EDITORIALE / La storia del ciclismo e i record che cadranno

14.04.2025
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BRUXELLES (Belgio) – Si torna a casa dopo la prima parte del Nord ragionando sulla terza Roubaix consecutiva di Van der Poel, 45 anni dopo il record di Moser. E’ passato davvero un tempo lunghissimo e questo dà la misura della eccezionalità del trentino e di come i record del passato non siano soltanto bersagli da luna park. Alle nostre spalle abbiamo campioni eccezionali e sarebbe sbagliato pensare che il nuovo corso così spettacolare li farà dimenticare. E’ vero, ci sono stati passaggi di cui il ciclismo avrebbe fatto a meno, ma prima di quelli c’è stata una storia così ricca ed emozionante con cui Pogacar e Van der Poel dovranno fare a lungo i conti e non è detto che riusciranno a uguagliarla.

Van der Poel è in fuga verso altri record, ma la strada non è sempre semplice
Van der Poel è in fuga verso altri record, ma la strada non è sempre semplice

I record che non cadono

Sembrava scontato che Van der Poel avrebbe vinto il quarto Fiandre, ma ha trovato sulla sua strada il solito Pogacar pazzesco che glielo ha ricacciato in gola. Probabilmente ci riuscirà nei prossimi anni, ma potrebbe anche non accadere mai. Anche Boonen sembrava lanciato verso il poker, ma dopo la terza vittoria trovò sulla sua strada un Cancellara altrettanto pazzesco che in un modo o nell’altro spense la sua voglia di record. E lo stesso Cancellara, giunto al tris, avrebbe potuto fare poker nel 2016, il suo ultimo anno da corridore, ma dovette inchinarsi a Sagan.

Ancora Boonen si è fermato a quota quattro Roubaix, agganciando il fantastico record di Roger De Vlaeminck. Sembrava che sarebbe riuscito a passarlo, in un modo o nell’altro, ma dovette inchinarsi a sua volta a Terpstra, Hayman e Van Avermaet: chi avrebbe potuto immaginarlo? Eppure accadde.

Resiste e resisterà chissà per quanto il record dei cinque Tour, vinti da Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain. Contro quel muro si è fermato Froome e chissà se l’aggancio riuscirà a Pogacar o a Vingegaard. Ci riuscì Armstrong, che arrivò addirittura a quota sette, ma qui il discorso merita un distinguo. Se si accetta che in quegli anni dal 1999 al 2005 tutto il gruppo viveva al pari dell’americano, allora il record resta. Se invece ci fu disparità anche nei confronti dei colleghi, allora il record dei 5 Tour è ancora saldamente al suo posto. I sette successi di Lance esistono di fatto solo nella memoria di chi li ha vissuti. Probabilmente quelli sono gli anni di cui avremmo fatto a meno, ma è inutile piangere sul latte versato. Bene fa il ciclismo ad andare avanti nel segno di altri valori.

Al Tour de France del 2021, Cavendish ha agganciato Merckx a quota 34 vittorie, lo ha battuto nel 2024
Al Tour de France del 2021, Cavendish ha agganciato Merckx a quota 34 vittorie, lo ha battuto nel 2024

La saggezza di Pogacar

I record sono fatti per essere battuti, alcuni infatti sono caduti e altri cadranno. Nel 2003 Cipollini ha vinto la 42ª tappa al Giro d’Italia, battendo un primato stabilito da Alfredo Binda nel 1933: giusto 70 anni prima. Lo scorso anno, Cavendish ha battuto con 35 tappe vinte al Tour il record di Merckx stabilito nel 1975: 49 anni prima. I record sono fatti per essere battuti, ma non si deve cadere nella faciloneria di pensare che con essi si cancelli lo spessore di chi li deteneva. Perché Binda nel frattempo, restando nell’ambito del Giro, vinse per 5 volte la classifica generale. E ugualmente limitandoci all’ambito del Tour, Merckx conquistò per 5 volte la maglia gialla.

In questi giorni di prodigiose imprese, che sembrano stratosferiche a noi più… giovani che non abbiamo vissuto gli anni di Merckx e Gimondi, si sente spesso accostare il nome di Pogacar a quello del Cannibale belga. E’ chiaro che nell’era dei facili social, il paragone è ritenuto accettabile, ma siamo certi che lo sia? Tadej potrà anche ricordare la fame di Merckx, ma per raggiungerlo, dovrebbe vincere per 7 volte la Sanremo, altre 4 volte il Giro, altre 2 volte il Tour, altre 2 volte il mondiale. Pogacar è probabilmente più intelligente dei tanti che cercando di appuntargli la stella sul petto e ha sempre rifiutato ogni confronto. Fa bene ed è proprio questa sua modestia a renderlo così amato. Anche perché basta uno starnuto della dea bendata perché le vittorie sfuggano, in anni che non sono mai uguali fra loro.

Pogacar, qui con la compagna Urska, si è misurato con la Roubaix: un test bellissimo, vanificato da un solo errore
Pogacar, qui con la compagna Urska, si è misurato con la Roubaix: un test bellissimo, vanificato da un solo errore

Uno sport di giganti

Vengono in mente anche le parole di Elisa Longo Borghini alla vigilia del Fiandre. Parlando della Milano-Sanremo dedicò un tributo sacrosanto alle ragazze di ieri. Sembra che il ciclismo femminile sia nato con il WorldTour, dimenticando grandi atlete come Jeannie Longo e Fabiana Luperini. Donne capaci di vincere a ripetizione il Tour de France e il Giro d’Italia quando i giorni di corsa erano più di adesso.

Si tende a cadere anche nell’errore di dirsi che le performance di oggi siano così superiori, da annichilire i campioni del passato. Come dire che i soldati di oggi siano più valorosi di quelli che scendevano sul campo di battaglia con il moschetto e la baionetta. In realtà ogni periodo storico ha avuto le sue armi, i suoi valori e le sue tecnologie. I campioni hanno sempre avuto accesso al meglio del loro tempo, anche quando correvano con bici da 15 chili su strade di fango. E grazie a quello che avevano, hanno inscenato i duelli pazzeschi che hanno fatto innamorare generazioni di tifosi, rendendo il ciclismo uno sport di giganti. Ma davvero crediamo che le sfide fra Coppi, Bartali, Anquetil, Magni, Koblet, Gimondi, Merckx, Poulidor, Hinault, Lemond, Fignon, Moser e i campioni che si sono succeduti negli anni fossero meno emozionanti delle attuali?

