Gare giovanili e sicurezza: davvero servono le radioline?

08.08.2025
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Sistematicamente quando succedono degli eventi tragici e dolorosi come la scomparsa di Samuele Privitera, avvenuta nella prima tappa del Giro Ciclistico della Valle d’Aosta, si torna a parlare di sicurezza in gara. Ognuno sembra avere la propria ricetta, un’idea da mettere sul tavolo per risolvere il problema. Il presidente della Federciclismo Cordiano Dagnoni ha ribadito l’importanza delle radioline in corsa, per le quali aveva già aperto l’utilizzo fino alle gare juniores regionali e nazionali dallo scorso primo giugno (in apertura photors.it).

La scelta del presidente, condivisibile o meno, non tiene conto di diversi aspetti. Il primo è che nelle gare internazionali juniores e under 23 non è consentito l’utilizzo delle radio in corsa, in quanto l’UCI non lo prevede. Forse sarebbe stato meglio porre il problema ai tavoli dell’Unione Ciclistica Internazionale e cercare una soluzione comune al problema?

Marco Della Devova (a destra) è stato fino al 2024 diesse della Bustese Olonia. E’ da anni ispettore di percorso per RCS
Marco Della Devova (a destra) è stato fino al 2024 diesse della Bustese Olonia. E’ da anni ispettore di percorso per RCS

Più tattica che sicurezza

L’utilizzo delle radio nelle corse giovanili è un tema trito e ritrito, il divieto di aprirne l’uso sta nel fatto che non si voglia dare modo alle squadre di imporre tatticismi e comunicazioni che fanno parte del mondo professionistico. L’obiettivo è di dare agli atleti la possibilità di imparare a correre seguendo l’istinto e lontani da schemi che possono intrappolare la loro fantasia. Il concetto è giusto, essere… radiocomandati dalla macchina non permetterebbe loro di sviluppare una visione critica della corsa e di agire seguendo l’istinto. 

Abbiamo posto tutte le nostre domande a Marco Della Vedova, ex professionista, ispettore di percorso nelle gare organizzate da RCS Sport & Events ed ex diesse della formazione juniores alla Bustese Olonia.

«Ho smesso – racconta – ma sono ancora nella chat con i diesse italiani e sono tutti contenti per questa cosa delle radioline. Che però a mio avviso per loro è sì un discorso di sicurezza, ma c’è anche l’interesse tattico. Il ciclismo è l’unico sport nel quale non hai modo di parlare direttamente con i tuoi atleti. Una volta saliti in bici, e tu sei in macchina, le comunicazioni sono ridotte al minimo. Le radioline sono un modo per avere un filo diretto».

La Federazione dall’1 giugno ha aperto all’uso delle radioline nelle gare juniores regionali e nazionali (photors.it)
La Federazione dall’1 giugno ha aperto all’uso delle radioline nelle gare juniores regionali e nazionali (photors.it)
Bisogna capire qual è lo scopo ultimo…

Se fosse solamente un utilizzo legato alla sicurezza la vedo comunque dura, perché le comunicazioni spetterebbero a radioinformazioni che anticipando il gruppo sul percorso dovrebbe avvisare dei pericoli. 

Ma come lo farebbe? Come capisce il posizionamento esatto all’interno del percorso?

Sicuramente non si potrebbe usare il contachilometri della macchina, dovrebbe avere un ciclocomputer o uno strumento che fai partire al chilometro zero in modo che sia sincronizzato con quello dei ragazzi. Noi con RCS quando facciamo l’ispezione dei percorsi segnaliamo i pericoli su Veloviewer in modo che le ammiraglie lo abbiano sul loro dispositivo.

Sono però strumenti che una squadra juniores non ha…

Infatti non è una soluzione, dovremmo far acquistare a tutti i team dei dispositivi nuovi che hanno comunque un costo. La soluzione reale è mettere le persone sul percorso e segnalare i pericoli, come si è sempre fatto. In Italia facciamo una cosa che non si fa da nessun’altra parte del mondo, alla riunione tecnica mostrano ai diesse tutti i punti pericolosi del tracciato. Ma come si fa a ricordarli tutti, comunicarli ai corridori e pretendere che loro memorizzino ogni curva?

Le strade stanno diventando sempre più pericolose per i ciclisti a causa degli interventi dei comuni nell’ambito dell’urbanistica
Le strade stanno diventando sempre più pericolose per i ciclisti a causa degli interventi dei comuni nell’ambito dell’urbanistica
Su strade che non sono esattamente a misura di ciclista, lo si vede ogni giorno.

Tutti i comuni adottano strategie per far rallentare le auto nei centri abitati, ma le biciclette vanno sempre più veloci. Il problema non sono le bici più veloci, ma le strade costruite negli anni ‘60 e adattate ai giorni nostri con soluzioni pericolose. In gara per la sicurezza ci si arrangia, ma è in allenamento il vero pericolo. Lo vedo anche io quando pedalo con mia figlia.

Lo vediamo anche dalle notizie recenti del telegiornale, con sempre più ciclisti morti sulle strade. 

Mi sono imbattuto in certe scene. Una macchina della scuola guida che, davanti a me e mia figlia, gira senza mettere la freccia. Un anziano che fa inversione a “U” invadendo la corsia opposta senza guardare. Il problema è la leggerezza con la quale viene data la patente o anche rinnovata. Si dovrebbe fare un tavolo di discussione nel quale far parlare tutti gli utenti della strada.

Nel WorldTour gli strumenti a disposizione delle squadre sono di più e permettono una comunicazione istantanea tra radiocorsa e l’ammiraglia
Nel WorldTour gli strumenti a disposizione delle squadre sono di più e permettono una comunicazione istantanea tra radiocorsa e l’ammiraglia
Vero, ma torniamo alle gare e alle radioline. Se il discorso è per aumentare la sicurezza allora basterebbe aprire un solo canale, quello di radioinformazioni.

Certo, anche perché si avrebbe una sola voce che annuncia il tratto pericoloso e il chilometro nel quale si trova. Basterebbe aprire anche il canale in uscita per comunicare eventuali incidenti o cadute. Un ragazzo che vede una situazione di pericolo o un caduta grave potrebbe subito comunicare con radioinformazioni che passerebbe il messaggio alle ammiraglie. 

La sensazione di chi scrive è che i team spingeranno per avere una comunicazione aperta anche con i ragazzi. 

Da un lato li capisco perché ormai i ragazzi da juniores passano professionisti e dovrebbero imparare a correre come tali. Anche se, va detto, che se un atleta a 18 anni passa nel WorldTour, sarà premura della squadra insegnarli a usare certi strumenti. Così come gli insegnano ad allenarsi in maniera diversa e correre. 

La scelta libera dei rapporti tra gli juniores ha contribuito a far alzare le velocità, ma bisogna insegnare ai ragazzi a guidare la bici (foto Campana Imballaggi)
La scelta libera dei rapporti tra gli juniores ha contribuito a far alzare le velocità, ma bisogna insegnare ai ragazzi a guidare la bici (foto Campana Imballaggi)
Il rischio è che con le comunicazioni radio aperte anche tra diesse e corridori si bombardino i ragazzi di mille informazioni. 

Alcune anche inutili magari. E poi mi viene da dire una cosa, un conto è se radioinformazioni comunica un pericolo. Hai una voce calma che indica qualcosa e basta. I diesse avviserebbero del pericolo, ma allo stesso tempo inizierebbero a urlare ai ragazzi di stare davanti. E’ una cosa che già succede anche ora quando si posizionano a piedi, sul percorso, nei punti salienti. Quando ancora facevo il diesse scherzando dicevo: «Bisognerà che qualcuno dica anche di stare nel mezzo e dietro, davanti non ci stanno tutti». Ma la verità è anche un’altra.

Quale?

Dobbiamo insegnare ai ragazzi come si guida la bici. Spesso hanno le mani sulle manopole anche in discesa, è chiaro che i rischi aumentano. Molti imitano i professionisti e non mettono i guantini. E’ giusto parlare di radio e sicurezza ma si deve anche fare educazione.

La scelta della Campana Imballaggi, prossima continental

05.08.2025
5 min
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Quello della Campana Imballaggi-Geo & Tex – Trentino è un impegno oneroso, considerando che ha tre squadre: una di allievi, una di juniores e una di under 23. Tre squadre con i loro staff, con il loro calendario, con tante speranze riposte nei ragazzi che pian piano crescono sperando di trovare spazio fra i “grandi”.

