai 74 all’ora invece serve il 56».

Per carità non eravamo né al Giro d’Italia, né al Tour, ma tre vittorie sono sempre tre vittorie e per di più in una corsa 2.Pro, appena sotto al WorldTour. C’erano alcuni velocisti di rango a partire da De Kleijn e Syritsa. Queste imprese non possono passare inosservate anche altrove: dieci vittorie in stagione, solo Jonathan Milan ne ha ottenute di più: undici.

«Le sue sono vittorie più importanti – ammette Malucelli – però come si dice: uno vale uno. E le mie sono volate». E le volate vanno vinte.

Manuele Boaro, diesse della JCL Ukyo, oggi aveva un assistente di rango in ammiraglia: Giovanni Carboni
Manuele Boaro, diesse della JCL Ukyo, oggi aveva un assistente di rango in ammiraglia: Giovanni Carboni

L’urlo di Matteo

Già ieri, dopo la sentita vittoria nella ricorrenza della morte della mamma, Malucelli aveva gridato la rabbia di non essere in un team più grande. Del fatto che De Kleijn al suo fianco guadagnasse oltre dieci volte di più. E oggi ancora tra rabbia, orgoglio e scherzo ha ripetuto: «Se non firmo un contratto entro stasera sego la bici!».

Al tempo stesso però Malucelli è orgoglioso del suo team. Da fuori sembrano molti uniti. Dopo l’arrivo si sono attesi, cercati, abbracciati. Anche Giovanni Carboni, ritiratosi in seguito ad una caduta, è rimasto in Malesia e oggi che stava meglio è salito in ammiraglia con il direttore sportivo Boaro. 

Questa mattina Malucelli e Carboni dicevano come fosse importante aver già vinto. Della tranquillità che ne deriva. «Si corre più leggeri e quando è così non è detto che arrivino altre vittorie», avevano recitato in coro.

Malucelli indossa la maglia di leader della classifica a punti. L’ha tolta proprio a De Kleijn (alle sue spalle)
Malucelli indossa la maglia di leader della classifica a punti. L’ha tolta proprio a De Kleijn (alle sue spalle)

Malucelli e il futuro

Matteo Malucelli è del 1993, va per i 32 anni. Non è vecchio, ma neanche più un ragazzino. In carriera ha avuto la sua bella dose di opportunità e sfortune. Androni, Caja Rural, poi il passaggio doloroso alla Gazprom che chiuse. Da lì il bailamme tra squadre più piccole. «Anche se – ci aveva detto Matteo – il team Ukyo è molto ben organizzato. Anche dal punto di vista dei materiali, una delle tre cose che contano nel ciclismo moderno assieme al buon preparatore al nutrizionista».

La professionalità di Malucelli è nota in gruppo. In bici adotta un approccio da ingegnere qual è. E così anche nella vita: fa il saldo tra i giorni fuori casa, i sacrifici che richiede il ciclismo, l’esposizione al rischio stando tante ore in bici, le vittorie e i guadagni. 

«No, non ho ancora un contratto per il prossimo anno con una squadra professional o WorldTour – ha detto Malucelli – spero di trovarlo altrimenti potrei anche andare a lavorare. Sono un ingegnere e non ho problemi a trovare un impiego». 

La classifica finale: 1° Max Poole, 2° Thomas Pesenti a 13″, 3° Unai Iribar a 20″
La classifica finale: 1° Max Poole, 2° Thomas Pesenti a 13″, 3° Unai Iribar a 20″

Futuro da apripista?

«Mi sento pronto a fare il leader, ma sarei disposto anche a fare l’ultimo uomo. Primo perché con il passare degli anni si perde lo spunto, e poi perché da solo mi so muovere. Guardate anche oggi come è andata. Negli ultimi chilometri ero da solo. Ai meno 3 sono riuscito a prendere la ruota di De Kleijn e non l’ho più mollata. So valutare vento, posizioni, tempi. Oggi i Tudor sono stati perfetti. Sono io che li ho anticipati. Credo, che sarei un buon apripista».

E qui iniziano le considerazioni su chi potrebbe scortare Malucelli. Nomi e profili…

«Sarebbe bello aiutare un giovane». Noi gli suggeriamo proprio Milan. «No – replica lui – Jonathan è troppo alto per me. Credo che per lui anche Consonni sia piccolino. Sapete di chi sarei l’apripista perfetto? Di De Kleijn. E non scherzo. O comunque di un velocista alto al massimo un metro e ottanta. Un Viviani per dire».

Dai rulli di notte alla gioia malese. Colpaccio Malucelli

30.09.2024
6 min
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BUTTERWORTH (Malesia) – Manuel Penalver alza le mani. Matteo Malucelli gli arriva appaiato. Alla fine nessuno dei due sprinter è certo della vittoria. Poco dopo, un giudice si avvicina allo spagnolo e gli dice: “You first”. Sei il primo. Penarvel scoppia di gioia e con lui i suoi compagni.

Nella zona d’arrivo le cose sembrano andare diversamente però. I trasponder continuano a dare Malucelli, Penarvel, De Klein. E anche il diesse della Corratec, Francesco Frassi, ce lo conferma: «Alla radio hanno dato subito quest’ordine». E così è. Per il corridore della JCL Team UKYO è l’ottava vittoria stagionale.

Sprint tutto a sinistra: Penarvel esulta, Malucelli lo infila al colpo di reni
Sprint tutto a sinistra: Penarvel esulta, Malucelli lo infila al colpo di reni

Caldo equatoriale

L’umidità che c’è all’equatore è qualcosa d’incredibile. Ci sono 28 gradi ma sembrano 45. Tutti i corridori dopo l’arrivo cercano acqua con cui bagnarsi. A parte Syritsa, vincitore ieri, che invece mangia un coscio di pollo mentre si dirige verso il podio! Sul caldo i corridori hanno scherzato anche in conferenza stampa. E quando Jeff Quenet, responsabile stampa della corsa, ha chiesto a Malucelli se gli piacesse il caldo proprio Syritsa, seduto al suo fianco in quanto leader della corsa, è sbottato in una risata. Come a dire: «Pure il caldo ti va bene!».

Stamattina era emersa subito la proverbiale meticolosità di Malucelli. Dopo aver firmato era tornato ai box per rivedere la ruota posteriore. Qualcosa non gli tornava e alla fine aveva deciso di farsela cambiare.

