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I privilegi dei corridori e le smorfie di “Juanpe” Lopez

23.12.2022
5 min
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In qualche modo si scambiarono il testimone sull’Etna. Mentre Juan Pedro Lopez indossava la prima maglia rosa della carriera, l’altro Lopez – il Miguel Angel dell’Astana – si ritirava per gli effetti di un’infiammazione. Per l’andaluso della Trek-Segafredo, 25 anni, che puntava a vincere la tappa ma dovette arrendersi a Kamna, si aprirono dieci giorni di scuola di ciclismo. Lo stesso intervallo di tempo, poco meno, che due anni prima aveva lanciato le quotazioni di Almeida. E proprio parlando con Matxin, tecnico della UAE Emirates e mentore del portoghese, giorni fa il discorso è caduto sullo spagnolo e su come quei giorni in rosa, terminati nel giorno di Torino (foto di apertura), potrebbero condizionare anche la carriera di “Juanpe” Lopez.

«Non lo so – dice Lopez – per ora è un bel ricordo, perché sono stati i 10 giorni più belli della mia vita. Questo però è un anno nuovo e vediamo che obiettivo possiamo raggiungere. Lo so che quando un corridore prende la maglia rosa o qualunque altra maglia di leader, nelle gare dopo ha sempre un po’ di responsabilità in più. Però per me è un bel ricordo, un bellissimo ricordo e basta…».

In dieci giorni di maglia rosa, Lopez ha costruito una popolarità che ancora lo segue
In dieci giorni di maglia rosa, Lopez ha costruito una popolarità che ancora lo segue

La scuola della Vuelta

“Juanpe” Lopez si muove e parla a scatti, come il personaggio di un cartone animato. E’ la personificazione della simpatia, con gli occhi che a tratti roteano e il gesticolare delle mani molto latino.

«Se mi ricordo quel giorno sull’Etna? Madre mia, certo – sgrana gli occhi – mi ricordo tutto. La salita. Quando ho attaccato a 9 chilometri dall’arrivo ho pensato che non sarei arrivato mai. Volevo vincere la tappa, non prendere la maglia. Ma alla fine forse è convenuto a me, perché dieci giorni in maglia rosa sono tanto. Una scuola. Ho imparato a soffrire un po’ di più per tenerla, ma conoscevo già la sofferenza nel ciclismo. Alla Vuelta l’anno prima avevo la sinusite. Non respiravo e ho lottato ogni santo giorno per arrivare. Chiedevo sempre via radio al direttore quanto fosse il ritardo dal primo perché pensavo che non sarei arrivato e quelle tappe mi hanno insegnato tanto a soffrire. Invece quando hai la maglia rosa va tutto sopra le nuvole, tutto come un sogno…».

Kamna e Lopez sulle rampe dell’Etna. E’ il 10 maggio 2022, uno avrà la tappa, l’altro la maglia
Kamna e Lopez sulle rampe dell’Etna. E’ il 10 maggio 2022, uno avrà la tappa, l’altro la maglia

Vittoria al Val d’Aosta

Chiusa quella porta, si lavora adesso per aprirne un’altra, cercando di individuare i margini e i limiti di un ragazzo di 54 chili che nella vita, prima della gloria sportiva, ha conosciuto la fatica del lavoro e sa apprezzare i vantaggi della sua posizione.

«La mia idea ogni anno – dice Lopez – è andare un po’ più avanti. La squadra mi darà ancora l’opportunità di fare classifica come è stato al Giro d’Italia. Ma non so dire dove potrò arrivare. Se ancora decimo o anche meglio. Il mio obiettivo di quest’anno però è alzare le mani al cielo. Vincere. Perché va bene che sono stato 10 giorni in maglia rosa, ma ancora non ho mai vinto. La mia ultima vittoria arrivò proprio in Italia, al Giro di Val d’Aosta nel 2019, quando correvo con la Kometa.

«Vincere da professionista è molto più difficile. Quando giocano due squadre di calcio, una vince e l’altra perde. Ma noi siamo 200 e la percentuale non è più cinquanta e cinquanta. Per questo non si fa tutto al 100 per cento, ma al 300 per cento, curando ogni tipo di dettaglio, anche il più piccolo. E’ pesante? A me piace. E se qualche corridore dice di soffrire la pressione, io gli rispondo che c’è in tutti i lavori. Nel nostro, riceviamo soldi per andare in albergo, per viaggiare, per farci un massaggio e per correre. Siamo privilegiati. Io quando vado in bici, sono il ragazzo più felice del mondo perché a me piace».

