A Brema con Donegà: un furgone, due bici e qualche soldo in tasca

21.01.2024
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Il furgone con le scritte del VC Mendrisio e 15 ore di autostrada, che all’andata sono parse cariche di promesse e al ritorno pesanti come certe processioni che non finiscono mai. Così Matteo Donegà e lo svizzero Nicolò De Lisi hanno partecipato alla Sei Giorni di Brema (immagine Frontalvision Photo Agency in apertura). La prima edizione si svolse nel 1910, questa era la prima dopo il Covid e gli atleti non si sono tirati indietro. Addirittura la UEC è stata costretta a rimodulare il calendario degli europei per dare loro modo di raggiungere la città tedesca.

Così, dopo i reportage di Filippo Lorenzon da Gand, ci siamo affidati a Donegà per sapere come è andata in Germania. Nelle sue gambe c’erano già la Sei Giorni di Rotterdam e la Quattro Giorni di Ginevra, a breve invece partirà per la Due Giorni di Berlino. Matteo si è prestato al gioco ed è diventato nostro inviato in pista

Dopo 15 ore di viaggio, hotel raggiunto per Donegà e De Lisi
Un viaggio parecchio impegnativo?

De Lisi abita in Svizzera, a San Gallo, per cui sono arrivato da lui in auto e il giorno dopo siamo ripartiti verso Brema. Uguale al ritorno. Ne ho fatti di viaggi lunghi, ma questo si è sentito. Facevamo turni di guida di 2-3 ore. Abbiamo speso 450 euro di carburante e alla fine siamo arrivati a Brema. Dovendo portare due bici e almeno 4-5 paia di ruote, il furgone conviene. A Berlino vado in aereo, ma porto una bici sola e mi costa 120 euro in più. Per Rotterdam ho noleggiato un furgone mio e ho speso 800 euro. Averlo in prestito è stato positivo.

Che ambiente avete trovato a Brema?

Bellissimo, a me è piaciuto molto. C’ero già stato nel 2019 e avevo corso con Ferronato la gara U23, arrivando secondi. Sono passati cinque anni e mi è piaciuto tanto tornare in quell’ambiente che è stato più una festa che una gara.

Tutte le sere in bici fino alle due?

Abbiamo fatto degli orari strani, in realtà. Quando cominciavamo alle 20, finivamo intorno all’una e mezza. Un giorno abbiamo corso il pomeriggio, poi abbiamo fatto una pausa e abbiamo corso nuovamente la sera. Un’altra volta invece solo pomeriggio, dalle 16 alle 20. Cinque anni fa correvamo tutti i giorni fino alle due di notte.

La coppia Donegà-De Lisi aveva come sponsor FAHRRADja!24, e-commerce tedesca (Frontalvision Photo Agency)
La coppia Donegà-De Lisi aveva come sponsor FAHRRADja!24, e-commerce tedesca (Frontalvision Photo Agency)
Che livello c’era?

Abbastanza buono. Il giorno prima c’era stata la madison all’europeo e tanti sono venuti diretti a Brema, perché da Apeldoorn sono due ore di strada. Magari non era al livello di Gand, perché lì ci sono proprio i top, però si andava forte. 

Com’era strutturata la tua giornata tipo?

Avevamo l’hotel a 100 metri dalla pista, quindi si andava a piedi. Mi alzavo la mattina alle 9-9,30. Alle 10 colazione. Se correvamo di pomeriggio, andavo subito in pista per fare i massaggi. Il mio massaggiatore aveva sei corridori, quindi avevamo dei turni e io l’ho sempre fatto per primo. Poi aspettavo in pista, nella cabina. Facevo pranzo lì e poi correvo.

Se invece correvi la sera?

Allora la giornata era più tranquilla. Facevo colazione con più calma, andavo in pista verso le tre per fare il massaggio e alle cinque mangiavo. Se invece si correva alle due del pomeriggio, bastava fare colazione al mattino. E poi si mangiava nuovamente a cena, anche a orari impossibili.

La cabina è la casa del seigiornista fra una prova e l’altra (Frontalvision Photo Agency)
La cabina è la casa del seigiornista fra una prova e l’altra (Frontalvision Photo Agency)
Il pranzo delle cinque era come la colazione prima di una gara su strada?

All’incirca è così, perché correvamo per almeno 4-5 ore. Ogni sera si fanno dagli 80 ai 130 chilometri e sempre a ritmi belli allegri. Di solito preferisco non mangiare tantissimo per non ritrovarmi pieno nelle prime gare. E poi all’estero hanno un’alimentazione abbastanza strana.

