Partito il Catalunya, antipasto di Giro e non solo. Parla Pozzovivo

25.03.2025
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Con la volata di ieri a Sant Feliu de Guixols vinta da Matthew Brennan si è aperta la Volta Ciclista a Catalunya, una delle corse più attese e anche più importanti. Quest’anno sette tappe per un totale di 1.182 chilometri e 19.122 metri di dislivello. E stavolta è ancora più attesa per chi aspira al Giro d’Italia visto che si sfidano Primoz Roglic e Juan Ayuso, probabilmente i due contendenti principali per la maglia rosa.

Per entrare meglio nei meandri di questa corsa, tanto particolare, secondo molti la più difficile insieme a Paesi Baschi e Delfinato per l’intensità con cui viene affrontata, ci siamo rivolti a Domenico Pozzovivo. L’esperto lucano, oltre ad avere una certa esperienza (anche) in questa gara, è stato l’ultimo italiano a salire sul podio: terzo nel 2015 e vincitore di una tappa (nella foto di apertura). Strategie, percorsi, salite, il duello Ayuso-Roglic, sentiamo il Pozzo nazionale!

La Catalunya è la regione di Barcellona. Si trova nel Nord Est della Spagna. Sette le tappe previste
La Catalunya è la regione di Barcellona. Si trova nel Nord Est della Spagna. Sette le tappe previste
Domenico, ecco dunque il Catalunya: che gara è? Pensando anche alla Parigi-Nizza, alla Tirreno Adriatico o ai Paesi Baschi, come si colloca?

In generale come starting list e come caratteristiche dei corridori che vengono schierati dalle squadre è una delle gare con meno peso al via. E per peso intendo proprio il peso medio dei corridori. Facendo la media del peso dei corridori partenti, al Catalunya e ai Paesi Baschi siamo al minimo dell’anno. Ci sono tante squadre che vanno senza velocista, addirittura. Di solito nelle squadre ci sono due passisti e un velocista per coprire le volate, ma al Catalunya capita spesso di avere zero velocisti e forse neanche un passista o comunque gente sopra gli 80 chili.

Anche ieri in effetti, nonostante un percorso veloce, c’è stato uno sprint anomalo con 23 atleti nel primo gruppo. Un drappello misto di sprinter e uomini di classifica…

Quest’anno ci sono un paio di occasioni per i velocisti puri, però la startlist è rimasta molto povera di sprinter, a parte Dainese, Groves e pochi altri. Questo rende la corsa meno scontata anche nelle tappe più facili. Non essendoci un blocco o tre-quattro squadre che vogliono tenere chiusa la corsa, tutto diventa più imprevedibile, anche in una tappa come quella di ieri, che tra l’altro era molto frastagliata nel finale.

Che tipo di percorsi ci sono in quella regione della Spagna? E in particolare come sono le salite della Catalunya?

A me piacevano molto perché le strade sono in perfette condizioni. In Catalunya è difficile trovare buche. Si pedala spesso su statali o strade ampie, anche gli arrivi in salita non sono su strade strette di montagna. Sono salite lunghe, con pendenze non impossibili. Per esempio, l’arrivo alla Molina è abbastanza in alto, e poco prima si arriva quasi a 2.000 metri (Coll de la Creueta, ndr) e il freddo può essere un fattore.

La vittoria di ieri di Matthew Brennan, una stoccata d finisseur
La vittoria di ieri di Matthew Brennan, una stoccata d finisseur
Anche l’arrivo al Montserrat, quarta tappa, è interessante…

La salita è molto costante, intorno al 7 per cento, lunga circa 7 chilometri. L’ultimo chilometro e mezzo è più facile: perfetta per Roglic. Lo scenario è spettacolare, con il monastero incastonato nella roccia. Questi arrivi fanno la differenza. Differenza nel ciclismo moderno, in cui i distacchi sono sempre contenuti.

Chiaro…

Poi c’è la salita di La Queralt, che arriva al termine di quella che considero la tappa regina, la sesta, nonostante quella di La Molina sia più lunga e con più dislivello. Qui ci sono scalate in successione. La salita di Queralt è lunga circa 8,5-9 chilometri con pendenza media del 7,5 per cento. Non è estrema, ma impegnativa, soprattutto nel contesto di una tappa che, come ho detto, ha un susseguirsi di salite.

E del circuito finale, con il Montjuic, cosa ci dici? Può fare selezione?

Può fare selezione se è preso forte sin dal primo dei suoi sei passaggi. Magari può anche rimescolare un po’ le carte nella generale, ma va preso di petto con la squadra, perché poi in discesa ci si ricompatta in qualche modo se davanti qualcuno non tira. Tutti pensano al Montjuic, ma il pezzo più duro si ha nella discesa. Si fa il giro dello stadio e poi c’è una svolta a destra. Da lì si fa uno strappo duro, spaccagambe davvero. Chi ha fatto il Catalunya se lo ricorda sicuro!

Il grande atteso Primoz Roglic. Lo sloveno ha già vinto il Catalunya nel 2023
Il grande atteso Primoz Roglic. Lo sloveno ha già vinto il Catalunya nel 2023
Queste, Domenico, sono le prime vere salite lunghe della stagione. Cosa cambia rispetto a quelle più brevi? Portano dati importanti ai fini della preparazione?

Sì, alla fine di questa gara probabilmente esci con qualche record stagionale sui minutaggi più lunghi. In allenamento è difficile spingerti oltre 30-40 minuti di sforzo intenso. Qui invece affronti salite che ti portano anche mezz’ora o più di sforzo continuo. Questo ti permette di capire eventuali carenze che hai su certi range di durata e intensità, dandoti indicazioni utili per il lavoro successivo.

Veniamo un po’ al parterre. Ci sono Quintana, Carapaz, Mas, Thomas… un ottimo livello, ma le due stelle, pensando anche al Giro, sono Ayuso e Roglic. Come affronteranno questa corsa? Si sfideranno già a viso aperto o si studieranno?

Visto il loro carattere e il loro modo di correre, Roglic probabilmente studierà l’avversario e cercherà di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, magari con un’azione all’arrivo o in volata. Ayuso invece lo vedo più intraprendente, più propenso a segnare il territorio e a dimostrare che sarà competitivo al massimo al Giro. Secondo me cercherà azioni più da lontano.

Il percorso, considerando le salite e l’assenza di velocisti, per chi ti sembra più adatto tra i due?

Lo vedo calibrato su Roglic. Ci sono due arrivi perfetti per lui: la Molina e il Montserrat. La Molina è una salita abbastanza regolare, con una discesina e poi l’ultimo chilometro che torna a tirare. Quando Roglic è in forma riesce a fare la differenza su questi tipi di arrivi perché sa dare un’altra sgasata quando è in asfissia. Anche il Montserrat, con le sue pendenze costanti e il finale più facile, è perfetto per le caratteristiche di Primoz.

