Harelbeke 2009, lo squillo di Pozzato. Resterà l’ultimo tricolore?

24.03.2023
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Oggi con l’E3 Saxo Bank Classic si entra nel pieno della stagione delle classiche del Nord. Quella di Harelbeke, che ha cambiato nome molte volte piegandosi alle esigenze degli sponsor, è una corsa forse non così popolare da noi, ma in Belgio è molto amata: il “piccolo Fiandre”, così chiamato perché ricalca abbastanza fedelmente la struttura della Corsa dei Muri, ma con meno distanza e meno asperità.

Una corsa quella di Harelbeke (una delle pochissime sfuggite agli arpioni di Merckx…) che ha sorriso poche volte agli italiani, solamente 4: Bontempi nel 1988, Cipollini nel ’93, Pieri nel 2002 e Pozzato nel 2009. Filippo, oggi responsabile organizzativo con la PP Sport Events delle classiche venete di fine stagione, ricorda ancora molto bene quel giorno.

L’ultimo podio con Van Aert fra Laporte (decisivo per il suo successo) e Kung
L’ultimo podio con Van Aert insieme a Laporte, decisivo per il suo successo

«C’era un Boonen favoritissimo, voleva la quinta vittoria, partì sul penultimo muro a una ventina di chilometri dal traguardo. Io lo agganciai quasi subito, poi su di noi rientrò Iglinskiy. Ce la giocammo in volata, il belga era più veloce, ma io finsi di partire, lui si lanciò, io misi due denti in meno e lo recuperai abbastanza facilmente. Era più veloce, ma quello era il mio giorno».

Eri in una forma particolare?

Sì, quello fu un ottimo periodo. Vinsi 3 giorni dopo anche a La Panne, la prima tappa. Puntavo forte sul Giro delle Fiandre, ma la fuga di Devolder sconvolse i piani di tutti.

L’ultimo podio con un azzurro: 2015, Trentin chiude terzo dietro Thomas e Stybar
L’ultimo podio con un azzurro: 2015, Trentin chiude terzo dietro Thomas e Stybar
Che corsa è?

Non è così diversa dalla sua “sorella maggiore”, il tipo di strade è lo stesso come anche la struttura altimetrica, cambiano solo i numeri che sono un po’ inferiori. Non è un dato da poco perché proprio il fatto che ci siano meno chilometri da percorrere permette anche a corridori di seconda linea di stare davanti e giocare le proprie carte. Il Fiandre è talmente selettivo che ben difficilmente non lo vince un corridore dal pedigree affermato.

Come va interpretata?

Devi stare sempre sul chi vive, oggi molto più che ai miei tempi. Potrei dire che gli ultimi 70 chilometri sono quelli decisivi, nei quali devi stare sempre nelle prime 20 posizioni, ma a ben guardare nel ciclismo odierno è un’affermazione che lascia il tempo che trova. Siamo in presenza di campioni che sono abituati a sconvolgere la corsa anche molto prima. Non puoi mai adagiarti. Poi c’è anche altro a cui prestare attenzione.

Van Aert in testa a tirare nell’edizione dello scorso anno. Il belga era già stato secondo nel 2019
Van Aert in testa a tirare nell’edizione dello scorso anno. Il belga era già stato secondo nel 2019
Che cosa?

Il tempo. Può cambiare nel corso della giornata anche più volte. Il vento può essere a favore, ma in molti tratti ti colpisce trasversalmente e può causare ventagli. Sono davvero tante le cose a cui bisogna prestare attenzione.

E’ una corsa che può terminare con volate di gruppo, anche se ridotto o pensi che sia più portata a una soluzione di forza?

Normalmente sia è portati a pensare che sia una corsa per soluzioni molto ristrette. Alla fine ti ritrovi sempre un gruppetto ristretto che si gioca il successo, non più di 5-6 corridori. Bisogna essere veloci, questo sì, ma per rimanere davanti devi avere gamba, tanta gamba.

Van Der Poel si ripresenta in corsa dopo il trionfo di Via Roma. Ad Harelbeke è stato 3° nel 2021
Van Der Poel si ripresenta in corsa dopo il trionfo di Via Roma. Ad Harelbeke è stato 3° nel 2021
Ti aspetti una corsa che premi anche qualche corridore di secondo piano, ossia non appartenente a quella ristretta fascia dei “mammasantissima” in preparazione per il Fiandre?

Io a questa faccenda della preparazione non ci credo più. Ormai i vari Van Der Poel, Van Aert, Pogacar quando mettono il numero sulla schiena partono sempre per vincere. Non pensano a salvare le gambe, non pensano a quel che verrà dopo, se la giocano fino in fondo e oggi sarà ancora così. Inoltre credo che la Sanremo con il suo epilogo abbia dato quel pizzico di pepe in più.

Che cosa intendi?

Van Aert io credo che vorrà prendersi una rivincita immediata sull’olandese. Per me è il corridore più forte perché il più completo e quelle sono le sue strade. Quando serve c’è sempre, se non vince si piazza. Van Der Poel dalla sua ha il fatto che se decide di portare la stoccata molto spesso lo fa e trova il bersaglio. Tra questa gente e gli altri c’è una bella differenza, io credo che assisteremo a una grande gara e i nomi da tenere sul taccuino sono sempre gli stessi.

Sbaragli, in 48 ore dalla Sanremo all’ambulanza

23.03.2023
6 min
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Oltre a togliere di mezzo Dario Cataldo, la prima tappa della Volta a Catalunya è costata la frattura dello scafoide a Kristian Sbaragli, che appena due giorni prima aveva aiutato Van der Poel a vincere la Sanremo. Dalle stelle alla polvere in meno di 48 ore. Domattina il toscano, che sta ingannando l’attesa in famiglia con Camilla e il figlio Lorenzo, finirà in sala operatoria e da lì inizierà la rincorsa.

Cosa è successo in Spagna?

A quattro chilometri dall’arrivo eravamo nelle prime posizioni. Io ero sulla destra e Yates si è infilato ancora a destra e mi ha chiuso davanti. Io in quella frazione di secondo stavo guardando leggermente dietro, perché avevo Kaden Groves a ruota. Yates m’ha preso la ruota davanti. Andando giù, col manubrio ho agganciato la sua ruota dietro e siamo caduti. Il problema è che era leggera discesa, mi sembra dal computerino che si andasse a 72-73 all’ora. Quindi c’è stata la maxi caduta.

Al traguardo con il polso dolorante e escoriazioni: il Catalunya finisce così (foto Charlotte Pudepiece)
Al traguardo con il polso dolorante e escoriazioni: il Catalunya finisce così (foto Charlotte Pudepiece)
La stessa di Cataldo?