Pedersen non cambia idea: «Mathieu resta un mostro»

14.04.2025
3 min
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ROUBAIX (Francia) – Mads Pedersen vorrebbe probabilmente essere altrove e non ne fa mistero. Diretto e tagliente come il vento della Danimarca da cui arriva, il capitano della Lidl-Trek è stato messo fuori gioco da una foratura nel momento peggiore e non è più rientrato. Dava la sensazione di avere tanta birra ancora da dare e lo ha dimostrato inseguendo come un ossesso, infuriandosi con quelli che non collaboravano e poi vincendo lo sprint nel velodromo che gli è valso il terzo posto. Che cosa sarebbe potuto succedere senza quella foratura?

Ti incenerisce con lo sguardo e ha ragione, perché probabilmente si è punito abbastanza da sé con certi ragionamenti. Campione del mondo quando nessuno se lo aspettava, adesso che è spesso sulla porta di una Monumento, trova sempre un inghippo che glielo impedisce. Non deve essere piacevole: fortuna per lui che riesce a voltare rapidamente la pagina.

«Non voglio fare il gioco dei se – dice subito – perché sappiamo come va a finire. Non ho avuto fortuna, non posso farci niente. Mi sentivo molto bene, avevo buone sensazioni e la squadra aveva fatto un lavoro impressionante tutto il giorno per tenermi fuori dai problemi e mettermi nei settori in una buona posizione. Fino a quel momento era andato tutto bene…».

La Lidl-Trek ha lavorato sodo per tenere Pedersen davanti: un ottimo lavoro di squadra
La Lidl-Trek ha lavorato sodo per tenere Pedersen davanti: un ottimo lavoro di squadra
Mancavano 71 chilometri all’arrivo, corsa ormai chiusa: come si fa a cambiare mentalità e iniziare a lottare per il terzo posto?

Penso sia qualcosa che devi fare. Quando succede una cosa del genere, devi prepararti per qualcosa d’altro. In quel momento, non sapevamo se fossimo in corsa per il podio. Ma in questa gara, non sai mai cosa succederà. Sai che se continui a lottare, potresti finire sul podio e così è andata.

Due settimane fa hai definito Van der Poel un mostro, come lo descriveresti oggi?

Il mostro non è scomparso (ride, ndr), lasciatelo con questo status.

Nelle ultime settimane, abbiamo visto molte belle battaglie tra Mathieu, Tadej e anche te, ma la Roubaix potrebbe essere stata l’ultima, perché probabilmente di qui in avanti non ci saranno più gare in cui combatterete l’uno contro l’altro…

Pensate che sia un peccato? Non direi, non vedo l’ora di non correre più contro di loro (ride e strappa il sorriso, ndr). Andrò in altro corse e troverò altri avversari, credo che tutti dobbiamo accettarlo e divertirci. Dovremo aspettare 12 mesi per rivedere certi duelli, spero nel frattempo di poter fare i miei risultati. Mathieu andrà al Tour e come lui anche Tadej, ma avranno obiettivi diversi.

Pogacar, Van del Poel, Pedersen: gli stessi uomini del podio del Fiandre, sono cambiati i vincitori
Pogacar, Van del Poel, Pedersen: gli stessi uomini del podio del Fiandre, sono cambiati i vincitori
Non si gioca con i se, ma eri sicuro che avresti vinto la volata per il terzo posto?

Non avevo la sensazione di essere il più forte, quindi volevo anche che facessero tutti la loro parte. Negli ultimi 15-20 chilometri abbiamo avuto vento contrario e avevo bisogno di recuperare, quindi ho cercato di lasciargli fare il grosso del lavoro. Per fortuna hanno tenuto un ritmo alto che ha impedito gli attacchi e poi in volata ho dato tutto.

Secondo al Fiandre, terzo alla Roubaix. Sempre gli stessi corridori, che idea ti sei fatto del momento?

Non lo so, sta a voi di dire e fare certe considerazioni. Noi corriamo, cerchiamo di vincere, ci piace cercare fortuna sulle nostre biciclette. Fortunatamente sono stato in grado di finire nuovamente sul podio. Davvero a volte è tutto molto più semplice di quello che sembra…

Van der Poel fa la storia della Roubaix: tre di fila come Moser

13.04.2025
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ROUBAIX (Francia) – Sua madre lo ha abbracciato con grande discrezione e a quel punto Mathieu Van der Poel è andato verso il podio con lo sguardo rivolto alla tribuna che lo acclamava e nel petto l’orgoglio per la terza Roubaix consecutiva. In questo ciclismo che divora i record, oggi è stato eguagliato quello di Moser e la sensazione è che prima del fine carriera, l’olandese possa anche batterlo.

Forse neppure lui si aspettava uno svolgimento simile. Non credeva che sarebbe rimasto solo tanto a lungo, non lo aveva pianificato. La caduta di Pogacar lo ha chiamato allo scoperto troppo presto rispetto ai suoi piani e a quel punto non ha potuto fare altro che insistere. Ammette che per mezzo secondo ha anche pensato di aspettarlo, ma Van der Poel non è Pidcock, che aspettando Pogacar alla Strade Bianche ha fatto un bel gesto forzato: sapeva che avrebbe perso. Van der Poel è venuto per vincere la Roubaix e quando si lotta alla pari, non si fanno sconti a nessuno. Neppure a quell’idiota vestito da tifoso che a un certo punto ha scagliato contro di lui una borraccia gialla. 

Nella conferenza stampa, Van der Poel ha raccontato la sua emozione per la terza Roubaix
Nella conferenza stampa, Van der Poel ha raccontato la sua emozione per la terza Roubaix
Cosa pensi della curva sbagliata da Tadej?

