Bahrain Victorious

La Bahrain e il 2026: giovani, programmi, materiali. Pellizotti a te

08.12.2025
7 min
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E’ tempo di voltare pagina in casa Bahrain Victorious. Il 2026 si avvicina e la squadra è pronta a inaugurare una nuova fase, costruita su un mix di giovani talenti e guide esperte. Se da una parte salutano figure di riferimento come Andrea Pasqualon e Torstein Traen, dall’altra il team continua a puntare con decisione su un vivaio che negli ultimi anni ha iniziato a dare frutti importanti.

Per capire come si sta preparando il gruppo e quali saranno i punti chiave della prossima stagione, abbiamo parlato con Franco Pellizotti, direttore sportivo e figura centrale nella costruzione di questo nuovo corso. Con lui abbiamo provato a stendere un primo velo sui programmi, sulle ambizioni e sull’identità tecnica che la Bahrain vuole consolidare nel 2026.

Franco Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Franco Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Dicevamo, Franco, una Bahrain un po’ diversa, quella 2026: è così?

Arrivano un po’ di giovani. Negli ultimi anni stiamo investendo tanto su di loro perché andare a prendere corridori esperti costa molto. Abbiamo un bel vivaio dagli juniores al devo team ed è giusto attingere da lì. Secondo me questi ragazzi sono ottimi atleti e li inseriamo accanto agli esperti. E’ chiaro che magari a fine anno le vittorie non sono tantissime, ma se guardiamo al futuro abbiamo giovani molto promettenti. Non bisogna avere fretta: vanno fatti crescere bene, affiancandoli ai nostri “vecchi”, tra virgolette.

Anche perché ormai di vecchi ne avete pochi, tolto il “super vecchio”!

Alla fine abbiamo Damiano Caruso, che è un vecchio per davvero… ma solo anagraficamente. Potremmo dire che anche Matej Mohoric sia vecchio, ma ha 31-32 anni: è un vecchio relativo.

Quando arrivano questi giovanissimi di 18-20 anni, vale ancora la pena affiancarli ai “vecchi”, o magari dialogano meglio con pro’ di 23-24 anni?

E’ vero che molti giovani quando passano pro’ pensano già di sapere tutto, ma ce ne sono altri che sanno cosa vogliono, si fidano e ascoltano. E’ difficile trovare giovani che abbiano voglia di imparare davvero: è la vera sfida di questo periodo storico.

Antonio Tiberi e Damiano Caruso: una coppia consolidata. Stessi programmi anche nel 2026?
Antonio Tiberi e Damiano Caruso: una coppia consolidata. Stessi programmi anche nel 2026?
Togliamo Caruso, che ben conosciamo come corridore e come persona, chi è un ragazzo che invece vedi particolarmente sensibile con i nuovi giovani arrivati?

Direi Mohoric. Matej dispensa consigli a destra e a manca, soprattutto nelle gare in Belgio o nelle corse a tappe. Se fossi un giovane mi fiderei ciecamente di lui. Mohoric dà il 100 per cento per la squadra e per i giovani. Damiano è un altro che non ha problemi: basta vedere quel che sta facendo con Antonio Tiberi.

Che poi ormai Tiberi non è nemmeno più un giovanissimo…

Vero. Dieci anni fa sarebbe stato giovanissimo, oggi col ciclismo diverso che stiamo vivendo è uno pronto. E’ già al terzo anno con noi, il quarto da pro’. Di Damiano si è fidato molto: senza di lui non dico sia perso, ma sicuramente trova una guida importante. Ci sono giovani che vogliono ascoltare e altri che pensano di sapere già tutto, ma…

Ma?

Ma dopo un po’ di gare si accorgono che il ciclismo vero inizia lì, quando passi. Tutto quello che hai fatto prima ti è servito per il passaggio, ma poi si può azzerare. E’ da professionista che devi dimostrare quello che vali.

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Uno dei cinque rinforzi 2026 della Bahrain è Alec Segaert, cronoman belga classe 2003
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Uno dei cinque rinforzi 2026 della Bahrain è Alec Segaert, cronoman belga classe 2003
Questo è il periodo in cui s’inizia a parlare di programmi. Alcuni rumors dicono che Tiberi vorrebbe fare il Tour de France. E’ così?

Chiaro che ripetere sempre le stesse cose non dà stimoli. Il 2024 per lui è stato molto buono, al Giro d’Italia soprattutto, mentre il 2025 è stato sotto le aspettative. Magari un po’ di spirito di rivalsa in più ce l’ha. Prima di decidere attendevamo di vedere com’era strutturato anche il nuovo Giro. Sapete, a ottobre dire: tu fai il Giro e tu fai il Tour è spesso prematuro se non conosci i percorsi.

Appunto te lo abbiamo chiesto: dopo aver visto il Giro, qualcosa è cambiato? C’è una crono lunghissima e nessuna salita stile Mortirolo o Zoncolan…

Con una crono così lunga cambia tutto, per uno come Tiberi. Adesso staremo due settimane in Spagna e studieremo Giro e Tour in modo approfondito. In base ai percorsi e alle volontà degli atleti decideremo. E’ giusto ascoltare cosa vuole il corridore: alla fine in bici ci sale lui.

Tra i nuovi innesti c’è anche Jakob Omrzel: cosa possiamo aspettarci da lui?

Jakob vorrebbe già fare corse importanti. E’ talentuoso e ha dimostrato cose non comuni. La Bahrain, giustamente lo ha blindato per anni e per questo dobbiamo farlo crescere senza fare passi più lunghi della gamba. Alla fine ha fatto solo un anno da under 23: il ciclismo vero ancora non l’ha assaggiato. Lo inseriremo in qualche corsa importante, magari vicino a un leader altrettanto importante. Ma di certo lo schiereremo anche in gare meno dure, non WorldTour.

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Jakob Omrzel vincitore del Giro Next Gen 2025 è la nuova stella della Bahrain – Victorious (foto La Presse)
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Jakob Omrzel vincitore del Giro Next Gen 2025 è la nuova stella della Bahrain – Victorious (foto La Presse)
Perché?

Perché possa togliersi soddisfazioni e per non fargli perdere l’attitudine a vincere. Quest’anno ha dimostrato al Giro di Slovenia, con un quarto posto nella generale, e in Croazia che è un corridore affidabile per questo livello di gare.

Franco, l’hai detto tu prima: la stagione della Bahrain-Victorious non è stata super. Visto che dall’anno prossimo si riparte da zero con i punti WorldTour come correrete? Stile “stile Astana” oppure in modo classico cercando di vincere?