Boaro gongola

Tappa piattissima e tranquilla tutto sommato. «Ho detto ai miei ragazzi – spiega il diesse della JCL Ukyo, Manuele Boaro – di stare vicini a Malucelli, di portarlo avanti nel finale e lo hanno fatto bene. Non avremo il treno di altre squadre, ma abbiamo un gruppo unito e che crede molto in lui».

E quest’ultima frase detta proprio da Boaro che ha lavorato per grandi capitani conta molto. Un leader che funziona, dà voglia e gambe anche ai suoi compagni.

«Io sono contento per i ragazzi. Si stanno impegnando tutti al massimo e si meritano questi risultati. Sono tutti molto professionali, in particolare Malucelli. Lui davvero è esemplare. E’ un professionista a 360°. Spesso in riunione interviene con spunti interessanti e a me piace anche ascoltare i ragazzi.

«Matteo sta molto bene ed è anche tanto, tanto motivato. Questa è la sua ultima gara della stagione, tra l’altro una delle gare più importanti per noi, pertanto ci teneva molto a fare bene. Correremo anche in Giappone, ma Matteo non ci sarà. Quindi voleva chiudere alla grande».

Boaro è stato in gruppo fino all’altro giorno. Neanche 12 mesi fa era in corsa alla Veneto Classic, per dire quanto sia “fresco di ammiraglia”. E in questo ciclismo che corre veloce un tecnico giovane, che sta sul pezzo, può fare la differenza. Anche solo per il linguaggio adottato.

«Spero che questo aiuti – dice il veneto – io cerco di scherzare molto con loro, visto che sono parecchio sotto pressione. Da parte mia posso dire che i ragazzi mi ascoltano. Seguono ciò che dico, anche se da tecnico ho ancora molto da imparare. Posso solo sperare che una piccola parte di questi successi sia anche mia.

«Stiamo crescendo? Tutti ci impegniamo al massimo. Ma con un general manager come Alberto Volpi, che ha sempre calcato scenari importanti, è normale che sia così e che si voglia sempre migliorare».

I rulli di notte

In effetti davvero Malucelli era, ed è, motivato. Il Langkawi propone tante opportunità per i velocisti e con tre squadre WorldTour al via è una bella vetrina.

Sentite qua cosa ha fatto Matteo prima di venire in Malesia.

«In questo ciclismo nulla va lasciato al caso – ha detto Malucelli – ho curato ogni aspetto, tra cui quello dell’adattamento al fuso orario. Quando veniamo in Asia a correre cominciamo 5-6 giorni prima a sintonizzarci sull’orario che troveremo (qui siamo sei ore avanti rispetto all’Italia, ndr). Quindi tutte le mattine ci svegliamo un’ora prima. Il giorno della nostra partenza, mercoledì, mi sono svegliato alle 3 di notte. Mi svegliavo e facevo i rulli. In questo modo il mio corpo prendeva i ritmi malesi e aveva già iniziato un adattamento. E’ stato un sacrificio… ma ne è valsa la pena. 

«Speravo che questo aspetto potesse fare la differenza, specie nelle prime tappe, quando magari non tutti sono ancora perfettamente in linea con il fuso orario».

«Dire che mi aspettassi questa vittoria no – riprende Malucelli – ma sapevo di stare bene e anche il mio preparatore è rimasto colpito dalla mia voglia di correre e di continuare ad allenarmi a questo punto della stagione e per questo Tour de Langkawi. Il finale di stagione stava andando bene e volevo continuare a stare lì davanti».

Urli strozzati 

E davanti ci è stato. Davanti a tutti: solo che per poter esplodere di gioia Matteo ha dovuto attendere un bel po’. 

«Le volate sono così – va avanti il romagnolo – se questo sprint lo rifacciamo dieci volte, vincono dieci corridori diversi. Io oggi ero al posto giusto, nel momento giusto e ho avuto anche la fortuna che Penalver ha alzato le braccia un attimo prima dell’arrivo. Personalmente, dopo l’esperienza di Pescara al Giro d’Abruzzo, ho imparato che si molla solo un metro dopo la linea d’arrivo. Oggi ho dato il colpo di reni ed è arrivata una vittoria. Chiaramente mi sarebbe piaciuto alzare le mani e festeggiare sul traguardo, ma l’importante è che alla fine sia arrivato primo».

Matteo non è stato il solo a strozzare l’urlo di gioia, ma a conti fatti meglio il suo “non urlo” che quello del giovane spagnolo, caduto poi nella comprensibile delusione. Si potrà consolare col fatto che le occasioni per i velocisti al Langkawi non sono finite a Butterworth. Da dopodomani però… domani si sale.

Carboni ci crede, le gambe ci sono: ora serve l’occasione

06.09.2024
6 min
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Il mestiere del corridore non è affatto semplice e rischia di diventarlo ancor meno se le condizioni di lavoro sono quelle di una piccola squadra. Proprio in questi casi, fa capire Giovanni Carboni, è necessario rimboccarsi le maniche più di tanti che, con le spalle coperte da grandi strutture, pensano che basti meno per ottenere risultati. Invece così non è. Forse per questo tanti ragazzini approdati in squadre importanti si perdono dietro sforzi che gli paiono immensi. Non perché lo siano, ma solo perché nel quotidiano magari non lavorano per crescere e sopportarli. Forse dietro i giovani italiani che non escono c’è anche questo.

Carboni di anni ne ha 29 e gli ultimi tre sono stati lo sbando provocato dalla chiusura della Gazprom. Li ha compiuti il 31 agosto dopo essere rientrato dal Tour of Bulgaria (vinto in extremis da Matteo Malucelli) sull’ammiraglia del JCL Team Ukyo in cui corre da questa stagione. Il fuori programma dell’ultima tappa, le premiazioni ritardate e tutto quello che è successo hanno fatto sì che il marchigiano sia dovuto tornare a casa in auto. Una bella distanza di 1.800 chilometri e l’arrivo giusto in tempo per una cena con gli amici più cari. Prima delle corse in Italia che già bussano e poi il Tour de Langkawi (29 settembre-6 ottobre).

Ritorno in auto dalla Bulgaria, 1.800 km nel giorno del 29° compleanno di Carboni (foto Suga Yosuke)
Ritorno in auto dalla Bulgaria, 1.800 km nel giorno del 29° compleanno di Carboni (foto Suga Yosuke)
Che cosa è successo nell’ultima tappa in Bulgaria?

