Longo è più forte, Brown più furba. Ma ci abbiamo sperato

21.04.2024
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LIEGI (Belgio) – Come una doppia maledizione, anche questa Liegi l’ha vinta un’altra. Eppure Elisa Longo Borghini trasmette positività in ogni sorriso e ogni parola, per cui quando dice che ce ne sarà un’altra l’anno prossimo, non puoi che darle ragione. La corsa se l’è presa Grace Brown, una grande atleta che doveva solo sperare che le cose andassero come sono andate. Non poteva rispondere agli attacchi delle scalatrici, per cui è andata in fuga. E quando l’hanno ripresa, anziché abbandonarsi alla deriva si è messa a limare e alla fine è arrivata alla volata. E a quel punto sono diventati affari per le altre. Prima Brown, seconda Longo Borghini, terza Vollering (prima lo scorso anno) e tutti a casa. Ora l’australiana è qui che racconta con il suo accento aussie e scherzando dice che è «monumentale aver vinto una monumento, la vittoria più importante della mia carriera…».

Un giorno chiederemo a Elisabetta Borgia di spiegarci il modo e i tempi con cui un grande atleta elabora il risultato e riesce a farci di conto. Arrivare seconda nella Liegi, il suo obiettivo di primavera, dovrebbe far scattare nella testa di Elisa chissà quale rabbia funesta. Invece nei primi istanti dopo l’arrivo già sorrideva. E anche adesso che le trotterelliamo accanto accompagnandola verso l’antidoping, la sua serenità è uno spunto su cui ragionare.

Subito dopo l’arrivo, malgrado la sconfitta, Elisa sorrideva
Subito dopo l’arrivo, malgrado la sconfitta, Elisa sorrideva

La fuga da riprendere

La fuga è arrivata tanto avanti, ma quando la piemontese ha aperto il gas sulla Cote de la Roche aux Faucons, dietro il gruppetto si è sbriciolato. Sono rimaste attaccate le stesse che poi sono arrivate con lei al traguardo e chissà se quell’attacco le sia costato troppo. Noi siamo qui a cercare una spiegazione, mentre lei se l’è già data ed è contenta così.

«Non credo di aver speso troppo a fare l’azione – dice – perché comunque doveva essere fatta in qualche modo. Bisognava chiudere sulla fuga e comunque sia avrei attaccato lo stesso. Probabilmente saremmo rimaste in tre e ce la saremmo giocata diversamente. Però alla fine questo è il ciclismo e per questo è lo sport più bello del mondo. Non sempre vince la più forte o il più forte, vince anche il più furbo, il più veloce, quello che prende meglio le curve. Forse è vero che la fuga è arrivata un po’ troppo avanti, però c’è anche da dire che c’erano dei corridori forti. C’era Chabbey, c’era Grace Brown che sono notoriamente dei corridori pericolosi se corrono per fare risultati».

Una volata già scritta

E poi c’è la volata, quella in cui credevamo ormai tutti. Dopo il Fiandre vinto a quel modo e i miglioramenti degli ultimi mesi, eravamo tutti a pensare che fosse quasi fatta, senza fare i conti con la concretezza e il giusto cinismo di Grace Brown.

«Sono arrivata alla volata – dice Elisa mentre pedala al piccolo trotto – non tanto con sicurezza, quando con la voglia di vincere. Puntavo il traguardo e guardavo avanti e devo dire che per un attimo ci ho anche quasi creduto. Poi mi ha passato sulla destra Grace, però non ne posso fare un dramma. Ci sarà una Liegi anche l’anno prossimo, penso, no? Diciamo che è un secondo posto a suo modo bello, diverso dall’anno scorso. Ho preso l’iniziativa e sono partita sulla Roche aux Faucons, poi ho fatto una bella volata e alla fine sono contenta. Se fossimo arrivati in tre, probabilmente avrei vinto io, ma così non è stato. Vero che ho chiuso il buco su “Kasia” Niewiadoma, ma resta il fatto che Grace Brown è più veloce di me. Non c’è storia, non si può raccontare un’altra versione, questo è…».

E adesso la Vuelta

Il Trofeo Oro in Euro, il Giro delle Fiandre e la Freccia del Brabante: la sua primavera può essere soddisfacente. Il terzo posto nella Freccia Vallone e il secondo qui a Liegi dicono che comunque Elisa è arrivata puntuale all’appuntamento con le Ardenne e questo conta tanto dopo i problemi della scorsa estate.

«Non posso che essere contenta – dice – perché comunque ho fatto tantissime top 10. Ho fatto tre vittorie, sono tornata ai miei livelli e forse anche qualcosa di più. Sono veramente contenta. Adesso ci saranno tre giorni a casa e poi la Vuelta, per cui la primavera non è certo finita. E pensate che a casa riuscirò anche a incontrare Jacopo per poche ore, perché io arrivo e lui parte per il Romandia».

Alza gli occhi al cielo, che d’incanto è tornato azzurro. La sera volge verso il tramonto. Noi torniamo in sala stampa per scrivere queste parole, lei prosegue verso il controllo e poi sarà tempo di impacchettare tutto e tornarsene finalmente a casa.

Niente di facile, ma tutto secondo copione: la Liegi è di Pogacar

21.04.2024
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LIEGI (Belgio) – Facile come una lezione imparata così bene da non ammettere repliche. Tadej Pogacar ha fatto quello che si era proposto e agli altri non è restato che il podio. Una giornata fredda. Due gradi al mattino a Baraque de la Fraiture, la neve sugli alberi. Pioggia a scrosci a rendere davvero crudele una domenica già dura di per sé. Poi lentamente il sole si è fatto largo e la corsa è entrata nel vivo. La UAE Emirates ha scandito la marcia su ogni salita in direzione di Liegi, lasciando intuire una strategia chiara e condivisa. Lo spauracchio Van der Poel non si è mai visto se non alla fine, costretto a inseguire dopo una caduta, ma mai realmente in gara. Se la sua presenza era dovuta al voler omaggiare la corsa, la maglia che indossa e il suo grande rivale, l’applauso sarà ampiamente meritato.

L’attacco è arrivato sulla Redoute, dopo che Novak ha dato l’ennesima tirata di una giornata per lui memorabile. A quel punto non restava che andare e Tadej è andato. E’ partito nella parte bassa della salita: presto rispetto al solito, ma se avesse aspettato magari qualcun altro avrebbe avuto la stessa idea. Ci ha provato Carapaz a stargli dietro, poi anche il campione olimpico di Tokyo ha perso il conto dei battiti e si è rimesso a sedere.

Nella prima fuga della Liegi, anche Christian Scaroni: il gruppetto è arrivato fino a Stavelot
Nella prima fuga della Liegi, anche Christian Scaroni: il gruppetto è arrivato fino a Stavelot

Il copione perfetto

Da quel punto, la Liegi-Bastogne-Liegi si è trasformata in un assolo. Un copione cui dovremmo ormai essere abituati, dato l’andamento recente delle grandi classiche, ma che ci lascia ogni volta senza fiato. Elegante come chi non è davvero al limite, cattivo come chi non ha bisogno di mettersi strane espressioni sulla faccia. Pogacar ha spinto duro per 34 chilometri con la guarnitura 55-38 che ha scelto dente dopo dente e gli è stata consegnata a tempo di record, perché aveva in mente un’azione simile e ha voluto avere gli strumenti giusti.

«C’era una strategia – spiega il diesse Hauptman, che blocchiamo appena scende dall’ammiraglia – ma la teoria è una cosa e la corsa un’altra. Bax ha tirato quasi 160 chilometri, ha fatto un gran lavoro. Poi Novak, con Finn e Diego (Ulissi, ndr), hanno fatto un ritmo forte in salita per far soffrire gli altri. Il nostro programma era che Tadej partisse sulla Redoute e abbiamo lavorato per questo. Quando Van der Poel è caduto, noi eravamo già davanti a tirare, ma abbiamo fatto un passo normale, visto che sono rientrati pur avendo già un minuto e mezzo.

