Lapierre Aircode DRS Team Layup, il test

24.03.2022
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E' la Lapierre in uso ad alcuni atleti della Equipe Cycliste Groupama FDJ sia pure in diversa colorazione e diverso montaggio. L'abbiamo provata alla GF Laigueglia. Una monoscocca in carbonio ricavata dalla sintesi di tre diversi tessuti, che portano l'ago della bilancia a 975 grammi, per un telaio che deriva dagli studi fatti sul modello Aerostorm che nelle crono viene utilizzato da Stefan Kung. Montaggio custom e la GoPro sul manbrio, venite a farci un giro?

Lapierre Aircode DRS Team Layup, ovvero l’aero frame-kit utilizzato da alcuni atleti del team Groupama-FDJ. Si tratta della medesima struttura di carbonio (UD Superlight Team Layup, oppure UD SL Ultimate per riprendere la definizione originale adottatta al momento del lancio ufficiale del 2020) dedicata ai professionisti.

L’abbiamo customizzata nel montaggio e la fase finale della prova si è svolta in gara, durante la Gran fondo Internazionale Laigueglia Lapierre.

In azione durante la gran fondo, la fase finale della nostra prova (foto Sara Carena)
In azione durante la granfondo, la fase finale della nostra prova (foto Sara Carena)

Lapierre Aircode DRS

Questa è una bicicletta progettata per andare veloce, senza se e senza ma. Nella costruzione ricoprono un ruolo fondamentale le ricerche eseguite per il modello da crono Aerostorm di Lapierre, quella del campione europeo in carica. Si tratta di un monoscocca in carbonio che in questo caso adotta un blend di tessuti compositi HM (T800, T700 e 40T) che contribuiscono a fermare l’ago della bilancia a 975 grammi (dichiarati).

E’ disponibile solo come frame-kit (3.799 euro prezzo di listino). La seconda versione, che definiamo standard, adotta un modulo di tessuto UD SL, ma con un valore alla bilancia di 1040 grammi (dichiarati). Anche la forcella è full carbon e pesa 424 grammi. Per costruire un telaio Aircode DRS Team Layup sono necessari 395 pezzi di tessuto composito.

Una costruzione unica

La tecnica costruttiva fa parte del DNA di Lapierre e accomuna questo modello alla più leggera Xelius. Il monoscocca prende forma grazie ad uno scheletro in lattice, che viene rimosso dopo le operazioni di “cottura”. Non sono impiegati i palloncini tradizionali, quelli normalmente utilizzati per i prodotti monoscocca e il motivo è molto semplice. Rispetto alla procedura classica, il lattice garantisce una qualità più alta e un’omogeneità elevata delle pareti delle tubazioni. Il tutto si traduce nel risparmio di peso e una resa tecnica più alta.

La “nostra” Aircode taglia M

Abbiamo scritto in precedenza che questo frame-kit non è disponibile come bici completa. Infatti, l’abbiamo montata ed equipaggiata con una serie di componenti non disponibili nel catalogo Lapierre, ma comunemente presenti nel mercato.

Tutto il cockpit è quello compreso nel modulo: stem in alluminio da 100, piega in carbonio da 42 con i fori per alloggiare le protesi (in carbonio) da triathlon. Il seat-post full carbon con arretramento (ma è disponibile anche con off-set 0. Sella Fizik Antares Versus Evo Adaptive Braided (in alcune fasi abbiamo usato anche la nuova Vento Argo 00). Trasmissione Shimano Ultegra 12v. Guarnitura Rotor Aldhu Carbon con power meter Spider e ruote Deda RS4, queste ultime gommate Schwalbe Pro One TLE. Valore alla bilancia di 7,6 chilogrammi, senza pedali.

I feedback

Non è una bicicletta per cuori teneri bensì uno di quei mezzi come ormai se ne trovano pochi in circolazione. E’ rigida ed esigente, una vera belva da velocità che chiede molto, ma è capace di far divertire quando si ha gamba (e manico). Davanti è una spada, con una precisione non comune, veloce negli ingressi in curva, stabile e anche piuttosto briosa. E’ sensibile alla minima variazione di peso e questo non è un dettaglio da sottovalutare. Sostiene alla grande quando si va in fuori sella e invita a caricare molto proprio sull’avantreno.

Paga qualcosa sulle salite molto lunghe e arcigne, ma sui percorsi veloci e vallonati è divertente e veloce (foto Sara Carena)
Paga qualcosa sulle salite molto lunghe e arcigne, ma sui percorsi veloci e vallonati è divertente e veloce (foto Sara Carena)

Dietro è rigida e si sente

Il posteriore ha una notevole rigidità e non fa nulla per nasconderlo. Si percepisce quando l’asfalto non è in ottime condizioni e nelle uscite lunghe si fa sentire. Però sfrutta anche una sorta di “gommosità”, che aiuta a mantenere un buon equilibrio complessivo, considerando la categoria delle bici aero. In un certo senso è sempre fluida, a tratti sembra galleggiare. Rilanciare la Lapierre Aircode quando la velocità è già elevata diventa semplice, molto più che una bici tradizionale.

Sui vallonati è un proiettile

Un aspetto che è facile da interpretare e immagazzinare. Questa bicicletta è muscolosa e decisa, a tratti violenta, non è adatta alle salite lunghe e interminabili, ma quando si tratta di salitelle corte, tratti vallonati e continui cambi di ritmo, beh è una bella arma da sfruttare e da godere.

lapierre

In punta dei piedi da Germani, fra ambizioni e futuro

23.01.2022
8 min
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La statua di Tommaso d’Aquino dal monte scruta la valle. Dicono che l’abbiano fatta con il naso troppo grande, ma anche le mani non scherzano. Germani fa strada e in meno di mezza giornata ci racconta di sé, del ciclismo, della sua famiglia e del paese che ama da morire.

Roccasecca, ottomila abitanti in provincia di Frosinone, paese natale del santo. Un po’ sopra verso il castello e gli altri sotto, verso la stazione. Rispettivamente Spaccapret e Ciauttegl. Lorenzo oltre a vestire la maglia della Groupama FDJ Continental, appartiene orgogliosamente a quelli giù in basso. Ma chi è Germani e perché siamo venuti fin qui?