Sì. In 7-8 siamo finiti sulla parte destra della strada e poi di conseguenza anche sulla parte sinistra sono caduti altri 5-6, fra cui Dario, che penso abbia preso il marciapiede. C’era un marciapiede bello alto e ho visto che si è fatto parecchio male

Quanto dura la convalescenza per uno scafoide rotto?

Sono andato in ospedale e mi hanno ingessato. La procedura normale va dalle sei alle otto settimane di gesso. Però con l’operazione, anche se è abbastanza soggettivo, spero in tre settimane di potermi allenare su strada.

Quindi comunque la primavera è andata?

Abbastanza. Quest’anno con la squadra si era fatta una preparazione incentrata sui Giro. Io avrei dovuto fare il Catalunya, con la Sanremo venuta fuori in extremis. Poi i Paesi Baschi, un po’ di Ardenne e poi avrei dovuto fare due settimane di altura prima del Giro. Adesso bisogna prima vedere se recupero. L’obiettivo Giro resta, però naturalmente i Paesi Baschi è impossibile farli. Forse la prima corsa utile, se riesco a recuperare, potrebbe essere il Romandia.

Al via del Catalunya, primo da sinistra, dopo la vittoria di Sanremo: la trasferta spagnola dura il tempo di una tappa
Al Catalunya, primo da sinistra, dopo la vittoria di Sanremo: la trasferta spagnola dura il tempo di una tappa
Che comunque è una corsa di un certo livello…

Infatti oramai con il ciclismo di oggi, per arrivarci un po’ presentabile, entro il 10 di aprile devo essere in grado di allenarmi bene su strada. Perché se ci vai senza allenamento, fai due o tre tappe e torni a casa. Il livello è altissimo. 

Era programmato questo inizio con poche gare?

Fin nei dettagli. Tutto il gruppo Giro, con Conci, Oldani ed io, ha ricevuto lo stesso programma. A me hanno chiesto di fare in più la Sanremo.

Un programma piuttosto preciso, quindi? 

Visto che siamo saliti di categoria, quest’anno si fa il 99 per cento di gare WorldTour, quindi la squadra è divisa sempre in base agli obiettivi. Non si va a correre a caso, abbiamo tutti il programma da gennaio sino a fine stagione. Poi succedono certe cose e un po’ cambia. Per cui ora siamo rimasti che il primo passo è operarsi e naturalmente ho cercato di farlo il prima possibile. Poi, una volta fatta l’operazione e sperando che vada tutto bene, si valuta quando risalire in bici. E poi da lì, spero di poter fare perlomeno il Romandia.

Conci sta seguendo lo stesso programma di Sbaragli, con l’obiettivo del Giro d’Italia
Conci sta seguendo lo stesso programma di Sbaragli, con l’obiettivo del Giro d’Italia
Dopo l’intervento potrai andare sui rulli?

Direi di sì e infatti si sta valutando con la squadra che potrei approfittarne per andare una settimana o dieci giorni in altura a Livigno. E’ freddo, ma se si tratta di pedalare al chiuso, posso andare su con la famiglia ed evitare di stare fermo. Questa frattura capita nel periodo peggiore, in cui dovevo correre ininterrottamente fino al campionato italiano, poi avrei staccato per preparare il finale. Invece sono uscito da quella Sanremo trionfale, sono salito in macchina con il massaggiatore per andare al Catalunya e dopo 48 ore ero su un’ambulanza…

Come la mettiamo con il peso?

Il programma seguito in questo inizio di stagione serviva a lavorare solo sulla condizione e non sul peso, cercando le qualità che vengono fuori dalle gare. Quindi sulla bilancia ero a posto. Naturalmente ora è importante riguardarsi. Voglio salire subito sui rulli per non perdere il tono muscolare. Perché se quello cala e insieme metti su 2 chili, poi non recuperi più.

Come è stato vincere la Sanremo con Mathieu?

E’ stato bello, la squadra ci teneva e abbiamo fatto tutto al 100 per cento. Durante la Tirreno ero in ritiro, perciò mi hanno fatto andare direttamente a Sanremo. Abbiamo fatto tre giorni di ricognizioni e ci siamo allenati tutti insieme. La Sanremo era il primo obiettivo vero per Mathieu e anche per la squadra. Okay le corse del Nord, però la Sanremo è sempre un rebus. Per cui sabato è stata una grande giornata per tutti. 

La prima corsa 2023 di Sbaragli è stata la Volta ao Algarve, da cui sarebbe passato al Catalunya, via Sanremo
La prima corsa 2023 di Sbaragli è stata la Volta ao Algarve, da cui sarebbe passato al Catalunya, via Sanremo
Ti abbiamo visto tirare fino alla Cipressa.

Sulla carta avevamo una squadra molto competitiva. Mathieu è partito come capitano, però avevamo Philipsen che doveva provare a reggere sul Poggio. Più c’erano Soren Kragh Andersen e Quinten Hermans che dovevano essere presenti se c’era qualche azione fra Cipressa e Poggio, oppure anche all’inizio del Poggio. Il mio lavoro è stato tenere la squadra davanti dai Capi all’imbocco della Cipressa e assicurarsi di non perdere la corsa proprio lì. Ho fatto le mie 10 Sanremo e in quel punto la Sanremo si può perdere.

Ti aspettavi che Philipsen andasse così forte?

Dal Tour de France in poi, Philipsen ha fatto un grande salto di qualità, più che altro a livello mentale. E così la squadra ha investito sui corridori giusti per aiutarlo ed è diventato il secondo uomo di riferimento insieme a Mathieu. Si è preso la responsabilità giusta e adesso da velocista si sta trasformando in corridore da classiche

Per te non si tratta della prima vittoria a Sanremo, giusto?

Eh sì, è vero, la prima l’ho fatta 10 anni fa. C’ero anche nel 2013 in squadra con Ciolek quando vinse la Sanremo accorciata per la neve. Eravamo compagni di squadra.

E allora in bocca al lupo per l’operazione.

Evviva il lupo. Vado domattina a Firenze. Certe cose sono sempre una scocciatura, ma quando si raccontano, bisogna pensare a chi sta peggio, come Cataldo. Oggi c’è il sole, sono con la famiglia, vediamo il positivo delle cose…

EDITORIALE / Guai a chi tocca la Sanremo

20.03.2023
5 min
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Non toccate la Sanremo (ma ridateci alla svelta la partenza da Milano). Si è detto per una vita che servisse un’altra salita nel finale per renderla più divertente, senza rendersi conto che bastava avere i corridori giusti. Forse non ci rendiamo tutti conto del grande ciclismo che stiamo vivendo e magari rileggere il finale della Classicissima può essere un’utile guida alla comprensione.