Ayuso, affamato come sempre, vorrà vincere sulle strade di casa
Ayuso, affamato come sempre, vorrà vincere sulle strade di casa
Vedi altri protagonisti oltre a loro due?

Carapaz finora ha un po’ deluso, ma potrebbe aver carburato. Arrivando dal Sud America, spesso l’altitudine richiede tempo per ritrovare la miglior condizione. Poi c’è Landa, la costanza fatta persona e sicuramente sarà da top cinque e non è poco. Ma io sono curioso di vedere Giulio Pellizzari.

Perché?

E’ un ragazzo interessante. Ci ho corso insieme e so che ha numeri importanti, correrà in appoggio a Roglic ovviamente. Giulio deve avere pazienza, gestire il suo ruolo e salire di gerarchia con il tempo. Alla fine, quando hai talento, lo spazio lo trovi anche se sei in uno squadrone come la Red Bull-Bora.

Tiberi e Ayuso, parte la sfida rosa: ce la presenta Valoti

23.03.2025
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Alla Tirreno-Adriatico la lotta per conquistare il Tridente che sancisce il dominio sui Due Mari che uniscono questa corsa a tappe è stata una questione a tre. Alla fine l’ambito trofeo lo ha portato a casa lo spagnolo Juan Ayuso davanti a Filippo Ganna e Antonio Tiberi. Da sempre la Tirreno-Adriatico è la corsa che lancia un primo sguardo al Giro d’Italia, chi vince a marzo sulle strade del nostro Paese allora entra di diritto tra i candidati al Trofeo Senza Fine. Dall’Albania partiranno due dei tre protagonisti: Tiberi e Ayuso. Due ragazzi rispettivamente di 24 e 23 anni pronti a darsi battaglia per tre settimane, e a giudicare dalla piega che ha preso il copione alla Tirreno-Adriatico la sfida sembra prendere una direzione abbastanza netta. 

Antonio Tiberi e Juan Ayuso condividono anche una piccola fetta del loro passato, perché entrambi (come pure Ganna) sono stati atleti della Colpack-Ballan quando erano under 23. Tiberi è passato sotto lo sguardo dello staff del team bergamasco nel 2020. L’anno successivo Ayuso fu indirizzato in Italia per fare un netto passo in avanti di crescita. Pochi mesi dopo lo spagnolo entrò a pieno regime al UAE Team Emirates. 

Il podio finale della Tirreno, tutte e tre sono corridori passati tra le fila della Colpack-Ballan
Il podio finale della Tirreno, tutte e tre sono corridori passati tra le fila della Colpack-Ballan

Leggerezza e determinazione

I talenti di questi due giovani talenti hanno avuto Gianluca Valoti in ammiraglia al loro fianco, seppur per una stagione o anche meno. Il diesse della Colpack (ora MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack) li ha visti crescere e imparare. Due cammini diversi raccontati da chi li ha scortati nelle loro esperienze. Abbiamo deciso così di farci aiutare proprio da Gianluca Valoti a lanciare la sfida alla maglia rosa, partendo dal passato e guardando al futuro. 

«Iniziamo con Tiberi – dice Valoti – visto che ha corso con noi un anno prima di Ayuso. Era il 2020, l’anno del Covid. Da questo punto di vista abbiamo avuto modo di vederlo correre solamente una volta prima che tutto si fermasse. Alla ripresa partì forte con il terzo posto al campionato italiano a cronometro, non una novità visto che qualche mese prima aveva vinto il mondiale juniores proprio in quella disciplina. Una delle caratteristiche positive di Tiberi è la sua spensieratezza, aveva una capacità incredibile di staccare dal ciclismo e passare alla vita di tutti i giorni. Penso sia una bella qualità, tanti corridori sono fin troppo focalizzati». 

Tiberi ha corso nel team bergamasco nel 2020, mostrando già ottime doti di cronoman e passista (photors.it)
Tiberi ha corso nel team bergamasco nel 2020, mostrando già ottime doti di cronoman e passista (photors.it)

Imparare

In una stagione interrotta dal Covid Tiberi è comunque riuscito a mettere insieme tante esperienze diverse, anche se tutte al primo anno da under 23. Un fattore determinante se si vanno a considerare i pochi successi ottenuti quell’anno dal frusinate. Ma le qualità erano sotto gli occhi di tutti.

«Il Giro Under 23 – continua Valoti – fu l’unica vera corsa a tappe di spessore, ma si intravedevano le qualità atletiche di Tiberi. Lui è un corridore che ha avuto bisogno di fare ogni anno dei passi di crescita, calibrati e importanti. Lo abbiamo visto sia noi della Colpack e lo avete visto tutti negli anni da professionista. Come caratteristiche Tiberi è il classico passista forte a cronometro, ha nella costanza la sua qualità migliore. Tuttavia questa è una caratteristica che emerge con il tempo, se mi chiedete quale possa essere il suo limite non saprei rispondere. Ha sempre avuto ampi margini di crescita.

«Tiberi – riprende Valoti – è un ragazzo che ha imparato tanto facendo errori e capendo le lezioni da solo. Al Giro ricordo che in una tappa di pianura attaccò e rimase al vento per molti chilometri, uno sforzo che pagò il giorno successivo uscendo di classifica. Però sono cose normali per un ragazzo di diciannove anni».

Il frusinate tra le corse internazionali ha conquistato una vittoria a San Vendemiano (photors.it)
Il frusinate tra le corse internazionali ha conquistato una vittoria a San Vendemiano (photors.it)

Tornado Ayuso

L’anno successivo Matxin, team manager del UAE Team Emirates, portò alla Colpack il giovane Ayuso, una tempesta pronta a travolgere il panorama under 23 italiano. 

«Atterrò a Bergamo a gennaio – ricorda Valoti – in un giorno di freddo e pioggia. Sceso dall’aereo ha voluto allenarsi comunque. Ayuso aveva ed ha ancora una determinazione e un focus fuori dal comune. Sapevamo avesse una marcia in più rispetto agli altri under 23 e alle corse lo dimostrò con una costanza disarmante. Vinse praticamente tutte le gare del calendario nazionale e internazionale e conquistò il Giro U23 senza avere rivali.

«Tatticamente era già maturo e con la voglia di conquistare tutto. Ma la gara che mi fece capire il suo valore fu il Trofeo Laigueglia. Arrivò a 15 minuti dal vincitore ed era al primo anno da U23, ma gli si vedeva in faccia che non fosse contento. Lui non vuole essere secondo a nessuno, ha un carattere vincente che lo porta a volere tutto e subito. Un pregio dal mio punto di vista».

Di nuovo verso il rosa

Non si sono mai sfidati a viso aperto da under 23 Tiberi e Ayuso. Il loro primo incontro su un palcoscenico importante arriverà tra qualche mese e chiediamo a Gianluca Valoti quali siano i valori in campo. 