Alessandro Coden, manager del team Under 23 pronto a un salto di qualità nel 2026 (foto team)
Alessandro Coden, manager del team Under 23 pronto a un salto di qualità nel 2026 (foto team)

A gestire la formazione degli U23 c’è Alessandro Coden, che descrive la struttura: «Alla guida degli juniores c’è un mio ex atleta. Con gli U23, anche noi facciamo tanta attività all’estero, abbiamo corso il Giro d’Austria, prima del Giro NextGen, poi andremo in Spagna a settembre e forse avremo anche un impegno in Belgio, per far assaggiare ai ragazzi che cosa significa correre al Nord. Senza contare tutta l’attività internazionale in Italia. E’ un impegno oneroso, considerando che fra i due team ci sono più di 20 ragazzi impegnati pressoché ogni domenica».

Rispetto al passato sta diventando sempre più difficile gestire una squadra under 23?

La gestione di per sé non lo sarebbe, fortunatamente abbiamo degli sponsor che ci sostengono e che rimangono nel tempo. Non guardano solo ai risultati, ma a tutto il complesso dell’attività e del lavoro con i ragazzi. Sanno che se non fai questo tipo di attività, impegnandoti anche all’estero, confrontandoti con il meglio della categoria, non cavi un ragno dal buco. Ma nel confronto con gli altri anni non è che in questo sia diverso.

La Campana Imballaggi nel complesso ha 28 ragazzi, fra U23, juniores e allievi (foto team)
La Campana Imballaggi nel complesso ha 28 ragazzi, fra U23, juniores e allievi (foto team)
Negli ultimi anni però si sono affermati i devo team, la strada per il professionismo è diventata più ardua se non si passa attraverso di loro…

Esatto, su questo devo dire che il nostro mondo è cambiato e c’è maggiore squilibrio. Io sono sempre stato di un’idea precisa: quando uno junior passa di categoria, dovrebbe fare i primi due anni in Italia, in un team italiano. Ci deve essere un sistema che tuteli il movimento nazionale, altrimenti si rischia di sparire tutti.

Secondo te aiuterebbe un sistema come è in vigore negli altri sport, nei quali quando un atleta firma per un grande team, chi l’ha cresciuto prende un indennizzo secondo una sorta di schema piramidale?

Qualcosa del genere c’è già, ma certamente aiuterebbe se ben strutturato. Io però non ne faccio solo una questione economica, secondo me servirebbe anche per tutelare l’attività nazionale nel suo complesso, dando anche il tempo ai ragazzi di maturare, perché non tutti coloro che passano da junior sono già pronti, anzi…

Christian Piffer è una colonna del team, atteso a risultati nella seconda parte dell’anno (photors.it)
Christian Piffer è una colonna del team, atteso a risultati nella seconda parte dell’anno (photors.it)
In questo momento è più difficile gestire un team juniores o U23?

Per quel che vedo, è più difficile con gli juniores perché hai addosso la maggior parte dei genitori che si preoccupano del rendimento e delle possibilità del figlio, senza pensare davvero al suo futuro. So ad esempio che ci sono tanti ragazzi che stanno passando nei devo team e per farlo lasciano la scuola, abbandonano prima dell’ultimo anno delle superiori. E’ una scelta folle, se poi la tua scommessa ciclistica non funziona, sono guai seri.

A tuo modo di vedere quanta colpa c’è in questo da parte delle famiglie?

Tanta, e non so neanche se sia per il miraggio economico come avviene nel calcio. Io so solo che vengono da me e mi dicono: «Mio figlio ha già firmato per quella squadra» e non sanno neanche che si parla di un team U23 e non professionistico. Sono abbagliati dal nome. E come succede la maggior parte delle volte, dopo un paio d’anni la riconferma non c’è e tornano all’ovile, ma senza diploma non hanno nulla in mano. E lo dice uno che le superiori neanche le ha fatte.

Leonardo Volpatop è tornato quest’anno alla Campana Imballaggi. 6° giovane al Giro d’Austria (photors.it)
Leonardo Volpatop è tornato quest’anno alla Campana Imballaggi. 6° giovane al Giro d’Austria (photors.it)
Perché?

Non nego che me ne sono pentito, ma io ho avuto la fortuna di entrare nella Polizia Penitenziaria quando correvo. Ma se un ragazzo non ha questa fortuna di entrare in un corpo militare, se per qualsiasi ragione nella sua militanza nel team internazionale si fa male o qualcosa va storto, che gli resta? E’ qui che i genitori hanno una grossa responsabilità, dovrebbero essere loro abbastanza maturi da pensarci, da riflettere sul futuro dei loro ragazzi e non farsi abbagliare da facili quanto immaginari guadagni.

Venendo al gruppo vostro, su chi punteresti fra i tuoi ragazzi per un futuro ciclistico?

Ad esempio c’è Leonardo Volpato, che dopo due anni alla MBH Bank Ballan ha deciso di venire con me a fine stagione. Ha fatto 10° al campione italiano, è sempre lì, è un bravissimo ragazzo ma è un po’ testardo. Si allena da matti, ma alla fine porta meno di quel che meriterebbe. Adesso ha incominciato ad ascoltare di più e gli effetti si vedono: bene al Giro d’Austria, bene al NextGen. Qui mi tolgo un sassolino dalla scarpa: ci dicevano che eravamo i peggiori, alla fine abbiamo fatto quarti fra le squadre italiane. Oltre a lui c’è Piffer, c’è Vecchiutti che ha vinto una corsa la settimana passata, quella di San Donà in notturna che per noi è un campionato del mondo.

Da Francesco Vecchiutti è arrivata la vittoria più attesa, al Memorial Cochi Boni (photors.it)
Da Francesco Vecchiutti è arrivata la vittoria più attesa, al Memorial Cochi Boni (photors.it)
E dagli junior chi ti segnalano?

C’è un bel ragazzino, Alessandro Avi che farà l’under 23 con noi anche perché nel 2026 passeremo continental. E’ uno che va bene nei percorsi ondulati, su salite non tanto lunghe.

Perché diventare continental?

Perché è ora di cambiare. In Italia dobbiamo adeguarci, se guardate, di team regionali ce ne sono pochi, per fare un certo tipo di attività devi fare il salto. Ci proviamo, non è detto che la facciamo. Certamente c’è un aggravio di spese notevole, devi dare un minimo di stipendio ai ragazzi, anche a quelli dei primi anni, poi ci sono le assicurazioni, la fidejussione. La cosa un po’ mi preoccupa, ma per il futuro della Campana Imballaggi dobbiamo farlo…

Chiusura e vittorie, il suo Samuele e il suo futuro. Parla Malaga

28.07.2025
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Queste ultime sono state settimane particolarmente intense e non semplici per il Team Giorgi. L’annuncio della chiusura della società, la scomparsa improvvisa dell’ex pupillo Samuele Privitera e le vittorie ritrovate. Una successione di sentimenti che messi sui piatti della bilancia restano difficili da pesare e quantificare, ma con cui di sicuro bisogna saper continuare a conviverci.

Col diesse Leone Malaga abbiamo ripercorso questo lasso di tempo, cercando di capire soprattutto il futuro suo e dei suoi attuali juniores, che nel frattempo hanno ripreso ad aggiornare la casella dei migliori risultati. In questo ultimo weekend sono andati a segno Giacomo Rosato in Piemonte a Pian della Mussa (sabato) e Thomas Bernardi nel trevigiano a Loria (ieri) dopo che in quello precedente si erano… ri-sbloccati. Ora il tassametro del Team Giorgi parla di 17 vittorie, la squadra al momento più vincente della categoria (in apertura foto Team Giorgi).

Pietro Solavaggione è un primo anno che ha ottenuto 4 vittorie destando tanto interesse (foto Team Giorgi)
Pietro Solavaggione è un primo anno che ha ottenuto 4 vittorie destando tanto interesse (foto Team Giorgi)
Come ha reagito il vostro gruppo a questo vortice di circostanze?

Non siamo stati in grado di farlo, siamo stati travolti dalle notizie. Qualcuno mi ha fatto notare che è stato un brutto scherzo del destino che il Team Giorgi salisse agli onori della cronaca prima con la chiusura e poi con la morte di uno dei suoi migliori talenti cresciuti. Samuele è venuto a mancare mercoledì sera, noi giovedì mattina eravamo in partenza per la Ciociarissima (la gara a tappe di tre giorni, ndr). Ero in viaggio con 6 ragazzi ed eravamo in condizioni pietose.