A Roccasecca nel 1225 è nato di San Tommaso d’Aquino
Qui è nato San Tommaso d’Aquino, teologo, nel 1225

Subito in Francia

Con tre vittorie al primo anno da junior alla Work Service e due al secondo, 1,80 per 62 chili, il laziale è passato nella continental francese, in cui i corridori sono equiparati ai professionisti, per cui sono assunti dal gruppo sportivo e, in quanto dipendenti, hanno anche il versamento dei contributi.

«Quando ho finito gli juniores – dice – l’idea fissa era di andare all’estero e sono contento della scelta. Non sarei mai passato professionista direttamente. Tre anni da U23 vorrei farli e quando ne avrò 21 sarò pronto per salire un altro gradino. Certo, se non hai agganci, allora firmi subito. Ma se puoi scegliere di firmare per passare dopo altri due anni, allora permetti al fisico di formarsi meglio, vieni comunque pagato e ti versano i contributi, metti insieme più esperienza e hai un anno in più per imparare e semmai sbagliare. Perché quando poi vai di là, gli errori iniziano a contarli…».

Migrante a 16 anni

Il suo mondo è parallelo alla via Casilina. C’è la casa dei genitori, Barbara e Maurizio, e c’è la casa dei nonni, Rina e Luigi, in cui per stare più vicino alla scuola vivono il fratello Matteo e Rocky, il cagnolino trovato in allenamento e strappato da un casolare in cui avrebbe fatto una brutta fine. In mezzo c’è uno spaccato di ricordi e sapori radicati profondamente. Forse perché per seguire il sogno di diventare un campione, a 16 anni dovette andarsene di casa e prese la residenza a Massa. Per correre e finire il liceo scientifico: al Sud si studia bene, ma non si corre.

Lui cominciò in una squadra di amatori per seguire il padre Maurizio, poi corse alla Civitavecchiese di Roberto Petito, alla Velo Sport di Mario Morsilli e poi da junior passò alla Work Service.

«Quando lo dissi a lei – sorride all’indirizzo della madre che si commuove e annuisce – si mise a piangere. Singhiozzava e chiedeva chi mi avrebbe lavato i panni e fatto fa mangiare, ma io ormai avevo deciso. Andai su grazie a Bongiorni, Mario Mosti e Berti e sono stato benissimo. In proporzione è stato meno complicato andare in Francia, anche se stare tanto lontano con il Covid non è stato semplice.

«E fra poco si riparte. Da marzo ci vorranno tutti in ritiro a Besancon e su piove sempre, non come qua. Porterò la macchina di mia madre, altrimenti fare la spesa con bici e zainetto è un supplizio. Quest’anno ho ripreso prima perché ho finito presto a causa dell’incidente. Ho fatto insieme riabilitazione e preparazione anche grazie a Stefano Bellucci, il fisioterapista di fiducia, che lavora nel centro di Gerardo Palmisano a Monte San Giovanni Campano, vicino Sora».

Lorenzo cucina da sé i suoi piatti, ma spesso lo fa anche per la famiglia. Lo chef di casa però è papà Maurizio
Lorenzo cucina da sé i suoi piatti, ma spesso lo fa anche per la famiglia. Lo chef di casa però è papà Maurizio

Luci e campanello

L’incidente avvenne il 13 settembre, dopo il Tour du Pays de Montbeliard chiuso al secondo posto nella generale e con un secondo di tappa. Per essere un ragazzo al primo anno, che nel 2019 aveva subito per giunta la frattura del femore, il 2021 stava diventando promettente come meglio non si poteva. Era in bici con un gruppetto di domenica mattina presto, perché poi sarebbe andato a un matrimonio, quando un’auto prima li ha superati rischiando di buttarli giù. Poi ha pensato bene di inchiodargli davanti, facendolo cadere. Lo strappo muscolare ha interessato la gamba già fratturata al primo anno da junior, ma per fortuna non si è spinto fino all’osso e non ci sono state calcificazioni.

«Sulla bici ho sempre la lucina dietro – dice – e quando serve anche quella davanti. Sul manubrio ho il campanello, sempre meglio che girare con il fischietto. Qua il problema è la Casilina, in cui gli automobilisti sono distratti e a volte non pensano che se ti stringono troppo, rischiano di buttarti giù. Fra corridori a volte ci tocchiamo i manubri, gli amatori invece hanno paura e stanno più larghi. Per questo di solito evito i gruppi numerosi».

Quindi si riparte, ma dove si va?

Spero lontano. Il ciclismo e lo sport di vertice in generale sono un fatto di genetica e di testa. Non penso minimamente di essere arrivato, ma quelli che hanno già smesso è perché non avevano doti o non hanno retto a livello mentale. Però apprezzo più chi smette a 19 anni e inizia a cercare un lavoro, di quelli che continuano a oltranza. Se vuoi viverci, non puoi essere uno qualunque. Anche perché se sei un ciclista e anche sei un fenomeno, guadagnerai sempre meno di sportivi di altre discipline. Quanto avrebbe guadagnato Nibali se fosse stato un calciatore di vertice?

Che cosa hai capito da questo primo anno?

Le mie caratteristiche. A inizio anno non le conoscevo bene. Invece alla fine della prima stagione, ho capito che sono predisposto fisicamente e mentalmente. Posso avere il mio spazio in questo mondo e quando sto bene, posso essere anche competitivo. A fine stagione stavo bene davvero. Entravo in gara convinto di poter lasciare il segno, con la stessa consapevolezza che avevo da junior. Il passare delle corse ti permette di conoscerti e di conoscere gli avversari, imparando a valutarli.

Quali sono dunque le tue caratteristiche?

In Francia mi avevano preso come scalatore, sul sito della squadra c’è scritto questo. Io non ne sono mai stato sicuro, ma mi reputo un corridore per corse dure, ma non con salite da un’ora. Strappi non troppo brevi e gare che alla fine diventano selettive. Mi piace quando rimaniamo in pochi (il sorriso si illumina, ndr).

Il 2022 sarà il secondo anno alla Groupama FDJ Conti: il finale di 2021 prima dell’incidente è stato notevole
Questo sarà il secondo anno alla Groupama FDJ Conti: il finale di 2021 prima dell’incidente è stato notevole
Il prossimo sarà un anno importante?

Decisamente sì. Al primo fai esperienza, al secondo rimani giovane, ma puoi provare a dire la tua. Vorrei fare la Liegi U23 e il Tour de Bretagne, che mi è rimasto sul groppone. La fine del 2021 può essere stata un assaggio di quello che verrà. Ho fatto una sola volta esperienza nella WorldTour, ma capiterà ancora. Ci ripetono spesso che se anche non sei subito vincente, ma hai qualità, ti fanno crescere e passare lo stesso.