«Ayuso – conclude il diesse bergamasco – è un corridore più completo, tanto forte in salita quanto a cronometro ed ha anche uno spunto veloce importante. Tiberi è un passista vero che non cala mai, fa della solidità il suo punto forte. Sulle tre settimane non ho timore a dire che Tiberi riesce a gestirle bene anche mentalmente. Lo stesso si può dire di Ayuso. A cronometro li vedo allo stesso livello, forse leggermente avvantaggiato Tiberi. Ma in salita è lo spagnolo ad avere margine. L’ago della bilancia va in direzione di Ayuso, anche per la forza dei compagni che avrà al suo fianco. La cosa che mi auguro, in fondo, è di vederli entrambi sul podio, come alla Tirreno».

Obiettivo maglia rosa: la Tirreno rafforza le ambizioni di Ayuso

18.03.2025
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il tempo di ribadire che nella giornata di svago ad Ancona non avrebbe fatto null’altro che starsene a letto e semmai fare una breve passeggiata, poi Juan Ayuso ha lasciato la Tirreno-Adriatico con il sorriso appagato. Dopo il successo di Frontignano ha spiegato quanto sia difficile essere un corridore di vertice, dopo la vittoria finale (in apertura stringe il trofeo ricevuto da Stefano Allocchio) ha tracciato invece un primo bilancio con lo sguardo verso il Giro d’Italia.

Juan ha vinto, nessuno è parso in grado di mettere in discussione la sua vittoria, ma non ha schiacciato i rivali. La classifica corta ha reso necessario lottare su ogni traguardo senza dare mai nulla per scontato e grazie a questo la corsa è parsa molto interessante. Al punto da concedere una chance al miglior Ganna, che fino all’ultimo è rimasto in lotta per la maglia di ledaer.

Il duello Ayuso-Ganna si è risolto in montagna e solo in extremis. I due vengono entrambi dal Team Colpack
Il duello Ayuso-Ganna si è risolto in montagna e solo in extremis. I due vengono entrambi dal Team Colpack
Prima della Tirreno avevi detto che ci sarebbe stato spazio per crescere, credi di averlo fatto in questa settimana?

Molto, anche mentalmente, soprattutto con queste tappe di freddo e pioggia. Non mi era capitato tanto spesso di correre in condizioni simili. Una volta l’anno scorso, sempre qui alla Tirreno (la tappa di Gualdo Tadino, vinta da Bauhaus, ndr). Poi ricordo un giorno al Catalunya, con un meteo davvero difficile. Qui invece le condizioni sono state impegnative ogni giorno e sono certo che mi aiuteranno a migliorare, soprattutto in vista del Giro. Perché probabilmente a maggio ci saranno giornate come queste, cui devo abituarmi.

La tua tattica è stata piuttosto semplice: una grande crono e poi il tutto per tutto in salita. Hai temuto che potesse non riuscire?

Sì, certo. Ci sono stati momenti difficili, soprattutto per il freddo. Dopo la tappa di Colfiorito e i suoi 239 chilometri, ho pensato che non potesse andare peggio di così. Invece il giorno dopo, in discesa, faceva ancora più freddo. Per fortuna vedere che anche gli altri soffrivano mi ha aiutato a superare il momento di difficoltà. Come ho detto, anche questo è un percorso di apprendimento e quelli sono stati momenti delicati che sapevo di dover superare. Invece, parlando di gambe, mi sono sentito abbastanza bene per tutta la settimana. Sapevo che dovevo rimanere concentrato e aspettare la tappa di montagna.

Quanto è stato importante essere l’unico leader della squadra ed esserlo anche al Giro d’Italia?

Per me è sempre una questione di prestazioni e di essere il miglior corridore possibile. In questa squadra, ogni occasione che si presenta deve essere sfruttata al meglio, perché abbiamo tanti corridori che possono provare a vincere. L’anno scorso sono andato al Tour, ma è stato diverso. Nella sfida più grande della stagione, si doveva lavorare per un compagno di squadra e non sono abituato a farlo. Poi mi sono ritirato per il Covid ed è finita lì. Quando c’è Tadej, il migliore del mondo, dobbiamo correre per lui. Quest’anno però avrò anche io un grande obiettivo e mi piace molto sentire questo tipo di pressione.

Partenza del Tour 2024 da Firenze. Ayuso dovrà correre per Pogacar: un ruolo in cui non si troverà a suo agio
Partenza del Tour 2024 da Firenze. Ayuso dovrà correre per Pogacar: un ruolo in cui non si troverà a suo agio
In questi giorni è parso evidente l’ottimo rapporto che hai con Isaac Del Toro, sembra che siate anche buoni amici. Questo aiuta quando si è in corsa?

Issac mi aveva già aiutato molto in questa corsa l’anno scorso, poi non ci siamo più visti molto. Quest’anno, tranne Laigueglia, ho corso sempre con lui ed è stato di grande aiuto. Gli sono grato. Saremo insieme anche al Giro e credo che ci sosterremo a vicenda. Spero di ritrovarlo anche nella seconda parte di stagione, così anche io potrò aiutarlo a vincere.

Al Giro ci saranno altri rivali, il primo nome che salta agli occhi è Roglic. Preparando la corsa studierai i tuoi rivali oppure rimarrai concentrato unicamente su te stesso?

Da un lato, credo che ci si debba concentrare solo su se stessi, perché non si può controllare quello che fanno gli altri. Però devi anche conoscere i loro punti di forza e di debolezza per poterti adattare e cercare di batterli. Ho corso contro Roglic in tutte le condizioni atmosferiche, alla Vuelta e anche al Tour e mi ha sempre battuto (ride, ndr). Quindi, da questo punto di vista, la sfida non sarà a mio favore, ma spero di poterlo affrontare.

Un giornale spagnolo ha titolato: Ayuso, il Pogacar spagnolo. Ti piacciono certi accostamenti?

Da un lato è bello, perché dice che io sarei simile al miglior corridore della storia. D’altra parte però, non mi piace. Non perché soffra il confronto, perché hanno già parlato di me come del nuovo Indurain e del nuovo Contador. Semplicemente preferisco non essere paragonato a nessuno, perché tutti questi corridori sono stati migliori di me. Vorrei essere semplicemente me stesso, vincere le gare che devo vincere e perdere le gare che devo perdere. Sempre come Juan Ayuso. 

Le tappe di Colfiorito e Trasacco hanno messo a dura prova la sopportazione del freddo di Ayuso
Le tappe di Colfiorito e Trasacco hanno messo a dura prova la sopportazione del freddo di Ayuso
E’ vero, come ha detto il tuo diesse Guidi, che lo scorso inverno hai ragionato con la lungimiranza del vero leader?

