Abruzzo, tempo da lupi. La storia e le lacrime di Callejas

18.04.2025
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AREMOGNA – C’è da scommettere che ce lo saremmo trovato accanto sotto la tenda riservata ai giornalisti e ai massaggiatori in cima a questo arrivo d’Abruzzo flagellato dalla pioggia che in certi momenti è diventata neve. Quando c’era un suo corridore in fuga, Gianni Savio non stava mai in mezzo agli invitati dell’hospitality, preferiva stare sulla strada con chi va alle corse per lavorare. Ha sempre fatto così.

Dedica alla nonna scomparsa

Il Giro d’Abruzzo ha appena vissuto la tappa regina, con il traguardo sopra Roccaraso e la vittoria di Alejandro Edison Callejas, che già sentiamo nelle orecchie la voce di Gianni scandirne il nome. Con l’accento sulla jota a renderlo ancora più sudamericano. E ora che Gianni non c’è più, rivedere l’arrivo del ragazzo con il pugno al cielo, potrebbe far pensare che il colombiano abbia appena dedicato a lui la vittoria. Ci piacerebbe pensarlo, non è così, ma tutto nella sua storia parla del manager piemontese. E allora la vittoria gliela dedichiamo noi con questo scritto fradicio e gelato.

«Negli ultimi 50 metri – dice Callejas con le labbra che gli tremano – ho pensato soprattutto alla mia famiglia e alle persone che mi hanno aiutato ad arrivare fin qui. Sono loro ad essere presenti nei momenti difficili, per questo gli dedico la vittoria. E alla mia nonna, scomparsa un mese fa. Tutto questo oggi è stata un’ulteriore motivazione per essere qui e vincere».

Callejas, classe 2000, è partito a 11,2 chilometri dall’arrivo, tirando dritto fino alla vittoria
Callejas, classe 2000, è partito a 11,2 chilometri dall’arrivo, tirando dritto fino alla vittoria

La giacca di Valerio

Sulla cima non c’è nessuno. I ragazzi arrivano fradici e gelati, perché nessuno si aspettava di trovare 3 gradi a metà aprile, ma il meteo racconta delle inondazioni in Piemonte e di una Pasqua che si annuncia flagellata dal maltempo. Fiorelli, che ha appena perso la maglia, dice che lui di solito con il cattivo tempo si trova bene, ma anche che non riesce a smettere di tremare. Una giacca per alleviare la sua sofferenza gliel’ha passata Valerio Bianco, che lavora per RCS Sport, ma ricorda bene gli anni accanto a questi ragazzi nei panni di addetto stampa.

Sotto la tenda dei massaggiatori, quando mancavano due chilometri all’arrivo ed era ormai chiaro che Callejas avrebbe vinto, Luigino Zanin che fa l’autista del bus e oggi è in alto per aiutare il massaggiatore, ha gli occhi lucidi per l’emozione, mentre intorno lo prendono in giro come fanno tra loro quando uno è vicino alla vittoria.

Il colombiano più piccolo

Callejas si racconta. Le labbra battono, gli occhi sono lucidi. Per la Petrolike di Marco Bellini si tratta di una vittoria importante, in questo percorso che dal prossimo anno dovrebbe vedere il team salire al rango di professional per la spinta dello sponsor Hector Guajardo, che ne ha certo le possibilità e anche l’estro.

«E’ la mia prima vittoria da pro’ – dice Callejas incredulo – spero sia l’inizio di grandi cose e spero che sarà la prima di molte vittorie con questa squadra. Questo gruppo ha una storia molto lunga, ha fatto sempre passare grandi corridori e porta avanti l’eredità di Gianni Savio. E’ una vittoria per tutti loro, che hanno sempre creduto nelle mie possibilità e anche per me. Sono nato a Bogotà, in Colombia, ma credo di essere il colombiano più piccolo, per quello che ho fatto finora in bicicletta. Però il mio sogno è arrivare a correre i tre Grandi Giri, come Nairo Quintana, Rigoberto Uran e ovviamente Egan Bernal. E spero di riuscire a realizzarlo».

L’albergo ristorante Tina

Lo ritroviamo dopo mezz’ora, mentre aspetta il pulmino che venga a prenderlo. Sulla montagna c’è davvero poca gente, visti il giorno feriale e il tempo da lupi. Però non mancano qualche bambino e qualche tifoso che si avvicinano e gli chiedono timidamente una foto.

«All’inizio della salita – aggiunge – avevo gambe molto buone. Ho visto che gli altri erano quasi tutti al limite e mi sono detto che poteva essere il momento buono. Ho voluto provare ed è andata bene. Il freddo non mi piace, ma viviamo a Cossato, nello stesso albergo da Tina, dove ha vissuto per qualche tempo anche Egan Bernal. E’ la nostra casa e lì siamo molto vicini alle montagne. Conosco la neve e quando ho visto che iniziava a piovere, ho pensato solo a pedalare ed è andata bene. La squadra continuerà a correre in Europa e Gran Bretagna, anche nelle gare più importanti per under 23. Io invece torno in Colombia per ricaricare le batterie con la mia famiglia. Mio padre è un grande appassionato di ciclismo, ho un fratello che mi ha sempre supportato in ogni momento, soprattutto quelli difficili. Voglio tornare per condividere con loro questo momento».

La sua (unica) vittoria precedente era venuta alla Vuelta de la Juventud del 2022. Da pro’, è al battesimo
La sua (unica) vittoria precedente era venuta alla Vuelta de la Juventud del 2022. Da pro’, è al battesimo

Fra i lupi d’Abruzzo

Ha vinto una tappa al Giro d’Abruzzo, sappiamo bene che il ciclismo dei giganti solca altre strade e scala altre montagne. Eppure in questo tempo da lupi, Callejas coltiva il suo sogno di diventare grande e per qualche ora si sentirà grande per davvero. Forse l’eredità di Gianni Savio sta proprio in questa capacità di pescarli, condividere il loro sogno e convincerli che è possibile raggiungerlo.

Bellini ne ha raccolto l’eredità, dopo vent’anni al suo fianco. Hanno sempre diviso gli ambiti e per questo sono andati avanti. C’è da scommettere che anche Marco avrà brindato per questa vittoria, tracciando il cammino per far crescere la squadra, fra l’estro del suo sponsor e il solco di quell’eredità così speciale.

La snervante attesa delle wild card. Bellini ne sa qualcosa…

11.03.2025
5 min
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Siamo all’11 marzo, eppure delle wild card per la prossima edizione del Giro d’Italia che partirà dall’Albania il prossimo 9 maggio, nessuna traccia. Mai in passato c’era stato così tanto da aspettare, così tanta incertezza sulle scelte degli organizzatori, che stanno spingendo in tutti i modi per poter allargare a 4 il numero di team professional da invitare. Uno “stato dei lavori” che certamente non agevola chi deve programmare non solo la partecipazione, ma l’intera stagione.

Marco Bellini, nei tanti anni trascorsi al fianco di Gianni Savio quando i loro team erano professional italiane, ha affrontato tante volte questa situazione, si può ben dire ad ogni stagione, e sa che cosa significa rimanere in quest’incertezza. Oggi, dopo la dolorosa scomparsa di Gianni, Bellini è a pieno titolo immerso nell’avventura della Petrolike e quindi guarda il tutto da lontano ma si sente, quando affrontiamo il discorso, che il legame con il ciclismo italiano, con quegli ambienti e quelle sensazioni è ancora vivissimo.