Vale a dire?

A Brema ho mangiato soltanto pasta in bianco, mentre loro avevano una serie di condimenti che ho evitato per paura che mi tornassero su durante la gara. Quindi pasta in bianco senza esagerare e poi barrette e gel.

E durante la gara?

I massaggiatori ti fanno il riso tra una gara e l’altra, quindi di fatto mangiavo ogni mezz’ora. Ed è il regime alimentari tipico delle Sei Giorni. Rotterdam è stata più regolare perché correvamo sempre alla stessa ora, a Brema abbiamo dovuto variare di più.

Fra una prova e l’altra, musica, concerti e fiumi di birra (Frontalvision Photo Agency)
Fra una prova e l’altra, musica, concerti e fiumi di birra (Frontalvision Photo Agency)
Tanto pubblico?

Tanta gente nel mezzo della pista. Fra una gara e l’altra c’erano dei concerti, tanto che a volte facevamo pause di mezz’ora. E lì in mezzo c’era davvero una marea di gente, più che in tribuna. Non è facile riempire seimila posti se al centro della pista ci si diverte di più.

Sei soddisfatto del risultato?

Abbastanza, visto il livello che c’era. L’unico rammarico è il fatto che non avevo mai corso con De Lisi, per cui abbiamo passato la prima madison a prenderci le misure. Fare un’americana senza conoscersi non è così scontato, basta avere due tecniche diverse di cambio e perdi tempo…

Non potevate fare qualche prova?

Avevamo fatto in modo di arrivare il giorno prima per allenarci, ma quando siamo entrati in pista stavano ancora montando, quindi il rodaggio l’abbiamo fatto 10 minuti prima della gara. Comunque il podio era già deciso e anche il quarto e quinto posto. Per cui arrivare sesti su dodici coppie non è stato tanto male. Abbiamo vinto un’eliminazione e un derny e per noi l’importante era farci conoscere.

Anche meccanici e massaggiatori erano agli europei: ecco Donegà con Sven ed Etienne Ilegems, con la tuta azzurra
Anche meccanici e massaggiatori erano agli europei: ecco Donegà con Sven ed Etienne Ilegems, con la tuta azzurra
Massaggiatori e meccanici li avete trovati in Germania?

Anche quello non è stato facile, perché tanti erano a fare gli europei. Per fortuna abbiamo trovato un meccanico tedesco che ci ha aiutato per tre giorni, mentre al quarto ci siamo arrangiati. Sono capace di montarmi la bici, ma il meccanico serve. Quando fra una prova e l’altra hai 10 minuti, non riesci a cambiare il rapporto o riparare una gomma bucata.

Dieci minuti sono pochi…

Sei lì, il massaggiatore ti cambia la maglia, ti asciuga, ti lava. Magari vai in bagno e alla fine non hai tempo per pensare alla bici. E comunque averne due permette di avere i rapporti giusti. Una più dura per il derny e una meno per le prove di gruppo.

Quanto hai guadagnato a Brema?

L’ingaggio non era come immaginavo. Mi hanno dato 1.500 euro lordi per quattro giorni di gara, mentre a Rotterdam ne ho presi 4.000 per sei giorni. A Berlino, per soli due giorni mi daranno 1.000 euro. Però era la prima dopo il Covid, meglio non chiedere nulla adesso e magari spuntare un ingaggio migliore per il prossimo anno.

La Sei Giorni di Brema è stata vinta da Reinhardt e Kluge, oro pochi giorni prima nella madison di Apeldoorn
La Sei Giorni di Brema è stata vinta da Reinhardt e Kluge, oro pochi giorni prima nella madison di Apeldoorn

Fra strada e Coppa

La Sei Giorni di Brema l’hanno vinta Reinhardt e Kluge, freschi vincitori dell’europeo nella madison. In attesa di sapere se l’ex seigiornista Villa vorrà convocarlo per qualche Coppa del mondo (magari quella di Hong Kong che si corre durante le classiche), Donegà si accinge a preparare le valigie per Berlino e poi a schierarsi su strada in maglia CT Friuli. Il sogno resta quello di trovare posto come specialista in un corpo militare, ma ad ora le porte sono chiuse.