E’ stata anche una questione di fortuna. L’ultima discesa era molto viscida, abbiamo preso un punto particolarmente sporco di gasolio o molto bagnato e siamo caduti senza neanche toccare freni. Era una semicurva, tutt’altro che pericolosa, ma non abbiamo potuto farci nulla. Io per sfortuna ho rotto il cambio e quindi ho detto a Malucelli di andare e prendersi tappa e classifica, grazie all’abbuono. Non ci andava di far vincere il bulgaro che, devo ammetterlo, ha fatto una discesa impressionante.

Correva in casa…

E soprattutto noi non volevamo rischiare, perché comunque era la gara del rientro, eravamo in maglia ed eravamo su in preparazione per le prossime. Quindi avevamo un occhio di riguardo. Lui invece, Stolic il bulgaro, arrivava proprio a casa sua e ha rischiato il tutto per tutto.

Il Giro di Romagna è stato l’ultima corsa italiana del team giapponese, con Carboni al 4° posto (foto JCL Team Ukyo)
Il Giro di Romagna è stato l’ultima corsa italiana del team giapponese, con Carboni al 4° posto (foto JCL Team Ukyo)
Il cuore italiano vede le corse italiane, la bandiera giapponese della tua squadra guarda a Oriente…

Parlando per me, ho lavorato per le classiche italiane, per il Malesia e poi per la Japan Cup. Sono questi gli obiettivi veri del finale di stagione. La squadra, i nostri sponsor si sono affacciati quest’anno nel panorama europeo per allargare un po’ gli orizzonti. Però, facendo parte del Continente Asiatico, per loro vincere in Asia ed essere tra le prime squadre è motivo di orgoglio.

Com’è invece l’accoglienza in Europa per una continental giapponese?

C’è da sgomitare più del solito. E’ più difficile riuscire a guadagnarsi il posto in gruppo, anche perché il livello della squadra non è al livello delle professional e non parliamo delle WorldTour. Pertanto i risultati che ottieni hanno dietro un lottare superiore.

Il team giapponese e la primavera in Italia: un gruppo entusiasta e volenteroso (foto JCL Team Ukyo)
Il team giapponese e la primavera in Italia: un gruppo entusiasta e volenteroso (foto JCL Team Ukyo)
E’ davvero così?

Avendo corso in squadre professional, sia Malucelli sia io abbiamo visto che in determinate gare italiane era più semplice riuscire a prendere una salita davanti o per lui affrontare una volata. Nell’ultima gara fatta in Italia, al Giro di Romagna, ci siamo guadagnati il nostro spazio. La squadra ha lavorato e tirato ed è venuto un bel risultato (Carboni è arrivato quarto, ndr).

Quale può essere per te un obiettivo concreto in questa seconda parte di stagione?

Voglio continuare a dimostrare quello che ho fatto nella prima parte. Ho avuto grande continuità. Sono partito dall’AlUla Tour, dove ho avuto i primi contatti con la nuova squadra. Poi nelle gare in Italia ho sempre ottenuto qualcosa in più, in termini di risultati. Nella prima parte di stagione su 30-32 gare che ho fatto, ho ottenuto 16 top 10 e non è poco, visti i motivi che ci siamo detti prima.

Vincendo la 2ª tappa al Tour of Bulgaria, Carboni ha preso anche la maglia (foto JCL Team Ukyo)
Vincendo la 2ª tappa al Tour of Bulgaria, Carboni ha preso anche la maglia (foto JCL Team Ukyo)
Non è un trend da poco…

Vorrei continuare su questo livello. Dimostrare che nonostante abbiamo avuto i tre mesi di stop in cui la squadra ha gestito il fattore del visto per gli atleti giapponesi, che devono farlo di tre mesi in tre mesi, non sono stato sotto l’ombrellone col cellulare o a guardare le ragazze in spiaggia. Mi sono allenato e ho fatto la vita del corridore professionista a tutti gli effetti.

Quindi qualsiasi cosa dovesse venire fuori sarebbe la conseguenza di tutto questo?

Sarei contento, guardando a me stesso, di ripetermi e migliorarmi. E il resto sarà eventualmente una conseguenza, esatto.

Nel frattempo, a maggio, hai vinto il Giro del Giappone. Che cosa ha significato?

Ho trovato molto calore dalla gente del posto e sono rimasto molto contento anche per come ha lavorato la squadra per arrivare a quell’obiettivo. Non è semplice per un corridore giapponese tirare e mettersi completamente a disposizione di uno straniero nella corsa di casa. E secondo me non è semplice neanche per un direttore sportivo o per un team manager giapponese dire ai propri corridori di lavorare per far vincere la corsa a uno straniero. Sono rimasto molto contento di questa cosa, dal punto di vista umano c’è stato un rispetto enorme da parte dei corridori e dello staff giapponese.

Primo nel Tour of Japan. Giovanni Carboni, classe 1995, è alto 1,80 per 61 chili. E’ pro’ dal 2018 (foto JCL Team Ukyo)
Primo nel Tour of Japan. Giovanni Carboni, classe 1995, è alto 1,80 per 61 chili. E’ pro’ dal 2018 (foto JCL Team Ukyo)
Quindi la prossima fermata sarà Larciano?

Esatto. Ho fatto il ritiro in altura ad agosto, perché so che è fondamentale e non posso pretendere che sia la squadra a pagarlo per me, visto il budget che abbiamo. Ho curato l’alimentazione, non come alcuni con cui mi alleno che escono con le barrette del supermercato. Questo è un lavoro, anche se mi guardo intorno qui a San Marino e penso che si stia perdendo il senso di cosa significhi fare sacrifici. Ho avuto i miei controlli, perché abbiamo continuato a fare l’Adams. Ho 29 anni, non sono vecchio, ma ho esperienza per ispirare corridori più giovani. Mi piacerebbe capissero che lo fanno per lavoro, invece li vedo sbagliare come facevo io alla loro età. Perciò tengo i piedi per terra e vado avanti. E come ci siamo già detti, vediamo che cosa ne verrà fuori.

Il Bulgaria di Malucelli, arrivato un po’ per caso

05.09.2024
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Chi avrebbe mai pensato a Matteo Malucelli vincitore di una corsa a tappe? Il ciclismo sa sempre regalare sorprese, ma certamente domenica l’ultima cosa che il forlivese si aspettava, partendo per l’ultima tappa del Giro di Bulgaria era di conquistare la vetta, festeggiando così nel migliore dei modi il ritorno alle gare dopo una sosta di ben 3 mesi.