Marco Bellini, secondo da sinistra, al tempo dell’Androni Giocattoli: l’attesa per la wild card era sempre tanta…
Marco Bellini, a sinistra, al tempo dell’Androni Giocattoli: l’attesa per la wild card era sempre tanta…

«Una wild card può davvero cambiare tutto per una squadra professional italiana – dice – come anche per una spagnola nel caso della Vuelta. Il Tour è a sé stante, non va considerato neanche viste le caratteristiche del movimento locale, con molte squadre nel WorldTour. La partecipazione al Giro è, per un team italiano, una svolta soprattutto nei rapporti con gli sponsor, ma sono sempre stato dell’avviso che bisogna essere rispettosi di questi e quindi evitare di fare promesse. E’ chiaro però che per un’azienda sapere che la squadra parteciperà o meno alla corsa rosa cambia tutto».

Quanto incide nel budget?

In maniera direi quasi decisiva. Il sistema è questo, se non sei nel WorldTour ti dibatti con una base economica che non consente voli pindarici e trovare fondi è davvero difficile. Sapere che sarai presente alla vetrina più importante dell’anno apre porte importantissime, ma serve anche il tempo per farlo…

Che cosa significa secondo te arrivare all’11 marzo senza sapere ancora quale sarà il proprio destino?

E’ la testimonianza di quanto ho detto, ma io voglio spezzare una lancia a favore della RCS Sport che sta facendo di tutto per ottenere il quarto invito che metterebbe tutto a posto. Abbiamo due squadre italiane, Polti e VF Group che, diciamola tutta, tengono in piedi il ciclismo italiano, facendo correre tanti giovani nostrani e che avrebbero tantissimo bisogno di esserci. Ma dall’altra parte abbiamo due team come Q36.5 e Tudor che hanno budget importanti, che hanno costruito squadre di altissimo spessore ed è difficile tenerle fuori da un Grande Giro. Se non verrà accettata la proposta della quarta wild card, gli organizzatori si troveranno a fare una scelta comunque drammatica. Certamente però il tempo non aiuta chi è ancora in bilico. E parlo dei due team italiani ai quali va tutto il mio apprezzamento e rispetto.

Perdere una delle due squadre italiane sarebbe però un grave, ulteriore smacco per il nostro movimento…

Esatto e questa situazione deve far capire che il ciclismo, così com’è, non va. Bisogna cambiare alcune regole del gioco. L’UCI ormai gestisce un impero nel quale se non hai i soldi, fai un’enorme fatica a galleggiare. Rispetto ai tempi miei e di Gianni, la situazione è diventata molto più difficile.

Il richiamo di Pidcock alla corsa rosa è difficilmente accantonabile da parte di Rcs Sport
Il richiamo di Pidcock alla corsa rosa è difficilmente accantonabile da parte di Rcs Sport
Gli sponsor sono disposti ad aspettare?

Fino a un certo punto. Noi per nostra fortuna non ci siamo mai – e ribadisco mai – sbilanciati. Abbiamo sempre detto alle varie aziende che non potevamo garantire la partecipazione al Giro, perché tutte ce la chiedevano. Noi proponevamo una doppia soluzione economica, con o senza partecipazione alla corsa rosa. Era l’unica cosa da fare per non prendere in giro nessuno ed essere il più possibile trasparenti.

C’è la stessa attenzione, da parte di chi sponsorizza, per altre corse, magari sempre della RCS?

No ed è facile capire il perché. Il Giro d’Italia è una cosa diversa. Secondo me non è neanche un evento sportivo, o almeno lo è solo in parte perché parliamo di qualcosa che riguarda tutta la società italiana. Il Giro d’Italia lo vede il ragazzino come la massaia, lo trovi in tutti i media, non è un evento che riguarda solo chi è appassionato. Io non ho mai visto le scolaresche o gli abitanti di una piccola città scendere in strada per il Giro di Lombardia, ma il Giro d’Italia è un’autentica festa per ogni paese attraversato. Questo lo sa bene chi ti sponsorizza per vendere la propria immagine, per questo è tanto importante.

Alberto Dainese, una delle punte per la Tudor. Anche lui attende di sapere se sarà al via dall’Albania
Alberto Dainese, una delle punte per la Tudor. Anche lui attende di sapere se sarà al via dall’Albania
E’ un discorso che ormai ti vede solo semplice spettatore, almeno per ora. Ma un domani?

Noi con il nostro team abbiamo un progetto diluito nel tempo. Siamo una squadra continental e per ora questi discorsi non ci riguardano né ci interessano più di tanto. L’obiettivo del team è far crescere nuovi talenti sudamericani e arrivare con i passi dovuti a essere una squadra professional. Quando saremo strutturati e ci arriveremo, valuteremo anche la partecipazione a un Grande Giro. La nostra fortuna è non avere pressioni né dover andare a caccia di sponsor. Possiamo lavorare con calma, non invidio chi invece a quest’ora è ancora sulla graticola…

La Petrolike e l’ultima creatura di Savio, affidata a Bellini

19.01.2025
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Gianni Savio se n’è andato lasciando in eredità il suo ennesimo tributo al ciclismo italiano. Il dirigente scomparso a 76 anni era stato infatti “costruttore” della Petrolike, il team di licenza messicana fortemente voluto per dare uno spazio di crescita ai corridori locali, ma aveva fatto subito presente come fosse necessario, per conseguire i suoi ambiziosi traguardi, infarcire il roster di corridori svezzati, pronti al ciclismo europeo e quindi italiani.

Tra i tanti campioni scoperti dal dirigente piemontese anche Egan Bernal, rimastogli sempre affezionato
Tra i tanti campioni scoperti dal dirigente piemontese anche Egan Bernal, rimastogli sempre affezionato

L’ultima avventura, che Savio non ha potuto vivere, vedere concretizzarsi e questo è uno dei più forti rammarichi che ha lasciato in Marco Bellini, il suo braccio destro da 25 anni (con lui nella foto di apertura alla presentazione del Giro 2012: con loro Rujano). Per lui parlarne, a qualche settimana di distanza dalla scomparsa di quello che innanzitutto era un amico, non è semplice: «Per 25 anni sono stato più con Gianni che con mia moglie. Ho iniziato nel 2001 come diesse, poi dal 2010 sono entrato nella società e ci eravamo divisi i compiti in maniera chiara: io mi occupavo della parte gestionale, del rapporto con gli sponsor, lui della stampa, delle pubbliche relazioni».

Gianni era uomo di un ciclismo antico, come faceva a rimanere al passo con uno sport che è cambiato così tanto?

Era un personaggio con un carattere diverso, non aveva bisogno di adattarsi, anzi a questo ciclismo metteva un freno. Per due volte ha avuto la possibilità di fare il vero salto di qualità, nel 2011 e nel 2017 ma in entrambi i casi ha scelto di non venire meno allo spirito del team, al “suo” ciclismo per conformarsi. Sicuramente aveva una concezione che mancherà in questo mondo.

Savio insieme a Ponomar, l’ucraino ultimo acquisto della Petrolike
Savio insieme a Ponomar, l’ucraino ultimo acquisto della Petrolike
E’ sempre rimasto legato all’altra parte dell’Oceano, perché?

Perché la sua natura era davvero vicina alla cultura, alla società, al modo di vivere in quelle terre. Lì si sentiva a casa sua e lo accoglievano come fosse di lì. Sempre. Trovava un ambiente ospitale che fosse in Colombia, in Venezuela, in Messico. Era sempre in contatto con i media locali. Attraverso di lui il ciclismo sudamericano si è evoluto, partendo da Cacaito Rodriguez, Leonardo Sierra, José Rujano. Ne ha tirati fuori tanti avvalendosi anche dei suoi infiniti contatti con appassionati del posto. Lo stesso Bernal è una sua scoperta.

Perché dici che la Petrolike resta un rammarico?