Sul Poggio si sono sfidati il corridore numero uno al mondo, re di due Tour de France e di due Lombardia. Il miglior cronoman del mondo, detentore del record dell’Ora e di quello mondiale dell’inseguimento individuale e a squadre. Il vincitore di due Giri delle Fiandre e di svariati mondiali di cross. Il vincitore di una Sanremo, di tappe al Tour, dell’ultima maglia verde, della Gand e dell’Amstel. Quale altra corsa nel calendario internazionale può fare un simile sfoggio di professionalità diverse e nobili?

La Sanremo vive per 200 chilometri in attesa degli ultimi 100: una costruzione necessaria
La Sanremo vive per 200 chilometri in attesa degli ultimi 100: una costruzione necessaria

La velocità di VDP

Quello che ha stupito è stato il modo in cui Van der Poel se l’è portata a casa. Pogacar infatti ha messo la squadra alla frusta sulla Cipressa. Si è detto che quel lavoro non abbia prodotto i risultati sperati: in realtà il ritmo del UAE Team Emirates ha ricordato a corridori come Pedersen, Mohoric, al giovane De Lie e al più esperto Sagan che cosa significhi arrivare al Poggio con le gambe stanche. Passare dal senso di forza e grandi sogni, all’improvviso blackout e le gambe dure.

A quel punto Pogacar ha piazzato due scatti, portando con sé soltanto Ganna, mentre alle sue spalle Van der Poel si è nascosto nella scia di Van Aert. E quando il Poggio finalmente spianava e tutti si aspettavano l’ennesimo attacco di Tadej, Mathieu ha piazzato il suo affondo. Un’accelerazione violentissima nel tratto in cui serviva calare il rapporto e fare velocità, nel momento in cui tutti gli altri, per stessa ammissione di Pogacar, erano ormai in rosso.

Il forcing sulla Cipressa del UAE Team Emirates (davanti c’è Ulissi) ha tagliato tante gambe
Il forcing sulla Cipressa del UAE Team Emirates (davanti c’è Ulissi) ha tagliato tante gambe

Già visto alla Tirreno

Si è parlato molto della condizione dell’olandese alla Tirreno-Adriatico e lui per primo ha raccontato il bisogno di andare più a fondo nella fatica per ritrovare la gamba giusta. E se questo è stato palese sulle salite, provate a riavvolgere il nastro e valutare con altro occhio le due volate tirate a Philipsen: quella di Foligno, ma soprattutto quella di San Benedetto.

Quel giorno Van der Poel ha sbrigato da solo la pratica che in un’altra squadra avrebbe richiesto almeno due uomini. Il suo lavoro è durato circa 700 metri, durante i quali è stato capace di una velocità che ha allungato il gruppo e servito a Philipsen lo sprint su un piatto d’argento. Da quel numero si poteva già capire parecchio: l’olandese è stato capace di sviluppare una velocità impossibile per gli altri. E sabato l’ha rifatto sul Poggio.

Ultima tappa della Tirreno: Van der Poel ha tirato per quasi 700 metri, Philipsen ha vinto: prove di Sanremo?
Ultima tappa della Tirreno: Van der Poel ha tirato per quasi 700 metri, Philipsen ha vinto: prove di Sanremo?

Van Aert riparte

Certo, uno così ti destabilizza. Pensi che sia alla frutta e ogni volta invece torna forte come sempre. Chissà che cosa possa averne pensato Van Aert, costretto a chinare il capo per l’ennesima volta. Ti aspetteresti che dopo la batosta subito ai mondiali di cross, sia sull’orlo di una crisi di nervi, invece le sue reazioni dopo la gara e il giorno successivo sono state nel segno di una grande tranquillità.

Ha riconosciuto il merito al rivale di sempre, poi si è concesso una domenica in famiglia (a proposito, sua moglie ha annunciato l’arrivo di un altro figlio che arriverà la prossima estate) e adesso si starà rimboccando le maniche per le sfide del Nord. Del resto, se sei consapevole di aver fatto il massimo, perché dovresti starci male se un altro ti batte? Sul momento ti rode, quello è il tuo rivale di sempre, ma dopo deve passare per forza.

Alfredo Martini, che ne avrebbe avuto da insegnare ancora per anni, era solito dire che il grande rammarico viene fuori se sai di essere arrivato alla gara senza aver fatto tutto quello che serviva.

Van Aert e Pogacar hanno dato il massimo: c’è poco da recriminare. Da entrambi, complimenti a Van der Poel
Van Aert e Pogacar hanno dato il massimo: c’è poco da recriminare. Da entrambi, complimenti a Van der Poel

La cicala e la formica

Bartoli l’ha spiegato benissimo: probabilmente Van Aert è più forte, ma Van der Poel è più vincente. L’uno non può vincere ciò che vince l’altro e viceversa. Van Aert è la formica: vince, lavora per la squadra e non perde un colpo. L’altro è la cicala: sembra che dorma e quando si sveglia è capace di capolavori. Per cui forse, al di là di approfondire se Van Aert abbia fatto bene o meno a usare il monocorona, in casa Jumbo Visma una riflessione potrebbero farla sull’impiego del gigante belga.

Se è vero che entrambi si sono presi un mese senza gare dopo il mondiale di cross, resta il fatto che alla Tirreno, Van Aert ha tirato tanto per Roglic, mentre Van der Poel ha avuto il tempo e l’occasione per mettere a punto la gamba. A Sanremo, Van Aert era stanco, Van der Poel aveva ancora riserva.

Pensando al 2022, il belga ha corso per 48 giorni, raccogliendo 4.565 punti UCI. L’olandese ha corso per 49 giorni, prendendone però appena 2.028. Questo perché Van Aert è sempre in prima linea, a vincere (9 vittorie), lavorare e piazzarsi: ricordate che lavorone e quante fughe fece al Tour vinto con Vingegaard? Mentre l’altro, furbo e sornione, fa il suo e quando serve, piazza la botta (5 vittorie 2022, con il Fiandre).

Resta da chiedersi semmai, con gente del genere in circolazione (aggiungendo anche Pidcock a Pogacar, Van der Poel, Van Aert e Ganna) se e quando in corse come la Sanremo ci sarà spazio per gli altri.

Il colpo di un artista: Van der Poel conquista via Roma

18.03.2023
5 min
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Quando gli chiediamo se alla Tirreno abbia finto, Van der Poel fa un sorriso divertito. Ha vinto la Sanremo da meno di un’ora e non ha ancora fatto in tempo a mettere in ordine i pensieri. Sul traguardo ha abbracciato la sua compagna ad un’intensità pazzesca, poi è stato risucchiato da premiazioni e protocollo. Ora si siede, allaccia le scarpe e racconta.