Con Valverde, ha smesso anche l’ultimo grande di Spagna: l’eredità passa a Juanpe e ai suoi… fratelli
Con Valverde, ha smesso anche l’ultimo grande di Spagna: l’eredità passa a Juanpe e ai suoi… fratelli

Debutto al Tour

Come un pugile molto leggero al centro del ring, “Juanpe Lopez” fissa gli obiettivi senza paura, infilandosi nella faretra delle nuove frecce spagnole e annunciando il debutto al Tour.

«Quando ho il numero sulla schiena, è bellissimo. Mi piace l’adrenalina, anche se le corse sono complicate e si rischia di cadere. Per questo è bello anche stare tutti insieme ad allenarsi, oppure farlo da solo. In Spagna adesso c’è un bel ricambio. Hanno smesso Valverde e Contador, ma alla Vuelta abbiamo visto Carlos Rodriguez e Juan Ayuso. Tanti si allarmavano perché non vedevano gli eredi dei grandi campioni, io ho sempre detto che serve pazienza e quest’anno abbiamo iniziato a raccogliere. Non sono più giovane, perché arriva uno come Ayuso che a 19 anni anni fa il primo grande Giro e va sul podio. Ma è sicuro che nei prossimi 5-6 anni la Spagna avrà un ciclismo meraviglioso.

«E io lì in mezzo posso fare lo scalatore, con 54 chili non mi vedo come sprinter. Per l’inizio di stagione, penso alla Vuelta Valenciana e all’Algarve. E da scalatore andrò a debuttare in Francia. Del resto, ho fatto la Vuelta, poi ho fatto il Giro, ora voglio andare al Tour. Ho parlato con la squadra e hanno detto che è una bella idea. Farò Tour e Vuelta, niente male come programma, no?».

Un giorno da Nibali. E forse adesso qualcuno ha paura

21.05.2022
5 min
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«Sono distrutto», dice Lopez con la maglia rosa fradicia di sudore. Lo spagnolo si è fermato accanto al siciliano dell’Astana. Hanno corso insieme lo scorso anno. Nibali lo guarda dall’alto dei rulli. Poi sorride e gli dice: «Abituati, al Giro è così!».

L’arrivo sconsolato di Lopez e l’incoraggiamento di Nibali: «Abituati, funziona così»
L’arrivo sconsolato di Lopez e l’incoraggiamento di Nibali: «Abituati, funziona così»

Lo Squalo cresce

La tappa di Torino è finita da una ventina di minuti. Fa un caldo torrido e ci sono parecchi corridori ancora sul percorso. Si sono ritirati Dumoulin e Nizzolo e se la fatica di oggi resterà nelle gambe, domani verso Cogne si vedranno le scimmie. Da quanto tempo non vedevamo un Nibali così bello? La gente lo ha capito e l’esplosione ogni volta che lo speaker faceva il suo nome faceva capire che il pubblico avesse già scelto il suo favorito. Questa è già da cerchiare come una delle tappe più belle del Giro.

«E’ stata una giornata molto dura – dice Nibali – perché il ritmo imposto dalla Bora è stato fortissimo. Era difficilissimo persino alimentarsi sul circuito, perché era molto nervoso e il ritmo era alto in salita e in discesa. Si è rivelata una tappa durissima. Io cercavo la vittoria di tappa, ma sapevo che era difficile. Ero controllato a vista, ho preso un po’ di minuti sull’Etna, ma sono sempre considerato pericoloso. Quindi mi guardano ed è difficile sganciarsi, è normale che sia così».

Lo Squalo ha attaccato prima per rientrare su Carapaz e poi ha provato a fare la differenza: la gamba c’è
Lo Squalo ha attaccato prima per rientrare su Carapaz e poi ha provato a fare la differenza: la gamba c’è

La testa giusta

Sembra di cogliere una punta di orgoglio nelle ultime parole. E sembra anche che aver annunciato il ritiro sia un macigno che si è tolto dalle spalle.