«Cosa ho pensato quando Tadej è partito?  Ho incrociato le dita (sorride, alzando gli occhi al cielo, ndr), perché non sai mai. Dopo una classica così, se vai in crisi negli ultimi 10 chilometri, puoi avere un grande vantaggio, ma perdi tutto. Per cui, finché non siamo arrivati all’ultimo rettilineo, ero un po’ teso. Guidare uno come Tadej è un orgoglio, una responsabilità e anche una preoccupazione. Però mi piace…».

Sullo Stockeu, come su tutte le salite della Liegi, il UAE Team Emirates ha scandito un ritmo alto
Sullo Stockeu, come su tutte le salite della Liegi, il UAE Team Emirates ha scandito un ritmo alto

La forza del gruppo

La zona dell’arrivo è un ribollire di birre e tifosi, attirati dalla tregua del maltempo. Davanti al pullman della UAE Emirates, in attesa di parlare con Pogacar, c’è Matxin che ne descrive la grandezza, la perfezione, l’ineffabilità. E così dopo questa lunga teoria di lodi, ci viene la curiosità di chiedergli se in realtà non sia difficile essere così perfetti. E lui risponde con un sorriso.

«Secondo me – dice – la cosa più difficile è creare un gruppo, quando ci sono corridori dal livello di Hirschi, Almeida e Ulissi. Come lo convinci uno come Diego, con il palmares che ha, che deve tirare quando mancano tanti chilometri perché consideriamo che è la cosa giusta da fare? Sono orgoglioso di avere creato l’atmosfera giusta. E credo che la squadra abbia funzionato bene anche quando Tadej era solo. Quando hanno visto che Hirschi e Almeida facevano buona guardia, quelli dietro hanno capito che non si sarebbero potuti organizzare e contro un Pogacar in condizione così perfetta hanno perso la speranza».

Attacco sulla Redoute: ci siamo. Pogacar fa il vuoto e se ne va
Attacco sulla Redoute: ci siamo. Pogacar fa il vuoto e se ne va

La dedica speciale

Pogacar arriva riguardandosi l’arrivo nel cellulare. Fende la sala stampa e va a sedersi sulla sedia della cattedra. Oggi la Permanence si trova all’interno di un polo universitario e tutto fa pensare di essere tornati a scuola, a cominciare dai bagni. Il berretto di lana in testa e lo sguardo normale, come se non avesse appena vinto la Liegi. In realtà la scarica delle emozioni le ha tenute dentro sul traguardo, con quelle dita al cielo che ora spiega con un filo di commozione.

«Due anni fa – dice – in questo stesso giorno, la madre di Urska morì poco prima della Liegi e io rinunciai a correre e corsi a casa. Anche l’anno scorso qui sono caduto e ho rovinato la mia stagione. Oggi è stata una corsa piuttosto emozionante e ho pensato molto a Daria, la mamma di Urska. E penso che questo mi abbia dato la forza anche per venire e arrivare da solo fino al traguardo. Ho attaccato davvero forte, a tutto gas dalla base della Redoute fino alla cima. Novak ha fatto un ottimo lavoro tirando per le prime centinaia di metri e poi è toccato a me. Serviva tanta forza e l’ho avuta».

Normalità disarmante

Lo guardi e pensi a quella che per lui è normalità e fai anche fatica a trovare qualcosa da chiedergli, vista l’assenza di pathos in una vittoria così grande da non aver aperto neanche una crepa nella sua corazza.

«In realtà è stata piuttosto dura – ci smentisce – con il vento contrario dopo 230 di gara e con questo freddo. Non è bello e non è scontato, ma una volta che senti che il divario è di un minuto, allora ti sembra più facile. Oddio, facile proprio no. Diciamo che ti dà una motivazione in più (sorride, ndr). Sono azioni che si progettano, in cui credi, ma che non prepari a casa. Non sono cose che alleni, non avrebbe senso. Ma per me le corse sono così: devi provarci. Può andare bene o anche male, ma devi provarci. Cosa vorrei fare adesso? Ci starebbe bene una bella settimana di vacanze, come ha detto Mathieu (lancia lo sguardo a Van der Poel seduto accanto, che ride, ndr) che sta per andare a Dubai. E’ una bella scelta, non dispiacerebbe neanche a me, ma ho un lavoro da fare in Italia».

Liegi, domani si corre e Van der Poel ha pronta la sorpresa

20.04.2024
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LIEGI (Belgio) – «Ci proverò, ma sarà difficile. Non ho il terreno giusto – dice Van der Poel – e davanti questa volta c’è Pogacar, che è davvero forte in questo tipo di gare. Penso che la stagione sia già stata molto buona e penso che le gare passate fossero le più adatte a me, ma sono qui per provare a vincere».

Il campione del mondo risponde quasi annoiato alle domande che lo speaker deve necessariamente fargli, altrimenti come la scalda la poca gente accorsa sotto al palco? Piove a sprazzi e a sprazzi viene fuori un timido sole, di base però fa ancora freddo. E fredda è pure la presentazione delle squadre, la terza lungo l’argine dell’Ourthe, in un viale senza poesia né nobiltà, ai margini della città. Dopo la Sanremo scacciata da Milano, la Liegi fuori dal centro della città in cui era accolta come una regina lascia un sapore sempre più strano.

Pogacar è l’uomo da battere: lo sanno tutti, a lui in apparenza non crea problemi (foto letour)
Pogacar è l’uomo da battere: lo sanno tutti, a lui in apparenza non crea problemi (foto letour)

La ciliegina sulla torta

Siamo quasi certi che Van der Poel abbia in mente qualcosa di veramente grande per domani. Il suo pullman è l’ultimo in attesa di ripartire, in questa sorta di passerella meccanica in cui i corridori vengono scaricati, presentati, applauditi, intervistati e riportati in hotel. A costo di sembrare vecchi, ricordiamo che fino a prima del Covid, gli atleti passavano fra il pubblico, firmavano autografi e posavano per foto. Oggi c’è distacco e chissà quanto sia positivo.

«Ho ricaricato le batterie – dice il campione del mondo – sono andato in Spagna e sono riuscito a fare qualche buon allenamento al caldo. Sono tornato in Belgio giovedì sera per fare la recon del percorso con i miei compagni di venerdì, ma alla fine ho deciso di farne a meno. Diluviava e anche se non partecipo dal 2020, credo di conoscere queste strade a memoria. Non credo che l’Amstel significhi che sono in calo di forma: non avevo gambe, ma non ero neppure tanto male. Certo però Pogacar sarà un rivale difficile da sorprendere: è un corridore di classe purissima che correrà sul suo percorso preferito. Però penso che posso vincere. Se non ne fossi convinto, non parteciperei nemmeno. Ma tutto dovrà essere perfetto. E se dovesse andare bene, sarebbe anche più della ciliegina sulla torta».

Van der Poel è molto rilassato, posa per i selfie e intanto cova qualcosa per domani (foto letour)
Van der Poel è molto rilassato, posa per i selfie e intanto cova qualcosa per domani (foto letour)

Il malumore di Madiot

Hanno presentato le donne insieme agli uomini: le stesse squadre sullo stesso palco. E mentre il meccanismo andava avanti, abbiamo trovato il modo di fare due domande a Marc Madiot. Il team manager spesso ribelle della Groupama-FDJ ha espresso nei giorni scorsi una serie di valutazioni molto chiare sulla sicurezza delle corse.

«E’ tutto il sistema che non funziona – dice – a cominciare da chi valuta i percorsi. Dopo la caduta nei Paesi Baschi, sono stati accusati gli organizzatori, ma credo sia tempo che le valutazioni vengano fatte con qualche mese di anticipo da persone davvero indipendenti. E questa è la minima parte, perché dobbiamo parlare anche dei corridori.

«Avete fatto caso che la prima cosa dopo l’arrivo è spingere un tasto sul manubrio? Sono delle macchine che producono watt, in corsa come a casa. Dalla macchina gli dicono come è fatta la curva, poi però succede che il gps non ti segnala che ci sono anche i tombini e il corridore cade. E così passiamo alle radio, che dovrebbero essere uguali per tutti e solo con informazioni di servizio. E poi alle biciclette, che sono sempre più al limite. L’UCI potrebbe mettere mano a tanti aspetti per rendere questo ambiente più sicuro, ma si batte per la lunghezza dei calzini. Perciò domani andrò in corsa e i dimenticherò di tutto. Perché la Liegi è la Liegi e quando si comincia comanda l’istinto».