«Sarei stato un grande attore – dice – ma la verità è che non ero per niente soddisfatto del livello che avevo alla Tirreno. Non faccio certi giochini. Nel giorno dei muri mi sono messo alla prova, ma ho avuto sensazioni pessime. Mi sono risollevato quando ho tirato la volata l’ultimo giorno a Philipsen, perché ho sentito di avere forza nelle gambe. Lo avevo detto prima della Strade Bianche: avevo bisogno di una corsa in cui soffrire e fare fatica. E la Tirreno-Adriatico è stata lo step perfetto per arrivare bene alla Sanremo».

Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere
Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere

Discesa all’80 per cento

E adesso venite a prendermi: deve aver pensato questo quando la discesa lo ha inghiottito, nascondendolo alla vista degli inseguitori. Come sia che cinque secondi diventino all’improvviso un gap incolmabile rientra fra i mille significati di una gara di 300 chilometri.

«Sono sceso dal Poggio all’80 per cento – spiega – perché non ho voluto prendere nessun rischio. Se fossi caduto, non me lo sarei perdonato. Perché per un rischio troppo grande, avrei visto il gruppo giocarsi la corsa senza di me. Era la mia quarta Sanremo, sapevo che avrei dovuto difendermi fino alla cima del Poggio per poi attaccare. La nostra tattica è cambiata dopo la Cipressa…».

Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga
Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga

Cipressa troppo facile

Quando la UAE Emirates ha preso in mano la corsa sulla penultima salita, la previsione è stata infatti che i corridori più a corto di condizione sarebbero saltati. Non che si temesse per Van der Poel, ma di certo avrebbe potuto spendere più del dovuto, ritrovandosi poi con le gambe in croce. Come leggerete anche nell’intervista agli uomini del team emiratino, qualcosa però non ha funzionato e alla fine della Cipressa, guardandosi allo specchio, tanti hanno capito di avere ancora ottime gambe. Come Van der Poel, appunto, che in cima alla salita è passato davanti con un compagno e ha condotto tutta la discesa, lasciandosi riprendere soltanto in fondo.

«La Cipressa è venuta più facile di quanto pensassi – spiega – per cui quando sono sceso, ho parlato con la squadra, chiedendo che mi mettessero sul Poggio nella miglior posizione possibile. E loro hanno fatto un ottimo lavoro. Quando Pogacar ha accelerato ero nel primo gruppo ed è stato facile seguirlo».

La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata
La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata

Senza mai voltarsi

Il resto è un flashback di immagini, che di curva in curva lungo la discesa del Poggio, hanno portato l’olandese della Alpecin-Deceuninck fino all’arrivo di via Roma, felice come un bambino. Ben più felice di quando a fine gennaio ha vinto il mondiale di cross che ora nelle sue parole diventa piccolo come una corsetta di paese.

«Hoogerheide – dice – era importante perché era un mondiale vicino casa, ma vincere una Monumento è un’altra cosa. Avevo detto che la Sanremo non mi piaceva, aggiungendo di amare soltanto gli ultimi 100 chilometri. La verità è che è difficilissima da vincere, a volte non basta essere il più forte. Per questo nella discesa non mi sono mai voltato e a volte è la tattica migliore. Ho buttato l’occhio indietro soltanto quando sono arrivato sull’Aurelia e poi sono rimasto concentrato su me stesso».

Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo
Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo

«La verità – prosegue – è che oggi avevo ottime gambe e sono servite tutte, per battere corridori come Ganna, Van Aert e Pogacar. Solo una corsa come questa può avere un ordine d’arrivo del genere. Ganna è davvero un ragazzo gentile, l’ho conosciuto meglio alla Tirreno, abbiamo parlato un po’. Questa è la corsa perfetta per lui e sono certo che un giorno potrà vincerla. Sotto al podio, gli ho anche chiesto il suo programma per le corse del Nord. Uno così merita parecchio rispetto».

Una storia di famiglia

L’ultimo pensiero va a suo nonno Raymond Poulidor, scomparso nel 2019, che non vinse mai un Tour né mai indossò la maglia gialla: cosa che suo nipote vendicò due anni fa fra le lacrime. Poupou vinse una sola classica Monumento, la Milano-Sanremo del 1961 e Mathieu lo sapeva. Per questo sorride dolcemente, prima di riprendere le sue cose a andare finalmente a farsi una doccia. Sono passati 62 anni, anche questa volta suo nonno sarebbe stato orgoglioso di lui. E forse lo sarà lo stesso…

Van der Poel a mezzo gas: «Sono sorpreso, ma sul Poggio ci sarò»

18.03.2023
4 min
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Mathieu Van der Poel non è uscito dalla Tirreno-Adriatico come si aspettava. Anzi, se c’era andato cercando di trarne morale, probabimente si può dire che ne sia uscito con le ossa rotte. A Tortoreto, uno degli arrivi dove tutti lo aspettavano, l’olandese è arrivato sfinito nelle retrovie. E se nel corso della videointervista gli fai notare che per fortuna Cipressa e Poggio non sono altrettanto duri, lui risponde con un sorriso.

«Neanche la scorsa settimana – dice – sarei riuscito a fare uno scatto sul Poggio. Spero però di poterlo fare sabato (oggi, ndr). Avevo bisogno della Tirreno. Da solo non puoi allenarti così duramente. Non sono stato troppo bene, ma neppure terribilmente male. E ammetto che non me l’aspettavo neanche io. Però non mi fascio la testa per non aver vinto, non ci faccio più caso. Due anni fa sono caduto alla Dwars door Vlaanderen e la domenica successiva sono scattato con Asgreen per vincere il Fiandre. Inoltre, forse non è un caso che dopo la preparazione brevissima per i mondiali di cross, io non fossi al top nella prima corsa a tappe. Ma in questi giorni mi sono riposato. E spero che la Tirreno abbia fatto il suo lavoro».

A Tortoreto, su un arrivo adatto a lui, Van der Poel è arrivato invece staccato assieme a Ganna
A Tortoreto, su un arrivo adatto a lui, Van der Poel è arrivato invece staccato

Schiena e palestra

Non è un mistero che dietro i suoi passaggi a vuoto si sia cercata la spiegazione del mal di schiena, ma almeno questo pericolo in apparenza è stato scongiurato.

«Non mi fa male – spiega – non sempre sono riuscito a stare al passo col gruppo, ma non sono preoccupato neanche per questo. Non sta peggiorando, ha bisogno di un po’ di riposo e di 15-20 minuti di esercizi al giorno, impossibili da fare durante le corse. Ecco perché sono andato in palestra questa settimana per fare allenamento di forza. Cerco di mantenerli, ma se non posso andarci a causa del calendario, allora mi toccherà stringere i denti per il dolore. E questo non rende le cose più facili, ovviamente».