Non ha potuto viverla appieno. Era ormai un anno e mezzo che per le sue condizioni di salute non poteva uscire di casa e per lui il ciclismo andava vissuto sul posto. Dopo l’operazione all’anca gli mancavano le corse. La squadra è stata la sua ultima creatura, per certi versi il suo lascito, infatti era stato chiaro nella volontà di partire sì con un progetto locale ma poi, se volevano davvero farlo crescere, renderlo multinazionale e con un’anima italiana, come sta avvenendo.

Secondo anno di vita per la formazione messicana, ultima scommessa di Gianni Savio
Secondo anno di vita per la formazione messicana, ultima scommessa di Gianni Savio
La squadra cambia un po’ pelle rispetto alla stagione precedente…

Seguiamo i programmi che ci siamo dati sin dalla sua fondazione. Il primo anno è stato molto positivo, ora dobbiamo crescere come qualità per poi, se tutto andrà bene, provare a fare il salto fra le professional nel 2026. Il cambiamento si vedrà subito, infatti saremo a Mallorca e nelle corse spagnole d’inizio stagione, affrontando subito le squadre WorldTour e consentendo ai ragazzi di fare una grande esperienza.

E’ un team che diventa molto italiano.

Lo era già, non solo attraverso la mia presenza, ma abbiamo Fabrizio Tacchino come preparatore, Andrea Peschi fra i diesse, il nutrizionista Cristiano Caporali che viene dalla nazionale di triathlon. Poi chiaramente ci saranno i corridori e qui abbiamo cercato gente d’esperienza, che potesse essere utile per insegnare e dare l’esempio ai più giovani certamente non senza inseguire le proprie ambizioni personali, che sono anche quelle del team.

Lorenzo Galimberti è uno dei tre italiani scelti per dare esperienza al team messicano (foto Facebook)
Lorenzo Galimberti è uno dei tre italiani scelti per dare esperienza al team messicano (foto Facebook)
Su chi avete puntato?

Noi abbiamo scelto tre corridori, tutti con caratteristiche diverse. Per Filippo D’Aiuto mi sono affidato molto all’esperienza di Peschi che conosce bene il mondo degli under 23. Filippo racchiude quelle caratteristiche che cerchiamo, un corridore giovane ma con un grande equilibrio personale e una spiccata personalità. C’è poi Lorenzo Galimberti che sarà importante nelle corse impegnative, vista la sua propensione per le salite e infine Lorenzo Peschi, il figlio di Andrea che aiuterà gli sprinter.

Italiani a parte, la punta del team resta Caicedo?

Certamente, è il nostro diamante e nella prima stagione lo ha dimostrato portando a casa molti risultati, ma abbiamo alle sue spalle molti corridori che possono crescere proprio cibandosi della sua esperienza, come i fratelli Prieto o anche Macias. Inoltre arriva nel team anche l’ucraino Andrii Ponomar, che ha una gran voglia di rivalsa. E’ ancora giovane e con grandi potenzialità inespresse. E’ una squadra con un grande potenziale, ma aveva bisogno dell’iniezione di esperienza soprattutto perché buona parte del suo calendario sarà in Europa, in gare di elevato prestigio. Correre nel Vecchio Continente è la scuola migliore, ma bisogna farlo con approccio umile, cercando d’imparare il più possibile.

Caicedo resta la punta della squadra, ma quest’anno non sarà l’unica
Caicedo resta la punta della squadra, ma quest’anno non sarà l’unica
Partite subito forte…

Sia chiaro che non andiamo in Spagna con l’intento di fare chissà cosa, i ragazzi devono essere consci che saranno di fronte al meglio del movimento. Io voglio che acquisiscano esperienza, che capiscano com’è il ciclismo a certi livelli, ben diverso da quello che hanno affrontato finora. E’ un grande sacrificio che facciamo, ma sono sicuro che è per una buona causa. Questo anche grazie ai nostri dirigenti, che non chiedono risultati immediati, che capiscono qual è la nostra realtà e affrontano tutto con pazienza e concretezza.

Per la professional che altri passi serviranno?

Dovremo arrivare a un roster di 20 corridori, equamente divisi fra sudamericani ed europei e soprattutto dovremo prendere corridori che siano in grado di raccogliere risultati. Sarà un altro passo importante, imponente direi e potremo farlo solo con l’appoggio delle aziende che ci supportano, come Sidermec e Androni Giocattoli che sono sempre rimaste al nostro fianco come anche Salice Occhiali e Pella Sportswear. Ma intanto pensiamo alla stagione alle porte, per dare continuità al nostro discorso.

La vittoria di Macias nella tappa del Giro del Friuli, una delle perle del 2024 (foto Bolgan)
La vittoria di Macias nella tappa del Giro del Friuli, una delle perle del 2024 (foto Bolgan)
E per salutare Gianni nella maniera migliore…

La cosa che mi manca di più è quel telefono che squilla alle 11 del mattino. Era come una sveglia: Gianni era solito alzarsi tardi, infatti soffriva quando era al Giro e doveva svegliarsi presto. Durante la giornata ci sentivamo spesso, anche alla sera la sua ultima chiamata era per me. Ma cascasse il mondo, alle 11 del mattino il telefono squillava. E oggi a quell’ora mi capita di guardare lo smartphone e pensarlo…

In Venezuela con Savio, sulle tracce di Rujano

31.12.2024
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Quando il piccolo aereo iniziò a salire verso Merida con il motore che dava inquietanti colpi di tosse, Gianni Savio reagì con un sorriso bonario allo sguardo preoccupato. Era la terza tappa di un viaggio che allora sembrava ancora più avventuroso. Da Roma ad Atlanta, poi Caracas, infine l’ultimo tratto verso Santa Cruz de Mora a casa di Josè Humberto Rujano. Il piccolo venezuelano era arrivato terzo al Giro d’Italia e andare a scoprire quel suo mondo così lontano era parsa un’idea grandiosa. La coincidenza saltata negli Stati Uniti ci aveva permesso di trascorrere una giornata ad Atlanta a dieci anni dalle Olimpiadi, scoprendone una faccia molto meno sfavillante della prima volta. La notte a Caracas, con la raccomandazione di Gianni di non uscire per nessun motivo dall’hotel, era passata rapidamente, l’adrenalina era davvero tanta. E ora il volo verso la principale località delle Ande Venezuelane era il modo più semplice per avvicinarsi e colmare il resto della distanza in auto su strade alte e piene di curve. Le montagne erano là davanti come dei contrafforti.

Gianni se ne è andato ieri. Ha lottato, ma alla fine ha poggiato la bici in un luogo sicuro e ha chiuso gli occhi. Si potrebbe raccontarlo attraverso i talenti che ha scoperto, siamo certi che avrebbero pagine da raccontare. Ma adesso quel che ci assale è l’onda dei ricordi personali attraverso cui imparammo a conoscere e capire quell’uomo che da solo lottava in mezzo ai giganti con la dignità del grande condottiero. Sempre con la giacca e la camicia. Sempre con un sorriso. E sempre con grandi storie in fondo agli occhi, fatte di lunghi viaggi in terre sconosciute da cui, cercatore d’oro, tornava ogni volta con un nuovo nome da proporti.

Giro del 2005, Rujano vince a Sestriere e ipoteca il podio dietro Savoldelli e Simoni
Giro del 2005, Rujano vince a Sestriere e ipoteca il podio dietro Savoldelli e Simoni

Caffè e Rolex

L’abitazione della famiglia Rujano era piccola e allegra, tirata a lucido come quando aspetti una persona importante. Si vedeva che «el señor Giani» fosse di casa. Lo capivi dalla festa dei bambini e dalle facce sorridenti e beate di chiunque venisse fuori dalla porticina con la tenda di fili che toccandosi facevano un rumore allegro. Il padre del corridore era un ometto piccolo e ricurvo, con molti meno anni di quelli che dimostrava. Il tempo che Gianni facesse le presentazioni e per me iniziò la fase delle domande, delle foto e della curiosità. Lui invece si mise in un angolo a raccogliere gli umori e i racconti di quella famiglia cui aveva offerto una chance importante.