Pidcock alza il tiro

Quelli della Ineos Grenadiers sono venuti con Pidcock e Bernal, il primo per fare la corsa, il secondo per continuare a migliorare sulla strada di un pieno recupero. E Pidcock, che ha vinto l’Amstel poi si è congelato alla Freccia Vallone, ha lasciato intendere di aver recuperato.

«Sicuramente mi sono riscaldato – sorride – e non posso dire di essere orgoglioso della mia prestazione di mercoledì, ma ho preferito prevenire che curare. Per domani mi sento veramente bene. Questa è una delle mie gare preferite: so quanto sarà difficile, ma sono pronto per affrontare la sofferenza che certamente ci sarà. L’anno scorso arrivai secondo dietro Remco e se ci penso, dico che la feci molto bene. Tatticamente e anche fisicamente tirai fuori il massimo di quello che avevo, ma questa volta ci arrivo meglio. Il podio va bene, ma vincere una Monumento avrebbe un altro sapore».

Pogacar è passato e ha ripetuto quello che ha detto ieri. La sua presenza, al pari di quella di Van der Poel alla Roubaix, è il fattore con cui fare di conto. Eppure non deve essere facile sentire tutti gli occhi puntati e sapere che sono tutti lì ad aspettare una tua mossa. Lui se la ride e strizza l’occhio, probabilmente il segreto è tutto nella leggerezza.

Van der Poel tra Roubaix e Amstel: l’analisi di Zanini

20.04.2024
5 min
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Ancora 24 ore, o poco più, e sarà Liegi-Bastogne-Liegi. Già pregustiamo lo scontro fra Tadej Pogacar e Mathieu Van der Poel. Certo, il percorso vallone gioca a favore dello sloveno, ma se l’olandese avesse di nuovo (o ancora) la gamba della Roubaix allora vedremmo scintille.

Ed è proprio su questo punto che vogliamo insistere. Se ieri in ricognizione abbiamo visto un Pogacar pimpante, ci si chiede come stia davvero Van der Poel. Com’è la sua gamba? E’ di nuovo o ancora fortissima come a Roubaix o è in fase di stallo come abbiamo visto all’Amstel Gold Race (sbuffante nella foto di apertura)?

Abbiamo fatto un’analisi insieme a Stefano Zanini. Oggi “Zazà” è uno dei tecnici dell’Astana-Qazaqstan, ma più che come direttore sportivo lo abbiamo tirato in ballo in quanto ex corridore. Ex corridore che sapeva andare forte alla Roubaix e fortissimo, tanto vincerne anche una, all’Amstel Gold Race.

Dopo una lunga fuga solitaria nel vento, Stefano Zanini vince l’Amstel Gold Race: era il 1996 (foto Instagram)
Dopo una lunga fuga solitaria nel vento, Stefano Zanini vince l’Amstel Gold Race: era il 1996 (foto Pinterest)
Stefano, com’è dunque possibile che Van der Poel passi dalla gamba “fotonica”, che ha mostrato e dichiarato di aver avuto alla Roubaix, alla “non gamba” dell’Amstel in appena sette giorni? 

E’ possibile che la situazione cambi così nettamente anche in pochi giorni. Ed è possibile proprio perché come ha detto lui stesso, alla Roubaix era in giornata di grazia, quindi ha pescato un picco eccezionale. Magari in quel momento non pensava di sprecare tante energie… ma le spendeva eccome. E poi non bisogna considerare solo la Roubaix e l’avvicinamento alla Roubaix, ma bisogna inquadrare il tutto, nella sua Campagna del Nord.

Spiegaci meglio.

Nel senso che l’olandese ha fatto tutte classiche importanti. Ed erano tutte corse in cui puntava a vincere: queste alla fine lasciano il segno. Quindi questo calo per me ci sta.

Tu hai corso la Roubaix e sai cosa significhi a livello muscolare. Quei sobbalzi, quegli “urti” continui possono incidere più del previsto? Posto che VdP sul pavé ci danza senza guanti.

Anche se è fortissimo, parliamo sempre di un umano. E’ normale che paghi dazio anche lui. La Roubaix in qualche modo ti esce fuori dopo qualche giorno, a chi di più a chi di meno, ma esce. Come ho detto queste gare, le classiche, vanno valutate tutte insieme e sono gare esigenti. Riguardo ai guanti, ce ne sono in tanti senza.Io anche non avevo le piaghe alle mani. Idem Boonen e Museeuw. Dipende molto da come stai sulla bici e da quanto stringi i comandi e il manubrio, ma quella è una conseguenza di come affronti il pavé.

Anche se più sciolto degli altri, i muscoli di Van der Poel hanno pagato dazio dopo la Roubaix
Anche se più sciolto degli altri, i muscoli di Van der Poel hanno pagato dazio dopo la Roubaix
Tu cosa facevi nei giorni post Roubaix? VdP per esempio dopo il Fiandre è tornato in Spagna, ma è la stessa cosa farlo dopo la corsa fiamminga e farlo dopo quella francese?

Ai nostri tempi il calendario era diverso. Dopo la Roubaix non c’era l’Amstel, ma c’erano la Freccia Vallone e il Gp Escaut, quindi Liegi e infine Amstel. Io all’epoca non tornavo a casa, ma restavo in Belgio. Facevo Freccia e Liegi in appoggio ai capitani, mentre Escaut e Amstel come leader. Restando su in Belgio cosa succedeva? Che prima di tutto non ti allenavi, ma uscivi in bici solo per scioglierti, per recuperare quell’ora e mezza, due al massimo tra una corsa e l’altra. Avevi sempre il tuo massaggiatore che tra sgambate e massaggio ti aiutava moltissimo nel recupero. E terzo se stavi lassù per tutta la Campagna vuol dire che stavi bene, che eri in forma e quindi recuperavi in fretta. Il massaggio post Roubaix era importante per le gambe ovviamente, ma anche per le braccia e la schiena.

In Spagna VdP ha scelto di rilassarsi giocando a golf e di allenarsi al sole…

Sì, ma credo che a quel livello abbia avuto di certo il suo massaggiatore di fiducia con sé. E se non aveva proprio il suo, avrà avuto un referente in Spagna visto che ci va spesso. Non posso immaginare che non abbia fatto i massaggi… dopo la Roubaix servono.

Sarebbe un’ingenuità insomma. E sul piano mentale? Di fatto Van der Poel  i suoi due maggiori goal li ha centrati (Fiandre e Roubaix, appunto): questo può incidere sull’approccio psicologico?

Può starci anche questo punto di vista, certo. L’Amstel, anche se era la corsa di casa, già ce l’aveva in bacheca. E poi è umano anche lui, magari pensava più alla Liegi. Mathieu ha passato un inverno senza corse su strada. Ha esordito con la Sanremo e poi ha fatto le sue gare tutte con l’obiettivo di vincere. Aveva perciò le sue pressioni.

Dici possa essere un fatto di pressione?

Dico che si può essere più o meno motivati. A lui magari la pressione piace pure, ci si motiva e la gestisce bene. Anche perché se vinci le gare che ti sei prefissato significa che la pressione la reggi.

VdP vanta una sola partecipazione alla Liegi: 6° a 14″ da Roglic nel 2020. Eccolo, sulla Redoute
VdP vanta una sola partecipazione alla Liegi: 6° a 14″ da Roglic nel 2020. Eccolo, sulla Redoute
E allora forse questo duello con Pogacar gli può ridare lo stimolo giusto?