Nel tradizionale management meeting che facciamo dopo il Lombardia, lo abbiamo ripetuto: il nostro modo di competere è questo, cercare di vincere. Poi è chiaro che devi guardare anche ai punti perché comunque è importante, però non stravolgeremo il nostro modo di correre. Correremo come abbiamo sempre fatto… da squadra. Cercheremo di ben figurare nelle corse importanti. Se vai a guardare il numero di vittorie è chiaro che non è altissimo, ma chi ha vinto tanto? La sola UAE Emirates ne ha colte quasi 100, altre 50 e passa la Soudal-Quick Step che ha velocisti esperti e fortissimi. La Red Bull – Bora che ha un budget enorme, anche se non ha fatto una super stagione, ha mostrato di avere corridori di assoluto valore che sono stati costanti.

Mettiamoci anche che qualche vostro leader ha avuto varie sfortune…

Mohoric sono un paio d’anni che fatica a trovare continuità per vari motivi fisici, ma conosciamo il suo valore. Tiberi viene da una stagione sottotono. Martinez secondo me ha fatto molto bene, a parte il finale. Però il suo discorso è diverso.

In che senso?

Un ragazzo francese che lascia una squadra francese: per un transalpino spostarsi all’estero non è semplice. Per i francesi è più difficile lasciare la loro Nazione: storicamente è così. Parliamo di un ragazzo che è letteralmente uscito dal suo nido. Sono convinto che il prossimo anno farà ancora meglio.

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La Oltre RC è il modello aero del Reparto Corse Bianchi: qui la livrea Bahrain presentata qualche giorno fa
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La Oltre RC è il modello aero del Reparto Corse Bianchi: qui la livrea Bahrain presentata qualche giorno fa
In cosa deve migliorare Martinez?

Un po’ nella costanza, sulla performance più o meno ci siamo, ma credo che questa arriverà da sola. Lui più di altri ha dovuto adattarsi: ha trovato una lingua diversa. L’inglese lo parla, ma non come il francese che usava alla Groupama-FDJ. E per uno timido come lui può essere un ostacolo ulteriore. Anche noi dovevamo capire com’era il ragazzo. Vedere come si muoveva, come la pensava, com ‘era coi compagni. Lenny è un patrimonio che va tutelato senza fretta.

Domanda che rivolgiamo più al Pellizotti ex corridore che diesse: avete cambiato bici, da Merida a Bianchi. Com’è stato l’approccio?

Quando cambi un’azienda partner così importante dopo nove anni non puoi non essere titubante: sai cosa avevi, ma non cosa troverai. E invece abbiamo trovato un’azienda ambiziosa, con una grande voglia di migliorarsi. Bianchi non ha problemi ad investire, oltre a fornirci i materiali è disposta anche a lavorare in prima persona per migliorarsi, per sviluppare i prodotti. E’ ambiziosa.

I ragazzi hanno già entrambe le bici?

No, solo quella da strada. Ma torneranno dal training camp anche con quella da crono e la seconda bici da strada. Comunque tornando su Bianchi l’ho detto ai ragazzi: «E’ un marchio storico, io ci ho corso tanto e vinto anche un campionato italiano. Nel ciclismo, che è passione ed è uno sport che più di altri si lega alla sua storia, per me è un valore aggiunto. Insomma Bianchi è stata la bici di Coppi, Gimondi e Pantani».

Matej Mohoric, gravel mondiale Maastricht

Un pro’ si diverte quando corre? Lo chiediamo a Mohoric

20.10.2025
6 min
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Un pro’ corre sempre per il risultato. E’ vero, è ovvio, è pagato per questo. Ma è anche vero che può correre per divertirsi e quando ci riesce tutto assume un altro aspetto. E’ quel che ci ha raccontato, e che abbiamo visto dal vivo con Matej Mohoric reduce dal campionato del mondo gravel UCI.

Lo sloveno ama il suo mestiere ed ama anche il gravel. E’ la bici che più lo riporta a quando era bambino, ci racconta. E’ la bici con cui spingere, ma avere quelle sensazioni che vanno oltre. Quando ti senti tutt’uno con la bici. Mohoric ci racconta così com’è andato il suo mondiale, che lo ha visto salire sul terzo gradino del podio. Ma anche quel che significa, specie dopo tanti anni, riuscire ancora a divertirsi in bici. Ricorderete la sua discesa del Ventoux filmata da noi questa estate al Tour. Ma anche lo show di Maastricht.

Curve in appoggio, derapate, entrare killer in curva: Mohoric a Maastricht ha dato spettacolo (foto Instagram – Tornanti)
Curve in appoggio, derapate, entrare killer in curva: Mohoric a Maastricht ha dato spettacolo (foto Instagram – Tornanti)
Matej, come giudichi questo tuo bronzo? Sei soddisfatto?

Diciamo che se uno me lo chiedeva prima di partire avrei messo la firma. Perché il percorso quest’anno era ancora più facile rispetto all’anno scorso. C’erano meno tratti dove con le gambe potevi fare la differenza. Meno tratti tecnici, dove il gruppo si allunga. Quindi c’era più strategia, più tattica, dal punto di vista delle squadre.

Come è andata?

Dopo un’ora è andata via una fuga abbastanza pericolosa, con 6-7 corridori, dove c’erano anche tanti belgi e tanti compagni di squadra. In realtà sono andato a chiudere io, e poi sono partiti al contropiede quei quattro che hanno poi determinato la corsa, tra cui Florian Vermeersch. Lì ho capito che era il momento chiave. Ma, come ho detto, il percorso non era facile da gestire da quel punto di vista.

E dopo?

E’ successo come quando sono andato via con Tom Pidcock. Lui ha fatto il ritmo e io sono partito in contropiede: è difficile andare a chiudere su tutti. Alla fine, quando ero davanti, ho trovato il mio ritmo e le gambe, che comunque erano buone. Anche se ero tanto stanco dopo la stagione, dopo le ultime settimane davvero impegnative.

Nessun rammarico insomma…

Mi è dispiaciuto un po’ che il mio compagno di fuga, lo svizzero Stelhi, non ne avesse molta. Ma so che ha dato il suo massimo: quando tirava lui si vedeva che era stanco. Poteva anche stare a ruota e non dare i cambi, invece ha contribuito. Magari se al suo posto ci fosse stato Pidcock potevamo anche rientrare, anche se non era per niente facile. Florian è stato fortissimo e secondo me era il favorito numero uno. Se la merita tutta questa maglia. In questa disciplina è veramente forte. Già in Rwanda, ai mondiali, non potete capire che lavoro ha fatto per Remco Evenepoel. Si vedeva che stava davvero bene.

