Tiberi e Vergallito, lampi d’Italia nella Vuelta che decolla

24.08.2024
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Non sarà come quando al Giro del 2010 la fuga dell’Aquila costrinse la Liquigas ai lavori forzati per riprendere e staccare Arroyo, se non altro perché il margine di allora sfiorava i 13 minuti. In ogni caso la fuga con cui tre giorni fa Ben O’Connor ha conquistato la maglia rossa della Vuelta vincendo a Yunquera ha messo i principali favoriti della Vuelta nella condizione forzata di inseguire. Non a caso, dopo la vittoria di Roglic sul traguardo di oggi a Cazorla, i giornali spagnoli hanno titolato sull’inizio della rimonta.

«E’ stata una tappa difficile – ha detto Primoz, che la maglia l’aveva presa a Pico Villuercas – ho rinunciato ad attaccare da lontano, ma alla fine c’era l’opportunità di puntare alla vittoria di tappa e l’ho fatto. La salita finale mi andava bene e avevo buone gambe. Sono felice di essermi ripreso parte del mio tempo, ma sto vivendo la Vuelta un giorno alla volta. Domani potrei perdere nuovamente terreno. Sento ancora l’infortunio alla schiena dovuto al Tour».

Almeida ha scalato la salita finale accanto a Stefan Kung, segno che qualcosa davvero non andasse
Almeida ha scalato la salita finale accanto a Stefan Kung, segno che qualcosa davvero non andasse

La scelta della UAE

Nel giorno in cui Roglic e Mas hanno iniziato a risalire la china, con Tiberi giusto alle spalle, chi ha perso terreno in modo significativo e inatteso è stato Joao Almeida, che da più parti era stato indicato a ragione come il favorito della Vuelta. Il portoghese ha tagliato il traguardo a 4’53” dal vincitore, fiaccato a quanto si dice dalla positività al Covid.

Chissà se è vero quanto ha detto il tecnico della nazionale spagnola sul fatto che Ayuso in realtà stia benissimo e sarebbe stato lasciato a casa per il comportamento del Tour. Sia quel che sia, anche oggi nella scalata a Cazorla si è capito che la UAE Emirates senza Pogacar (o la promessa della sua imminente presenza) non è lo squadrone che abbiamo ammirato al Giro, allo Svizzera e al Tour de France. Con Yates mai realmente della partita e l’Almeida claudicante di oggi, se il risultato finale sarà che Ayuso rimarrà nel team, allora il team avrà ottenuto una qualche forma di risultato. In caso contrario, finirà come per il marito che per punire la moglie ha scelto di infierire sulla propria virtù.

L’errore di O’Connor

Il finale di tappa era perfetto per lo sloveno: l’unico a non averlo capito è stato il leader Ben O’Connor. Forte di un margine a dir poco importante, l’australiano ha creduto di avere un livello paragonabile a quello di Roglic. E anziché amministrare con sapienza il proprio margine, si è messo in testa di rispondere a Primoz, che al terzo affondo se lo è tolto di ruota e lo ha lasciato sprofondare nel fiato corto.

«La fase di apertura della tappa era già molto dura – ha cercato di spiegare O’Connor – sono sempre stato davanti, ma ovviamente sono un po’ deluso per come è finita. Non mi aspettavo di perdere così tanto, ma penso che le salite di domani intorno a Sierra Nevada saranno meno moleste per me. Spero di avere una giornata migliore e di tenere la maglia».

A suo agio anche sulle pendenze arcigne di Cazorla, il passivo di Tiberi è di 17″
Tiberi si è trovato a suo agio anche sulle pendenze arcighe di Cazorla: il suo passivo è di 17″

Tiberi sornione

Antonio sta lì e per ora segue. Lo senti parlare e riconosci una sicurezza superiore a quella del Giro dove tutto era scoperta. Sarà perché ha già corso per due volte la Vuelta negli anni alla Trek-Segafredo o perché dopo la maglia bianca del Giro, l’asticella s’è alzata per davvero. Oggi sul traguardo, Tiberi è stato il primo dopo Roglic, Mas e Landa, pagando appena 17 secondi, figli più delle caratteristiche di ripidezza della salita che di un’effettiva difficoltà.

«Oggi è stata un’altra tappa dura dall’inizio – spiega il corridore della Bahrain Victorious – con un ritmo davvero elevato, almeno fino a quando non è partita la fuga. Poi si è continuato ad andare forte per tutto il giorno. L’ultima salita l’abbiamo presa forte dall’inizio ed era molto ripida. Ho cercato di fare del mio meglio per tenere il ritmo e alla fine ho dato davvero tutto. Ho seguito i migliori e sono arrivato quarto. E’ molto bello per me su questo tipo di salita, perché non è adatta a me. Ma se oggi sono riuscito a guadagnare qualcosa, allora vuol dire che sto bene e cercherò di continuare così».

Vergallito è rimasto in fuga per 95 chilometri, cedendo solo a pochi passi dal traguardo
Vergallito è rimasto in fuga per 95 chilometri, cedendo solo a pochi passi dal traguardo

E intanto Vergallito…

A proposito di italiani, registrata la tenace difesa di Tiberi, non si può dimenticare la lunga fuga di Luca Vergallito, rimasto allo scoperto per quasi 100 chilometri con Tejada, Lazkano, Schmid, Oomen, Izagirre e Le Berre. E poi, mano a mano che i chilometri passavano, il milanese della Alpecin-Deceuninck si è ritrovato testa a testa con Tejada e Lazkano. E se lo spagnolo alla fine ha ceduto le armi, solo Tejada ha fatto meglio di lui, piazzandosi al settimo posto a 24 secondi da Roglic. Per Vergallito è venuto il dodicesimo posto a 36 secondi dal vincitore. Secondo miglior italiano di giornata nel primo Grande Giro della carriera.

«Durante la fuga ci sono stati momenti in cui speravamo di farcela e altri dove invece vedevo al fine segnata. Ai meno 20 però ho capito che arrivare sarebbe stato quasi impossibile. Anche la prossima potrebbe essere una tappa adatta, ma oggi ho speso tanto e non credo potrò essere al cento per cento. Qui c’è un livello altissimo, sono nell’elite del ciclismo, ci metto tutto me».

La Vuelta è ancora lunga, ma il motore della corsa sta decisamente prendendo giri. Domani l’arrivo di Granada metterà ancora di più alla prova gli uomini di classifica e a quel punto capiremo se O’Connor potrà durare ancora a lungo o se il suo regno ha i giorni contati.

La Freccia di Williams, del gelo e degli gnocchi di Formolo

17.04.2024
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HUY (Belgio) – «Hai presente quando sei in trance per il freddo e non riesci a capire dove ti trovi? Ero lì che pedalavo, sapevo di essere alla Freccia Vallone, ma a un certo punto mi sono messo a chiedere dove fossimo. Se nel primo gruppo oppure dove, perché non capivo davvero. Adesso ho un piatto di gnocchetti che mi aspetta, ma prima devo scaldarmi le mani, che quasi non le sento…».

Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia. Sul pullman ha ritrovato il sorriso e gli gnocchi
Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia. Sul pullman ha ritrovato il sorriso e gli gnocchi

Tre italiani all’arrivo

Davide Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia Vallone, 24° a 36 secondi dal vincitore Williams che si fa attendere. Alla fine se non altro ha smesso di piovere e buttar neve, ma a un certo punto, visto il veronese risalire posizioni, abbiamo sperato che ne avesse per tentare l’allungo. Non è stato semplice essere italiani su questo muro, senza corridori azzurri nel primo gruppo, ad eccezione appunto di Formolo. Gli altri compaesani ad aver finito la Freccia Vallone sono stati Lorenzo Germani (quarantesimo) e Luca Vergallito, quattro posti dopo di lui: ultimo classificato.

«La Freccia è meglio vederla in televisione che starci dentro – dice il lombardo approdato al WorldTour dal mondo Zwift – sono distrutto. Nei primi 80-90 chilometri c’è stato tempo bello, meglio di quanto ci aspettassimo. Poi sono iniziati il diluvio, il freddo, un po’ di grandine e pure la neve. E’ stata una gara a eliminazione, io mi sono staccato sul penultimo passaggio del Muro d’Huy e poi ho portato la bici all’arrivo e basta. Ho fatto fatica anche a mettere le mani in tasca per prendere da mangiare. Sicuramente chi ha vinto oltre a essere forte, è stato anche bravo a alimentarsi in maniera corretta».

Luca Vergallito, 44° all’arrivo, è stato l’ultimo degli atleti classificati alla Freccia Vallone
Luca Vergallito, 44° all’arrivo, è stato l’ultimo degli atleti classificati alla Freccia Vallone

Germani e il freddo

«E’ stata una giornata strana – dice Germani – siamo partiti col bello e sapendo che avrebbe piovuto, ma non così. Magari sono partito un po’ troppo coperto, con crema riscaldante e all’inizio della gara sentivo caldissimo. Poi però, da quando ha cominciato a piovere, ha cominciato a fare davvero freddo. Ho cercato di fare il mio. Ogni volta che mi staccavo, cercavo di rientrare per aiutare Gregoire o Madoouas, ma è stata una giornata talmente particolare che anche loro ne hanno risentito. Non ho avuto delle sensazioni buonissime, ma con questo tempo non si possono avere…».

Attacco a sorpresa

Quando Williams ha attaccato, i primi hanno avuto appena il tempo di guardarsi. Nessuno attacca mai in quel punto, perché di solito poi si pianta. Eppure proprio quella piccola esitazione ha spalancato la porta al britannico della Israel Premier Tech, che al momento di tagliare il traguardo ha ricordato la gestualità e lo sguardo stravolto di Dan Martin.

«Penso di essermi mosso un po’ prima del solito – racconta – ma c’era un po’ di stallo. Tutti hanno rallentato e credo che nessuno si aspettasse un attacco del genere. Ho potuto farlo perché ero certo delle mie gambe. Ho seguito l’istinto e ho visto che quello era il momento perfetto per partire. Ho pensato che se fossi riuscito a ottenere un margine sufficiente, una volta visto il traguardo sarei stato capace di soffrire più degli altri. E alla fine è bastato. Penso di essermi voltato spesso negli ultimi cento metri. Si stavano avvicinando, ma dopo 200 chilometri sotto la pioggia, fai la differenza con la capacità di soffrire ed ero certo di me».

Dopo l’arrivo di Huy, Williams era stravolto, ma il suo sforzo è stato perfetto
Dopo l’arrivo di Huy, Williams era stravolto, ma il suo sforzo è stato perfetto

Gli occhi al cielo

La differenza in questa Freccia Vallone, che ha perso subito i big del gruppo (ritirati o staccati), l’hanno fatta la fiducia, la capacità di gestire alimentazione, abbigliamento e stress.

«Chiedete a qualcuno dei miei compagni di squadra – dice – ieri sera e stamattina, guardavamo sempre il cielo per capire come sarebbe stato il meteo. In effetti è davvero difficile correre in queste condizioni. Il circuito non era incredibilmente tecnico, quindi era gestibile. Ugualmente la cosa più difficile è provare a fare le cose normali in certe condizioni. Quindi mangiare, bere, cercare di non esagerare con lo stress, cercare di non vestirsi troppo. E oggi ho fatto tutto perfettamente.

«Sono partito con un paio di mantelline in tasca e penso di aver tolto l’ultima a 10-15 chilometri dall’arrivo. Mi sono sentito davvero a mio agio per tutto il giorno. Le mie mani si sono un po’ increspate, i piedi sono diventati freddi a un paio di giri dalla fine, ma a quel punto il gruppo era davvero piccolo. Eravamo tutti uguali in una corsa di bici, potevo gestirlo.

325 grammi di gnocchi

A proposito di mani, quelle di Formolo ormai hanno ripreso colore e vita. Il veronese scherza: dopo una doccia ed essersi infilati in abiti asciutti, la vita cambia prospettiva.

«Ha cominciato a piovere e fare freddo – racconta ancora Formolo – quando siamo entrati nel circuito finale. La UAE si è messa davanti a tirare e così non si riusciva a coprirsi. Si sapeva che avrebbe piovuto e per questo sono partito con i guanti in neoprene nelle tasche e anche la gabba a maniche lunghe. Solo che ho impiegato 10 chilometri per infilarmi i guanti e a quel punto la gabba era bagnata e non entrava più. Sono arrivato al classico punto che non capisci più niente. Difficile dire quanto freddo abbia sentito, difficile fare una classifica. E’ una di quelle giornate che per fortuna capita solo un paio di volte ogni anno. Diciamo un buon allenamento per la Liegi (ride, ndr). E adesso però si mangia: 325 grammi di gnocchi con ragù di pollo e tacchino. Ho così fame, che quasi ci farei il bagno».

La Parigi-Nizza di Vergallito: «Una vera faticaccia…»

13.03.2024
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Per Luca Vergallito la prima stagione nel WorldTour diventa più impegnativa ogni giorno che passa. Prima la trasferta australiana, poi le altre corse a tappe fino alla Parigi-Nizza, dove con il suo 36° posto è stato il terzo degli italiani in classifica dopo Cattaneo e Battistella. Per il milanese l’impatto con la corsa francese è stato duro, perché non parliamo di una gara a tappe come le altre, è l’ideale spartitraffico fra le tante del calendario e i tre grandi Giri.

Tornato a casa e in attesa di rimettersi in viaggio tra qualche settimana (lo attende il Giro dei Paesi Baschi a inizio aprile per poi dirigersi verso le Classiche delle Ardenne), Vergallito traccia il bilancio non focalizzandosi sull’ultima gara.

«Ho iniziato subito con l’Australia cominciando ad assaggiare il massimo circuito – spiega il milanese – poi le prime gare a tappe europee, ma non sono la stessa cosa. Lì, anche agli antipodi, trovi sì le squadre del WorldTour ma anche quelle Professional e Continental. Alla Parigi-Nizza cambia tutto: ci sono i massimi team, solo qualche altra squadra a invito, si vede che il livello è più alto».