«Magari quest’anno spero di correre di più – ammette – l’anno scorso non ho fatto tantissimo su strada. Tranne la Vuelta a San Juan con la nazionale, non ho partecipato a corse a tappe. Il guaio è che essendo elite in una squadra di U23, prima fanno correre i giovani e poi se c’è posto tocca a me. Abbiamo questo tipo di accordo e a me sta bene. Ora faccio Berlino e poi vediamo. C’è chi preferisce andare ad allenarsi in Spagna, io faccio le mie Sei Giorni. Mi alleno e porto a casa anche qualche soldino in più».

Donegà, la Champions League dopo la delusione mondiale

16.11.2022
5 min
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La UCI Track Champions League, giunta al suo secondo anno, si è aperta il 12 novembre con la tappa inaugurale di Mallorca. Si concluderà, dopo 5 tappe, il 3 dicembre a Londra. Un format nuovo dedicato alla pista, per far crescere un movimento che negli ultimi anni ha regalato tanto spettacolo ed emozioni. Matteo Donegà, del Cycling Team Friuli, è stato selezionato tra i 18 corridori che partecipano alla sezione Endurance di questa manifestazione. Ed è il pistard classe 1998 che ci porta all’interno di questo nuovo mondo.

Come nasce la selezione per la Champions League?

L’UCI seleziona 18 corridori al mondo in base ai risultati dell’ultimo anno, ci sono quattro parametri: ranking, posizionamenti nelle varie tappe di Coppa del Mondo, mondiali, europei (nella foto di apertura la corsa a punti conclusa in quinta posizione). Io ho guadagnato la selezione grazie ad una buona posizione nel ranking, essendo quinto nella corsa a punti, e con la vittoria nella tappa di Coppa del Mondo di Cali

La prima tappa della UCI Champions League è stata Maiorca, una festa per tutti (foto UCI)
La prima tappa della UCI Champions League è stata Maiorca, una festa per tutti (foto UCI)
Vi contatta direttamente l’UCI o passate tramite la nazionale?

In questo evento non c’entra, noi rappresentiamo l’Italia, ma non siamo iscritti né come nazionale né come team. Corriamo con una maglia che ci fornisce l’UCI, sulla quale decidiamo noi 3 sponsor da inserire, in questo caso specifico li ho scelti con la squadra, il Cycling Team Friuli.

Nei criteri di selezione c’è anche il mondiale, al quale eri stato convocato poi escluso… 

Sì, rientravo tra i convocati di Villa, poi alla fine il cittì a due giorni dalla fine ha deciso di non portarmi. E’ stato un fulmine a ciel sereno, anche perché io avevo già tutto pronto, compreso trolley e bici. Questi due sono arrivati in Francia, io no. 

La motivazione?

Scelta tecnica, Villa mi ha detto che nella mia specialità – la corsa a punti – avrebbe fatto correre un altro. Mi aveva detto che avrebbe fatto correre Viviani, poi invece ha partecipato Scartezzini, anche perché Elia non aveva il minimo dei 250 punti per correre. Nonostante la mia posizione nel ranking fosse migliore, per un certo periodo sono stato anche primo. E’ stata una delusione, anche perché dopo l’ufficialità della convocazione mi avevano contattato alcuni giornalisti con i quali mi ero speso a parole dicendo che sarei andato ai mondiali. E non è tutto…

I corridori in corsa in questa Champions League sono 72 divisi in 4 categorie (foto UCI)
I corridori in corsa in questa Champions League sono 72 divisi in 4 categorie (foto UCI)
Ovvero?

Nei giorni che precedenti al mondiale avevo contattato l’UCI Champions League per confermare che sarei andato al mondiale. Ho rischiato di non essere convocato anche a quest’ultimo evento, perché correre i mondiali, come detto, è uno dei requisiti per partecipare alla Champions League. 

Invece ci sei andato comunque alla fine…

Questo grazie alla mia alta posizione nel ranking e alla vittoria di Cali. Però dall’organizzazione mi hanno chiamato chiedendomi come mai non fossi a Parigi a correre. Ho tenuto un colloquio telefonico spiegando che ero stato convocato e poi escluso, alla fine gli organizzatori mi hanno tranquillizzato dicendomi che un posto si sarebbe trovato, ed eccomi qui. 

Ora che sei entrato in questa Champions League come ti sembra?

Assomiglia molto ad una Sei Giorni ed io sono innamorato di quelle corse, sono anni che cerco di andare per il mondo a farle. Mi piace molto l’idea di dare spettacolo, di far divertire la gente. 

