Colleoni 2022, l’argento vivo e un posto al sole

04.01.2022
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Kevin Colleoni è di buon umore e si sente. Il 2021 gli ha lasciato un buon sapore in bocca. E anche se le cose possono sempre andar meglio, aver capito che questo può essere davvero il suo lavoro gli ha messo addosso l’argento vivo e tanta voglia di fare. Le vacanze sono ormai alle spalle. Un po’ ha staccato, racconta, ma dal 21 dicembre (data di rientro dal ritiro spagnolo) la bici c’è stata sempre.

«Diciamo che il primo anno è stato molto difficile all’inizio – spiega – per capire i ritmi e come comportarsi con i compagni. Poi è andata sempre meglio. Sono aumentati i carichi di lavoro e anche in questo mi sento migliorato. Dopo l’estate fare sei ore a buon ritmo ha smesso di essere una croce. Non è mai facile, ma adesso le gestisco meglio. Al Lombardia ho impiegato 6 ore 20’ a un ritmo che a inizio anno non avrei mai pensato di poter reggere. Aver corso con continuità ha dato i suoi frutti».

Colleoni inizia la seconda stagione da pro’. E’ passato dopo 3 anni da U23 (foto BEX Media)
Colleoni inizia la seconda stagione da pro’. E’ passato dopo 3 anni da U23 (foto BEX Media)
Proprio parlando con il tuo… gemello Conca, si ragionava sul fatto che doversi fermare spesso per problemi sia un grosso guaio…

Lo confermo. Ho avuto un paio di problemi intestinali al Delfinato e al Sazka Tour in Repubblica Ceca che mi hanno un po’ rallentato. Però per il resto è andata bene. Ha ragione Filippo, serve continuità. Finire corse a tappe in serie, anche solo di una settimana, dà un’ottima condizione.

Hai lavorato su corse o aspetti specifici?

E’ stato un lavorare in generale, per la squadra e di riflesso per me. Ho fatto sette corse a tappe e fra inizio e fine stagione ho visto che il recupero è migliorato molto. Quest’anno potremo capire dove concentrarci di più. In questo momento mi sento a mio agio su durate di 5-6 giorni. Rispetto ai primi mesi, non sono più stato ogni giorno al limite.

Da dove riparti?

Da Mallorca, non so ancora a quali prove prenderò parte. Poi Oman e un primo stacco di due settimane per andare in altura. Da lì ci saranno la Milano-Torino, Per Sempre Alfredo e la Settimana Coppi e Bartali.

Al Gp Indurain di aprile, Colleoni ha lottato su ogni salita, chiudendo 22°
Al Gp Indurain di aprile ha lottato su ogni salita, chiudendo 22°
Come va con questo andirivieni dalle alte quote?

Mi trovo bene in genere con i ritiri, anche quello di dicembre e quello della settimana prossima in Spagna. In altura si va divisi in piccoli gruppi. Sei o sette corridori con un obiettivo in comune. L’allenamento in quota funziona, non so ancora se andremo a Sierra Nevada oppure Andorra. Sono 10-12 giorni, poi si scende e si corre. Mi riadatto abbastanza facilmente, ho bisogno di un paio di corse di rodaggio. Ad esempio la Milano-Torino e la corsa di Martini serviranno per il primo obiettivo che sarà la Coppi e Bartali.

Si parla di debuttare in un grande Giro?

Quest’anno sì. Sono riserva al Giro, per il quale c’è una lista più ampia, mentre per la Vuelta c’è il mio posto pronto. Bisognerà vedere come va la stagione.

Ti senti a tuo agio in corse di 5-6 giorni, come si vive l’idea di tre settimane di gara?

Come una sfida. Ho parlato con altri corridori e con i tecnici. Un grande Giro è quello che serve per cambiare il motore. L’obiettivo è finirlo, lavorare per la squadra, arrivare in fondo.

Per le nuove maglie, il team australiano è passato all’azzurro (foto BEX Media)
Per le nuove maglie, il team australiano è passato all’azzurro (foto BEX Media)
C’è chi passa da junior, tu pensi di aver avuto il giusto avvicinamento?

Credo di aver fatto i passi giusti, con i miei tre anni da U23, anche se il 2020 è stato turbolento e si è corso poco per il Covid (Kevin si è piazzato al 3° posto al Giro U23, ndr). Rifarei tutto. Potevo passare a fine 2019, ma sarebbe stato presto. I tre anni sono serviti per passare e non soffrire troppo. E resterà la domanda se avrei avuto un miglior adattamento con un 2020 normale.

La squadra sta cambiando, Brent Copeland sta dando il suo tocco…

Si vede abbastanza nettamente. Nello staff ci sono stati parecchi inserimenti interessanti. C’è più attenzione su alcuni aspetti e credo che alla lunga se ne vedranno i risultati.

L’arrivo di Laura Martinelli come nutrizionista ha aggiunto qualcosa?

Laura ha stravolto tutto, in senso buono ovviamente. Credo che sarà difficile starci dentro soprattutto per gli australiani. Ha dato un’impostazione più rigida. C’era l’abitudine di un buffet in cui tutti prendevano quel che volevano, adesso ognuno ha il suo pasto in base al consumo calorico, al tipo di corsa, al dispendio energetico. Inizialmente magari è difficile prendere il ritmo, ma sono sicuro che alla lunga darà ottimi risultati.

L’ultima corsa del 2021 per Colleoni è stata la Veneto Classic, chiusa in 37ª posizione
L’ultima corsa del 2021 è stata la Veneto Classic, chiusa in 37ª posizione
E’ cambiata anche la bici: cosa ti sembra della Giant?