Quel giorno Rujano ci portò a fare un giro nei luoghi della sua infanzia. Quelli in cui avrebbe trascorso la sua esistenza di raccoglitore di caffè se non avesse incontrato la bicicletta. Per fare la foto nella piantagione indossò un Rolex nuovo di zecca, preso dalla banca per l’occasione. Non si fidava a tenerlo in casa, perché le rapine erano all’ordine del giorno. Quando quelle foto girarono in Europa, i corridori di qui ironizzarono su quell’orologio che probabilmente per Josè significava avercela fatta, il simbolo dell’emancipazione. Loro cosa ne sapevano di cosa significasse avere fame?

«Sono situazioni che ho visto tante volte – disse Savio la sera mentre tornavamo verso l’alberghetto al Tovar – soldi che gli cambiano la vita e che devono essere bravi a gestire, ma so già che non sarà facile. Una volta forse era più facile, oggi ci sono tante persone che gli girano attorno, sia qui sia in Europa. Gente che chiede e, se il corridore è buono come Rujano, il rischio è che i soldi finiscano presto. Domani ti porto a casa di Leonardo Sierra, quello del Mortirolo al Giro del 1990. Non lo riconoscerai».

Gli occhi di Sierra

Leonardo Sierra, una porta sui ricordi. La prima volta del Mortirolo al Giro d’Italia e il venezuelano in fuga che cadeva in discesa quasi ad ogni curva. Vinse la tappa nel suo secondo anno da professionista e diede l’avvio a una carriera di otto anni, quasi tutta con Savio. Prima alla Selle Italia, poi alla ZG Mobili, quindi nel 1994 il grande salto nella Carrera al fianco di Chiappucci e Pantani. Il tempo di ricordare la sua immagine da indio e il faccione che si affacciò alla finestra della casetta nel prato fu davvero un colpo. Era lui, tanti chili di più. La voce che sapeva di birra anche di buon mattino e gli abbracci al «señor Giani» con quell’affetto sudamericano che supera la barriera del tempo. Lo sguardo era sempre lo stesso, un po’ languido ma con un fondo di fuoco.

«E’ tornato qua – raccontò Gianni – ha speso parecchio, ma alla fine è stato furbo a tenersi qualcosa da parte. Non vive da signore, ma non ha nemmeno l’esigenza di lavorare. E vedrete che farà anche pace col bere».

La conferma venne qualche tempo dopo attraverso la foto di un Sierra più magro spulciata su qualche social e tramite lo stesso Rujano, incontrato nuovamente in Argentina al Tour de San Luis, quando si era rimesso a correre per guadagnare ancora qualcosa e aiutare suo figlio. Gianni aveva visto giusto. Nel 2006 infatti, Josè fu convinto dal suo agente a mollare la squadra durante il Giro e fu portato alla Quick Step di Boonen campione del mondo. Ci rimase per pochi mesi, poi cambiò altre due squadre per tornare infine alla Androni del «señor Giani». Ci rimase in tempo per vincere ancora una tappa al Giro, ma alla fine anche lui appese al chiodo la bici che era diventata di colpo troppo pesante.

A 4.200 metri

Gianni parlava e intanto la strada si arrampicava. Parecchi ciclisti, il clacson che suonava per salutarne alcuni e chiamarli per nome. L’ultimo passaggio di quei pochi giorni in Venezuela, dopo aver rilasciato delle interviste a una radio locale, prevedeva di salire fino a Pico el Aguila, il Teide di laggiù, ma duemila metri più in alto. Rujano all’ultimo momento scelse di non venire, perché disse che avrebbe iniziato ad allenarsi e salire lassù non era adatto al momento. Per cui facevano strada Gianni e un allenatore di cui oggi è impossibile ricordare il nome.

La pendenza sembrava dolce, poca roba e ti accorgevi che qualcosa stesse cambiando quando ti fermavi per guardare il panorama e sentivi la testa pesante. Arrivammo dopo 80 chilometri di salita da Merida. Un rifugio. Delle antenne. E la strada che proseguiva pianeggiante con un anello di una decina di chilometri. Salire di slancio i quattro gradini per entrare nel bar ci fece capire la differenza fra una quota europea e l’assenza di ossigeno in questo avamposto andino.

«A volte quando sento parlare dell’altura in Europa – disse Savio – mi viene da sorridere. Qui siamo quasi a 4.200 metri. Rujano e i corridori di qui ci vengono spesso nei momenti in cui si allenano sul serio. Arrivano quassù e poi hanno questa strada di pianura in cui fanno i loro giri. Credo che qualche volta si fermi a dormire qui. Capito perché quando devono salire sullo Stelvio o sulla Marmolada, per loro non è questa grande preoccupazione?! Anche le corse qui sono tutte abbastanza simili. Prima i chilometri piatti in basso in questi stradoni tutti uguali, poi puntano una salita interminabile e inizia la selezione».

I meriti di Gianni

Il resto è un collage di ricordi che passano per le fughe del Giro e le polemiche per le esclusioni davanti alle quali «el señor Giani» usciva dai gangheri, ma sempre con quel suo stile da signore d’altri tempi. La squadra mista al Tour del 1995, in cui i suoi corridori corsero assieme a quelli della Deutsche Telekom che l’anno dopo il Tour lo avrebbero vinto con Riis e poi con Ullrich. La nuova vita regalata a Scarponi, Rebellin e Bertolini, come pure a Masnada e Cattaneo. La scoperta di Egan Bernal. Nessuno gli ha mai riconosciuto sino in fondo i meriti che aveva.

Questo nuovo ciclismo non sembrava più la casa di Gianni Savio e forse per questo – e per i problemi di salute – tenersene lontano non gli era parso poi così difficile. Invece, dopo la delusione della Drone Hopper, era ripartito con il progetto della Petrolike che gli aveva fatto brillare nuovamente gli occhi. C’era tutto il suo mondo. Il Sudamerica. Il senso di aver scoperto qualcosa di nuovo. E anche il gusto per la sfida contro i più grandi, con l’eleganza e l’ironia di sempre. In questo pedalare veloci verso l’assenza di limiti, sentiremo la mancanza del «señor Giani». Ci piace pensare che sia da qualche parte laggiù, in mezzo alle sue Ande, in cerca di un nuovo nome da proporci.

Caicedo e la Petrolike: non è un pesce fuor d’acqua…

15.07.2024
5 min
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Nel guardare la classifica dell’ultimo Sibiu Tour non bisogna lasciarsi ingannare. E’ vero, il vincitore è stato Florian Lipowitz, tedesco della Red Bull Bora Hansgrohe, ma al cospetto di questo e di altri team WorldTour, protagonista è stata anche la Petrolike e in particolare il suo leader Jonathan Caicedo, vincitore di una tappa e secondo nella classifica della montagna. Non contento, l’ecuadoregno ha anche colto un positivo 5° posto al successivo Giro dell’Appennino, confermando di vivere un particolare momento di forma.

Sin dagli esordi del team Petrolike, la presenza in esso di Caicedo era risultata abbastanza sorprendente, perché il sudamericano è a tutti gli effetti un corridore da WorldTour, che non sfigurerebbe in un grande giro, come cacciatore di tappe o tra i principali scalatori del gruppo. Eppure ha fatto una scelta controcorrente. Il manager del team Marco Bellini, da sempre vicino alle avventure in giro per il mondo di Gianni Savio, spiega da dove la sua scelta è nata.

