Quale UAE senza Pogacar? Un gruppo che cresce

28.02.2024
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L’anno scorso di questi tempi avevano già vinto 11 corse con sei corridori diversi, ma fra le vittorie era impossibile non annotare la Clasica Jaen Paraiso Interior e la Vuelta Andalucia, con quel diavolaccio di Pogacar che, al pari di Vingegaard, aveva cominciato subito col botto. Il 2023 fu la prima svolta, sia pure non drastica come quest’anno. Lo sloveno aveva rinunciato al UAE Tour vinto nelle due edizioni precedenti, per vivere una primavera meno impegnativa e contrastare meglio Vingegaard al Tour. Quest’anno che Tadej ha puntato su una stagione stellare fatta solo di grandi obiettivi, la musica è rimasta identica: le vittorie finora sono 10 per mano di sei corridori diversi, ma fra loro non c’è Pogacar.

Del Toro al Tour Down Under. McNulty alla Valenciana e al UAE Tour. Fisher-Black alla Muscat Classic e al Tour of Oman. Yates, anche lui in Oman. Ayuso e Hirschi con una vittoria ciascuno nell’ultimo weekend di corse in Francia. E ieri per poco Antonio Morgado non si portava a casa Le Samyn, con un colpo di reni malandrino che ha fatto tremare e non poco il gigante Laurenz Rex (foto di apertura). Quello ha alzato le braccia e Antonio si è infilato…

Al Tour of Oman, Finn Fisher-Black vince a Qurayyat la seconda tappa
Al Tour of Oman, Finn Fisher-Black vince a Qurayyat la seconda tappa

Il talento viene fuori

Con il portoghese in Belgio c’era Marco Marcato, che assieme a Baldato compone la coppia tecnica per il Nord, e con lui abbiamo affrontato il momento della squadra numero uno al mondo in questo suo cammino per non far rimpiangere il grande sloveno.

«Morgado ha perso veramente per poco – sorride il padovano – forse un paio di centimetri. Sono andato a vedere il photofinish perché la Giuria tentennava. Rex ha vinto, anche se ha rischiato, perché alzando le mani all’ultimo si è piantato e Antonio ha fatto un bel colpo di reni. In ogni caso è lì e a vent’anni ha dimostrato che può essere protagonista. Si è adattato bene alla categoria. Questi ragazzi non hanno tante paure di buttarsi e di farsi valere, quindi alla fine il talento e la bravura vengono fuori. Magari deve ancora capire i meccanismi, quando è importante star davanti a lottare per la posizione, ma questo valorizza ancora di più il suo talento. Si è adattato bene alla fatica e al tener sempre duro. E alla fine, considerando i corridori che c’erano e la selezione che c’è stata, ha fatto un grande sprint».

Ayuso e Hirschi hanno fatto doppietta nel weekend francese
Ayuso e Hirschi hanno fatto doppietta nel weekend francese

Una grande opportunità

Il ritorno a casa insomma ha lasciato in bocca un buon sapore. Ci sarà il tempo per ricaricare le batterie e poi Marcato preparerà la prossima valigia che porterà alla Parigi-Nizza e di lì nuovamente sulle strade del Nord fino alla Freccia del Brabante. Così, approfittando del tempo a disposizione, rileggiamo con lui l’inizio di stagione in attesa che sabato alla Strade Bianche il padrone torni al volante.

«Quando c’è Tadej – spiega – logicamente la squadra è incentrata su di lui. Comunque stiamo parlando del numero uno al mondo, quindi dobbiamo dargli sicuramente tutto il nostro supporto. Questo i compagni lo sanno e anzi sono ben felici di aiutarlo. Quando lavori per un leader così, sai che alla fine il lavoro viene ripagato. Secondo me lo spazio che si sta liberando adesso è un’opportunità anche per loro. Sicuramente hanno più responsabilità, però sono contenti di poter fare la corsa ed essere protagonisti. Insomma, non è solo il fatto di avere più responsabilità, ma maggiori opportunità. Almeno io la vedo così».