Matej Mohoric ha lottato come un leone. Alla sua ruota lo svizzero Stelhi
Matej Mohoric ha lottato come un leone
Matej, voi pro’ ormai siete quasi dei robot. I carboidrati all’ora, il casco aerodinamico, il guantino… Però grazie a te abbiamo visto che il professionista sa anche divertirsi. La discesa dal Ventoux questa estate, la guida show al mondiale gravel… Ti diverti?

Guardate, io ho iniziato ad andare in bici per questo. Perché è bello, perché ti diverti, perché mi piace guidare così. Quando uno ha la possibilità di farne il suo lavoro, e di conseguenza ha anche tanto tempo per fare pratica, diventa sempre più bravo. Magari non più veloce, ma più sicuro in quello che fa. In queste corse su gravel è anche più facile sfruttare, far emergere queste doti. Anche su strada è sempre importante sapere guidare la bici, ma nel gravel c’è ancora più differenza.

Quante volte hai usato la bici da gravel durante l’anno o prima del Mondiale?

Purtroppo noi professionisti non abbiamo tantissimo tempo: è uno dei problemi del nostro lavoro, che comincia a essere pesante dopo un po’ di anni. Siamo sempre di fretta. Tra allenamenti, gare e routine da pro’ non è facile trovare il tempo per le uscite con la bici gravel. Uno pensa che ci si potrebbe allenare ogni tanto…

Invece?

C’è sempre la tabella da rispettare ed è più comodo andare su strada: hai i tuoi parametri, i tuoi valori, puoi gestire lo sforzo. L’ho usata qualche volta per fare distanza, perché è un’uscita più semplice, senza lavori specifici. Quindi tornando alla domanda: credo di aver usato la bici gravel una decina di volte quest’anno.

In bici, anzi in gara, col sorriso… in pochi ci riescono (foto Instagram – Tornanti)
In bici, anzi in gara, col sorriso… in pochi ci riescono (foto Instagram – Tornanti)
Come concepisce Matej Mohoric la bici gravel?

Mi piace proprio perché non la considero come il mezzo di lavoro, come invece è la bici di allenamento su strada. E’ la bici del divertimento. Mi dà un senso di libertà. Mi fa sentire più connesso con la natura. Magari ci esco e faccio un giro non abituale, qualcosa di diverso per cambiare un po’. E anche per ricordarmi perché ho iniziato ad andare in bici, come quando ero piccolo. In generale vedi posti più belli, più selvaggi.

Con che gomme hai gareggiato al mondiale in Olanda?

Con un prototipo di Continental. Quest’anno devo dire che siamo migliorati tantissimo sotto questo aspetto. Negli scorsi anni devo dire di aver avuto fortuna, specie quando vinsi il mondiale in Italia: andò tutto bene e non eravamo così preparati tecnicamente. Nel gravel gli pneumatici e le ruote sono forse la cosa più importante della bici. Abbiamo studiato tanto e migliorato tanto. Oggi c’è tanta tecnologia e le gomme, anche se sembra assurdo, fanno davvero la differenza.

Beh, vediamo quanto ci investono i marchi…

Chiaro, soprattutto nel gravel devi trovare il giusto equilibrio tra velocità, grip e protezione. Se ti devi fermare per una foratura o perché usavi una pressione troppo bassa e rompi un cerchio su una pietra, è un problema. Ora esistono anche vari tipi di inserti da mettere all’interno del cerchio.

Tu l’avevi l’inserto?

Sì, e l’avevo montato su un cerchio particolare di Vision. La misura era 40, ma alla fine su quel cerchio era come fosse un 43 millimetri. A me piace andare forte nei tratti tecnici, sentire la velocità, controllare la bici che scappa…

Quest’anno la stagione su strada di Matej è stata a dir poco tormentata
Quest’anno la stagione su strada di Matej è stata a dir poco tormentata
Usciamo dal discorso gravel, Matej. La tua non è stata una stagione brillante come al solito. Come mai?

Nelle primissime gare stavo molto bene, quasi troppo. Avevo iniziato la preparazione presto e credo di essere andato oltre il limite del mio corpo. Dopo la prima corsa mi sono ammalato una prima volta, prendendo un’infezione batterica. Poi una seconda, una forte otite che mi ha costretto a prendere antibiotici. Subito dopo, il giorno prima della Strade Bianche, ho preso un’altra infezione, stavolta gastrointestinale, che mi ha distrutto. Da lì in poi non mi sono più ripreso.

E sappiamo che non è facile riprendersi in questo ciclismo…

Non andavo più avanti. Ho tenuto duro pensando di riprendermi nel periodo delle classiche, ma col senno di poi mi sarei dovuto fermare subito. Correndo da malato ho compromesso anche la seconda parte di stagione. Ho sbagliato anch’io a non fare uno stop totale e cercare di resettare tutto. Ho chiuso un po’ gli occhi e ho detto: sì dai, ce la faremo, e invece…

L’ultima domanda, Matej: Pidcock ti ha detto qualcosa sul fatto che guidi meglio di lui sul gravel?

Non penso che guidi meglio di lui – ride Matej – credo solo che quel giorno a Maastricht Tom fosse molto stanco dopo il Lombardia del giorno prima. Di certo in MTB non posso andare con lui… nel gravel, magari, me la gioco un po’ meglio.

Lunigiana: La Corsa dei Futuri Campioni, di ieri e di oggi

22.07.2025
6 min
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Il Giro della Lunigiana ha vissuto una delle sue giornate più importanti poco più di una settimana fa, quando un comitato di rappresentanza è andato a presentare la Corsa dei Futuri Campioni alla Sala Stampa della Camera dei Deputati. Un passo enorme per una manifestazione che da sempre raccoglie, e accoglie, i migliori talenti della categoria juniores da tutto il mondo. Sulle strade della Lunigiana e della vicina Liguria sono passati tanti nomi che poi si sono affermati anche ai massimi livelli del ciclismo

Perché prima di diventare campioni, questi corridori che tra poco scopriremo, sono stati ragazzi con un sogno da realizzare. Il talento gli ha permesso di emergere, ognuno in maniera diversa. Siamo però tornati a parlare di loro da una prospettiva diversa, non solo l’atleta ma anche la persona. Abbiamo voluto così raccontarli con gli occhi di chi ha potuto vedere un passaggio chiave della loro crescita, in un’età in cui si ha ancora spazio per essere davvero se stessi. Ricordiamo che la categoria juniores è riservata ai ragazzi di età compresa tra i 17 e i 18 anni.