Van der Poel è fortissimo, ma ha vinto gare dove non ci sono salite lunghe, corse con strappi brevi che richiedono sforzi esplosivi tipo quelli che fa nel cross. Al massimo ha vinto la Strade Bianche, ma è una corsa particolare, e comunque le salite restano brevi. La Liegi invece è un’altra gara. Sì, forse VdP avrà avuto un calo mentale all’Amstel, ma sul piano fisico sono convinto che stia ancora bene. Alla fine ha iniziato a correre alla Sanremo. La forma è ad alto livello ancora.

Nella sua unica apparizione alla Liegi, VdP vanta un sesto posto. Ma va detto che era quella della particolare annata del Covid…

Il problema per lui è che Pogacar è difficile da battere su un terreno così. Ci può stare che arrivi davanti, ma sulle salite lunghe lo sloveno può fare la differenza. Poi dipenderà anche da come andrà la corsa.  E’ una sfida interessante senza dubbio. Se vogliono togliersi Van der Poel devono rendere la corsa dura dal chilometro 150, da Vielsam da dove poi inizia la sequenza delle cotes di: Monte le Soie, Wanne e Stockeu.

Un giorno con Pogacar, fra bici, interviste, sogni e paure

19.04.2024
7 min
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BILZEN (Belgio) – L’hotel dove Tadej Pogacar incontra i giornalisti nel pomeriggio è un vecchio castello rimesso a nuovo, con mura in mattoncini fuori e vetrate scure che affacciano su prati verdi a perdita d’occhio. Si fa presto a capire perché mai il Belgio sia tanto verde, dato che anche oggi ha piovuto ininterrottamente dal mattino e soltanto alle 16 ha deciso di smettere.

Quando stamattina lo sloveno e i suoi compagni hanno arrestato il pullman sulla strada fra Trois Ponts e Stavelot, è servita tutta la loro grinta per vestirsi e partire lungo gli ultimi 100 chilometri della Liegi. Ulissi, che mercoledì si è sciroppato la Freccia Vallone, guardava il cielo poco convinto, ma Tadej è arrivato ieri sera e i compagni lo hanno aspettato per la “recon”. Si sono coperti con guanti in neoprene degni di un sub, hanno chiuso ogni possibile spiffero e sono spariti alla volta della Cote da Wanne, prima salita di giornata.

«Abbiamo fatto una bella ricognizione – dice Pogacar – mi piace sempre ripassare le strade di una delle mie corse preferite. Sta diventando una tradizione, da sei anni facciamo più o meno sempre gli stessi allenamenti e oggi non ha fatto eccezione. Siamo andati e abbiamo spinto forte per non avere freddo. Così la distanza è passata molto velocemente».

Dopo la recon del mattino, Pogacar ha incontrato i giornalisti nel primo pomeriggio
Dopo la recon del mattino, Pogacar ha incontrato i giornalisti nel primo pomeriggio

La Freccia Vallone è rimasta negli occhi di tutti i corridori e se ne fa ancora un gran parlare. Anche Pogacar l’ha seguita in televisione e ammette di aver sofferto per i suoi compagni. Il ragazzo ha la solita faccia pulita e gli occhi stanchi, ma come al solito appare molto ben disposto, per cui le domande arrivano e spaziano. Non solo la Liegi, ma anche le cadute e tutto quello che per un motivo o per l’altro popola la fantasia di venti giornalisti venuti da tutte le parti soltanto per lui.

Domenica scontro con Van der Poel: chi di voi due secondo te è fisicamente più attrezzato per queste gare?

Non vedo l’ora di affrontare di nuovo Mathieu, ma non penso che ci sia solo lui da tenere d’occhio. La Liegi è adatta agli scalatori più che ai corridori più pesanti come Mathieu, ma sappiamo che lui può fare tutto. Penso che domenica sarà una gara abbastanza aperta, con molti attacchi da lontano e tutto può succedere. E’ una gara molto lunga, una delle più lunghe dell’anno, con tanti metri di dislivello in salita. Si adatta meglio ai ciclisti un po’ più leggeri, ma comunque incisivi.

Che cosa pensi di quello che ha fatto Mathieu in questa primavera?

Ogni anno, ormai. Quello che fa ogni anno è fantastico, anche se questa volta si riconosce di più con la maglia di campione del mondo. Sta scegliendo le sue gare e si esibisce ogni volta ad altissimo livello. Per questo è anche divertente correre contro di lui, anche se forse divertente non è la parola giusta.

La UAE Emirates è partita alle 11 del mattino da Vielsalm: c’erano 8 gradi e pioveva
La UAE Emirates è partita alle 11 del mattino da Vielsalm: c’erano 8 gradi e pioveva
Cambiando discorso, che cosa ti è parso delle cadute che si sono viste di recente?

Penso che quest’anno ho visto uno dei due incidenti più orribili di sempre mentre guardavo la televisione. Non è stato bello vedere queste enormi cadute, in cui i corridori a terra non si muovevano nemmeno. Erano sdraiati e fermi e da casa ero lì a sperare che qualcuno venisse a prenderli velocemente e ad aiutarli. Purtroppo non ci si può fare nulla, è già successo. Gli incidenti accadono continuamente e altri ne accadranno. Il ciclismo è uno sport molto pericoloso, spero che tutti lo sappiano. Ogni anno andiamo sempre più veloci. Abbiamo attrezzature più veloci. Superiamo i limiti dei nostri corpi e delle bici. Ovviamente non possiamo provare tutte le tappe, tutte le strade. Hai le mappe per studiarle. Puoi farlo con Google Maps, Earth View, qualunque cosa. Puoi vedere la strada, ma non è la stessa cosa se la conosci. Per cui andiamo e basta.

Pensi che ci sia un po’ di responsabilità anche dei corridori?

Certamente sì. Molti corridori incolpano gli organizzatori, ma a volte è solo colpa nostra. Andiamo troppo veloci. Non sempre le cadute sono dovute a buche o crateri, ma certo non abbiamo la fortuna di correre sempre su asfalto nuovo. Andiamo più veloci in ogni discesa, in ogni salita, in ogni tratto pianeggiante. Poi si somma la stanchezza dei corpi e normalmente ci sono cadute. Anche io sono caduto alla scorsa Liegi, ma la colpa fu soltanto mia. Mi stavo concentrando per risparmiare quanta più energia possibile. Ero dietro al mio compagno Vegard, che è piuttosto grande e non vedevo niente. Così, quando Michael Honoré è caduto, non ho potuto evitarlo

E comunque domenica si torna alla Liegi, nella stagione del Giro e del Tour: in che modo la Doyenne si inserisce nel programma?

Sono abbastanza in forma. Vengo dal ritiro di Sierra Nevada e sono già concentrato sul Giro e sul Tour, ma credo di essermi preparato abbastanza bene anche per domenica. Mi piace molto questo programma. Non è troppo pesante e mi lascia molto tempo per allenamento e riposo fra una corsa e l’altra. Al contempo mi aiuta a trovare motivazioni nelle gare che faccio. Quando guardo il Fiandre, l’Amstel o la Freccia vorrei correrle anche io, ma so anche che devo essere più fresco per il Giro e poi per il Tour. Quindi la motivazione arriva con ogni gara che vedo in tivù.

La verifica della pressione delle gomme, che in una giornata come questa è decisiva
La verifica della pressione delle gomme, che in una giornata come questa è decisiva
La caduta dei Baschi ha colpito tre dei pretendenti al Tour, cosa hai pensato quando te ne sei reso conto?

So per esperienza che ci vuole molto tempo per recuperare. Il corpo ha bisogno di tempo, anche se la mente è pronta per andare sulla bici. Vorresti spingere, ma il corpo ha bisogno di riprendersi, qualsiasi sia la frattura o il danno. Un infortunio così influisce sulla preparazione e anche sulla parte mentale, quindi spero che tutti possano recuperare il più velocemente possibile. Che possano andare ad allenarsi in altura più velocemente possibile. So quanto sia importante avere più tempo possibile e penso che ne abbiano ancora abbastanza per il Tour.

Vorresti che Vingegaard fosse al Tour, dunque?