Sensazioni tanto diverse dalla Bianchi. Mi trovo bene, qualche misura è cambiata perché le geometrie sono diverse, ma mi sembra ottima per correre. In attesa delle corse, più di tanto non si può dire. Mentre a dicembre abbiamo provato quella da crono e a gennaio può darsi che andremo in pista a Valencia per fare qualche prova e mettere a punto la posizione.

Sembri motivato…

Lo sono molto, è vero. Vorrei fare bene, ritagliarmi il mio angolo, anche se già qualche occasione l’ho avuta. Ci sono stati giorni come il Lombardia in cui mi sono sentito bene, in cui ero sopra alla mia media stagionale. Dico di aver visto i miglioramenti perché in allenamento i numeri sono migliorati e in corsa, forse anche grazie all’adrenalina, si riesce a dare di più

Colleoni al fianco di Yates: «Tirando si impara…»

27.04.2021
4 min
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Al Tour of the Alps gli è toccato tirare: pratica assai diffusa e salutare tra i corridori più giovani, soprattutto se in squadra hai un certo Simon Yates, che la maglia di leader l’ha portata sino in fondo. E così Kevin Colleoni ha cominciato a dare uno spessore più solido alla sua carriera, partecipando alla vittoria di squadra senza mai tirarsi indietro. A 21 anni, se non ti chiami Pogacar o Evenepoel, per diventare grandi serve anche questo tipo di lavoro, che ti consente di mettere nelle gambe i giusti chilometri e giorno dopo giorno di crescere nella convinzione e sul piano fisiologico.

«E’ dura, sicuramente è dura – diceva alla partenza del terzo giorno, all’indomani della tappa e della maglia di Yates – siamo riusciti a prendere la maglia di leader e adesso dobbiamo controllare. Ma devo dire che veder arrivare sul pullman Simon dopo la vittoria mi ha dato tanto morale. Davvero una marcia in più».

Colleoni con Nieve e il Team Bike Exchange nel fretto della prima tappa al Tou of the Alps
Con Nieve e il Team Bike Exchange nel fretto della prima tappa al Tou of the Alps

Un peso in meno

A volerla leggere con attenzione, la sua convocazione per la corsa italo-austriaca ha tanto il sapore della promozione sul campo. Se al Uae Tour e poi alla Settimana Coppi e Bartali si poteva trattare di una messa alla prova senza particolari obblighi, la presenza nel team che già dalla partenza avrebbe dovuto scortare Yates verso la vittoria fa pensare che sul piano della solidità Kevin abbia già convinto i nuovi datori di lavoro.

«Comunque sia, ci vuole tempo – dice – perché comunque è un altro ritmo. Per stare in salita con i migliori c’è da lavorare molto, ma il fatto di essere di aiuto per la squadra offre uno stimolo per lavorare con il massimo impegno. E tutto sommato il fatto di avere un compito da svolgere è un peso in meno rispetto a quando nelle categorie minori mi veniva chiesto di fare la corsa. Qua aiutare è l’unica cosa che si può fare, perché si va veramente forte e si dà il massimo per aiutare la squadra».

Il manubrio di Colleoni come un roadbook, con tutte le cose da sapere
Il manubrio come un roadbook, con tutte le cose da sapere

La condizione cresce

Il prossimo passaggio potrebbe però vedere mezzo riflettore puntato sul bergamasco che per la preparazione viene seguito personalmente da Marco Pinotti, che da quest’anno è uno dei coach della squadra australiana.

«Finora ho sempre fatto corse da 5 giorni – spiega – così quando torno a casa, gli allenamenti sono fatti di 3-4 giorni di recupero e poi si riparte. E poi ci sono le corse. La corsa a tappe ad esempio dà condizione, però serve tempo anche per recuperare. E tutto questo pian piano mi fa migliorare. Da adesso in avanti, ci prepareremo per corse più lunghe, di una settimana e poi vedremo di fare il punto. Il mio prossimo impegno sarà il Giro d’Ungheria e poi vedremo di fare bene al Giro del Delfinato. Quindi ci sarà un periodo di stacco e poi gli italiani e poi si parlerà del finale di stagione».

Colleoni con Julien Simon al Gp Indurain: sarà 22°, migliore dei suoi
Con Julien Simon al Gp Indurain: sarà 22°, migliore dei suoi

Il suo spazio

E’ presto per valutare se ad agosto Kevin sarà convocato per la Vuelta, quantomeno dice di non averne un’idea. In ogni caso il Delfinato, per il livello del gruppo in queste ultime settimane, sarà indubbiamente un passaggio impegnativo e prestigioso.

«Finora ho aiutato Yates e mi sta bene così – dice – ma credo che qualora se ne presentasse l’occasione, avrò anche il mio spazio. Nelle corse di inizio anno mi hanno lasciato la mia libertà, però è ovvio che per avere carta bianca, bisogna andar forte e quindi c’è da lavorare ancora tanto».

Con 19 giorni di corsa e tre piazzamenti nei 10 alla Settimana Coppi e Bartali, ora Colleoni tirerà un po’ il fiato a casa, poi dal 12 al 16 maggio sarà in gara al Giro d’Ungheria. E chissà che da quelle parti non si possa incidere la prima tacca…

Team Bike Exchange: si riparte con un solo Yates

20.04.2021
3 min
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Anno di grandi cambiamenti per la società australiana, che ha preso il nome di Team Bike Exchange, dallo sponsor tecnico (saluti a Scott e passaggio alla Bianchi), fino all’impostazione stessa della squadra. L’addio di Adam Yates è molto pesante, ridisegna completamente gli equilibri del team ed è arrivato oltretutto nell’ultimissima parte del ciclomercato in maniera un po’ inattesa, soprattutto per la destinazione del britannico, gli odiati… cugini della Ineos. La separazione dei due fratelli Yates rappresenta una scelta ben precisa, quella di dare maggiori responsabilità a quello rimasto, Simon, che ha dovuto cucirsi sulle spalle i gradi di capitano per ogni grande Giro.