Jay Vine, leader de UAE Tour a partire dalla terza tappa, crolla sulla salita finale di Jebel Hafeet
Jay Vine, leader de UAE Tour a partire dalla terza tappa, crolla sulla salita finale di Jebel Hafeet

Tutti capitani

Per lo stesso motivo e per la rincorsa ai punti, quest’anno i piani di tanti ragazzi sono cambiati: non più tutti al servizio del capitano, ma ciascuno con lo spazio per assecondare il proprio talento. Non è un mistero che il UAE Team Emirates abbia reclutato alcuni fra i migliori atleti in circolazione e tenerli solo per tirare sarebbe un vero uno spreco. La differenza fra tirare e fare la corsa sta però nell’impatto psicologico. Jay Vine è stato leader del UAE Tour fino all’ultima tappa con arrivo in salita e ha perso in un solo colpo 4 minuti e la maglia.

«Quelle sono dinamiche – spiega Marcato – che non tutti i corridori gestiscono allo stesso modo. L’anno scorso Vine per esempio ha vinto il Tour Down Under, anche se è una corsa un po’ diversa. Quest’anno al UAE Tour, un po’ di pressione in più l’ha sentita senza dubbio. Abbiamo una squadra forte, non è per caso che l’anno scorso abbiamo vinto la classifica WorldTour e i nostri corridori migliori, se li prendi singolarmente, potrebbero andare tranquillamente in altre squadre a fare i capitani. Quindi a volte non è neanche semplice gestire la corsa avendo tanti talenti tutti insieme. La parte bella però è quando si aiutano fra loro, come nel giorno in cui Ayuso ha vinto la Faun-Ardeche Classic e il giorno dopo ha aiutato Hirchi a vincere la Faun Drome Classic.

«E con gli italiani sarà la stessa cosa. Covi avrà il suo spazio facendo gare su misura e anche Ulissi, un uomo su cui si può contare sempre. Diego avrà un calendario diverso dal solito, non facendo grandi Giri. Questo almeno è il programma, però le cose cambiano e se serve sappiamo che lui è comunque pronto».

Le Samyn, la firma di Marta: bentornata Bastianelli

28.02.2023
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«Ieri sera con Marcello Albasini, che è l’altro direttore sportivo che è qua con me in Belgio – racconta Davide Arzeni – abbiamo fatto due chiacchiere sulla corsa e ne abbiamo parlato con Marta. Avevamo questa idea, visto che uno dei suoi obiettivi è la Parigi-Roubaix. Le abbiamo detto: “Proviamo un attacco sul settore di pavé”. Dietro avevamo Chiara Consonni che poteva coprirci per la volata. Insomma dai, è andata. E’ andata bene così.

«Non sono assolutamente sorpreso che Marta abbia vinto, però veramente mi sono trovato di fronte a una vera professionista. Una ragazza che ha vinto tanto nella sua carriera e che probabilmente la finira dopo il Giro, eppure è ancora qua a fare la vita. I suoi risultati sono frutto della sua testa di corridore».

La UAE Adq Team vuole gara dura e vigila in testa al gruppo. Bastianelli è pronta per attaccare
La UAE Adq Team vuole gara dura e vigila in testa al gruppo. Bastianelli è pronta per attaccare

Tre volte sul podio

Le cinque di un pomeriggio freddo sulle strade del Belgio intorno a Dour nel cuore della Vallonia. Marta Bastianelli ha da poco vinto Le Samyn, corsa classica con settori di pavé che di lì a poco sarebbe stata conquistata fra gli uomini da Milan Menten. Lo ha fatto con lo stesso piglio con cui nel 2019 vinse il Fiandre. Attacco e volata. E sebbene sia agli ultimi mesi della carriera, ha ruggito come ha sempre saputo fare.

«E’ bello smettere da vincenti, no?». Il tono di voce è allegro, l’ammiraglia sta facendo ritorno verso l’hotel sull’autostrada. Arzeni dice scherzando che il loro unico contatto col mondo è il benzinaio della vicina stazione di servizio.

«In tre corse – racconta l’azzurra – ho fatto terza, seconda e prima, altro che deconcentrata perché sono a fine carriera. Ho fatto tutto quello che dovevo fare, tranne un piccolo problema di salute a gennaio per il quale mi sono dovuta fermare per una settimana e mezza. Non ho partecipato al raduno con la squadra, però adesso va tutto bene».