Sì, di sicuro. Sono il tipo di persona che vuole sempre gareggiare contro i migliori e Jonas è probabilmente il miglior scalatore del mondo. Mi auguro che torni allo stesso livello di prima e che possiamo creare ancora una volta un buono spettacolo. E spero che nessuno pensi che sia felice del suo infortunio, altrimenti dovrei pensare che qualcuno lo scorso anno lo sia stato per il mio e non vorrei pensarci.

Prima di partire, piccolo contrattempo per Tadej: il tempo di resettare il cambio e si va
Prima di partire, piccolo contrattempo per Tadej: il tempo di resettare il cambio e si va
Cosa ti aspetti dalla sfida Giro-Tour?

Ci saranno degli alti e bassi in questo programma, ma adoro correre in Italia. Ho corso in Italia per tutta la mia vita e voglio arrivare a Roma con buone sensazioni e vivere bene quelle tre settimane. Poi ovviamente voglio passare una bella settimana dopo il Giro e iniziare il lavoro per il Tour e prepararmi a soffrire in Francia. L’importante sarà finire il Giro bene mentalmente e anche fisicamente, non essere del tutto distrutto. Non servirà fare chissà cosa, in quel mese non servirà sfinirsi. Il corpo sarà ancora in forma, servirà seguire le sensazioni per arrivare al Tour de France non cotti.

Tornando alla Liegi, dopo gli 80 chilometri di fuga alla Strade Bianche e i 60 di Van der Poel alla Roubaix, cosa dobbiamo aspettarci per domenica?

Attaccherò ai meno 100 (ride ndr). Perché no? Si fa per ridere, ragazzi. Penso che questa non sia la Roubaix e neanche la Strade Bianche. Le salite più dure della Liegi si affrontano nel finale, quindi penso che sia piuttosto difficile andare via troppo presto. Vi dirò anche che mi manca Remco nella lista dei partenti, lo ammetto. Perché ha vinto le ultime due edizioni, in cui io non sono stato nei finali. Speravo dall’inizio dell’anno che ci saremmo scontrati qui alla Liegi, perché lui ama questa corsa e la adoro anch’io. Sarebbe stato interessante. Il ciclismo a volte fa schifo, quando succedono queste cose. Quando in gara ci sono tutti quelli del massimo livello e ugualmente riesco a vincere, mi sento sicuramente più soddisfatto.

Un autografo al volo mentre il meccanico lavora: la signora ha riconosciuto Pogacar e si è fermata
Un autografo al volo mentre il meccanico lavora: la signora ha riconosciuto Pogacar e si è fermata
Pensi che domenica potresti perdere?

Non penso a perdere. Voglio dire che in questa gara ci sono così tante salite ed è una gara così lunga, che puoi essere sorpreso da un gruppetto che va via e devi avere una buona squadra per controllare. Penso che ci siano parecchi altri contendenti. Quindi guai sentirsi già vincitori, dovremo essere molto attenti nel finale.

Ci pensi davvero a vincere i cinque Monumenti?

La Sanremo si avvicina ogni anno di più, ma è una delle gare più difficili da vincere. E la Parigi-Roubaix, vedendo come si è corsa negli ultimi due anni, potrebbe essere adatta a me. Potrei vedermi lì dentro. Non è la soluzione migliore per i piani della squadra, ma di certo proverò a vincerla. Non serve neanche parlarne tanto, la squadra lo sa. Penso che sia abbastanza chiaro che cerco di vincere il più possibile e che non mi piacciono i programmi copia e incolla.

Busatto cresce: un anno dopo, il rendez-vous con la Doyenne

19.04.2024
7 min
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RIEMST (Belgio) – Domenica scorsa, giorno del debutto all’Amstel Gold Race, era passato giusto un anno dalla vittoria di Francesco Busatto alla Liegi U23. Mercoledì il vicentino ha assaggiato la Freccia Vallone. E ieri mattina, all’indomani della gelata di Huy, con la sua squadra e tante altre, ha pedalato sugli ultimi 100 chilometri della Liegi. A un anno dalla vittoria fra i piccoli, domenica debutterà nella Doyenne dei grandi e lo capisci da come ne parla che nutre un rispetto esagerato. Sarebbe dovuto andare al Romandia, ma c’è stato uno scambio di programmi ed eccolo qua.

Lo incontriamo nel bar dell’Hotel Malpertuus della famiglia Molenars: quello di Piva, per chi mastica pane e ciclismo, che però stasera è con la Jayco-AlUla a progettare un’altra vigilia. Quest’anno qui a Riemst ci sono tre squadre: la Intermarché, la Bahrain e l’Astana. La cucina è come al solito indimenticabile, al punto che anche lo staff della Bora ha prenotato per cena. Mentre il vecchio Ivo Molenars porta i suoi 90 anni avanti e indietro con forza ed eleganza, Busatto ci raggiunge al pian terreno.

Ieri hai provato la vera Liegi in allenamento: che effetto ti ha fatto?

E’ dura anche in allenamento. Fai fatica perché sono strappi duri, non puoi andare su piano. Poi sentendo i compagni che ti ricordano il punto in cui si sono staccati o quello dove in gara si andrà più forte, immagini quello che potrai fare, a che punto potrai arrivare. Secondo me già arrivare alla Redoute con i primi vuol dire essere andati forte. Non è impossibile. Alla fine posso testarmi, vedere quanto riesco ad pescare le energie.

In cima alla Redoute con Colleoni. Nella Intermarché correrà anche Rota, il terzo italiano
In cima alla Redoute con Colleoni. Nella Intermarché correrà anche Rota, il terzo italiano
L’anno scorso con gli U23 eri tra i favoriti, oggi davvero no…

E’ come essere tornati under 23 di primo anno. Ricordo che c’era Ayuso che vinceva Piva e Belvedere e aveva la mia età. Adesso ovviamente c’è ancora Ayuso, però ci sono anche Evenepoel, Van der Poel, Van Aert, Pogacar e altri che vanno fortissimo. Devo resettare tutto e non è facile. Sei abituato agli under, che vinci e arrivi davanti anche se non stai benissimo. Qua invece, se anche hai un uno per cento in meno, è già tanto se arrivi alla fine. Per il morale non è facile, perché ti alleni e non sempre basta. Penso sia una questione di maturità.

E’ un passaggio che fa paura?

No, non paura. Penso di aver già fatto qualche buona corsa. L’unica cosa è che va bene avere ambizioni e aspettative alte, ma non troppo. Il WorldTour è il WorldTour, non si scherza più.

La Liegi, per come l’hai vista ieri, è ancora una corsa adatte a te?

Penso di sì, alla fine sono tutti sforzi brevi. Una delle salite più lunghe nel finale è la Rosier, che comunque sono tra i 9-10 minuti. Tutte le altre sono intorno ai 3-5 minuti, quindi sono sforzi brevi che mi si addicono. Anche l’Amstel potrebbe piacermi. Ci sono strappi addirittura da 1-2 minuti, forse ancora meglio per me, perché è uno scatto continuo e mi viene bene. Infatti domenica avevo anche buone sensazioni, il problema è stata la distanza. Invece alla Liegi non sarà solo la distanza, ma anche il ritmo alto da subito. Magari un po’ meno esplosivo, ma un passo più sostenuto.

La Strade Bianche 2024 è stata la prima corsa WorldTour di Busatto, che ha chiuso al 14° posto
La Strade Bianche 2024 è stata la prima corsa WorldTour di Busatto, che ha chiuso al 14° posto
Che effetto fa pensare di essere in gruppo con gente come Pogacar e Van der Poel?

Dal punto di vista del risultato, conviene non guardarli: almeno per adesso sono assolutamente su un altro livello. Per contro, vedere che qualche volta sono lì con loro, mi fa pensare che sono sulla buona strada. Magari essere in mezzo ai migliori negli ultimi 40 chilometri, sarebbe di buon auspicio. Mi motiva.

Quanto è cambiata la vita di Francesco Busatto da quando è approdato in Belgio?