La vittoria in solitudine nella terza tappa della corsa rumena, poi chiusa al 27° posto
La vittoria in solitudine nella terza tappa della corsa rumena, poi chiusa al 27° posto

«La Petrolike è nata con un programma quinquennale molto ambizioso, che entro il 2026 deve portare il team fra le principali Professional internazionali. Proprio in questi giorni stiamo stabilendo gli ulteriori passi da effettuare. Sin dall’inizio si era pensato di investire su due corridori sudamericani in grado di portare risultati, di spiccare per promuovere il marchio del team e il profilo di Caicedo, come quello del più giovane Camargo rispecchiava le nostre esigenze».

Caicedo chiaramente risulta quasi fuori contesto visto il suo valore, come ha accettato questa situazione?

Chiaramente c’è stato un discorso economico alla base, ma non solo. Sono due elementi di livello inusuale nell’attività del continente e si è visto nella portata e nel numero dei risultati portati a casa. Caicedo ha iniziato forte vincendo la Vuelta al Tachira, la Vuelta Bantrab, poi è stato protagonista al Giro di Colombia, fino al successo in Romania. Camargo ha avuto problemi fisici, ma ci aspettiamo molto da lui nella seconda parte di stagione.

Caicedo aveva iniziato il 2024 aggiudicandosi la Vuelta al Tachira, oltre alla quarta tappa
Caicedo aveva iniziato il 2024 aggiudicandosi la Vuelta al Tachira, oltre alla quarta tappa
Quella rumena era corsa di una categoria superiore rispetto a quelle che avete affrontato…

Io, tra i vari team in cui ho militato, ci sono stato almeno sei volte e sapevo le sue caratteristiche, adatte ai nostri corridori. Ho notato però, rispetto al passato, come il livello generale sia più alto e come ormai sia un traguardo ambito anche dai team della massima serie, per questo i risultati ottenuti acquisiscono un valore maggiore. Caicedo nell’occasione ha confermato di essere uno scalatore di vaglia, come se ne vedono pochi in giro per le gare, di qualsiasi livello esse siano.

Allargando un po’ il discorso alla squadra, Caicedo è visto solo come un leader per conquistare punti o anche come un riferimento per i più giovani?

Domanda interessante che mi consente di fare un distinguo: l’obiettivo primario della Petrolike è essere uno strumento di crescita per i migliori prospetti messicani e consentire loro di trovare posto in grandi team. Per questo servono sì esempi, ma anche corridori in grado di insegnare ed è questo un elemento di discussione in questi giorni. Abbiamo bisogno di corridori che possano fare un po’ da “chioccia”, che abbiano sufficiente esperienza in questo mondo per insegnare ai talenti messicani, come ad esempio i due gemelli Prieto, appena vent’anni e tante possibilità.

Il Team Petrolike è nato quest’anno, ma ha grandi ambizioni già per il 2026
Il Team Petrolike è nato quest’anno, ma ha grandi ambizioni già per il 2026
Come si stanno trovando i ragazzi al loro approccio europeo?

L’inizio non è stato facile perché nelle prime corse, in particolare Laigueglia e Croazia, hanno trovato tanto freddo al quale non erano abituati, uno sbalzo di temperatura che ha provocato bronchiti, raffreddori e un generale calo di condizione. Ora la situazione va molto meglio e i risultati lo stanno evidenziando.

La squadra ha un roster tutto centro-sud americano ma una dirigenza europea. E’ possibile che l’evoluzione della squadra passi per l’acquisizione di corridori del Vecchio Continente, magari italiani?

E’ proprio questo l’obiettivo: noi abbiamo un Caicedo che è un vincente, ma come detto prima ci serve chi stia più vicino ai giovani, svolga quel ruolo di “regista in corsa” che ci manca attualmente, per questo stiamo identificando 3-4 identikit di corridori europei che possano fare al caso nostro. Corridori che accettino di scendere di categoria abbracciando il nostro più che ambizioso progetto. Potrebbero anche essere italiani, perché no.

Per Andres Camargo un inizio stagione più difficile rispetto al connazionale
Per Andres Camargo un inizio stagione più difficile rispetto al connazionale
Dove state cercando?

Un po’ dappertutto, ma dopo una scelta primaria per capire se i corridori prescelti facciano al caso nostro. E’ chiaro che deve essere gente che alla bisogna possa anche prendersi carico del team, finalizzare e portare risultati. Quel che conta è portarne qualcuno alla nostra causa, che abbracci il nostro progetto e voglia crescere insieme a noi.

Drone Hopper non paga, la strada di Savio è in salita

06.10.2022
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Savio risponde dopo qualche squillo. Racconta di aver concluso una seduta di fisioterapia, dopo l’intervento all’anca, fatto finalmente dopo mesi camminando male e dolorosamente. Spiega che ora cammina bene e riesce anche a fare qualche passo di corsa, ma il tono muscolare va ricostruito. Tuttavia, quel che il ciclismo si sta chiedendo è se la sua squadra, la Drone Hopper-Androni, avrà un futuro o la storia si fermerà a fine 2022. Fra le voci circolate nell’ambiente, c’è anche quella per cui lo sponsor spagnolo potrebbe entrare nel ciclismo femminile accanto a un team italiano. E al sentirlo, Savio prima resta in silenzio, poi quasi scoppia a ridere.

«Che facciano un team femminile – dice – lo escludo proprio a priori. La questione sta in questi termini. Noi abbiamo un contratto con la Drone Hopper, regolarmente depositato all’UCI per quattro anni. La Drone Hopper è una startup, però ha presentato tutte le documentazioni necessarie. Insomma, il revisore dei conti dell’UCI è abbastanza rigoroso e quindi se abbiamo ricevuto la licenza quest’anno è perché tutti i documenti erano a posto. Ma c’è stata un po’ di leggerezza da parte loro. Credevano che questo progetto, che pure a detta dei tecnici dei droni è molto interessante, potesse decollare subito. Invece così non è stato e si trovano in difficoltà economiche. Ci sono stati ritardi nei pagamenti ai quali io e Marco Bellini abbiamo supplito, cercando altre risorse che abbiamo trovato».

Savio alle prese con una delle situazioni più difficili della sua storia di manager
Savio alle prese con una delle situazioni più difficili della sua storia di manager
Come avete fatto?

E’ stato determinante ancora una volta l’apporto del signor Sidermec, di Pino Buda. E’ stato lui che in questo periodo ci ha tirati fuori da una situazione che poteva anche essere problematica, perché l’esborso del primo nome è notevole. E capite che se comincia a essere in ritardo di uno, due e poi tre mesi la situazione diventa allarmante. Per quest’anno l’abbiamo risolta, però né io né Marco Bellini abbiamo intenzione di passare un’altra stagione come questa.

Quindi?

Quindi, nonostante il contratto della Drone Hopper depositato all’UCI, non abbiamo ancora fatto la richiesta di affiliazione. Per farla dobbiamo avere delle garanzie precise, ma intanto a giugno abbiamo fatto una videochiamata, dicendo a tutti quale fosse la situazione. Abbiamo fatto presente che erano tutti liberi di accasarsi in un’altra squadra. Ai giovani, per i quali abbiamo il contratto biennale, abbiamo detto che ci avremmo pensato noi.

Tesfatsion aveva già firmato con la Trek-Segafredo, Cepeda è già alla EF Edication
Tesfatsion aveva già firmato con la Trek-Segafredo, Cepeda è già alla EF Edication
Sembra l’ultimo atto della storia…

Lo abbiamo fatto nel caso in cui non potessimo continuare. Ma almeno nessuno domani potrà dire di aver perso una possibilità di lavoro perché Savio e Bellini non hanno detto come stavano le cose. Due mesi fa, abbiamo detto che non sappiamo se potremo continuare. Non dipende da noi, ma dalla Drone Hopper.