Il racconto di come sia arrivato questo traguardo ha un “prologo”: «Alla vigilia dell’ultima tappa al comando c’era Carboni con 38” su di me e 1’03” sul locale Papanov. Io avevo vinto due tappe, ero contento così, ma alla partenza sapendo che avevamo un vantaggio buono ma non di piena garanzia, avevamo pensato di tenere la corsa chiusa per poi giocarci la volata. Io anche vincendo non avrei superato Giovanni, così saremmo stati tutti contenti.

Papanov imprendibile? C’è un perché…

«In corsa però Papanov ha attaccato al culmine della salita. Ci siamo messi in caccia, ma la strada era bagnata e in una curva Carboni è caduto, io gli sono andato dietro. Mi sono rimesso subito in bici, avevo il cambio bloccato sul 14, ma sono comunque riuscito a rimettermi in sella. Giovanni invece aveva rotto il cambio e ha dovuto aspettare la sostituzione della bici, a quel punto non poteva più rientrare. Rischiavamo di perdere la corsa. Dovevamo riprenderlo. Eravamo in una quindicina dietro ma per quanto ci dessimo regolari cambi, non guadagnavamo, il che ci sembrava strano. Dopo l’arrivo vittorioso di Papanov, visionando le riprese era evidente che aveva sfruttato la scia delle auto. Abbiamo fatto reclamo ed è stato accolto, lui è stato posto al 15° posto della tappa e penalizzato di 20”, così io ho vinto il Giro davanti a Carboni e Pesenti, abbiamo fatto il pieno».

Una vittoria che, per come è arrivata, non poteva non avere un fondo di amaro: «Dispiace sempre quando arriva una caduta. Giovanni, più che per la corsa perduta, era abbattuto per la botta subita, quando cadi è sempre brutto anche perché l’urto non è stato di poco conto. Poi dispiace anche che la corsa venga decisa a tavolino, avremmo sicuramente preferito che le cose fossero andate come avevamo stabilito alla vigilia».

Il team giapponese in Bulgaria, con Carboni e Pesenti anche loro sul podio
Il team giapponese in Bulgaria, con Carboni e Pesenti anche loro sul podio

Una sosta di ben 3 mesi

Malucelli, come anche gli altri compagni di squadra italiani è tornato alle gare dopo 3 mesi, dopo aver staccato la spina al termine della corsa più sentita da parte del suo team JCL Ukyo. Una scelta che era stata già stabilita a inizio stagione: «Non avevamo impegni dopo la parte riservata al calendario asiatico, quindi per due settimane non ho neanche voluto vedere la bici. Poi ho ripreso piano, ho fatto un primo periodo in altura ma molto blando, non mi sono negato neanche qualche cena fuori… Da luglio ho ricominciato a lavorare sul serio ma senza fretta, per raggiungere la condizione piano piano, rimettendomi in riga anche con l’alimentazione e il resto, ad agosto ero fresco fisicamente e mentalmente per ritrovare lo smalto giusto. Com’è avvenuto».

Questo sistema è positivo? «Per certi versi. Sicuramente sono arrivato in Bulgaria che avevo una gran voglia di correre, di fare fatica e quando questo si confronta con gente che invece è sulla corda da mesi, è stanca fisicamente e mentalmente la differenza si vede. Noi siamo sicuramente più freschi per il finale di stagione. Dall’altra parte però non è facile convivere con lo stare fermo mentre vedi che tutti gli altri corrono, gareggiano. D’inverno almeno non gareggia quasi nessuno, è diverso. Diciamo che un paio di mesi sarebbe una sosta più che sufficiente».

Il forlivese era fermo dal Tour of Japan di maggio, dove aveva vinto due tappe
Il forlivese era fermo dal Tour of Japan di maggio, dove aveva vinto due tappe

In Italia per continuare così

Ora però inizia una porzione importante della stagione: «Intanto sono al Friuli e ci arrivo con tanta voglia di fare. Poi continueremo a gareggiare in Italia, con Matteotti e Pantani, non so se le farò entrambe, per poi a fine mese ripartire per l’Asia per affrontare il Tour de Langkawi. A fine anno, ho fatto i calcoli che supererò i 50 giorni di gara, quindi rientro pienamente nella media».

Al di là del rocambolesco successo nella classifica finale, anche in Bulgaria Malucelli ha messo la firma un paio di volte in una stagione finora positiva e ricca di soddisfazioni: «Il bilancio è già col segno più, ma io devo dire di essere sempre stato costante nel mio rendimento, alla Gazprom come alla China Glory, dove ho ottenuto risultati dopo 4 mesi davvero complicati mentalmente. In Belgio ho conquistato 8 Top 10 in gare di alto livello, decisamente superiori a quelle che affrontiamo con la squadra giapponese. Io nel team mi trovo bene, ha una forte componente italiana e i giapponesi sono davvero il massimo in fatto di disponibilità. Non posso però negare che questa dimensione la sento un po’ stretta e me ne accorgo soprattutto quando si sale di categoria e si affrontano le Professional».

Malucelli si sente a suo agio nel team, con una forte componente italiana. Qui con il diesse Boaro
Malucelli si sente a suo agio nel team, con una forte componente italiana. Qui con il diesse Boaro

Per questo già al Friuli Malucelli è arrivato con tanta voglia di fare: «Io mi sento di partire per ogni tappa con un obiettivo solo: vincere. La prima è già andata bene, primeggiando con chiarezza sugli avversari. Ma non voglio fermarmi alla vittoria di San Giorgio di Nogaro, voglio far vedere che sono un corridore che ha ancora molto da dire e da dare anche in un consesso più alto».

Malucelli e Carboni, finalmente in Giappone si alzano le braccia

23.05.2024
5 min
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Prima Malucelli, poi Carboni. E non è finita. Assume i contorni del trionfo la trasferta del JCL Team Ukyo per il Tour of Japan. D’altronde è la gara più sentita dai responsabili del team e i nostri la stanno onorando al meglio. In attesa della sua conclusione prevista per il 26 (e soprattutto della scalata al Monte Fuji, famosa per la gara olimpica di Tokyo 2020, prevista per venerdì) i due ragazzi mettono intanto da parte una vittoria parziale che ha grandi significati per loro, a prescindere da come la corsa si concluderà.