Mi sono concentrato di più sul quadro generale, sul grande obiettivo: il Giro. Sto correndo poco. Ora andrò al Catalunya e poi basta. Forse si potrebbe pensare che abbia le gambe per andare ai Paesi Baschi e vincere, ma il Giro comanda su tutto. Per cui ora devo recuperare, dare tempo al mio corpo di assimilare gli sforzi e poi dedicarmi a un altro ritiro in altura per sistemare i dettagli. E’ stato l’inverno in cui ho lavorato di più, al punto che a gennaio ero già al peso forma, che ho sempre raggiunto un paio di mesi più avanti.

Hai già provato qualche tappa del Giro?

La tappa di Siena, quella delle strade bianche, che per noi corridori di classifica sarà cruciale e anche pericolosa. Poi ho visto la cronometro di Pisa, che è molto lunga e sicuramente farà delle grandi differenze. Penso che non ne vedrò altre, anche perché le montagne al momento sono ancora piene di neve.

Dopo Frontignano hai parlato della grande attenzione all’alimentazione: è davvero così estrema?

Si deve controllare tutto, vietato prendere cibo da asporto, ad esempio, perché non possiamo sapere come sia preparato. Credo che quando finirò il Giro, me ne starò per un po’ di tempo senza stress, mangiando cose normali. Ma per il resto non è così difficile, ci sono abituato. Non si tratta solo di riso bianco e uova. Gli chef del team fanno ricette molto buone e rendono tutto molto meno pesante.

Il giovane Del Toro è stato decisivo nella tappa di montagna e sarà con Ayuso anche al Giro
Il giovane Del Toro è stato decisivo nella tappa di montagna e sarà con Ayuso anche al Giro
Ti senti parte del gruppo importante, di quelli che vengono guardati con più rispetto?

Quando hai più gambe, tutto viene più facilmente. In gruppo facciamo tutti lo stesso lavoro, siamo su una bici e cerchiamo di ottenere i migliori risultati possibili. Anche se sanno che sei un corridore molto forte, nessuno ti regala niente e per questo devi lavorare sodo. Quindi per un verso non cambia molto, ma se alla fine della salita ho un po’ più di potenza per fare la differenza, allora le cose sono davvero differenti.

Tiberi, lavori in corso e primi assaggi di Giro contro Ayuso

17.03.2025
4 min
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Al chilometro 103,4 dell’ultima tappa alla Tirreno-Adriatico si è verificato quello che Antonio Tiberi aveva intuito da tempo. Il solo modo per cui Ganna avrebbe potuto guadagnare il secondo che lo divideva dal secondo posto nella generale dopo l’arrivo di Frontignano era quello sprint. Il lavoro della Ineos Grenadiers lasciava presagire il piano. Sono cose che di solito non si fanno: l’ultima tappa si è sempre considerata inspiegabilmente una passerella. In nome di questo a Mikel Landa al Tour del 2017 fu impedito di attaccare il terzo posto di Bardet, da cui lo divideva appena un secondo. Il suo capitano Froome, che quel Tour lo stava vincendo, si espresse a favore del bel gesto. Invece Ganna non si è rassegnato, ha lottato ed è andato a prendersi il piazzamento.

Tiberi ha provato a difendersi. Ha chiesto a Pasqualon di impegnarsi nella volata e poi l’ha fatta a sua volta, piazzandosi al terzo posto dietro Ganna e Milan, subito prima del compagno che gli ha lasciato strada. Sul podio finale della Corsa dei Due Mari, dietro Ayuso si sono ritrovati così Ganna a 35 secondi e Tiberi a 36. «Diciamo che è quasi impossibile – dice dopo l’arrivo dell’ultima tappa – riuscire a difendere un secondo da un uomo come Ganna su degli sprint così. Anzi sono contento di essere riuscito a guadagnare un secondo, quindi alla fine sono contento».

Nella crono di Lido di Camaiore, Tiberi ha colto il 4° posto a 27″ da Ganna, solo 6″ peggio di Ayuso
Nella crono di Lido di Camaiore, Tiberi ha colto il 4° posto a 27″ da Ganna, solo 6″ peggio di Ayuso

La Tirreno del 2024

Il punto di partenza era il risultato dello scorso anno, il piazzamento a più di 8 minuti da Vingegaard. E’ innegabile che il 2025 abbia mostrato finora un Tiberi più solido, capace di assorbire meglio i carichi di lavoro e di prendere l’iniziativa.

«Avevo buone sensazioni e ambizioni per questa Tirreno-Adriatico – spiega – volevo fare bene. Non solo per la gara in sé, ma anche per le prossime. La gara ha seguito uno schema simile a quello dell’anno scorso, a partire dalla cronometro di apertura. L’anno scorso ho faticato più di quanto mi aspettassi, perché la Tirreno fu di fatto la prima gara della stagione dopo la cancellazione della Ruta del Sol. Questa volta, ho avuto un inizio migliore in Portogallo, sentendomi sempre meglio con il passare delle tappe».

Arrivo in salita di Frontignano, Tiberi arriva al 5° posto 20″ dopo Ayuso
Arrivo in salita di Frontignano, Tiberi arriva al 5° posto 20″ dopo Ayuso

Prestazioni in crescendo

Quarto dopo la crono di Lido di Camaiore, 28″ alle spalle di Ganna, appena 6″ alle spalle di Ayuso. Quinto a Frontignano, 20″ alle spalle di Ayuso. I due si ritroveranno al Giro d’Italia, in cui saranno entrambi leader delle rispettive squadre. Che cosa ha detto la Tirreno-Adriatico al corridore del Team Bahrain Victorious?

«Sicuramente il bilancio di questa Tirreno è positivo – spiega – soprattutto rispetto a come è andata lo scorso anno. Sono molto contento di come è iniziato il 2025, lo valuto in modo positivo in vista del Giro. La crono era lunga solo 10 chilometri, quindi è stata uno sforzo diverso rispetto a quello cui sono abituato. Ieri ho cercato di fare la salita col mio passo, per come è il mio stile. Rispondere agli scatti non è da me, perciò ho cercato di salire regolare e fare la mia progressione negli ultimi due chilometri per cercare di recuperare il più possibile e chiudere il gap che avevo con Gee. Mi sono sentito molto bene, ho sentito di avere un ritmo migliore nella fase finale, piuttosto che in avvio».

Il programma ora prevede un ritiro in altura e poi il Tour of the Alps sulla strada del Giro d’Italia. Si riparte dal quinto posto finale del 2024 e dalla maglia bianca dei giovani. Anche nell’ultima tappa della Tirreno, Tiberi ha indossato quel primato, ricevuto in prestito da Ayuso. I due si ritroveranno a duellare proprio nella corsa italiana di maggio. Ayuso è un avversario alla sua portata, non ci sarà l’alibi di un Pogacar imbattibile. L’occasione non va assolutamente sprecata.

Tirreno, festa per due: brinda anche Milan. Che farà a Sanremo?