Come si lavora con i francesi?

Abbiamo tre allenatori, il mio si chiama Joseph. Lui fa i programmi, dividendo fra bici e palestra. E quando siamo su, viene anche lui per seguire i nostri allenamenti e le cose funzionano meglio. Abbiamo nel dropbox un Training Book che contiene il piano della settimana, fra lavori di soglia, forza, riposo, distanze. C’è scritto quando devi usare i rulli e le zone fisiologiche di allenamento. Ogni giorno carichiamo i dati sulla piattaforma Intranet FDJ comune a continental e WorldTour. Lì dentro si può trovare cosa hanno fatto i singoli, più varie news della squadra. Ci sono le misure delle bici, puoi caricare i Covid test, trovi i documenti, i programmi, le comunicazioni.

Dove vivete?

Siamo tutti in appartamenti separati, sullo stesso piano ma divisi. Ognuno la sua cucina, poi magari capita che si mangi tutti insieme nella sala grande. Ripenso a quando eravamo in ritiro da juniores, che si cucinava insieme e c’era il bagno in comune. Su a nord sono più freddi, qua mi prendevano sempre in giro col fatto che fossi il terrone della squadra, ma lo trovavo divertente.

Ultimi giorni a casa, poi per Germani sarà tempo di andare in Francia, dove riceverà anche la nuova Lapierre
A breve Germani tornerà in Francia, dove riceverà anche la nuova Lapierre
Due mondi diversi…

Come fra compagni di scuola e compagni di lavoro. C’è più distacco…

Cosa dici di Madiot?

L’ho visto l’anno scorso in ritiro ad Alassio. Venne per conoscerci e fece uno dei suoi discorsi motivazionali da brividi, come li vedete su Youtube. Poi ci ha fatto presentare uno ad uno e io allora non parlavo francese e zoppicavo in inglese. Diventai rosso pomodoro, però alla fine lo feci. Adesso parlo bene sia francese sia inglese, tanto che i direttori sportivi a volte mi indicano come esempio. Credo che Marc verrà di nuovo a Calpe a febbraio.

Sembri molto attaccato alla tua terra…

Lo sono. Roccasecca mi è sempre stata a cuore sin da quando ero piccolo. Ogni volta che torno, è sempre bello. Ci sono gli amici. C’è il gruppo di allenamento. Un amico dice che sono come Valverde, che si allena con gli amatori della sua zona. Mi piace la compagnia, chiacchierare. Mi piacciono le mie salite, i miei percorsi. Quando torno è speciale, ma il tempo passa sempre troppo in fretta.

Il camino è a casa dei nonni, dove i fratelli Germani trascorrono parecchio tempo
Il camino è a casa dei nonni, dove i fratelli Germani trascorrono parecchio tempo

Cibo, sì grazie

Lorenzo cucina da sé i suoi pasti. Dice di non avere problemi col cibo, anche se nei primi tempi da junior, la tentazione di non mangiare per essere più magro l’aveva assalito. Dice che nelle squadre italiane è pieno di vecchi direttori che agitano teorie più vecchie di loro in materia di leggerezza e carboidrati. All’estero non è così, in Francia mangiano e vanno forte. Così anche lui mangia, consuma e va forte.

«Gli piacciono soprattutto le verdure – dice davanti al camino sua nonna Rina, mentre nonno Luigi annuisce – tutte quelle che produciamo su in campagna».

E’ uno di quei pomeriggi che non te ne andresti mai. Usciamo dalla casa con un sacchetto di olive, pomodorini e uova di quella campagna da favola di cui abbiamo tanto sentito parlare. Ora è tempo di pensare alle corse. E la curiosità di riallacciare il filo con Lorenzo ormai sta per esplodere.

San Tommaso dal monte lancia l’ultimo sguardo, il suo naso è veramente grande. Ci viene in mente una frase che il santo era solito ripetere: «Conosciti, accettati, superati». Forse senza saperlo, Lorenzo ne ha fatto il suo stile di vita.

Lapierre Xelius SL3, l’abbiamo vista al Tour

17.12.2021
9 min
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Lapierre Xelius SL3, ovvero la terza generazione della bicicletta che porta in dote il DNA dell’azienda transalpina. E’ stata protagonista al Tour de France e al mondiale con David Gaudu. La piattaforma Xelius SL3 è stata sviluppata anche grazie ai feedback del Team Groupama-FDJ, che ha richiesto un prodotto guidabile e versatile, leggero e veloce, dando la precedenza alla reattività piuttosto che ad una rigidità estremizzata. Si l’abbiamo vista al Tour de France 2021, alle Olimpiadi e anche al Mondiale in Belgio, ora ve la presentiamo in maniera ufficiale.

Gaudu nella tappa di Malaucene al TDF, sul Mont Ventoux, con la nuova Xelius SL3
Mont Ventoux al TDF, Gaudu e la nuova Xelius SL3

Xelius SL3, come è fatta

Un progetto iconico in termini di design, che mantiene una sorta di fil rouge con il passato, grazie prima di tutto ai due foderi obliqui completamente slegati dal piantone. Questo fattore tecnico non è solo un “vezzo” del designer. Tecnicamente comporta una distribuzione ottimale delle vibrazioni che provengono dal basso, fornisce aiuto nelle fasi di rilancio e alleggerisce la struttura.

Ma andiamo per ordine: Lapierre Xelius SL3 è un frame in carbonio, costruito grazie alla tecnologia monoscocca 3D Tubular. Significa che il telaio è ottenuto abbinando il triangolo principale a quello posteriore. Questo perché nelle due parti e le tubazioni che le compongono, in fase di preparazione nello stampo e di “cottura”, alloggia una sorta di mandrino in PP (polipropilene, anche in questo caso di nuova generazione, resistente e in grado di azzerare le eventuali deformità che si creano dentro i profilati). Lo stesso mandrino viene rimosso prima di abbinare le due sezioni. I vantaggi sono numerosi: una struttura integra e pulita, senza arricciature e materiale in eccesso, fino ad arrivare al perfetto abbinamento tra le differenti tipologie di carbonio. La qualità del prodotto finito è davvero elevata.