Immaginiamo…

A parte me e i nostri accompagnatori, la disgrazia del Val d’Aosta ha toccato da vicino pure Lorenzo Basso, che ha subito molto il colpo. Lui è di Sanremo e conosceva bene Samuele col quale si allenava quasi sempre assieme. Pensate che era stato proprio Samuele a segnalarmi Lorenzo, nonostante fosse più vecchio di due anni. Anche questo per dirvi chi era “Privi”, un uragano di ragazzo. E vista la sua famiglia non mi stupisco. Anzi permettetemi di raccontarvi un piccolo aneddoto accaduto recentemente.

Thomas Bernardi ha vinto a Loria concretizzando un bel momento di forma (foto italiaciclismo.net)
Thomas Bernardi ha vinto a Loria concretizzando un bel momento di forma (foto italiaciclismo.net)
Prego, ascoltiamo volentieri.

Samuele non voleva il funerale perché aveva sempre detto, dopo la recente scomparsa del nonno, che non avrebbe voluto una funzione in cui tutti erano tristi per lui. Quindi il 24 luglio ci siamo trovati con la sua famiglia e molti ex suoi compagni per un ritrovo in sua memoria. Sono partito disperato con tanti pensieri, ma sono rientrato a casa col sorriso grazie ai suoi genitori. Sono stati mamma e papà di Samuele che hanno sostenuto me e altri ragazzi presenti. Penso a Monister, Vesco e Leali che erano legatissimi a lui. Siamo tutti tornati con una grande forza interiore per andare avanti. I genitori di Samuele sono persone incredibili.

Nel frattempo la corsa laziale era andata bene. Cosa è successo?

Bisogna dire che quando sei in trasferta svaghi la mente perché hai mille cose da fare e da seguire. Forse questo ci ha permesso di concentrarci un po’ di più sulla gara. Alla prima tappa Marangon ha colto un secondo posto inaspettato con una grande prova. Le due frazioni successive le abbiamo vinte con Solavaggione e dominando come siamo in grado di fare. Peccato per la generale perché Solavaggione aveva perso tanto tempo il primo giorno. Penso che in quei giorni non pedalassimo da soli…

Edoardo Raschi ha vinto il titolo regionale a Reda di Faenza. E’ un secondo anno con buon mercato (foto Team Giorgi)
Edoardo Raschi ha vinto il titolo regionale a Reda di Faenza. E’ un secondo anno con buon mercato (foto Team Giorgi)
C’era una sorta di angelo custode?

Penso proprio di sì (risponde con più di un pizzico di emozione, ndr). O meglio, io non credo a certe cose ultraterrene, ma per me c’è stato qualcosa in quel weekend. Domenica 20 luglio abbiamo vinto tre gare in una giornata con tre atleti diversi, che diventano quattro contando anche il sabato. Ci era già successo nel 2024, però eravamo in un periodo vincente. Stavolta invece era un mese e mezzo che non vincevamo e non facevamo nulla. Poi penso alle tante cadute evitate alla Ciociarissima dove c’erano strade non curatissime. Sono convinto che Samuele ci abbia guidati ed aiutati da lassù.

Questo è il miglior modo per proseguire e finire la stagione?

Parlando dell’aspetto agonistico, personalmente ho assorbito il colpo della chiusura del Team Giorgi, dove ci sono da dieci anni. L’annata deve andare avanti come se nulla fosse. Noi tecnici e dirigenti per valorizzare il nome della società, i ragazzi per valorizzare se stessi visto che avranno tutti un futuro nuovo.

Matteo Mengarelli ha fatto una grande prima parte di stagione con due vittorie e tanti piazzamenti (foto italiaciclismo.net)
Matteo Mengarelli ha fatto una grande prima parte di stagione con due vittorie e tanti piazzamenti (foto italiaciclismo.net)
Sappiamo che Rosato passerà U23 nel devo team della Bahrain Victorious. Partiamo facendo un cenno sugli altri del secondo anno?

Sono in sei a salire di categoria. Bernardi ha vinto ieri e se lo meritava perché stava andando forte. Mengarelli invece ha fatto una bella prima parte di stagione con due successi e tanti piazzamenti. Gardani ha vinto due gare in volata, ma per me può diventare un corridore da gare più mosse. Raschi ha conquistato una gara, adatto a percorsi misti, però è stato sfortunato a rompersi il gomito al campionato italiano. Testa Pulici ha una grande costanza di rendimento sulle gare dure a ridosso dei primi. Gli manca solo un bel podio e un pizzico di grinta in più, ma può crescere ancora. L’ucraino Lahuta invece non so se continuerà a correre o meno.

Si sa anche dove andranno l’anno prossimo?

Posso dirvi che VF Group Bardiani CSF Faizanè, Beltrami TSA Tre Colli e qualche altro team continental si sono interessati a loro. Al netto dei risultati ottenuti o delle loro capacità, alcuni di loro hanno bravi procuratori che non hanno problemi a trovare mercato. Mancano alcune ufficialità, ma sono quasi tutti sistemati.

Simone Gardani ha conquistato finora due successi. Per Malaga non è solo un velocista (foto italiaciclismo.net)
Simone Gardani ha conquistato finora due successi. Per Malaga non è solo un velocista (foto italiaciclismo.net)
Il futuro di Leone Malaga invece dove sarà?

Sarò col Team Junior Guerrini Senaghese (il cui presidente è Stefano Guerrini, ex pro’ per quattro anni ad inizi 2000, ndr). Quasi tutti gli juniores del primo anno che ho adesso nel Team Giorgi verranno con me, uno invece potrebbe andare all’estero a correre il secondo anno. Considerando gli allievi che passano, nel 2026 avremo una squadra di 14/15 juniores. Il progetto è nato a maggio, ma si è concretizzato molto dopo quando Carlo Giorgi aveva deciso di chiudere. La tragedia di Samuele è dura da accettare e vi dico però che se fosse successa prima della firma con la nuova squadra, avrei lasciato il ciclismo o comunque mi sarei preso una lunga pausa. Ora vado avanti anche in suo onore, però il ciclismo sta diventando troppo pericoloso per tanti, troppi motivi.

Privitera e Giaimi: i ricordi di una vita pedalando insieme

27.07.2025
7 min
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«Se chiudo gli occhi e penso a Samuele (Privitera, ndr) vedo una nostra foto insieme di quando ho vinto il Giro della Valdera da juniores. Correvamo entrambi per il Team Fratelli Giorgi e quella gara l’ho conquistata grazie a lui, mi aveva dato una mano incredibile. Aveva tirato per tutta l’ultima tappa (i due sono insieme nella foto di apertura, al centro Leone Malaga, diesse del team Giorgi, foto Rodella, ndr)».

A parlare è Luca Giaimi, l’atleta del UAE Team Emirates è a Livigno per preparare il finale di stagione e smaltire le fatiche degli europei. La notizia della scomparsa di Samuele Privitera lo ha raggiunto durante la rassegna continentale su pista. Da quel momento andare avanti è stato difficile, i giorni sono passati, ma l’incredulità resta. Sui social i ricordi e le foto di Privitera sono praticamente infiniti e, accanto a lui, spesso si vedeva il volto di Giaimi. I due, classe 2005, sono cresciuti insieme sulle strade della Liguria e il loro cammino si è incrociato presto.

Samuele Privitera davanti e Luca Giaimi alle sue spalle in una delle prime gare su strada in Liguria
Samuele Privitera davanti e Luca Giaimi alle sue spalle in una delle prime gare su strada in Liguria

Gli anni da giovanissimi

«Privitera e io – racconta ancora Giaimi, che nel parlare del suo amico ha un sorriso dolce – ci siamo incontrati per la prima volta nella categoria G3, da avversari. Ogni fine settimana ci scontravamo sulle strade della Liguria e ci univa un senso di rivalità e amicizia. Volevamo mettere uno la ruota davanti all’altro. I primi anni ci incontravamo sui sentieri in mtb perché io ancora non correvo su strada, ho iniziato qualche anno dopo. Lui correva sia su strada che in mtb ed era uno dei più forti in gruppo, anche sui sentieri. A “Privi” la bici è sempre piaciuta tantissimo, un amore viscerale. Per renderlo felice dovevi farlo pedalare».