I “vicini” francesi

Lucio Petacchi è il direttore del Giro della Lunigiana dal 2023, ma vive la corsa da dentro fin dal 2021. Sotto il suo sguardo appassionato e attento sono passati gli ultimi talenti che ora brillano sulle strade di tutto il mondo. Una rapida accelerazione al titolo di “Corsa dei Futuri Campioni” per il Giro della Lunigiana è arrivata proprio negli ultimi anni, quando i giovani campioni usciti da questa gara hanno mosso subito passi importanti anche tra i professionisti

«Il mio primo anno – racconta Lucio Petacchi – è stato quello di Lenny Martinez e Romain Gregoire, due talenti incredibili. In realtà tutte le mie edizioni sono state caratterizzate dai colori della bandiera francese visto che hanno vinto tre delle ultime quattro edizioni. Si vede che c’è qualcosa di diverso nel loro sguardo. Sono concentrati e determinati, sanno di avere gli occhi puntati addosso, questo però vale per tutti i ragazzi. I francesi però si guardano parecchio intorno, sono curiosi sul territorio che li circonda. Qualcuno chiede delle specialità culinarie, degli usi e delle tradizioni della Lunigiana».

Gli azzurri

Il Giro della Lunigiana è per molti il primo banco di prova a livello internazionale, le Rappresentative Regionali portano i loro ragazzi a confrontarsi con atleti da tutto il mondo. Nelle passate edizioni c’è stato spazio anche per un atleta di casa: Lorenzo Mark Finn.

«Finn – dice ancora Lucio Petacchi – è un ragazzo di un’educazione e un talento incredibile. E’ molto disponibile e con lui si è parlato tanto dei percorsi visto che conosce benissimo le strade. Inoltre è un ragazzo molto attento anche ai diversi temi sociali, come Giro della Lunigiana ci siamo impegnati nel portare avanti alcune proposte legate al primo soccorso e non solamente in gara».

«Sono passati tanti ragazzi da noi – prosegue – anche perché per tanti italiani questa gara rappresenta il primo vero appuntamento internazionale della loro carriera. Molti conservano un ricordo indelebile ed è bello vedere come ognuno porti con sé qualcosa di diverso».

Gli anni passati

Una delle figure storiche del Giro della Lunigiana è quella di Alessio Baudone, alla guida della corsa per diversi anni. Il suo ricordo è radicato e profondo, in una corsa internazionale ma che ha visto comunque dei cambiamenti

«Credo ci sia stato un prima e un dopo Evenepoel – ci spiega con una risata – lui mi ha fatto impazzire. Partiva e salutava la compagnia anche in tappe pianeggianti. Era qualcosa di incredibile. Era l’Evenepoel che arrivava dal calcio e aveva quell’atteggiamento tipico, un po’ polemico. Ricordo che nella cronometro a Castelnuovo di Magra perse per un secondo da Matias Vacek. Fece una polemica incredibile, diceva di aver vinto lui. Però era di un altro livello, ho visto tanti campioni ma nessuno straripante come lui».

«Un altro ricordo che conservo è di Matej Mohoric – continua – in discesa andava davvero forte, come ora. Stargli dietro con la macchina era difficilissimo, a volte mi veniva istintivo dirgli di rallentare. Vincenzo Nibali, invece, vinse ma fu dominante in salita. Staccava tutti di ruota. Erano ragazzi diversi da quelli di ora, meno “professionisti”. Vedevi che il ciclismo era la loro passione ma prima che potesse diventare un lavoro c’era ancora tanto da fare. Con Evenepoel, e il fatto che dopo il Lunigiana sia passato subito nel WorldTour, si è aperta una rincorsa ai giovani».

Mohoric, quante difficoltà. «Ma ora sono in ripresa»

07.04.2025
4 min
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Anche se non è stato appariscente in corsa, ieri piano piano si è rivisto. Era nel gruppo di Ganna a giocarsi un buon piazzamento. Stiamo parlando di Matej Mohoric, il grande assente di questo spezzone di stagione. Nelle sette gare prima del Fiandre aveva collezionato tre ritiri, un forfait e due piazzamenti oltre il 100° posto: non certo un rendimento da Mohoric. A Oudenaarde invece qualcosa è cambiato.

Ma come mai? Cosa è successo al bravissimo e sempre aggressivo atleta della Bahrain-Victorious? A dircelo è stato proprio lo sloveno, pizzicato nei giorni del Fiandre, in piena campagna del Nord. Come sempre Mohoric è stato chiaro e ha parlato apertamente.

Matej Mohoric (classe 1994) in questa prima parte di stagione ha avuto qualche difficoltà di salute, ma non ha perso il sorriso (foto Bahrain-Victorious)
Matej Mohoric (classe 1994) in questa prima parte di stagione ha avuto qualche difficoltà di salute, ma non ha perso il sorriso (foto Bahrain-Victorious)
Dunque Matej, cosa succede?

Succede che ho preso un virus durante l’opening weekend di inizio marzo (Omloop Het Nieuwsblad e Kuurne, ndr) e le cose da quel momento si sono complicate. Sembrava stessi meglio, ma poco prima della Strade Bianche ho avuto un altro problema… anche peggio del primo. Ora però mi sto riprendendo.

Che virus hai avuto?

Sono stati due per la precisione: il primo è stata una semplice infezione batterica all’orecchio, un malanno di stagione invernale direi. Virus che però mi ha costretto a prendere degli antibiotici. Il secondo invece è stato molto più forte, un virus gastrointestinale preso per qualcosa di poco pulito che devo aver ingerito. E’ stato davvero fastidioso e lungo.

Questa situazione ti ha portato a modificare qualcosa nel tuo calendario?

Alla fine le mie corse le ho fatte, anche perché già all’opening weekend non sembrava una cosa impossibile o così grande. Ma la seconda volta… Nei giorni della Strade Bianche ero ko. Un morto a letto! Tanto è vero che a Siena non sono partito. Speravo di stare meglio a Sanremo, invece come dicevo è stata più tosta del previsto.

Lo sloveno in azione sui muri e il pavé: è in ripresa e magari alla Roubaix sarà al livello che gli compete
Lo sloveno in azione sui muri e il pavé: è in ripresa e magari alla Roubaix sarà al livello che gli compete
Voi corridori oggi siete come macchine di Formula 1 e quando state male rischiate di portarvi dietro la cosa a lungo. Avete mai pensato con il tuo staff di fermarvi?