Era un po’ troppo veloce, la velocità era molto alta in quel momento. Non sapevo se sarebbe stato in grado di fare la curva, ma non avrei immaginato che sarebbe caduto. All’inizio mi stavo guardando indietro, prendendo distanza per curvare a mia volta. E forse questo ha impedito che cadessi sopra di lui. Da quel momento sono rimasto da solo e non credevo di dover fare una simile impresa. L’idea era di regolarla nelle ultime sezioni di pavé, ma è andata così. La difficoltà maggiore è stata che non sapevo nulla di quello che stava succedendo.

Che cosa vuoi dire?

Non avevo più la radio, mentre dopo la Foresta di Arenberg il mio power meter ha smesso di funzionare. E’ stato un esercizio al buio, non conoscevo il vantaggio e cosa stesse succedendo dentro di me. E’ stato difficile gestirlo. Anche quando ho bucato, non ho potuto dirlo alla radio. Quella poteva diventare una situazione difficile, perché non sapevo quanto vantaggio mi sarebbe rimasto. Però alla fine è andato tutto bene.

Hai mai pensato per un solo secondo di aspettare Pogacar?

Sì, all’inizio l’ho pensato, ma non sapevo che fosse caduto. Pensavo che sarebbe ripartito subito, invece mi sono voltato e mi sono reso conto che il distacco era molto grande. A un certo punto devi prendere una decisione e sappiamo bene che gli errori sono parte della Roubaix. Non sai mai cosa può succedere dopo, anche io ho bucato alla fine e lui avrebbe aspettato me? Le cadute e le forature sono parte di questa gara.

Avere con te Philipsen sarebbe stato un grande vantaggio, per questo hai provato ad aspettarlo?

L’ho aspettato per la prima volta, perché non c’era un grande divario. Ho provato ad aspettarlo anche la seconda volta, ma questa volta il ritardo era già troppo, quindi sapevo sarebbe stato un duello fra me e Tadej e non avrebbe avuto senso aspettarlo ancora.

Pogacar ti ha costretto a rivedere la tattica o ha cambiato la corsa?

La Roubaix è sempre difficile, ovviamente, e hai bisogno anche di un po’ di fortuna, ma questa non è una grande sorpresa. Tadej, quando c’è, è lì davanti. E’ uno dei migliori o, meglio, è il miglior corridore del momento. Quello che fa è piuttosto eccezionale e sicuramente tornerà per provare a vincere questa gara.

L’incidente della borraccia ha danneggiato la soddisfazione e il divertimento di oggi?

Non si è portato via il divertimento, ma non è normale. Era una borraccia piena, forse mezzo chilo, e io arrivavo a 50 all’ora. Era come una pietra che mi ha colpito la faccia e questo non è accettabile. Aspettano e bevono birra, ma questa non può essere una giustificazione. Servono azioni legali perché poteva finire anche molto male.

Fra le bici viste alla Roubaix, la Canyon di Van der Poel era forse la più normale: lui ad esempio non vuole la monocorona
Fra le bici viste alla Roubaix, la Canyon di Van der Poel era forse la più normale: lui ad esempio non vuole la monocorona
Tre Roubaix, si può dire quale sia la tua preferita?

Quella dell’anno scorso, con la maglia di campione del mondo e le migliori sensazioni sulla bicicletta. Oggi non ero così forte. Gli ultimi due settori di pavé sono stati molto difficili, prendevo a calci i pedali. Normalmente, se vai abbastanza veloce, hai il sentimento di volare, ma oggi non ho avuto questa sensazione. Vincere tre volte è già super speciale e non è qualcosa che ti aspetti quando inizi a correre. Ma vincerla per tre anni di seguito, considerando che serve anche parecchia fortuna, è piuttosto eccezionale.

Tre scontri con Pogacar su tre Monumenti corsi finora: che giudizio dai di questa primavera?

Sono molto felice, specialmente per come mi sono sentito. L’influenza che ho avuto la settimana scorsa non è stata ideale, ma ora mi sento meglio. Ho avuto la sensazione che le mie gambe stessero migliorando, per cui sono molto felice di poter finire questa stagione con una vittoria.

Sfinito nel prato, raccoglie l’abbraccio di Roxanne e dopo poco quello di sua madre
Sfinito nel prato, raccoglie l’abbraccio di Roxanne e dopo poco quello di sua madre
Pogacar ha detto che se fosse un bambino, tu saresti il tuo idolo: che effetto ti fa?

Se vedete cosa sta facendo, credo che finora io sia stato l’unico a batterlo. L’ho detto dopo la Sanremo, come anche il fatto che Tadej è l’unico corridore che può fare la differenza sulla Cipressa. Ha 26 anni, ha ancora molto da fare. Quando finirà la sua carriera, saremo di fronte a un altro Merckx, per cui lo ringrazio.

Hai un’idea delle tue prossime gare?

Ce l’ho chiarissima: da questo momento sono in vacanza. Oggi è finita la mia prima parte di stagione. E a dire il vero, non posso proprio lamentarmi.

Un grande Pogacar: debutto perfetto, fino alla caduta

13.04.2025
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ROUBAIX (Francia) – E’ persino comprensibile che Tadej Pogacar non faccia salti di gioia, ma ascoltandolo mentre risponde alle domande e guardandolo negli occhi si capisce quale fantastico balsamo sia la vittoria e quanto, per contro, oggi lo sloveno sia davvero stanco. Altre volte è stato sfinito, ad esempio al Fiandre, ma aver vinto aveva trasformato il suo umore. Nonostante fosse al primo assaggio di questa corsa così massacrante, si è mosso da vero campione. Tanto che nel momento stesso in cui è caduto, mancavano 38 chilometri all’arrivo, si era lanciato all’attacco di Van der Poel senza il minimo timore reverenziale. Già da una ventina di chilometri la Parigi-Roubaix si era trasformata in un violento corpo a corpo, la caduta l’ha chiusa.