Qual e la situazione adesso? State cercando altri sponsor?

Ma scherzate? Abbiamo iniziato e stiamo continuando. Quelli di Drone Hopper sono brave persone, solo che a mio avviso sono stati troppo leggeri. Peraltro sono stati loro a interpellarmi. Abbiamo anche la fideiussione, ma non andiamo ad accollarci un rischio del genere. In questo momento lì stiamo sostenendo in tutto e per tutto, ma è ovvio che ci siamo mossi in altre direzioni. Ci sono trattative aperte. Reperire sponsor non è mai stato facile, ma vi assicuro per le esperienze che ho, che in questo momento è ancora più difficile, per tutte le problematiche che conosciamo. Per i costi dell’energia, l’economia, la guerra…

Giovanni Ellena (a sinistra) con Alessandro Spezialetti, entrambi diesse della Drone Hopper
Giovanni Ellena (a sinistra) con Alessandro Spezialetti, entrambi diesse della Drone Hopper
Sappiamo che Tesfatsion andrà alla Trek, altri si sono sistemati altrove?

Il passaggio di “Natalino” alla Trek è precedente. Chiaramente, per reperire le risorse e pagare tutti, abbiamo dovuto fare dei sacrifici. Abbiamo dovuto anche cedere i contratti di Jefferson Cepeda e Andrea Piccolo (passati entrambi alla Ef Education, ndr). Per questo Piccolo è rimasto con noi così poco. Con lui ho un ottimo rapporto, non è il ragazzo che mi avevano descritto. A Getxo è arrivato secondo e mi ha mandato un messaggio, dicendo: «Guarda, mi spiace perché avrei davvero voluto vincere con la vostra maglia e non mi è riuscito. Però ti voglio ringraziare perché se posso riprendere di nuovo a un certo livello è grazie a voi».

In che modo cedere Cepeda e Piccolo vi è stato di aiuto?

Il premio di valorizzazione, ricordate che ne abbiamo già parlato? Una clausola per cui se il corridore che ha il contratto con noi riceve l’offerta di una WorldTour può svincolarsi con il pagamento di una quota tramite la quale la nuova squadra ci riconosce l’averlo scoperto e valorizzato (anche il Team Sky ad esempio pagò per Egan Bernal, ndr). Non è intendersi come una penale perché penale non è, ma grazie a quegli importi, siamo riusciti a pagare le mensilità di fine mese.

Il passaggio di Piccolo dalla Drone Hopper alla EF ha permesso a Savio di pagare parte degli stipendi
Il passaggio di Piccolo dalla Drone Hopper alla EF ha permesso a Savio di pagare parte degli stipendi
Qual è la situazione attuale?

Siamo in attesa di risposte, dell’evolversi dei fatti. Non abbiamo assolutamente intenzione di chiudere, vogliamo continuare, ma lo faremo solo con delle garanzie. A parte Natalino, Cepeda e Piccolo, che io sappia nessuno si è ancora accasato fuori. C’è da dire che anche per i corridori non è un momento facile di mercato, non è assolutamente facile.

Vi siete dati una scadenza?

Non vale la pena darsi un termine, perché il termine arriva da solo, a novembre i giochi sono chiusi. Proprio per le difficoltà che ci sono state negli ultimi anni, sotto questo profilo l’UCI ha allentato un po’ le maglie. Nel senso che pagando ovviamente una penale, in questo caso è giusto chiamarla così, ci si può iscrivere oltre i limiti di regolamento.

Pino Buda, 82 anni, è il titolare della Sidermc. Qui con Bernal nel 2017
Pino Buda, 82 anni, è il titolare della Sidermc. Qui con Bernal nel 2017
In che modo potreste coinvolgere gli sponsor storici?

Pino Buda lo ringrazio di cuore e ci tengo che si sappia. Oggi la nostra squadra esiste ancora, grazie a Pino “Salvatore” Buda. Non è la prima volta che interviene e non possiamo chiedergli di farlo anche per il prossimo anno. Pino ci sarà sempre, ma dipenderà dalla dimensione della squadra e dalle problematiche della sua attività. Invece non ci sarà più Androni come secondo nome. Gli altri, gli sponsor un po’ storici come ad esempio Lauretana e Trecolli, continueranno. Ma una squadra devi edificarla dalle fondamenta, quindi prima devi avere la base

Manca il primo nome, insomma…

Come biciclette avevamo Bottecchia, che però ha avuto questo grave problema (un vasto incendio che il 25 settembre ne ha devastato la sede, ndr). Però le biciclette non sono un problema, avremmo delle alternative, quindi il problema principale è il primo sponsor, perché di lì nasce il resto. Insomma, Drone Hopper ci ha messo in una difficoltà non da poco. Io ci credo, noi siamo abituati a lottare, l’ho sempre fatto. E quindi essendo un’ottimista di natura, penso che in qualche modo continueremo. Vedremo in che modo… 

Bellini: tutti bravi a fare gli squadroni con certi budget

19.07.2022
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Negli anni in cui il calcio era più genuino di adesso, tra i ’70 e gli ’80, le squadre italiane avevano padroni italiani. Alla RAI c’era una trasmissione chiamata Il Processo del Lunedì, creata e condotta da Aldo Biscardi, in cui quasi ogni settimana avvenivano duelli divertiti ma convinti fra il presidente della piccola Ascoli Calcio – Costantino Rozzi – e quelli di club ben più grandi. Fra questi, l’avvocato “Peppino” Prisco vicepresidente dell’Inter era uno dei più sanguigni. Il nodo del dibattere era quanto fosse facile lottare per lo scudetto con i budget miliardari a sua disposizione e quanto fosse complicato inseguire la salvezza disponendo di risorse decisamente più basse. Alla fine, anche i grandi dovevano convenire sul fatto che il vulcanico marchigiano avesse ragione.

Parlando ieri con Marco Bellini, che assieme a Gianni Savio manda avanti con dignità la Drone Hopper-Androni, sono tornati alla memoria alcuni di quei passaggi infuocati, vissuti con il patriottismo dei ragazzini fedeli alla bandiera (in apertura, i due sono con Scarponi al Giro d’Italia 2009 a Roma). Per cui, in questo momento della stagione in cui le grandi squadre WorldTour fanno mercato, che cosa succede nelle più piccole? E come si fa a restare a galla in un ciclismo votato ai grandi sponsor dai budget illimitati, in cui la stessa autorità sportiva fa di tutto per emarginare gli altri?

Il 1994 è stato l’ultimo anno da dilettante di Bellini (qui ai mondiali di Sicilia). Correva con la Brunero di Damilano
Il 1994 è stato l’ultimo anno da dilettante di Bellini (qui ai mondiali di Sicilia). Correva con la Brunero di Damilano

Cinque anni da pro’

Bellini è nato nel 1969. E’ stato professionista come suo padre prima di lui dal 1995 al 1999 e ha vissuto sulla sua pelle l’avvento del WorldTour per come è inteso oggi. Prima come direttore sportivo e adesso come manager. Nel resto del tempo dirige la sua azienda agricola, la Prevostura in provincia di Biella, in cui produce vini e organizza eventi.

«Che cosa si fa in questa fase di mercato – riflette – dipende da che squadra hai. Noi vogliamo fare da anni il salto di qualità, per arrivare al livello delle professional francesi, che sono un riferimento. Ma il mercato che puoi fare dipende dal budget a disposizione. I corridori buoni hanno ambizione WorldTour oppure puntano a ottimi contratti e a quel punto dipende dalla disponibilità. Per cui una squadra come la nostra non fa che sondare quali siano i giovani di talento e confermare quelli che già ci sono e hanno reso al meglio. E poi si va a ripescare le scommesse, come abbiamo già fatto in passato. Cercando però di investire sulla scommessa giusta e non sugli azzardi. Piccolo è una di queste».