Tomasi, accoglie una costernata Chiara Consonni che ha bucato al momento del forcing di Bastianelli
Tomasi, accoglie una costernata Chiara Consonni che ha bucato al momento del forcing di Bastianelli

Forcing sul pavé

E’ passata nel giro di due anni dal rifiuto del pavé all’aver messo la Roubaix al centro del mirino. Ha avuto bisogno di masticarla bene e quando domani la squadra degi Emirati andrà sul percorso a provare i tratti di pavé, Marta avrà la conferma di essere sulla strada giusta. L’attacco è venuto sul pavé e ha fatto male.

«Oggi era una gara abbastanza veloce – dice – ci siamo mosse abbastanza bene. Io ho seguito i piani della squadra, che erano di attaccare nell’ultimo tratto di pavé avendo Chiara alle spalle. Così mi sono trovata davanti, ho fatto la mia azione. Mary mi ha seguito (Maria Giulia Confalonieri, ndr), poi sinceramente nel finale non ho potuto proprio aiutarla tantissimo. Non riuscivo a capire dalla macchina come fosse la situazione. Perché comunque dietro Chiara aveva bucato e la Gasparrini era caduta. Un po’ di situazioni particolari, si rischiava di buttare tutto».

Confalonieri ha creduto nell’azione con Bastianelli, pur sapendo che in volata sarebbe stata dura
Confalonieri ha creduto nell’azione con Bastianelli, pur sapendo che in volata sarebbe stata dura

“Capo” e Albasini

E così, dopo aver parlato di sé a inizio stagione come di una guida per le più giovani, la cara Marta Bastianelli – terza all’Omloop Het Nieuwsblad e seconda alla Omlop Het Van Hageland – ha alzato le braccia a Le Samyn des Dames.

«Le ragazze sono quasi tutte nuove – racconta – è tutto nuovo, quindi abbiamo avuto bisogno di tempo per affiatarci, sin dal UAE Tour. Credo che sia una buona squadra in fase di crescita. Qui in Belgio, credo che siamo veramente un bel gruppo guidato bene anche dall’ammiraglia. Da Arzeni e Marcello Albasini. Credo che avere persone con esperienza di queste gare sia molto importante. Non sono gare semplici, tutt’altro. E quindi sono molto orgogliosa».

Podio tutto italiano a Le Samyn, con Bastianelli e accanto Confalonieri e Vittoria Guazzini
Podio tutto italiano a Le Samyn, con Bastianelli e accanto Confalonieri e Vittoria Guazzini

L’esempio di Marta

Arzeni guida e gongola, anche per lui l’esperienza nella UAE Adq è una sfida. Non è stato semplice lasciare la Valcar e sposare il nuovo progetto, ma la squadra che sta nascendo somiglia tanto alla sua vecchia casa.

«Una ragazza come Marta – dice – è importante per le atlete, ma anche per noi direttori sportivi. Da un’atleta come lei, che ha tutta questa esperienza, non si smette mai di imparare. Quindi anche io come direttore sportivo le devo qualcosa. Siamo qua in Belgio già da una settimana, non è mai facile. C’è vento e c’è freddo e c’era qualche ragazza probabilmente un po’ stanca. E nella sfortuna c’è andata bene, perché proprio nel momento in cui lei attaccava, ha bucato la Consonni. Quindi delle due frecce che avevamo ne è rimasta una. Domani facciamo la recon della Roubaix, il Belgio è appena cominciato e a me piace stare quassù».

Marta Bastianelli con Davide Arzeni: si è capito sin da subito che la collaborazione sarebbe stata proficua
Marta con Arzeni: si è capito sin da subito che la collaborazione sarebbe stata proficua

Lo sguardo tignoso

E’ così anche per Marta Bastianelli, 35 anni, campionessa del mondo quando ne aveva 22 e ancora sulla cresta con lo sguardo tignoso di ogni anno.

«Farò tutte le altre classiche – dice – a partire da De Panne fino alla Roubaix. Noi corriamo sempre per vincere con le migliori carte che abbiamo, quindi ci giochiamo sempre diverse possibilità. Quando corro con Chiara, sono contenta di poterla aiutare perché comunque è il futuro, e lei è contenta di aiutare me. Quindi, insomma, ci diamo abbastanza forza e coraggio. Ma abbiamo anche altre atlete forti, come Silvia Persico e Gasparrini. Io ci sono, mi sono allenata bene e confermo che dopo il Giro smetterò di correre. Sono felice di finire al Giro d’Italia. Ci sono tante giovani in Italia, oggi abbiamo visto il podio tutto italiano. Ma questo non significa che non sarò lì davanti anche nelle prossime corse a giocarmi qualche vittoria. Io so ancora vincere, forse qualcuno lo aveva dimenticato».