Quanti atleti partecipano?

Ci sono 4 categorie: uomini e donne velocità e uomini e donne endurance. Ogni categoria ha 18 corridori. Io corro nelle discipline endurance: disputiamo uno scratch di 5 chilometri ed una corsa a punti. Sono format più brevi e che punta sullo spettacolo. Personalmente questa prima tappa serviva per prendere le misure, a me piacciono le gare più lunghe

Come sono organizzato gli spostamenti e le corse?

Non avendo l’appoggio della nazionale, siamo in contatto diretto con l’UCI Champions League. Io ho prenotato tutto tramite l’agenzia che ci ha messo a disposizione l’organizzazione. Anche questa è un’esperienza in più, ti insegna qualcosa di nuovo, devi pensare a tutto tu.

L’esordio non è stato dei migliori per Donegà (sullo sfondo) che ha chiuso al 13° posto la prima tappa (foto UCI)
L’esordio non è stato dei migliori per Donegà (sullo sfondo) che ha chiuso al 13° posto la prima tappa (foto UCI)
Si corre in un periodo particolare, a fine stagione…

E’ un punto di vista, sicuramente i corridori che hanno fatto una stagione intensa su strada e pista hanno declinato l’invito. Elia (Viviani, ndr) era uno dei selezionati, ma ha detto di no perché doveva riposarsi per l’inizio della nuova stagione. Di atleti di spessore ce ne sono molti, il livello è alto, diciamo che forse ci sono più “specialisti” della pista. Ce ne sono molti, c’è gente forte da tutto il mondo, c’è un bel livello. O vogliono preparare la stagione. 

C’è un maggior ricambio, no?

Secondo me è meglio così, c’è spazio anche per altri ragazzi, c’è la possibilità di fare esperienza. Essere selezionato qui è stato un modo anche per superare la delusione del mondiale. Nella mia carriera non mi ha regalato mai nulla nessuno e penso che questa selezione alla Champions League me la sono meritata da solo. 

Rimane una bella vetrina anche per eventuali opportunità future?

Sì, io sono sempre in contatto con l’Esercito per entrare in un corpo militare, è da un po’ che cerco di entrare. Spero che la partecipazione alla Champions League mi aiuti anche da questo punto di vista. Un evento del genere è una bella occasione anche per un corpo militare. Una corsa del genere dà una certa immagine del corridore, diventa più facile anche essere invitati alle sei giorni. La pista è il mio ambiente, mi sento a casa e spero di poter continuare ancora a praticarla.

Villa gongola, a Cali successi che valgono tanto

20.07.2022
5 min
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Il bilancio della nazionale italiana alla prova di Nations Cup a Cali (COL) è di quelli da leccarsi i baffi: 5 medaglie d’oro (il quartetto maschile, Milan nell’inseguimento maschile, Donegà nell’omnium, Scartezzini-Lamon nella madison, Paternoster nell’inseguimento femminile) con il contorno di 4 argenti e un bronzo. E’ vero che, rispetto alle altre due prove, la partecipazione era qualitativamente molto meno qualificata (pochissime le presenze di spicco dall’Europa), ma si tratta sempre di risultati importanti soprattutto nell’ottica che più interessa al cittì Marco Villa, quella della costruzione di un gruppo ampio e del recupero di talenti.

E’ quindi sotto questo aspetto che la trasferta va inquadrata e il tecnico olimpionico entra subito nel vivo del discorso.

«Io dovevo onorare questa gara – dice Villa – considerando anche tutte le altre del calendario e gli impegni dei vari atleti su strada, ma soprattutto dovevo pensare a chi non aveva ancora potuto gareggiare in Coppa e quindi non era eleggibile per i mondiali. La presenza della Paternoster era vista soprattutto in questo senso».

Quartetto Cali 2022
Il quartetto azzurro ha conquistato la Coppa del Mondo sia al maschile che al femminile
Quartetto Cali 2022
Il quartetto azzurro ha conquistato la Coppa del Mondo sia al maschile che al femminile
La tappa era già nel novero delle prove valide per il ranking olimpico?

No, ma su questo aspetto bisogna fare attenzione: non basta ottenere risultati nel periodo deputato per le qualificazioni olimpiche. Queste gare, Cali come Glasgow e Milton prima, erano fondamentali per rimanere in alto nel ranking Uci. Significa che puoi partire nelle gare che conteranno dopo gli avversari, conoscendo i loro risultati e questo è un vantaggio non da poco.

