Luca Giaimi

Che sia Gen Z o WorldTour, nel futuro di Giaimi c’è la UAE

18.10.2025
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Ha fatto le ultime corse della stagione con la squadra dei grandi e ora si appresta a disputare il mondiale su pista… sempre tra i grandi. Parliamo di Luca Giaimi, talento della UAE Emirates Gen Z. Lo raggiungiamo mentre è indaffarato a fare le valigie per il Cile, dove appunto si terranno i mondiali dal 21 al 26 ottobre. Pensate che, dopo la Parigi-Tours, è andato direttamente a Montichiari per continuare il lavoro su pista (in apertura foto Instagram – UAE Emirates).

Giaimi è un classe 2005. Il ligure quest’anno ha vinto due corse ad inizio stagione, è salito sul podio tricolore a cronometro, si è distinto agli europei su pista e su strada ha saputo farsi valere. Spesso ha corso in appoggio e la sua attività è stata concertata proprio in funzione del lavoro sul parquet, sotto la guida del suo coach Giacomo Notari.

Potenza e grande feeling con la velocità e la bici con posizione da crono per Giaimi
Potenza e grande feeling con la velocità e la bici con posizione da crono per Giaimi
Luca, vieni dalla Parigi-Tours e hai fatto questo finale di stagione con i grandi: te lo aspettavi?

Me lo aspettavo perché questo finale era stato stabilito fin da inizio stagione. Lo avevamo calendarizzato, dato che l’avevo fatto anche l’anno scorso… in parte. Si è aggiunto qualcosina nel finale, ma pressoché era quello previsto, con le due in Italia, Memorial Pantani e Trofeo Matteotti, poi le altre due in Belgio, la Wallonie e la Super 8 Classic. E infine le ultime due, appunto Binche e Parigi-Tours.

E com’è andata rispetto all’anno scorso?

Allora, dovessi essere sincero, le prime due in Italia sono state molto più dure rispetto all’anno scorso. Nel 2024 ho fatto tre corse: Giro della Toscana, Peccioli e Matteotti. Erano state gare più lineari: una partenza non tranquilla ma che si stabilizzava presto, con la fuga che andava via e poi tutte le squadre che si mettevano in fila per controllare. Quest’anno invece, sia al Pantani sia al Matteotti, le corse sono partite subito forti perché in entrambe c’era salita fin dai primi chilometri. E quindi c’è stata un’esplosione già nelle prime fasi. E la salita in avvio non mi agevola di certo. Ma se ho tenuto è perché stavo bene.

Quindi non hai potuto fare un reale confronto delle tue condizioni, tipo lo stare in gruppo o resistere alle accelerazioni?

A fare un paragone preciso tra le due stagioni non riuscirei, perché sono state diverse. Posso dire che quest’anno ero forse un po’ meno adatto come caratteristiche rispetto al tipo di corridore che sono ora. E con il lavoro su pista e le corse in Belgio nel finale ero forse un po’ meno preparato per le gare italiane.

Giaimi impegnato al Memorial Pantani… Fare queste corse è importantissimo per un classe 2005 come lui
Giaimi impegnato al Memorial Pantani… Fare queste corse è importantissimo per un classe 2005 come lui
Mentre in quelle in Belgio ti sei trovato meglio?

Sì, in Belgio mi sono trovato meglio, anche se pure lì le corse sono state più dure, soprattutto la Parigi-Tours. L’anno scorso avevamo pioggia, ma niente vento, e la corsa si era sviluppata in modo più lineare, con selezione solo nei tratti di sterrato tra i vigneti francesi. Quest’anno invece fin dalla partenza era previsto vento, infatti la gara è stata molto più veloce e stressante. Pronti via, c’era subito uno stradone dritto che portava fuori dalla cittadina da cui siamo partiti. E si è corso tutto il giorno con vento laterale.

Subito stress e ventagli insomma?

Sì, perché bisogna stare sempre davanti. Anche il finale è stato velocissimo: per dare un’idea, l’anno scorso abbiamo impiegato 5 ore e 20, quest’anno in 4 ore e 45 la corsa era già finita.

A livello invece di posizione in gruppo?

Sinceramente cambia poco. Anzi, correre nel WorldTour per noi under 23 è più semplice da questo punto di vista. Nonostante qualcuno dica che si percepisce più stress, rispetto a una corsa U23 o di categoria inferiore è spesso minore, o comunque più gestibile.

Il ligure ha lavorato sodo anche in altura con l’obiettivo preciso di preparare il finale di stagione, anche su pista (foto Instagram)
Il ligure ha lavorato sodo anche in altura con l’obiettivo preciso di preparare il finale di stagione, anche su pista (foto Instagram)
Però, Luca, indossavi una maglia importante come quella della UAE. Da quel che ci raccontano, in gruppo gli squadroni sono più “rispettati”…

Vero, ma al di là della maglia è anche una questione di rispetto generale. Nel gruppo WorldTour ci sono corridori di grande esperienza e caratura, che rischiano meno e hanno più consapevolezza. Nelle gare U23 o giovanili invece si tende a forzare di più, a prendere più rischi pur di ottenere un risultato, spesso senza badare troppo agli altri.

Iniziamo a guardare avanti. Il tuo contratto con la UAE Gen Z finisce: cosa farai?

Non c’è ancora nulla di delineato, sto aspettando una riunione con la squadra. Molto probabilmente la decisione definitiva sarà presa dopo i mondiali su pista, quando ci ritroveremo con la dirigenza per capire cosa sarà meglio per me nel 2026.

Da qualche indiscrezione abbiamo sentito che dovresti fare un altro anno alla Gen Z?

Potrebbe essere una scelta giusta, bisognerà vedere cosa si deciderà insieme alla squadra.

Ma l’idea è quella di restare in questo gruppo oppure se arrivano offerte valuterai anche di andare via?

No, sicuramente continuerò con la UAE Emirates a prescindere da un eventuale passaggio nel WorldTour. Sto bene in questo gruppo, mi trovo a mio agio.

Giaimi è una delle nostre speranze più concrete nell’inseguimento. Eccolo con Villa agli europei di Apeldoorn 2024
Giaimi è una delle nostre speranze più concrete nell’inseguimento. Eccolo con Villa agli europei di Apeldoorn 2024
Sei in partenza per questi mondiali su pista: come ci arrivi?

Dato che corro sempre in inseguimento individuale e a squadre, quasi certamente farò entrambe le prove. E come ci arrivo? Direi bene. Vengo da un bel periodo, con diverse corse su strada e un blocco di lavoro intenso in pista. Adesso spero di recuperare al meglio per arrivare alla prossima settimana, quando inizieranno le gare, al cento per cento.

Chiusura?

Ho visto tutta la nazionale molto motivata. Anche gli altri ragazzi che ho incontrato nei ritiri li ho trovati pronti. E con un tecnico come Salvoldi, che sa farsi sentire, è difficile non arrivare preparati! Speriamo sia un Mondiale utile per imparare, crescere e guardare al futuro. Io sono pronto a dare il massimo.

Privitera e Giaimi: i ricordi di una vita pedalando insieme

27.07.2025
7 min
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«Se chiudo gli occhi e penso a Samuele (Privitera, ndr) vedo una nostra foto insieme di quando ho vinto il Giro della Valdera da juniores. Correvamo entrambi per il Team Fratelli Giorgi e quella gara l’ho conquistata grazie a lui, mi aveva dato una mano incredibile. Aveva tirato per tutta l’ultima tappa (i due sono insieme nella foto di apertura, al centro Leone Malaga, diesse del team Giorgi, foto Rodella, ndr)».