Vergallito alla Parigi-Nizza. Un 29° posto come miglior risultato e tanta esperienza in più
Vergallito alla Parigi-Nizza. Un 29° posto come miglior risultato e tanta esperienza in più
Da che cosa te ne sei accorto?

La startlist diceva sin dal via che tutti i team portavano i grossi calibri e in gara lo percepisci, lo vivi. C’è molto più nervosismo in gruppo, il ritmo è più alto, tutti cercano di mettersi in luce. Poi c’è un fattore che emerge: la lunghezza, sono ben 8 tappe, rispetto alle altre corse di più giorni è un’altra cosa. Finita la gara la senti nelle gambe che non è come tutte le altre.

Tu come l’hai vissuta?

E’ stata abbastanza tranquilla perché la squadra non mi ha messo pressione, né me la sono messa io. Sapevo che era un impegno diverso dal solito, una corsa più lunga e con una concorrenza della massima qualità. E’ chiaro che dentro senti sempre la voglia di arrivare davanti, fare risultato, ma non ci arrivi dall’oggi al domani.

La corsa francese è stata stressante soprattutto per la sua lunghezza e la condotta del gruppo
La corsa francese è stata stressante soprattutto per la sua lunghezza e la condotta del gruppo
Quali erano i tuoi compiti?

Inizialmente tutta la squadra era votata al supporto di Kaden Groves per le volate, poi nella terza frazione, una cronosquadre, sapevamo di essere svantaggiati rispetto agli altri team, non siamo specializzati e potevamo solamente difenderci. La quarta tappa era forse la più dura: io ero nel primo gruppo, ma quando è caduto Gaudu ho perso l’aggancio con i primi e non sono più riuscito a recuperare. Poi sono andato avanti pressoché allo stesso livello. Non ho ottenuto risultati eccezionali, ma sono soddisfatto perché credo di aver imparato più in questa settimana che in tutte le altre gare dell’anno.

Che c’è che cambia in una corsa del massimo livello?

La tensione che si respira. L’aspetto tattico della corsa diventa essenziale, il posizionamento in gara per ogni singolo chilometro. Non puoi davvero sbagliare nulla. Il fatto di avere vissuto tutto ciò, di avere visto piccoli miglioramenti proprio nella condotta di gara lo reputo come una vittoria personale.

Evenepoel e Roglic, i due big al via della corsa francese. Eppure Jorgenson è riuscito a batterli
Evenepoel e Roglic, i due big al via della corsa francese. Eppure Jorgenson è riuscito a batterli
Questo è il tuo primo anno nella squadra maggiore. Anche alla Parigi-Nizza hai affrontato grossi calibri, anche corridori come Evenepoel e Roglic, due di quelli considerati fra i “magnifici 5” che stanno cambiando il ciclismo contemporaneo. Che cosa significa correrci contro?

In questo senso la Parigi-Nizza mi ha detto molto. Si capisce che hanno qualcosa in più sia dal punto di vista fisico che tattico. Vedi corridori del genere e vedi gli altri: il 95 per cento di loro cerca di stare al passo mettendoci tutto quel che ha, ma poi quelli fanno la differenza. Non vedi in loro alti e bassi, segni di chiaro cedimento. A prescindere dalla condizione, fanno risultato. Però ho anche capito che con il sacrificio, crescendo piano piano ci si può arrivare a competere: la vittoria di Jorgenson in questo senso è un messaggio di speranza per me perché anche chi non è baciato dal talento puro può farcela.

Ora ti attendono Paesi Baschi, le Classiche e il Romandia. L’impressione è che la squadra creda fortemente in te al punto di aver portato il tuo calendario quasi all’estremo…

E’ vero e so che in corse simili, fare risultato è molto difficile. Ma è solo così che si cresce, dando il massimo e analizzando i propri errori, per questo dico che l’esito della Parigi-Nizza è stato un’ispirazione. L’Alpecin Deceuninck non è una squadra di scalatori, quindi ho spazi nelle corse più difficili, spero piano piano di poterli sfruttare.

Per il lombardo una prima parte di stagione impegnativa. Il livello di gare rispetto al 2023 è salito molto
Per il lombardo una prima parte di stagione impegnativa. Il livello di gare rispetto al 2023 è salito molto
Tutti sanno che tu vieni dall’esperienza della Zwift Academy, dove poche settimane fa Mattia Gaffuri ha sfiorato l’ottenimento del contratto. Tu che ci sei passato che cosa ti senti di consigliargli?

Se vuole diventare professionista deve insistere, tenere i rapporti con l’ambiente e sperare nel colpo di fortuna. La logica vorrebbe che chi da una selezione di decine di migliaia in tutto il mondo è emerso fino alla finale, all’ideale podio, dovrebbe avere una chance in questo mondo, ma è difficile che gli altri team vengano a cercarti. La ragione è semplice: il mondo dei professionisti è ristretto, c’è un ricambio continuo, guardate quanti corridori in carovana lo scorso anno sono rimasti senza contratto… Anche se ha talento – e lui ne ha da vendere – questo non basta. Io lo so bene: con Chiara Doni sapevo che aveva perso la finale di pochissimo: ho contattato mari e monti, alla fine è saltato fuori solo un breve stage a fine stagione. Chissà, potrebbe capitare anche a lui, mai rassegnarsi.

Vergallito in prima squadra, ora i dubbi si allontanano

15.10.2023
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La stagione di Luca Vergallito si è chiusa anzitempo, con la caduta alla Coppa Agostoni costatagli la frattura alla clavicola che ha richiesto un intervento del chirurgo. A rendere la convalescenza meno amara è stata però la notizia della sua promozione nella prima squadra dell’Alpecin Deceuninck, che andrà a comporre il risicato contingente italiano insieme a Nicola Conci, unico azzurro confermato.

Per il milanese è un passo importante, dopo un anno di apprendistato nel team Devo che aveva fatto seguito alla sua vittoria nel contest Zwift. Una seconda opportunità che gli ha aperto la porta del ciclismo che conta, ridando vigore ai sogni che aveva messo da parte quasi con rassegnazione.

Vergallito con il braccio al collo alla Tre Valli, con Chiara Doni anche lei passata per la Zwift Academy
Vergallito con il braccio al collo alla Tre Valli, con Chiara Doni anche lei passata per la Zwift Academy

«Per me questa promozione ha un sapore dolcissimo – racconta Vergallito – la conferma da parte del team è il premio più bello per quel che ho fatto in questo primo anno di attività, dimostra che ho fatto davvero qualcosa di buono se i dirigenti mi hanno visto adatto a fare l’ulteriore, decisivo salto di qualità».

Questo risultato è anche la risposta ai dubbi sul tuo cammino ciclistico, avevi confessato che anche tu ne avevi…

Sì, è vero, mi hanno accompagnato nel corso di questa stagione. Io per primo avevo dentro di me quella vocina scettica che mi poneva davanti a quel che stavo facendo. Alla fine quest’anno ha dimostrato che la mia scelta era stata giusta, ma credo di aver lanciato anche un messaggio agli altri, facendo vedere che si può seguire anche una strada diversa per realizzare i propri sogni, che tutto è possibile. Non voglio sembrare arrogante, so che i miei risultati sono arrivati in corse minori e che tanto altro c’è da fare, ma per me questo è un inizio, non l’arrivo di un percorso.