Una gomma a terra: dopo il mondiale vinto nel cross, la stagione di VdP è stata un continuo rincorrere
Una gomma a terra: dopo il mondiale vinto nel cross, la stagione di VdP è stata un continuo rincorrere

Strava addio

Rispetto allo scorso anno, Van der Poel ci ha privato di un utile strumento di verifica del suo lavoro, attraverso cui provare a decifrare il suo stato di forma. L’olandese infatti ha smesso di pubblicare i suoi dati su Strava.

«Ho deciso per me stesso – spiega – di condividerlo per un solo anno, perché avevo ricevuto commenti a destra e a sinistra sul fatto che non si sapesse nulla della mia preparazione. Ecco perché ho pubblicato tutto. E’ stato anche divertente attaccare quanti più KOM possibili, ma ora non sento più il bisogno di condividere tutto. Altri lo fanno, ma non aggiungono la frequenza cardiaca o la potenza, quindi non è molto utile, perché non puoi vedere nulla. Diciamo però che ora sto abbastanza bene. Non devi essere il migliore per vincere a Sanremo, ma è chiaro che preferirei essere al top della forma. Ogni anno è più difficile fare la differenza sul Poggio e l’anno scorso ho dimostrato che non devo essere al top per salire sul podio. Cosa che ad esempio è impossibile alla Strade Bianche, dove si vince solo essendo il più forte».

La Strade Bianche, più della Tirreno, ha dimostrato che la condizione di VdP non è ottimale
La Strade Bianche, più della Tirreno, ha dimostrato che la condizione di VdP non è ottimale

Sanremo a tre punte

Si è detto più volte che la Alpecin-Deceuninck non sia solo la squadra di Van der Poel e Mathieu ne è contento. E così, dopo aver tirato ottime volate a Philipsen alla Tirreno-Adriatico, per la Sanremo sostiene la candidatura di Soren Kragh Andersen.

«Lui proverà a resistere alla Cipressa e al Poggio – dice Van der Poel – e se alla fine sarà con noi e si sentirà bene, avrà certo più chance di me. Se ci sarà Philipsen, meglio ancora. Siamo d’accordo, non servono molte parole. Io farò la mia corsa sul Poggio e poi vediamo se lui sarà ancora con noi. Il Poggio è sempre un punto interrogativo. Pogacar ci sarà, non è proprio una sorpresa. Ma alla Sanremo è sempre difficile fare previsioni…».

Sanremo ’99, partono Pantani e Bartoli: Cipressa in fiamme

16.03.2023
6 min
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Suo padre Graziano lo chiamò Michele in onore di Dancelli, che in quel 1970 vinse la Sanremo. Eppure, nonostante tanta benedizione, per Bartoli la Classicissima non è mai stata un gran campo di gioco, come furono il Fiandre, la Freccia Vallone, la Liegi oppure il Lombardia. Quelli fra il 1993 (quando passò professionista) e il 2004 (in cui smise) erano anni di velocisti capaci di deglutire facilmente la Cipressa e il Poggio. Per questo scendevano in Riviera circondati da squadroni, che si alleavano fra loro per rintuzzare ogni attacco. Non come oggi, che non ci sono più velocisti così resistenti da autorizzare una squadra a fare blocco compatto. Oggi ci si preoccupa di Pogacar che potrebbe staccare tutti nel finale e di altri attaccanti, cui non si opporrebbero certo le squadre dei velocisti, quanto piuttosto quelle dei rivali diretti.

«Probabilmente – ragiona Bartoli – è una questione di mancanza di velocisti con determinate caratteristiche. Oppure le squadre non si fidano più a puntare tutto su uno e non lavorano per tenere chiusa la corsa. Probabilmente oggi i velocisti tengono un pochino meno in salita. Ma soprattutto si trovano davanti parecchie squadre più determinate a fare la corsa dura. Prima era difficile trovare alleati, a miei tempi c’era il Panta, però poi il 95 per cento del gruppo voleva arrivare in volata. E a quel punto era difficile per una squadra da sola fare la gara selettiva».

La legge di Zabel non perdona: nel 2000 batte Baldato in maglia Fassa Bortolo
La legge di Zabel non perdona: nel 2000 batte Baldato in maglia Fassa Bortolo
Oggi è il contrario.

A parecchie squadre fa comodo la gara dura per togliere di mezzo i velocisti. Alla Uae non vedono l’ora. Van der Poel uguale. Insomma, ci sono squadre che hanno interesse che la Sanremo venga dura. Di conseguenza è più facile fare selezione.

Una Sanremo sarebbe stata bene nel tuo palmares?

Appena passato, vidi questa corsa e pensai che fosse una di quelle adatte a me, poi però basta. Non sono mai andato forte, tranne quella volta che attaccai sul Poggio, mi agganciò Konychev in discesa e poi ci ripresero tutti sull’Aurelia, ma non sono mai andato particolarmente bene o vicino a vincerla (i suoi risultati migliori vennero nel 1995 e nel 1997 con due quinti posti, rispettivamente alle spalle di Jalabert e Zabel, ndr).

E’ vero che uno dei motivi era l’allergia alla polvere delle foglie degli ulivi?

Purtroppo sì. Che poi è il motivo per cui ho fatto solo due volte il Giro d’Italia. Perché io morivo. Le cure che si potevano fare sono ancora le stesse, magari ti salvavano, ma quando eri proprio immerso nella vegetazione, eri fritto. Ed è chiaro che sulle colline della Sanremo gli olivi regnano come in alcune tappe al Giro d’Italia. Magari per due settimane stavo bene, poi c’era quella in cui si attraversavano posti per me… proibiti e basta.

Sanremo del 2001, vincerà Zabel su Cipollini, vani i tentativi di Bartoli e Bettini di attaccare
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Quindi alla fine non averla vinta non si può definire un grosso rimpianto?

Mi è dispiaciuto, perché la Sanremo per noi italiani è una delle gare più belle da vincere. Però poi pian piano ho perso la determinazione a farla. Provi un anno, provi due, provi tre, vedi che non riesci mai ad andare bene e alla fine un po’ molli. Non è che molli la corsa, ma ci vai con una tensione diversa, non come al Fiandre, alla Liegi e alle altre.

Però qualche piazzamento è venuto, no?

Ho sempre continuato a provarci. E chiaro che essendo anche abbastanza veloce, non mi tiravo indietro. In quegli anni lì c’era la Telekom ed era un casino metterli nel sacco, a meno che non avessi una condizione super. Ma io, lo ripeto, non l’ho mai avuta alla Sanremo. Anche nella settimana prima, durante la Tirreno andavo bene, ma un po’ a sprazzi.

Sempre per l’allergia?

Partivo. Facevo inizi di stagione molto buoni, in cui vincevo anche spesso. Poi arrivavo alla Tirreno e soffrivo sempre. E quella cosa me la portavo fino al Belgio, dove finiva tutto. Per questo non vedevo l’ora di partire per il Nord, perché lassù l’allergia era zero. Ma è chiaro che certi problemi mi toglievano anche un po’ di convinzione. Se se sai che corri con l’handicap, non ci metti mai la cattiveria al 100 per cento.