«Shit happens – dice in inglese – per quella caduta non si può dire altro e me ne scuso. Quando segui una moto da lontano e vedi che gira, capisci che c’è una curva. Ma quando gli sei così vicino e quella gira all’ultimo, allora magari sbagli. Però sono scuse, avrei dovuto sapere che lì c’era una curva. Credo che sia stata un’ottima gara per la nostra squadra. Abbiamo ottenuto un terzo e un quinto posto, non è facile mettere due corridori in top 5. Penso che possiamo tornare l’anno prossimo, di nuovo con una squadra forte, ed essere motivati per giocarci la vittoria».

Pogacar voleva la pietra più grande e c’è andato davvero vicino
Pogacar voleva la pietra più grande e c’è andato davvero vicino

Ancora loro due

Si sono ritrovati nuovamente in due: Pogacar e Van der Poel. Per un po’ c’è stato anche Philipsen, ma era scritto che non avrebbe retto altri attacchi. Gli altri invece erano già da tempo finiti nelle retrovie per un numero di forature in linea con il tipo di corsa, ma che raramente negli ultimi anni avevano appiedato i favoriti. Ha bucato subito Ganna e dopo di lui anche Pedersen, poi lo stesso Van der Poel, il cui vantaggio però era ormai tale da non destare preoccupazioni.

«Mathieu è un grande campione – spiega Pogacar – e uno dei migliori corridori del mondo. E’ un enorme onore lottare contro lui e, come ho sempre detto, se fossi più giovane e fossi un tifoso di ciclismo, sarebbe il mio idolo. Lottare contro lui mi dà anche un po’ di motivazione supplementare. Quando mi sono ritrovato con lui e con Philipsen ho pensato che mi ero cacciato in una situazione poco felice. Essere in fuga verso un velodromo con due dei corridori più veloci al mondo non è stata esattamente un’idea felice. Poi Philipsen si è staccato e ammetto di aver provato a farlo faticare. Invece Mathieu è stato troppo forte».

Consumo da record

Ha attaccato e risposto agli attacchi. Alla vigilia, il suo nutrizionista aveva spiegato che dalla lettura dei watt si potesse pensare che i tratti in pavé siano impegnativi come salite e la conferma arriva direttamente da Pogacar, che tiene una mano sulla guancia, come un bambino che le prova di tutte per non addormentarsi.

«E’ stata una gara piatta – sorride – ma in termini di potenza penso che sia stata una delle gare più impegnative che abbia mai fatto nella mia vita. Inoltre con quei colpi e tutto lo stress sul corpo, è stata davvero difficile. Forse ho pagato anche l’inesperienza e mi piace pensare che la prossima volta che verrò qui, non la troverò difficile come oggi. Avevo già detto che il mondiale di Glasgow fosse stato la corsa di un giorno più dura, ma oggi credo di averlo superato. Ci sono stati meno rilanci e meno fasi da 600 watt per 30 secondi, però il consumo energetico è stato sicuramente superiore».

Per questa primavera, il bilancio è di 2-1 per Van der Poel, che ha anche vinto la Sanremo
Per questa primavera, il bilancio è di 2-1 per Van der Poel, che ha anche vinto la Sanremo

Divertito, nonostante tutto

E quando gli chiedono se gli dispiaccia che di qui in avanti non ci saranno ulteriori scontri di questo tipo con Van der Poel, nello sguardo di Pogacar riaffiora il monello dei momenti più allegri, di quando si è divertito pur avendo fatto una fatica bestiale. Stessa cosa quando la domanda riguarda il Tour e se si sia chiesto cosa ci stesse a fare sul pavé, pensanto alla sfida francese.

«Non siate malinconici – dice – faremo altre corse, troveremo altri avversari, metteremo in scena altri duelli. Se mi sono divertito? Un po’, ma non ti diverti mai davvero quando vai a tutto gas per 5 ore. Però sì, è stato davvero bello. Mi dispiace deludervi, non c’è una sola volta in cui abbia pensato ai Tour de France. E’ ancora così lontano, insomma. Il programma nell’immediato prevede che domenica prossima io sia all’Amstel Gold Race, ma vediamo come mi sveglierò domattina».

Philipsen, qualche dubbio da scacciare per la sfida del pavé

11.04.2025
3 min
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Gli anni non sono mai uguali, ma questo sembra il meno uguale di tutti. Quelli forti sembrano ancora più forti e gli altri, che nel 2024 erano parsi alla loro altezza, sono alle prese con varie vicissitudini. Se nel 2024 la Alpecin-Deceuninck era arrivata alla Roubaix con Philipsen vittorioso alla Sanremo e Van der Poel al Fiandre, questa volta la sensazione è che l’olandese dovrà fare da solo. Philipsen infatti c’è, ma al pari di Van Aert non dà la sensazione di solidità che lo scorso anno gli permise di vincere la Classicissima e arrivare secondo nel velodromo francese.

Mercoledì alla Scheldeprijs, Philipsen è stato secondo dietro Merlier
Mercoledì alla Scheldeprijs, Philipsen è stato secondo dietro Merlier

Caduta alla Nokere Koerse

Nella squadra dei fratelli Roodhooft una spiegazione se la sono data e sono convinti che la situazione sia ormai recuperata. Alla radice di tutto ci sarebbe la brutta caduta che Philipsen ha subito alla Nokere Koerse. Si correva due settimane dopo la sua vittoria di Kuurne e tre giorni prima della Sanremo. E proprio nel giorno della Classicissima, Philipsen sembrò davvero lontano dalla baldanza dell’anno precedente.

«Sono caduto piuttosto violentemente battendo il viso – ha raccontato mercoledì dopo il secondo posto nella Scheldeprijs – e sento ancora dolore. Non voglio cercare scuse, la caduta è avvenuta tre settimane fa, ma non voglio sottovalutarla. Subito dopo ho avuto un vero e proprio contraccolpo, credo di aver subito un piccolo colpo di frusta. L’osteopata ha lavorato molto sui muscoli che dal collo vanno verso il cranio, perché ho sofferto parecchio di mal di testa e non mi sono sentito bene in diverse occasioni. Non mi sono sentito bene nemmeno durante gli allenamenti della scorsa settimana».