Crescendo, Giaimi e Privitera hanno continuato a correre l’uno contro l’altro legati da rispetto e amicizia
Crescendo, Giaimi e Privitera hanno continuato a correre l’uno contro l’altro legati da rispetto e amicizia
Com’era da piccolo?

Gli piaceva la competizione, ma una volta finita la gara eravamo amici. Parlava con tutti. Dopo l’arrivo restavamo a guardare i più grandi e aspettavamo le premiazioni giocando insieme. Ci sfidavamo nel fare le impennate e mangiavamo insieme il classico panino con la salamella. Forse è anche merito suo se poi sono arrivato a correre su strada.

Perché?

Alla fine in mtb vincevo tanto e mi sono detto: «Perché non provare anche su strada?». I ragazzi più forti erano Privitera e altri due gemelli, che poi hanno smesso. Le prime gare me le hanno rese davvero dure, arrivavo sempre dietro. Poi sono migliorato ed è diventato un “dare e avere”. 

Quando si è trattato di passare alla categoria juniores entrambi hanno scelto il Team Fratelli Giorgi, qui in foto con Carlo Giorgi
Quando si è trattato di passare alla categoria juniores entrambi hanno scelto il Team Fratelli Giorgi, qui in foto con Carlo Giorgi
Negli anni successivi?

Da esordiente e allievo era più forte, la mia sfida personale era provare ad arrivare al suo livello. Quando eravamo allievi era tanto conosciuto anche a livello nazionale. La cosa che ricordo era che alle corse parlava con tutti, conosceva ogni persona. Fino a quel tempo avevamo corso tra Liguria, Piemonte e Lombardia. Arrivavamo alle gare nazionali e “Privi” chiacchierava con ragazzi della Toscana, Trentino, Veneto. Io mi chiedevo come facesse a conoscerli. Ma lui era così, un carattere aperto, dopo due secondi parlava con tutti, anche i sassi. Il suo carattere lo portava spesso al centro dell’attenzione ma non in maniera egoista, creava subito gruppo, aveva una dote innata. Vi faccio un esempio…

Dicci pure…

Alla presentazione del Giro Next Gen, lo scorso giugno, arrivo per salire sul palco e sento una voce che tiene banco. Era Privitera che stava distribuendo crostata a tutti i suoi compagni di squadra e non solo. 

Privitera e Giaimi, entrambi liguri, hanno passato tanto tempo insieme nella casetta del team durante i ritiri rafforzando la loro amicizia
Privitera e Giaimi, entrambi liguri, hanno passato tanto tempo insieme nella casetta del team durante i ritiri rafforzando la loro amicizia
Una volta juniores da avversari siete diventati compagni di squadra, al Team Fratelli Giorgi. 

Appena arrivati, eravamo i due ragazzi che venivano da lontano. La squadra è della provincia di Bergamo e i ragazzi arrivavano da quelle zone. Durante i ritiri abbiamo passato tanti momenti insieme nella casetta del team, siamo andati tantissime volte a mangiare la pizza insieme e facevamo a gara a chi ne mangiasse di più.

Com’è stato vivere con lui?

Sapeva fare tutto, anche da piccolo. Avevamo 16 o 17 anni e lui era capace di fare ogni cosa in casa, invece io ero parecchio imbranato. Mi ha insegnato a fare la lavatrice e a cucinare il porridge. Una volta avevo provato a farlo e mi era uscita una cosa immangiabile. “Privi” invece era uno sveglio, sapeva tutto. Inoltre la sua enorme passione per il ciclismo lo portava a informarsi di continuo. Avevamo due caratteri opposti, lui parlava tantissimo ed era espansivo, io al contrario sono molto timido. Una giornata con Samuele partiva con lui che iniziava a chiacchierare a colazione e finiva che andavamo a letto e ancora aveva da dire. Era divertentissimo. 

Privitera era capace di creare un legame forte con i compagni, caratteristica che lo ha portato a essere il capitano in corsa del Team Giorgi
Privitera era capace di creare un legame forte con i compagni, caratteristica che lo ha portato a essere il capitano in corsa del Team Giorgi
Cosa vi siete detti quando avete firmato entrambi per un devo team?

Io sono stato il primo a firmare e Privitera era felicissimo per me. Sapete, in questi casi può capitare che nella felicità percepisci un po’ di invidia, con lui no. Era genuinamente felice per me. Lì ho definitivamente capito che ci univa un legame di vera amicizia. Quando ha firmato lui ero contento perché se lo meritava davvero. E’ sempre stato l’uomo squadra al Team Fratelli Giorgi. 

Come si comportava in gruppo?

Parlava tantissimo e aveva la capacità di prendere decisioni. Era comunicativo e schietto, due qualità che lo hanno fatto eleggere capitano in corsa. Non che si corresse per lui, ma era quello capace di gestire la gara. In gruppo non sono mai stato un leone e capitava spesso di finire in fondo, lui veniva a prendermi e riportarmi in testa. Tante volte altri miei compagni mi hanno lasciato là, facendo finta di non vedermi. 

Privitera ha fatto vedere grandi qualità nella categoria juniores che gli sono valse la chiamata della Hagens Berman tra gli U23 (foto Rodella)
Privitera ha fatto vedere grandi qualità nella categoria juniores che gli sono valse la chiamata della Hagens Berman tra gli U23 (foto Rodella)
Una volta passati under 23?

Ci vedevamo meno perché le nostre qualità atletiche ci portavano a fare gare diverse. Quelle poche volte che ci incontravamo voleva dire che uno dei due era in una corsa non troppo adatta alle sue caratteristiche, quindi ci cercavamo in gruppo per darci morale. A casa, il fatto di allenarci su distanze più lunghe ci permetteva di incontrarci a metà strada, io partivo da Pietra Ligure e lui da Soldano. Così passavamo il tempo insieme e pedalavamo in compagnia. 

Di cosa parlavate durante l’allenamento?

Dei vari programmi di gara, delle corse che avremmo fatto così da sapere se poi ci saremmo visti. Ci confrontavamo sugli allenamenti. Ma più che altro volevamo stare insieme, condividere il tempo in bici.

Ecco Giaimi e Privitera (qui al centro in maglia Hagens e UAE) in una delle prime gare da U23
Ecco Giaimi e Privitera in una delle prime gare da U23
E ora?

Non ho ancora metabolizzato la cosa, era talmente presente nella mia vita che non posso immaginare di tornare in Liguria e non vederlo più. Pensare che quest’inverno non ci sarà “Privi” che mi scrive: «Oh Luca, cosa facciamo oggi?» non riesco a realizzarlo. Andare alle corse senza qualcuno con cui scherzare quando la corsa è dura o noiosa. 

Vi sentivate spesso?

Tutti i giorni. Era il primo a scrivermi quando facevo un risultato. Quando ho vinto l’europeo su pista da juniores lui era davanti al computer nella casetta del Team Giorgi insieme agli altri a vedere la gara, c’è un video in cui esulta come un matto. Forse ho iniziato a realizzare che “Privi” non c’era più agli europei di settimana scorsa, lui mi avrebbe scritto entro dieci minuti dalla fine della gara. 

Europei pista: clima non facile, ma bei segnali dalle giovani azzurre

23.07.2025
6 min
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Quelli del velodromo di Anadia sono stati europei che si sono trasformati in una rassegna non semplice per la spedizione italiana. La morte improvvisa di Samuele Privitera al Giro della Valle d’Aosta ha toccato a distanza le anime soprattutto dei giovani corridori italiani. Tuttavia il raccolto ottenuto dalle donne juniores e under 23 parla di 10 medaglie complessive: tre ori e quattro argenti per le prime, un oro, un argento e un bronzo per le seconde.

Il bilancio della trasferta portoghese l’abbiamo chiesto a Diego Bragato, cittì femminile della pista (ruolo che condivide con Marco Villa) e capo del Team Performance della nazionale. Il tecnico di Motta di Livenza è già sul campo di gara impegnato alla “Tre Sere Internazionale Città di Pordenone”, ma torna indietro di qualche giorno per raccontarci come ha visto le sue atlete, in previsione anche dei mondiali juniores che si disputeranno sull’anello olandese di Apeldoorn dal 20 al 24 agosto.

Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Diego non possiamo non partire dalla tragedia del Valle d’Aosta che ha colpito da vicino anche Vittoria Grassi, fidanzata di Privitera. Come avete gestito quei momenti?