Sanremo 1999: terminata la discesa della Cipressa, sull’Aurelia l’azione di Bartoli e Pantani si appesantisce
Sanremo 1999: terminata la discesa della Cipressa, sull’Aurelia l’azione di Bartoli e Pantani si appesantisce
La Sanremo più bella da ricordare è quella dell’attacco sulla Cipressa col Panta (foto di apertura)…

Era il 1999 e sia Marco sia io si puntava a vincere la Sanremo. Eravamo gli unici che volevano la corsa dura. Io sapevo che il Panta sarebbe partito sulla Cipressa e infatti partì. Mi aspettavo anche un po’ di movimento da parte di altri. Pensai: «Cavoli, va via il Panta, qualcuno si muoverà». Invece alla fine non si mosse nessuno. Così andai io e lo agganciai. Facemmo una bella salita, ma poi arrivati alla pianura in fondo alla discesa si formò quel gruppetto in cui non collaborava praticamente nessuno. Perciò ci si rialzò e finì lì. 

Pur correndo con la Mapei, i tuoi rapporti con Marco erano buoni?

Eravamo rivali, ma nel senso buono, sportivo. Fra noi non c’è mai stata una scorrettezza, si andava d’accordo. Anche quando andammo a Sydney, alle Olimpiadi, passammo delle giornate molto belle.

Faceste la Cipressa quasi tutta sui pedali…

Sulla Cipressa difficilmente toglievi il 53. Magari ora è diverso, perché anche le tecniche di allenamento sono cambiate e vai più agile. Non è che vanno più piano, anzi magari vanno più forte perché battono in continuazione tutti i record. Hanno anche materiali più veloci. Però prima il sistema di pedalare era diverso. Si andava più duri. Utilizzavi quasi sempre 53.

La tirata di Van Aert nella tappa di Osimo della Tirreno ha messo gli avversari sul chi vive
La tirata di Van Aert nella tappa di Osimo della Tirreno ha messo gli avversari sul chi vive
Chi vince sabato?

Se dovessi fare un nome, direi Van Aert. La tirata che ha fatto nella tappa di Osimo della Tirreno vuol dire che ha gamba e anche tanta. Poi è chiaro, magari non è al 100 per cento della sua condizione, però va già molto molto forte. Secondo me è difficile toglierlo dal pronostico.

Non è al top secondo te?

Va sicuramente più piano di quando due anni fa arrivò secondo alla Tirreno. Per me ha tentato comunque di partire forte, perché i numeri che ha fatto, non li fai senza essere ben allenato. Magari a volte capita che la condizione ti arrivi una settimana dopo, però secondo me ha preparato il periodo. Invece Van der Poel…

Lo vedi indietro?

Sono rimasto deluso, perché proprio lo vedo spento. Mi sembra che subisca quello che è, come se le idee di partenza fossero state diverse. Ci sta che voglia essere fortissimo ad aprile, però vedendo come si muove, che all’inizio cerca anche di tener duro e poi salta, secondo me nella sua testa c’era anche qualche cos’altro.

Van der Poel sta vivendo un periodo sotto tono: condizione ancora in arrivo o si è nascosto?
Van der Poel sta vivendo un periodo sotto tono: condizione ancora in arrivo o si è nascosto?
Che cosa hai capito guardandolo?

Secondo me lui ambiva anche a qualcosa di più, perché non è che mollava subito. Lo vedevo anche nella tappa di Osimo. Si staccava, poi rientrava. Se uno fa così, probabilmente va alla ricerca di qualcosa che ancora non ha. Quando ricerchi quello che ti manca, vuol dire che comunque il periodo l’hai preparato, perché sennò ti metti lì tranquillo e ti alleni. Invece vedevo che tentava di tener duro. Alla fine ci sta anche lui sul Poggio sabato…

Van der Poel, Alaphilippe e il plotone degli sconfitti

05.03.2023
5 min
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Mentre Pidcock se ne andava con un sorriso grande così, le vie del centro di Siena si riempivano del solito struscio. Ogni tre passi, camminando dalla sala stampa alla macchina, sentivi però parlare della Strade Bianche appena conclusa. Nel frattempo, il plotone degli sconfitti riguadagnava la via dell’hotel, rimuginando e meditando rivincite più o meno immediate. Su tutti Van der Poel, il favorito per eccellenza, anche se lui per primo ha fatto di tutto per allontanare da sé il calice della responsabilità.

«Dopo tutto – dice Mathieu Van der Poel – le sensazioni non erano poi così male. Personalmente non mi aspettavo di vedere già la miglior versione di me stesso. Sono abbastanza forte per correre, ma non per vincere una corsa così dura, che per giunta era la prima gara su strada dell’anno. Ho bisogno di costruirmi una base più solida. Sono sopravvissuto bene allo sterrato più duro, ma le gambe non erano abbastanza buone per rispondere all’attacco decisivo».

Sul manubrio di Van der Poel in bella evidenza i settori di sterrato e la gestione dei rifornimenti
Sul manubrio di Van der Poel in bella evidenza i settori di sterrato e la gestione dei rifornimenti

Ritardo previsto

Non si può dire che non ci abbia provato. Al punto che quando Tom Pidcock davanti aveva già preso un margine preoccupante, è stato lui a forzare la mano, sperando di avere risposte che invece non sono arrivate.

«Se sono preoccupato per le prossime settimane? No. Dopo tutto – prosegue Van der Poel – non sono troppo deluso. La prossima settimana continuerò a costruire la forma alla Tirreno-Adriatico, che è esattamente quello che avevamo in mente quando abbiamo pianificato il mio calendario. Sapevamo da tempo che il periodo tra i mondiali di ciclocross e la Strade Bianche sarebbe stato troppo breve. Sarebbe stato meglio avere più compagni nel gruppo di testa, ma non voglio prenderlo come scusa. Non ho avuto le gambe. L’avevo anche detto ieri, siete voi giornalisti semmai ad aver immaginato che potessi vincere…».

Benoot è arrivato terzo, con il rammarico per la possibile vittoria sfumata
Benoot è arrivato terzo, con il rammarico per la possibile vittoria sfumata

Rammarico Benoot

Tiesj Benoot è arrivato terzo e potrebbe esserne felice, ma è salito e scesi da quel podio con lo sguardo costernato di chi avrebbe voluto e potuto fare di più. Così almeno dice.

«Alla partenza – spiega – avrei detto che un podio sarebbe stato una buona cosa, ora invece so che avevo le gambe per vincere. E’ una doppia sensazione, ora sta venendo fuori un po’ di delusione, che domani potrebbe lasciare posto all’orgoglio. Il rammarico è che forse, essendo in due, potevamo fare meglio. Anch’io ho commesso degli errori.