Alla Sanremo, tre giorni dopo la caduta alla Nokere Koerse, di cui porta i segni sul mento
Alla Sanremo, tre giorni dopo la caduta alla Nokere Koerse, di cui porta i segni sul mento

Nuovi dubbi a Waregem

Ci sono stati sicuramente medici chiamati a valutare la sua situazione e non può essere il racconto dell’atleta a far suonare qualche campanello d’allarme, ma certo la scelta di correre la Sanremo dopo una caduta così violenta potrebbe non essere stata la più azzeccata. Pensiamo a Elisa Longo Borghini, appena fermata per una settimana, dopo la caduta al Fiandre.

«Alla Gand-Wevelgem – aggiunge – sono stato bene (Philipsen è stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, perdendo poi contatto per una foratura, ndr), ma pochi giorni dopo, alla Dwars door Vlaanderen, ho avuto ancora una brutta sensazione e mi sono fermato. Quindi dovremo aspettare e vedere se sarò di nuovo in forma alla Parigi-Roubaix. Ci abbiamo lavorato duramente e speriamo che domenica saremo ricompensati. La Roubaix è in ogni caso la classica che più mi si addice. Faremo la valutazione dopo domenica».

Dopo essere stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, la Gand di Philipsen si è chiusa per una foratura
Dopo essere stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, la Gand di Philipsen si è chiusa per una foratura

L’avvicinamento di Philipsen alla Roubaix procede. Anche lo scorso anno era stato battuto da Merlier alla Scheldeprijs, ma non doveva fare i conti con i postumi della caduta. E’ certo che avere in gruppo il miglior Philipsen potrebbe dare a Van der Poel la leggerezza per accettare lo scontro frontale con Pogacar, contando sulla volata del compagno casomai gli attacchi non portassero a nulla. Anche se quest’ultima ipotesi suona davvero improbabile. Quelli forti sembrano così più forti degli altri, che difficilmente un attacco a due di quei due potrebbe cadere nel vuoto.

Ricorda di santificare le feste: guardare il Fiandre in tv

10.04.2025
5 min
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Finalmente è arrivato aprile con le sue lunghe domeniche da dedicare all’unica cosa più bella di pedalare in prima persona: guardare pedalare i campioni nella settimana santa del ciclismo.  A cominciare, naturalmente, dal Giro delle Fiandre

L’organizzazione

Per godersi al meglio queste giornate campali occorre, come per tutto, una certa organizzazione.  La prima cosa è individuare il luogo. Fondamentale che vi sia uno schermo che proietti la gara, sia esso tv (meglio) o computer: nessun telefonino vale quando ci sono in gioco le Monumento sulle pietre. Poi, la compagnia. Personalmente chi scrive preferisce godersi questi momenti con un gruppetto ristretto di amici il cui numero può variare tra uno e tre.

Il primo brivido per gli spettatori è arrivato attorno ai 130 km dall’arrivo, con la caduta che ha coinvolto anche Van der Poel (nella foto Degenkolb, costretto al ritiro)
Il primo brivido per gli spettatori è arrivato attorno ai 130 km dall’arrivo, con la caduta che ha coinvolto anche Van der Poel (nella foto Degenkolb, costretto al ritiro)

Infine, i rifornimenti. Difficile godersi un Giro delle Fiandre senza qualche birra, meglio se belga d’accordo, ma l’importante è che ci siano. Il loro numero varia secondo le abitudini personali, ma l’esperienza insegna che l’intensità dell’assunzione segue il ritmo della corsa. Velocità di crociera nella prima parte (quasi 270 km sono lunghi) poi accelerazione costante via via che ci si avvicina ai muri decisivi.

Primo brivido, la caduta di Van der Poel

Con queste promesse si può cominciare a godersi un Giro delle Fiandre secondo tutti i crismi che un evento del genere merita.  Chi scrive si è sintonizzato verso ora di pranzo, attorno alle 13 (ma i veri puristi, onore a loro, erano davanti allo schermo già dalle 9:45). In tempo per vedere il vantaggio della fuga di giornata, controllare chi tira il gruppo, la posizione dei favoriti. 

Fiandre e birra sono un binomio inscindibile
Fiandre e birra sono un binomio inscindibile

Da lì è iniziata una lunga attesa verso i momenti clou, animata comunque dal brivido della caduta di Van der Poel: sospiro di sollievo, il divino non mostrava segni di ferite e dopo un po’ di trambusto è rientrato in gruppo. Lo spettacolo era salvo. Ma ormai abbiamo imparato che in quest’epoca quasi ogni momento può essere un momento clou. E infatti dai -100 km non c’è stato quasi mai un attimo di respiro. 

La faccia di Pogacar e telefonate inopportune

L’attacco del gruppo di passistoni tra cui Ganna, Kung, Benoot e compagnia. Dunque la Visma era belligerante, ottima notizia. Solo la UAE non aveva qualcuno in fuga: sarebbero riusciti i compagni di Pogacar a non far prendere troppi minuti a quei cavalloni lì davanti? Ma i (pochi) dubbi sulle chance del campione del mondo non sono durati molto.

Quando il gruppo volava ad altissima velocità verso l’inizio del 2° Kwaremont, Morgado si è portato in testa per dare un’ultima trenata. L’ha fatto con tutto l’impegno possibile, quindi anche un po’ scomposto nella pedalata, con la testa ciondolante.

Filippo Ganna ha provato ad anticipare assieme ad altri atleti di qualità come Ballerini, Kung e Benoot
Filippo Ganna ha provato ad anticipare assieme ad altri atleti di qualità come Ballerini, Kung e Benoot

In quel momento Pogacar l’ha visto passare e ha riso, gli ha fatto il verso divertito, come fosse seduto al bar, o sul divano a fianco a noi. Dalla tv si è visto benissimo, poco dopo è stato riproposto anche il replay. In quel momento chi scrive ha pensato: “Non c’è niente da fare, salvo cataclismi, oggi vincerà lui”.