Parecchio. L’anno scorso si vinceva spesso, ero sempre davanti. Oggi sono un altro corridore, sono molto più carico. E’ diverso. Forse la vita e gli allenamenti sono più intensi. Per quanto sia al primo anno, vedere altri come me che vanno tanto forte, mette addosso un po’ di pressione. Prima c’era l’obiettivo di vincere, adesso l’obiettivo è cercare di raccogliere il più possibile, fare esperienza e crescere anche a livello di prestazioni. Correre a questi livelli ti migliora, senza dubbio. E’ tutto un progredire, anche se personalmente mi sento sempre lo stesso.

In squadra hanno a cuore che questo avvenga anche cercando la vittoria e non solo lavorando?

L’anno scorso facevo le corse con i professionisti e poi puntavo a quelle con gli under 23. Adesso è un po’ lo stesso. Nel WorldTour è come se fosse una preparazione, anche se poi sono queste le corse che contano. Si lavora per migliorare e poi nelle prove minori posso cercare di dire la mia. Per questo ho fatto il Limburg, sono stato in Oman e anche Drome Ardeche. Insomma, corse in cui se sto bene bene posso anche puntare alla vittoria. Allo stesso modo, più avanti ce ne saranno altre e questo fa bene per il morale. Anche perché sono pure quelle occasioni per fare punti.

Alla fine di marzo, per Busatto un bel quarto posto nella Volta NXT Classic vinta da Kielich
Alla fine di marzo, per Busatto un bel quarto posto nella Volta NXT Classic vinta da Kielich
Nel frattempo hai cambiato preparatore: come ti trovi?

Vero, non lavoro più con Paolo Santello. Nelle WorldTour vogliono seguire tutto dall’interno, anche per avere ogni aspetto sotto controllo. Però non mi trovo male. E’ cambiato un po’ il modo di lavorare, però mi ascoltano e questo è importante, perché alla fine sei tu che devi andare forte. Quindi se il preparatore non è un dittatore, la collaborazione fa la differenza. Mi hanno sempre detto che sei tu il tuo miglior allenatore di te stesso e qua lo sanno. Danno priorità alle sensazioni del corridore e poi adattano il lavoro.

Come hai vissuto la Freccia Vallone sotto la neve e la grandine?

Sinceramente mi sento ancora un po’ strano. Prendere così tanto freddo bene non fa. Conta tanto anche come si era vestiti e io avevo solo la gabba. Altri corridori, come quelli della Uno X, erano vestiti dalla testa ai piedi sin dalla partenza, anche se non faceva tanto freddo. Infatti in salita si sudava e tanti si sono svestiti, poi è arrivata la neve e rivestirsi non era così semplice. Penso di essere anche andato oltre quello che dovevo fare. Quando senti che è così freddo e stai già soffrendo, sai che non ti puoi mettere i guanti, non ti puoi vestire perché non riesci… c’è poco da fare. Non serve andare avanti, insistere e poi magari ammalarsi seriamente. Dopo il terzo passaggio sul muro, mi sono fermato e sono andato al pullman.

E’ stato più un dire “chi me l’ha fatto fare”, oppure hai provato a tenere duro?

Quando ho visto che eravamo rimasti subito in 50, ho detto che se fossi rimasto, avrei fatto un buon risultato. Anche una top 20. Non dico che sarebbe stato facile, ma la questione era resistere al freddo, non al ritmo. In realtà non si andava neanche tanto forte, perché con quelle temperature fai fatica anche a contrarre i muscoli. Però a un certo punto non è stato più possibile, penso che stessi andando in ipotermia. Venivamo dal caldo dei giorni precedenti, credo che pochi fossero preparati per delle condizioni del genere.

Dopo la LIegi vinta nel 2023, in Belgio per Busatto è nato un fan club. Accanto a lui suo fratello e Florio Santin, italo-belga e fondatore
Dopo la LIegi vinta nel 2023, in Belgio per Busatto è nato un fan club. Accanto a lui suo fratello e Florio Santin, italo-belga e fondatore
Lo scorso anno hai vinto la Liegi degli under 23, per cosa saresti contento domenica sera dopo la prima fra i pro’?

Sarò contento se avrò fatto una buona gara, senza mollare prima. So che mi stacco, ma vorrei tenere duro e cercare di ottenere il miglior risultato possibile. Anche solo finire la corsa, che per carità non è impossibile se il tempo ci assiste. Se dovessi arrivare nei primi 20-30 sarebbe un bel risultato. Ma so anche che abbiamo Rota e Zimmermann che normalmente andranno molto più di quello che potrei fare io, per cui se servirà sarò a loro disposizione. Per il tipo di squadra che siamo, non credo che ci sarà da tirare tutto il giorno come UAE e Visma, per cui aiuterò, ma sarò contento anche se verrà un risultato anche per me. Resto abbastanza con i piedi per terra.

E’ interessante il tuo modo di ragionare perché Nibali alla prima Liegi arrivò ultimo.

Se dovessi arrivare ultimo e poi fare una carriera come Nibali, ci metterei subito la firma!

Van der Poel a Liegi? Bartoli e Bettini dicono di no

16.04.2024
5 min
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Due che la Liegi la conoscono come le strade di casa, per averne conquistata una coppia ciascuno: Michele Bartoli e Paolo Bettini. Il maestro e l’allievo, esperti di Ardenne come pochi altri al mondo. Li abbiamo interpellati sul tema che inizia a tenere banco nei bar: Van der Poel può vincere la Liegi, scalzando Pogacar?

Si sa, quando ti restano negli occhi grandi imprese come quella dell’olandese alla Roubaix, ti sembra che per lui sia tutto possibile. Però poi si torna con i piedi per terra e si capisce che l’impossibile in realtà non esiste.

«Un bel duello fra Pogacar e Remco – dice Bartoli – quello sì che me lo sarei goduto! Ma stavolta è toccato a Evenepoel infortunarsi e per il secondo anno consecutivo, non riusciremo a vederlo. Ma ditemi una cosa: siete anche voi fra quelli che pensano che Van der Poel possa vincere la Liegi? Io non ci credo».

«Anche io sto dalla parte di quelli che indicano Van der Poel fuori dai giochi per la Liegi – dice Bettini – secondo me non può insidiare Pogacar, che su quel tipo di salita se lo toglie di torno quando vuole. Abbiamo già visto come in un’Amstel possa essere messo in difficoltà e la Liegi è un’altra cosa».

Bartoli e Bettini hanno corso insieme dal 1997 al 2001, vincendo 4 Liegi in due
Bartoli e Bettini hanno corso insieme dal 1997 al 2001, vincendo 4 Liegi in due

Le salite delle Ardenne

Michele Bartoli, che accanto ad Adrie Van der Poel ha vissuto il primo anno da professionista e ne fu tenuto a battesimo proprio sulle strade del Nord, all’ipotesi che il campione del mondo possa vincere la Liegi non ci crede proprio. E come già in passato con lui avevamo commentato le imprese dell’olandese e del rivale Van Aert, arrivando a paragonare il primo a un cecchino e l’altro uno che spara a pallettoni, anche questa volta l’analisi è lucida.

«Fa bene a provarci – dice il toscano che la Liegi l’ha vinta per due volte – ma le salite delle Ardenne non sono paragonabili ai muri del Fiandre. Sento dire che potrebbe vincerla, perché ha vinto il mondiale di Glasgow che sarebbe stato uno dei più impegnativi di sempre, ma evidentemente non ho visto la stessa corsa. Glasgow era un Fiandre senza pavé, salite che duravano poche decine di secondi. Alla Liegi alcune durano qualche minuto. E quand’è così, le cose cambiano».

La Liegi non è una corsa semplice: le sue salite non sono pedalabili come il Poggio
La Liegi non è una corsa semplice: le sue salite non sono pedalabili come il Poggio

Analisi sballate

Lo sguardo si fissa prima di tutto sugli avversari e non soltanto su Pogacar che di certo avrà addosso tanti riflettori. La selezione che Van der Poel ha attuato alla Roubaix, anche alla luce delle doti atletiche ben evidenziate da Pino Toni, non sarà replicabile. Il percorso della Liegi non è adatto alle sue caratteristiche e questo potrebbe far accendere la riserva ben prima che la corsa si decida.