Sono state giornate molto difficili. Era la prima volta che mi capitava una situazione simile ed essendo genitore anch’io, l’ho vissuta in modo intenso. Per noi era il secondo giorno di gare. Avevamo saputo che Samuele era grave e Vittoria era in contatto con i suoi genitori che erano in ospedale, assieme a quelli del ragazzo. Non appena abbiamo avuto la tragica notizia, il mattino successivo le compagne sono state bravissime a darle conforto.

Lei come ha reagito, se esiste una reazione a queste cose?

Conosco bene Vittoria, è una ragazza solare, tant’è che è voluta restare con noi per ricambiare l’affetto delle sue amiche e colleghe. Aveva già corso le qualifiche col quartetto, però abbiamo deciso di farla rientrare il giorno dopo perché era giusto così. Abbiamo cercato di fare il meglio possibile in generale, ma non so se c’è un modo giusto o meno.

Alcune prestazioni delle U23 possono aver risentito di questa situazione?

Certamente sono notizie che ti condizionano, ma quest’anno sapevamo che con le U23 avremmo fatto un po’ più fatica rispetto al passato. Alcune erano assenti perché stavano recuperando da infortuni. Poco prima degli europei c’era il Giro Women e certe prove vanno preparate. Nonostante questo, Sara Fiorin è riuscita a venire in Portogallo e cogliere un bell’argento nello scratch. Bene anche Baima, bronzo nell’eliminazione. Siamo mancate in due specialità.

Quali?

Sicuramente il rammarico più grande arriva dall’inseguimento a squadre. Ci stavamo giocando il pass per le finali contro la Germania, con cui avevamo tempi molto vicini. Purtroppo la terza e la quarta ragazza si sono toccate in un cambio e sono cadute. E’ stato un errore tecnico, forse dato dal fatto che la pista di Anadia ti porta in uscita dalla curva in maniera molto veloce. Peccato eravamo da medaglia, così come nell’omnium.

Cos’è successo in quel caso?

Nulla di particolare, solo che Venturelli la mattina della gara si è svegliata con la febbre. Abbiamo dovuto dire a Basilico che avrebbe corso lei. E come dicevo prima, certe corse vanno preparate. Siamo certi che per come avevamo visto Venturelli e per come sa interpretare quel tipo di gara, avremmo potuto ambire ad un risultato importante. Sono cose che capitano, però in generale vediamo il bicchiere mezzo pieno con le U23.

Grandi soddisfazioni invece sono arrivate dalle juniores, che si conferma una categoria in costante crescita.

Assolutamente vero, siamo consapevoli di avere un grande potenziale con le juniores, pensando poi anche agli anni futuri. Siamo contenti perché il gruppo è forte, anche con le ragazze del primo anno. Ad esempio Fiscarelli, Rossignoli e Campana si sono integrate subito alla grande e tutte sono andate a podio. Siamo cresciute nella velocità dove abbiamo preso due ori tra team sprint e keirin. Bravissima Pegolo, così come Sanarini, che tuttavia deve affinarsi in corse come madison e omnium.

Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Altre note positive?

Siamo migliorate nel quartetto, dove abbiamo conquistato l’argento dietro la Gran Bretagna che ha fatto il record del mondo. Stessa cosa ad esempio con Rapporti nell’inseguimento individuale. E’ stata battuta dalla danese Fialla che ha fatto un tempo strepitoso. Se per batterci devono fare i record del mondo, allora significa che siamo sulla strada giusta. Per contro pecchiamo ancora di inesperienza in certe corse, ma mancano gare in Italia ed è difficile arrivare più preparate.

Che indicazioni ha tratto Diego Bragato per i mondiali di agosto?

Credo che per Apeldoorn siamo in crescita, proprio perché in questi europei abbiamo fatto quella esperienza in generale ed internazionale cui facevo riferimento prima. L’idea è sempre quella di mantenere una rosa allargata tenendo sott’occhio tante ragazze. Per i mondiali vorremmo portare un mix di atlete tra primo e secondo anno, perché abbiamo visto che funziona non solo tecnicamente.

Come sarà l’avvicinamento?

La settimana prossima inizieremo con gli allenamenti a Montichiari. Cercheremo di preparare a dovere le discipline in cui siamo più competitive e chiaramente salire di livello in quelle in cui lo siamo meno. Partiremo per l’Olanda il 17 agosto per prendere confidenza con quel velodromo. Siamo fiduciosi.

Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Guardando ancora più in là, si fanno già ragionamenti per Los Angeles 2028?

Gli europei delle giovani, così gli stessi mondiali, sono passaggi intermedi fondamentali per crescere ed accumulare punti per quelle che saranno poi le qualifiche olimpiche. Dall’anno prossimo riprenderà la caccia ai punteggi attraverso le prove di Nations Cup. Sappiamo che le cosiddette big non potranno farle tutte perché saranno impegnate su strada con le proprie formazioni. Disputarle con queste atlete, che nel frattempo saranno diventate più grandi ed esperte, sarà importantissimo e ci consentirà di lavorare con maggiore serenità o pianificazione.

Mastromarco: caro Balducci, come va con gli juniores?

23.07.2025
5 min
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Il progetto della Mastromarco-Vincit ha subito una modifica importante a partire da questa stagione, infatti chiusa la storica squadra under 23 il team è ripartito dagli juniores. Una novità importante, figlia di un ciclismo che sta cambiando e che ha messo sulla graticola diverse formazioni delle categorie giovanili. Molte società hanno chiuso i battenti, altre lo faranno a fine 2025. La Mastromarco ha avuto la forza di trovare un nuovo equilibrio e ripartire, ma non è stato semplice. La categoria juniores è diventata ormai centrale nello sviluppo e nella crescita umana e sportiva dei ragazzi. Prendere le misure non è facile, e i primi mesi per Gabriele Balducci, diesse del team (in apertura foto Instagram), sono stati fondamentali per capire come muoversi e come gestire diversi aspetti. 

«E’ una categoria, dal mio punto di vista, molto bella – ci racconta proprio Balducci – ma vogliono farcela credere migliore di quel che è. Le realtà con le quali ci si confronta sono particolarmente belle e stimolanti, ma il ciclismo è un’altra cosa. Anche i ragazzi non sono atleti fatti e finiti. Anzi, sia tecnicamente che fisicamente non siamo ai livelli che vogliono farci credere. Una grande fetta del gruppo deve crescere. Ci sono dei ragazzi già maturi, ma non così all’altezza per affrontare il WorldTour».

La Mastromarco-Vincit da quest’anno ha cambiato categoria passando dagli U23 agli juniores (foto Instagram)
La Mastromarco-Vincit da quest’anno ha cambiato categoria passando dagli U23 agli juniores (foto Instagram)
Una considerazione che nasce da dove?

Il ciclismo professionistico fisicamente e mentalmente richiede dei requisiti importanti. Non si può far credere a un ragazzino di 17 o 18 anni che ha vinto tre o quattro corse nazionali o regionali che è pronto per un devo team. Ho esperienza in una squadra WorldTour, da quest’anno lavoro con lo staff performance dell’Astana.

Pensare a un salto da juniores a WorldTour è fattibile?

Solo perché vogliono farcelo credere. Il movimento va in quella direzione, ma non è detto che sia una cosa corretta. A mio modo di vedere da parte dei team WorldTour deve esserci tanta pazienza se si vuole fare un cammino del genere. Molti però non aspettano e dopo due anni ti trovi dei ragazzi che smettono o devono ripartire da capo. 

Cosa ti ha affascinato allora di questa categoria?

Mi piace avere a che fare con ragazzi che stanno crescendo, molti di loro sono intelligenti e svegli. Fanno delle domande interessanti che portano al dibattito e al confronto, sull’allenamento, il metodo di corsa e tanti altri aspetti. E’ una categoria in cui i corridori sono in piena adolescenza, c’è un abisso. Fisicamente si vedono ragazzi sviluppati e altri ancora acerbi.

L’approccio al lavoro è diverso, ma i metodi sono pressoché simili alla categoria U23 (foto Instagram)
L’approccio al lavoro è diverso, ma i metodi sono pressoché simili alla categoria U23 (foto Instagram)
Insomma, arrivare a giudicare se un corridore è pronto o meno diventa molto difficile…

Praticamente impossibile. Non è detto che il ragazzo più emancipato poi diventi un corridore. Guardate Conca, Gaffuri e altri ragazzi che sembravano essere finiti, ora stanno raccogliendo ottimi risultati. 