A parlare è Luca Giaimi, l’atleta del UAE Team Emirates è a Livigno per preparare il finale di stagione e smaltire le fatiche degli europei. La notizia della scomparsa di Samuele Privitera lo ha raggiunto durante la rassegna continentale su pista. Da quel momento andare avanti è stato difficile, i giorni sono passati, ma l’incredulità resta. Sui social i ricordi e le foto di Privitera sono praticamente infiniti e, accanto a lui, spesso si vedeva il volto di Giaimi. I due, classe 2005, sono cresciuti insieme sulle strade della Liguria e il loro cammino si è incrociato presto.

Samuele Privitera davanti e Luca Giaimi alle sue spalle in una delle prime gare su strada in Liguria
Samuele Privitera davanti e Luca Giaimi alle sue spalle in una delle prime gare su strada in Liguria

Gli anni da giovanissimi

«Privitera e io – racconta ancora Giaimi, che nel parlare del suo amico ha un sorriso dolce – ci siamo incontrati per la prima volta nella categoria G3, da avversari. Ogni fine settimana ci scontravamo sulle strade della Liguria e ci univa un senso di rivalità e amicizia. Volevamo mettere uno la ruota davanti all’altro. I primi anni ci incontravamo sui sentieri in mtb perché io ancora non correvo su strada, ho iniziato qualche anno dopo. Lui correva sia su strada che in mtb ed era uno dei più forti in gruppo, anche sui sentieri. A “Privi” la bici è sempre piaciuta tantissimo, un amore viscerale. Per renderlo felice dovevi farlo pedalare».

Crescendo, Giaimi e Privitera hanno continuato a correre l’uno contro l’altro legati da rispetto e amicizia
Crescendo, Giaimi e Privitera hanno continuato a correre l’uno contro l’altro legati da rispetto e amicizia
Com’era da piccolo?

Gli piaceva la competizione, ma una volta finita la gara eravamo amici. Parlava con tutti. Dopo l’arrivo restavamo a guardare i più grandi e aspettavamo le premiazioni giocando insieme. Ci sfidavamo nel fare le impennate e mangiavamo insieme il classico panino con la salamella. Forse è anche merito suo se poi sono arrivato a correre su strada.

Perché?

Alla fine in mtb vincevo tanto e mi sono detto: «Perché non provare anche su strada?». I ragazzi più forti erano Privitera e altri due gemelli, che poi hanno smesso. Le prime gare me le hanno rese davvero dure, arrivavo sempre dietro. Poi sono migliorato ed è diventato un “dare e avere”. 

Quando si è trattato di passare alla categoria juniores entrambi hanno scelto il Team Fratelli Giorgi, qui in foto con Carlo Giorgi
Quando si è trattato di passare alla categoria juniores entrambi hanno scelto il Team Fratelli Giorgi, qui in foto con Carlo Giorgi
Negli anni successivi?

Da esordiente e allievo era più forte, la mia sfida personale era provare ad arrivare al suo livello. Quando eravamo allievi era tanto conosciuto anche a livello nazionale. La cosa che ricordo era che alle corse parlava con tutti, conosceva ogni persona. Fino a quel tempo avevamo corso tra Liguria, Piemonte e Lombardia. Arrivavamo alle gare nazionali e “Privi” chiacchierava con ragazzi della Toscana, Trentino, Veneto. Io mi chiedevo come facesse a conoscerli. Ma lui era così, un carattere aperto, dopo due secondi parlava con tutti, anche i sassi. Il suo carattere lo portava spesso al centro dell’attenzione ma non in maniera egoista, creava subito gruppo, aveva una dote innata. Vi faccio un esempio…

Dicci pure…

Alla presentazione del Giro Next Gen, lo scorso giugno, arrivo per salire sul palco e sento una voce che tiene banco. Era Privitera che stava distribuendo crostata a tutti i suoi compagni di squadra e non solo. 

Privitera e Giaimi, entrambi liguri, hanno passato tanto tempo insieme nella casetta del team durante i ritiri rafforzando la loro amicizia
Privitera e Giaimi, entrambi liguri, hanno passato tanto tempo insieme nella casetta del team durante i ritiri rafforzando la loro amicizia
Una volta juniores da avversari siete diventati compagni di squadra, al Team Fratelli Giorgi. 

Appena arrivati, eravamo i due ragazzi che venivano da lontano. La squadra è della provincia di Bergamo e i ragazzi arrivavano da quelle zone. Durante i ritiri abbiamo passato tanti momenti insieme nella casetta del team, siamo andati tantissime volte a mangiare la pizza insieme e facevamo a gara a chi ne mangiasse di più.

Com’è stato vivere con lui?

Sapeva fare tutto, anche da piccolo. Avevamo 16 o 17 anni e lui era capace di fare ogni cosa in casa, invece io ero parecchio imbranato. Mi ha insegnato a fare la lavatrice e a cucinare il porridge. Una volta avevo provato a farlo e mi era uscita una cosa immangiabile. “Privi” invece era uno sveglio, sapeva tutto. Inoltre la sua enorme passione per il ciclismo lo portava a informarsi di continuo. Avevamo due caratteri opposti, lui parlava tantissimo ed era espansivo, io al contrario sono molto timido. Una giornata con Samuele partiva con lui che iniziava a chiacchierare a colazione e finiva che andavamo a letto e ancora aveva da dire. Era divertentissimo. 

Privitera era capace di creare un legame forte con i compagni, caratteristica che lo ha portato a essere il capitano in corsa del Team Giorgi
Privitera era capace di creare un legame forte con i compagni, caratteristica che lo ha portato a essere il capitano in corsa del Team Giorgi
Cosa vi siete detti quando avete firmato entrambi per un devo team?

Io sono stato il primo a firmare e Privitera era felicissimo per me. Sapete, in questi casi può capitare che nella felicità percepisci un po’ di invidia, con lui no. Era genuinamente felice per me. Lì ho definitivamente capito che ci univa un legame di vera amicizia. Quando ha firmato lui ero contento perché se lo meritava davvero. E’ sempre stato l’uomo squadra al Team Fratelli Giorgi. 

Come si comportava in gruppo?

Parlava tantissimo e aveva la capacità di prendere decisioni. Era comunicativo e schietto, due qualità che lo hanno fatto eleggere capitano in corsa. Non che si corresse per lui, ma era quello capace di gestire la gara. In gruppo non sono mai stato un leone e capitava spesso di finire in fondo, lui veniva a prendermi e riportarmi in testa. Tante volte altri miei compagni mi hanno lasciato là, facendo finta di non vedermi. 

Privitera ha fatto vedere grandi qualità nella categoria juniores che gli sono valse la chiamata della Hagens Berman tra gli U23 (foto Rodella)
Privitera ha fatto vedere grandi qualità nella categoria juniores che gli sono valse la chiamata della Hagens Berman tra gli U23 (foto Rodella)
Una volta passati under 23?

Ci vedevamo meno perché le nostre qualità atletiche ci portavano a fare gare diverse. Quelle poche volte che ci incontravamo voleva dire che uno dei due era in una corsa non troppo adatta alle sue caratteristiche, quindi ci cercavamo in gruppo per darci morale. A casa, il fatto di allenarci su distanze più lunghe ci permetteva di incontrarci a metà strada, io partivo da Pietra Ligure e lui da Soldano. Così passavamo il tempo insieme e pedalavamo in compagnia. 

Di cosa parlavate durante l’allenamento?

Dei vari programmi di gara, delle corse che avremmo fatto così da sapere se poi ci saremmo visti. Ci confrontavamo sugli allenamenti. Ma più che altro volevamo stare insieme, condividere il tempo in bici.

Ecco Giaimi e Privitera (qui al centro in maglia Hagens e UAE) in una delle prime gare da U23
Ecco Giaimi e Privitera in una delle prime gare da U23
E ora?