Tour of the Alps, Simon Yates vince da solo la 2ª tappa
Tour of the Alps, Simon Yates vince da solo la 2ª tappa

Rinforzo Matthews

I responsabili della Bike Exchange hanno pensato bene di riscrivere le caratteristiche del team, per renderlo competitivo in ogni situazione. L’arrivo di Michael Matthews porta grandissima qualità nelle corse di un giorno, soprattutto per le grandi classiche, grazie all’australiano che è un interprete di prim’ordine sia per quelle veloci che per quelle altimetricamente più impegnative.

Con Kangert invece si dà maggior corpo alla squadra per garantire copertura alle punte in montagna, aggiungendo spessore al lavoro di gente come Nieve e Meyer, mentre Chaves resta l’uomo per i colpi di mano, una funzione che sembra avergli ridato fiducia come si è visto nel 2020.

Alla Gand-Wevelgem 2021, grande lavoro per Michael Matthews
Alla Gand-Wevelgem 2021, grande lavoro per Michael Matthews

Colleoni in rampa

Con grande curiosità sono attesi poi i primi passi fra i professionisti del “figlio d’arte” Kevin Colleoni, considerato uno dei prospetti più promettenti non solo del movimento italiano, corridore che nelle prospettive del team australiano potrebbe un domani raccogliere l’eredità di Adam Yates come leader nelle corse a tappe.

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Hans J.J.BauerTakakaNzl07.04.19852010
Samuel J.R.BewleyRotoruaNzl22.07.19872012
Brent BookwalterAlbuquerqueUsa16.02.19842008
J.Esteban Chaves RubioBogotàCol17.01.19902011
Kevin ColleoniPonte S.PietroIta11.11.19992021
Luke DurbridgeGreenmountAus09.04.19912012
Alexander J.L.EdmonsonTiriAus22.12.19932016
Tsgabu Gebremaryam GrmayMacalléEth25.08.19912012
Kaden GrovesBrisbaneAus23.12.19982020
Lucas HamiltonAraratAus12.02.19962017
Michael HepburnBrisbaneAus17.08.19912012
Damien HowsonAdelaideAus13.08.19922014
Amund Grohdahl JansenNesNor11.02.19942017
Christopher JensenWaldsteinDen06.07.19892012
Tanel KangertVandraEst11.03.19872008
Alexander KonychevVeronaIta25.07.19982020
Michael MatthewsCanberraAus26.09.19902011
Cameron MeyerViveashAus11.01.19882009
Luka MezgecKranjSlo27.06.19882011
Mikel Nieve IturraldeLeitzaEsp26.05.19842009
Barnabas PeakBudapestHun29.11.19982020
Nicholas SchultzBrisbaneAus13.09.19942017
Callum ScotsonGawlerAus10.08.19962019
Dion SmithTauakiNzl03.03.19932016
Robert StannardSydneyAus16.09.19982019
Simon Philip YatesBuryGbr07.08.19922014
Andrey ZeitsPavlodarKaz14.12.19862008

DIRIGENTI

Brent CopelandRsaGeneral Manager
Matthew WhiteAusDirettore Sportivo
Vittorio AlgeriItaDirettore Sportivo
Gene BatesAusDirettore Sportivo
Julian DeanNzlDirettore Sportivo
Mathew HaymanAusDirettore Sportivo
David Mc ParlandAusDirettore Sportivo
Marco PinottiItaDirettore Sportivo
Andrew SmithRsaDirettore Sportivo
Matthew WilsonAusDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Il team australiano, che ha cambiato nome ma non proprietà, corre da quest’anno su bici Bianchi: un ritorno, visto che al debutto del gruppo al professionismo proprio da Bianchi si partì. I corridori hanno a disposizione modelli Oltre XR4, Specialissima e Aquila CV: le prime due sono dedicate alle gare in linea, mentre la terza è per le cronometro. L’equipaggiamento è Shimano, gli pneumatici Pirelli.

CONTATTI

TEAM BIKE EXCHANGE (Aus)

Via Ginevra 5, 69 Lugano (SUI)

contact@greenedgecycling.comwww.greenedgecycling.com

Facebook: @GreenEdgeCycling

Twitter: @GreenEDGEteam

Instagram: greenedgecycling

Coach Pinotti ci presenta Colleoni

06.02.2021
5 min
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Marco Pinotti e Kevin Colleoni, una storia tutta italiana, anzi bergamasca. L’ingegnere volante grande ex cronoman, è oggi uno dei preparatori del Team BikeExchange, la squadra che, fatalità, annovera nelle sue fila anche il giovane Kevin. Sono quindi allenatore e allievo.

I due abitano ad una manciata di chilometri di distanza, ma si conoscono di persona solo da pochi mesi.

E’ così Marco?

Esatto. Seguivo Kevin già da un paio di anni, ma non ci eravamo visti di persona. Poi una volta arrivato con noi me lo hanno affidato sia per una vicinanza fisica che di linguaggio. Vedendo i suoi risultati, lo avevo segnalato alla squadra già nel 2019, anche se fosse andato altrove. Nel 2020 si è confermato e quando ho saputo che il Team BikeExchange lo aveva preso sono stato contento: un ragazzo vicino di casa, italiano e bergamasco. Inoltre lui era con Milesi, che conosco bene e di cui mi fido, e che ho sentito quando avevo qualche dubbio, per conoscere meglio le caratteristiche di Kevin.