Era una delle prime uscite ufficiali di Villa con Paternoster, com l’hai vissuta?

Al di là dei risultati, ho visto Letizia finalmente entusiasta, vogliosa di soffrire, carica di testa. Non avevo avuto ancora molte occasioni per lavorarci insieme, essendo subentrato nell’incarico femminile solo quest’anno, ma avevo notato che aveva perso un po’ di fiducia. La mancanza di risultati (al di là della vittoria mondiale nell’eliminazione) e soprattutto i continui problemi fisici l’avevano un po’ spenta, invece in Colombia ho trovato una ragazza pronta a dare tutta se stessa. C’è un episodio che mi ha fatto pensare molto in positivo.

Selva Paternoster 2022
Le giovani Francesca Selva e Letizia Paternoster, seconde nella madison dietro gli Usa
Selva Paternoster 2022
Le giovani Francesca Selva e Letizia Paternoster, seconde nella madison dietro gli Usa
Quale?

Il giorno della gara dell’inseguimento individuale, dopo aver vinto con tanto di record italiano della specialità in 3’25”310, Letizia si è rimessa subito in sella per gareggiare nell’eliminazione. Poteva chiedere il cambio, invece si è impegnata proprio per mettersi alla prova, capire come aveva recuperato dallo sforzo. E nella gara che correva con la maglia iridata, è stata battuta dall’americana Valente, l’olimpionica di omnium, proprio nello sprint finale. Perché di energie non ne aveva davvero più. E’ questo lo spirito che voglio vedere. Ha ritrovato la voglia di soffrire.

Un altro atleta che abbiamo ritrovato è Plebani, battuto da Milan nella finale dell’inseguimento, ma era dal bronzo mondiale nel 2019 che non era a questi livelli.

Ricordo che Davide, da junior, era al livello di Ganna. Poi si è perso e ripreso, perso e ripreso. E’ un po’ così, a volte va fortissimo e altre lo perdiamo. Un po’ dipende dai problemi fisici, in particolare quelli alla tiroide, un po’ anche dal carattere. Gliel’ho detto sempre: io ho molta fiducia in lui, conosco le sue potenzialità. Ma ho bisogno che sia costante, se lo chiamo in causa devo essere sicuro che ci sia, che mi dia quel che chiedo. Le sue potenzialità sono indiscutibili, ma deve garantirmi continuità.

Milan Cali 2022
Per Milan, oro nel quartetto e anche individuale, con 4’05″373 record della pista. Per Villa una conferma importante
MIlan Cali 2022
Per Milan, oro nel quartetto e anche individuale, con 4’05″373 record della pista. Per Villa una conferma importante
Che valore ha la vittoria del quartetto olimpionico?

Il tempo finale, 3’55”01 è molto buono (il record del mondo di 3’42”307 è stato stabilito proprio dagli azzurri a Tokyo, ndr) considerando le condizioni. Si gareggiava su pista scoperta, con fastidiose folate di vento. Quello ottenuto è il record della pista, segno che sono andati molto forte. Avevo bisogno di rivedere Milan nel quartetto e il friulano si è confermato un elemento trainante. Abbiamo portato a casa la classifica di Coppa sia al maschile che al femminile, è un dato importante, ma io guardo ad altro.

A che cosa?

Io voglio avere una rosa sempre più ampia, voglio arrivare ad avere una decina di atleti intercambiabili, in modo da poterli gestire anche in base ai loro impegni con le squadre e nelle altre discipline. Ricordo che solo qualche anno fa, noi neanche ci qualificavamo per le prove titolate, ora siamo un riferimento. So anche che questo comporta una particolare responsabilità, quando mi troverò a scegliere i 5 per Parigi 2024, ma fa parte dei miei compiti.

Madison Cali 2022
Netto successo per Scartezzini e Lamon nella Madison, davanti a Messico e Colombia
Madison Cali 2022
Netto successo per Scartezzini e Lamon nella Madison, davanti a Messico e Colombia
Hai già idea su chi chiamare per gli europei di Monaco?

Alcuni tasselli si stanno posizionando. La Balsamo ad esempio, in base al calendario delle gare, potrà fare sia strada che pista. Viviani invece si concentrerà sulla strada e quindi non potrò chiamarlo. Ganna avrà la cronometro a distanza di due giorni dalla pista, credo che nel quartetto lo rivedremo direttamente ai mondiali, ma aspettiamo di capire come finisce il Tour. E’ proprio per questo che serve una rosa ampia, chi manca deve essere sostituito adeguatamente.