Non ho ancora metabolizzato la cosa, era talmente presente nella mia vita che non posso immaginare di tornare in Liguria e non vederlo più. Pensare che quest’inverno non ci sarà “Privi” che mi scrive: «Oh Luca, cosa facciamo oggi?» non riesco a realizzarlo. Andare alle corse senza qualcuno con cui scherzare quando la corsa è dura o noiosa. 

Vi sentivate spesso?

Tutti i giorni. Era il primo a scrivermi quando facevo un risultato. Quando ho vinto l’europeo su pista da juniores lui era davanti al computer nella casetta del Team Giorgi insieme agli altri a vedere la gara, c’è un video in cui esulta come un matto. Forse ho iniziato a realizzare che “Privi” non c’era più agli europei di settimana scorsa, lui mi avrebbe scritto entro dieci minuti dalla fine della gara. 

Giaimi: una vittoria per scacciare i brutti pensieri

29.03.2025
5 min
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Luca Giaimi ha iniziato la sua seconda stagione nel devo team della UAE Team Emirates-XRG con un piglio diverso. Dopo le fatiche del primo anno nella formazione di sviluppo della squadra emiratina, il ligure ha trovato la vittoria in Portogallo. Un successo importante non tanto per il parterre presente al Troféu Internacional da Arrábida, ma per il significato che racchiude. Giaimi era arrivato al UAE Team Emirates Gen Z con gli occhi puntati addosso, per quanto fatto vedere fra gli juniores, ma anche per l’investimento fatto su di lui da parte della squadra numero uno al mondo: un contratto di sei anni, con scadenza quindi nel 2029

Lo stesso Giaimi, quando lo abbiamo incontrato la prima volta al ritiro del team nel gennaio del 2024 ci aveva detto: «Un contratto così lungo comporta meno stress legato alla scadenza, ma sento un po’ la pressione di dimostrare che me lo sono meritato».

Al Troféu Internacional da Arrábida è arrivato il primo successo con il devo team della UAE (foto Instgram Luca Giaimi)
Al Troféu Internacional da Arrábida è arrivato il primo successo con il devo team della UAE (foto Instgram Luca Giaimi)

Le pressioni

Da qui ripartiamo con Giacomo Notari, preparatore del UAE Team Emirates Gen Z e dello stesso Giaimi. Una sua storia su Instagram dopo la vittoria del suo atleta in Portogallo aveva acceso la nostra curiosità, questa diceva: “Un traguardo meritato dopo i sacrifici dell’inverno”. Ma quali sono questi sacrifici fatti?

«Giaimi arrivava da noi forte delle prestazioni fatte nella categoria juniores – racconta Notari – e non credo pensasse che tutto potesse risultare semplice. Sicuramente si immaginava di ottenere qualche risultato in più. Invece ha faticato, nonostante negli allenamenti non ci fosse niente da dire e lo scorso anno abbia messo insieme tante esperienze importanti, migliorando piano piano e finendo la stagione bene. Alla Crono delle Nazioni ha colto un ottimo secondo posto, è stata una bella iniezione di fiducia in vista del 2025. Però aveva capito che se voleva fare un salto di qualità ed essere più competitivo doveva cercare di perdere un po’ di chili. Quando ho scritto “sacrificio” mi riferivo a ciò che ha fatto da questo punto di vista».

Giaimi ha iniziato il 2025 dopo un inverno di grandi cambiamenti. Il primo? Il peso
Giaimi ha iniziato il 2025 dopo un inverno di grandi cambiamenti. Il primo? Il peso
Un “nuovo” Giaimi…

I chili persi gli hanno portato anche un miglioramento negli allenamenti: recupera meglio e si affatica meno. Tutto questo ha fatto sì che iniziasse la stagione con grosse motivazioni. Non nego che lui stesso si fosse messo delle pressioni, magari inconsciamente, e i primi appuntamenti lo hanno messo alla prova dal punto di vista mentale. Quello che gli mancava era collocare il tassello che gli potesse dare la giusta fiducia nei suoi mezzi. Quando vinci, poi ti sblocchi a livello mentale, sei più tranquillo e dopo puoi osare ancora. Tutti in squadra hanno visto un altro corridore.

Nei lavori in bici è cambiato qualcosa?

Non ha perso praticamente niente in termini di potenza, va un po’ meglio in salita, ma alla fine a livello di allenamento ha cambiato poco.

Quindi era un lavoro psicologico?

Sì, gli dicevo di stare tranquillo perché sapevamo che aveva lavorato bene e più che altro era un suo blocco mentale. Quando uno vuole una cosa e vede che non arriva, inizia ad autosabotarsi o a mettersi in dubbio. E’ una cosa che succede a tutti. Per questo sono felice che sia riuscito a vincere. Nei giorni prima di andare in Portogallo ha corso in Belgio con il team WorldTour. Insieme a Baldato avevamo studiato un piano per farlo recuperare ed essere pronto per le corse portoghesi

In Portogallo il suo coraggio è stato premiato, entrato nella fuga si è poi giocato la vittoria allo sprint (foto Instagram Luca Giaimi)
In Portogallo il suo coraggio è stato premiato, entrato nella fuga si è poi giocato la vittoria allo sprint (foto Instagram Luca Giaimi)
Lo hai sentito?

Il venerdì sera prima della gara, abbiamo parlato di un po’ di cose tra le quali la pista che ora tornerà a curare di più insieme a Salvoldi. Poi gli ho detto: «Domenica prova ad andare in fuga perché alla fine è l’unico modo che hai per vincere. Visto che ora stai bene bisogna provare». 

E poi ha vinto.

Dopo la gara gli ho scritto per sapere come fosse andata, sapevo già della vittoria, ma volevo sentirlo dire da lui. Mi ha risposto dicendo: «Ho fatto come mi hai detto, sono andato in fuga». A volte con i giovani c’è bisogno di spronarli, di osare.  

Dopo un anno con voi e il cambiamento fatto in inverno che corridore può essere Giaimi?

E’ ancora relativamente presto perché è abbastanza versatile. Secondo me, in maniera buona, non l’ha capito neanche lui che corridore è, sicuramente non uno scalatore. E’ un ottimo cronoman e inoltre è abbastanza veloce, ma non un velocista puro, anche se per le volate entrano in gioco altri meccanismi tecnici e tattici. Visti i suoi trascorsi in pista con l’inseguimento a squadre e individuale può essere un finisseur. Se trova il momento giusto di fare la sua sparata ha buone doti negli sforzi medi e medio lunghi

Giaimi ha corso già con il team WT sul pavé, il passo successivo sarà la Roubaix U23
Giaimi ha corso già con il team WT sul pavé, il passo successivo sarà la Roubaix U23
Nel tuo lavoro c’è tanto anche questo aspetto psicologico e di scambio?

Quando si è alle gare, spesso si va nelle camere a parlare faccia a faccia. Il lavoro da fare richiede di trovare un certo equilibrio, l’obiettivo è crescere, ma anche qualche risultato non fa male. Vincere aiuta a mantenere la concentrazione alta, a credere nel progetto e in se stessi. Se un corridore arriva a mettersi in dubbio è pericoloso. Poi, come dicevo, tornerà ad allenarsi con maggiore frequenza in pista, abbiamo già iniziato a parlare per capire qual è il miglior approccio da avere.

La forza della normalità: servirebbe un Covi in ogni squadra

17.12.2024
6 min
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BENIDORM (Spagna) – Mentre Diego Ulissi lo scorso anno non gradì troppo il fatto di essere stato escluso dal Giro d’Italia per fare punti nel resto del calendario, ad Alessandro Covi la cosa andò parecchio a genio. La sfortuna del piemontese fu che ebbe appena il tempo di cominciare la stagione e venne raggiunto, nell’ordine, dal Covid, da un grosso problema ai tendini e a seguire da un trauma cranico per caduta. Quando ha ricominciato a correre, le sue occasioni erano praticamente finite e così si è dato da fare come gregario, mettendo in fila però il sesto posto al Memorial Pantani e il secondo al Matteotti.