«Dipende molto dallo sviluppo della corsa – prosegue Bartoli – perché è chiaro che se lo portano col gruppo compatto e al piccolo trotto sino all’ultima salita, poi non lo staccano di certo. Ma credo che se la corsa si farà come al solito, avversari come Skjelmose, Pello Bilbao, Vlasov, Carapaz e altri scalatori potrebbero metterlo in croce. Starei attento a pensare che possa vincere tutto, ci sono corridori più forti di lui su percorsi di salita. Mi viene in mente l’anno che Petacchi vinse nove tappe al Giro d’Italia e cominciarono a dire che forse avrebbe potuto fare classifica. Oppure quando qualcuno decise che Ganna potrebbe puntare a un Giro d’Italia, senza tenere in considerazione le sue caratteristiche fisiche. Quando leggo certe cose, mi verrebbe di prendere il telefono e chiamare, ma ho imparato a lasciar correre».

Tom Pidcock ha vinto l’Amstel costringendo Van der Poel a un fuorigiri di troppo
Tom Pidcock ha vinto l’Amstel costringendo Van der Poel a un fuorigiri di troppo

Occhio a Pidcock

Fra coloro che potrebbero dire la loro anche in barba a un gigante come Pogacar, Bettini vede il vincitore dell’Amstel Gold Race, che ha dimostrato di essere fra gli scalatori più in forma del momento.

«Non credo a Van der Poel per la Liegi – dice il livornese, che ha vinto anche due mondiali – mentre penso che un nome da seguire sia quello di Pidcock. Lui ha dimostrato che su quei percorsi sa anche vincere. Forse può essere proprio lui quello che può insidiare Pogacar. Ma di certo non sarà Van der Poel, questo mi sento di escluderlo abbastanza nettamente. Lo vedremo domenica alla Doyenne…».

Van Aert ha altre caratteristiche che gli permettono di andare forte anche in salita
Van Aert ha altre caratteristiche che gli permettono di andare forte anche in salita

Van Aert è un altro corridore

L’argomento da cui si prende spunto per dire che Van der Poel in realtà potrebbe davvero centrare la Liegi è legato al fatto che nel 2022 Van Aert, che atleticamente potrebbe ricordare il rivale di sempre, arrivò terzo dopo Evenepoel e Quinten Hermans. E che anche Mathieu nel 2020 conquistò il sesto posto, vincendo la volata alle spalle del gruppetto di Roglic, Hirshi, Pogacar, Mohoric e Alaphilippe.

«Van Aert è diverso – dice secco Bartoli – lui alla Liegi è già arrivato terzo, ma è soprattutto un corridore che ha vinto da solo dopo aver superato il Mont Ventoux. Ed è anche quello che, tirando per Vingegaard sui Pirenei, ha staccato Pogacar. Van Aert ha una predisposizione diversa per la salita, tanto che si parlava di lui come di uno che avrebbe potuto vincere il Tour. Non ci ho mai creduto, ma qualcuno lo ha detto. Bisogna anche ricordarsi che il ciclismo non è il terreno in cui si va per dimostrare le proprie teorie. A conoscerlo si capisce come tutto rientri in una logica precisa. Volete sapere quante possibilità darei a Van der Poel di vincere la Liegi? Direi un 10 per cento. Abbiamo visto vincerla anche da Gerrans, che era un velocista, ma onestamente non credo che sia l’anno delle grandi sorprese».

Van der Poel e la Liegi: per Piva è una sfida possibile

10.03.2024
5 min
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Il ciclismo entra nel vivo con le grandi e grandissime corse come stiamo vedendo tra Tirreno-Adriatico e Parigi-Nizza, tuttavia c’è anche il tempo di parlare anche di altro. Mathieu Van der Poel ha inserito nel suo programma la Liegi-Bastogne-Liegi. E quando il campione del mondo si muove non lo fa mai tanto per farlo. La classica belga però è, almeno su carta, parecchio diversa dagli obiettivi consueti di VdP.

La Liegi è anche “casa” di uno dei tecnici più esperti in assoluto del circus del grande ciclismo: Valerio Piva. Il direttore sportivo della Jayco-AlUla da quelle parti ci vive.

In questa “chiacchiera da bar tecnica” lo abbiamo voluto coinvolgere sottoponendogli di base questa domanda: Van der Poel può vincere la Liegi?

Valerio Piva (classe 1958) è passato alla Jayco-AlUla questo inverno
Valerio Piva (classe 1958) è passato alla Jayco-AlUla questo inverno
Insomma Valerio, Mathieu ha inserito la Doyenne nella sua lista di gare. La può conquistare?

Eh – sospira e sorride Piva – Van der Poel può vincere quasi qualsiasi corsa. Chiaramente per le sue caratteristiche la Liegi è dura. Ci sono salite che magari d’estate e in altri periodi non mettono in grosse difficoltà uno come lui, come invece potrebbero fare quelle più lunghe del Lombardia. In poche parole non lo escluderei dai candidati per la vittoria della Doyenne. Una cosa a suo sfavore è che non ha una grandissima esperienza con la corsa e questo conta.

Hai parlato d’estate: perché? Cosa cambia?

Per la mia esperienza, vedendo tante corse in estate su quelle strade come il Wallonie o il Giro del Belgio, quelle salite non hanno lo stesso effetto che in aprile. Chiaramente sulla Liegi incide anche il chilometraggio. Ma la scorsa estate, per esempio, sono state affrontate tre salite in successione, tra cui Redoute e Roche aux Faucons e non è successo granché. Questo perché d’estate gli atleti hanno un’altra condizione, perché non tutti sono al 100 per cento come quando ci si presenta ad una gara come la Liegi. E anche perché un conto è una corsa di un giorno e un conto una corsa a tappe. Il livello è diverso. Ad una Liegi prendono parte corridori che puntano al Giro d’Italia, i quali tra l’altro ormai sono in forma, e al Tour.

Tecnicamente però la Liegi-Bastogne-Liegi sarebbe per VdP? Alla fine ha già fatto sesto una volta, nella sua unica partecipazione…

Sono salite che richiedono esplosività, quindi direi che vanno bene per lui. Al massimo sono lunghe tre chilometri e il tratto duro veramente della Redoute stessa è di 1,5 chilometri e su questo genere di salite Van der Poel ha dimostrato che può fare bene. Molto bene. Nei suoi anni migliori, ai tempi della BMC, provammo a farla con Van Avermaet e ci andammo vicino. Quindi non dico che Van der Poel possa vincere sicuramente la Liegi, ma ci può riuscire. Una cosa è certa, se si presenta al via, lo metto tra i candidati alla vittoria.

Nella unica Liegi disputata, Van der Poel è arrivato 6° a 14″ dal vincitore Roglic. Era la Doyenne 2020, disputatasi ad ottobre
Nella unica Liegi disputata, Van der Poel è arrivato 6° a 14″ dal vincitore Roglic. Era la Doyenne 2020, disputatasi ad ottobre
Con un Van der Poel in gara, i Pogacar, gli Evenepoel, farebbero una corsa differente?

L’anno scorso alla Sanremo c’erano tutti e tutti hanno attaccato sul Poggio: io non credo quindi. Penso che ognuno faccia la sua corsa e non si cambi il modo di correre perché c’è questo o quel corridore.

L’ipotesi era che con un Van der Poel in gara magari le squadre di corridori “più scalatori” impostino un ritmo elevato sin dall’inizio…

Una squadra non fa una certa azione perché c’è Van der Poel, non si corre contro uno. Una squadra fa la strategia che l’avvantaggia. Il discorso cambia se i veri pretendenti sono due. A quel punto è chiaro che se Pogacar si ritrova contro Evenepoel o contro Van der Poel, corre diversamente.

Secondo te la “scintilla della Liegi” a VdP si è accesa lo scorso anno quando ha fatto il Giro del Belgio?

No, per me già ce l’aveva. Semmai la scintilla gli si è accesa quando ha vinto l’Amstel che non è poi così lontana dalla Liegi, tutto sommato è una gara “simile”. C’è un bel dislivello, ci sono salite esplosive. Chiaro, alla fine è una gara diversa, le salite della Liegi sono un po’ più lunghe.