Hofstetter 2022

Hofstetter, la parabola vincente di un “non vincente”

25.03.2022
5 min
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Le Samyn 2020. La gara si è appena conclusa e il vincitore, Hugo Hofstetter, piange a dirotto. Non riesce proprio a fermarsi, tanto che chi gli è intorno inizia a preoccuparsi: «Hugo, perché piangi così?». «Voi non capite… Vincere è così difficile e io non sono un vincente. Per questo sono felice, perché per vincere ho dovuto lavorare davvero tantissimo». Prima di quella corsa aveva vinto solo una volta, una tappa al Tour de l’Ain 2018, dopo non vincerà più, almeno finora.

Perché allora portarlo agli onori della ribalta? Qualche giorno fa il sito specializzato Pro Cycling Stats, che archivia tutti i numeri statistici riguardanti il mondo delle due ruote, ha twittato una domanda: «Lo sapete chi è l’unico corridore che arriva sempre nella Top 10?». Il nome era il suo ed effettivamente, andando a leggere la sua scheda, la sua costanza di risultati è impressionante: quest’anno, su 21 giorni di gara, c’è riuscito 11 volte, di cui ben 8 consecutive, tra classiche belghe e Volta a Catalunya, con 3 secondi posti e 4 terzi.

Hofstetter bimbo
Hugo Hofstetter è nato il 13 febbraio 1994. E’ professionista dal 2015
Hofstetter bimbo
Hugo Hofstetter è nato il 13 febbraio 1994. E’ professionista dal 2015

Un patrimonio per molti team

Qualche giorno fa si parlava dell’importanza di un corridore, soprattutto un velocista, per una squadra: il team ha bisogno di corridori vincenti, si diceva, perché sono quelli che danno immagine. E’ vero da un certo punto di vista, ma proviamo a guardare l’altro lato della medaglia. Molte squadre hanno oggi bisogno di punti, per poter restare nel World Tour o riuscire a entrarci. E per simili team uno come Hofstetter è una vena d’oro, che porta carrettate di punti. All’Arkea Samsic lo sanno bene, lo hanno prelevato dall’Israel Start Up per questo e ogni settimana si fanno i loro conti, sapendo che ogni euro versato sul suo stipendio è speso bene.

Hofstetter ha trovato la sua dimensione e non è poco per uno che è arrivato al ciclismo molto tardi e che è passato pro’ a 22 anni. Prima, aveva fatto di tutto, dal calcio alla scherma, dall’atletica persino alla danza. Poi però ha pensato che la scelta giusta l’aveva fatta sua sorella Margot, appassionata di ciclismo e seguendola se ne è innamorato anche lui. Ma ha capito subito che doveva cercarsi un ruolo che non era certo quello del campione.

Garçon, champagne per tutti…

Beh, qualche vittoria l’aveva ottenuta anche lui, in fin dei conti nel 2013 è stato proprio Hofstetter a iscrivere il suo nume nell’albo d’oro del campionato francese fra i dilettanti. Quel giorno ci credeva, aveva persino scommesso alla vigilia con i suoi compagni: «Se vinco verso champagne da bere a tutti». Alla sera, carta di credito alla mano, al bistrot ha offerto da bere a tutti, versando dalla bottiglia di sua mano…

Dicevamo però che campione, di quelli che vincono e si guadagnano le prime pagine dei giornali, non è un ruolo che gli confaceva. A Hugo però sono venuti utili gli insegnamenti che ha appreso appena entrato nel mondo delle due ruote: quando è passato fra gli Under 23 si è accorto innanzitutto che gli altri andavano molto più veloci di lui. Perché? Perché si allenavano molto di più e in maniera molto più concreta. Ma non basta: ha capito anche che, proprio per questa sua mancanza, non conosceva davvero i suoi limiti.