Un’amica ha telefonato giusto quando i migliori erano all’imbocco del Kwaremont. Errore da principianti, durante il Fiandre il telefono va spento e basta. Da quel momento in poi è stato puro show, il massimo che questo sport può regalare agli spettatori seduti (o anche in piedi o, perché no, sdraiati) in ogni parte del mondo. 

Tutto lo spettacolo dei grandi

Pogacar che attaccava talmente tante volte che anche a riguardare la gara è stato quasi impossibile tenere il conto. Van der Poel che lo seguiva sempre, e sembrava sarebbe stata di nuovo una sfida tra loro due. Il commovente Pedersen che come al solito provava ad anticipare, si staccava ma poi rientrava. Van Aert finalmente lì davanti giocarsela: gaudium magnum, il belga era tornato tra i grandi. 

Ma quell’espressione sul viso del campione del mondo non lasciava dubbi, infatti allultimo passaggio sul Kwaremont lo sloveno ha salutato tutti e se n’è andato, anche il divino Mathieu ha dovuto cedere. Nei chilometri tra il Paterberg e il traguardo l’amico con cui guardavo la gara ha posto una domanda che tecnicamente non faceva una piega

Negli ultimi chilometri in pianura Pogacar ha continuato a guadagnare sugli inseguitori, fino al trionfo finale
Negli ultimi chilometri in pianura Pogacar ha continuato a guadagnare sugli inseguitori, fino al trionfo finale

La legge del Fiandre (e della Roubaix?)

«Com’è possibile che uno scalatore guadagni in pianura contro quattro tra i passisti più forti al mondo?». Perché questa è la legge del Giro delle Fiandre, la gara che inaugura la settimana santa della bicicletta.  Una gara di 269 chilometri, zeppa di insidie, pietre e muri in cui si sfidano tutti i migliori corridori del mondo, in cui però il più forte, alla fine, può piegare le leggi che normalmente regolano il ciclismo

E tra pochi giorni, in questo inizio aprile che tutti ricorderemo per molti anni, c’è la Parigi-Roubaix: un’altra grande domenica da santificare davanti alla tv. 

Già pronti per la Roubaix, ma stavolta Pedersen vuole vincere

08.04.2025
5 min
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OUDENAARDE (Belgio) – Il velocista lo sa che quando la corsa è dura la sua unica chance è quella di restare nascosto sino alla fine e tentare semmai la volata. Solo che il Giro delle Fiandre non è una corsa per velocisti. Perciò se ti chiami Mads Pedersen, hai appena vinto la Gand, non sei solo un velocista ma certo il più veloce nel gruppo di testa, devi adattare la tattica alle sfuriate di Pogacar, Van der Poel e di Van Aert che per un giorno è parso quasi parente del miglior se stesso.

Il primo dietro Tadej

E’ stato davanti e poi l’hanno staccato. E’ tornato davanti. Quindi è stato in fuga con Pogacar e Van der Poel: tre campioni del mondo in testa al Giro delle Fiandre, spot migliore per la corsa non poteva esserci (erano insieme anche in partenza, foto di apertura). Li ha visti attaccare e un paio di volte ci ha provato anche lui, poi ha capito che sarebbe stato un suicidio e si è messo a ragionare. Ha fatto l’elastico per un tempo eterno. E quando alla fine gli inseguitori si sono raggruppati alle spalle di Pogacar, il danese è entrato nuovamente in modalità velocista. E nella volata finale ha anticipato e colto il secondo posto: chi guarderà l’albo d’oro potrà dire che al Fiandre del 2025, il migliore dietro Pogacar è stato Mads Pedersen, danese di 29 anni in maglia Lidl-Trek.

«Abbiamo lottato tutto il giorno per cercare di vincere – ha detto nella zona mista – tutti hanno dato il massimo anche prima che Tadej chiudesse il discorso. Poco da dire, siamo stati battuti da un corridore più forte di noi e non abbiamo rimpianti. Dobbiamo accettare che è il migliore di sempre e ci sta battendo in modo leale e onesto. Chapeau a lui, sta facendo così tanto per il ciclismo e sta rendendo l’immagine di questo sport follemente grande. E’ una rottura di scatole correre contro questi fenomeni (ha riso, ndr), ma è anche bello ritrovarsi fra loro in una gara come il Fiandre».

Tre campioni del mondo in testa al Fiandre, ma Pedersen sapeva già di doversi guardare da “quei due”
Tre campioni del mondo in testa al Fiandre, ma Pedersen sapeva già di doversi guardare da “quei due”

L’aiuto di Stuyven

Ragionando da velocista, c’è da dire che la speranza di riprendere Pogacar da solo in quegli ultimi chilometri di pianura con il vento contrario non si è spenta subito, ma neppure ha avuto vita troppo lunga.

«Con 8 chilometri di vento contrario e quattro corridori a inseguirlo – ha ammesso – speravo che saremmo riusciti a riprenderlo. Non si sa mai come finiscono queste corse, non sono mai chiuse fino al traguardo. Ma non c’è stato molto da fare, se non aspettare la volata e avere con me Jasper (Stuyven, ndr) è stato la cosa migliore. Lui sa che preferisco gli sprint ad alta velocità, per cui a 500 metri dall’arrivo ha iniziato ad accelerare e mi ha dato la possibilità di partire ai meno 250. Devo dirgli grazie per avermi lanciato alla perfezione, devo dire grazie a tutta la squadra. E’ stata una gara davvero bella, abbiamo ottimizzato le nostre possibilità di vincerla. Sono orgoglioso della gara che ho fatto e di come sono riuscito a gestirmi sulle salite, ma semplicemente non c’era altro da fare».

Il sogno di Pedersen

Il Fiandre non è una corsa per velocisti, Pedersen è più di un velocista e la musica sta per cambiare. Gli occhi dei corridori iniziano a convergere verso la piazza di Compiegne da cui domenica mattina alle 11,10 partirà la Roubaix. E allora le taglie forti avranno meno salite con cui fare i conti e più che il rapporto potenza/peso conterà, come ci ha spiegato Angelo Furlan, la potenza pura.