Van der Poel è in una squadra che mira bene agli appuntamenti, specie con lui. Pensi che tra Sanremo e Liegi possa perdere quel chilo o addirittura quegli etti che lo possano aiutare sulle salite delle Ardenne?

Oddio, mi sembra molto al limite come ipotesi… non so. Magari succederà anche, ma nella mia squadra per esempio non siamo a questo livello di esasperazione che riguarda gli etti in più o in meno per una determinata corsa. Poi ogni cosa, ogni dettaglio conta. Di certo ai miei tempi si veniva su al Nord con una squadra e con la stessa facevano tutte le corse. Noi vincevamoo il Fiandre con Argentin e poi la Liegi sempre con lui ed eravamo gli stessi. Oggi ci sono gli specialisti delle prime classiche e quelli delle Ardenne. Qualcuno si mischia nell’Amstel.

L’altimetria della prossima Liegi. Per dare un’idea: il dislivello di questa prova è di 4.097 metri. Quello dell’Amstel di 3.290 e quello dell’ultimo Lombardia di 4.650 metri
Il dislivello della Liegi è di 4.097 metri. Quello dell’Amstel di 3.290 e quello dell’ultimo Lombardia di 4.650 metri
Prima, Valerio, hai accennato alle salite del Lombardia. E’ off-limits per VdP la Classica delle Foglie Morte?

Il Lombardia no, non penso sia adatto alle sue caratteristiche. Ha percorsi troppo selettivi. Per questo dico anche che per me Mathieu non ci pensa. Almeno per ora. Poi in futuro chissà. Può diventare un obiettivo, ma più a lungo termine. Ci sono salite troppo lunghe e dure per lui.

Però è anche vero che spesso il Lombardia, arrivando a fine stagione, è per quei pochi che hanno qualcosa nella scorta di energie…

Però se così fosse, se partisse da protagonista non credo lo lascerebbero andare via. Perché è chiaro che dovrebbe attaccare prima, non può tenere il testa a testa in salita con Pogacar o Vingegaard.

Insomma il Lombardia potrebbe essere l’anello debole per la conquista di tutti e cinque i Monumenti… Vale anche per Van Aert che invece ha dimostrato di essere forte anche sulle salite lunghe?

Sì, forse è la sfida più difficile per Van der Poel per la conquista dei cinque monumenti. Riguardo a Van Aert: è vero, in salita va forte, però lo ha mostrato al Tour, in una corsa a tappe. Nella gara di un giorno è più difficile. Per me il Lombardia è molto difficile anche per lui, che tra l’altro pesa anche più di Van der Poel. Alla Liegi non sarei stupito di vederli davanti, al Lombardia sì.

Dopo la fuga di Liegi, Velasco ha fame di vittorie

27.04.2023
4 min
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Quella di domenica scorsa a Liegi potrebbe essere stata la corsa della svolta per Simone Velasco. Se uno guardasse al risultato nudo e crudo potrebbe pensare che stiamo vaneggiando perché nel ciclismo contemporaneo un 19° posto dice poco, ma l’evoluzione della corsa, il tentativo da lontano del bolognese trapiantato all’Isola d’Elba sono indici di una maturità completata da parte del portacolori dell’Astana e nel team ciò non è passato inosservato.

Appena tornato dal Belgio, dopo la più antica delle Monumento che di fatto ha chiuso una primavera lunghissima e densa d’impegni, Velasco torna con piacere a quelle fasi della corsa.

«Avevamo deciso già dalla mattina di provare a entrare in una fuga per mettere il nostro accento sulla Doyenne e io ero deputato a farlo. Quando il tentativo è partito io c’ero e questo già rappresenta qualcosa d’importante, anche se…».

La lunga fuga alla Liegi, con altri 10 corridori nelle prime fasi di gara. Velasco è stato quello che si è piazzato meglio
La lunga fuga alla Liegi, con altri 10 corridori nelle prime fasi di gara. Velasco è stato quello che si è piazzato meglio
Anche se?

A guardare a freddo potrei dire che forse il momento per scappare non è stato il migliore, se aspettavamo ancora un po’ avrei avuto più energie per provare a rimanere con i primi. Diciamo che se ci avessero ripreso dopo la Redoute sarebbe stata una corsa diversa, ma con i se non si fanno le corse…

Dì la verità, anche solo per un istante hai pensato alla vittoria?

Le possibilità di vincere erano rasenti allo zero, l’ho sempre pensato anche quando eravamo in corsa, ma con un pizzico di fortuna in più e scegliendo tempi di attacco diversi, si poteva ottenere un piazzamento migliore, di questo sono convinto. Ma non rimpiango nulla, questo sia chiaro.

Velasco con il suo team, nel quale ha trovato l’armonia giusta per emergere. E’ all’Astana dal 2022
Velasco con il suo team, nel quale ha trovato l’armonia giusta per emergere. E’ all’Astana dal 2022
Con che spirito torni dal Belgio?

Con la consapevolezza che ho la condizione per essere competitivo, altrimenti un’azione come quella non riesci a farla in una corsa difficile come la Liegi. La gamba c’è e in questo periodo della stagione mi soddisfa alquanto.

La sensazione è che il tuo ruolo in seno alla squadra sia cambiato, dopo un anno di apprendistato.

Sì, non sono più uno che corre solo per lavorare per gli altri, sono sempre a disposizione e porto avanti i compiti che mi vengono dati, ma la squadra ripone fiducia in me anche per puntare al risultato, nelle corse a me più adatte. In quel caso i ruoli si invertono e sono i compagni a fidarsi di me e correre per aiutarmi. Ma questo può succedere solo se c’è armonia in squadra e da noi siamo tutti amici, questo aiuta molto.

Positivi giudizi in seno all’Astana, ora Velasco punta al Giro per cercare gloria in una tappa. Qui con il procuratore Mazzanti
Positivi giudizi in seno all’Astana, ora Velasco punta al Giro. Qui con il procuratore Mazzanti
Quanto ha influito la vittoria di Lutsenko al Giro di Sicilia? Ha cambiato un po’ l’atmosfera in seno al team?

Diciamo che c’è più serenità, ci ha tolto un po’ di peso. E’ innegabile che la nostra squadra venga da un paio di annate difficili nel loro complesso, ma ora siamo in ripresa. Speriamo che la fortuna continui a spirare nel nostro verso. Io stesso confido che la nuova condizione e situazione in squadra porti a qualche risultato importante esattamente com’era successo a inizio stagione con la vittoria alla Volta a la Comunitat Valenciana. Lutsenko è uno dei più talentuosi della nostra squadra, non ce ne sono tanti come lui in gruppo, di questo sono sicuro.

Al Giro d’Italia che aspirazioni avete? Si continua a dire che sarà una corsa bloccata dalle due formazioni di Evenepoel e Roglic, la pensi anche tu così?

Sono sicuramente le più forti, ma io dico che la Ineos va presa davvero con le pinze perché sono affamati e con gente come Geoghegan Hart e Thomas c’è la possibilità di far saltare il banco. Noi non abbiamo velleità di classifica, correremo per andare a caccia di tappe e provare a portare a casa il maggior bottino possibile.

Alla Volta a Comunitat Valenciana la sua unica vittoria nel 2023, beffando Jungels
Alla Volta a Comunitat Valenciana la sua unica vittoria nel 2023, beffando Jungels
Che cosa farai da qui all’inizio del Giro?

Intanto un po’ di recupero perché gli ultimi due mesi sono stati stressanti, poi allenamenti a casa in vista della partenza facendo anche dietro moto. Avevo considerato anche di fare altura immediatamente precedente il via, ma poi ho pensato che è più utile riposare e conservare energie. In certi casi conta di più l’aspetto psicologico.

Identificato con la possibilità di stare in famiglia?

Mi hanno visto poco nelle ultime settimane, per me è importante sfruttare queste giornate per ritemprarmi anche attraverso i miei affetti, poi ci saranno settimane di lontananza continua e non sarà semplice. Infatti le valigie le faccio la prossima settimana, prima non voglio pensarci…