Fermarsi per queste corse non è facile però. Significava saltare i miei obiettivi stagionali. Il mio prossimo obiettivo è il Tour. Magari ho sbagliato, magari ho fatto bene… Ma queste sono le mie corse, vivo per queste gare. Non farle sarebbe stato un colpo importante per l’intera stagione. Comunque, come ripeto, ora sento di stare meglio.

Cosa significa, Matej, “sento di stare meglio”? Lo dicono i numeri del computerino o c’è altro?

No, no… Lo sento io, lo sento sul corpo: quando sono sotto sforzo, quando recupero, quando sono in bici. Noi siamo sempre al limite, quando sei magrissimo, quando sei sempre tirato, sei anche più vulnerabile. Ma al tempo stesso senti come reagisce il tuo corpo quando vai bene.

Ora qual è il tuo programma?

Farò la Roubaix e poi credo anche l’Amstel, ma vedremo…

Chi vedi bene per queste gare?

Pogacar e Van der Poel sono più forti, ma poi nel ciclismo ci sono tremila variabili… e questo è il bello, no? Non sai mai come potranno andare davvero le cose.

Saranno i favoriti anche per la Roubaix?

Sì, forse ci sarà qualcuno in più, ma restano i più forti del momento. Poi lì conta un po’ di più anche la fortuna.

La grande villa che funge quartier generale della squadra di Mohoric in Belgio (foto Bahrain-Victorious)
La grande villa che funge quartier generale della squadra di Mohoric in Belgio (foto Bahrain-Victorious)
Sappiamo della tua meticolosità, Matej: come avete lavorato in ottica materiali?

Questo inverno abbiamo fatto parecchio lavoro. Avevamo fatto anche un bel po’ di sopralluoghi in occasione del weekend di apertura. Con i materiali siamo a posto. Ora speriamo di raccogliere qualcosa di più. Noi in Bahrain Victorious ci crediamo, sappiamo che possiamo arrivare dove meritiamo di essere.

Si vociferava che le pietre di Fiandre e Roubaix fossero più sconnesse del solito. E’ vera per te questa cosa?

No, no… Le pietre sono sempre quelle, magari chi l’ha detto doveva sgonfiare le gomme!

Come passi le giornate in questa campagna del Nord?

Noi siamo fortunati. Rispetto agli altri team, da qualche anno prendiamo in affitto una grande casa in campagna e anziché stare ognuno chiuso in stanza, abbiamo una grande sala comune dove ci ritroviamo. Guardiamo i film, le altre corse, che commentiamo insieme, giochiamo a carte… Così è davvero bello!

Alé ancora con la Federazione slovena: insieme fino al 2028!

31.03.2025
3 min
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La Federazione Ciclistica Slovena (KZS) e Alé hanno recentemente svelato la nuova livrea ufficiale che verrà indossata dalle nazionali di ciclismo. Questo design esclusivo accompagnerà gli atleti nelle competizioni più prestigiose, tra cui i campionati mondiali ed europei di tutte le discipline ciclistiche, le Olimpiadi di Los Angeles 2028 e numerosi altri eventi internazionali.

Alé, brand tutto italiano e di vertice nel settore dell’abbigliamento tecnico per il ciclismo, fornirà a tutti gli atleti divise all’avanguardia, studiate per garantire il massimo delle prestazioni. L’equipaggiamento include completi estivi e invernali, oltre ad accessori tecnici progettati con un’attenzione particolare all’aerodinamicità, al comfort e all’innovazione.

Il “Slovenian Green”, colore iconico della nazionale, resta il fulcro del nuovo design, arricchito da eleganti sfumature geometriche in blu scuro sul petto. I pantaloncini, anch’essi in blu scuro, riprendono i dettagli grafici della maglia, creando un look distintivo e sofisticato. Questa nuova divisa appartiene alla collezione PR-S di Alé, sviluppata per le squadre professionistiche e realizzata con tessuti di ultima generazione, capaci di offrire una vestibilità “racing” e un’aerodinamicità ottimale.

Nel 2025, la nazionale slovena sarà rappresentata da alcuni dei ciclisti più talentuosi del panorama internazionale. Oltre al campione del mondo in carica Tadej Pogacar (nella foto di apertura in azione ai trionfali mondiali di Zurigo 2024), Primoz Roglic e Matej Mohoric, indosseranno la nuova divisa anche atleti del calibro di Jan Tratnik, Domen Novak, Luka Mezgec, Urska Zisgart e Marusa Tereza Serkezi, campionessa europea juniores XCO. Anche le selezioni nazionali di mtb e BMX porteranno in gara i colori della Slovenia con l’abbigliamento firmato Alé.

La collaborazione tra Alé e la Federazione slovena proseguirà quindi fino alle prossime Olimpiadi
La collaborazione tra Alé e la Federazione slovena proseguirà quindi fino alle prossime Olimpiadi

Verso nuovi trionfi

«Siamo davvero entusiasti di continuare a vestire la nazionale slovena di ciclismo – ha dichiarato Alessia Piccolo, Amministratore Delegato di APG – ovvero una delle selezioni più forti al mondo, con atleti straordinari. Per noi di Alé, essere al loro fianco nei più importanti eventi internazionali è motivo di grande orgoglio. Questa collaborazione ci permette non solo di contribuire alle loro performance, ma anche di ricevere feedback tecnici preziosi per migliorare costantemente i nostri prodotti».

La partnership tra Alé e la Federazione Ciclistica Slovena è stata estesa fino al 2028, un rinnovo anticipato che testimonia il valore di questa sinergia. 

«Già prima dei Campionati del Mondo dello scorso anno». Ha commentato Pavel Mardonovic, il Presidente della Federazione Ciclistica Slovena «Dove Tadej Pogacar ha conquistato la medaglia d’oro, avevamo deciso di prolungare la nostra collaborazione. Alé rappresenta un partner affidabile, capace di offrire ai nostri atleti abbigliamento di altissima qualità, frutto di innovazione e ricerca costante. Con questa nuova divisa, Alé rinnova il proprio impegno con il movimento ciclistico sloveno, offrendo ai nostri corridori capi progettati per esaltare le loro performance e accompagnarli verso nuovi trionfi».

Alé

Pasqualon, cominciati i doppi turni fra Tiberi e Mohoric

19.03.2025
3 min
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Mentre Antonio Tiberi è sul podio finale della Tirreno-Adriatico e squadra Ayuso, pensando probabilmente alla rivincita da prendersi al Giro, Andrea Pasqualon è sulla strada che fa il punto con se stesso. Ancora una volta il suo lavoro lo ha visto al fianco del giovane capitano, facendo l’impossibile per tenerlo davanti. Anche pilotandolo nell’impresa impossibile di contrastare Ganna nella volata al traguardo volante, grazie alla quale Pippo si è preso il secondo posto nella generale.