Cosa gli hai chiesto?

Che tipo di allenamento avesse fatto… Non volevo stravolgere la preparazione del ragazzo. Okay analizzare i dati, ma sapere come sopporta i carichi, come reagisce ai lavori è importante. La preparazione deve essere un’evoluzione. Se prima faceva 80, adesso fa 85. Non 120, non sarebbe giusto nel lungo termine.

Kevin Colleoni battuto in volata ad Extragiro da Aleotti (al centro) e Conca (a sinistra)
Kevin Colleoni battuto in volata ad Extragiro da Aleotti
Hai parlato di caratteristiche, quali sono per te quelle di Colleoni, per quel poco che hai visto chiaramente?

Resistenza e recupero – risponde in modo netto Pinotti – difficile dire adesso se sia o meno da corse a tappe il fatto che recuperi bene però è un indizio. Colleoni ha un buon rapporto peso/potenza specialmente sugli sforzi di 20′-25′, non è veloce ma nel complesso si difende bene. Per me rientra nella categoria dei passisti-scalatori. Non è leggero in senso assoluto, ma rispetto alla sua altezza (1,80 metri, ndr) dovrebbe andare forte in salita.

E’ in base a questo “screening” che con la BikeExchange avete deciso di fargli fare più corse a tappe, anche se piccole?

Sì, per questi dati e perché è nella vocazione del team. Dovrebbe fare solo Larciano, come corsa di un giorno in questa prima parte di stagione. Partirà dall’UAE Tour. Dovrebbe fare il Coppi e Bartali e l’Ungheria. Comunque è un calendario soggetto a cambiamenti, va preso con le molle. Doveva partire con Mallorca e poi fare altura, ma io ho preferito farlo correre.

Colleoni in ritiro in Spagna (foto Team BikExchange)
Colleoni in ritiro in Spagna (foto teambikeexchange)
Perché?

Perché così avrà modo di misurarsi, avere dei feedback più attendibili. In fin dei conti ha fatto un bell’inverno, si è allenato bene nonostante il meteo… Inoltre gli under 23 hanno corso poco lo scorso anno e così quando mi hanno chiesto se potesse correre l’UAE Tour ho detto di sì, meglio che gareggi. Kevin è pronto a debuttare nel WorldTour. Questa non è partita come una stagione normale e per me ogni occasione che si ha per correre va sfruttata. Colleoni rischiava che la prima competizione sarebbe davvero stato il Coppi e Bartali. All’UAE Tour ci sono due arrivi in salita, uno più duro e un più facile, una crono e potrà aiutare il team nelle volate. Si farà le ossa e sarà un bel “reality check”.

Hai parlato della crono, il territorio di Pinotti! Abbiamo visto che in ritiro in Spagna hanno fatto 7 ore e l’hanno usata, ma non per tutte e sette le ore…

No, no…

Eh infatti ci sembrava parecchio!

Hanno fatto le prime due ore con la bici da crono, poi sono tornati in albergo e hanno preso quella da strada per altre cinque ore e mezzo. In Spagna hanno fatto molto volume, un po’ per fare la base aerobica vera e propria e un po’ perché abbiamo in mente le corse a tappe. Comunque ho chiesto io di fare i lavori con la bici da crono.

Ma perché le due ore iniziali e non quelle finali come si usa normalmente?

Bella osservazione – esclama Pinotti – se ci pensi non fai una crono partendo stanco quindi mi sembra più logico usare questa bici con con i muscoli e la mente più freschi. Anche perché dopo 5 ore il muscolo si accorcia. E’ una “simulazione” migliore.

Colleoni alle prese con i test a crono nel velodromo di Valencia insieme a Pinotti
Colleoni alle prese con i test a crono nel velodromo di Valencia
Secondo te Colleoni è portato per la crono? Da junior vinse una cronoscalata davanti a Bagioli. E’ vero che una rondine non fa primavera, ma è un buon indizio…

Per me Kevin è predisposto alla crono anche mentalmente. E’ pronto a soffrire. Per ora fa fatica, ma è consapevole che questo è un passaggio obbligato. Se batte Bagioli significa che ha una predisposizione naturale per questo tipo di sforzo.

Cosa ti ha colpito di più di questo ragazzo?

La tranquillità. Sempre pacato, un metronomo negli allenamenti, preciso, anche nel caricare i file delle sedute. Fa il suo lavoro indipendentemente dai fattori esterni, come il meteo… E poi ha preso bene l’aumento dei volumi di lavoro.

Tu lo segui in allenamento? Magari anche in bici quando lui fa scarico?

Siamo andati insieme a fare il test del lattato. Voglio seguirlo negli allenamenti a crono per vedere se tiene la posizione dopo le ripetute. Comunque sì: l’obiettivo è quello di poterlo seguire dal vivo.

Siete entrambi bergamaschi, delle stesse zone, avrete anche i percorsi e le salite test uguali. Potrai capire meglio certi numeri…

Kevin vive tra Bergamo e Lecco, a Calusco, e qui la salita simbolo è la Roncola, un po’ come il monte Serra per i toscani. E’ una salita dura e i test li fa lì. Per ora non li ha mai fatti massimali, ma già da under 23 i tempi erano ottimi.

E ti ha battuto?

Eh, penso di sì!

Kevin scalda i motori per il debutto negli Emirati

03.02.2021
4 min
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Kevin Colleoni – come pure Filippo Conca, suo… gemello per tre anni alla Biesse-Arvediè tornato da poco dal primo training camp tra i professionisti. Anche lui in Spagna e anche lui in una squadra WorldTour, il Team Bike Exchange, dopo aver optato in un primo momento per la Androni Giocattoli-Sidermec. E le cose sono andate bene, forse meglio di quanto si aspettasse.