Malucelli ad esempio quell’urlo liberatorio lo attendeva da tanto: «Erano due anni che aspettavo, che ci arrivavo sempre vicino – racconta dalla sua camera d’albergo – a marzo e aprile avevo continuato a collezionare piazzamenti come lo scorso anno, anche in gare importanti come alla Coppi e Bartali o al Giro d’Abruzzo e francamente ero un po’ stufo. Spero che questa vittoria sia di buon auspicio per il futuro, avendo chiuso una parentesi che era diventata troppo lunga».

La volata vincente di Malucelli a Seika, battendo il britannico Walker, un successo atteso 2 anni
La volata vincente di Malucelli a Seika, battendo il britannico Walker, un successo atteso 2 anni

Carboni in maglia di leader

Per Carboni la vittoria ha significato anche la conquista della maglia di leader della classifica: «Non so come finirà, ma un pensierino ce lo faccio, vedremo come andranno le tappe più dure che devono ancora arrivare. Quella vinta è stata una tappa mossa, resa impegnativa dal vento e dai continui scatti che alla lunga rischiavano di logorarci nel controbattere, finché ho preso l’iniziativa con l’ucraino Budyak e un paio di australiani vincendo in volata. Anch’io venivo da buone gare in Italia, una serie di piazzamenti, ma serviva un cambio di passo».

E’ chiaro che parliamo di una gara particolare, il Giro del Giappone è un evento centrale, ma dall’altra parte del mondo: «E’ un ciclismo che non siamo abituati a vedere – spiega Carboni – qui ci sono pochi europei, i giapponesi che corrono in casa (c’è anche la nazionale su pista per preparare i Giochi Olimpici) poi gli australiani che fanno sempre la differenza perché a questa gara puntano forte per la classifica. In gruppo il riferimento sono un po’ loro».

La netta vittoria di Carboni, debellando la resistenza dell’ucraino Budyak
La netta vittoria di Carboni, debellando la resistenza dell’ucraino Budyak

La mancanza di un bar…

«Sono gare particolari – gli fa eco Malucelli – un po’ come quando gareggiamo a Taiwan o in Malesia. Il circuito asiatico è particolare. Tra l’altro le gare si concludono sempre prima di pranzo il che significa svegliarsi sempre alle 6 e partire quando va bene alle 9,30. E’ tutto anticipato, la cena alle 18 e a letto presto, una routine abbastanza scandita. Tra l’altro gli hotel sono posizionati sempre un po’ lontano dai centri abitati così non c’è possibilità neanche di fare due passi per svagare la mente. Non possiamo neanche andarci a prendere un caffè perché i bar non ci sono, hanno solo macchinette automatiche sparse per il territorio…».

Le vittorie ottenute dai due ragazzi non sono casuali, anzi. Malucelli entra nello specifico parlando del suo team, da quest’anno con una forte matrice tricolore: «Il team esiste da una decina d’anni, ma in questi mesi di lavoro in comune, i nostri compagni giapponesi – che, inciso, sono il meglio del ciclismo locale – hanno corso con noi in Italia e iniziano a far proprio il nostro modo di correre. Anzi, lo cominciano ad applicare anche in corse come questa e la differenza si vede».

Affollamento di giornalisti locali intorno a Malucelli. Il suo team è molto seguito in Giappone
Affollamento di giornalisti locali intorno a Malucelli. Il suo team è molto seguito in Giappone

A casa si stacca la spina…

«E’ vero – ribadisce Carboni – normalmente in queste corse giapponesi e più generalmente asiatiche (se non infarcite di continental europee) si corre un po’ senza regole e avendo solo 6 corridori per squadra, si spende tanto se vuoi controllare la corsa. Con i compagni iniziamo ad applicare strategie che alla lunga funzionano, sia come risultati che come gestione stessa delle corse».

Finito il giro giapponese sarà tempo di tornare a casa e staccare per un po’: «Non abbiamo corse in programma per giugno e luglio, quindi conto di staccare anche un paio di settimane – afferma Malucelli – e non è un male considerando che da inizio stagione ho già superato i 30 giorni di gara. Siamo in 11 in squadra, questo comporta che si corre e viaggia quasi sempre. Tuttavia i nostri compagni giapponesi non hanno avuto il visto per l’Europa per questi mesi, torneranno ad agosto e noi in tre non possiamo correre.

Il JCL team Ukyo impiegato nella gara di casa, con 3 giapponesi ed Earle (AUS)
Il JCL team Ukyo impiegato nella gara di casa, con 3 giapponesi ed Earle (AUS)

Poi si tornerà in Asia

«Ci sarebbe il campionato italiano, è vero, ma che possiamo fare contro gente che viene dal Giro o che sta preparando il Tour? Per noi è meglio recuperare perché la seconda parte di stagione sarà lunga e impegnativa, torneremo anche in Asia per le corse in Malesia e sempre in Giappone».

Intanto però c’è da portare a termine il Giro del Giappone, da concludere in bellezza tutta la trasferta che ha regalato al team belle soddisfazioni e Carboni vuole sfruttare il buon momento: «Come detto, in Italia avevo già visto che ero tornato sui miei livelli, ora bisognerà lottare contro gli australiani che sono i più accaniti per la conquista del trofeo finale. La squadra funziona e la gamba è quella giusta. Un po’ mi dispiace al ritorno non avere altre occasioni per sfruttare la condizione, ma quel che dice Matteo è vero e poi di corse adatte ce ne saranno altre anche nei mesi successivi. L’importante sarà farsi trovare pronti».

Gli italiani a Taiwan, team diversi e diverse sensazioni

24.03.2024
6 min
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Taiwan, dall’altra parte del mondo. La locale corsa a tappe conclusasi da qualche giorno, dal punto di vista tecnico ha confermato come l’Israel Premier Tech abbia trovato nelle sue file un nuovo talento per le corse a tappe, il britannico Joseph Blackmore vincitore come lo era stato in Rwanda, ma l’aspetto che vogliamo sottolineare è un altro. Sulle strade asiatiche erano presenti molti corridori italiani, divisi fra varie squadre e ognuno l’ha vissuta in maniera diversa.

Attilio Viviani aveva iniziato bene con un 5° posto, poi non ha più trovato lo spunto (foto Facebook)
Attilio Viviani aveva iniziato bene con un 5° posto, poi non ha più trovato lo spunto (foto Facebook)

Viviani e una corsa senza controllo

L’edizione di quest’anno è arrivata in un momento politicamente delicato per il Paese, considerando l’alta tensione internazionale e la pressione sempre più forte da parte della Cina che non fa mistero di volersi riannettere l’Isola. Attilio Viviani, presente con i suoi compagni della Corratec-Vini Fantini, ha una certa esperienza di corse in Asia, anche in Cina e quanto ha visto aveva un sapore personale.