Per il lombardo appena 33 giorni di gare Uci e 5 vittorie. Ha 26 anni, è alto 1,90 e pesa 67 chili
Per il lombardo appena 33 giorni di gare Uci e 5 vittorie. Ha 26 anni, è alto 1,90 e pesa 67 chili
Ora sali di categoria, ti confronterai con i più forti, anzi alcuni li avrai nel tuo stesso team…

E’ uno stimolo assoluto, dovrò affrontare il meglio al mondo e questa è la più grande sfida che mi posso trovare davanti. E’ importantissimo che possa affrontare una buona preparazione invernale. Per questo appena possibile, spero già fra una settimana, voglio tornare in bici, per farmi trovare pronto quando la preparazione vera e propria inizierà.

Qual è stato il momento più bello di questa stagione?

Probabilmente la vittoria all’ultima tappa dell’Oberosterreichrundfarth, che mi ha permesso di conquistare anche la classifica generale. Era la mia terza corsa a tappe della stagione, è stata una svolta, ha messo da parte tutti quei dubbi di cui dicevo prima. Una scarica violenta di emozioni. Poi sono arrivati altri buoni risultati, come i successi al Province Cycling Tour in Belgio e al Giro del Friuli, ma non hanno avuto quel carico emozionale.

Vergallito solo al traguardo in Austria, una vittoria forse decisiva per il suo futuro (foto Instagram)
Vergallito solo al traguardo in Austria, una vittoria forse decisiva per il suo futuro (foto Instagram)
Che effetto ti fa essere stato scelto come uno dei due italiani?

So che nel team hanno cambiato molto, d’altronde 30 posti sembrano tanti, ma non è assolutamente così, soprattutto considerando tutti gli obiettivi che un team del WorldTour ha. I posti sono quelli e ciascun dirigente vuole che ogni poltrona sia occupata bene… Questo significa che se sei fra quelli prescelti te lo sei meritato davvero, non è un regalo…

Gareggerai con i più grandi, Van Der Poel e Philipsen, che cosa significa?

A dir la verità non saranno molte le occasioni nelle quali saremo insieme, avremo calendari molto differenziati almeno come impostazione. Loro sono corridori da classiche e da volate, hanno bisogno di una squadra che li supporti. L’Alpecin d’altro canto è costruita molto su di loro e su quel tipo di calendario, non è un team che punta ai grandi Giri. Io sarò chiamato a impegnarmi in gare più adatte alle mie caratteristiche, a prove impegnative, con molte salite. Non saremo molti a seguire questa strada, ma so che avremo comunque un team competitivo dove di volta in volta si proverà a fare risultato, magari in qualche caso ci proverò in prima persona.

Il milanese insieme a Diego Ulissi. Dal prossimo anno pronto per lui un calendario di classiche impegnative
Il milanese insieme a Diego Ulissi. Dal prossimo anno pronto per lui un calendario di classiche impegnative
Da quando la tua storia è emersa, hai avuto addosso molta attenzione da parte dei media. Pensi che questa ti abbia aiutato?

Non più di tanto, ma non mi ha creato neanche tanta pressione addosso. Mi sono sempre concentrato su quel che posso fare. Non guardo tanto quel che succede intorno a me quanto a me stesso e alle persone che mi sono state più vicine e mi hanno spinto a dare sempre quel qualcosa in più.

Nel mondo social, accennavi tu stesso in passato che molti non hanno mancato di darti addosso, come se la tua trafila attraverso un concorso invece che tramite le categorie giovanili fosse una colpa. Pensi che questo epilogo chiuderà finalmente la bocca a tanti detrattori?

Purtroppo non ci credo molto, le critiche non sono mai mancate, anche nei momenti migliori della stagione e so che non appena qualcosa andrà storto torneranno a farsi sentire. Spero che comunque almeno qualcuno che aveva dubbi su di me si sia convinto. Io dubbi non ne ho più, questo è ciò che conta.

Argento all’europeo per scalatori, Gaffuri riparte da qui

08.08.2023
5 min
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Nella settimana finale del Tour è iniziata a circolare la voce di un nuovo campionato europeo, riservato agli scalatori. Nato per precisa volontà della Uec ma sorto praticamente dal nulla. Un’idea che però aveva trovato qualche sostenitore di prestigio, a cominciare da Tadej Pogacar che aveva annunciato la sua presenza alla gara allestita in Svizzera, sul San Gottardo.

Conoscendo lo sloveno, c’è da pensare che effettivamente volesse partecipare una settimana dopo la conclusione del Tour, ma le fatiche della Grande Boucle, l’imminente mondiale e soprattutto il complicato avvicinamento alla corsa francese lo hanno fatto desistere, affidando la sua rinuncia all’europeo a un messaggio Instagram nel quale dava il suo sostegno al compagno di squadra austriaco Grosschartner, risultato alla fine vincitore.

Il podio europeo con Grosschartner primo, Gaffuri a 49″ e Blanc (FRA) a 1’44”
Il podio europeo con Grosschartner primo, Gaffuri a 49″ e Blanc (FRA) a 1’44”

In terra elvetica il corridore austriaco ha preceduto una vecchia conoscenza italiana, Mattia Gaffuri. Se ne erano perse le tracce, a livello assoluto, un paio di anni fa dopo alcune belle prestazioni al Giro della Valle d’Aosta, disputato nelle file del Velo Club Mendrisio. Poi più nulla, fino a questo argento che potrebbe segnare un cambiamento deciso nella sua vita.

Che cosa è successo da allora?

E’ un po’ complicato da raccontare. Io ho iniziato molto tardi ad andare in bici, a 20 anni, prima mi dedicavo al mezzofondo di atletica. In un paio d’anni avevo anche bruciato le tappe, ma non avevo raggiunto livelli tali che mi permettessero di trovare un team per la mia attività dopo la categoria, così ho deciso di concentrarmi sullo studio della preparazione atletica. Studio per la laurea in Scienze Motorie e al contempo gareggio fra gli amatori. Intanto insieme al mio amico Luca Vergallito abbiamo messo su una compagnia di coaching, Ciclismo Kompetente.

Valle d’Aosta 2021. Il lombardo si ritira nella terza tappa e decide di lasciare, senza prospettive (foto Instagram)
Valle d’Aosta 2021. Il lombardo si ritira nella terza tappa e decide di lasciare, senza prospettive (foto Instagram)
Il sogno di gareggiare nel ciclismo che conta non l’hai però messo da parte visto il risultato di domenica. Forse l’esperienza di Luca ti ha contagiato…

Un po’ è vero, il suo esempio è un’ispirazione, soprattutto quel che ha saputo fare nei primi mesi dimostrando di poter davvero competere ai massimi livelli. Voglio seguire la sua strada, sto cercando di prendere contatti con qualche realtà professionistica e conto di provare anch’io il concorso Zwift fra settembre e ottobre.