Di lui avevamo parlato nei giorni scorsi con Imelda Chiappa, sua madre, ricordando le origini della passione per la bicicletta, ma ora che il bergamasco sta muovendo i primi passi nel ciclismo che conta, la palla passa a lui e presto anche le sue esperienze agonistiche saranno sempre più lontane da quelle della mamma argento olimpico.

Kevin Colleoni, Giovanni Aleotti, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Kevin con Aleotti al traguardo di Aprica, dopo aver provato a far saltare il banco del Giro d’Italia U23 sul Mortirolo
Kevin Colleoni, Giovanni Aleotti, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Ultima tappa del Giro U23, Kevin con Aleotti, dopo l’attacco sul Mortirolo
Vi eravate già incontrati con la squadra?

Ci eravamo già visti a Varese alla fine dell’anno per fare le visite e prendere le bici, ma il ritiro è stato una nuova dimensione. Ci siamo trovati a Oliva, dopo che l’anno scorso con la Biesse eravamo stati in Liguria.

La differenza principale?

In Liguria era comunque freddo, meno che a Bergamo ma freddo. In Spagna ci si allena in pantaloncini, che fa una bella differenza.

Un salto nel buio?

Conoscevo soltanto Konychev, ma ero in camera con Tsgabu Grmay. Quello che è saltato subito agli occhi è stata la diversa organizzazione. Anche il modo di allenarci mi ha colpito, dovuto forse al fatto che dovevamo iniziare fra Mallorca, Murcia e la Valenciana, che sono saltate, per cui inizialmente abbiamo fatto tante ore ma senza lavori specifici, che sono iniziati in un secondo momento.

Ti hanno assegnato un preparatore con cui lavorare?

Marco Pinotti, che non conoscevo di persona, ma abita a 15 chilometri da casa mia. E’ bravo, si vede che ha esperienza. Abbiamo fatto dei test sulla bici da crono nel velodromo di Valencia, ma prima di arrivarci abbiamo fatto la posizione sui rulli, quindi una fase di adattamento su strada e il riscontro finale in pista. Rispetto allo scorso anno, credo di aver mantenuto uguale soltanto l’altezza di sella, per il resto fra la Pinarello e la Bianchi del team ci sono angoli diversi e di conseguenza anche la posizione non sarà identica.

Nel velodromo di Valencia, anche per Kevin la fase finale dei test per la crono
Nel velodromo di Valencia la fase finale dei test per la crono
Hai parlato di lavori specifici…

Quando ho cominciato mancava un mese alla prima corsa, che per me sarà lo Uae Tour (21-27 febbraio, ndr) e oltre al fatto di aver aumentato le ore, i lavori sono diversi da quelli che facevo prima. Le ripetute sono di più e più lunghe. I lavori di 10 minuti ora sono di 20, con diversi tempi di recupero.

Hai già a casa la bici da crono?

Sì, in realtà ce l’avevo anche l’anno scorso e un po’ la usavo, ma ad esempio mai per fare lavori specifici. In ritiro, tolta la fase in pista, la abbiamo usata durante i lunghi per provare la posizione. Se capitava di fare un’uscita di 7 ore, ci mettevamo dentro una porzione sulla bici da crono. Ma con Pinotti questo è un fronte su cui lavorerò tanto.

Cosa ti è parso dell’ambiente?

Siamo tanti, ma credo di aver conosciuto quasi tutti. Nessuno se ne stava sulle sue. Con Yates ho cenato una sera allo stesso tavolo ed è parso di parlare con un amico, nonostante fosse la prima volta. Chaves si vede che è una brava persona e anche alla buona. Vederli lì accanto le prime volte un po’ è stato emozionante.

Brent Copeland, che è il manager del team, parlando di te ha individuato da subito un probabile futuro nelle corse a tappe.

E’ quello di cui abbiamo parlato, confermo. E il mio calendario infatti avrà soprattutto corse di questo tipo, sia pure minori. E’ chiaro che andrò soprattutto per fare esperienza, ma con l’idea di mettermi alla prova. Cominciamo dallo Uae Tour, non vedo l’ora.

Imelda d’Atlanta, mamma di Kevin

01.02.2021
6 min
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Imelda sfrecciò sul traguardo di Atlanta con lo sguardo sfinito e l’argento olimpico al collo. Chi c’era ricorda che la bergamasca non sapeva se gioire o prendere a pugni il manubrio. La Longo e il suo oro erano sempre rimasti a tiro, ma non c’era stato verso di acchiapparla. In volata, sarebbe stato quasi certamente trionfo azzurro, dopo gli ori su pista di Martinello, Collinelli e Bellutti e a quello della mountain bike di Paola Pezzo.

Sono passati 25 anni, su Atlanta e quel clima surreale di controlli e antiterrorismo è stato girato anche un film, mentre Imelda Chiappa è mamma di due figli. Uno grande, che dello sport non ha mai voluto sentir parlare. E uno un po’ più piccolo, nato agli sgoccioli della sua carriera, che è appena passato professionista al Team Bike Exchange: Kevin Colleoni.

A voi non è ancora venuta la curiosità di sapere in che modo le loro storie ciclistiche si siano intrecciati a quella familiare, da quando Imelda ha passato il testimone?