L’operaio Donegà sogna le Fiamme e fa punti per gli altri

25.11.2021
5 min
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C’è un corridore che sta passando questi mesi sugli anelli delle piste europee (in apertura a Brno) per incamerare più punti possibili e rafforzare la sua leadership nel ranking UCI. Quello di Matteo Donegà è un inverno intenso, pure troppo forse, se si considera che anche in primavera ed estate, oltre alla strada c’era sempre anche la pista. 

Attualmente l’atleta del Cycling Team Friuli (riconfermato anche per il 2022) è impegnato nella Quattro giorni di Ginevra (dal 25 al 29 novembre) in coppia con Paolo Simion, con cui ha già condiviso tante gare su pista nel 2021. Corsa a punti, omnium, madison, eliminazione e scratch. Questo il suo menù nel velodromo svizzero. Annullata invece, causa restrizioni Covid da parte del governo olandese, la prestigiosa Sei Giorni di Rotterdam a cui Donegà avrebbe dovuto partecipare in coppia con l’elvetico Nico Selenati.

In testa al ranking

Il 23enne ferrarese di Bondeno – che vanta tre argenti europei nella corsa a punti da elite, under 23 e juniores – è stato in testa nella classifica internazionale con circa 1.200 punti totali, uno dei migliori risultati italiani tra tutte le prove e specialità. Riassumendo, in pratica sta raccogliendo punti nelle gare di classe 1 e 2 sia per sé sia per la nazionale in ottica qualificazioni per europei, mondiali e Olimpiadi.

Matteo Donegà, Jonathan Milan europei 2020
Matteo Donegà e Jonathan Milan, rispettivamente argento nella corsa a punti e nell’inseguimento agli europei di Plovdiv 2020
Matteo Donegà, Jonathan Milan europei 2020
Donegà e Milan, argento nella corsa a punti e nell’inseguimento agli europei di Plovdiv 2020

Qualcosa da rivedere

Roberto Bressan e Renzo Boscolo, rispettivamente presidente e diesse del CTF, sono contenti dell’attività del loro corridore, ma contemporaneamente irritati perché così facendo è arrivato fuori forma agli europei di Grenchen (12° posto nella corsa a punti) e mondiali di Roubaix (non convocato). Per loro qualcosa andrebbe rivisto, nella programmazione e nella considerazione.

Perché però Donegà sta facendo tutto ciò? C’è anche un altro motivo e ce lo siamo fatti spiegare meglio da lui proprio mentre stava affrontando le prime ore del viaggio verso Ginevra.

Matteo, concedici subito una battuta. Fortuna che non hai anche la Champions League della pista, così puoi riposarti.

Eh, ce l’avrei fatta stare (ride, ndr), mi sarebbe piaciuto farla. Avevo fatto richiesta perché ho i requisiti necessari per partecipare, ma non so poi come abbiano scelto. Credo che lo abbiano fatto sulla base di quattro specialità (keirin, velocità, eliminazione e scratch, ndr), due delle quali non mi appartengono e le altre due in cui ho pochi punti.

Quest’anno hai corso tanto su pista ma negli appuntamenti importanti non sei arrivato al top. Come mai?

Per fare in modo di raggiungere tutti questi punti, abbiamo deciso di gareggiare molto, specialmente nella seconda metà di stagione. Gli obiettivi erano europei e mondiali e volevo arrivarci con una buona condizione. Invece si è rivelato controproducente. Sono arrivato più stanco del solito, non ho potuto dare il meglio di me agli europei dove volevo ripetere o migliorare l’argento dell’anno scorso in Bulgaria. Di conseguenza non mi sono guadagnato la convocazione per Roubaix. 

Prossimi impegni?

Dovrei tornare in Svizzera il 17 e 18 dicembre per altre gare di classe 1 che danno punti per il ranking. Poi chiederò al cittì Villa che programmi ha in mente.

In mezzo a tutte queste gare, un pensierino ai Giochi di Parigi 2024 ce lo stai facendo?

Certo, quello è il sogno che ho da sempre. Adesso ho la possibilità di entrare in un corpo militare. Sono in trattativa con le Fiamme Oro, sto aspettando che aprano il concorso. Avrò una risposta entro l’inverno.

Visto che servono determinati requisiti, stai correndo tanto anche per questo obiettivo?