Hofstetter Marie 2021
Il corridore di Altkirch con la sua compagna Marie a cui ha dedicato un tatuaggio
Hofstetter Marie 2021
Il corridore di Altkirch con la sua compagna Marie a cui ha dedicato un tatuaggio

La bici, uno strumento musicale

Si è messo a lavorare di brutto, ma anche a riflettere. Quando è passato pro’, sapendo ormai quali erano i suoi limiti, ha capito che doveva lavorare sodo a ogni gara, ma non come il solito capitano. Poteva ritagliarsi un ruolo diverso, quello dell’eterno piazzato. Perché ci sono squadre che lo avrebbero cercato proprio per questa sua caratteristica, come si cerca la figurina rara nella collezione degli album o il giocatore che nel Fantacalcio ti assicura sempre la sufficienza piena.

Nel 2018 è stato per ben 24 volte tra i primi 10 e alla fine della stagione ha portato a casa sia la Coupe de France che l’Europe Tour. Molti addetti ai lavori si sono accorti di lui rimanendo sorpresi da questo suo modo di interpretare il ciclismo. Certamente non ortodosso, certamente poco attraente dal punto di vista della fantasia, ma estremamente redditizio.

Così si è cominciato a scavare, hanno iniziato a fermarlo a fine corsa, a chiedergli qualcosa e le sue risposte non sono mai banali, sono sempre frutto di ragionamenti. Non arriviamo alle filosofie di Guillaume Martin, ma le sue parole spesso fanno pensare, soprattutto il profondo giudizio che dà del ciclismo: «E’ la mia vita e la bici è il mio strumento musicale, che mi permette di esprimermi anche meglio delle parole.

Hofstetter Samyn 2022
Il corridore dell’Arkea Samsic all’attacco a Le Samyn 2022 al fianco di Trentin, che lo batterà allo sprint
Hofstetter Samyn 2022
Il corridore dell’Arkea Samsic all’attacco a Le Samyn 2022

La grande sfida con Trentin

«Devo tutto al ciclismo, perché mi ha dato una strada da percorrere per diventare l’uomo che sono. Mi ha insegnato i valori giusti, come il rigore e la disciplina senza i quali non vai da nessuna parte. Mi ha reso indipendente, economicamente ma non solo. Mi ha fatto diventare una persona degna, per questo onoro la bici ogni giorno, a ogni gara, perché al termine di ognuna di esse voglio sentirmi in pace con la coscienza per aver dato tutto quel che potevo».

Certo, il gusto della vittoria gli piacerebbe riassaporarlo. Ci ha provato spesso, ad esempio di nuovo all’ultima Le Samyn, ma si è trovato di fronte un Matteo Trentin che aveva forse ancora più fame di vittorie: «Eravamo i due che avevano lavorato di più perché quella fuga andasse in porto. Nella volata sono rimasto bloccato per un secondo e ho perso l’attimo giusto, ma forse era lui il più forte ed è stato giusto così». Le parole di un “non vincente”, che però nel ciclismo attuale ha tutti i diritti di esserci.

Trentin, maledizione sfatata. E adesso rotta su Sanremo

02.03.2022
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«Ci voleva sì, altroché – dice Trentin tutto d’un fiato – ci voleva alla grande. Sono contento. Sono andato forte forte!».

L’aeroporto è incasinato, la coda per il check-in dei bagagli va a rilento e intanto Matteo racconta la vittoria. Lo prendiamo un po’ in giro: ti ricordi in che modo ci eravamo salutati a Kuurne?

Una volata con tanta rabbia dopo le delusioni di Het Nieuwsblad e Kuurne
Una volata con tanta rabbia dopo le delusioni di Het Nieuwsblad e Kuurne

Ci pensa e non ricorda. Era appoggiato alla transenna dopo il nono posto alle spalle di Jakobsen e ridendo all’indirizzo dell’addetto stampa cinese dell’UAE Team Emirates, aveva detto: «Non torno stasera, ho vinto Le Samyn, perché Zhao non vuole andare a casa». L’altro aveva riso, ma adesso che Le Samyn l’ha vinto davvero quella frase strappa il sorriso.

«In realtà – ghigna – intendevo dire che mi avevano fatto rimanere su fuori programma, ma mi sta bene anche così».

Giornalisti e volate

Ci girava intorno da parecchio. Allo stesso modo in cui il Trofeo Matteotti del 2021 era venuto dopo due anni di digiuno, la vittoria di ieri sul traguardo di Dour interrompe una maledetta serie di piazzamenti e volate perse d’un soffio. Matteo è di buon umore.