16.03.2025
5 min
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Non so se è troppo presto pensare di poter fare una bella Sanremo – dice Milan – so però che ci arriveremo con una squadra molto forte e unita, quindi vedremo. Io cercherò di dare il meglio, di tenere il più duro possibile sul Poggio e soprattutto sulla Cipressa. So che faranno un passo fortissimo. Come sempre, ci saranno degli attacchi. Per me sarà fondamentale scollinare nelle prime posizioni per poi magari giocarmela in volata. Però sono cose che si potranno capire solamente quando saremo là. Sarà fondamentale, durante questa settimana prima della Milano-Sanremo, recuperare bene, soprattutto dalle botte. Anche se non sto male, anzi. Va meglio di quello che pensavo e poi vedremo sabato…».

Il podio finale con due italiani – Ganna e Tiberi – come non succedeva dal 2010
Il podio finale con due italiani – Ganna e Tiberi – come non succedeva dal 2010

Dalla caduta alla volata

Con la vittoria di ieri a Frontignano, Juan Ayuso mette la firma sulla sessantesima edizione della Tirreno-Adriatico. Jonathan Milan ha vinto la tappa conclusiva dopo quella di Follonica, quarto successo italiano, dimostrando che se un velocista ha il richiamo dell’ultima volata, ha qualche incentivo in più a tenere duro. E Milan di motivi per andare prima a casa ne ha avuti anche parecchi, vista la caduta nel giorno di Colfiorito e le pene dei giorni successivi per superarne i postumi.

«Era importante portare a termine questa Tirreno-Adriatico – dice Milan – un po’ come chiudere il cerchio. Era un obiettivo, avremmo voluto cogliere qualche altro risultato durante la settimana, però non sono stato tanto bene ed è stato importante recuperare. Subito dopo la caduta ho pensato davvero di fermarmi. Ero veramente dolorante e avevo problemi soprattutto per il gomito e la caviglia. La botta sul fianco è uscita solo dopo, quando mi sono reso conto che non riuscivo a fare forza con la gamba sinistra.

«Ovviamente quando si cade, i momenti subito successivi sono quelli più dolorosi. Però essendo ripartito e avendo ancora qualche chilometro prima del traguardo – prosegue Milan – sono riuscito a sciogliere il tutto e non è andata nemmeno così male. Aver potuto pedalare mi ha fatto capire che non ci fosse niente di rotto, solo tante botte. Ed è andata veramente bene così. Da quel giorno, ho cercato semplicemente di sprecare meno energie possibili e fare gruppetto quando si poteva fare. Giorno dopo giorno, è stato fondamentale il lavoro della squadra. Quindi ringrazio i miei ragazzi per tutto quello che hanno fatto e sono contento per questo sprint».

I tanti treni di Milan

Sia Milan sia Ganna hanno evitato accuratamente di entrare nello specifico della collaborazione che proprio in questa ultima tappa li ha visti aiutarsi a vicenda. Milan per spianare la strada di Ganna nella volata al traguardo volante, che gli ha reso il secondo posto in classifica finale. Ganna nel tirare per arrivare senza scossoni alla volata finale. E’ stato come se sul gruppo fosse sceso lo spirito del quartetto azzurro. E l’assenza di Consonni nel treno di Milan è stata sopperita dall’aiuto dell’altro compagno di nazionale.

«Purtroppo Simone è andato a casa qualche giorno fa perché è stato male – prosegue Milan – anzi spero che si rimetta anche lui. Oggi è stato un po’ diverso, il suo lavoro l’ha fatto Teuns. Questi lead-out li abbiamo già provati nei training camp di dicembre e di gennaio, per essere pronti a cambiare nei momenti in cui qualcuno mancasse. Penso che sia anche una chiave che rende il mio treno molto forte. Tutti hanno fatto il loro grandissimo lavoro e spero che Jasper (Stuyven, caduto ai 150 metri, ndr) si rimetta per le prossime gare. Spero che non si sia fatto tanto male e che siano solo escoriazioni, dopo l’arrivo non l’ho visto tanto bene. Se ho parlato con Ganna? Gli ho fatto i complimenti per la sua settimana, quanto all’aver collaborato, penso che si siano sommate un po’ di cose fra loro».

Stuyven ha lanciato Milan poi è caduto: per fortuna per lui niente di rotto ed è in volo verso Monaco
Stuyven ha lanciato Milan poi è caduto: per fortuna per lui niente di rotto ed è in volo verso Monaco

Non solo Pogacar

La Sanremo torna come il rintocco di un pendolo nelle domande e nelle risposte. Il suo favorito è Ganna, per averlo visto andare fortissimo e averne offerto abbondante prova in questi giorni. Del suo ruolo ha già detto, ma è difficile che Jonathan Milan si lasci condizionare dalla posta in palio. Non fu così anche quando venne schierato alle Olimpiadi di Tokyo e a vent’anni trascinò il quartetto verso l’oro olimpico?

«Per me tutte le gare che faccio sono importanti – conferma Milan, rispondendo a una domanda sulla vigilia della Sanremo – da quella che sulla carta vale un po’ meno a quella più chiusa. Le prendo tutte in maniera molto seria, perché è bene concentrarsi e mantenere la routine di partire e dare sempre il 100 per cento. E’ quello che cerco di fare, per arrivare al risultato e anche per divertirmi. Anche per questo, dopo la Roubaix farò una settimana di stacco e poi vorrei andare un paio di giorni ad allenarmi in pista. Per fare qualche lavoro di forza, qualche sprint, lavorare sull’agilità e anche per allenarmi con i ragazzi.

«Non ho rituali, tranne essere concentrato e cercare di essere rilassato nei giorni prima della gara e anche in allenamento. Non parto mai battuto. Va bene che alla Sanremo ci sarà Pogacar, ad esempio, ma non sarà il solo. Ci saranno molti top rider e penso che un altro grande nome da fare è quello di Ganna. Oltre a Pogacar bisognerà guardare anche lui, ma io personalmente non parto mai per il secondo posto. Poi è chiaro che se si parla di una tappa di salita o di una corsa troppo dura per me, non posso farci tanto».

La legge di Ayuso piega il gruppo, ma Ganna non si spezza

15.03.2025
7 min
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FRONTIGNANO – Adesso che piove sul serio e ci tocca camminare a lungo fino alla macchina, con i Sibillini che intorno iniziano a sprofondare nelle nuvole e nell’oscurità, il punto è capire se l’impresa l’abbia fatta Ayuso vincendo tappa e maglia oppure Ganna che ha superato il test più severo, facendo meglio di Piganzoli, Ciccone e Adam Yates. Mentre lo spagnolo era già all’interno della tenda dei premiati, Pippo si è seduto per terra contro una transenna e ha bevuto, bevuto e poi bevuto ancora, respirando l’aria fredda di montagna. Ha dato tutto e adesso la classifica lo vede terzo a un secondo da Tiberi, da stasera secondo. Chissà se domani lo vedremo sprintare al secondo passaggio sul traguardo di San Benedetto del Tronto, quando il traguardo volante assegnerà 3 secondi al primo, 2 al secondo e 1 al terzo.