Quando hai saputo della disputa del campionato europeo e della possibilità di prendervi parte?

Una decina di giorni prima, avevo trovato un link di riferimento, mi ha incuriosito soprattutto l’opportunità di poter gareggiare a livello assoluto, poi c’era la notizia che avrebbe avuto al via anche Pogacar e chiaramente era una bella chance. La cosa che più mi ha intrigato è stata però la possibilità data anche a uno come me con la tessera amatoriale di gareggiare con gli elite, trattandosi di una cronometro. In Svizzera non c’è distinzione per le prove contro il tempo, a differenza di quanto avviene nelle gare in linea.

Il comasco aveva vinto quest’anno GF di New York, GF Montblanc e il medio della Dolomiti (foto Manuel Glira)
Il comasco aveva vinto quest’anno GF di New York, GF Montblanc e il medio della Dolomiti (foto Manuel Glira)
Che gara era?

Si trattava di una cronoscalata di 12 chilometri con partenze scaglionate ogni 2 minuti. Io ho pensato di prendervi parte anche perché sapevo di essere in un ottimo momento di forma, a inizio luglio avevo vinto il percorso medio della Maratona dles Dolomites, dovevo sfruttare l’occasione. In gara ho tenuto sempre una media molto alta, sul filo dei 400 watt per tutti i 36 minuti.

Ti aspettavi un risultato del genere?

Diciamo che in fondo al cuore ci speravo, ma non sapevo quale sarebbe stato il livello generale della competizione. Sicuramente questa medaglia d’argento mi dà ancora più motivazione per insistere, per tornare a percorrere questa strada, per continuare a prendere contatti, in fin dei conti diciamo che accresce il mio curriculum…

Sul San Gottardo Gaffuri ha tenuto medie altissime con wattaggi sempre vicini ai 400
Sul San Gottardo Gaffuri ha tenuto medie altissime con wattaggi sempre vicini ai 400
Secondo te questa idea di un confronto titolato riservato agli scalatori può avere un futuro?

Io credo di sì, soprattutto se manterrà questa possibilità di mettere a confronto diverse categorie, anche se c’erano classifiche diverse. Magari però sapendolo un po’ prima nel corso della stagione e con un po’ di promozione in più!

(e.v.) Il tema del passaggio al professionismo attraverso i canali non convenzionali è un tema caldo che non manca di suscitare dibattito. Tanti dilettanti negli anni hanno smesso perché incapaci di trovare la via giusta. Perché guidati da tecnici che non li avevano capiti. Perché, inseriti come giovani galli da combattimento in una dimensione senza altre prospettive, erano saltati di testa. Perché venivano avviati alla professione con l’imposizione del sacrificio senza coglierne la necessità. Il fatto che alcuni di loro si stiano riaffacciando a quella porta tramite Zwift e iniziative simili potrebbe essere la conferma che la scuola del dilettantismo degli ultimi 10 anni in Italia non sia infallibile. Tuttavia è necessario comprendere anche che la maturazione tecnica che si ottiene crescendo lungo lo scorrere delle categorie giovanili costituisce un patrimonio insostituibile. Ritrovarsi in un gruppo di professionisti senza avere le basi per starci significa mettere a repentaglio la propria e soprattutto l’altrui salute.

La prima di Vergallito. La scelta era stata giusta

05.06.2023
5 min
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Primi mesi da professionista per Luca Vergallito e i risultati cominciano ad arrivare. Risultati utili per togliere quel velo di scetticismo che aveva coperto il suo ingaggio all’Alpecin Deceuninck (squadra Development) in virtù della vittoria nel concorso Zwift, esattamente come prima di lui aveva fatto Jay Vine. I commenti social tesi allo scetticismo ormai sono parte del passato, perché il venticinquenne milanese inizia a mostrare di che pasta è fatto.

Sesto alla Fleche Ardennaise e 15° al Giro di Norvegia, poi l’acuto all’Oberosterreich Rundfarth, prova a tappe austriaca dove in un sol colpo ha conquistato tappa finale e classifica generale, da vero “bandito” com’è il suo soprannome nel mondo delle due ruote. E’ il momento giusto per fare il punto della situazione, considerando che chi corre in una squadra devo è sempre soggetto a vincoli, come l’impossibilità a confrontarsi con i migliori nelle prove WorldTour.

Vergallito solo al traguardo, battuto lo spagnolo Carda, secondo in classifica a 1″, 3° Messmer (AUT) a 9″
Vergallito solo al traguardo, battuto lo spagnolo Carda, secondo in classifica a 1″, 3° Messmer (AUT) a 9″

«E’ stato tutto come mi aspettavo – racconta Vergallito di ritorno dall’Austria – mi trovo in una squadra molto ben organizzata dove gli atleti sono seguiti bene, sia dal punto di vista dell’allenamento che da quello logistico per le trasferte, esattamente quello che ci si aspetta da una formazione WorldTour (Vergallito è tesserato con il Development Team, ndr), quindi diciamo che le aspettative sono state rispettate».

Tu avevi messo un po’ da parte le tue aspirazioni ciclistiche prima del concorso, che ciclismo hai ritrovato?

E’ un ciclismo diverso, questo è indubbio. Io avevo gareggiato fino alla categoria under 23, era un modo di correre più anarchico con prove più nervose, qui invece c’è un copione che di regola viene rispettato. Nelle prove che ho fatto, il gruppo gestisce la fuga iniziale e poi ci si gioca quasi sempre la corsa nelle fasi finali, come si vede in televisione. Nelle categorie inferiori c’è molta più confusione nello svolgimento.

Vergallito aveva chiuso la sua carriera nel 2017, ora la ripresa grazie al concorso Zwift
Vergallito aveva chiuso la sua carriera nel 2017, ora la ripresa grazie al concorso Zwift
In Austria hai fatto saltare il banco nell’ultima tappa. Com’è andata?

Si è deciso tutto sull’ultima salita, di 10 chilometri, eravamo una decina davanti compreso il leader della classifica, il belga Timo Kielich che aveva vinto le ultime due tappe. Gli austriaci hanno fatto un gran ritmo e si è fatta selezione, poi ai -4 è partito lo spagnolo Oscar Cabedo Carda e mi sono accodato, per poi partire a mia volta a due chilometri dalla conclusione mantenendo sempre qualche metro di vantaggio. Alla fine ho scoperto che avevo recuperato tutto il distacco delle prime tappe facendo bottino pieno.

Rispetto agli inizi dell’anno sei andato sempre in crescendo. In squadra ti hanno dato un ruolo definito o si cambia in base alla gara?

Per ora ho ancora poche esperienze, ho corso ancora abbastanza poco e non saprei dare una risposta chiara. Molto dipende comunque da qual è la gara, da come ci si presenta, il profilo altimetrico, la forma raggiunta in quel periodo… Io ho iniziato in aprile con il Circuito delle Ardenne dove avevamo un paio di ragazzi messi bene in classifica e ho lavorato per loro. La Fleche era una corsa molto dura, inizialmente avevamo altre punte ma poi la corsa si è messa in modo che potevo giocarmi le mie carte e ho chiuso nel gruppetto davanti.