Com’è stato per voi allestire il lavoro e approcciare la categoria juniores?

La Mastromarco nasce come società juniores, Carlo Franceschi aveva già lavorato in questa categoria. Ai tempi era più facile, adesso ci sono tante cose e altri aspetti da considerare che prima non ci riguardavano. Ci siamo concentrati sul prendere ragazzi al primo anno juniores e ci siamo concentrati sull’approccio e trovare un metodo di lavoro funzionale. Poi per nostra fortuna abbiamo vicini sia Vincenzo Nibali che Alberto Bettiol

Qual è l’aspetto con il quale hai avuto maggiore difficoltà?

La scuola, che chiaramente ha la priorità su tutto. Gestire ciclismo e scuola non è semplice, ho dovuto prendere i calendari scolastici e trovare l’equilibrio tra i vari impegni. 

Con i ragazzi giovani si aprono spesso dialoghi e un confronto continuo dettati dalla loro curiosità (foto Instagram)
Con i ragazzi giovani si aprono spesso dialoghi e un confronto continuo dettati dalla loro curiosità (foto Instagram)
Ore di allenamento a settimana?

Ci sono stati periodi in cui abbiamo fatto a malapena 11 ore in un cinque giorni, soprattutto in inverno. Altri, come adesso in estate, in cui ho messo qualche allenamento in più. Tuttavia non siamo mai andati sopra le 18 ore settimanali. Alcuni ragazzi chiedono di allenarsi di più e di fare le stesse ore in bici di un under 23, ma per me non esiste. Preferisco lasciare un margine di crescita per il futuro. E’ difficile farglielo capire perché con i vari strumenti a disposizione vedono cosa fanno gli altri. Certo che non capisco dove trovano il tempo di allenarsi tutte quelle ore. 

Avete fatto dei ritiri in montagna?

No, per il momento non ne facciamo. Se una famiglia viene da noi a dire che vanno in vacanza in montagna allora sistemo il programma per l’atleta, ma noi ritiri in altura non ne facciamo. 

Come avete formato la squadra?

Tanti primi anni e qualche ragazzo di secondo, ma pochi. Al momento abbiamo otto atleti, non è da escludere che il prossimo anno ne avremo una decina. Ci siamo concentrati su gare regionali e nazionali, con qualche apparizione nelle competizioni internazionali. Sono sempre stato dell’idea che il calendario lo fanno i ragazzi, quindi se sono stanchi o se non si sentono in forma è inutile portarli in determinati appuntamenti. Da questo punto di vista voglio ringraziare tutti gli organizzatori perché ci hanno sempre invitati a tutte le gare. 

Nello staff c’è sempre Carlo Franceschi lo scopritore di Vincenzo Nibali, il quale ha già lavorato con gli juniores
Nello staff c’è sempre Carlo Franceschi lo scopritore di Vincenzo Nibali, il quale ha già lavorato con gli juniores
Si corre tutte le domeniche?

No, assolutamente no. Abbiamo lavorato sul trovare un equilibrio tra gare e recupero. Ora facciamo le ultime corse e poi dal 27 luglio ci prenderemo due settimane di pausa, prima di riprendere per il finale di stagione. 

Materiale?

Siamo super forniti. Abbiamo abbigliamento firmato Q36.5, le biciclette ce le dà Cannondale, casco e occhiali sono di Rudy Project

Come vi rapportate con la categoria allievi?

Mi limito a vedere qualche gara, ma non vado a mettere becco nel lavoro degli altri. Non è facile parlare con i ragazzi perché appena qualcuno fa un paio di risultati ha già attorno tante squadre e qualche procuratore. 

Ora hai molto più a che fare con i genitori?

Per forza di cose. Alcuni dei ragazzi sono minorenni e non hanno l’auto e quindi il genitore diventa una figura centrale, fa parte del percorso. Con alcuni lavori meglio, con altri peggio, ma è normale. Quando un ragazzo vince non è facile nemmeno per loro avere così tanta attenzione intorno al proprio figlio, c’è anche chi si fa dei film che non esistono. 

Carlo Giorgi smette dopo 40 anni: «Il ciclismo non è più passione»

13.07.2025
5 min
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«Dopo 40 anni di attività succede di dire basta – dice Carlo Giorgi, presidente del team Fratelli Giorginon è una questione di soldi, ma burocratica». La voce si ferma e non vorrebbe andare avanti. Dopo così tanti anni nel ciclismo, magari Carlo Giorgi non sente la necessità di parlare, ma ha tante cose da dire. Non vorrebbe nemmeno dirle, la decisione di chiudere la squadra dopo tanti anni è arrivata qualche stagione fa. 

«Ho deciso che avrei smesso da tre anni ormai – continua – ma non l’ho detto a nessuno. Avevo tanti pensieri sul ciclismo giovanile e su com’è cambiato, ma avevo deciso di tenerli per me».

Carlo Giorgi ha deciso di chiudere il Team Fratelli Giorgi dopo 30 anni di attività (foto Facebook Team Fratelli Giorgi)
Carlo Giorgi ha deciso di chiudere il Team Fratelli Giorgi dopo 30 anni di attività (foto Facebook Team Fratelli Giorgi)

Un sistema che non funziona

Carlo Giorgi sembra un uomo di poche parole e magari lo è anche, ma se per quarant’anni ha avuto la forza e la volontà di tenere in piedi una squadra giovanile, vuol dire che la passione per questo sport e per i ragazzi è sempre stata radicata in lui. Per questo sentire che dal 2026 non avremo più il team Fratelli Giorgi ci fa capire che il ciclismo giovanile ha preso una piega difficile da raddrizzare. Se nemmeno la passione di un uomo che ha sempre amato il ciclismo riesce a far superare ostacoli e difficoltà, allora è arrivato il momento di farci (e fargli) qualche domanda. 

«Ogni anno – racconta Carlo Giorgi – c’erano e ci sono sempre più problemi nel gestire una società giovanile. Capirà chi di dovere (la Federazione in primis, ndr) se c’è qualche motivo alla base della chiusura di tante squadre juniores. Le responsabilità aumentano e nessuno ci dà una mano, tutto grava sulle nostre spalle». 

Carlo Giorgi si è preoccupato di trovare una nuova squadra ai suoi collaboratori e ragazzi (photors.it)
Carlo Giorgi si è preoccupato di trovare una nuova squadra ai suoi collaboratori e ragazzi (photors.it)
Non c’era nessuno pronto a prendere in mano la squadra?

No, ai miei figli non interessa, quindi nulla… Ma li capisco, è diventato come avere un secondo lavoro con tantissime responsabilità e nessuna tutela. 

Cosa prova nel chiudere la sua squadra dopo 40 anni?

Nella vita c’è sempre un inizio e una fine. Tre anni fa avevo già deciso che sarei arrivato fino a qui. Lo avevo già comunicato agli sponsor. Basta, questo mondo non mi piace più.

Cosa non le piace più?

Tanti aspetti. I ragazzi non corrono più per amore verso questo sport, i procuratori arrivano a prendere gli atleti fin dagli allievi (ieri abbiamo letto di Tommaso Cingolani, campione italiano allievi, già ingaggiato dai Carera, ndr). Ormai la categoria juniores è diventato il fanalino del professionismo, vengono a prendere ragazzini di 18 anni per portarli già nel WorldTour. Anche le squadre dilettantistiche (le under 23, ndr) non esisteranno più. Prima tutto era diviso e ogni categoria aveva i suoi passi. 

La categoria juniores si sta sempre più assottigliando perdendo ragazzi e team (photors.it)
La categoria juniores si sta sempre più assottigliando perdendo ragazzi e team (photors.it)
Ora è tutto insieme?

I ragazzi a 16 anni vincono una corsa e si sentono dei professionisti (e li trattano come professionisti, ndr). Poi arrivano tra gli juniores e se vincono una o due gare pretendono di diventare grandi subito. Vogliono la  bici nuova ogni anno e se non gliela dai vanno a cercare una squadra nuova. Senza considerare la burocrazia.

Ha un peso importante?

E’ anche per colpa di tutte queste carte che smetto. E’ un lavoro con oneri e responsabilità e nessuna tutela. Rischio più a fare la squadra che il mio vero lavoro. Secondo voi perché le gare continuano a diminuire? Ve lo dico io…

Procuratori e team WorldTour vengono a prendere ragazzi sempre più giovani rendendo difficile il lavoro alle squadre giovanili (photors.it)
Procuratori e team WorldTour vengono a prendere ragazzi sempre più giovani rendendo difficile il lavoro alle squadre giovanili (photors.it)
Prego.