«Non è quello – dice – avevo già deciso, ce l’avevo nella testa. Avevo pensato già da qualche mese di chiudere così alla soglia dei 38 ed era un po’ anche quello che volevo, non ha senso andare oltre. Sono tranquillo. Se va bene, sono contento. Se dovessi saltare, pazienza. Non me ne faccio un grande problema. L’idea di voler andare avanti c’è. Mi manca un po’ di esplosività, però penso che sia anche normale. Non è mai facile essere competitivo così, perché richiede un sacco di lavoro. Lo dice anche Pozzovivo, che è sempre stato un rivale ma anche un amico. Lo sa benissimo che quando gli anni vanno avanti, i sacrifici da fare sono maggiori».

Dopo l’arrivo, con 30 gradi, due bottiglie d’acqua sulla testa prima di iniziare a parlare
Dopo l’arrivo, con 30 gradi, due bottiglie d’acuq sulla testa prima di iniziare a parlare

L’abbraccio del pubblico

Cosa sarà da qui in avanti è difficile da dire. Quanto peserà questa tappa nelle gambe se domani sarà così caldo? Carpaz pagherà quell’attacco da lontano, poi risultato inutile? E questo Nibali può avere mire di classifica? Vincenzo ha morale, basta guardare il gusto con cui sorride e dà di gomito. Il Blockhaus ha riportato l’allegria e forse per questo in finale nessuno se l’è sentita di lasciarlo andare. Dalla transenna lo acclamano. Gli chiedono di voltarsi per fare una foto e lui si volta.

«Ho visto che due volte prima di salire sul Superga – dice – si è rotto il gruppo e tanti sono rimasti indietro. Ora è il momento di recuperare. Sono veramente molto felice. Dall’inizio di questo Giro e fino ad oggi, il pubblico è stato davvero eccezionale. Vorrei regalare un successo anche a tutti loro che mi sono stati molto vicini con grandi pensieri, striscioni, cartelloni. Ci vorrebbe un mese da dedicare soltanto a loro per dirgli grazie, però purtroppo durante il Giro siamo sempre sotto stress e non è facile essere disponibili. Ci sarà un po’ di tempo anche dopo…».

Martinelli voleva vincere, lo ha detto chiaramente: ci riproveranno
Martinelli voleva vincere, lo ha detto chiaramente: ci riproveranno

Rammarico Martinelli

Lo lasciamo al suo girare le gambe per riprendere il battito giusto e ci accorgiamo che dal bus è appena sceso Martinelli. Quando vi è salito, aveva un mezzo groppo in gola.

«Io oggi volevo vincere – dice il bresciano – e mi dispiace non esserci riuscito. Per lui, non per me, perché per me non cambia niente. Sono contento di cosa ha fatto. Sicuramente quando ti fai il gusto e vedi che davanti sono rimasti tutti i buoni per la classifica e tu sei un pochino fuori… Invece abbiamo scoperto che c’era uno ancora più fuori ed è quello che ha vinto. Yates è stato il più furbo di tutti, non c’è niente da fare».

Da quanto tempo non si vedeva un Nibali così di buon umore? Il Blockhaus ha portato morale
Da quanto tempo non si vedeva un Nibali così di buon umore? Il Blockhaus ha portato morale

Un giorno per volta

Ma l’appetito vien mangiando. Solo che Martino non abbocca: ne ha viste troppe per lasciarsi andare, anche se magari la testa dipinge altri scenari.

«Pensiamo alla prossima – dice – dopo la giornata di oggi non voglio pensare al mal di gambe che ci sarà domani. Io voglio vedere questo Vincenzo. Quello che dopo la corsa non è arrabbiato, che non ce l’ha con nessuno. Quello gli va bene, non dico tutto ma quasi, perché oggi s’è fatto anche lui il gusto di vincere una tappa al Giro dopo un bel po’ che non ci riusciva.

«Oggi è stato uno di quelli che ha movimentato la corsa e quando gli abbiamo detto di fare quello che era nei nostri giochi lo ha fatto. Quando è partito sulla salita dura, gli abbiamo detto noi che era l’unico momento per andare su Carapaz. Non aveva niente da perdere, è fuori classifica, ma non lo lasciano andare. E’ normale? Pensavo che oggi si poteva lasciargli spazio, ma evidentemente qualcuno pensa che possa arrivare più avanti. Nei mesi scorsi dopo il Covid l’ho visto un po’… smarronato. Però secondo me un bel boccone che aveva lì è stato Messina. Io da Messina in poi ho visto un altro Vincenzo».