«In realtà – sorride lei – io non ho mai smesso. Al di fuori del periodo stretto della maternità, ero un’atleta e fino al settimo mese ero in palestra. Ho sempre fatto sport. Con il primo figlio ho corso per sette anni. Quando poi è nato Kevin, ero tesserata con l’Edil Savino. Dissi che avrei corso per capire se fossi ancora all’altezza, ma mi sarei fermata se avessi avuto un altro bimbo. E così fu. Con il primo mi ero reso conto di quanto fosse complicato fare la mamma e anche l’atleta, così decisi di dedicarmi alla famiglia. Ma non ho rammarichi. Negli anni successivi non ho mai partecipato a una Gran Fondo, ma esco tutti i giorni, salvo che non ci sia qualche impegno. Vado con i soliti amici e con il solito agonismo. Se vedo un uomo, devo staccarlo. Non vado affatto piano…».

Nel 2020 ha seguito Kevin quando si è potuto, compreso il Giro
Nel 2020 ha seguito Kevin quando si è potuto, compreso il Giro
Sempre così motivata?

Ho iniziato tardi, a 16 anni, anche per un incidente che da ragazza mi costò tibia e perone. Ho vinto 94 gare da elite, si vede che ero portata per questo sport. Ma prima non sapevo che ci fosse il ciclismo anche per le donne. Andavo al bar della Roberta Bonanomi con mio padre e lei aveva già cominciato. Così ci provai anch’io. Qualsiasi sport facessi ero molto competitiva, sempre in lotta con i maschietti. Ai Giochi della Gioventù era sempre una battaglia. Non c’è mai stato un giorno senza sport. Per cui quando ho cominciato, ero già pronta. Dovevo solo imparare ad andare in bicicletta. Ero davvero imbranata. Facevo le curve con il pedale giù e cadevo. Ci andavo in bici, ma con quella da donna.

C’è qualche vittoria che ricordi più delle altre?

Tutte belle, perché me le sono sempre sudate. Mi piaceva attaccare. Il mio diesse Sottocornola faceva le tattiche, ma si rendeva conto che fosse impossibile gestirmi. Ne ridiamo ancora. Quando poi ero con la nazionale, esageravo sempre. Ma era un altro ciclismo. Mi allenavo da me, non ho avuto il cardio se non gli ultimi due anni. Quando arrivò come tecnico Broccardo, ci portò qualche volta a Roma all’Acqua Acetosa per fare dei test. Ero uno spirito libero. Con le preparazioni mirate, avevo due picchi all’anno e andavo forte, ma mi logoravano psicologicamente, perché a me piaceva andare forte sempre.

E Kevin come fa?

Lui è nato in questo tempo, in cui tutti lo fanno, per cui immagino che lo trovi normale. Ha iniziato a farlo come lavoro solo da poco, finché c’è stata la scuola si allenava il giusto. Ha debuttato a 6 anni, dopo che suo fratello Maurizio non aveva voluto saperne.

Ai mondiali di Capo d’Orlando del 1994 va in fuga e alla fine arriva il 5° posto
Ai mondiali di Capo d’Orlando del 1994 va in fuga e alla fine arriva il 5° posto
Lo mettesti tu sulla prima bici?

In realtà no. C’era un signore anziano che lo invitava tutti gli anni a mangiare il panettone. Io gli proponevo di fare altri sport, un anno gli proposi anche di fare danza e dovreste vedere con quale sguardo mi chiese se fossi impazzita. Kevin non ha mai voluto fare altro al di fuori della bici, ad eccezione del nuoto cui l’ho obbligato per due anni.

E’ andato subito forte?

In realtà era tanto piccolino, come me. Poi ha iniziato la crescita e ha cominciato a far vedere che c’era. Fino ad allievo è stato con me alla Caluschese, lo allenavo io perché ho il secondo livello. Non abbiamo mai preteso che dovesse vincere e nessun genitore si permetteva di sgridare i ragazzi per i loro risultati. Fino a un certo punto devono maturare, ma per come va oggi, se non pedali non trovi nemmeno squadra da junior. Non a caso, di tutti quelli che erano allievi con Kevin, è rimasto soltanto lui. Ma non si tratta di vincere, quanto di dimostrare che ci sei. Mio figlio non è mai stato uno che vinceva corse a palate, da junior ha vinto appena una cronoscalata battendo Bagioli.

Quanto hai potuto raccontargli della tua storia oppure quanto ti ha chiesto lui?

Non è che parli molto, come me. Gli piace stare in silenzio, ascoltare. A casa ho le mie maglie appese, ma ogni volta che provavo a raccontargli qualcosa, mi zittiva. Gli piaceva correre, non guardare il ciclismo in tivù. Quello che gli ho trasmesso è che il ciclismo è un impegno che va mantenuto, ma non è mai andato in giro a vantarsi della mamma. Semmai erano gli altri che glielo dicevano.

Giro d’Italia del 1998, Imelda tricolore accanto a Fabiana Luperini, che vincerà la rosa
Giro 1998, Imelda tricolore accanto a Luperini
Uscite ancora in bici assieme?

Fino da allievi sempre, adesso è antipatico. Parte subito a tutta e io sono già in affanno, ha il passo da pro’. I figli sono buoni (ride, ndr), ma non hanno rispetto per le mamme.

Tuo marito Marco correva anche lui?

E’ arrivato ai dilettanti, ci siamo fidanzati che avevo 19 anni e quando ha iniziato Kevin, non era tanto d’accordo. Di fatto, diceva, non abbiamo mai smesso di andare appresso alle bici. E ha ragione. Lui lavora in Ungheria e rientra solo nei weekend, così io sono a casa a mandare avanti tutto. Non ho mai lavorato, ma ho tanto da lavorare.

Ti manca mai l’adrenalina delle corse?

Adesso ovviamente no, i primi anni sì.

Atlanta fu una vittoria sfumata?