«Non è proprio come correre in Cina – dice – la noti una certa differenza intanto nell’atmosfera che si respira. E’ tutto un po’ più vicino a noi, più “occidentale”. La cosa che mi ha colpito molto rispetto alle gare cinesi è che trovi percorsi sempre molto agevoli, poco impegnativi, tanto è vero che c’è poca selezione e gli abbuoni sono ciò che fa più la differenza».

Questo però ha influito anche sull’evoluzione della corsa: «Una prova così, con squadre di 5 corridori non la controlli. Infatti la situazione di classifica è rimasta fluida fino alla fine e nell’ultima tappa dopo una trentina di chilometri la corsa è “scoppiata”».

Proprio la tappa finale poteva essere quella buona per lui: «Invece sono rimasto indietro e non ho potuto giocare le mie carte. Ero andato bene nella prima, finendo 5° ma quando abbiamo iniziato ero ancora un po’ fuori fase per il jet lag. La mia occasione era quella. Comunque abbiamo messo Monaco nella Top 10 generale, è stato un buon risultato».

Per Peron una trasferta nel complesso positiva viste le difficoltà precedenti (foto Instagram)
Per Peron una trasferta nel complesso positiva viste le difficoltà precedenti (foto Instagram)

Peron e l’esordio a 35 anni

Andamento diametralmente opposto per Andrea Peron, che a 35 anni ha fatto il suo esordio nella corsa di Taiwan. Il corridore di Borgoricco è infatti emerso proprio nella frazione finale: «Praticamente ho iniziato la stagione lì, dopo una caduta in allenamento che mi ha tolto un mese di preparazione. Non era previsto che andassi in Asia, ma avevo bisogno di correre, mettere chilometri nelle gambe e sinceramente il 6° posto nella tappa conclusiva è stato un piacevole regalo».

Anche il corridore della Novo Nordisk ha notato differenze con la Cina: «Sinceramente a me non piace molto correre le gare asiatiche, troppe differenze con le nostre abitudini, ma è anche vero che il Giro di Taiwan ha tappe un po’ più “europee”. In Cina pedali anche per 100 chilometri su strade diritte e pianeggianti, alla fine soffri soprattutto mentalmente».

La cosa che più lo ha colpito esula però dall’aspetto prettamente tecnico: «Secondo me organizzativamente devono ancora migliorare. Avevamo ogni giorno la sveglia alle 5,30, quando poi la partenza era in tarda mattinata e vicino agli hotel delle squadre. Le lunghe attese sono state la cosa più pesante, soprattutto all’inizio quando ancora non avevamo recuperato il fuso orario…».

Malucelli battuto nell’ultima tappa dall’israeliano Einhorn. Proprio come nella prima (foto organizzatori)
Malucelli battuto nell’ultima tappa dall’israeliano Einhorn. Proprio come nella prima (foto organizzatori)

Malucelli, la maledizione del 2° posto

A Malucelli la trasferta a Taiwan ha sicuramente fatto bene, al di là della doppia piazza d’onore: «Era una gara di livello anche più alto di quel che pensavo – afferma il corridore del JCL Team Ukyo – con 6 squadre professional e la differenza fra loro e le continental asiatiche era abbastanza marcata. Ho apprezzato le strade molto larghe e i percorsi ben disegnati, molto sicuri. Per il resto l’evoluzione della corsa era quella abbastanza abituale in quel tipo di corse, dove l’unico arrivo in salita fa la differenza».

Un aspetto di non poco conto è stata la tanta gente sul percorso: «Io venivo dall’esperienza in Arabia dove non trovi tanta gente neanche all’arrivo. A Taiwan invece c’era sempre una folla, anche lungo il percorso, si vede che tengono particolarmente a questa gara».

Per lui come detto due secondi posti, che alla fine hanno avuto anche un retrogusto amaro: «Per due volte Einhorn dell’Israel mi ha battuto e sinceramente per me che aspetto di vincere da due anni è stata come una beffa del destino. Sto sempre lì, però manca ogni volta l’ultimo tassello per completare il mosaico. Sarebbe ora che la fortuna si ricordasse di me…».

Riccardo Verza in azione a Taiwan. Per il suo team austriaco tre presenze in Top 10 (foto Instagram)
Riccardo Verza in azione a Taiwan. Per il suo team austriaco tre presenze in Top 10 (foto Instagram)

Il ritorno di Verza, a un livello più alto

Presente alla corsa asiatica anche Riccardo Verza (Hrinkow Advarics), una delle poche squadre continental europee presenti. Il corridore di Este aveva già corso a Taiwan, tanto da finire 8° nella classifica dello scorso anno: «Questa volta però il livello era più alto, comunque come squadra non siamo andati male, portando a casa tre piazzamenti e io ho fatto la mia parte finendo 8° nella tappa finale».

Verza ha un’opinione diversa sull’aspetto organizzativo della corsa: «Ci hanno ospitato in hotel molto belli, c’era poi un pullman a disposizione per gli spostamenti. Quando corri senza i tuoi mezzi abituali, rischi di trovarti in difficoltà, invece devo dire che sono stati molto presenti. Per il mangiare non abbiamo avuto problemi, integravamo quel che trovavamo negli alberghi con pasta e riso che lo staff preparava in camera, ci eravamo portati un po’ di scorte per non rischiare, anche memori delle esperienze precedenti».

Anche nel suo caso la corsa è servita per fare qualche passo avanti nella condizione: «Avevo disputato solo le due classiche croate finendo 5° a Umago, so che la forma buona deve ancora arrivare, ma piano piano stiamo progredendo e spero di portare quanto prima questa maglia alla vittoria».

Lo sprint ristretto a Shigang premia l’australiano Niquet-Olden, De Cassan 2°
Lo sprint ristretto a Shigang premia l’australiano Niquet-Olden, De Cassan 2°

Il migliore in classifica? De Cassan

Il migliore nella classifica generale è stato Davide De Cassan, 6°. La Polti Kometa ha corso per lui, che era alla sua prima vera trasferta all’estero in un Paese tanto lontano: «Mi ha molto impressionato la cultura asiatica, vedere posti così diversi dalla nostra normalità. Non escludo di tornarci in vacanza».