Nella giornata dedicata ai media nel ritiro del UAE Team Emirates, in mezzo a tante stelle del firmamento ciclistico, andare a cercare Covi è un atto rivoluzionario. Quando gli abbiamo dato appuntamento prima che uscisse per l’allenamento, qualcuno dello staff lo ha persino preso in giro. Forse se ne è stupito anche lui, sottovalutando la forza dell’umanità e dell’umiltà. Dovrebbe esserci un Covi in ogni grande squadra, per questo gli abbiamo chiesto di fare due chiacchiere. E quando viene a sedersi con quel che resta di una criniera giallo platino, riconosciamo lo sguardo mite e i bagliori folli del ragazzino che incontrammo per la prima volta fra gli under 23. Solo che nel frattempo Covi ha imparato a tenere a bada i suoi slanci di simpatica follia.

Il secondo posto al Matteotti dietro Aular non ha reso Covi particolarmente felice: c’è da capirlo
Il secondo posto al Matteotti dietro Aular non ha reso Covi particolarmente felice: c’è da capirlo
Non c’è più “lo zio Diego” e la squadra cambia ancora.

Ulissi se ne è andato e la squadra è davvero cambiata tanto negli anni. E’ sempre più internazionale, è la numero uno al mondo, quindi sono onorato di essere qui. Italiani siamo rimasti in pochi, speriamo pochi ma buoni (ride, ndr). Il prossimo sarà il sesto anno, sono qui da tanto. L’ho vista crescere in ogni aspetto, l’effetto è impressionante e penso che crescerà ancora tantissimo. Siamo nel posto in cui meritiamo di essere, cioè in cima alle classifiche mondiali. Negli anni abbiamo lavorato per quello, era un obiettivo della squadra. Per questo è un onore esserne parte e correre con questa maglia.

Discorso da calciatore, ma ti si perdona. Vista tanta concorrenza, è difficile guadagnarsi il posto nelle gare che contano?

Ovviamente ci sono tantissimi corridori forti. Se ti guardi intorno, vedi tanti campioni, quindi devi meritarti ogni cosa. Bisogna andare forte, il segreto è quello.

L’anno scorso fu fatta la scelta di non correre i Grandi Giri per puntare alle corse di un giorno, la rifaresti?

L’anno scorso, come avete detto, sono stato particolarmente sfortunato. A partire dalla Tirreno ho avuto un susseguirsi di problemi che mi hanno fatto saltare 30 giorni di bici nei tre mesi centrali della stagione. Ho saltato proprio le gare in cui sarei andato per fare bene. Sono andato avanti correndo per due settimane e fermandomi nelle due successive. Quindi non sono riuscito a rendere come avrei voluto. Nel finale di stagione invece ho trovato un equilibrio. Non ho più avuto problemi sulla mia strada e sono riuscito a fare delle buone prestazioni. Sperando che tutto questo prosegua fino all’anno prossimo, vorrei davvero provare a fare qualche risultato. Mi piace l’idea di stagione che avevamo immaginato già l’anno scorso. A me piace correre. E anche se il Giro per noi italiani è la corsa più importante, per me vincere è fondamentale. Quindi spero di tornare ad alzare braccia al cielo. Soffro questa situazione, mi manca.

Nell’hotel si gioca con la mitologia egizia. Quello non è un puma, ma per scherzare con il Puma di Taino, va più che bene
Nell’hotel si gioca con la mitologia egizia. Quello non è un puma, ma per scherzare con il Puma di Taino, va più che bene
Anche perché andare al Giro con certi leader significa soprattutto tirare, no?

E difficile avere il proprio spazio. Poi magari l’occasione capita ugualmente, però andando in una gara con un livello minore nei giorni del Giro, c’è più possibilità di fare il proprio risultato, che porta punti alla squadra. Ovviamente aiutare per me non è mai stato un problema, l’ho sempre fatto volentieri. Però quello che mi dà motivazione allenandomi è sicuramente vedere dove posso arrivare al confronto con i migliori corridori del gruppo. Ho visto che la gamba per tornare a quei livelli c’è e voglio davvero sfruttare l’anno prossimo per vincere delle gare. Che sia il Giro d’Italia o un’altra, per me è importante alzare le braccia al cielo.

Sei qui da sei anni, che cosa è cambiato nel tuo lavoro?

Il modo di approcciarsi con l’alimentazione. Un po’ anche gli allenamenti, però alla fine la bici è sempre pedalare nello stesso modo, quindi la palestra e gli esercizi sono sempre quelli. Quello che cambia sono dei piccoli particolari. Quel che noto è che prima si lavorava di più, si faceva più quantità. Ora c’è più qualità, lavori specifici che durano più a lungo durante un allenamento più corto. Una volta facevi sei ore piano, adesso se ne fanno quattro, ma a ritmo più sostenuto.

Come si trova il Covi brillante e persino dissacrante di un tempo in questi schemi così precisi?

Mi sto adattando, mi stanno piegando (ride, ndr). Alla fine è una conseguenza del ciclismo che c’è adesso. Ti guardi in giro, sono tutti super professionali e lo sono diventato anch’io. Se vuoi stare a questi livelli, devi fare tutto al 100 per cento.

Le corse in Veneto sono state le ultime di Covi con Ulissi: qui il Giro del Veneto, poi la Veneto Classic
Le corse in Veneto sono state le ultime di Covi con Ulissi: qui il Giro del Veneto, poi la Veneto Classic
Non hai ancora un calendario gare, ma potendo scegliere dove andresti?

Ho visto più o meno il calendario, ma ancora non ne abbiamo parlato. Per cominciare direi Laigueglia, che mi piace tantissimo e ci sono affezionato. Poi la Tre Valli a fine stagione, che reputo la gara di casa. Quest’anno siamo stati sfortunati con il meteo, ma speriamo di tornarci l’anno prossimo e vincerla. Nel mezzo mi piacerebbe fare bene al campionato italiano. Non so esattamente dove sarà, però è sempre una gara che ti dà la motivazione per fare bene.

Due soli italiani nella WorldTour (tu e Baroncini), tre nella Gen Z (Giaimi, Sambinello e Stella). Come sono i rapporti con i più giovani?

L’anno scorso ho avuto modo di conoscere Luca Giaimi, che era l’unico italiano. Adesso ce ne sono altri due e almeno li ho conosciuti. Con Luca è stato un reciproco cercarsi, un po’ mi ha cercato lui e un po’ l’ho cercato io. Ha una casa vicino ai miei familiari a Varese, quindi ogni tanto ci siamo trovati anche in allenamento per poi creare un legame di amicizia. Un po’ come Ulissi e me, ho fatto e sto facendo del mio meglio per trasmettergli qualcosa. Speriamo che farà una buona stagione.

Ti mancherà Ulissi?

Diego mi mancherà a livello di amicizia, questo è certo. Come maestro di ciclismo, quando è andato via mi ha detto che quello che aveva da insegnarmi, me l’ha trasmesso tutto. Ho preso tanto da lui, ma ognuno ha la sua personalità, per cui sto facendo anche del mio per trovare la mia strada. Ormai ho 26 anni e un pacchetto di esperienze grazie al quale posso trasmettere qualcosa anche io. Speriamo che il sistema funzioni anche con questi giovani.