Esatto, sto facendo tutto per iscrivermi al concorso. Tengono conto di medaglie nelle rassegne internazionali, anche degli stessi punti del ranking. Quindi questo è il motivo. Senza contare che da questa mia attività trae vantaggio anche la nazionale, perché posso aiutarla a qualificarsi alle prossime Olimpiadi.

In sostanza stai facendo il gregario della pista? 

Sì, se mi passate il termine, in queste gare sto facendo un po’ di lavoro sporco. Perché anche se i punti li faccio io, può correre qualcun altro. L’importante che sia qualificata la Nazione. 

In maglia azzurra alla Sei Giorni delle Rose del 2021 (foto Cantalupi)
In maglia azzurra alla Sei Giorni delle Rose del 2021 (foto Cantalupi)
Sei nel giro azzurro da tempo, come stai vivendo tutto questo?

Dipende tutto dal fatto di entrare o meno nel corpo militare. Spero che i miei sacrifici vengano ripagati. E se dovesse andare male, penserò a cosa fare perché ormai sono un secondo anno elite ed è difficile trovare ancora squadra. Il CTF mi ha riconfermato e li ringrazio, ma loro giustamente hanno un’altra politica, più improntata sui giovani.

Nel 2022 cosa farai?

Avrò lo stesso principio che ho da tre anni a questa parte. Correre su strada aiutando la squadra e per preparare al meglio gli appuntamenti in pista

Fin da giovane su strada hai dimostrato grandi potenzialità. Perché hai scelto la pista?

La facevo già nelle categorie giovanili e andavo bene. Poi ho avuto la fortuna di correre nel CTF insieme a Fabbro ed Aleotti ed ho visto la differenza tra loro e me. Ho capito che su pista potevo avere più futuro rispetto alla strada. Lamon, Scartezzini e Bertazzo sono un fulgido esempio. E penso che la pista possa dare un guadagno notevole in termini economici. Mi piacerebbe entrare nel giro delle Sei Giorni, è uno dei miei obiettivi.

Matteo Donegà, Jonathan Milan europei 2020

Milan, Donegà e Zanardi che non ci sta…

14.11.2020
5 min
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Stasera ci eravamo tutti convinti che Jonathan Milan avrebbe fatto i buchi per terra. Quando poi il gigante biondo del Ct Friuli ha ceduto al peso della tensione e del rapporto, anziché provare delusione ci siamo messi a fare un paio di considerazioni elementari.

La prima: Oliveira, che l’ha battuto, ha corso prima la Vuelta e fatto l’intera stagione WorldTour. Quindi aveva recupero e forza da vendere.

La seconda: Oliveira che l’ha battuto, sempre lui, ha 4 anni di più.

La terza: quando Ganna nel 2016 vinse il primo mondiale aveva anche lui vent’anni e fece 4’16”141, mentre oggi Milan in qualificazione ha impiegato 4’06”890. Dieci secondi di vantaggio sul campione del mondo.

Jonathan Milan, inseguimento, europei Plovdiv 2020
Milan alla partenza: uno sguardo al Garmin che registrerà i watt e si parte
Jonathan Milan, inseguimento, europei Plovdiv 2020
Uno sguardo al Garmin e Milan va in partenza

Semifinale super

«Ho dato tutto in semifinale – racconta Jonny – perché avevo paura di Gonov e ovviamente anche di Oliveira. E’ venuto fuori il mio miglior tempo di sempre, mentre poi in finale ho dato tutto, ma si sono sommate le fatiche dell’inseguimento a squadre. Volevo tirare fuori la vittoria. Quei 6 decimi sono niente, ma abbastanza perché lui stasera faccia festa ed io no. Ma fra tre mesi ci sono i prossimi europei e io mi rifarò».

Eri nervoso?

E non poco, che disastro! Marco Villa ha cercato di calmarmi, di darmi tranquillità. Lo stesso i compagni. E alla fine sono partito abbastanza motivato. Ho dato il 101 per cento con l’obiettivo di non farmi battere.

Sei partito forte, poi sei calato.

Abbiamo cercato di mantenere una tabella leggermente superiore alla semifinale. Giravo in 15”100-200 a giro, leggermente più alto del mattino. Ho cercato di essere il più regolare possibile, ma a metà è sceso il piombo.