«Alla fine abbiamo centrato l’obiettivo di portare Antonio sul podio – dice Pasqualon – siamo un po’ rammaricati per il secondo posto sfumato, però con un Ganna così era difficile mantenerlo. Pippo si è rivelato molto forte in salita e anche allo sprint, perché ne ha fatto uno fenomenale al traguardo volante. Abbiamo provato a contrastarlo come team, abbiamo lavorato bene, abbiamo portato anche Antonio a sprintare. Speravamo che facesse secondo, ma purtroppo c’era anche di mezzo anche la maglia a punti di Milan e quindi Jonny ha fatto secondo».

Tirreno, tappa finale di San Benedetto del Tronto: a ruota di Ganna, Pasqualon prepara lo sprint di Tiberi
Tirreno, tappa finale di San Benedetto del Tronto: a ruota di Ganna, Pasqualon prepara lo sprint di Tiberi
Siete passati dall’essere secondi per un secondo ad aver perso il piazzamento ugualmente per un secondo…

Però il podio è venuto, quindi l’obiettivo è raggiunto. Il team è contento e anche io sono soddisfatto. Scortare Antonio è sempre un piacere, perché pur essendo un campione, è un ragazzo molto umile e genuino. Merita davvero di avere compagni di squadra leali e che lo aiutino per raggiungere il suo obiettivo che poi è l’obiettivo di tutti.

La Tirreno è stata un passo verso il Giro?

Un banco di prova. Il modo di lavorare che avete visto sarà quello che adotteremo anche al Giro d’Italia. E io personalmente sono soddisfatto della mia condizione, in crescita in vista della Sanremo e soprattutto delle classiche del Nord. Dovevo portare a casa una gamba buona e sono felice di esserci riuscito. Così ora potrò aiutare Matej (Mohoric, ndr) nella stagione delle classiche che sta per cominciare.

Diciamo che il tuo ruolo non conosce soste: con TIberi per la classifica, con Mohoric per le classiche…

Sicuramente avrò qualche spazio, però alla fine rimango in ballo tutto l’anno. Corro tantissimo, però mi piace essere al fianco di capitani come Mohoric e Tiberi, dato che farò il loro stesso programma.

La Sanremo lancia la stagione delle classiche: qui Pasqualon al GP E3 di Harelbeke nel 2024
La Sanremo lancia la stagione delle classiche: qui Pasqualon al GP E3 di Harelbeke nel 2024
Come fai?

C’è un solo modo e cioè andare forte tutto l’anno. Quindi non potrò avere tanti picchi di forma, ma dovrò essere costante e performante sino in fondo.

Sono anche due leader diversi, come si fa per stargli accanto?

Matej è abbastanza calcolatore, Antonio invece no, segue di più le sensazioni. E’ un po’ più pazzerello, però mi piacciono entrambi. Diciamo che uno è già un corridore esperto, l’altro invece va educato

Una risata, gli occhiali di nuovo sul volto e poi si avvia in direzione del pullman prima di tornare a casa. Mancano pochi giorni alla Sanremo, da sabato la stagione delle classiche entrerà nel vivo. Ci sarà da sgomitare, pedalare e stringere i denti. E quando si avrà la sensazione che la fatica sia finita, sarà tempo di tirare il fiato e tuffarsi nella grande avventura del Giro d’Italia. Forse per questo una volta li chiamavano i forzati del pedale?

Borgo nel WorldTour: tra emozioni e gambe che girano

19.02.2025
5 min
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Il devo team della Bahrain Victorious in questi giorni è in ritiro a Udine per preparare le prime gare del calendario under 23. La formazione che fino all’anno scorso era CFT Victorious ha cambiato il nome ma non le abitudini. Tra le differenze che si trovano rispetto allo scorso anno possiamo menzionare la maggior possibilità di scambio con il team WorldTour. Essere diventato devo team della Bahrain Victorious permette ai ragazzi di Boscolo uno scambio continuo con la formazione principale. Questo si trasforma in esperienze per i giovani della squadra under 23 che possono essere chiamati tra i pro’ per alcuni appuntamenti. 

La prima gara del 2025 di Alessandro Borgo è stato il Tour de la Provence con la formazione WorldTour
La prima gara del 2025 di Alessandro Borgo è stato il Tour de la Provence con la formazione WorldTour

Un passo tra i grandi

Questa occasione è toccata prima ad Alessandro Borgo al Tour de la Provence, e ora a Bryan Olivo alla Volta ao Argarve. Per entrambi si tratta dell’esordio stagionale, e a portarci con sé in questo debutto tra i grandi è Borgo

«Stiamo facendo questo ritiro a Udine – spiega – prima dell’inizio delle gare under 23. Ho raggiunto il gruppo ieri, visto che sono tornato da poco dalla Francia. Questi giorni insieme ci servono per fare gruppo e prendere le misure per i vari treni e situazioni di gara. Non manca molto alle gare e bisogna farsi trovare pronti».

Una prima esperienza per prendere le misure: eccolo in testa a tirare per i compagni
Una prima esperienza per prendere le misure: eccolo in testa a tirare per i compagni
Tu hai già iniziato…

Ho ricevuto la prima chiamata dalla squadra WorldTour. E’ stata un’emozione davvero grande, indescrivibile. Indossare quella maglia tra i professionisti è un onore, che sarà doppio visto che mi hanno chiamato anche per fare tre gare in Belgio a inizio marzo. 

Che esperienza è stata?

Bella, entusiasmante e che mi ha permesso di vedere un mondo diverso da quello che sono abituato a vivere. Prima di partire ero sicuro che avrei trovato tante differenze, ma l’impatto è stato strano.

Borgo si è messo a disposizione dei capitani, trovando in Mohoric una figura di riferimento
Borgo si è messo a disposizione dei capitani, trovando in Mohoric una figura di riferimento
In che senso?

Nel WorldTour sei trattato come un principe. L’organizzazione è massima e anche lo staff è lì per te e farti trovare tutto in ordine. Anche gli hotel sono eccezionali. Tutto funziona ed è sistemato alla perfezione. Non mi sarei mai aspettato di avere subito accanto lo chef e il nutrizionista che mi dicono cosa mangiare. 

Come ti sei sentito?

A mio agio. Di italiani eravamo Buratti e io. Come riferimento, in corsa e non, ho trovato un gran maestro in Mohoric. Ho avuto modo di conoscerlo al Tour de la Provence ed è una persona dalla quale imparare davvero tanto. E’ uno che parla molto volentieri e poi sa benissimo l’italiano. 