Una serie di punti chiave

L’evoluzione della piattaforma Lapierre Xelius e gli approfondimenti legati allo studio dei compositi hanno portato ad utilizzare una costruzione completamente rivoluzionata e anche una combinazione di tessuti compositi mai sperimentata in precedenza, denominata UD-SLI (UniDirectional-Super Light Innovation), comune a tutte le Xelius 2022. Di base il telaio è costruito facendo collimare più tessuti: T800 e HM40j, VHM-YS60 e il T1000. Ognuno di questi è applicato nei punti chiave con inclinazioni ben precise, in base al modulo del frame e alla taglia. Si perché ci sono tre moduli differenti (e anche in questo caso è stato eseguito un lavoro enorme e unico nel suo genere.

Tre moduli di carbonio differenti

  • Le biciclette complete di allestimento, dalla 5.0 fino alla 9.0 hanno il modulo definito standard.
  • Mentre i due kit telaio utilizzano l’alto modulo, con il suffisso LIGHT per le taglie più piccole (XS, S e M), quello STIFF per le due più grandi (L e XL). Non è un dettaglio secondario; i due frame maggiori sono stati rinforzati nei punti di maggiore flessione per garantire una performance strutturale paragonabile alle misure compatte. Una sorta di family feeling? In un certo senso è così.

I numeri della Lapierre Xelius SL3

La taglia M ha un valore alla bilancia (dichiarato) di: 845 grammi nel modulo SLI standard, 725 grammi per la SLI Light e 745 grammi per la SLI Stiff (la M Stiff è disponibile solo come riferimento per il team pro). Soli 20 grammi di differenza, ma una sostanziale diversità in termini prestazionali. La forcella ha un peso di 359 grammi nella versione dedicata al modulo più pregiato, 392 grammi per quello classico. Fondamentale è stato il windtunnel per sviluppare un progetto che è più efficiente nei termini aerodinamici, arrivando fino ad un +8,5% se comparato con il precedente SL2 (nelle tre angolazioni di riferimento, 0°, 10° e 20°, a tre velocità diverse, 40, 50 e 50 kmh). 

Mantenuto il GLP Concept

GLP, ovvero Gravity Lower Project, mutuato dalla mtb e che ha caratterizzato anche la Xelius SL2, presente nell’Aircode DRS (quella aerodinamica). Consiste nel collocare le masse verso il basso (cage delle borracce e batteria della trasmissione Shimano Di2), a favore della stabilità e dell’agilità. Anche grazie al GLP si è scelto di mantenere la scatola del movimento centrale PowerBox, asimmetrica e larga 86,5 millimetri con sedi press-fit. Il punto di congiunzione con i due profilati principali, obliqui e verticale, ha il design “Diamond Shape” e riprende fedelmente quello usato per la Aircode DRS. I foderi orizzontali del carro, per spessori e volumi sono stati completamente rivisti. I forcellini del retrotreno e la forcella (quest’ultima sempre full carbon con un’asola di passaggio interno della guaina idraulica) sono di matrice SpeedRelease e supportano il perno passante Mavic di questa natura. Il seat-post è rotondo e con diametro di 27,2 millimetri. L’avantreno ha lo sterzo con sedi da 1,5” e quella superiore ha dei volumi maggiorati. Lapierre Xelius SL3 supporta pneumatici fino a 32 millimetri. 

Più corta, nonostante un reach maggiore

Rispetto alla Xelius SL2 il profilato orizzontale è stato accorciato di 2/4 millimetri, in base alle taglie, ma il reach si è allungato. La bicicletta però, ha uno slooping maggiorato di 3 centimetri. Nel complesso c’é uno spostamento in avanti delle taglie. Un esempio: la M della SL3 corrisponde alla 49 ed in precedenza era la S. 

Gli allestimenti ed i prezzi

Sei i modelli di bici complete: SL 5.0 (2799 euro), SL 6.0 (3299 euro) e 7.0 (quest’ultima disponibile in due varianti cromatiche ad un prezzo di 4399 euro). La Lapierre Xelius SL3 8.0 (5399 euro) e 9.0 (7399 euro). Due invece i framekit (i prezzi verranno comunicati a breve), che comprendono telaio e forcella, perni passanti e serie sterzo, stem in alluminio (lo stesso dell’Aircode) e piega in carbonio, oltre al reggisella full carbon Lapierre zero off-set. Ma non finisce qui, perché nella giornata di Martedì 21 Dicembre, verrà rilasciata un’ulteriore novità, tecnicamente davvero interessante.

Le parole di Jérémy Roy

«Credo sia la Lapierre migliore di sempre, anche se è necessario ricordare che la capostipite di questa nuova famiglia di biciclette è la Aircode DRS. La Xelius SL3 è per certi versi il simbolo di una tecnica costruttiva completamente nuova, al quale si aggiunge un modo di pensare che non considera “solo” le estremizzazioni dei progetti e dei materiali. C’é il comfort e c’é la possibilità, da parte dell’atleta, di sfruttare il mezzo al massimo delle sue potenzialità, a prescindere dall’allestimento».

Jérémy Roy che ha pedalato con noi durante la prima fase della presentazione
Jérémy Roy che ha pedalato con noi durante la prima fase della presentazione

E poi Roy continua dicendo: «Questa Lapierre Xelius SL3 è molto apprezzata anche dai velocisti e dai passisiti, che normalmente “vogliono” le ruote con il profilo alto. Inoltre la SL3 vuole essere versatile e credo che proprio la versatilità sia una buona chiave di lettura in ottica futura». 

L’oscar di Malori: la posizione migliore ce l’ha Kung

25.11.2021
4 min
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Alla fine, dopo tanto osservare, raccontare e scrivere di altri, il “Malo” ha calato la maschera e si è lasciato scappare chi sia il corridore in circolazione che secondo lui è meglio messo sulla bici da crono. Rullo di tamburi: lo svizzero Stephen Kung, campione d’Europa a Trento, maglia Groupama-Fdj, bici Lapierre Aerostorm DRS.

«Adesso però – gli abbiamo intimato con tono fintamente minaccioso – ci dici il perché!». E siccome Adriano non aspettava altro, ecco un altro viaggio interessante in questo mondo di uomini spesso grandi, con grandi motori e la necessità di infilarsi nell’aria, malgrado appunto la loro stazza.