L’ho sempre pensato, ma ugualmente è un gran ricordo. Anche perché non volevano portarci. Ai mondiali dell’anno prima si erano qualificate Bonanomi e Cappellotto, io rientrai alla fine e fu davvero magnifico.

Avresti preferito che Kevin si trovasse un lavoro normale?

Ma lui è come me, non pensa al futuro. Era già contento dell’Androni, l’apertura WorldTour è stata inaspettata. E poi anche i lavori normali, di questi tempi, oggi li hai e domani spariscono. Per cui adesso ha davanti gli anni in cui potrà dimostrare di essere all’altezza. E per andare a lavorare, semmai, avrà sempre tempo. Ha 21 anni, ha il suo diploma alberghiero, può sempre iscriversi all’Università.

Imelda ha due figli: Kevin nella foto e Maurizio
Imelda ha due figli: Kevin nella foto e Maurizio
Ha una chance importante e in squadra lo adorano.

Con mio marito abbiamo visto che lo portano già allo Uae Tour e ci siamo chiesti se non sia troppo presto, ma significa che ci credono ed è bello.

Che corridore sarà?

E’ uno scalatore atipico, non si alza mai in piedi. Ha fatto anche qualche crono e non va male. Fisicamente è come me, in proporzione ovviamente… Ha il cavallo da 1,90 pur essendo 1,80. Ha delle leve lunghissime. In pianura non lo staccano, ma deve fare esperienza. E secondo me non sarebbe fermo nemmeno in una volata ristretta. Quando faccio certi ragionamenti, viene fuori la mamma e non il direttore sportivo. Me lo dicono che sono troppo buona, anche quando vado a girare con i bambini…

Primoz Roglic, Arrate, Vuelta 2020

Roglic c’è ancora, Bagioli nella scia

20.10.2020
4 min
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Nella prima tappa della Vuelta e a margine del primo colpo di Roglic, c’è Bagioli che scalpita alla ruota dei migliori. Lo sloveno sconfitto da Pogacar al Tour ha resettato presto la centralina, ha ritrovato la voglia di ridere e quando la strada ha cominciato a salire verso la salita di Arrate, ha preso i puntini e li ha distribuiti sulle lettere giuste. In realtà lo aveva fatto già alla Liegi, anche se lassù lo svarione di Alaphilippe aveva tolto alla vittoria la giusta prospettiva.

«E’ stata una stagione abbastanza strana fino a qui – ha detto lo sloveno – ho fatto molte gare, avuto molto stress e tutto il resto che ben sapete. Qui voglio solo godermela. E’ super bello che in questi tempi possiamo ancora fare delle gare e spero che sia stato divertente da guardare».

Alejandro Valverde, Andrea Bagioli, Arrate, Vuelta 2020
Valverde all’arrivo e, subito davanti, c’è Bagioli
Alejandro Valverde, Andrea Bagioli, Arrate, Vuelta 2020
Valverde all’arrivo e davanti Bagioli

Chi si è divertito un po’ meno alle sue spalle, ma ugualmente ne ha tratto delle belle sensazioni è stato appunto Andrea Bagioli, valtellinese di ventuno anni, che quest’anno ha già vinto una tappa al Tour de l’Ain e una alla Settimana Coppi e Bartali. Dopo il lockdown, i tecnici della Deceuninck-Quick Step hanno ridisegnato il suo calendario e inserito nel suo programma le classiche delle Ardenne e la Vuelta. Prima, in preparazione di entrambe, uno stage in altura e il mondiale di Imola.

«Era una tappa dura – racconta – tanto che nei giorni scorsi siamo andati con la squadra a provare gli ultimi 50 chilometri. La salita finale era molto impegnativa. E’ andata che c’era una fuga e soprattutto la Ineos ha tirato di brutto per avvicinarli. Poi sulla salita, quando è partito Roglic, mi sono messo al mio passo e sono arrivato assieme a Valverde e un altro bel gruppo. Sto bene, mi sono difeso, sono soddisfatto».

Fra gli uomini di classifica, c’è stato chi ha subito dovuto leccarsi le ferite. La Vuelta sarebbe dovuta partire sabato con un paio di tappe più morbide, ma a fronte dell’emergenza Covid, gli organizzatori hanno tagliato le prime tre giornate e dato il calcio di inizio con un arrivo in salita. Non certo il miglior approccio per atleti come Froome (finito oltre gli 11 minuti) e Pinot (passivo di 9’56”). E’ andata meglio in proporzione a Dumoulin e Valverde, finiti nello stesso gruppo di Bagioli.

«Non ho obiettivi ben precisi – dice il valtellinese – salvo quello di tenere duro nelle prime tappe e fare poi il punto magari dopo una settimana. Se dovessi uscire di classifica, allora magari potrei puntare alle tappe».

Se al Giro si convive con qualche dubbio sulla conclusione a Milano a causa del Covid, non molti erano convinti che la Vuelta sarebbe partita. I dubbi avevano provocato le ire degli organizzatori spagnoli, che con orgoglio hanno portato tutte le squadre alla partenza.

«Sul fronte della sicurezza – dice Bagioli – siamo messi bene. Siamo nella bolla e alla partenza e sulla salita dell’arrivo non c’era pubblico. Qualcuno negli attraversamenti delle città c’era, ma ben a distanza. Di certo a maggior ragione si vive alla giornata e non si fanno grossi programmi».

Andrea Bagioli, Muro d'Huy, Freccia Vallone 2020
Quest’anno Bagioli ha debuttato alla Freccia Vallone con un 19° posto
Andrea Bagioli, Muro d'Huy, Freccia Vallone 2020
Ha debuttato alla Freccia Vallone con un 19° posto

Però su un punto vale la pena insistere: si sente parte anche lui della carica dei giovani che sta dinamitando il ciclismo mondiale?