Sei stato fortunato ad avere un mentore come Mohoric.

Assolutamente, è un corridore estremamente intelligente che ha la pazienza e la voglia di correggere anche i più piccoli errori. Fin dalla prima tappa mi ha dato tanti piccoli spunti sui quali lavorare e migliorare. Ad esempio nello sprint della terza tappa ho sbagliato una cosa nel fare il treno e subito dopo la gara ne abbiamo parlato. 

Il Tour de la Provence è stato un testa a testa tra Mohoric e Pedersen
Il Tour de la Provence è stato un testa a testa tra Mohoric e Pedersen
Pedalare in gruppo insieme ai professionisti come ti ha fatto sentire?

Bene. Non ero agitato. La squadra sapeva che non ero nella miglior forma e mi ha lasciato sereno. Mi sono messo a disposizione dei compagni per tirare o andare alla macchina a prendere borracce e tanto altro. Mi sono goduto questo esordio, dal quale spero di aver imparato tanto per essere un buon braccio destro per i miei capitani. Portare una borraccia o uno smanicato a Mohoric è un onore e spero possa essere solo l’inizio

Raccontaci qualcosa anche degli attimi prima della gara, la presentazione delle squadre, il foglio firma…

E’ tutto bello. Magari la gente non ti conosce, ma questa maglia sa cosa rappresenta e quindi vieni trattato come tutti gli altri. Ti chiedono autografi e foto, cosa che magari capita anche qui ma in quel contesto tutto è amplificato. Ero convinto però di non farmi prendere dalle emozioni, sapevo di non avere pressioni esterne e non volevo mettermene troppe. Prima di partire mi sono detto: «Se mi trovo qui vuol dire che qualcosa di buono l’ho fatto».

Nella terza e ultima tappa Borgo ha evitato la caduta ed è riuscito a trovare un buon ottavo posto
Nella terza e ultima tappa Borgo ha evitato la caduta ed è riuscito a trovare un buon ottavo posto
Qualcosa di buono è uscito anche dalla corsa, visto l’ottavo posto nell’ultima tappa. 

In quella frazione dovevo tenere sotto controllo la corsa nella prima parte, per evitare di far andare via grosse fughe. Dopo un’oretta e mezza di gara c’era un traguardo volante importante, poi dopo è andato via un gruppetto e la corsa è rimasta tranquilla. Gli ultimi venti chilometri sono stati da MotoGP, non siamo mai scesi sotto i sessanta chilometri orari. Questa è stata la cosa che mi ha colpito maggiormente. Poi nella volata finale c’è stata confusione e una caduta, io ero davanti e continuando a pedalare sono arrivato ottavo. Mohoric, nonostante l’errore nel treno di cui abbiamo parlato, mi ha fatto i complimenti perché ero davanti e ho dimostrato di avere gamba. 

Ora tocca alle gare al Nord. 

Sono contento di andare e farò in modo che possano essere un’altra bella esperienza. Mi serviranno per abituarmi alla distanza e per capire cosa vuol dire correre sul pavé e i muri del Belgio con i professionisti.

Astral Sphere di Rudy Project, la scelta di Mohoric

18.02.2025
3 min
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Rudy Project, azienda italiana fondata 40 anni fa e che per il prossimo quadriennio sarà anche sponsor tecnico della nazionale, il 10 febbraio ha lanciato sul mercato Astral Sphere, la prima delle sue novità per il 2025. Si tratta di occhiali molto versatili che completano l’offerta della gamma Astral, che ora si arricchisce di un modello con lente sferica.

Gli Astral Sphere si collocano in questo modo tra gli occhiali di altissima gamma, al punto da essere indossati nelle prime gare della stagione da alcuni corridori del Team Bahrain Victorious, tra cui Matej Mohoric.

La grande novità di questo modello sono le lenti a forma sferica
La grande novità di questo modello sono le lenti a forma sferica

Nuovo design, due diverse lenti

La grande novità, come già accennato, è il design sferico delle lenti, che si distingue da quello cilindrico del modello precedente. Inoltre la lente ha una maggiore superficie, il che si traduce in diversi vantaggi: una migliore visione periferica, un minore abbagliamento, più ventilazione e minor appannamento. I nuovi occhiali sono presentati in due diverse configurazioni di lenti, fotocromatiche o polarizzate.

Quelle fotocromatiche sono le ImpactX® brevettate da Rudy Project. Sono lenti infrangibili che si adattano alle diverse condizioni di luce e garantiscono una completa protezione dai raggi UV. La seconda possibilità sono le lenti polarizzate Polar 3FX Multilaser, indicate per chi ricerca il massimo per quanto riguarda la riduzione dell’abbagliamento e il contrasto dei colori.

I naselli e le aste sono regolabili, per adattarsi al viso di ogni atleta
I naselli e le aste sono regolabili, per adattarsi al viso di ogni atleta

Materiali sostenibili e grande comfort

La montatura dell’Astral Sphere è realizzata in Rilsan Clear®, una speciale bioplastica derivata dall’olio di ricino. Oltre ad essere prodotta in modo responsabile, ha anche ottime prestazioni in termini di leggerezza (26 grammi il peso totale degli occhiali), resistenza  e flessibilità.

Oltre che dalla montatura il comfort è garantito dai naselli ergonomici in gomma e dalle aste regolabili, accorgimenti che permettono di adattare gli occhiali alle diverse forme del viso. Inoltre possono integrare l’inserto ottico di Rudy Project per lenti graduate.

Gli occhiali sono compatibili con l’inserto ottico di Rudy Project per le lenti graduate, usate anche da Mohoric
Gli occhiali sono compatibili con l’inserto ottico di Rudy Project per le lenti graduate, usate anche da Mohoric

Colori, versioni e prezzo

Gli Astral Sphere sono disponibili in 6 diversi colori (5 con lente fotocromatica e uno con lente polarizzata) e con 4 diversi filtri, con prezzi che partono da 179,90 euro per le versioni con lente ImpactX e 209,90 euro per la versione con lente Polar 3FX Multilaser. Infine ricordiamo che tutta la produzione è completamente Made in Italy.