«Kung è alto 1,93 – osserva Malori – e pesa 83 chili, praticamente un altro Ganna. Però rispetto a Pippo è messo meglio, anche se poi il nostro fa la differenza per motore e sicurezza. Ma andiamo per gradi, così provo a spiegarvi la mia idea. La premessa però è sempre la stessa: in aerodinamica conta più essere stretti che bassi».

Giro di Romandia, prologo. Si notano i rialzi sotto le scodelle del manubrio e la posizione delle mani
Giro di Romandia, prologo. Si notano i rialzi sotto le scodelle del manubrio e la posizione delle mani

Le foto scorrono nello schermo e il ragionamento prende il largo, proprio partendo dalla doverosa premessa, in base alla quale Malori aveva stigmatizzato il tentativo della Deceuninck-Quick Step di abbassare troppo Mattia Cattaneo.

Da dove partiamo?

Dallo spessore sotto le protesi del manubrio. Si vede che fra il manubrio e le scodelle c’è parecchio spazio, ma le spalle sono strette e… guardano verso il basso. Sono ben incurvate. Inoltre tiene giù la testa, cercando di avvicinarla alle mani, facendo cuneo. Anche la posizione delle mani è ottima, con i polsi ruotati in avanti. Si vede che il manubrio gliel’hanno fatto su misura. E’ messo anche meglio di Ganna…

Non avevi sempre detto che Pippo è il top?

Non so se dipenda dalla ginnastica che fa, ma Kung è messo meglio con le spalle. Pippo ha spalle larghe e dritte, Kung ha una flessione molto migliore. Potrebbe anche dipendere semplicemente da madre natura, che ti fa più o meno flessibile. E ora guardiamo la foto laterale.

Eccola qua, cosa vedi?

La testa è incassata bene verso le scodelle ed è messo così in tutte le foto che ho trovato in rete, quindi vuol dire che è una posizione comoda e naturale. Le braccia hanno angolo di 90 gradi ed è retto anche quello fra braccio e tronco. Se guardate, forma un ovetto: la linea ideale fra testa, coda del casco e curva della schiena. Non è tanto sacrificato ed è tanto alto davanti, con il collo libero e la possibilità di muovere le spalle.

Non ti sembra un po’ basso di sella?

Quello è molto personale. A me ad esempio piaceva andare alto. Ci sono tante correnti di pensiero sulla migliore altezza di sella, ma nella crono c’è da valutare anche l’allungamento delle pedivelle che potrebbe variare e di conseguenza portare qualche variazione. Comunque per la posizione della schiena e delle braccia e per il modo in cui è compatto, mi sembra meglio anche di Van Aert.

E allora perché Ganna lo batte sempre?

Pippo magari non sarà la perfezione aerodinamica, ma a fronte di questo, ha tanti watt da spendere. D’altra parte non esiste la biomeccanica perfetta: va applicata e personalizzata. Ganna è comodo e va forte. E poi ha tanta testa…

E quella con l’aerodinamica c’entra meno, giusto?

Kung spesso stecca i grandi appuntamenti e può dipendere da questo. Se batti Ganna all’europeo, dieci giorni dopo non fai quarto al mondiale. Magari fai secondo, ma quarto… Forse ha sentito troppo l’appuntamento. Pippo ha una freddezza maturata ormai in anni di sfide ad alto livello, da quando a vent’anni ha vinto il primo mondiale di inseguimento. Kung è a questi livelli da 2-3 anni. Sappiamo quanto conta la testa nelle crono. E Ganna è uno che aggredisce le crono, le corre all’attacco. Come Pantani aggrediva le salite.

Favoino ci porta nel mondo Lapierre e della Pulsium SAT

12.09.2021
4 min
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Lapierre è sul viale centrale dell’Italian Bike Festival e nel mezzo del suo stand c’è la Pulsium Sat 5.0. E lì la nuova bici dall’anima endurance del brand francese domina la scena. A parlarcene, come vediamo anche nel video appena sotto, è Romano Favoino a capo di Lapierre Italia.

La Pulsium SAT…

La sigla Sat sta per Shock Absorption Technology. Questa tecnologia caratterizza la bici e il suo elemento chiave, vale a dire il supporto in polimeri tra piantone e orizzontale che smorza le vibrazioni (Lapierre stima una comodità ulteriore dell’11%). E poi geometrie meno aggressive rispetto alle specialissime votate all’agonismo e una fibra di carbonio specifica (unidirezionale 24T) fanno il resto. C’è anche le versione senza SAT più economica ma altrettanto valida, che è disponibile anche con freni tradizionali e non a disco.

Ma guai a pensare ad una bici lenta. La Pulsium resta performante. Tanto che c’è da chiedersi se Demare e compagni la useranno nella prossima Roubaix. «No – ride Favoino – per le pietre delle Roubaix abbiamo la Xelius che, nonostante sia una bici per scalatori, si adatta molto bene alle sconnessioni del pavè».

Lapierre e i pro’

E quest’ultima frase è emblematica per comprendere meglio le bici e Lapierre stessa. Questo brand è da tempo legato ai professionisti e ha un sistema produttivo particolare.

«Vero – afferma Favoino – quello tra Lapierre e, nel caso della strada, la Groupama-Fdj è un rapporto anomalo nel panorama del nostro settore, perché ormai il sodalizio vanta 20 anni di storia. Non è più solo un rapporto tra fornitore e squadra, ma è diventata una vera e propria sinergia.

«Ci capita spesso, quando andiamo nella sede centrale a Digione, di trovare il reparto tecnico della squadra insieme ai product manager dell’azienda per sviluppare le nuove biciclette. E’ un grosso vantaggio perché è chiaro che quando si ha un rapporto di così lungo periodo la squadra ha la possibilità di avere delle bici quanto più prestazionali possibili. Dalla sua, l’azienda ha la possibilità di usufruire di tutta l’esperienza nello sviluppo dei prodotti e di giovarsi della visibilità di una squadra professionistica di alto livello. Questo forse è il motivo per cui le nostre bici si differenziano rispetto alle altre. Hanno questi carri con foderi obliqui che vanno ad innestarsi direttamente sul piantone e rendono le bici più confortevoli e divertenti da guidare. Oppure sono super aerodinamiche con ore ed ore in galleria del vento con i corridori».

Quella volta con Guarnieri

Favoino ha parlato di sviluppo fatto a braccetto con i corridori. Jacopo Guarnieri in occasione della presentazione della Xelius ci disse Lapierre forniva loro tre prototipi prima di arrivare al modello definitivo con i loro tanti feedback.