Si respirava tensione fra la gente per la situazione politica infuocata? «Io non l’ho notato, ho visto invece persone gentili, attente, molto prese dall’evento. Anch’io mi aspettavo un’atmosfera tesa, invece non è stato così, anche le forze dell’ordine non erano in sovrannumero. In questo, niente di diverso da quanto vediamo da noi».

Alla fine il suo Giro di Taiwan si è chiuso positivamente: «Ma poteva andare anche meglio, mi è davvero spiaciuto perdere lo sprint della fuga nella terza tappa. Io comunque guardavo alla classifica e sono tornato a casa con buoni segnali per le prossime

Ora Malucelli è convinto della scelta giapponese

17.02.2024
5 min
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Tre settimane al caldo della penisola araba. Tre settimane per guardarsi intorno e capire se la scelta di accettare l’ingaggio del Team Ukyo è stata quella giusta. Matteo Malucelli è tornato a casa con un paio di Top 10 che non sono mai da buttar via e le idee un po’ più chiare. La sua vera stagione inizia praticamente ora.

Gli impegni non erano di poco conto, fra AlUla Tour e Tour of Oman e ripercorrendo quelle lunghe giornate molto ha colpito la sua attenzione, non solo dal punto di vista ciclistico.

«Non è la prima volta che vado a correre da quelle parti – spiega – e il clima, unito ai percorsi perlopiù pianeggianti, mi è favorevole, quantomeno per affinare la mia preparazione. Si potrebbe pensare che si pedali sempre nella stessa realtà, ma non è così: l’Oman è molto più sviluppato, in Arabia Saudita invece si nota come sia tutto in espansione, in costruzione. Io sinceramente non ci andrei mai in vacanza: è comunque deserto con quattro grattacieli e tanta ricchezza qua e là… Anche ad AlUla ho trovato molti siti interessanti, fra una partenza da una città vecchia e un’altra dal parco naturale. C’era la possibilità di vedere qualcosa di diverso».

Per tre settimane il forlivese ha corso nel deserto arabo, con un clima a lui favorevole
Per tre settimane il forlivese ha corso nel deserto arabo, con un clima a lui favorevole
Era la tua prima esperienza sul campo con il nuovo team giapponese, che impressione ne hai tratto?

Molto positiva, perché già in pochissime settimane la realtà giapponese è andata fondendosi con il calore italiano. L’impronta nostrana è forte, grazie innanzitutto a Alberto e Manuele (Volpi e Boaro, i dirigenti del team, ndr), ma anche a noi corridori, poi il massaggiatore è italiano, il meccanico anche. C’è una bella sinergia, si vede che si lavora per unire due culture che sono comunque distanti.

Questo si evince anche dall’andamento delle corse?

Sì, infatti fra AlUla e Oman c’è stato un netto miglioramento. Quando abbiamo iniziato dovevamo conoscerci, non avendo neanche fatto un ritiro insieme. Che sarebbe stato anche controproducente considerando fusi orari diversi, l’effettiva difficoltà ad allestire qualcosa di collettivo e utile. Poi ci siamo trovati a correre in un contesto importante, con squadre di categorie superiori e quando capita c’è, almeno inizialmente, sempre un po’ un trattamento diverso verso una continental. Chi ci corre viene considerato non alla propria altezza.

Malucelli ha trovato in Carboni un valido aiuto per le volate, cogliendo due Top 10
Malucelli ha trovato in Carboni un valido aiuto per le volate, cogliendo due Top 10
Di questo si parla spesso, ma tu che hai corso a livello superiore, pensi sia qualcosa di inconscio?

Probabilmente sì. Non è che ti ritengono più scarso, ma c’è una forma di rispetto che bisogna progressivamente guadagnarsi in base alla maglia, perché poi il Malucelli della situazione è chiaro che nel gruppo è conosciuto almeno da una parte. Faccio un esempio: nella ricerca della posizione, un team continental ha formato il suo gruppo. Da dietro il team professional o addirittura WT, piuttosto che “sfidare” un pari grado verrà da noi a cercare di assumere le nostre posizioni nel gruppo. E’ normale, sta a te dimostrare che sei all’altezza di quella corsa e di quel contesto.

Tu avevi già accennato allo scendere di categoria. Ora che hai toccato con mano la realtà del Team Ukyo, sei convinto della scelta fatta?

Sì, perché si lavora seriamente. Ad AlUla eravamo più come cani sciolti, in Oman eravamo invece molto più squadra, iniziamo a conoscerci e pian piano ognuno assume il proprio ruolo, magari anche imparando qualcosa di nuovo.

Per il trentenne Malucelli il team giapponese è l’ottava squadra di cui entra a far parte
Per il trentenne Malucelli il team giapponese è l’ottava squadra di cui entra a far parte
Tu come ti sei presentato all’esordio agonistico?

Il mio inverno non è stato male, salvo il Covid contratto a fine novembre. Poi appena ripreso ho potuto lavorare intere settimane in maniera costante e quindi mi sono presentato al via il 30 gennaio abbastanza in forma fisica. La corsa poi ti dà quei fuorigiri, quella brillantezza che negli allenamenti non puoi avere. Qualcosa che manca e che correndo inizi ad acquisire, sicuramente oggi sono più in forma di quando siamo partiti.

Dove ti rivedremo?

Io non sarò a Laigueglia perché non è un percorso adatto a me. Parteciperò invece al Giro di Taiwan dal 10 al 14 marzo, cinque tappe dove ce ne saranno almeno un paio probabilmente destinate alla volata e lavoreremo per quelle. Oltretutto in un contesto qualitativamente più approcciabile, con 4-5 team professional, dove quindi ci sarà più possibilità di trovare spazio.

La compagine per l’AlUla Tour comprendeva 3 italiani, 3 giapponesi e un australiano
La compagine per l’AlUla Tour comprendeva 3 italiani, 3 giapponesi e un australiano
In una squadra come quella giapponese, si possono costruire anche meccanismi a tuo favore, per pilotare le tue volate?