Piccolo è arrivato in squadra con una cattiveria tutta sua dopo due anni neri (foto Drone Hopper/Sirotti)
Piccolo è arrivato in squadra con una cattiveria tutta sua dopo due anni neri (foto Drone Hopper/Sirotti)
Le scommesse, come le chiami, di solito hanno voglia di dimostrare? Pensiamo negli anni scorsi a Scarponi e Cattaneo e ora Piccolo…

La fame sportiva è importante nell’aspetto psicologico dell’atleta. Con Piccolo abbiamo fatto poco in questo senso, perché è arrivato con la cattiveria di due anni in cui ha sofferto e per vari motivi non è riuscito a correre. Una cattiveria tutta sua. Invece per quanto riguarda i giovani, vedo che gli stranieri sono spesso più determinati dei nostri, che sono abituati sempre bene. Bisognerebbe portarli un po’ più spesso all’estero e smettere di farli sentire dei fenomeni. Tanti giovani italiani puntano al WorldTour, ma non è detto che ne abbiano il livello.

Essere stato corridore ti è utile?

Per quel che riguarda la scelta degli atleti e il modo di parlarci, senza dubbio. Per la consapevolezza e cosa puoi ottenere. Per il resto, non più di tanto. Se il problema è la difficoltà di budget, devi fare i conti in modo obiettivo. Non è detto che tu non possa avere buoni corridori, ma il ciclismo è tanto cambiato.

Gabriele Benedetti è stato tricolore U23 nel 2021: finora fermo per un problema al ginocchio
Gabriele Benedetti è stato tricolore U23 nel 2021: finora fermo per un problema al ginocchio
Che cosa pensi della scelta della Bardiani di creare un team U23?

Non mi sento di giudicarli. Avranno pensato che serva e visto che hanno la struttura e un tecnico come Rossato, lo hanno fatto. Di sicuro comporta un dispendio di energie e risorse. In piccolo è quello che stanno facendo le squadre WorldTour. La filosofia è giusta, se hanno budget e uomini per farlo.

Drone Hopper cresce come si è detto all’inizio?

Drone Hopper sta facendo quello che ha garantito. Sapevamo che si tratta di una start up, che ha firmato un buon contratto al livello del primo nome in una squadra professional. Non ci siamo mai illusi, come si è scritto da qualche parte, che fosse il grande sponsor della svolta. Bisogna vedere come crescono nell’ambito dei droni e dell’industria aerospaziale. Ma di certo il suo presidente Pablo Flores crede nel ciclismo come veicolo promozionale. Bisogna aspettare che decollino davvero.

Per Umba 21 giorni di corsa nel 2022. Lo scorso anno primo a la Planche des Belles Filles al Tour of Alsace
Per Umba 21 giorni di corsa. Lo scorso anno 1° a la Planche des Belles Filles al Tour of Alsace
Come va con Savio, che coppia siete?

Lavoro con lui da vent’anni, prima come tecnico e poi nella stessa società. Siamo totalmente complementari. Lui si occupa di comunicazione, io della parte burocratica. Non abbiamo mai litigato, ma per contro ci diciamo sempre le cose in modo diretto e non nego che qualche confronto a volte ci sia.

Sappiamo di Piccolo e Ciuccarelli, su quali altri nomi vi state muovendo?

Piccolo non ha il contratto per il 2023, solo per quest’anno. E poi, visto che abbiamo in ballo trattative con due grandi aziende, dobbiamo aspettare ancora un po’ per sapere esattamente a quanto ammontino le risorse e se il budget crescerà. Se potremo puntare su corridori che diano delle semi-garanzie, lo faremo. Altrimenti ci orienteremo sui 4-5 giovani che abbiamo già individuato.

Ciuccarelli, marchigiano classe 2000, è il primo acquisto 2023 per la Drone Hopper-Androni
Ciuccarelli, marchigiano classe 2000, è il primo acquisto 2023 per la Drone Hopper-Androni
C’è anche qualcuno da recuperare, no?

Benedetti, cui teniamo molto. Il fatto che potesse correre quest’anno serviva per dargli una buona base per il prossimo. Poi Umba, Grosu che ha avuto un Covid molto lungo e Restrepo che andava fortissimo, ma si è fratturato al Giro di Grecia.

Bici Bottecchia per il 2023 o si cambia?

Si doveva cambiare nel 2022 passando a Dynatek, ma non c’era abbastanza materiale e bisogna ringraziare Bottecchia che ci ha salvato. E ora che sono stati acquisiti da Fantic, abbiamo già avuto un incontro per capire se si riuscirà a proseguire con loro, visto che ci siamo trovati molto bene. E adesso scusate, ma ho una videoconferenza con l’UCI.

Bottecchia è stata acquisita da Fantic: si sta trattando per proseguire con la sponsorizzazione (nella foto, Bais)
Bottecchia è stata acquisita da Fantic: si tratta per proseguire insieme (nella foto, Bais)
Per parlare di cosa?

Hanno cambiato i revisori dei conti e prima di passare alla fase di registrazione, stanno facendo incontri con tutti per illustrare i nuovi termini e le scadenze. Spiegano tutto punto per punto. E dato che mi occupo anche di questo, adesso metto su la cuffia e per un’oretta non ci sono per nessuno…

La qualità Biotex a disposizione della Drone Hopper-Androni

08.02.2022
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“Squadra che vince non si cambia”. Questo è lo slogan perfetto per definire una collaborazione che lega Biotex alle squadre di Gianni Savio e Marco Bellini. L’azienda faentina, specializzata nella produzione di abbigliamento intimo sportivo (ma non solo), e fondata da Antonio Visani nel 1990, è anche quest’anno partner tecnico della Drone Hopper-Androni Giocattoli.

Didier Marchan ha conquistato la prima vittoria del 2022 per la Drone Hopper-Androni alla Vuelta al Tachira
Didier Marchan ha conquistato la prima vittoria del 2022 per la Drone Hopper-Androni alla Vuelta al Tachira

Una bella storia italiana

«Siamo estremamente felici di poter ufficializzare la prosecuzione di questa nostra partnership, ha dichiarato Barbara Visani, da qualche tempo alla guida dell’azienda. Una collaborazione che ci ha sempre dato tanto, arricchendoci d’esperienza, e che quest’anno ha un sapore ancora più sfidante considerando il forte rinnovamento del team con l’arrivo di un nuovo ed importante primo sponsor: Drone Hopper. Dopo tanti anni posso affermare, con una punta d’orgoglio, che Biotex si sente veramente parte della squadra, continuando a vestire a prendersi cura di tutti i corridori. In gara quanto in allenamento».

La qualità dei prodotti Biotex accompagnerà la Drone Hopper Androni anche nella nuova stagione
La qualità dei prodotti Biotex accompagnerà la Drone Hopper Androni anche nella nuova stagione

La super fibra BTX

Biotex è punto di riferimento per quanto riguarda la produzione di intimo sportivo, ed in particolare per il ciclismo. Una vera e propria garanzia per i corridori e di conseguenza per tutti gli appassionati ciclisti. Biotex lavora da sempre su aspetti molto importanti quali la traspirazione e la protezione della performance sportiva.

Proprio l’importanza dei capi d’abbigliamento a diretto contatto con la pelle degli atleti rende Biotex un partner fondamentale per il team DH-Androni Giocattoli. Affidabilità e cura dei particolari sono elementi chiave nel lavoro quotidiano dell’azienda. Biotex fonde la scelta minuziosa del filato e le attenzioni tipiche dei prodotti fatti a mano – rigorosamente in Italia – con una fibra in polipropilene all’avanguardia denominata BTX.