«Alla fine non è bastato – dirà appena giunto al pullman – e ora ho solo bisogno di riprendermi e di rilassarmi. E’ stato molto doloroso, ma abbiamo combattuto. Ho cercato di difendermi e di mantenere un buon risultato. Il podio per il momento è assicurato, ma vediamo cosa potrà succedere domani. Ho combattuto con tutto quello che avevo, quindi sono davvero felice per la prestazione. Ma adesso vado a farmi una doccia, perché fa davvero freddo».

La tattica di Ayuso

Quando Ayuso diventa raggiungibile, ha lo sguardo vispo di chi ha raggiunto il suo obiettivo e indossa una giacca nera e soffice nella quale ha trovato riparo dai cinque gradi che soffiano dalle fessure della tenda che sulla cima ripara dalla pioggia e dal freddo.

«La tattica è stata quella che abbiamo visto tutti – inizia il suo racconto – avevamo fatto un piano e ci siamo mossi per realizzarlo. Volevo una velocità molto alta e all’inizio il Bahrain si è messo a fare il ritmo, quindi abbiamo aspettato per capire quale passo volessero fare. Ma quando ho visto che non era sufficiente, ho detto a Del Toro che andasse avanti lui. Isaac ha fatto un lavoro straordinario, ha portato tutti al limite, anche me. Quando ha smesso di tirare e si è spostato, non ho nemmeno dovuto attaccare. Ho dovuto recuperare un po’ e ho visto che dietro erano tutti affaticati. Così quando ho iniziato a scandire il mio tempo, sono riuscito a fare il vuoto».

Ayuso si volta vede Ganna indietro e decide di andare via da solo
Ayuso si volta vede Ganna indietro e decide di andare via da solo
Stamattina tutti aspettavano te…

In questa Tirreno, la crono ha avuto un peso notevole, ma oggi si sono aperte delle belle differenze. La salita non era eccessivamente dura, ma grazie alla squadra siamo riusciti a renderla tale. Poi è toccato a me. Quando Del Toro ha finito, mi sono voltato e ho visto che Ganna inseguiva a 10-15 secondi. Quindi ho deciso di fare il ritmo in prima persona andando via da solo e facendo il massimo fino alla cima.

L’anno scorso vincesti la crono, questa volta la sfida con Ganna è stata in salita. Fa parte dei tuoi progressi?

Ne parlavo poco fa con Paco, il mio massaggiatore. L’anno scorso ho vinto la crono e alla fine sono arrivato secondo. Questa volta sono arrivato secondo e se domani non succede niente, mi porterò a casa la Tirreno-Adriatico.

La Tirreno è la tua vittoria più importante finora?

Ci sarebbero anche i Paesi Baschi dello scorso anno, anche se la vittoria è venuta a causa di alcune circostanze speciali (la caduta di Vingegaard ed Evenepoel, ndr). Alcuni hanno detto che è stata una vittoria falsata e lo accetto. A nessuno piace vincere perché gli altri cadono, soprattutto i favoriti. Ma io sentivo che avrei potuto vincere anche se loro fossero rimasti in gara. Questa vittoria ha un sapore diverso, perché ci ho lavorato molto. Era un grande obiettivo dall’inizio della stagione verso il Giro, è stato il primo test che volevo fare. Ho dovuto muovermi e dimostrare che ero pronto e penso di averlo fatto.

Con il quinto posto di tappa, Tiberi ha conquistato il secondo in classifica con 1″ su Ganna
Con il quinto posto di tappa, Tiberi ha conquistato il secondo in classifica con 1″ su Ganna
La vittoria serve anche a fare un punto sulla tua carriera?

Lo scorso inverno sono migliorato tanto, penso di aver fatto un grande passo in avanti, soprattutto rispetto al 2023 quando ebbi l’infortunio. Non direi che il 2024 sia stato un anno facile. Dopo essere andato a casa dal Tour per il Covid, non ho mai recuperato davvero. Fra corridori si dice che il tuo valore si misura in base al livello della tua ultima corsa. E l’ultima corsa della mia stagione, il mondiale, è stato orribile. Quest’anno è iniziato in modo diverso. Ho vinto tre gare e ho dimostrato a me stesso che i miglioramenti fatti nell’inverno sono stati confermati dalla strada. Anche in allenamento devi dimostrare di aver lavorato bene, ma io sono consapevole che se mi alleno bene, poi sono forte anche in gara.

Ora il tuo programma non dovrebbe cambiare: quindi il Catalunya, poi l’altura e il Giro?

Se analizzate le mie stagioni passate, potete vedere che al Romandia sono sempre andato bene, ma sempre in calando. Il Giro è solo una o due settimane dopo il Romandia, per cui se voglio arrivarci bene, la mia preparazione deve cambiare. Avrei anche potuto decidere di fare lo stesso programma di sempre, ma sarei arrivato al Giro troppo stanco. Così questa volta abbiamo deciso di iniziare la stagione più tardi e di anticipare il resto. Di solito riposavo dopo il Romandia, quest’anno riposo dopo il Catalunya. Questo mi permetterà di arrivare meglio al ritiro in altura con cui preparerò il Giro d’Italia. La base è di non avere troppi giorni di gara prima del Giro. Per cui dopo il Catalunya starò a casa per una settimana e mezza, quindi tre settimane a Sierra Nevada e poi direttamente al Giro.

Quanto è importante riuscire a vincere nelle corse in cui sei nominato leader?

Non si tratta di cogliere l’occasione, perché il team mi dà sempre queste opportunità, ma d’altra parte ho capito la domanda e so che devo riuscirci. E’ molto importante ottenere delle gratificazioni, perché noi corridori passiamo tanto tempo lontano dalle nostre famiglie ed è davvero difficile. Prima di venire qui, ho corso in Francia. Prima ancora ero stato in altura, poi ho fatto qualche sopralluogo del Giro e alla fine sono venuto in Italia senza ripassare da casa. E bello quando i miei vengono a vedermi alle corse e riesco ad averli attorno per 3-4 giorni. 

Per Ayuso visita parenti: la ragazza, i genitori e la cagnolina Trufa
Per Ayuso visita parenti: la ragazza, i genitori e la cagnolina Trufa
E’ un lavoro difficile…

La UAE Emirates ci dà tutto per rendere al meglio. Parlo per me ovviamente e posso dire che lavoro molto duramente. Due mesi e mezzo senza andare a casa. Peso tutto ciò che mangio. Mi alleno il più forte possibile anche se piove o nevica. Faccio ciò che devo fare e penso che l’ultimo sia stato l’inverno in cui ho lavorato il più. I sacrifici vengono ripagati, ma non è semplice. Al punto che quando finisco una gara ho bisogno quasi di crollare, mi serve un po’ di tempo per recuperare mentalmente. Per esempio, la mia ragazza è qui e quando domani finiremo la gara, ci regaleremo un giorno ad Ancona. E’ qualcosa di piccolo, ma prima di tornare a casa mi regalerò un giorno in un bell’hotel. Il giorno dopo la gara, non ho bisogno di allenarmi, quindi è un giorno che posso trascorrere con la mia famiglia. Queste piccole cose aiutano a rendere tutto più facile.