E’ quello che spero e ci stiamo lavorando. All’inizio non è facile se non ci si conosce, c’è anche chi ha paura a tirarti la volata. Poi, con il tempo si acquisiscono meccanismi. Io ho notato che, a parte noi italiani, i nostri compagni sono molto capaci, quindi quei meccanismi si possono costruire e a Taiwan sarà sicuramente più facile farlo. Sarà una corsa con team di soli 5 corridori, ma proprio il numero ridotto potrebbe favorire le nostre potenzialità di correre come una squadra. E magari vincere…

Carboni all’AlUla Tour. Il debutto in mezzo al deserto

04.02.2024
5 min
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C’è voluto un po’ perché Giovanni Carboni si aprisse dopo il cambio di squadra e la nuova avventura che sta vivendo al JCL Team Ukyo. Per tutto l’inverno aveva scelto la via del silenzio, del lavoro, tenendo strette per sé le sue sensazioni e conoscendo la sua storia non si può che comprenderlo. Il corridore di Fano è uno di quelli che ha vissuto sulla propria pelle la disastrosa gestione (da parte dell’Uci in primis) della vicenda Gazprom Rusvelo dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e per mesi è rimasto fermo al palo, trovando un ingaggio in Spagna solo quasi a fine stagione 2022.

Quell’esperienza ha lasciato cicatrici. Alla fine dello scorso anno Carboni ha accettato la proposta del team giapponese fidandosi della competenza e del prestigio di Alberto Volpi, ma c’è voluto tempo per vincere la naturale diffidenza. Poi la stagione è iniziata, il marchigiano è volato nel deserto per fare il suo esordio con la squadra all’AlUla Tour e anche la sua voglia di parlare ha trovato sfogo.

Carboni fra Koishi e Malucelli: il loro esordio stagionale è stato finora promettente
Carboni insieme a Malucelli: il loro esordio stagionale è stato finora promettente
Una gara sicuramente diversa dal solito per iniziare il tuo cammino…

Molto meno semplice di quanto si possa pensare. Certo, non ci sono grandi asperità, le tappe per la maggior parte si concludono in volata, ma le difficoltà non mancano e sono legate soprattutto al vento che da queste parti imperversa.

Come influisce?

Basta una folata che possono crearsi ventagli. Bisogna stare continuamente all’erta, è una corsa che si disputa soprattutto di testa, a livello di concentrazione. Nella seconda e terza tappa ci sono state folate che hanno letteralmente spaccato il gruppo e c’è stato da lavorare per ricomporlo, le squadre dei velocisti hanno fatto un gran lavoro.

Il vento e la formazione dei ventagli sono stati i maggiori ostacoli nell’a corsa egiziana’AlUla Tour
Il vento e la formazione dei ventagli sono stati i maggiori ostacoli nell’a corsa egiziana’AlUla Tour
Che paesaggi avete affrontato?

E’ una gara diversa dal solito, questo è certo. Esci dalle città e ti ritrovi in mezzo al deserto. Strade molto ampie, che non cambiano mai, dove la direzione è sempre la stessa. Se c’è battaglia diventa tutto molto difficile perché si fa fatica soprattutto mentalmente. Non che ci sia da stupirsi, siamo nella nazione tra le più caratterizzate da questo tipo di ambiente.

Giustamente dici che l’ambientazione influisce sull’aspetto mentale. Che effetto fa?

Diciamo che devi abituarti. Poi quando la corsa parte devi concentrati su quel che avviene e non ci si accorge più di tanto di quanto c’è intorno. A me fa molto effetto dopo, durante i trasferimenti. Noti la desolazione, pensi alle difficoltà di chi è nato e vive in un ambiente ostile. E’ davvero difficile, è qualcosa che ti dà da pensare.

Tim Merlier, forse il più famoso dei corridori in gara, vincitore di due tappe
Tim Merlier, forse il più famoso dei corridori in gara, vincitore di due tappe
Trovate pubblico?

Questo è un aspetto interessante. Nei ritrovi di tappa e soprattutto negli arrivi c’è, ma è facile accorgersi che si tratta soprattutto di gente molto abbiente, che ha tempo per assistere, non ha obblighi di lavoro. Altrimenti vedi che la gente normale è quasi disinteressata, troppo presa dalle proprie attività. Lungo i percorsi, poi, non c’è proprio nessuno ma è facile capire il perché…

Tu hai fatto il tuo esordio nel team proprio in quest’occasione. E’ una squadra più giapponese o italiana?

Io direi che entrambe le nature coesistono. Io ho trovato una professionalità e una mentalità prettamente europea, Alberto Volpi e Manuele Boaro hanno dato già un’impronta decisa alla squadra. Al contempo però c’è una forte matrice giapponese: il peso dello sponsor è molto accentuato, c’è un’attenzione al dettaglio quasi maniacale. Io penso che siano due realtà che possono davvero coesistere e far crescere la squadra.

Alberto Volpi è il team manager del team giapponese. Anche per lui è stato un esordio
Alberto Volpi è il team manager del team giapponese. Anche per lui è stato un esordio
Già all’inizio dell’avventura vi trovate a gareggiare contro team del WorldTour. Si vede la differenza?

Non potrebbe essere altrimenti, i budget a disposizione non sono neanche paragonabili. Se parliamo però di attenzione e disponibilità verso i propri corridori, Alberto non ci fa mancare davvero nulla e mette a disposizione tutta la sua esperienza. E’ un valore in più per noi, soprattutto per noi italiani (con Carboni corrono Pesenti e Malucelli, ndr) che conosciamo bene la sua storia e la sua competenza.

Tu sei partito con quale ruolo?

Noi corriamo tutti in appoggio a Malucelli che è il più veloce, con noi ci sono anche 3 giapponesi e l’esperto australiano Earle. Io vengo da un inverno un po’ difficile, tra covid e influenza in pratica ho perso tutto dicembre e questo sulla condizione si fa sentire. L’AlUla Tour non è poi una corsa che si confà alle mie caratteristiche, ma io la sto interpretando un po’ “vecchio stile”, ossia per raggiungere la miglior forma, facendo quel che posso per i compagni.

Carboni alla Gazprom: un’avventura durata poche settimane e chiusa con 6 mesi di sofferenza per trovare un team
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Che obiettivi ti sei posto per questa stagione?

Nessuno in particolare, vivo un po’ alla giornata. Qui come detto l’importante è chiudere con una forma migliore di quella che avevo alla partenza, poi andremo al Tour of Oman che ha percorsi molto più adatti alle mie caratteristiche e dove spero di avere qualche occasione per mettermi maggiormente in mostra.

Che livello hai trovato in questa corsa?

E’ molto buono. Considerate che di squadre continental con noi ce ne sono solamente un paio, le altre sono tutte WorldTour o professional e sono tutte venute con un velocista di punta e un uomo per la classifica. Ciò ha portato la corsa a un valore notevole. Quel che ci voleva per iniziare.