Lo squillo di Giaimi a cronometro, un anticipo per il 2025

21.10.2024
5 min
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Non avrà più il fascino del secolo scorso, delle sfide infuocate fra Merckx e Gimondi o fra Hinault e Moser, ma la Chrono des Nations resta sempre un appuntamento di prestigio per chi ama confrontarsi contro il cronometro. Soprattutto per le categorie inferiori. Luca Giaimi ne aveva fatto un obiettivo primario un po’ forzato, scaturito dall’andamento ondivago della sua prima stagione da U23. Ma alla fine il secondo posto di caregoria rappresenta tanto, è una boccata di fiducia.

Il podio della prova U23, vinta da Soderqvist con 47″ su Giaimi e 48″ sul belga Vervenne (foto Guerin/DirectVelo)
Il podio della prova U23, vinta da Soderqvist con 47″ su Giaimi e 48″ sul belga Vervenne (foto Guerin/DirectVelo)

Sotto il diluvio veneto, dove si trova per le ultime classiche italiane della stagione, il portacolori del devo team della Uae parte proprio dal podio transalpino per analizzare la sua stagione: «Era una conferma alla quale tenevo particolarmente. Ho chiesto espressamente di affrontare la trasferta prima di venire in Veneto, perché quest’anno non avevo potuto fare cronometro dal Giro Next Gen. E soprattutto ho voluto lavorarci sopra, volevo vedere quale livello posso raggiungere. Ho cercato di prepararla, Matxin mi ha dato l’opportunità di farlo credendo in questo mio piccolo progetto e il risultato mi ha dato le risposte che cercavo».

Ti si era un po’ perso di vista…

Effettivamente quest’anno ho corso poco e senza grandi risultati soprattutto nella prima parte, infatti sapevo che non sarei andato né agli europei né ai mondiali. Ho lavorato molto in allenamento anche se le gare non andavano bene, anche per questo avevo bisogno di un risultato in chiusura di stagione.

In Francia l’azzurro ha confermato la sua ottima propensione per le gare contro il tempo
In Francia l’azzurro ha confermato la sua ottima propensione per le gare contro il tempo
Come giudichi quest’annata?

Direi a due facce. Fino a luglio mi è pesata tantissimo la scuola, infatti ho potuto gareggiare poco e soprattutto inseguivo sempre la miglior condizione. Mi sentivo inferiore agli altri, d’altronde mi ero messo d’impegno con lo studio per finire bene e la squadra mi ha dato mano libera in tal senso. Ad agosto ho voluto un cambio di rotta e ho trovato in Alessandro Covi un grande amico oltre che una guida in allenamento. Ci alleniamo a Varese e dintorni dove c’è davvero ogni tipo di percorso. Sto cambiando il mio modo di vivere, entrando sempre più nella mentalità del ciclista a tempo pieno.

Tu quest’anno hai fatto già un buon numero di gare con la squadra WorldTour. Quanto cambia rispetto al tuo team abituale?

Molto, si impara tanto. Soprattutto il modo di avviare le corse, il lavoro che c’è nella prima parte sia per mandare avanti la fuga o per ovviare se non ci si è entrati. Io sono stato deputato proprio al lavoro in avvio delle gare, per questo ad esempio nelle classiche italiane mi sono ritirato. Serve molto per acquisire quel ritmo che è molto diverso da quello a cui siamo abituati. Faccio un esempio: la Parigi-Tours con i suoi 213 chilometri è la gara più lunga che abbia mai percorso. Anzi posso dire: il giorno nel quale ho coperto più chilometri in tutta la mia vita…

Il ligure, al suo primo anno nel devo team della Uae, ha fatto molta esperienza con il team WT
Il ligure, al suo primo anno nel devo team della Uae, ha fatto molta esperienza con il team WT
Il fatto che la squadra ti abbia chiamato in causa tante volte è però un sintomo di grande fiducia. Che cosa significa far parte dello stesso team di Pogacar e quindi vivere, anche se non direttamente, il suoi trionfi?

Sicuramente aiuta il morale. Io credo che la forza del team sia la sua coesione. I suoi successi ti portano ad attaccarti sempre più alla maglia. Io non ho avuto la possibilità di correre ancora con lui, ma ho gareggiato insieme a grandi campioni, ad esempio Hirschi. Standoci insieme, si ha l’opportunità di imparare tantissimo, per noi giovani è un plus.

Tornando a te, avrai altre occasioni per gareggiare con i “grandi”?

Mi hanno già detto di sì, anzi saranno sempre di più le occasioni e questo è sinonimo di fiducia. Ci saranno tante gare con la squadra del WorldTour, per aumentare la mia esperienza. So che il mio lavoro viene apprezzato sempre di più e questo vale molto perché nel team c’è molta competitività: se non vai forte, la squadra non ti convoca…

32 giorni di gara per Giaimi, con il 4° posto al GP Kranj come miglior risultato oltre a quello in Francia
32 giorni di gara per Giaimi, con il 4° posto al GP Kranj come miglior risultato oltre a quello in Francia
Perché non sei stato in Danimarca per i mondiali su pista?

Diciamo che un po’ è colpa mia. Villa ha chiesto di partecipare ai ritiri, ma tra corse e preparazione della crono non potevo dare le garanzie che chiedeva. Mi serviva fare questo percorso di carriera. Mi sarebbe piaciuto esserci, ma per farlo devi essere davvero al 100 per cento e con la pista ora non ho il necessario feeling.

Ma continuerai con la pista?

Certo, basterà trovare i giusti spazi nei rispettivi calendari per fare tutto al meglio. La squadra è perfettamente d’accordo che segua entrambi i percorsi, io alla pista tengo molto e soprattutto a percorrere una strada che possa portarmi a Los Angeles 2028 che è un mio obiettivo.

Per il corridore di Alassio tanto lavoro per i compagni. Ci saranno occasioni per vederlo leader?
Per il corridore di Alassio tanto lavoro per i compagni. Ci saranno occasioni per vederlo leader?
Tu spesso parli di lavorare per gli altri e della soddisfazione del team per il tuo apporto per la causa comune. Non temi però di essere identificato sempre più in un corridore che aiuta e non in uno che può mettere la propria firma sulle corse?

Le occasioni arrivano, bisogna farsi trovare pronti quando accadrà, fisicamente ma anche come esperienza. Alla Parigi-Tours, ad esempio non c’era un leader prestabilito, tutti correvano per procacciarsi la propria chance. Io troverò i miei spazi, ma devo ancora crescere…

Matxin: «Ai giovani serve fiducia per crescere senza pressioni»

01.07.2024
5 min
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Per tutto l’arco del Giro Next Gen i ragazzi del team UAE Emirates Gen Z hanno avuto accanto la figura di Joxean Matxin che in questi giorni è al seguito della squadra WorldTour al Tour de France. Ritrovarsi accanto il tecnico spagnolo ha un significato importante per questi ragazzi. Dopo averlo visto sulle strade del Giro dei grandi possono finalmente parlare e confrontarsi con lui in una specie di fil rouge che unisce devo team e WorldTour. La presenza di Matxin diventa ancora più importante se si pensa che negli stessi giorni è andato in scena il Giro di Svizzera, dove Yates e Almeida hanno banchettato senza nessuno che si riuscisse ad opporre. 

«Credo sia più importante essere qua – dice subito Matxin – invece che essere allo Svizzera, dove i ragazzi hanno dimostrato di essere in condizione».

Il secondo posto al Giro Next Gen di Torres non ha fatto montare la testa a nessuno, la crescita prosegue (foto LaPresse)
Il secondo posto al Giro Next Gen di Torres non ha fatto montare la testa a nessuno, la crescita prosegue (foto LaPresse)

Il primo Giro Next Gen

Il 2024 ha rappresentato per il UAE Team Emirates un anno di esordio al Giro Next Gen, vista la recente nascita del devo team. Come è andata la corsa più importante a livello di under 23? Cosa ha detto questo appuntamento?