Il milanese si sta ambientando, ritagliandosi spazi sempre più importanti
Il milanese si sta ambientando, ritagliandosi spazi sempre più importanti
Con Van Der Poel hai mai corso?

No, abbiamo calendari diversi visto che come appartenente al Team Devo non posso fare gare del massimo circuito ma è chiaro che la squadra è improntata su di lui su uno schema definito. Comunque prima delle gare si decide con il direttore sportivo che cosa fare, come impostare la corsa e su chi puntare e si va avanti sul quel piano.

Tu hai corso il Giro di Norvegia che, fra quelle extra WT è una delle più importanti, che corsa è stata per te?

Intanto era la mia prima esperienza con la squadra maggiore, un po’ particolare perché praticamente il cronoprologo del primo giorno ha delineato la classifica senza che poi ci fossero grandi cambiamenti. La seconda tappa è stata accorciata per maltempo ed era la più dura, le altre invece non erano così selettive. Io mi sono trovato bene, una prova che mi ha soddisfatto e mi ha dato fiducia al di là del piazzamento. La cosa che mi ha fatto più piacere e vedere che con la prima squadra mi trovo bene e riesco a muovermi a mio agio in contesti sempre più grandi e qualificati.

Al Tour of Norway l’italiano è stato il migliore in classifica del team, pur lavorando per le volate di Planckaert
Al Tour of Norway l’italiano è stato il migliore in classifica del team, pur lavorando per le volate di Planckaert
Il fatto di aver scelto il concorso Zwift, aver fatto quella scelta è stata quella giusta, una svolta nella tua vita?

Per adesso sì. Sono felice di quello che sto facendo e di come la mia vita è cambiata e stia cambiando, è un po’ tutto da scoprire, un anno fa non avrei pensato di essere qui a girare il mondo in bicicletta con un team professionistico. Il sogno si è avverato, ora è una realtà.

Conci guarda il bicchiere mezzo pieno e punta al 2023

28.12.2022
5 min
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Il 2023 si avvicina e, tra i buoni propositi che normalmente si fanno, arrivano anche quelli sportivi per Nicola Conci. Nell’anno che si sta per concludere il corridore trentino ha vissuto tra emozioni differenti. La chiusura della Gazprom e la nuova avventura con la Alpecin Fenix Development Team e l’approdo finalmente nel WorldTour nella prima squadra.

«Sto bene – dice Conci – sono riuscito a lavorare bene in questi mesi. L’unico intoppo, se vogliamo chiamarlo così, è stato un giorno di influenza, per il resto tutto liscio. Ora si passano le feste tra famiglia e amici e da gennaio si torna in ritiro. Inizierò a correre a metà febbraio alla nuova corsa in Portogallo (la Figueira Champions Classic, ndr), poi Volta ao Algarve. Successivamente mi sposterò in Spagna e farò Catalunya, Giro dei Paesi Baschi ed infine il Giro d’Italia».

Il caso Gazprom ha investito anche il corridore trentino che nel team russo ha corso una sola gara
Il caso Gazprom ha investito anche il corridore trentino che nel team russo ha corso una sola gara

Il primo ritiro Alpecin

Nel corso di questo mese Conci si è prontamente messo al lavoro in vista dei prossimi impegni, che nel calendario sono vicini ma non così tanto. I giorni per lavorare e prendere ritmo sono tanti, meglio fare le cose con metodo lasciando la fretta da parte. 

«Ho finito la stagione il 16 ottobre – riprende il trentino – dopo ho fatto tre settimane di stop completo, riprendendo la bici gradualmente. Le prime settimane a casa sono state blande, poi con la squadra siamo andati in Spagna. Lì ci siamo divisi in tre gruppi: i velocisti, gli uomini delle classiche, tra cui anche Van Der Poel e poi il gruppo dei più leggeri per la salita di cui faccio parte anche io. I lavori sono stati molto differenti perché alcuni miei compagni inizieranno tra poche settimane. Io ho tre settimane in più prima dell’inizio ufficiale della stagione, inutile iniziare a spingere troppo presto».

La prima gara corsa in maglia Alpecin è stato il Giro di Slovenia, qui nella prima tappa nella volata per il 6° posto
La prima gara corsa in maglia Alpecin è stato il Giro di Slovenia

Il passato 

Nicola Conci è stato uno dei primi corridori ex-Gazprom ad essere contattato dalle varie squadre. Sembrava molto vicino il suo approdo in Alpecin già prima del Giro d’Italia ma l’UCI ha rallentato il tutto facendo slittare l’arrivo nel team belga. 

«Sembrava poter arrivare una deroga da parte dell’UCI – racconta Conci – per il numero di corridori ammessi in una squadra. La speranza era di fare il Giro già nel 2022, questa deroga non è mai arrivata ed alla fine sono entrato nella continental della Alpecin. Il calendario, di conseguenza, è stato un po’ ritagliato rispetto ai vari impegni del team, considerando che non potevo fare corse WorldTour. Mi chiamavano volta per volta. Quando sono andato all’Arctic Race rientravo da un ritiro in Francia e la squadra mi ha chiesto se fossi disponibile a prendere un aereo la sera stessa. Con gli orari era impossibile organizzare il viaggio, così sono partito la mattina dopo, praticamente meno di ventiquattro ore prima del via. Una delle note positive è stata la convocazione per i mondiali di Wollongong».

Nonostante un 2022 travagliato Conci si è meritato la convocazione per i mondiali di Wollongong
Nonostante un 2022 travagliato Conci si è meritato la convocazione per i mondiali di Wollongong

Il futuro

Il 2023 ha il sapore della rivincita, o per lo meno di una nuova chance. I problemi fisici e non, sono alle spalle. Il futuro per Conci è da scrivere e pedalare, con la voglia di chi ha tanto da riprendersi dal destino.

«Tornare nel WorldTour – riprende con voce più viva – mi fa piacere. Nonostante tutto sono riuscito a fare diverse corse nel 2022 ed ho guadagnato questa occasione. Quelle passate sono state stagioni complicate, prima per l’arteria iliaca e poi per il caso Gazprom. La prima un po’ mi preoccupa, devo essere sincero, ma cerco di non pensarci troppo. Le corse fatte mi hanno dato tanta fiducia, mi sento un corridore nuovo e spero di continuare a stare sempre meglio.

«Con i se e con i ma – conclude Conci – magari avrei potuto fare meglio, ma non voglio trovare scuse o recriminare. Anzi, da quest’anno direi che ne ho ricavato un insegnamento: ci sono ancora. Fino al 2021 ho avuto problemi fisici che mi hanno condizionato a livello mentale, mi hanno tolto consapevolezza nei miei mezzi. Il 2022, nonostante tutto, mi ha insegnato ad avere fiducia».