«Una volta – racconta Favoino – Jacopo è venuto a trovarci nella nostra sede di Finale Ligure io gli ho chiesto in amicizia, e non come fornitore, un parere sincero da atleta. Gli ho chiesto come si fosse trovato con le nostre bici. Mi ha risposto: guarda Romano per la prima volta mi hanno chiesto come voglio la bici. E questo un po’ mi ha spiazzato. Un pro’ deve avere una bici per vincere. Poi non è facile riuscirci, ma noi vogliamo mettere i nostri atleti nelle migliori condizioni per poter esprimersi al massimo».

Ma Lapierre spesso ha stupito anche per alcuni suoi allestimenti. L’esempio dell’Aircode Drs è emblematico: una vera top di gamma, super veloce, con una tecnologia pazzesca, ma nel lancio è stata proposta senza il più alto gruppo, per esempio lo Shimano Ultegra al posto del Dura-Ace. Perché?

«Per il 2022 la Xelius, e non solo, sarà montata con il Dura-Ace. Ma quella del gruppo top di gamma è una richiesta strettamente legata al mercato italiano. All’estero già un Ultegra meccanico viene considerato di altissimo livello.I grossi numeri si fanno con l’Ultegra Di2. Anche perché bisogna ragionare in termini di rapporto tra peso e prestazioni con il prezzo. Conosciamo questa differenza e oggettivamente non sempre è giustificata. Fino ad una certa cifra la vendita è razionale, oltre è emozionale. Il che ci sta, perché devi comunque comprare una cosa che ti piace».

Lapierre

Lapierre Xelius Sl leggera ma anche aero. E se lo dice Guarnieri…

15.07.2021
6 min
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Spesso si dice, erroneamente: «Le bici sono tutte uguali». Dando per scontato criteri di ricerca e sviluppo e sulla realizzazione dei vari modelli. In realtà più ci addentriamo nel mondo del professionismo e più scopriamo che non è così. Di certo non lo è per Lapierre e la nuova Xelius Sl.

Già lo scorso anno quando ci trovammo di fronte alla nuova Aircode (la bici aero del brand francese) capimmo che non si trattava di una bici “banale”. Oltre alla presentazione, che avvenne al Italian Bike Festival in cui venivano spiegati i processi di sviluppo di questa bici, ad occhio nudo si potevano capire la cura per certi dettagli e il perché di certe soluzioni.

Sulla Xelius Sl i simboli di Lapierre e Groupama-Fdj
Sulla Xelius Sl i simboli di Lapierre e Groupama-Fdj

Xelius dal 2010…

Ebbene per il progetto Xelius si è andati oltre. O meglio, si è continuato su quel metodo, ma di fatto si è creata una bici senza compromessi. Xelius resta infatti il modello leggero, quello per gli scalatori, ma inevitabilmente ci sono state influenze aero. Come ormai si ha in tutti i settori del ciclismo.

La prima Lapierre Xelius è del 2010 e in questi undici anni ha raccolto successi in tutti e tre i grandi Giri, il Giro di Lombardia e diversi titoli nazionali. E così dopo tre anni dall’ultimo restyling ecco arrivare la Xelius Sl, lanciata in anteprima al Tour de France con i corridori della Groupama-FDJ. Anche se capitan Gaudu l’aveva già sfoggiata al Delfinato.

Leggera, aero, aggressiva

Come accennato: nonostante il peso leggero sia il dogma di questa bici, l’integrazione e l’aerodinamica sono i punti sui quali in Lapierre ci si è concentrati di più. Attacco e manubrio sono integrati fra loro. O meglio: a vista sembra un integrato totale, poi se si va a vedere la piega (flat) può ruotare all’interno dell’attacco. Una buona possibilità che supera il limite del manubrio integrato totale, pur mantenendo i vantaggi aero. A questo set si lega il passaggio dei cavi totalmente interno al manubrio, appunto, e al telaio. Un qualcosa che va anche a vantaggio della pulizia estetica.

Grazie all’utilizzo di una nuova fibra di carbonio, la Uhm (Ultra High Modulus), non solo diminuisce il peso, ma si è potuto variare un po’ le geometrie (che però Lapierre non fornisce) e le forme dei tubi senza compromettere la rigidità e la reattività. Anzi, queste sono state migliorate. Per esempio i tubi dei foderi alti (carro posteriore) sono adesso dritti, mentre nella precedente versione erano leggermente arcuati verso l’alto. Tubi dritti però fanno pensare ad una maggiore scomodità, in realtà, come scopriremo con Guarnieri, non è così. In più, le sezioni di: orizzontale, piantone, obliquo e appunto foderi alti sono tutte un po’ più grandi. Quindi più materiale, ma meno peso: pensate che carbonio!

Si è poi lavorato molto sull’avantreno. La forcella ha steli dritti e con forme (impercettibilmente) affusolate “a goccia”. In modo tale da far defluire meglio l’aria e ridurre le turbolenze. Nella nuova Xelius Sl si rivede molto dell’Aircode Drs. 

Guarnieri sulle Alpi con la Xelius Sl
Guarnieri sulle Alpi con la Xelius Sl

La vera prova su strada di Guarnieri

«Su tutte le bici – spiega Jacopo Guarnieri – c’è il nostro zampino. A noi davvero arrivano tre prototipi con tre carbonio diversi ciascuno. Da lì poi ecco che nel tempo subentrano nuove migliorie. Noi diamo agli ingegneri i nostri feedback e ogni volta arriva il prototipo successivo modificato. L’anno scorso Lapierre aveva presentato la bici aero, la Aircode Drs, mancava all’appello quella per gli scalatori, appunto la Xelius Sl.

«Una bici per scalatori che però è stata resa anche molto aero. Io che faccio parte dei velocisti e che uso molto l’Aircode Sl, posso dire che alle altissime velocità senti la differenza aerodinamica, altrimenti no. In salita la Xelius Sl è una signora bici, è molto leggera e si sente, ma devo dire che nonostante io non sia un peso leggero mi ha stupito la sua reattività. 

«E va molto bene anche in discesa. L’Aircode è veloce e stabile quando si scende forte, la Xelius però grazie alle sue geometrie più snelle è sicuramente più veloce nelle discese tecniche e guidate in quanto è più rapida nei cambi di direzione. E soprattutto ti perdona anche qualche errore di troppo. Ha un avantreno eccezionale.