«Dovremo rivedere la corsa insieme – aggiunge parlando del compagno Attila Valter in corsa al suo fianco – perché quando ci sei dentro è difficile mantenere una visione d’insieme. E’ stato un errore da parte nostra che nessuno dei due sia andato via con Pidcock, che tuttavia è stato il migliore. Penso che siamo stati entrambi tra i migliori in gara, lo abbiamo dimostrato. Peccato però che alla fine non abbiamo raccolto abbastanza».

Attila Valter ha provato a fare il forcing, ma ha pensato da individuo e non da squadra
Attila Valter ha provato a fare il forcing, ma ha pensato da individuo e non da squadra

Le scuse di Attila

Gli fa eco Attila Valter, passato proprio quest’anno dalla Groupama-FDJ alla Jumbo Visma e già pimpante e potente come tutti i suoi nuovi compagni di squadra. Anche questa volta i gialloneri d’Olanda hanno offerto una prova di grande esuberanza atletica, pur fermandosi al terzo posto con Benoot. Perché non si sono messi d’accordo per andare a prendere Pidcock?

«Dovevo comunicare meglio con Tiesj – dice l’ungherese Attila Valter – e decidere di sacrificarmi per lui. Il podio non è abbastanza per gli standard della Jumbo-Visma. Però posso essere soddisfatto della mia prestazione odierna. Concludo quinto alla mia seconda Strade Bianche, l’anno scorso era arrivato quarto. Se mi confronto con Nathan Van Hooydonck, posso ancora migliorare. Lui conosce Tiesj da tempo e si sarebbe comportato diversamente. Dateci ancora qualche corsa e andrà molto meglio. Alla fine è solo la mia prima gara con lui».

Alaphilippe non è riuscito a rispondere al forcing, quando Bettiol e poi Pidcock hanno attaccato
Alaphilippe non è riuscito a rispondere al forcing, quando Bettiol e poi Pidcock hanno attaccato

Problema di gambe

E poi c’è Alaphilippe e quella frase di Bramati alla vigilia: «Sabato sarà diversa». Il francese non ha mai brillato nel vivo della corsa, lasciando che a seguire Bettiol fosse Bagioli.

«Come mi sento?», così debutta il francese, che sul traguardo di Siena si è piazzato 43° a 5’52”. «Sono stanco. Abbiamo provato a fare la gara – dice – e con la squadra siamo sempre stati ben piazzati. Sfortunatamente, ho sentito presto che le mie gambe non erano eccezionali. Ho fatto quello che potevo, ma non è stata una giornata fantastica. Non voglio trovare scuse. Ero sempre al posto giusto grazie ai miei compagni di squadra, ma le gambe non erano abbastanza buone per stare davanti. Continuo ad amare questa gara, anche se oggi ero un po’ meno in forma. Se sono preoccupato per le corse fiamminghe? No, perché dovrei? Ci sono cose peggiori nella vita».

Formolo è stato il migliore degli italiani: 9° a 1’23” da Pidcock
Formolo è stato il migliore degli italiani: 9° a 1’23” da Pidcock

Formolo nei 10 

Il primo italiano all’arrivo è stato Davide Formolo, nono a 1’23”. La sua corsa doveva essere in appoggio per Tim Wellens, che è arrivato a Siena dopo il quinto posto di Kuurne. Poi in realtà il belga è finito alle spalle del veronese.

«E’ stata veramente dura – dice Formolo – sul Sante Marie abbiamo perso un attimo come squadra, allora ho dovuto chiudere sulla fuga di Bagioli. Poi sfortunatamente Wellens ha avuto un problema meccanico ed è rimasto indietro, ma a quel punto aveva già speso tanto. Già prima sarebbe stato difficile battersi con i migliori, a quel punto era andata. Quando è partito Pidcock, era impossibile tenerlo. Mi dispiace perché forse potevamo vincere la corsa, per cui adesso ci concentreremo sulla Tirreno-Adriatico, dove arriverà anche Almeida. Mamma quanto sono stanco…».

Van der Poel a Siena, per iniziare il 2023 su strada

04.03.2023
3 min
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Mathieu Van der Poel ha scelto la Strade Bianche per il debutto 2023 su strada. E’ passato poco più di un mese dal mondiale di Hoogerheide, dopo il quale l’olandese ha messo via la bici da cross ed è tornato sull’asfalto. Non è riuscito neppure a godersi la maglia iridata, dato che al mondiale ha chiuso la stagione offroad. C’è di buono, in questa breve fase di ricondizionamento, che le cose sono andate lisce. Né un’influenza, né un mal di schiena.

«La preparazione è stata impeccabile – ha detto alla vigilia della Strade Bianche, in una serie di dichiarazioni diffuse dal suo team – se così si può dire. Sono stato in grado di fare tutto come volevo, quindi sono molto contento di questo».

Il trenino Alpecin ha percorso il finale della Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)
Il trenino Alpecin ha percorso il finale della Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)

Il ricordo più bello

In Piazza del Campo lo hanno accolto e circondato (foto Het Nieuwsblad in apertura). Succede quando il centro di Siena è pieno di cicloturisti del Nord Europa e tu sei quello che la Strade Bianche l’ha dominata due anni fa con una sparata terrificante in faccia a Bernal e Alaphilippe.

«La Strade Bianche – ha detto – è molto importante per me. E’ una gara che ha qualcosa di magico. Una volta l’ho vinta, una volta sono andato malissimo (il riferimento è all’edizione estiva del 2020, quando arrivò a 10 minuti dal vincitore, ndr). Non vedo l’ora di iniziare qui. La mia vittoria alla Strade Bianche è stata una delle migliori su strada. Nel gruppo di testa c’erano campioni dai nomi altisonanti. Percorrere l’ultima salita con Alaphilippe e Bernal è stato molto bello. Mi piace sempre tornare in un posto dove ho vinto».

La base della Alpecin-Deceuninck per la Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)
La base della Alpecin-Deceuninck per la Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)

La prima gara

Attaccò con la violenza di un tornado e Alaphilippe, dietro con la maglia iridata, non trovò neppure la forza per guardarlo, tanta fu la veemenza del suo scatto. Forse allora qualcuno lo sottovalutò e gli permise di sparare le sue cartucce, magari oggi non sarà lo stesso. Ad accrescere il tasso di incertezza c’è il fatto che una corsa così al debutto potrebbe risultare indigesta.

«Sulla strada – ha spiegato Van der Poel – c’è pochissima ghiaia, sembra quasi un asfalto in cattivo stato. Negli ultimi giorni ha piovuto, per cui non troveremo sassi. Lo scenario di gara è difficile da prevedere, possono succedere centinaia di cose. E’ la mia prima corsa e di solito ho bisogno di farne qualcuna di più per raggiungere il livello migliore. Ma mi sono allenato bene, spero di essere competitivo. Anche se di solito ho bisogno di un po’ di rodaggio per stare davvero bene».