«Si vede che l’onda nuova sta arrivando – sorride con orgoglio – basta guardare Pogacar al Tour, Remco prima della caduta, Almeida e Hindley al Giro e lo stesso Bernal. Sono tutti ragazzi della mia età, ma siccome immagino la domanda successiva, vi dico che preferisco non sentirmi la promessa italiana. Non mi piace la pressione. E poi salire accanto a uno come Valverde, che ha il doppio dei miei anni, mi ha fatto capire che le gambe non sono tutto e che la testa vale anche di più. Perciò sentiamoci pure nei prossimi giorni. E quel che sarà, sarà…».

La prima tappa della Vuelta ha messo l’accento anche sulle azioni di Carapaz, che sulla salita finale aveva con sé il solo Sosa, avendo perso Froome da lontano. Mentre si è rivisto in gruppo anche Alexander Vlasov che aveva lasciato il Giro con il mal di stomaco, lasciando Fuglsang in balia dei suoi avversari. 

Kevin Colleoni, Passo Spluga, Giro d'Italia U23, 2020

Colleoni, premio alla regolarità

20.10.2020
3 min
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Kevin Colleoni non ha vinto corse, eppure nelle classifiche di rendimento 2020 figura ai primi posti. Il ragazzo bergamasco, un metro e 80 per 65 chili, che già lo scorso anno si era messo in luce con il secondo posto di Capodarco e la condotta coraggiosa al Giro d’Italia, è stato una delle rivelazioni dell’ultima stagione. Fatta eccezione per l’ultima tappa di Aprica, Kevin è stato lo sfidante più coriaceo di Tom Pidcock al Giro d’Italia U23. E se è vero che il britannico alla fine ha vinto la rosa da cannibale, va sottolineato che il corridore della Biesse-Arvedi ha provato ad attaccarlo sino all’ultimo, arrendendosi alle pendenze per lui ostiche del Mortirolo.

Kevin Colleoni, Aprica, Giro d'Italia U23, 2020
Giro d’Italia U23, al Passo Spluga secondo dietro Pidcock
Kevin Colleoni, Aprica, Giro d'Italia U23, 2020
Giro d’Italia U23, allo Spluga dietro Pidcock

«Sono contento di come è andato l’anno – dice – che si è chiuso meglio di come era cominciato. Abbiamo fatto il Lombardia e poi abbiamo messo la bici in garage. Sono fermo da due settimane, ne farò un’altra di riposo e poi ricomincerò con palestra e mountain bike, in attesa che la squadra mi dia il programma di lavoro».

La squadra è la Mitchelton-Scott, cui Colleoni è approdato alla fine della stagione, sebbene lo scorso anno avesse già firmato (al pari del compagno Filippo Conca, poi passato alla Lotto Soudal) con la Androni Giocattoli. Questo gli ha consentito di vivere il periodo del lockdown con la sicurezza del posto di lavoro, ma quando si è fatta sotto la squadra WorldTour australiana, la tentazione è stata irresistibile. Percepito il pagamento per la “valorizzazione del talento” Savio lo ha così lasciato libero.

Te lo aspettavi?

Non avevo idea che sarebbe successo. C’è stata questa proposta come un treno da prendere al volo. Andare nel WorldTour era un mio obiettivo, non ci ho pensato due volte.

Ti sei piaciuto nel 2020?

Sì, tutto sommato. Al Giro d’Italia pensavo di poter fare bene, sono venuti due secondi di tappa e il terzo finale. Non ho rimpianti. Forse con qualche condotta diversa, avrei potuto chiuderlo al secondo posto, ma cambiava poco. Mi sono difeso bene, ma il Mortirolo non è roba per me.

Che cosa porta con sé Colleoni?

Credo che dal prossimo anno si azzeri tutto, ma so di non andare male in salita. A crono me la cavo. Devo crescere molto. Le volate non sono il mio forte, ma certo devo lavorare sul ritmo in pianura, per arrivare meglio ai finali.

Arrivi tra i pro’ dopo due anni da protagonista, avresti problemi a lavorare per altri?

Neanche un po’. Essere già capace di essere utile alla squadra lo vedrei come un bel risultato. Aver corso in una continental mi ha permesso di annusare il professionismo.

Edoardo Zambanini, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Zambanini sarà uno dei riferimenti del 2021: Kevin pensa di sì
Edoardo Zambanini, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Per Kevin, Zambanini da seguire nel 2021
Che contatti hai avuto con la squadra?

Ho parlato con Brent Copeland dopo il Giro e la scorsa settimana ho mandato le misure per la bici. Avremo le Bianchi, ho mandato le misure 2020 e vedremo poi se aggiustarle.

Cosa si dice a casa Colleoni del passaggio?

Sono tutti contenti e io sono il primo.

Credi che il lockdown ti abbia penalizzato?

Di sicuro ha impedito di organizzare tante gare, ma alla fine i valori sono venuti fuori.

Il nome di un under 23 da seguire ora che i migliori passano?

Difficile fare un nome, sono categorie che cambiano faccia ogni anno. Ma per quello che ho visto al Giro d’Italia, Zambanini della Zalf è un bel corridore. Se va così forte a 19 anni, probabilmente ha belle cose da dire.

Così Kevin Colleoni, bergamasco classe 1999. Sua madre è stata argento olimpico di Atlanta, ha vinto campionati italiani e tappe al Giro d’Italia e si chiama Imelda Chiappa. Ma siccome è sempre brutto raccontare qualcuno etichettandolo per genitori o fratelli illustri, per scelta l’abbiamo scritto in fondo!