Questa particolare fibra è stata individuata dai laboratori Biotex dopo anni di test e ricerche sul campo, e ad oggi è considerata la migliore soluzione per la produzione di capi tecnici per lo sport.

Barbara Visani, la titolare della Biotex
Barbara Visani, la titolare della Biotex

Grazie alle sue proprietà è difatti in grado di garantire la climatizzazione corporea, la traspirazione e l’effetto asciutto, rispettando la naturalità del corpo. Il risultato? Capi apprezzatissimi dai corridori, leggerissimi ed altamente traspiranti, per ottenere la migliore termoregolazione della pelle con qualsiasi temperatura… Contribuendo a creare le condizioni migliori per un’ottimale prestazione sportiva.

Un vero fatto-a-mano

Biotex, inoltre, può contare su un altro valore aggiunto: quello di poter contare su un patrimonio unico, ovvero il know-how dell’artigianale maglieria italiana. Frutto di anni di esperienza nella selezione dei migliori filati e nella cura del vero “fatto-a-mano” applicata su ciascun prodotto che esce dall’azienda.

«Siamo i primi utilizzatori dei nostri prodotti – ci ha confidato Barbara Visani – ed abbiamo molto chiaro che l’intimo tecnico è performante solo se rispetta la naturalità del corpo. La nostra azienda è stata fondata trentadue anni fa con la consapevolezza che un giusto abbigliamento sia alla base di uno stile di vita sano. Biotex è l’unione di “Bio” (vita) e “tex” (tessuti), e i nostri capi si caratterizzano per essere leggeri e comodi, proprio come fossero una seconda pelle, assicurando massima libertà di movimento e di conseguenza migliore performance».

Biotex

Pellaud saluta, Savio riparte dai giovani e da… un drone

27.07.2021
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Quando un paio di settimane fa arrivò la notizia dell’accordo fra Gianni Savio e una start up spagnola produttrice di droni, dal nome Drone Hopper, nel pieno del Tour e della preparazione per le Olimpiadi, facemmo un nodo al fazzoletto proponendoci di approfondirla in seguito. Così oggi, alla vigilia delle crono di Tokyo e dopo aver applaudito la vittoria del piccolo Santiago Umba alla Planche des Belles Filles al Tour Alsace (gara francese di classe 2), siamo con il manager piemontese per farci raccontare meglio. E anche per mettere sul tavolo alcune delle perplessità che l’annuncio aveva suscitato.

Ponomar è uno dei giovani su cui rifondare la squadra dopo un bel Giro
Ponomar è uno dei giovani su cui rifondare la squadra dopo un bel Giro
Si è parlato di un accordo fino al 2025 e mire di WorldTour…

E ci si è chiesti: come può una start up investire e avere un programma milionario? Domanda legittima. La verità è che si è firmato un accordo quadriennale, con l’interesse reciproco di fare un salto di qualità. Valuteremo durante il tempo, ma con tutte le cautele del caso, l’approdo finale è il WorldTour. Al momento però il contratto prevede che la squadra sia professional. Non posso parlare di cifre, ma si tratta di un impegno sostenibile viste le commesse che l’azienda ha per tutto il 2022.

Producono droni, corretto?

L’amministratore delegato, Pablo Lopez, è un ingegnere aeronautico che proviene dall’aeronautica spagnola. E’ un grande appassionato di ciclismo, ma soprattutto l’azienda detiene il brevetto di un drone che parrebbe essere rivoluzionario. Un amico spagnolo gli ha parlato di me. Siamo andati prima noi da lui, poi quando si è trattato di firmare il contratto, ha ricambiato lui la visita.

Umba, a sinistra, è grande amico dei fratelli Quintana, venendo dallo stesso paese in Colombia
Umba, a sinistra, è grande amico di Quintana, venendo dallo stesso paese in Colombia
Quindi forse in fase di annuncio si è alzato un po’ il tono?

Noi avevamo bisogno di un primo nome di peso, senza fare proclami. Il progetto si baserà ancora sui giovani e potrebbe farne ancora parte Androni Giocattoli, magari come secondo nome. Non è un mistero che l’anno scorso ci siamo allontanati, anche per la situazione Covid che li aveva costretti a interrompere la produzione. Poi ci siamo riavvicinati, dopo 12 anni di reciproche soddisfazioni.

Un progetto basato sui giovani, quindi?

A breve si annuncerà un bel nome, sto zitto per scaramanzia. Non abbiamo ricevuto richieste particolari per prendere corridori spagnoli. Drone Hopper ha interessi commerciali in tutta Europa, Italia compresa, e in Sud America. Per cui avremo senz’altro corridori spagnoli, ma anche di altre nazioni. Di certo terremo tutti i nostri giovani.

“Natalino” Tesfatsion, un primo anno con ottimi segnali. Qui alla Adriatica Ionica Race
“Natalino” Tesfatsion, un primo anno con ottimi segnali. Qui alla Adriatica Ionica Race
Fosse successo tutto tre anni fa, avreste tenuto Bernal?

Diciamo che non cederemo i nostri giovani come quando non avevamo la caratura per tenerli, ma un Egan lo lascerei andare ugualmente. Era e sarebbe ancora giusto che andasse. Se fosse rimasto, avrebbe potuto fare un bel Giro, ma non vincerlo perché non avrebbe avuto una squadra all’altezza. Invece è andato a Sky, in quel primo Tour del 2018 ha tirato forte in salita acquisendo credibilità in squadra e davanti ai compagni. E questo gli è tornato utile nel 2019, quando il Tour lo ha vinto lui e ha avuto bisogno di loro. Avrebbe perso un anno. Gli altri però restano qua.

Di quali corridori parliamo?

Di Santiago Umba, per cominciare, che ha 18 anni e sta crescendo gradualmente. Di Andrii Ponomar, che ha un fisico diverso e più possente. Ma terremo anche “Natalino” Tesfatsion e il piccolo Cepeda. Sono venuti al Giro, ma sono stati sfortunati dopo un bel Tour of the Alps. Le giornate di freddo che abbiamo trovato li hanno congelati.

E’ stato giusto nel suo interesse lasciar andare Bernal: «Avrebbe perso un anno»
E’ stato giusto nel suo interesse lasciar andare Bernal: «Avrebbe perso un anno»
Cosa farà Pellaud?

Pellaud ha il contratto che scade ed è vicino a una squadra WorldTour. Non si può dire fino al primo agosto, per cui ve lo dico a patto che non lo scriviate (ce lo ha detto, bisognerà aspettare, ndr). Con lui c’è un ottimo rapporto, sono stati due anni molto buoni per entrambi.

Bici ancora Bottecchia?

Qui si tocca un tasto dolente, per noi come per molte squadre. Manca il materiale, per cui l’accordo con Bottecchia c’è pure, ma non abbiamo depositato nulla, in attesa che si capisca se c’è la possibilità di fare l’accordo. Avevamo ricevuto richieste da altri, ma anche loro alla fine si sono defilati per lo stesso motivo.

Il fondatore e Ceo di Drone Hopper è Pablo Flores, a destra. Con lui il braccio destro Juan Carlos Marin
Il fondatore e Ceo di Drone Hopper è Pablo Flores
Abbiamo visto la foto di una maglia.

Ma era un bozzetto provvisorio, non c’è ancora niente. Si farà una presentazione durante la Vuelta e allora ci sarà qualcosa di più pronto. Il prossimo step sarà annunciare il nuovo acquisto. Un passo per volta. Di questi tempi è già tanto avere qualcosa da annunciare.