Merlier, come Jakobsen e gli altri velocisti, sono rimasti tagliati fuori dal forcing dei primi
Merlier, come Jakobsen e gli altri velocisti, sono rimasti tagliati fuori dal forcing dei primi

«Questa cosa delle volate – dice – me l’avete attaccata voi giornalisti».

«Ti abbiamo aiutato a metterla a fuoco – gli rispondiamo – perciò adesso che l’hai superata, devi pagarci da bere».

«Lettura interessante – un istante di silenzio, una risata – ma comunque sono contento matto. Sono andato davvero forte. Abbiamo fatto la corsa dura da subito, perché dopo Kuurne nessuno voleva portarsi Jakobsen in volata. Al Matteotti ero contento perché fu quasi una liberazione, qui sono contento perché riuscirò ad arrivare rilassato ai prossimi impegni».

Jakobsen? No, grazie

L’olandese della Quick Step-Alpha Vinyl è arrivato nel gruppone a 4 secondi dal trentino e alla volata ci ha rinunciato, visto che c’era in palio il nono posto. A ben vedere, la stessa azione Trentin l’aveva provata proprio a Kuurne, ma si era trovato in cattiva compagnia di gente poco propensa a tirare e il gruppo dietro spianato in caccia.

Questa volta il forcing di Trentin ha portato via il gruppo giusto. Erano 25, sono arrivati in 8
Questa volta il forcing di Trentin ha portato via il gruppo giusto. Erano 25, sono arrivati in 8

«Pavé e strade strette – racconta – non è stato tanto un fatto di muri. Siamo partiti subito forte, ma non si staccava nessuno. Quando però abbiamo accelerato davvero, dietro si sono disuniti. Non so chi tirasse nel gruppo, forse la Quick Step, perché davanti erano in due e non hanno mai collaborato. Quando siamo partiti, nel gruppo in fuga eravamo in 25, poi piano piano hanno iniziato a staccarsi e alla fine siamo arrivati in otto con 4 secondi di vantaggio».

Destinazione Sanremo

Il futuro è un’ipotesi, canta Enrico Ruggeri, ed è bene che tale rimanga. Da ieri sera Matteo è a casa, ma partendo si lamentava che il distributore automatico di snack fosse fuori uso e che sarebbe arrivato a Monaco così tardi da saltare la cena.

Prima del podio, finalmente per Trentin il momento di sorridere con Hofstetter e De Bondt
Prima del podio finalmente per Trentin il momento di sorridere

«Poco male – ammette – ora un po’ di riposo, poi la Parigi-Nizza e la Sanremo. Non sto neanche a parlarne per scaramanzia. Arrivo sempre lì, l’anno scorso c’è scappato un dodicesimo posto. Per questo tornerò a pensarci dopo la Parigi-Nizza. Il rammarico di questa vittoria è non aver avuto il tempo per festeggiare con la squadra. Hanno fatto la premiazione più lunga del mondo e quando sono tornato al pullman, alcuni erano già andati via».

Le premiazioni in effetti sono andate parecchio per le lunghe. Jean Luc Vandenbroucke – ex professionista, direttore sportivo, commentatore televisivo, organizzatore della corsa e zio dell’indimenticato Frank – ha posato con lui in sella a una biciclettona da passeggio (foto in apertura).

Un commiato ben più lieve di quello di Kuurne, quando la rassegnazione aveva preso il sopravvento sul suo proverbiale spirito. La Sanremo è una presenza costante nei sogni di ogni corridore italiano e negli allenamenti di ogni residente a Monaco, ma per coglierla ci sarà bisogno che tutti i tasselli vadano al loro posto. Per sapere come andrà a finire basterà aspettare le prossime tre settimane.

Mozzato riparte dopo il Covid: quest’anno l’obiettivo è vincere

01.03.2022
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Formichina Mozzato alle 11,50 sarà al via de Le Samyn, la più fiamminga delle classiche valloni, come recita lo slogan sul sito ufficiale. Corsa belga del livello della Kuurne-Bruxelles-Kuurne, 209 chilometri e una bella serie di muri, che vedrà al via fra gli altri “bestiacce da Nord” come Merlier, Jakobsen, Pasqualon, Gilbert, Moschetti e Trentin

Il padovano sta venendo su un passo alla volta, con una bella fede nei suoi mezzi e la B&B Hotels-Ktm che lo supporta bene. Lo avevamo incontrato l’anno scorso a Montichiari, reduce da un intervento di ernia che aveva un po’ frenato il suo inverno. Poi avevamo raccontato le ottime prestazioni nelle classiche di aprile. E a fine stagione, incuriositi, avevamo approfondito il suo essere stato il terzo italiano nel velodromo di Roubaix, dopo Colbrelli e Moscon.