Organizzo e continuerò a organizzare una gara (il Trofeo Vittorio Giorgi, ndr). Ma avete idea di quante cose servono adesso? Devi avere il giusto numero di macchine per garantire la scorta, i volontari devono aver fatto dei corsi, poi c’è l’assicurazione. Devi solamente pagare e non torna nulla: non parlo di soldi, ma di riconoscimento. Sembra che tutto sia dovuto. Ma vi faccio un’altra domanda.

Dica pure…

Secondo voi quanta gente rimarrà disposta a lavorare così? Pochissimi. Guardate le gare giovanili e notate l’età degli accompagnatori, sono tutte persone della mia età o dai cinquant’anni in su. Ho fatto crescere tanti ragazzi e solamente uno o due vengono alle gare ogni tanto per dare una mano. I giovani hanno in testa altro, giustamente, il ciclismo alla fine è uno sport povero.

Tanti ragazzi hanno corso nel team Giorgi (qui Privitera) e poi sono passati nei vivai WT, senza alcun riconoscimento economico per il team juniores
Tanti ragazzi hanno corso nel team Giorgi (qui Privitera) e poi sono passati nei vivai WT, senza alcun riconoscimento economico per il team juniores
Soprattutto per le squadre giovanili…

Tanti ragazzi sono cresciuti nella mia squadra e diventati professionisti e quando passano al team che li ha cresciuti non è riconosciuto nessun rimborso. Come si fa ad andare avanti se ci chiedono solamente di mettere soldi e non abbiamo tutele? Bisogna dare una mano alle società, non si può vivere con i soli investimenti dei privati

Qualcuno capirà prima o poi?

Vedremo. Vi faccio un altro esempio: nell’ultima gara che ho organizzato un ragazzo ha preso una borraccia al di fuori della zona prestabilita e il giudice è venuto a fine gara dicendomi che dovevo pagare una multa. Gli ho chiesto se loro vengono la domenica con l’obiettivo di prendere più soldi possibile. Non è più ciclismo, è politica. Semplicemente dopo 40 anni mi sono stancato.

Tommaso Cingolani: il tricolore allievi e la passione per la bici

12.07.2025
5 min
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Tommaso Cingolani è il nuovo campione italiano della categoria allievi su strada, titolo inseguito da un po’ di tempo e conquistato a Gorizia con un ottimo lavoro di squadra e una volata che ha consacrato il tutto. Il giovane talento originario di Senigallia del Zero24 Cycling Team è abituato a vincere, lo fa con regolarità sia su strada che nel fuoristrada. Tuttavia dice che il successo di Gorizia era un po’ inaspettato e in qualche modo “maledetto” visto che un titolo tricolore su strada lo inseguiva da qualche tempo (in apertura foto Leonardo Quagliani). 

«Domenica correrò a Fano – ci dice subito – e indosserò per la prima volta la maglia di campione italiano su strada. Sono un pochino emozionato all’idea. Sinceramente non mi aspettavo di vincere la corsa in linea perché la gara che assegna il tricolore è sempre particolare, si corre in tanti e non è facile gestire i diversi momenti di gara. Inoltre anche l’anno scorso ero tra i favoriti ma un problema meccanico mi ha messo fuorigioco. Non che a Gorizia siano mancati dei piccoli “intoppi” ma nulla che ci ha impedito di vincere».

Tommaso Cingolani corre con lo Zero24 Cycling Team (foto Leonardo Quagliani)
Tommaso Cingolani corre con lo Zero24 Cycling Team (foto Leonardo Quagliani)

Lavoro di squadra

Riconosce il lavoro dei compagni Tommaso Cingolani, e sa che senza di loro avrebbe fatto più fatica a vincere. I ragazzi della rappresentativa marchigiana hanno corso bene e ce lo dice lui stesso.

«Nel finale eravamo in tre su quindici – racconta – e ci siamo mossi al meglio per arrivare allo sprint. All’inizio, dopo appena cinque chilometri di gara, mi sono toccato con un avversario e mi si è rotto un raggio. Sono rimasto calmo, una volta capito che la bici non aveva nulla e che non avrei dovuto cambiarla ho proseguito sereno».

Tommaso Cingolani ha vinto anche il titolo tricolore allievi a Follonica a inizio 2025 (foto Leonardo Quagliani)
Tommaso Cingolani ha vinto anche il titolo tricolore allievi a Follonica a inizio 2025 (foto Leonardo Quagliani)
Non è il primo titolo italiano che vinci.

Vero. Ho vinto anche il tricolore nel ciclocross e a cronometro (qualche giorno prima della prova in linea, sempre a Gorizia, ndr). Avevo corso anche la prova in mountain bike una settimana prima, a fine giugno, ma non era una gara semplice.

Alterni tutte le discipline: strada, ciclocross, mountain bike e cronometro, come fai?

Il ciclocross si corre durante l’inverno quindi è semplice da gestire, finita la stagione su strada mi concentro su quello. Mentre riuscire a trovare il giusto equilibrio tra strada e mtb non è facile, le stagioni si sovrappongono. Infatti il campionato italiano mtb non è stato semplice, non usando spesso la bici facevo più fatica nelle parti tecniche. 

Per Tommaso Cingolani il ciclocross è una passione e un grande divertimento (foto Leonardo Quagliani)
Per Tommaso Cingolani il ciclocross è una passione e un grande divertimento (foto Leonardo Quagliani)
Un grande amore per la bici, da dove arriva?

Mio padre ha corso nelle categorie giovanili e anche lui correva in tutte e tre le discipline. Ora ha un negozio di bici in provincia di Ancona (Cingolani Bike Shop, ndr). Mi ha trasmesso questa passione che mi piace portare avanti, almeno finché mi sarà possibile. Sicuramente il ciclocross continuerò a farlo, mi piace molto perché le gare sono corte, esplosive e parecchio divertenti. Ho iniziato quando ero esordiente primo anno. 

Come riesci a coordinare tutte queste attività con la scuola?

Grazie al progetto studente-atleta ho modo di programmare le interrogazioni e le verifiche. Sto studiando all’Istituto Tecnico di Senigallia, indirizzo turistico-sportivo. L’ho scelto perché ci sono diverse ore di educazione motoria e studio due lingue: inglese e spagnolo. Ora il programma prevede l’inserimento di una terza lingua e dovrò decidere tra tedesco e francese. 

Il giovane marchigiano corre anche in mtb (foto Leonardo Quagliani)
Il giovane marchigiano corre anche in mtb (foto Leonardo Quagliani)
Hai scelto la squadra per il prossimo anno?

Io e altri tre miei compagni del Zero24 Cycling Team, mio fratello gemello Filippo, Gianmarco Paolinelli ed Edoardo Fiorini andremo a correre con il team Ecotek. Cercavamo una squadra dove andare a correre tutti e quattro perché ci troviamo bene insieme ed essere nella stessa squadra anche da juniores ci permette di allenarci a casa. 

Scelta presa da voi in autonomia?

Ci ha aiutato la squadra (Zero24 Cycling Team, ndr) e ne ho parlato con il mio procuratore. Dall’inizio di questa stagione sono con i Carera, mi hanno contattato loro e visto come sta andando il ciclismo mi è sembrata una buona scelta per il futuro. 

Tommaso Cingolani passerà juniores con il team Ecotek (foto Leonardo Quagliani)
Tommaso Cingolani passerà juniores con il team Ecotek (foto Leonardo Quagliani)
Curioso di provare la nuova categoria?

Sì. Grazie al Team Ecotek correremo tutte le gare più importanti del calendario italiano e probabilmente anche qualcosa all’estero. Ora però rimango concentrato sui prossimi impegno, a partire dalla gara di domenica a Fano e quelli con la nazionale. Dal 19 al 27 luglio parteciperò alle Olimpiadi Giovanili in Macedonia, correrò sia nella prova in linea che in quella a cronometro. 

A proposito, tra tutte le discipline stavamo dimenticando la cronometro, quando hai iniziato?