«Nelle tappe alpine del Tour l’ho usata con le ruote Shimano Dura Ace C60 ed era davvero rigida».

E sulla comodità? Guarnieri  che è molto alto fa un’osservazione non banale.

«I miei compagni sentono molto la differenza di comodità rispetto all’Aircode, loro trovano la Xelius molto più comoda. Io invece l’avverto di meno. Sarà che con le Shimano C60 mi trovo molto bene…».

Il modus operandi di Lapierre

Ma se queste sono le specifiche tecniche, merita (e non poco) ascoltare le parole di Jacopo Guarnieri per quel che vi dicevamo in quanto a sviluppo e ricerca. E scoprire la bellezza della nascita di una bici Lapierre… e non solo della Xelius.

Guarnieri spiega come in linea di massima i velocisti e i passistoni abbiano contribuito allo sviluppo della Aircode mentre gli scalatori a quello della Xelius.

«Tanto per dire quanto siano importanti i nostri feedback e quanto ci tengano in Lapierre – conclude Guarnieri – Stefan Kung per la bici da crono ha provato tre prototipi solo per il portaborracce. E per ognuno ha svolto dei test in galleria del vento. Sviluppiamo le nostre bici soprattutto durante i training camp invernali. Demare in una settimana ha provato tre bici quest’anno. Avere la possibilità di essere parte attiva nello sviluppo non è poco per noi corridori. E alla fine tu corridore dici: ho una bici come voglio io e va “da Dio”. Quando ci consegnarono le Aircode Sl definitive inviai un messaggio di complimenti ai tecnici Lapierre».

Gaudu, adesso conta vincere una tappa. E oggi rischio neve

14.07.2021
4 min
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Erano arrivati a un soffio da Konrad, poi un po’ la discesa e un po’ la consapevolezza che quel Colbrelli a ruota somigliasse davvero a uno scorpione e come tale si stava gestendo, sta di fatto che Gaudu ha smesso di credere nella rincorsa e la possibilità di vincere la tappa si è chiusa lì. Il Tour fino a quel punto non era stato come nei suoi sogni, sebbene dalla sera di Tignes si fosse ritrovato leader indiscusso della squadra, senza più Demare con cui dividere lo spazio. Invece appena due giorni dopo, il Ventoux lo ha buttato al tappeto con la brutalità di cui è capace quella montagna nei giorni storti. Che sia stato il caldo o lo sforzo eccessivo, quel giorno il bretone della Groupama-Fdj si è trascinato fra crampi e attacchi di vomito, raggiungendo il traguardo 26 minuti dopo Van Aert. Era partito decimo della generale, quella sera non aveva più nulla da stringere fra le dita, se non la fede di potersi risollevare nella terza settimana. E la fuga di ieri, in qualche modo, è parsa una timida ripresa.

«Ci sono ancora tre grandi opportunità – diceva ieri alla partenza – e non ce le lasceremo scappare. Ora dovremo andare avanti ogni giorno per cercare la vittoria. Mi è sempre piaciuta la terza settimana dei grandi Giri».

Nel giorno di Malaucene, crisi nera sul Ventoux, mal di stomaco e 26 minuti di ritardo
Nel giorno di Malaucene, crisi nera sul Ventoux, mal di stomaco e 26 minuti di ritardo

Sorpresa Konrad

Quel che gli è mancata ieri è stata la capacità di crederci sino in fondo, unita allo scetticismo (tradito dallo stesso Colbrelli) sulle possibilità di Konrad, anche se il Tour nei giorni precedenti aveva offerto esempi analoghi andate in porto.

«Come sempre in questo Tour – ha raccontato dopo l’arrivo agli inviati de L’Equipe – è un’altra tappa partita a tutta. La fuga è partita dopo quasi 70 chilometri, ma si vedeva che potesse arrivare in fondo. Allora ho provato a infilarmici dentro, cercando anche di risparmiare un po’ di energie. Sono riuscito a fiutare lo scatto giusto. Avevo buone gambe. Però quando Konrad è partito da solo sul Portet d’Aspet, mi sono detto che comunque era davvero lontano dal traguardo. Invece alla fine ha avuto ragione lui».

Dopo la crisi del Ventoux, non è più tempo di stare con le mani nelle mani: da ieri Gaudu cerca la riscossa. Ora vuole vincere
Dopo la crisi del Ventoux, non è più tempo di stare con le mani nelle mani: da ieri Gaudu cerca la riscossa

Poca collaborazione

Eppure lo avevano preso. I 25 secondi in cima al passo, tristemente celebre per la caduta di Fabio Casartelli in quel giorno maledetto del 1995, erano un margine su cui si poteva lavorare gestendo lo sforzo con la testa e arrivando nella scia di Konrad nel finale.

«Sulla cima – dice – ho provato a rilanciare perché il gruppo non era salito abbastanza velocemente. Pensavo che saremmo rientrati, visto che con Colbrelli siamo arrivati a una trentina di secondi. Ma poi Sonny ha iniziato a collaborare di meno e proprio in quella fase, Konrad ha rilanciato e ha ripreso vantaggio. Ho avuto buone sensazioni per tutto il giorno, magra consolazione, ma avevo forza. Ora mancano due tappe per dare il massimo. Spero che il mio corpo riesca a recuperare bene e di poter attaccare ancora».

Nella tappa di Saint Gaudens, ha inseguito Konrad con Colbrelli, ma la possibilità di vincere la tappa è sfumata presto
Ieri ha inseguito Konrad con Colbrelli, ma la possibilità di vincere la tappa è sfumata presto

Prevista neve

Nonostante la batosta del Ventoux, Gaudu, ieri nono all’arrivo, è risalito all’11° posto della generale. Ma a questo punto la classifica non gli importa. L’obiettivo adesso è vincere una tappa, magari già oggi, sull’arrivo ai 2.209 metri del Col du Portet su cui le previsioni prevedono la neve.

«Mi piacciono i prossimi due arrivi – ha detto prima di rientrare nel pullman e sparire nei suoi pensieri – anche se il cuore propende per la tappa di Luz-Ardiden, mi fa pensare alla vittoria di Pinot sul Tourmalet nel 2019. Il ricordo di quel giorno è ancora pieno di emozioni».