La presentazione della Het Nieuwsblad ha stupito Mozzato, che non si aspettava un simile show
La presentazione della Het Nieuwsblad ha stupito Mozzato, che non si aspettava un simile show

Frenato dal Covid

Il weekend di apertura ha avuto luci e ombre. Dopo il 26° posto alla Het Nieuwsblad, a Kuurne ha sofferto più del previsto. E la squadra, che aveva inizialmente valutato di portarlo alla Parigi-Nizza, ha disegnato un altro programma. Eredità del Covid, che anche lui ha preso nelle ultime settimane.

«Domenica ho faticato più del previsto – spiega – e la squadra ha bisogno di fare un po’ di risultati, perché non siamo partiti proprio benissimo. Quindi ci hanno detto che, visto il livello, alla Parigi-Nizza andranno i più in forma. E per me hanno rispolverato il calendario degli ultimi due anni qua in Belgio, sperando che venga fuori qualche risultato».

Lui ha capito e si è rimboccato le maniche. Il programma alternativo prevede appunto Le Samyn, poi il Gp Monseré e la Danilith Nokere Koerse in cui lo scorso anno centrò il terzo posto.

Alla Roubaix del 2021 è stato il terzo italiano all’arrivo, dopo Colbrelli e Moscon
Alla Roubaix del 2021 è stato il terzo italiano all’arrivo, dopo Colbrelli e Moscon
L’altro giorno alla partenza della Het Nieuwsblad avevi gli occhi stralunati…

Diciamo che da quando sono diventato professionista, di presentazioni così ne abbiamo fatte poche. E quella è stata veramente caratteristica, anche perché entrare dentro il velodromo così pieno di persone è stato molto particolare e mi ha toccato particolarmente. A dirla tutta, non sapevo neanche che si facesse lì dentro e trovare le luci e il parterre pieno di persone è stato speciale.

All’inizio del 2021 l’obiettivo era provare ad arrivare davanti.

Quest’anno speriamo di fare uno step in più. L’idea è quella di alzare le braccia. Abbiamo lavorato bene l’inverno, ma il mese scorso come tanti altri ho preso il Covid. Quindi sono stato un po’ rallentato. Vediamo come procedono le cose. L’obiettivo sicuramente è quello di provare a vincere qualcosa, non importa dove. Magari nelle corse dove il livello è un po’ più alto, sarebbe buono già essere nel primo gruppo.

Anche questa è scuola…

Arrivare davanti e poi provare a giocarsi le proprie carte. Siamo qua soprattutto per imparare, vedere come va e come si fa per rimanere davanti.

L’inverno di Mozzato è filato liscio: nel 2021 si era dovuto operare e questo lo aveva rallentato (foto B&B Hotels-Ktm)
L’inverno di Mozzato è filato liscio: nel 2021 si era dovuto operare e questo lo aveva rallentato (foto B&B Hotels-Ktm)
Che cosa significa aver passato un bell’inverno?

Siamo andati avanti senza particolari intoppi. Sono riuscito a lavorare tutti i giorni senza problemi, anche con dei ritiri al caldo, a differenza dell’anno prima in cui ho avuto dei problemini e sono dovuto andare sotto i ferri. Questa volta non ci sono stati problemi e adesso vediamo di concretizzare qualcosa.

Il Covid ti ha solo fatto perdere dei giorni di lavoro o ti è rimasto addosso con qualche tipo di condizionamento?

No, nessuna conseguenza, solo i giorni che ho perso. Non è stato facile rimanere chiusi in casa soprattutto per la preparazione. Poi io personalmente, come tanti altri con cui ho parlato, sono stato male solo 2-3 giorni, giusto un po’ di mal di testa e mal di gola, niente di particolare. Ma ho dovuto farmi i miei 10 giorni di isolamento. Poteva starci che le sensazioni al rientro non fossero eccezionali e così è andata. Ma non mi fascio la testa, gli obiettivi non cambiano. La stagione sarà lunghissima…