Ho fatto la prima gara la scorsa stagione quando ero allievo primo anno. Non andò benissimo ma i miglioramenti sono arrivati subito e così ho iniziato a prendere sul serio anche questa disciplina. Infatti se dovessi dire chi sono i corridori che mi piacciono e che ammiro dico: Van Der Poel perché fa strada, ciclocross e mtb. E poi c’è Evenepoel per la cronometro.

Conca ha aperto lo scrigno, ma il problema parte dai giovani

08.07.2025
6 min
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Le vicende del ciclismo italiano continuano a tenere banco, la vittoria del campionato italiano da parte di Filippo Conca ha aperto un cassetto pieno di problemi fino ad adesso tenuti nascosti. Come quando nel fare pulizia si ritrovano carte appallottolate e piegate in malo modo, messe in un angolo nella speranza che qualcuno se ne dimenticasse. Ma come accade con le multe il tempo accumula, non dimentica. Ci siamo così trovati, in una calda domenica di fine giugno, con un ciclista che ha deciso di aprire quel cassetto ormai nascosto dalla polvere. Ma il problema è ben più radicato e parte dai giovani

Era necessario prima o poi venire a patti con la realtà. Le parole che lo stesso Conca ci ha regalato qualche giorno dopo ci hanno permesso di fermarci e cercare delle risposte. Un ragazzo di 26 anni, scaricato dal ciclismo professionistico con la fretta che ormai lo contraddistingue, ha avuto la forza di non arrendersi e ripartire. Gli è costato tanto: fatica, impegno e tanti bocconi amari da mandare giù. 

Il tricolore di Conca ha aperto il dibattito, il ciclismo è a un punto di svolta?
Il tricolore di Conca ha aperto il dibattito, il ciclismo è a un punto di svolta?

Una piramide che crolla

La deriva del movimento è partita però dal ciclismo giovanile, la sua gestione è ormai in mano a pochi soggetti che non sempre fanno il bene dell’atleta. Si vanno a cercare i talenti in categorie che prima servivano a raccontare quanto i giovani amassero andare in bici. Ora quei giovani amano ancora andare in bici? La risposta per certi versi è “sì” ma non dobbiamo farci ingannare. 

«Quello che ci ha dimostrato la storia di Conca – analizza Stefano Garzelli, in questi giorni impegnato con il commento tecnico della RAI al Tour de Franceè che un corridore di 26 anni è considerato vecchio. Nel dirlo provo un gran senso di rabbia. La sua carriera è un insieme di episodi che si possono ripetere e possono coinvolgere tutti. Una serie di problemi fisici e in quattro anni Conca si è trovato fuori dal ciclismo professionistico. Un ragazzo come lui non ha trovato nessuno che lo facesse correre, nemmeno una continental».

La caccia agli juniores porta a una professionalizzazione della categoria, non sempre un bene per dei ragazzi giovani
La caccia agli juniores porta a una professionalizzazione della categoria, non sempre un bene per dei ragazzi giovani
E’ il segno che forse si sta esagerando in questo continuo ricambio?

I corridori giovani non hanno tempo per crescere, ora stiamo vedendo test di ragazzi giovani (juniores, ndr) con numeri impressionanti. Ma poi, in corsa, come riesci a gestire il tuo potenziale se ti mettono a fare il lavoro sporco? La vera domanda è cosa stiamo chiedendo ai giovani? Perché poi se non performi e non porti punti, ti lasciano a casa. 

Il rischio è di vedere sempre più ragazzi come Conca.

Sì, ma a 25 anni un corridore non è finito, anzi. E’ appena entrato nella sua completa maturazione fisica e mentale. Non si guarda più a ragazzi di questa età, ma agli juniores. La cosa più spaventosa è che sono ragazzi giovani trattati come campioni, ma non lo sono. Esistono delle eccezioni, come è stato Evenepoel e ora Seixas. Anche se su quest’ultimo qualche dubbio sul fatto che stiano facendo un calendario esagerato ce l’ho. 

Il problema è che alle corse degli allievi ora trovi i procuratori, i tecnici non vanno più a vedere le categorie giovanili, si accontentano dei test…

Si fa credere ai ragazzi di essere entrati nel mondo del professionismo e poi non è vero. Non lo sono. C’è una lotta sfrenata per entrare nelle squadre development di formazioni WorldTour già dagli allievi. Per me il male più grande è l’aver lasciato carta bianca per i team juniores. Red Bull, Decathlon e tutti gli altri. Siamo davanti a specchietti per le allodole. 

I devo team juniores rischiano di creare una spaccatura all’interno del movimento (foto Instagram/ATPhotography)
I devo team juniores rischiano di creare una spaccatura all’interno del movimento (foto Instagram/ATPhotography)
Sembra che senza procuratore non puoi correre, anche a 17 anni.

Ognuno guarda al suo interesse, questo meccanismo che si è creato è incontrovertibile. Si dovrebbe lavorare per renderlo meno pressante. Ma se le squadre WorldTour continueranno a creare team giovanili, il sistema continuerà a prendere ragazzi sempre più giovani. 

Tanti ragazzi poi decidono di abbandonare la scuola.

Questo è un tema importante. Quando hai 16 anni la tua priorità devono essere gli studi. Invece adesso ti trovi davanti ragazzi che hanno delle vie “facilitate” o comunque che mettono in secondo piano l’istruzione. Anche io sono padre e mio figlio, che corre in Spagna (dove Garzelli e la sua famiglia vivono, ndr) si è trovato più volte a gareggiare contro ragazzi che si allenano 22 ore a settimana. Se vai a scuola e studi non hai tutto quel tempo per allenarti. Vi faccio un esempio.

Prego…

Qualche settimana fa mio figlio era a una gara riservata agli juniores in Spagna, erano in quarantotto al via, pochissimi. Il perché era presto detto, la settimana successiva c’era una gara più prestigiosa. Il rischio è di non avere più gare perché un organizzatore non avrà più interesse a fare una corsa per neanche cinquanta ragazzi. Tutti vogliono correre con la nazionale o con i devo team. Non esisteranno più le altre squadre, quelle “normali”.

Certe esperienze, come le prove di Nations Cup dovrebbero offrire la possibilità a tanti ragazzi di crescere e confrontarsi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Certe esperienze, come le prove di Nations Cup dovrebbero offrire la possibilità a tanti ragazzi di crescere e confrontarsi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Tutti vogliono emergere, ma non c’è spazio.

Come possono starci tutti? Anche se un giorno tutte le diciotto squadre del WorldTour avranno dei team juniores, comunque i posti saranno limitati. E poi che calendario faranno? Scusate, ma a me la gara in cui i primi cinque erano gli atleti della Grenke Auto Eder (vivaio juniores della Red Bull, ndr) non ha senso. Cosa vuol dire andare alle corse e competere contro chi fa la vita di un diciassettenne “normale”?

Senza considerare che anche la nazionale sta diventando una cosa circoscritta a pochissimi.

Sono dell’idea che le federazioni nazionali dovrebbe dare la possibilità di correre al maggior numero di giovani possibile e non di lavorare con un cerchia di dieci ragazzi. Tutti si caricano di aspettative e si credono già arrivati, poi fanno interviste, eventi, foto. Sta anche ai media non esagerare in proclami e titoloni.

Vero…

Poi tutto diventa dovuto e si creano delle classi in base al talento. Ma a 16 anni, come detto prima, ci sono diversi fattori che incidono. Io sono contro queste esclusioni e alla creazioni di gruppi ristretti. E’ chiaro che se poi le diciotto formazioni WorldTour creano le squadre juniores e prendono i migliori allora il sistema si inceppa. 

Perché i team WorldTour al posto di creare formazioni non possono sostenere i team locali aiutandoli nella gestione? (foto ufficio stampa Nordest)
Perché i team WorldTour al posto di creare formazioni non possono sostenere i team locali aiutandoli nella gestione? (foto ufficio stampa Nordest)
Ci sarebbero tanti modi per far crescere in maniera uniforme i ragazzi.

Nel calcio le squadre hanno i loro team giovanili, ma anche una serie di squadre locali che fungono da team satellite. Il ciclismo non ha questa capillarità, ma grandi sponsor che possono permettersi di fare il WorldTour potrebbero dare una mano alle squadre giovanili senza surclassarle. Magari distribuendo la ricchezza (o anche organizzando corse così da tenere vivo il movimento, ndr). Sono contento per Conca, il suo risultato fa capire che certe dinamiche sono irreali, bisogna sperare che questo avvenimento non si asciughi come una goccia d’acqua nel deserto.