Van der Poel ha studiato attentamente il percorso (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)
Van der Poel ha studiato attentamente il percorso (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)

Senza riferimenti

L’assenza dei grossi nomi paradossalmente rende la corsa più aperta e quindi meno facile da controllare. Mancano Van Aert e Pogacar, due su cui si poteva costruire una tattica.

«Rimane una gara difficile – ha spiegato ieri Van der Poel – ma senza quei due, le cose cambiano. Se ci fossero stati, sarebbe bastato stare con loro. Con la forma di adesso, Pogacar sarebbe potuto partire da lontano, invece così ci sarà da guardare tutti. Il fatto che la mia squadra non abbia ancora vinto non mi mette pressione. Almeno questo è un problema che non ho mai avuto».

Boonen ne ha per tutti. E su Van Aert va giù duro

01.03.2023
5 min
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E’ la voce di quattro Roubaix, tre Fiandre, tre Gand-Wevelgem e un mondiale con cui il bilancio delle sue vittorie è arrivato a quota 122, prima del ritiro nel 2017 a 37 anni. Tom Boonen parla raramente, ma essendo sempre stato un uomo e un campione molto intelligente, le sue parole raccolte da Het Nieuwsblad sono secche come pedalate sul pavé. Il fatto di essersi sfilato dalla quotidianità del ciclismo, pur seguendolo con grande attenzione, fa sì che non sia… assuefatto alle dinamiche del gruppo e possa esprimere giudizi privi di grossi condizionamenti.

E’ il 2005, Boonen ha 25 anni e vince la prima delle sue 4 Roubaix
E’ il 2005, Boonen ha 25 anni e vince la prima delle sue 4 Roubaix

Su corridori e interviste

«Ho anche notato che nelle interviste – dice Boonen – la nostra generazione è stata l’ultima in cui i corridori abbiano davvero espresso la loro opinione. Ora si attaccano spesso a cliché già pronti. Non perché loro siano così, ma perché gli viene ordinato di farlo. Anche Remco Evenepoel in questo è cambiato molto».

Sulla Soudal-Quick Step

«La squadra è ancora la squadra – analizza Boonen – ma non vedo più i super leader. Alaphilippe è l’unico che può battere Van Aert e Van der Poel in una buona giornata. Di recente, Lefevere lo ha criticato duramente, forse troppo. Una volta al Tour disse che ero scattato come un principiante. Quando la stampa venne a riferirmelo, risposi: “Allora domani facciamo che al mio posto corra Lefevere”. E il giorno dopo rimasi in gruppo. Alaphilippe porta via gran parte del budget, ciò comporta molte responsabilità. Le pressioni hanno direzioni doppie. E comunque l’ingaggio di Merlier è stato azzeccato, un solo velocista non basta. Assiene a Jakobsen, servirà per tenere alto il numero delle vittorie».

Alaphilippe ha iniziato il 2023 vincendo la Faun Ardeche Classic su Gaudu
Alaphilippe ha iniziato il 2023 vincendo la Faun Ardeche Classic su Gaudu

Su De Lie

«Sono un tifoso di De Lie, dicono che mi somigli per la sua mentalità. E’ un ragazzo semplice, gli scivola tutto addosso. E’ arrivato e ha subito vinto le sue gare, eppure fa le cose gradualmente. Non sopporto i neopro’ che entrano con un contratto da 400.000 euro perché hanno dei buoni test. Non è così che funziona. E De Lie infatti cresce tranquillo, come ha imparato nella sua fattoria e a 22 anni può tranquillamente vincere il Giro delle Fiandre. Non è riuscito neanche a me. Ho dovuto aspettare un po’ prima che Museeuw si ritirasse, ma alla mia prima possibilità, l’ho subito battuto. Ho sempre avuto molto rispetto per Johan e da giovane pensavo che fosse un onore vivere gli ultimi anni di un simile monumento. Ho vinto l’ultima gara di Johan, la Scheldeprijs, solo perché andarono a riprenderlo».

Su Sagan

«Forse è davvero il momento giusto per fermarsi. Può ancora vincere grandi corse – ragiona Boonen – ma mi chiedo se ci riuscirà. Penso che gli piaccia ancora andare in bicicletta, ma in modo anonimo, senza tutta la zavorra che si porta addosso e che lo ha soffocato. E’ ora di fare un passo indietro e scegliere il divertimento. Capisco che voglia ancora andare in mountain bike. Ha fatto una grande carriera. Sei anni buoni, in cui ha vinto tanto. Tre volte campione del mondo, io avrei potuto esserlo due volte. Dopo Madrid anche in Qatar, perché stavo davvero bene.

Omloop Het Nieuwsblad del 2017, Sagan con la maglia iridata vinta a Doha. Fra i due, c’è una vittoria di differenza: 122 a 121 per Boonen
Omloop Het Nieuwsblad del 2017, Sagan in maglia iridata: fra i due, c’è una vittoria di differenza: 122 a 121 per Boonen

Su Van Aert

«Quest’anno Wout compirà 29 anni. E’ giunto il momento che vinca il Fiandre, soprattutto dopo l’inverno che ha avuto. Il livello che raggiunge è pazzesco. Può vincere venti cross, ma non importa a nessuno. Deve vincere le classiche. Anche io odiavo che la mia stagione si riducesse a questo, ma lui è così forte che solo le grandi classiche aggiungono davvero qualcosa al suo palmares. Puoi vincere quindici corse, ma non basta se non c’è una classica. A volte però è troppo ragioniere, quasi un nerd: mi alleno così per durare così. E’ fortissimo, ha fatto grandi cose, ma gli manca la grande classica».

Van Aert è il più solido, ma Van de Poel è capace di destabilizzarlo con la sua imprevedibilità
Van Aert è il più solido, ma Van de Poel è capace di destabilizzarlo con la sua imprevedibilità

Su Van der Poel

«Se Van Aert è un numero uno – sorride Boonen – quando corre con Van der Poel, sembra che gli succeda qualcosa. In un certo senso Van der Poel lo riporta a essere quel ragazzino di dieci anni fa. Ai mondiali di cross, Mathieu ha fatto per due volte uno sforzo incredibile, così forte che – a quanto ha raccontato – sentiva quasi di vomitare. E alla fine Wout è crollato. Lui imposta, Mathieu fa la sua rotta ed è la bestia nera. E’ una trappola per ogni corridore, perché alla fine tutti corrono costantemente contro gli stessi uomini e Mathieu è un cliente speciale. Per vincere non ha bisogno di essere il migliore».