Sei al livello dei migliori uomini da corse a tappe, quanto è difficile essere nella stessa squadra del migliore di tutti?

Penso che essere in un team con il migliore sia più facile perché posso vedere cosa fa e cercare di copiarlo. A dire il vero, copiare Tadej non è facile perché fa sembrare che tutto sia più facile di quello che sia in realtà. Qualcuno, per esempio, potrebbero dire che oggi ho vinto facilmente, ma bisogna soffrire molto anche solo per vincere con 10 secondi di vantaggio. Non c’è niente facile in questo ciclismo moderno, ma come ho detto, quando lavori duro e sei nella squadra migliore, forse è vero che le cose sono un po’ più facili.

La notte è scesa sulla montagna, non si vede niente. I lampioni in paese sono pochi, là dove c’era il centro, ora si intuiscono soltanto le sagome buie delle rovine. In compenso, le luci nelle casette luccicano come un presepe immutabile dal terreno di nove anni fa. Il governo studia di mettere soldi negli armamenti e dove altro non si sa, ma sarebbe utile che venisse a guardare questi elettori condannati a vivere in modo precario e senza riguardo per il loro dolore. A breve avremo finito di scrivere queste parole, chiuderemo e saluteremo, avviandoci verso casa. Noi che fortunatamente una casa ce l’abbiamo ancora.

Frontignano, l’analisi di Pellizzari: per Ganna l’esame più duro

14.03.2025
6 min
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PERGOLA – «Vista la tappa che ci aspettava oggi – racconta Ganna – ieri ho sentito Geraint Thomas. Gli ho chiesto se secondo la sua altissima esperienza mi convenisse tenere ancora duro o se non fosse meglio cominciare a recuperare. Mi ha detto: “Filippo, con la condizione che hai, anche se fai una giornata di fatica in più, non ti cambia niente. Se poi la settimana prossima sei stanco, stai a letto un giorno di più. Non è che tenere ancora duro manderà via la condizione per la Sanremo”. Credo di aver lavorato bene per arrivare qua, non so quanti sull’ultima salita superassero gli 80 chili. Voglio ringraziare la squadra per tutta la settimana, anche “Kwiato” che si è fermato per problemi a un ginocchio. Siamo felici di aver onorato fin qua la maglia. Comunque ho visto l’Adriatico – ride – siamo partiti dal Tirreno, la mia parte l’ho fatta…».

La maglia mai a rischio

Per qualche minuto in realtà c’è stato il dubbio che Ganna potesse aver perso la maglia. Prima virtualmente, per tutti i chilometri in cui il vincitore di tappa Dversnes viaggiava con un vantaggio superiore al minuto. E poi all’arrivo, dove il leader della Tirreno-Adriatico è passato 41 secondi dopo. Fortunatamente la rilettura del finale ha permesso di stabilire che avesse perso terreno per un problema meccanico negli ultimi tre chilometri. Per cui, accreditato dello stesso tempo di Van der Poel che ha vinto la volata per il secondo posto, Filippo ha chiuso la quinta tappa con la maglia di leader.

«Come ho spiegato, ho preso una buca – spiega – la catena si è incastrata tra la corona e il telaio. Ho dato un colpo di pedale un po’ troppo forte e ho strappato il deragliatore posteriore. Fortunatamente ero entro i tre chilometri. Avevo già chiamato un giudice, ma non sapevo se mi avesse visto oppure no. Ho tenuto duro fino all’ultimo chilometro quando mi hanno passato tutti, ma credo che il problema sia stato evidente».

Lo stress della classifica

Dopo il traguardo, già da qualche giorno ci si guarda con stupore e si commenta quanto stia andando forte Ganna in salita. Lo attaccano e lui risponde. Un gigante dotato di forza e di una brillantissima frequenza di pedalata. Ieri ha rintuzzato Van der Poel a Trasacco, su uno strappo breve e ripido. Oggi sulla più dura scalata di Monterolo (3,9 chilometri al 6,7 per cento di media e punte al 10,5) ha risposto all’attacco di Ayuso e Pidcock. E’ un Ganna molto sicuro quello che viene a sedersi vicino, cercando di raccontare la giornata con la domanda delle domande che aleggia nell’aria: riuscirà a difendersi anche domani? La tappa avrà appena 50 metri di dislivello più di questa, ma si chiude sulla salita di Frontignano (7,7 chilometri al 7,9 per cento di media).

«Di sicuro abbiamo lavorato tanto quest’inverno – dice dietro la barba folta – mentre l’anno scorso è stato un anno un po’ particolare per i malanni che ho avuto. Quest’anno fortunatamente sono felice, per ora è tutto a posto, speriamo si possa continuare così almeno per un’altra settimana (sorride, il riferimento è alla Sanremo, ndr). Sono venuto alla Tirreno per fare bene la cronometro, eppure sono andato forte anche nella terza e quarta tappa, dove abbiamo fatto vedere che come squadra eravamo presenti. Sinceramente stimo tanto quelli che fanno classifica, perché è veramente stressante. Ieri siamo arrivati in hotel un’ora e mezza dopo rispetto ai piani. Fortunatamente avevo un buon autista che ha recuperato un po’ di tempo in macchina. Però rimanere con lo stesso sudore, il freddo e la pioggia per qualche ora di più non è piacevole. Però la corsa e la maglia vanno onorate e finché ce l’avrò, non mi tirerò indietro».

Frontignano, il kom di Pellizzari

La tappa di domani non sarà affatto semplice: 163 chilometri e una serie infinita di salite e strappi che si concluderanno sulla cima di Frontignano, nel comune di Ussita. Lassù dove fino a poco tempo fa ancora si sciava, la salita sulla carta non concede grandi voli pindarici. La ricorda bene Giulio Pellizzari, che raggiungiamo al telefono mentre è ancora sul Teide preparando il ritorno in corsa al Catalunya dopo il debutto a Mallorca. Domani la corsa passerà anche per la sua Camerino.

«Conosco bene Frontignano – dice – è la mia palestra estiva, però il versante che faranno domani io di solito lo faccio in discesa. Solo una volta l’ho fatto in salita e ho stabilito il record, che se non sbaglio è sui 25 minuti, ma tanto domani me lo rubano. E’ una salita vera, dal valico giri a destra e poi si sale ancora. Temo sia una salita per Ayuso. La tappa non regala niente, prima di arrivare al finale non c’è pianura. E poi con il meteo che avete ora in Italia, ragazzi, ma quanta fatica stanno facendo?».

Il miglior Ganna in salita?