«La corsa si è rivelata una bella soddisfazione – spiega Matxin – vedere Torres fare un cammino del genere a soli 18 anni ci dà un bel motivo per essere felici. Vederlo tra i migliori al mondo vuol dire che la sua crescita, il suo miglioramento, sta andando nella giusta direzione. Poi dall’altra parte c’è uno come Widar che è altrettanto giovane e forte, ma questo non ci intimorisce. 

«Poi ci sono anche gli altri ragazzi ovviamente. Con Glivar avevamo puntato tre tappe e ha portato a casa un buon terzo posto. Giaimi deve ancora crescere e migliorare, ma mettersi alle spalle una corsa del genere gli fa bene (in apertura è lui che parla con Matxin, ndr). Lui è un corridore che ogni anno deve fare un passo in più». 

Matxin a colloquio con Torres prima della tappa di Fosse dove lo spagnolo arriverà secondo
Matxin a colloquio con Torres prima della tappa di Fosse dove lo spagnolo arriverà secondo
Come mai pensi sia più importante essere qui che in altre gare, magari tra i professionisti?

Per me, per la squadra, per tutto. Io sono responsabile del gruppo giovani. Mi piace questa corsa, è il sesto anno che vengo ed il primo con il team Gen Z del quale sono responsabile. Sono qui anche per far vedere loro che ci siamo in ogni momento, la nostra presenza è costante. Sia quando si vince, per congratularci, ma anche quando bisogna crescere. 

Per mostrare fiducia. 

Sì, per dire: «Noi siamo qui». Senza nessuna pressione, vogliamo vedere e imparare con loro. Per sentire se ci sono problemi. Ascoltiamo le loro opinioni e il loro pensiero. I giovani sono importanti per noi e devono sentirsi parte del progetto. Tanto passa anche dai momenti fuori dalla corsa, insegnamo loro a convivere e vivere una settimana insieme. 

E l’opinione verso questi ragazzi qual è?

Si capisce e capiscono che è un progetto under 20, per questo ci sono solamente corridori di primo o secondo anno. L’eccezione è Glivar, che però ha una storia e un progetto diverso. Abbiamo voluto fare questa scelta per una questione di onestà. 

I ragazzi del team Gen Z hanno già accumulato esperienza con i professionisti, qui Glivar al Tour of Sharjah, vinto
I ragazzi del team Gen Z hanno già accumulato esperienza con i professionisti, qui Glivar al Tour of Sharjah, vinto
In che senso?

Noi adesso non abbiamo lo spazio sportivo per dare tanti corridori al team WorldTour. Preferiamo dare una crescita e diventare dei corridori importanti in futuro. Non abbiamo voluto prendere corridori pronti per trovarci poi con poco spazio per ognuno. 

E quanto dura da voi il percorso di crescita?

Dipende. Ci sono ragazzi che hanno bisogno anche del quarto anno e altri che sono pronti dopo due. Torres è un esempio, ora parliamo di un corridore che è arrivato secondo al Giro Next Gen. Se avessimo parlato di lui un mese fa, non eravamo in grado nemmeno noi di definire il percorso di crescita. Poi c’è da dividere le cose, un corridore pronto sportivamente non vuol dire che lo sia anche umanamente

Meglio avere un cammino solido nel team Gen Z?

Il concetto da noi è che questi ragazzi possono salire nel WorldTour ma non viceversa. Si può fare ma non ho quel concetto. Torres ad esempio ha corso con noi alla Coppi e Bartali e al Giro d’Abruzzo. Glivar, invece ha corso già più gare con i grandi. 

Anche Luca Giaimi, nonostante sia un primo anno, ha corso molto con i pro’ a inizio stagione
Anche Luca Giaimi, nonostante sia un primo anno, ha corso molto con i pro’ a inizio stagione
Vero anche che questi 2005 vanno forte…

Dipende, ora quando parli con gli juniores c’è un po’ una febbre. Molti ragazzi sono nei devo team ma con contratti già firmati per il WorldTour. E’ importante tante volte dargli un percorso, io credo che serva tranquillità a questi ragazzi. Non trovo il senso di far firmare loro contratti di due anni, credo che serva più tempo. Per questo noi vogliamo che firmino per tre o quattro anni. Tanti ragazzi dopo due anni possono crescere ancora tanto. 

Non serve avere fretta insomma. 

Quella rischia di tagliare le gambe.

Notari, il punto sui Gen Z: come crescono i più giovani?

12.04.2024
4 min
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COL SAN MARTINO – Vedere una figura come quella di Giacomo Notari tra gli under 23 fa un bell’effetto. Il coach del UAE Team Emirates Gen Z lo abbiamo prima incrociato al Palio del Recioto, poi al Trofeo Piva. 

Tra le colline patrimonio dell’Unesco, Notari si è messo in ammiraglia per seguire i suoi ragazzi. Uno su tutti Gal Glivar, che dopo aver vinto al Belvedere era il grande atteso di giornata. Per lo sloveno un quinto posto finale, complici anche dei problemi meccanici nel momento sbagliato della corsa.

Notari dal 2024 lavora con il team UAE Emirates Gen Z
Notari dal 2024 lavora con il team UAE Emirates Gen Z

I giovani campioni

Notari ha tra le mani i futuri talenti del team WorldTour che nel 2023 ha occupato il primo posto nel ranking UCI. Un bell’impegno e anche uno stimolo per un coach come lui che si è trovato a lavorare con ragazzi provenienti da tutto il mondo. 

«Partendo da Glivar – racconta Notari – sicuramente è un buon prospetto, non è più un giovane di primo pelo. Questo è dovuto anche al ciclismo di oggi, che etichetta come “vecchio” un ragazzo di 22 anni. Gal è un bell’atleta, furbo, bravo a correre e a posizionarsi in gruppo, caratteristiche che in gara lo aiutano molto. Ha dei buoni numeri, ma la cosa principale è la sua capacità di lettura delle dinamiche di corsa. E’ abbastanza veloce e in salita tiene anche se non è uno scalatore (unendo queste qualità ha portato a casa la vittoria al Belvedere, ndr)».

I giovani sono aggiornati su metodi di allenamento e nutrizione (photors.it)
I giovani sono aggiornati su metodi di allenamento e nutrizione (photors.it)
Abbiamo parlato spesso di Giami e Glivar, ma tu come preparatore che situazione hai trovato nel team?

Un po’ di diversità a livello di preparazione e di metodi di lavoro ne ho trovata. Essendo ragazzi di nazionalità diverse ognuno si porta dietro dei blocchi “culturali”

Cosa intendi?

Che un corridore americano spesso si allena in maniera diversa rispetto a un italiano o a un belga. Quello che ho visto è che, pur essendo giovani, sono sul pezzo già in tutto: alimentazione, allenamento, ecc…

Non sono da formare?

Magari da indirizzare, ma non è come 5 o 10 anni fa quando non c’era questa grossa cultura sportiva. Ad esempio ragazzi juniores di secondo anno sanno già quanti carboidrati assumere in gara. 

C’è un metodo di lavoro “standard” che si adatta a corse e obiettivi di stagione (fotobolgan)
C’è un metodo di lavoro “standard” che si adatta a corse e obiettivi di stagione (fotobolgan)
Le differenze che vedi a livello di preparazione quali sono?

Da quello che ho visto dai file degli anni precedenti, posso dire che i corridori belgi spesso si allenavano con lavori specifici ad alta intensità e ogni tanto facevano distanze. Al contrario, l’americano Cole Owen si allenava su distanze astronomiche, più di un professionista (in apertura photors.it). 

E come avete organizzato il lavoro?

La nostra visione di squadra è quella di fare una buona base soprattutto in inverno. Una volta costruite le fondamenta, puoi inserire dell’intensità. Il tutto, chiaramente, incastrando il calendario e gli obiettivi. 

Come ti stai trovando?