Lapierre celebra i suoi 75 anni nel ciclismo

10.07.2021
3 min
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Il 2021 è un anno speciale per Lapierre, uno dei brand storici del ciclismo francese fondato nel lontano 1946 da Gaston Lapierre. Da allora l’azienda con base a Digione ha continuato a progettare e costruire biciclette di alta qualità e proprio in questi giorni ha festeggiato i 75 anni di attività.

La ricorrenza è stata doppiamente speciale in quanto ha coinciso con i 20 anni di collaborazione con Marc Madiot e con la sua Groupama-FDJ.

Marc Madiot, manager della Groupama-Fdj da anni con Lapierre
Marc Madiot, manager della Groupama-Fdj da anni con Lapierre

Una livrea speciale

Per festeggiare il doppio anniversario in casa Lapierre hanno deciso di fare le cose in grande. Dall’inizio del Tour de France è presente una grafica dorata su tutti i mezzi della squadra a partire dalle auto dei team manager, ai camion cucina e dei meccanici.

La stessa grafica è stata ripresa sul tubo piantone delle due specialissime in uso al team, l’Aircode DRS e la nuova Xelius SL. Stiamo parlando di due modelli top di gamma. L’Aircode DRS è stata pensata per i velocisti come Demare. La Xelius SL è invece la bici perfetta per gli scalatori come Pinot e Gaudu.

Una divisa celebrativa

In occasione del primo giorno di riposo del Tour, i ragazzi della Groupama-FDJ hanno indossato una divisa speciale realizzata appositamente da Alé, partner tecnico del team. Gaudu e compagni hanno così sfoggiato durante il loro allenamento defaticante un completo particolare (qui il video di lancio). Questo completo era formato da maglia e salopette in cui il color oro si andava a mixare in maniera perfetta con il nero, il grigio e il bianco per un risultato finale di massima eleganza. 

Le divise utilizzate dai ragazzi del team sono state poi messe in vendita e il ricavato donato in beneficenza. Per chi lo desidera è comunque possibile acquistare lo stesso completo sul sito ufficiale Lapierre oppure presso i principali rivenditori del marchio francese presenti in Europa al costo rispettivamente di 119,00 euro per la maglia e 129 euro per la salopette.

Lapierre

Lapierre Aerostrom DRS

Lapierre Aerostorm DRS, l’arma di Kung per le crono

28.05.2021
3 min
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Lapierre è uno storico marchio francese che da anni collabora con il Team Groupama-Fdj, che vede nelle sue fila corridori del calibro di Thibaut Pinot, Arnaud Demare e Stefan Kung. Proprio quest’ultimo è uno specialista delle cronometro, specialità in cui ha ottenuto numerose vittorie e piazzamenti di prestigio. La collaborazione con i ragazzi della Groupama-FDJ ha portato all’ultima evoluzione della Aerostorm DRS, la bicicletta da cronometro e da triathlon della casa francese.

Con i freni a disco

L’ultima versione dell’Aerostorm DRS è dotata di freni a disco idraulici, che sono stati perfettamente integrati nel design della bicicletta in modo da ottimizzare l’aerodinamica. Proprio l’aspetto aerodinamico è quello preponderante in questo tipo di bicicletta, non a caso DRS sta per Drag Reduction System. Per ottenere questo risultato i tecnici francesi hanno creato un telaio con il profilo dei tubi Naca (National Advisory Committee for Aeronautics) e Kamm Tail, vale a dire con la coda tronca. Questo tipo di profilo è dimostrato portare notevoli vantaggi per quel che riguarda la riduzione della resistenza all’aria.

L'ultima versione della Aerostorm DRS è con i freni a disco
L’ultima versione della Aerostorm DRS è con i freni a disco
L'ultima versione della Aerostorm DRS è con i freni a disco
L’ultima versione della Aerostorm DRS è con i freni a disco

Manubrio firmato Lapierre

Un elemento molto importante su cui si è lavorato molto è il cockpit aerodinamico in carbonio, con un profilo alare che aiuta a tagliare meglio l’aria e offre una base d’appoggio generosa e comoda nelle fasi di guida in cui il corridore è in presa alta. Inoltre, il cockpit realizzato da Lapierre permette il completo passaggio interno dei cavi per la massima pulizia frontale.

Il cockpit realizzato da Lapierre con le appendici di PRO
Il cockpit realizzato da Lapierre con le appendici di PRO
Il cockpit realizzato da Lapierre con le appendici di PRO
Il cockpit aerodinamico realizzato da Lapierre con le appendici di PRO

Una pinna al posteriore

Il design della Aerostorm DRS si caratterizza per un tubo verticale che segue il profilo della ruota posteriore con una piccola pinna posta appena sopra l’innesto con i foderi obliqui del carro. Proprio quest’ultimi nella parte alta si presentano come due piccole ali che favoriscono il flusso dell’aria. Da notare l’estrema compattezza del carro posteriore che è pensato per fornire la migliore reattività.

Lapierre Aerostorm DRS dietro
Ben visibile la pinna del tubo verticale e i foderi generosi
Lapierre Aerostorm DRS dietro
Sono ben visibili sia la pinna posteriore del tubo verticale che i foderi dal design generoso

Baricentro basso

Anche il reggisella è stato realizzato da Lapierre e oltre ad avere un design aerodinamico, permette un’ampia regolazione in avanzamento e arretramento della sella. Questo è un aspetto importante visto che i corridori cercano la massima efficienza di pedalata in sforzi come quelli della cronometro.

La geometria è stata pensata per dare al corridore un baricentro basso che dona una maggiore guidabilità della bicicletta e una posizione aggressiva pensata per ridurre al minimo l’impatto dell’aria.

Lapierre Aerostorm DRS 3/4
Le ruote DT Swiss profilo differenziato
Lapierre Aerostorm DRS 3/4
Baricentro basso e ruote DT Swiss con profilo differenziato

Ruote con profili differenti

Il modello che vediamo nelle foto viene equipaggiato con lo Shimano Ultegra Di2, appendici firmate da PRO, sella Prologo Dimension Tri e le ruote DT Swiss ARC 1100 Dicut Carbon. Nello specifico è stato scelto di montare una ruota con profilo di 80 millimetri al posteriore e di 62 millimetri all’anteriore, una scelta che vuole favorire la guidabilità con un profilo più basso davanti e la ricerca della massima velocità con il profilo alto posteriore. Per finire forniamo il prezzo, che è di 6.999,00 euro.

lapierrebikes.com