«Il prossimo fine settimana mi si addice meglio – ha ammesso con lo sguardo fermo – senza così tante salite. Finora è stata una bella campagna del Nord e mi piacerebbe concluderla con una vittoria a Roubaix. Di tutte le gare Monumento, credo sia quella che mi si addice di più. Ma ci sono corridori molto forti e saranno sempre gli stessi a giocarsi la vittoria. Quindi non ci sono dubbi: ci sarà da lottare anche domenica».

Van der Poel e Van Aert, storie diverse, identica resa

06.04.2025
4 min
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OUDENAARDE (Belgio) – I due galli hanno trovato uno più gallo di loro. Quando Van der Poel e Van Aert si ritrovano a inseguire Pogacar, il pensiero è stato proprio questo. Due storie differenti, ne siamo consapevoli. L’olandese è il vincitore di Sanremo e Harelbeke, il belga fa fatica a mettere insieme la testa e le gambe. Però, in questo Fiandre che lo ha mostrato finalmente al livello dei migliori, vederli entrambi inchinati ai piedi di Pogacar fa pensare a equilibri da riscrivere. Soprattutto su queste che erano le loro strade.

«Quella caduta ovviamente non è stata l’ideale – dice Van der Poel – ma tutto sommato siamo riusciti a rientrare bene. Peccato, ma sarebbe potuta andare peggio. Poco prima del secondo passaggio sull’Oude Kwaremont sono stato spinto di lato, quindi sono dovuto rientrare da molto lontano. Alla fine però non ce l’ho più fatta e sono stato costretto a sedermi. Ho sentito subito che ero al limite, non ho mai avuto un super feeling. Il più forte era davanti, di solito è così e anche oggi è stato abbastanza chiaro. Ho lottato per salire sul podio basandomi sull’esperienza e sulla forza di volontà, e ne sono contento. Il Fiandre era programmato, ma non sono stato abbastanza bravo».

In tre alle spalle di Pogacar: Pedersen, Van Aert e Van der Poel
In tre alle spalle di Pogacar: Pedersen, Van Aert e Van der Poel

Un maledetto raffreddore

In realtà Van der Poel tira fuori un malanno che aveva scaltramente nascosto a tutti. Un brutto raffreddore rimediato dopo la vittoria di Harelbeke, che potrebbe spiegare la resa o renderla meno pesante.

«Dopo Il GP E3 sono stato malato per tre giorni – spiega – e ho perso un po’ di forza, soprattutto all’inizio della settimana. Per domenica spero di ritrovare le mie gambe migliori. Questa settimana ho riposato molto per recuperare, ma la prossima voglio allenarmi di nuovo forte per essere completamente pronto per Roubaix. Sarà una gara diversa. E’ meno dura e serve un po’ più di fortuna. Vedremo cosa succede. Penso che ci siano più candidati vincitori a Roubaix che qui al Fiandre. Il quarto successo arriverà? Lo sento spesso. Anche gli altri l’hanno inseguita e aspettata, ma non è arrivata, per cui sono molto orgoglioso di quelle tre tacche accanto al mio nome».

Nella volata, Pedersen ha fatto valere le sue attitudini di velocista ed è arrivato secondo
Nella volata, Pedersen ha fatto valere le sue attitudini di velocista ed è arrivato secondo

La reazione di Van Aert

Va segnalata in questa giornata di festa che è stata selvaggia ed oceanica, l’ottima prestazione di Wout Van Aert e della sua squadra, che aveva qualcosa da farsi perdonare. Il grande belga ha venduto cara la pelle e, anche se è stato presto chiaro che non fosse tra i più forti, non ha mollato per un solo metro. Alla fine dei tanti inseguimenti, è riuscito a giocarsi la volata per il podio, chiudendo non troppo malinconicamente e anzi con fierezza al quarto posto.

«E’ stata una gara molto difficile – dice Van Aert dopo l’arrivo – come tutte le altre da queste parti, naturalmente. Con un uomo nella fuga, la nostra squadra ha fatto lo stretto indispensabile e abbiamo provato a seguire i due favoriti. Sono molto contento che abbia funzionato e sia andata come ho sperato. Ho lavorato duro per costruirmi una buona condizione per oggi e per la settimana che viene e mi piace essere stato qui e combattere per il podio. Questa è l’unica cosa che mi è mancata oggi, arrivare un gradino più in alto, ma per me questo era il mio posto di oggi.

«Era impossibile fare uno sprint migliore di così. I tre che sono arrivati davanti sono stati più forti di me. Vedremo se questa fatica basterà per fare meglio a Roubaix. Contro questo Pogacar c’era poco da fare. Quando alla fine ho attaccato e mi sono voltato, c’era lui a inseguire. E ho pensato che se va forte così sull’asfalto e poi stacca gli altri sul pavè, deve essere davvero speciale. Lo avevo capito già sul primo Qwaremont, il finale lo ha confermato».

Quinto attacco sull’ultimo Qwaremont e Pogacar se ne va

06.04.2025
6 min
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OUDENAARDE (Belgio) – Può sembrare strano come cosa da dire al termine di un Giro delle Fiandre così veloce, il più veloce della storia, eppure Tadej Pogacar ha dovuto sudarsi la vittoria come raramente gli è successo in precedenza. Il campione del mondo non si è potuto accontentare di un solo scatto, ma ha dovuto piazzarne un quantitativo indefinito (cinque quelli davvero incisivi) prima di poter infine staccare tutti i contendenti, che raramente negli ultimi anni sono stati così forti. Basti pensare che a un certo punto al comando del Fiandre si sono ritrovati tre campioni del mondo: Pogacar, Pedersen e Van der Poel, finiti così peraltro sul podio. Van Aert al quarto posto non ha reso certo meno nobile l’ordine di arrivo e anzi si è scrollato dalle spalle come forfora un bel mucchio di negatività. Un Fiandre così bello lo ricorderemo a lungo.