Bene, sono molto contento. Lavorare con i giovani mi piace parecchio, perché puoi plasmarli di più rispetto ad un corridore professionista. Lavorare con corridori maturi, a volte, ti porta anche a scontrarti perché hanno le loro idee e convinzioni. 

I giovani sono più propensi all’ascolto, lo testimonia la vittoria di Glivar al Belvedere (photors.it)
I giovani sono più propensi all’ascolto, lo testimonia la vittoria di Glivar al Belvedere (photors.it)
Con i giovani questo non c’è?

Si riesce a incidere maggiormente sulla loro crescita, naturalmente si deve creare quel feeling tra corridore e preparatore, ma una volta instaurato ti seguono in tutto e per tutto. Ho avuto un bello scambio di battute con Maini, dopo che Glivar ha vinto al Belvedere. Mi ha fatto i complimenti per il risultato, gli ho risposto che ero più contento per l’avvicinamento che ha fatto. 

Perché?

Gal dopo la Coppi e Bartali era stanco, ha seguito per filo e per segno il programma che gli ho dato, che era davvero minimo. Ad un altro corridore magari sarebbe venuto qualche dubbio, invece lui mi ha ascoltato. Quello che ho detto a Maini è stato: «Sono contento perché il ragazzo si è fidato al 100 per cento. Che abbia vinto non è stato merito mio, quel che mi è piaciuto è che si è totalmente affidato a me».

Villa chiede miglioramenti, Giaimi è pronto e risponde

30.03.2024
5 min
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Per Luca Giaimi la prima stagione fra i “grandi” finora è prevalentemente trascorsa su pista. Marco Villa ne ha fatto un pezzo pregiato del gruppo del quartetto, pensando già al futuro, al dopo Parigi quando si dovrà capire anche chi farà ancora parte del progetto olimpico fra i senatori. A Hong Kong, nella seconda prova di Nations Cup, i risultati non sono stati pari alle attese, Villa lo ha ammesso senza peli sulla lingua com’è solito fare. E lo stesso Giaimi, che già aveva assaggiato la nazionale anche agli europei correndo la prova individuale, non nasconde di essere rimasto deluso dal risultato.

«E’ stata la mia prima esperienza agonistica nell’inseguimento a squadra nella nazionale maggiore e sicuramente è molto diverso rispetto a quanto ho vissuto fino all’anno scorso, con gli juniores. Sono entrato in un gruppo con compagni diversi, alcuni già affiatati fra loro e altri più o meno nuovi. Diciamo che alla fine non avevamo ancora stabilito quel feeling, quegli automatismi necessari per poter tirare fuori il meglio e in gara si è visto».

Per Giaimi finora 3 gare su strada con la squadra maggiore. Pochi risultati ma tanta esperienza in più
Per Giaimi finora 3 gare su strada con la squadra maggiore. Pochi risultati ma tanta esperienza in più
Che cosa hai trovato di cambiato rispetto alle tue esperienze passate, ricordando che il quartetto juniores da te guidato è primatista mondiale?

Molto perché lì c’era un amalgama che si era cementato nel tempo. La distanza è la stessa, ma noi correvamo anche in 3’53”, a Hong Kong abbiamo fatto 3’56” e questo dimostra come i problemi siano stati legati proprio alla connessione ancora parziale fra di noi. Nell’inseguimento a squadre è molto legato agli automatismi: noi riuscivamo a tenere fino all’ultimo chilometro, poi sia in qualificazione che nel primo turno ci siamo sfaldati. Devo dire che a furia di provare già vedevo miglioramenti e credo che col passare delle settimane ci troveremo sempre meglio e scaleremo le classifiche.

Villa fa dell’abitudine al gesto il suo mantra. Era così anche per voi da juniores?

Sicuramente, abbiamo lavorato con grande assiduità da dicembre ad agosto, eravamo arrivati al punto che salivamo in pista con grande tranquillità sapendo che dovevamo solo ripetere quel che facevamo in allenamento, era quasi una formalità. Ma sono meccanismi che si acquisiscono con il tempo. Per questo sono ottimista.

Il ligure è arrivato alla Uae sull’onda di molti squilli internazionali. Qui al Watersley Junior Challenge (foto Instagram)
Il ligure è arrivato alla Uae sull’onda di molti squilli internazionali. Qui al Watersley Junior Challenge (foto Instagram)
Il cittì ha sottolineato dopo Hong Kong come vuole vedere da te miglioramenti dal punto di vista tecnico. A che cosa si riferisce?

Villa ha ragione, anch’io mi sono accorto che ci sono cose che devo migliorare, ad esempio la mia posizione durante la fila indiana per coprire meglio gli altri e prendere meno aria oppure il mio modo di muovermi dalla fila al momento del cambio. Sono piccole cose dalle quali però si può guadagnare molto in termini di tempo e rendere la prestazione più performante, ma sono automatismi che si acquisiscono solo girando insieme.

Come ti sei trovato a Hong Kong?

Io avevo l’esperienza dei mondiali juniores di Cali dello scorso anno dove c’era grande tifo. In Asia abbiamo sì trovato tanta gente, ma in un clima molto più asettico, senza troppa pressione neanche quando gareggiavano gli specialisti di casa nelle prove di velocità. Con il gruppo azzurro è stata comunque una bella esperienza, abbiamo legato molto.

Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento
Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento
Tu d’altronde ti eri già avvicinato al gruppo quest’inverno con il ritiro a Noto…

Sì, li ci eravamo conosciuti, era stato importante anche da questo punto di vista. Anche con Ganna e Milan. Anzi con Jonathan eravamo in camera insieme e avevamo legato molto, mi ha dato anche importanti consigli proprio a proposito del quartetto, è stato un punto di riferimento.

Con i ragazzi del devo team Uae invece ancora non hai avuto occasione di correre…

No, le uniche tre gare che ho fatto finora sono state con il team maggiore, fra Spagna e Belgio. Avrò occasione ora con le classiche italiane U23: Belvedere, Recioto e Piva, saranno importanti al di là del risultato proprio per approfondire la conoscenza e l’unione fra noi ragazzi. Abbiamo fatto il ritiro insieme a a dicembre dove avevo trovato in Guatibonza un amico, poi avevo ritrovato Staes che avevo conosciuto nelle cronometro da junior.

Il 19enne ora punta forte sulle classiche italiane U23, a cominciare dal Belvedere
Il 19enne ora punta forte sulle classiche italiane U23, a cominciare dal Belvedere
Fra le tre gare qual è quella che si adatta meglio alle tue caratteristiche?

Credo il Belvedere, è più accessibile e vorrei fare bene soprattutto lì anche perché è la prima, per vedere come sto a questo punto. Per me aprile è un mese molto importante, proprio per le gare italiane ma anche per cominciare a mettere qualche mattoncino nella mia stagione che avrà altri mesi topici a giugno con il Giro Next Gen e i tricolori e a settembre quando spero di essere convocato per i mondiali.

Ad aprile ci sarà anche la terza tappa di Nations Cup su pista a Milton…

Sì, è un mese importante anche per questo. Io sono convinto che potremo fare meglio che a Hong Kong, che i progressi di cui dicevo prima si vedranno. Io penso che una Top 5 sia nelle nostre corde. Poi ci sarà anche la Gand-Wevelgem di categoria a fine mese che mi incuriosisce e mi intriga molto.

Per Giaimi, qui in nazionale junior su strada nel 2023, una prima parte di stagione vissuta in azzurro
Per Giaimi, qui in nazionale junior su strada nel 2023, una prima parte di stagione vissuta in azzurro
Ti sei posto qualche obiettivo particolare?