Conci è rimasto positivamente colpito dal nuovo compagno Vergallito
Conci è rimasto positivamente colpito dal nuovo compagno Vergallito

Arriva Vergallito

Nel gruppo di Nicola, al ritiro Alpecin di dicembre, quello degli scalatori, c’era anche Luca Vergallito. L’esperienza del nuovo corridore della Alpecin, in arrivo dalla Zwift Academy, ha fatto tanto discutere, così abbiamo chiesto a Conci di raccontarci cosa ha visto pedalando con lui. 

«Penso che andrà nel team development – dice Nicola – però mi ha fatto molto piacere conoscerlo. E’ davvero in gamba e pedalandoci insieme mi ha dato buone impressioni. Non sembrava gli mancasse qualche abilità nel guidare la bici o nello stare in gruppo. Il problema principale di questi corridori può celarsi nella guida, nel mettere la mantellina o gestire il rifornimento. Vergallito l’ho visto sul pezzo, in più mi ha colpito anche la sua forza mentale: sa cosa fa e cosa vuole, si vede che è preparato. Mi ha lasciato davvero delle buone sensazioni».

Vergallito alla Alpecin, il sogno ora è realtà. Ecco come

23.12.2022
5 min
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La grande speranza si è concretizzata. Luca Vergallito è il vincitore del concorso indetto dalla Zwift che metteva in palio un contratto da professionista all’Alpecin Deceuninck, così il venticinquenne milanese si ritrova dall’oggi al domani a essere da un semplice granfondista un pro’ a tutti gli effetti, spalla di “tale” Mathieu Van Der Poel, coronando quel sogno che aveva fin da bambino e che aveva messo nel cassetto rassegnato a non vederlo mai realizzato.

Il lungo cammino di rinascita ciclistica di Vergallito lo avevamo già raccontato, ma mancava l’ultimo capitolo, il più atteso. Tutto si è consumato al caldo della Spagna, a Denia nel primo ritiro prestagionale dell’Alpecin Deceuninck, quello al quale ha preso parte anche Van Der Poel lasciando per un po’ il ciclocross. L’azzurro era nella cinquina per un posto da pro’ e lo stesso avveniva per Chiara Doni, pronta a scattare verso un contratto con la Canyon Sram.

«I primi due giorni sono stati dedicati alle interviste, alla presentazione dei personaggi – racconta il lombardo – Non bisogna dimenticare che questo era innanzitutto un reality, con puntate preconfezionate da diffondere sui social. Abbiamo anche preso le misure alle bici Canyon che dovevamo usare. Poi sono iniziate le prove, alcune indoor basate soprattutto sulle prestazioni fisiche e i numeri, altre in compagnia dei corridori, per vedere le proprie capacità tecniche, lo stare in gruppo, la guida. Questa parte è durata 5 giorni».

La premiazione finale. Nel concorso femminile prima è risultata Alex Morrice (GBR)
La premiazione finale. Nel concorso femminile prima è risultata Alex Morrice (GBR)
Il verdetto vi è stato comunicato a fine ritiro?

Sì, ma non ufficialmente, sempre per esigenze televisive. Sapevo però di aver vinto ed è stata una forte emozione, mi sono passate nella mente tantissime immagini di questi anni, dai primi nelle categorie giovanili al mio abbandono, alla ripresa nelle granfondo. E’ stato come rivivere un lungo viaggio. Poi però la mia gioia è stata offuscata dalla delusione per la mancata vittoria di Chiara, avevamo davvero sognato insieme di riuscire nell’impresa.

Nel racconto che si desume dai social, Chiara è caduta due volte nelle sue uscite. Pensi che questo abbia influito?

Chi c’era e ha visto sa benissimo che le sue cadute non sono state colpa sua, c’è stata chi le è andata addosso. Non vorrei che passasse il messaggio che Chiara non sa guidare perché non è così, si vedevano benissimo le sue capacità di performare, anche le pro’ che erano con noi non hanno avuto che apprezzamenti positivi nei suoi confronti. Evidentemente c’era chi è stata ritenuta più adatta, tutto qui.

Vergallito con Mathieu Van Der Poel, un’accoppiata che si ripeterà nelle gare 2023 (foto Facebook)
Vergallito con Mathieu Van Der Poel, un’accoppiata che si ripeterà nelle gare 2023 (foto Facebook)
Com’è stato l’approccio con la squadra?

Ci si allenava insieme, non posso dire né che ci hanno visti come intrusi, né che si sono tutti mostrati particolarmente partecipi, anche se devo dire di aver trovato una valida spalla in Sam Gaze, il neozelandese proveniente dalla mtb con il quale ho interagito di più e che mi ha dato molti consigli, forse proprio perché venendo da un altro mondo si sentiva partecipe della nostra esperienza. Con gli altri finalisti invece abbiamo fatto gruppo.

Che effetto ti fa ora essere fra i professionisti?

E’ bellissimo, rappresenta molto per me. Devo dire che, anche quando tutto sembrava tramontato, sentivo dentro di me una vocina che mi diceva che non tutto era perduto, serviva solo l’occasione giusta. I contatti quand’ero corridore li avevo anche avuti, poi non si erano realizzati e chiaramente col passare degli anni e la ricerca spasmodica di corridori sempre più giovani sembrava impossibile riuscirci. Diciamo che ho riannodato quel filo spezzatosi anni fa.

Tu dicevi che, comunque fosse andata a finire, quest’esperienza ti sarebbe comunque servita per il tuo futuro da tecnico…

Ne sono sempre convinto, ora potrò vivere da vicino la vita di una squadra e dei corridori e imparare tantissimo, ma in questo momento sono concentrato sulla possibilità di correre, dimostrare il mio valore e confermare che la scelta fatta su di me è stata quella giusta.

Il milanese sul rullo Zwift. Sono stati oltre 160 mila i concorrenti al concorso
Il milanese sul rullo Zwift. Sono stati oltre 160 mila i concorrenti al concorso
Pensi che il tuo passato di corridore abbia influito?

Probabile. Non so che ragionamenti siano stati fatti, ma effettivamente gli altri avevano meno esperienza di me da questo punto di vista. I parametrici fisici, i numeri delle varie prove e le capacità mostrate nelle uscite sono stati gli elementi di giudizio principali, credo che alla fine abbiano visto che sono la persona più adatta per entrare nel gruppo.

Sui social la tua promozione ha scatenato un putiferio, con molti commenti positivi ma anche tanti che non hanno perso occasione per criticarti, quasi rubassi il posto a qualche giovane corridore italiano in attività…

Immaginavo che la cosa avrebbe fatto scalpore e non nego che mi abbia toccato, ho molto riflettuto anche se fosse il caso di parlarne. Viviamo un momento complesso, nel quale arrivare a un contratto da pro’ per un giovane è difficile e non so quale possa essere la soluzione per evitare che tanti talenti vadano persi. Quel che so è che la Zwift Academy non è la causa di questi problemi, è invece una strada diversa per arrivare allo stesso traguardo. Chiunque può provarci, è davvero una strada aperta a tutti, si comincia sui rulli ma poi sono tanti altri i fattori che intervengono. Non sono certamente stato preso solo perché vado forte sui rulli, come non era stato così per Jai Vine e lo ha dimostrato.