Bisogna dire che la sensazione a un certo punto è stata che Mathieu Van der Poel fosse più brillante dello sloveno, con la solita incognita di quanto gli fosse costato rientrare dalla caduta a 125 chilometri dall’arrivo. L’olandese è sempre parso in controllo e soltanto in occasione di uno degli ultimi scatti di Pogacar è parso rispondere con una insolito attendismo. Era forse la spia della riserva che iniziava a lampeggiare? Sta di fatto che quando lo sloveno ha imboccato per la terza ed ultima volta il Vecchio Qwaremont, la sua accelerazione non ha concesso scampo.

Il via quest’anno da Bruges dal Markt, davanti a un oceano di tifosi
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Meglio del meglio

Quando arriva da noi, dopo le telecamere, le premiazioni, le maglie da firmare e chissà a cos’altro lo hanno sottoposto dopo la vittoria, Pogacar ha lo sguardo sfinito e prega di fare presto perché ha un aereo da prendere.

«E’ difficile descrivere quanto sia grande questa vittoria – ammette – e quanto significhi per me. Non potevo immaginare che sarebbero serviti così tanti attacchi, ma ho visto che gli altri ragazzi erano ancora molto forti la prima volta che sono scattato. Ho dovuto davvero tirare fuori il mio meglio per fare rendere gara difficile e ho provato a dare tutto quello che avevo sull’ultimo Qwaremont. Non ero sicuro che sarei arrivato, fino a quando sono arrivato sulla strada principale e ho visto che dietro di me non c’era nessuno. Però ho continuato a spingere. Mathieu (Van der Poel, ndr) era molto forte, quindi non potevo giurare che non sarebbe tornato. Sapevo cosa dovevo fare e ho provato a farlo».

Van der Poel ha inseguito dopo la caduta e forse lo ha pagato. Nel finale è andato spegnendosi
Van der Poel ha inseguito dopo la caduta e forse lo ha pagato. Nel finale è andato spegnendosi

Una generazione di fenomeni

Gli chiediamo se si sia divertito a scattare, farsi riprendere, riscattare chiedendo cambi e tenendo in precedenza la squadra sempre in tiro. Lui osserva per un istante il vuoto, poi torna a guardare fisso e spalanca un sorriso grande così.

«Credo che abbiamo una generazione molto bella di corridori – riflette – un sacco di campioni di livello altissimo. Mi piace correre contro loro, sono grandi campioni e bravi ragazzi. Oggi è stato un giorno fantastico per loro, per i loro fan e per il mio team. E’ stato un giorno perfetto, anche se da un certo punto in poi è stato chiaro che avremmo potuto contare solo su noi stessi. In questo tipo di gara niente va mai alla perfezione. Purtroppo abbiamo perso Johnny e Tim (Narvaez e Wellens, ndr) nella caduta di Van der Poel. Non è andata perfettamente, ma alla fine ciascuno di quelli rimasti ha dato il massimo e il piano ha funzionato. Bjerg ha fatto un lavoro fenomenale oggi, penso che la maggior parte delle persone non riuscirà a capire quanto sia stato ottimo. Anche il giovane Morgado: Antonio è impressionante, sarà un grande campione e oggi ha fatto un lavoro perfetto».

Il piano di Pogacar

Il piano che ha funzionato. La frase incuriosisce. C’era un piano anche alla Sanremo, ma il percorso troppo facile lo aveva vanificato. Attaccare, attaccare, attaccare. Ma come scrivemmo nell’ultimo editoriale, quando il percorso gli offre il dislivello giusto, il piano di Pogacar difficilmente fallisce.

«Il piano era di renderla una gara difficile – spiega – di attaccare al secondo passaggio sul Qwaremont. Le cose come detto non sono andate alla perfezione, ma alla fine sono riuscito a fare la differenza. E l’abbiamo fatta nel modo giusto, senza approfittare dei problemi degli altri. Quando Van der Poel è caduto, stavano tutti lottando per la posizione, ma nessuno ha ritenuto di affondare il colpo, perché non era necessario. Ci sono stati alcuni allunghi, ma niente di incisivo. Mi sarebbe piaciuto che lo avessimo aspettato ancora, perché avrebbe significato far rientrare Wellens e Florian Vermeersch, ma poi la gara ha ripreso il suo passo».

Ganna ottavo e migliore degli italiani: prima la fuga e poi lo sprint per il piazzamento
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L’effetto del Qwaremont

Si capisce che la conferenza sia agli sgoccioli, quando si comincia a parlare del tempo. Dicono che domenica alla Roubaix potrebbe piovere e questo nel clan della UAE Emirates non suona come un presagio felice. Ma in questa giornata scintillante dei colori dell’iride, non c’è nulla che possa turbare Tadej.

«Spero di avere lo stesso clima domenica prossima – dice – e che questa vittoria mi dia la sicurezza che serve. Tutta la settimana passata con i miei compagni è stata davvero fantastica e riuscire a passare da solo sul Qwaremont con così tante persone sulla strada, è stato qualcosa di incredibile. Non avevo vendette da prendermi dopo la Sanremo e anche aver staccato Mathieu in un tratto di pavé in pianura potrebbe significare poco. Oggi però ho capito che ho buone gambe in vista della Roubaix. Abbiamo anche una squadra super forte, con Vermeersch e Politt che sono già stati secondi in quel velodromo e io che sarò al battesimo. Possiamo fare un’ottima gara e non vedo l’ora che arrivi».

Gli chiedono se davvero abbia finito stanco il Fiandre. Lui strabuzza gli occhi e fa un sorriso di circostanza. Ricorda che la corsa è durata più di sei ore e che alla fine di qualsiasi gara è sempre stanco. Poi ringrazia quando gli dicono che di solito sembra più fresco. Prende e se ne va, preceduto dallo steward sul monopattino. Lo rivedremo da queste parti alla fine della prossima settimana. Poi per lui ci saranno ancora l’Amstel Gold Race, la Freccia Vallone e la Liegi. Di certo non bisogna guardare Tadej Pogacar parlando di corridori che hanno occhi soltanto per il Tour.