Marco Villa, Jonathan Milan, inseguimento, europei Plovdiv 2020
Per Milan, tabella più lenta che in semifinale: 15″100-200 a giro
Marco Villa, Jonathan Milan, inseguimento, europei Plovdiv 2020
Si gira un po’ meno che in semifinale
Sembrava quasi che non ce la facessi a spingere il rapporto…

Mi chiedo anche io perché. Forse ho ceduto un po’ mentalmente, ma negli ultimi due giri ho provato a mangiucchiargli ancora qualcosa. E’ stata una stagione corta ma fantastica, l’anno prossimo ci riprovo. Ho dato tutto, ora è il momento di riposare.

Hai fatto la pace con Bressan, dopo lo screzio sul passaggio al professionismo?

Sì e mi dispiace che ci sia stata quella discussione. “Bress” ci vuole un bene dell’anima, questo risultato è anche merito suo.

Sorpresa Donegà

La stessa maglia del Ct Friuli l’ha addosso Matteo Donegà, classe 1998 di Bondeno (Ferrara), che agli europei non doveva neanche andarci. Aveva concluso i suoi due giorni di allenamento a Montichiari e se ne era tornato a casa, quando i tamponi positivi di Scartezzini e Bertazzo hanno indotto Villa a richiamarlo.

«Era di sabato – ricorda – il lunedì ho fatto i tamponi e poi sono partito per la Bulgaria. Avevo quasi staccato, è stata una sorpresa».

Lo scratch è andato male, l’individuale molto meglio, come mai?

Ho saputo dello scratch la mattina stessa, perché quelli del quartetto volevano concentrarsi solo sull’inseguimento. Solo che non ho corso alla Donegà, non ho saputo gestirla e sono finito decimo.

Matteo Donegà, corsa a punti, europei Plovdiv, 2020
Donegà, una corsa a punti con 20 scatti in 20 giri
Matteo Donegà, corsa a punti, europei Plovdiv, 2020
Donegà, corsa a punti con 20 attacchi
Che cosa significa correre alla Donegà?

Significa fare 20 scatti in 20 giri. Costringerli a inseguire. Già la convocazione è stata una sorpresa, ma arrivare sul podio al primo europeo elite è stato anche di più. Sono partito con la consapevolezza che sarebbe stato difficile. Fin dall’inizio ero abbastanza teso. Sapevo che avrei fatto la corsa a punti, la specialità che più mi piace. Ma non credo che la tensione abbia giocato brutti scherzi, semplicemente Mora è andato più forte.

Ma in futuro?

Ho la consapevolezza che in futuro ci sarò anche io. Per cui adesso stacco qualche giorno e ricomincio con la palestra. E’ un attimo che si ricominci…

Zanardi con rabbia

Chiudiamo con Silvia Zanardi, classe 2000 di Fiorenzuola d’Arda, e la sua rabbia per l’argento. Il bello è che non fa molto per mascherarla e questo va bene, se si corre per vincere. Nel velodromo della sua città d’origine a ottobre ha vinto la corsa a punti agli europei under 23, ma questa volta contro la Archibald ha saputo da subito che il compito sarebbe stato difficile.

«Infatti direi che sono stata più contenta a Fiorenzuola – ammette – perché ho indossato la maglia, ma certo questo secondo posto mi fa onore».

Silvia Zanardi, europei Plovdiv 2020
E poi c’è Silvia Zanardi: l’argento non le basta. Voleva vincere!
Silvia Zanardi, europei Plovdiv 2020
Rammarico Zanardi: era meglio vincere
Questo non significa che fossi rassegnata in partenza, giusto?

Certo che no, sono partita convinta e ci ho provato. Ma già da subito si è visto che lei ne aveva di più.

C’è così tanta differenza rispetto alle gare U23?

Le prestazioni sono superiori. Inoltre, dato che non c’erano tutte le nazionali, è stato più difficile controllare.

Salvoldi ha parlato dei difficili equilibri fra di voi…

Noi cerchiamo di fare gruppo (e intanto ride, ndr) ma sappiamo che ci giochiamo il posto. Però non ci facciamo la guerra e quando ci togliamo il body da allenamento, siamo tutte amiche. Io però quando salgo in pista, voglio vincere. Sarebbe stato meglio vicere. Sì, un po’ rosico…

Quindi adesso vacanze?

Non troppo, del resto con il lockdown ci siamo riposati abbastanza. E’ stato un anno positivo per quel poco che ho potuto correre. Una bella stagione, in crescita. Con il mio allenatore stiamo lavorando per migliorare ogni anno. Sto crescendo piano piano, sto seguendo il mio percorso.