Per i finalisti prove sia su strada che in offroad, sempre ripresi dalle telecamere anche con i droni
Per i finalisti prove sia su strada che in offroad, sempre ripresi dalle telecamere anche con i droni
Quei commenti ti hanno ferito?

Non posso negarlo, ho trovato una cattiveria assurda, ingiustificata e antisportiva. Io riconosco i limiti, è un contest che parte dal lato fisico, ma poi richiede anche altro. E’ una nuova modalità di fare scouting, poi dipende tutto dalle proprie capacità, questo non cambia.

Ora che ti aspetti?

Non voglio fare previsioni, dire che gare farò o dove voglio emergere, io voglio dimostrare che posso far bene, che in questo mondo posso starci anch’io, che posso correre ed essere utile alla squadra per ripagare la fiducia che mi è stata concessa. Le gare un po’ mosse sono quelle che mi piacciono di più, ma non ho elementi per dire quel che potrò fare. Il giudice ora sarà la strada…

L’italiana di Zwift. Chiara Doni è pronta a cambiare vita

08.11.2022
5 min
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Non solo Luca Vergallito. Nella “magica decina” che si giocherà due contratti da pro’, uno per sesso, c’è anche una ragazza italiana. E la sua storia, comunque sarà la sua conclusione, deve insegnare molto. La vita può avere una svolta improvvisa in qualsiasi momento: Chiara Doni lo spera ardentemente, perché a quel contratto ci tiene tantissimo, anche se la sua vita attuale non ha nulla che non vada…

Se Vergallito è un corridore con un passato comunque di peso nel ciclismo giovanile e un presente da vincente nelle gran fondo, la Doni ha radici completamente diverse.

«Sono sempre stata appassionata di sport – racconta – ma non era il ciclismo la mia disciplina. Io correvo a piedi, amavo le mezze maratone. Molti mi chiedono che tempi avessi, ma non lo facevo per agonismo, guardando il cronometro, tanto è vero che un vero primato non ce l’ho. Poi, più di 5 anni fa, ho avuto problemi a un piede così ho dovuto smettere. E’ a quel punto che ho iniziato a usare la bici per la rieducazione».

La Doni sui rulli, ogni sistemazione può essere utile per allenarsi. Ma spesso lo fa all’aperto…
La Doni sui rulli, ogni sistemazione può essere utile per allenarsi. Ma spesso lo fa all’aperto…
Sempre sulla base non competitiva con la quale concepivi l’atletica?

Inizialmente sì, non scaricavo neanche le applicazioni. Gareggiavo a qualche gara amatoriale come non tesserata, mi piaceva il fatto di poter vedere posti che altrimenti non avrei mai visto. Poi però ho cominciato a prenderci gusto e mi sono iscritta a qualche ciclocross e a qualche gran fondo, ho visto che andavo bene tanto che nel 2019 sono giunta seconda sul percorso medio della Maratona dles Dolomites e nella GF di Nizza sono arrivata seconda alle spalle di una belga che poi sarebbe diventata professionista.

Com’è nata l’idea di Zwift?

Un anno fa sono stata contattata dal diesse del Team Castelli per gareggiare nel Team Italia nel circuito di prove virtuali. Io avevo già utilizzato la piattaforma come tanti, nel periodo del lockdown. Non nascondo che mi piaceva molto piazzare tutto l’armamentario in giardino e pedalare all’aria aperta, collegandomi con altri amici e contatti, era un modo per stare comunque insieme. Pensavo inizialmente che pedalare indoor fosse una noia, una costrizione, invece mi divertivo davvero. E poi era liberatorio anche mentalmente e psicologicamente visto il periodo.

L’atleta lombarda ama la montagna e preferisce i tracciati duri, è stata anche seconda alla Maratona
L’atleta lombarda ama la montagna e preferisce i tracciati duri, è stata anche seconda alla Maratona
Tu lavori nel settore farmaceutico: eri particolarmente impegnata in quei giorni?

Io lavoro in ortopedia, nel campo delle protesi e in quel periodo abbiamo potuto riscontrare una forte contrazione del mercato. Era tutto concentrato sul covid, ma questo ha comportato anche problemi per seguire chi aveva bisogno di assistenza per le proprie difficoltà fisiche. Non è stato un bel periodo…

Torniamo all’argomento Zwift: come ti sei ritrovata nel concorso?

Seguivo le puntate del podcast e Alessio Caggiula, il diesse, un giorno mi ha suggerito di provarci, tanto non avevo nulla da perdere. La vicinanza con Luca (Vergallito, ndr) è stata fondamentale nel cammino, ci sentivamo e organizzavamo insieme.

Chiara Doni ha vinto il Team Mixed nel Tour Transalp 2022, insieme a Francesco Visconti (foto Instagram)
Chiara Doni ha vinto il Team Mixed nel Tour Transalp 2022, insieme a Francesco Visconti (foto Instagram)
Sai quante eravate in partenza?

Non di preciso, ho sentito anche numeri astronomici, tipo 90 mila, ma non so se fossero solo donne o tutti insieme. Passata la prima scrematura, come ha raccontato Luca, anch’io sono stata contattata per inviare un mio curriculum e una serie di dati ulteriori.

Hanno voluto sapere anche del tuo passato di podista?

L’ho segnalato, non so fino a che punto possa avere influito, come anche i miei risultati nelle gran fondo. Io credo che a fare la differenza siano stati i numeri nudi e crudi, quelli del rapporto watt per chilogrammo. Siamo rimaste una ventina a partecipare a una conference call nella quale siamo state tutte intervistate, poi ho avuto notizia che eravamo in 5 a giocarci il contratto con la Canyon-Sram.

Gli allenamenti sono legati agli orari di lavoro, ma da dicembre tutto potrebbe cambiare
Gli allenamenti sono legati agli orari di lavoro, ma da dicembre tutto potrebbe cambiare
Quindi andrai anche tu alle finali nel ritiro delle squadre pro’ in Spagna…

Sì, lì faremo sia pedalate di gruppo che test specifici, ma so che valuteranno anche la nostra capacità di stare in gruppo, le nostre abilità tecniche e anche le capacità relazionali, il “fare squadra”. Io parto con molte speranze anche se so che rispetto alle altre ho minori chance legate alla scheda anagrafica, avendo 37 anni, ma non voglio pensarci. Voglio credere di potercela fare. D’altronde so che anche le altre non hanno specifiche esperienze agonistiche.

Tu hai una carriera professionale avviata. Che cosa succederebbe se scegliessero te?

Vedremo se sarà possibile prendere un’aspettativa, altrimenti non avrò dubbi. Forse qualcuno penserà che sia folle buttare via 12 anni di lavoro, i progressi di carriera che ho fatto, ma quello è il mio sogno. Poter gareggiare con le professioniste, entrare in un mondo che penso anche possa darmi molti sbocchi professionali al di là di quello agonistico. Non riesco neanche a pensarci, sarebbe davvero la miglior dimostrazione che i sogni non hanno età.