Non voglio parlare di risultati. Se devo proprio dire, vorrei che si vedano progressi nei miei meccanismi di lavoro con i compagni. Alla pista credo moltissimo, nello stesso team incoraggiano la mia doppia attività che continuerò a fare per lungo tempo. Voglio dimostrarmi affidabile, che Villa veda i miei progressi tecnici. Ci tengo molto…

Team Giorgi, bell’inizio e già c’è un talento per il WorldTour

23.03.2024
7 min
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Nel Team Giorgi ci sono almeno due aspetti che si sono ben radicati negli ultimi anni. La grande capacità di scouting e, quasi come diretta conseguenza, la capacità di sfornare talenti pronti per il grande salto in devo team di squadre WorldTour. A corredo di tutto questo poi non mancano i risultati, come sta avvenendo in questo avvio di stagione.

Un filotto di tre vittorie (in apertura Mellano, foto Rodella) e quattro piazzamenti nei cinque inanellati in ogni weekend di gara, cui si aggiunge anche un successo in Mtb, che stanno già facendo la felicità di patron Carlo Giorgi e del diesse Leone Malaga. Proprio col tecnico bergamasco, che guida la formazione juniores dal 2019 (e nel triennio precedente gli allievi), abbiamo approfondito la loro filosofia e la gestione dei ragazzi. Il recente passato della società di Torre de’ Roveri annovera diversi corridori usciti dal vivaio. Gli ultimi più importanti in ordine temporale sono Samuele Privitera e Luca Giaimi, ma prima ancora ci sono stati i fratelli Karel e Mathias Vacek e Alessio Martinelli. Adesso, come afferma Malaga, ce ne sono dei nuovi in rampa di lancio di cui sentiremo parlare.

Le tattiche di gara da rispettare sono un punto fermo del diesse Leone Malaga (foto Rodella)
Le tattiche di gara da rispettare sono un punto fermo del diesse Leone Malaga (foto Rodella)
Qual è l’intento del Team Giorgi?

Siamo sempre stati una società votata a valorizzare i talenti del nostro territorio. Da tre anni ad oggi, con la caduta dei vincoli, abbiamo iniziato a guardare fuori regione, però ligi alla nostra idea di non andare a prendere juniores di altre squadre, a meno che non fossero proprio loro a liberarsi e cercare noi. Lo abbiamo sempre fatto per rispettare le società concorrenti, visto che siamo in tante. Pensate che ora abbiamo solo due lombardi, nemmeno bergamaschi, oppure uno come Bernardi che arriva da Sampeyre, praticamente più vicino alla Francia che a noi.

Diremmo che ci state riuscendo bene. Come funziona il vostro servizio scouting?

Semplicemente o meno, il nostro presidente mi dà carta bianca e faccio praticamente tutto io. Conosco bene la categoria allievi e la tengo sotto osservazione, guardando anche ragazzi del primo anno in ottica futura. Mi muovo già ad inizio stagione, cerco di sentire le società e di conseguenza i corridori proponendo loro un programma. Non guardo necessariamente se vincono, preferisco vedere le prestazioni e gli eventuali margini di miglioramento. E direi che ormai si sa che faccio così…

Edoardo Raschi esulta a Volta Mantovana. Per il parmense subito vittoria al debutto assoluto nella categoria (foto Rodella)
Edoardo Raschi esulta a Volta Mantovana. Per il parmense vittoria al debutto nella categoria (foto Rodella)
Cosa intendi?

Faccio l’esempio più lampante di tutti. Ho preso Giaimi nel 2021 che non aveva mai vinto una corsa tra allievi ed esordienti. Ed oggi guardate dov’è andato (al UAE Team Emirates Gen Z, ndr)! Mi aveva impressionato facendo secondo in una gara grazie ad un grande numero. Così dalla Liguria ho ingaggiato anche lui oltre a Privitera, altro acquisto azzeccato che tuttavia aveva già vinto di più. E anche Samuele lo abbiamo piazzato in uno dei migliori devo team del mondo (la Hagens Bermans Axeon, ndr).

C’è un segreto per rendere possibili queste situazioni?

Credo che uno dei nostri migliori pregi sia quello di creare la giusta armonia fra i ragazzi. Lavoriamo molto sul piano mentale. Quest’anno abbiamo fatto acquisti importanti, ma vogliamo farli convivere e coesistere. Sono una persona che investe tantissimo tempo con i ragazzi per capire come stanno, cercando di aiutarli a risolvere gli eventuali problemi di qualsiasi natura. Non mettiamo pressione, da noi sanno che possono crescere in modo graduale e per ogni ragazzo pianifichiamo lavori ad hoc. Adesso arrivano da juniores che sono sempre più forti. Dobbiamo saperli gestire.

Sembra essere diventata una categoria dove non c’è più la pazienza di prima. Come vi comportate con le figure esterne al corridore?

Visto come stanno cambiando i tempi, personalmente non penso che il procuratore sia un male per un atleta, purché sia discreto e non interferisca col nostro lavoro. Finora i procuratori dei nostri ragazzi sono sempre stati molto seri con noi, anche se dobbiamo riconoscere che siamo stati bravi noi negli anni a creare un buon rapporto con loro e con i preparatori.

Con i preparatori come funziona?

Io faccio tabelle per i corridori, ma non ho alcun problema se il ragazzo ha già il suo allenatore, tanto vedo tutto su Training Peaks. E’ un impegno importante parlare con i preparatori per studiare i programmi migliori per i ragazzi, però mi piace perché posso mettermi in discussione ed imparare qualcosa da chi lo fa per mestiere. L’unica cosa su cui non transigo è un’altra.

Quale?

Nella tattica di gara la legge sono io (sorride, ndr). Nel pre-gara non voglio sentire nessuno da fuori che mi dica se è giusta o sbagliata. Dopo eventualmente, se abbiamo fatto male in corsa, ne possiamo discutere in modo costruttivo col fine di migliorarci.

Finora, risultati alla mano, sono andate molto bene le gare. Te lo aspettavi?

Sì e no. Raschi ha vinto subito all’esordio nella categoria attaccando come piace a me, nonostante si fosse mosso in funzione di un suo compagno. La settimana dopo Mellano ha ottenuto un successo sotto il diluvio frutto di un grande lavoro a livello psicologico fatto in inverno. Sette giorni più tardi, ha fatto secondo dietro ad Andreaus. Lui per me è già una scommessa vinta visto che arrivava da un 2023 non buono. Ci tengo a citare con soddisfazione anche il successo di Stenico nel Verona Mtb International (prova di apertura del circuito Italia Bike Cup, ndr) davanti a nomi importanti come il campione del mondo di ciclocross Viezzi e l’altro azzurro Bosio.

Quali sono i nomi del Team Giorgi da tenere sott’occhio per il 2024?

Il primo è proprio Mellano, un altro che ho preso da allievo con pochissimi punti e che l’anno scorso ha fatto una grande stagione con tre vittorie e trenta piazzenti nei dieci. Prima rischiava poco, aveva un po’ il braccino, adesso sta imparando a correre da leader. Non posso dirvi nome, ma su di lui si è già fatta avanti una WorldTour, sia per inserirlo nella prima squadra o nel loro devo team. Stessa situazione per Rosato, che è un primo anno, ma è già sul taccuino di tante squadre pro’ italiane ed estere. Entrambi sono nel giro della nazionale del cittì Salvoldi e vorrei farci arrivare anche Andreaus e Stenico.

Insomma, il lavoro non vi manca.

Assolutamente no. Siamo contenti della crescita di ragazzi di prospettiva come Quaglia o dei nuovi arrivati. Il Team Giorgi ha quindici juniores con doti importanti, che a turno correranno e si riposeranno. Noi li stiamo preparando a dovere senza alcuna esagerazione di allenamenti e portandoli in gare impegnative per farli migliorare sotto tanti punti di vista. Tutti avranno il proprio spazio.