Rudy Project

Mohoric: genio e ciclismo schematico, sognando la Roubaix

15.12.2024
5 min
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ALTEA (Spagna) – Eravamo lì a parlare del più e del meno con Matej Mohoric, quando il discorso è finito sui sacrifici e le rinunce del fare il corridore in questo tempo così scientifico e definito. Si potrebbe pensare che tante rigidità siano vincolanti e compromettano l’equilibrio nella vita dell’atleta, invece lo sloveno ci ha offerto un punto di vista così lucido da non ammettere tante repliche. A patto che il corridore in questione sia dotato di grande determinazione e razionalità: doti senza le quali non arrivi da nessuna parte o comunque non troppo lontano.

Si parlava nello specifico di tutto quello che si potrebbe fare per migliorare, aggiungendo con la ricerca qualche cavallo al proprio motore nel tentativo di opporsi alla forza dei più forti. E Matej, cui non mancano sagacia e ironia, ha cominciato col dire che si potrebbe fare anche parecchio, ma servirebbero giornate più lunghe delle 24 ore. Potrebbe valere la pena correre di meno e ricercare il meglio negli allenamenti come sembrano fare Pogacar e Van der Poel?

«Non penso che serva aumentare gli allenamenti», dice. «Magari cinque anni fa ci allenavamo pure di più – prosegue – più ore, però adesso è cambiato il modo, sono cambiate l’intensità e la struttura di tutto. Adesso è più scientifico, è tutto provato, tutto studiato, è più metodico. Prima magari ti dicevano di andare finché le gambe ti bruciavano, adesso ti dicono che devi fare 43 secondi a 730 watt. Quindi è tutto più studiato, più preciso, più definito. C’è anche meno margine di sbagliare in ogni cosa. Nella nutrizione, nell’allenamento, nel recupero».

Giornata piena: anche un’intervista ai microfoni di Rai Sport, in Spagna con Stefano Rizzato
Giornata piena: anche un’intervista ai microfoni di Rai Sport, in Spagna con Stefano Rizzato
E’ faticoso o comunque pesante starci dietro?

No, no, no. Prendiamo solo l’esempio della nutrizione, del mangiare. Quando mi chiedono cosa mangiamo, io lo spiego e tanti mi dicono che è impossibile seguire sempre i numeri. Se però i nutrizionisti riescono a suggerirmi quello che devo mangiare per sentirmi meglio e io, provandolo, scopro che è vero, personalmente diventa più facile farlo. Perché so che il giorno dopo mi sentirò meglio in bicicletta e grazie a questo mi sentirò anche sazio dopo il pasto. Se è così, se sono consapevole dei benefici, non ho né voglia né desiderio di mangiare qualcos’altro, quello che magari so che mi farebbe male.

Non ti pesa?

Non è uno sforzo, non è un sacrificio. E’ una cosa che rende la mia vita e le mie decisioni più facili, perché so che ho mangiato quello che serviva. So il perché di certe scelte e le faccio volentieri e senza nessun dubbio. E’ lo stesso sull’allenamento, sui materiali, su tutto. Più queste cose vengono studiate, più vengono provate, più per me diventa tutto facile.

Però in tutto questo controllo estremo, tu hai vinto la Sanremo con il reggisella telescopico e con una discesa da pazzo. Quindi non è tutto scientifico…

Sì, ovvio. Perché se fosse tutto solo di gambe, se dipendesse solo dalla forza, vincerebbe sempre quello più forte fisicamente che è Tadej. Per fortuna non è così. Per fortuna oggi le corse sono più imprevedibili e il finale inizia anche a 80 chilometri dall’arrivo, mi ci trovo meglio, piuttosto che ad aspettare gli ultimi chilometri.

L’hai mai riguardata quella discesa di Sanremo?

Sì, sinceramente dalla televisione sembra molto più da pazzi rispetto a quello che ho vissuto io in quel momento.

E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
Come si vive questo momento di sloveni fortissimi?

Per me è più facile che ci siano due che hanno vinto tanto di più, così l’attenzione è più su loro. Sicuramente è un’era che prima o poi finirà, come è successo nel passato, con tante altre Nazioni. C’è anche da dire che lo sport è sempre più globale, che c’è sempre più competizione, sempre più altre nazioni da cui arrivano ragazzi tanto competitivi. E questo è un bene secondo me per tutto il ciclismo, per tutto il movimento e soprattutto per tutta la gente che inizia a seguire lo sport. E magari si appassionano e iniziano anche loro ad andare in bicicletta, che secondo me è una cosa buona perché fa bene alle salute.

Quanto sei diverso dal Matej che vinse il mondiale under 23 del 2013?

Dieci anni ti fanno cambiare in ogni caso. Adesso sicuramente ho più esperienza, in questi anni ho imparato tante cose e ho sempre comunque la stessa voglia di crescere, non solo di migliorare me stesso, ma anche di aiutare gli altri. E porto sempre lo stesso rispetto per la squadra, lo staff e tutti quelli che lavorano perché noi possiamo fare quello che sognavamo da piccoli.

E quanto è diverso invece il Matej neoprofessionista dai ragazzi che passano oggi?

Anche in questo si vede che sono passati dieci anni, è un po’ diverso. Non dico che abbiano più esperienza, ma sono già più pronti. Sanno più cose su tutti gli aspetti della performance nel ciclismo. Sanno di nutrizione e di allenamento. Magari hanno avuto la possibilità di praticare ciclismo in un modo più strutturato sin da più piccoli. Anche per questo non dico che per loro sia facile perché non lo è, ma è più probabile che già a 22, 23, 24 anni possano già vincere delle gare che prima erano molto improbabili o quasi impossibili. Adesso è così.

Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Anche questo è un bene per lo sport?

Penso proprio di sì. Magari però da un altro punto di vista per loro è difficile se hanno successo quando sono troppo giovani. Il successo porta anche più responsabilità, non solo nella professione, non solo nel dover vincere di nuovo la gara che hai vinto l’anno precedente, ma anche a livello personale. Se hai successo, aumenta anche la responsabilità nella vita privata. Gestire il denaro di un contratto importante e le tante aspettative può creare dei problemi.

Ultima domanda, dici spesso che la tua classica preferita è la Roubaix: forse perché si può inventare qualcosa come alla Sanremo?

Sì, esatto. Secondo me il Fiandre puoi rigirarlo come vuoi, ma alla fine vince quello più forte. Alla Roubaix invece possono succedere tante cose. Per vincerla devi essere comunque molto forte, però possono capitare tanti imprevisti. Penso che per me un giorno sarà più facile vincere la Roubaix che vincere il Fiandre.

Perché ti piace così tanto?

C’ero quando la vinse Sonny (Colbrelli, ndr) e fu un vero colpo di fulmine. Quest’anno sono caduto al Fiandre e ho dovuto saltarla, speriamo di tornarci nel 2025.