E’ davvero la migliore versione di Ganna in salita? Lui ci pensa e forse non è convinto, pur rendendosi conto che finora si è difeso davvero bene in giornate gelide, bagnate e con tanto dislivello: oggi 3.499 metri.

«Il 2020 è un bel paragone – pensa – andavo davvero forte e ora sono 5 chili più di allora, perché ho messo più massa. Tutti mi dicono che sono troppo magro, però la bilancia è sempre a 86 chili e io sono felice così. Sono forse più tranquillo, più consapevole del fatto di essere in una squadra che mi vuole bene e vuole farmi continuare a crescere e puntare forte. Cerco di fare tutto il meglio per me e per la squadra, assieme ai compagni che oggi, ieri, l’altro ieri e anche martedì hanno fatto veramente tanta fatica. Puccio è caduto, però è qua a lottare. Connor Swift, Brandon Rivera: tutti stanno facendo il massimo per portare me e la squadra a fare il meglio possibile. Devo dire grazie a loro e a chi c’è in macchina che ci sta dirigendo».

Solo l’ultima domanda non avrà una risposta: visto che farai la Sanremo e poi la Roubaix e vai così bene sugli strappi, gli chiediamo, perché nel mezzo non fare anche il Fiandre? «Non lo so – dice – non so cosa risponderti».

Matxin: «Ayuso ora è pronto per vincere il Giro»

07.03.2025
5 min
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Juan Ayuso punterà al Giro d’Italia, lo spagnolo lo ha confermato nei giorni scorsi dopo la vittoria al Trofeo Laigueglia. Prima ci sarà il passaggio dalla Tirreno-Adriatico, nella quale lo scorso anno aveva conquistato il secondo posto alle spalle di Jonas Vingegaard. L’inizio di stagione del ventiduenne scalatore del UAE Team Emirates-XRG è stato folgorante: tre gare disputate con due vittorie all’attivo.

Dopo il podio alla prima partecipazione alla Vuelta del 2022, al quale era seguito un quarto posto l’anno successivo, nel 2024 era arrivato anche l’esordio al Tour de France. Un’avventura sfortunata, terminata con il ritiro a causa del Covid

Juan Ayuso fisicamente è cresciuto parecchio nelle ultime stagioni
Juan Ayuso fisicamente è cresciuto parecchio nelle ultime stagioni

Il rosa nel destino

Il 2025 per Juan Ayuso avrà il colore rosa, simbolo del primato al Giro d’Italia. Maglia già conquistata quattro anni fa al Giro Under 23 quando in maglia Colpack-Ballan aveva vinto tre delle dieci tappe. Ripensando al percorso di crescita dello spagnolo sembra arrivato il momento giusto per provare a vincere il suo primo Grande Giro, ma riuscirà a farlo con la stessa solidità che aveva contraddistinto i suoi anni da juniores e under 23?

Per rispondere a questa domanda ci rivolgiamo direttamente a Joxean Matxin, che il talento di Ayuso lo ha visto sbocciare e poi fiorire.

«Lo conosco da quando era allievo – racconta Matxin – e sono convinto che può essere un corridore in grado di vincere le grandi corse a tappe. E’ un atleta polivalente, sa andare forte a cronometro, in salita e in volata ha un ottimo spunto veloce. Quest’ultima qualità l’avete vista al Laigueglia nei giorni scorsi, la facilità con cui ha vinto quello sprint è un bellissimo segnale».

Lo scorso anno lo spagnolo è stato protagonista di una solida Tirreno-Adriatico, quest’anno torna per vincere
Lo scorso anno lo spagnolo è stato protagonista di una solida Tirreno-Adriatico, quest’anno torna per vincere
Avete lavorato tanto durante l’inverno?

Abbiamo fatto i passi giusti affinché Juan (Ayuso, ndr) riuscisse a migliorare ancora. Ha lavorato molto di più in palestra, perché nel ciclismo moderno non conta solo essere magri ma avere un giusto equilibrio tra peso e forza. Lui sul rapporto tra peso e potenza è sempre stato a livelli alti, mancavano alcuni tasselli e quest’anno li ha aggiunti. 

Da quando era allievo com’è cambiato?

E’ cresciuto anno per anno, non c’è stata una cosa nella quale è migliorato più di altre. Si è trattato di un passaggio naturale e lui è stato bravo a fare i passi giusti: prestazioni, numeri e professionalità. Ayuso ha sempre avuto la testa da corridore, ma questa è sempre andata di pari passo all’età anagrafica. Quando aveva 16 anni era in un modo e ora che ne ha 22 è in un altro. Sa cosa vuol dire essere un ciclista, lo ha sempre saputo. 

Questo ha permesso una progressione continua?

Ci siamo sempre impegnati affinché riuscisse ad avere un margine sul quale lavorare anno dopo anno, questo ci ha garantito tanti miglioramenti una volta passato professionista. 

Al Giro d’Italia U23 aveva dominato, indossando la maglia rosa per nove dei dieci giorni di corsa
Al Giro d’Italia U23 aveva dominato, indossando la maglia rosa per nove dei dieci giorni di corsa
Ha la solidità per poter vincere un Grande Giro?

Non ho nessun dubbio a riguardo. Quando aveva 20 anni alla Vuelta ed era il suo primo anno da professionista. Ora è pronto, ne sono sicuro. 

Cambiano però gli scenari…

Nell’anno in cui è andato a podio alla Vuelta aveva avuto il Covid ma poi il ritiro di Roglic gli aveva lasciato spazio per il terzo posto. Ma un corridore come Ayuso è in grado di fare bene ovunque e lo ha fatto vedere. In questo inizio di stagione ha vinto due gare su tre. Negli anni passati ha vinto il Giro dei Paesi Baschi, è arrivato secondo alla Tirreno e al Giro di Svizzera. 

Sapere che verrà al Giro ci fa tornare alla mente quando lo dominò al primo anno da U23, secondo te è possibile pensare a una tale forza?

Anche questo aspetto è cresciuto insieme a lui negli anni. Al primo anno da under 23 aveva esordito tra i professionisti facendo esperienza, poi nelle gare di categoria aveva dominato. Inizialmente avevamo pensato che il posto giusto per lui fosse la squadra di Axel Merckx, poi la scelta era ricaduta sulla Colpack. Facendo le nostre valutazioni avevamo capito che Ayuso avesse bisogno di correre in Italia.

Alla sua prima Vuelta Ayuso è salito sul podio alle spalle di Evenepoel e di Mas, la stagione successiva fu quarto a Madrid
Alla sua prima Vuelta Ayuso è salito sul podio alle spalle di Evenepoel e di Mas, la stagione successiva fu quarto a Madrid
Perché?

Da junior in Spagna partiva a quaranta chilometri dall’arrivo e vinceva da solo. Non si era mai messo alla prova nel lottare per le posizioni, trovare il giusto spazio in salita e in altri aspetti tattici. Anche in questi dettagli è migliorato anno dopo anno, lo vedo più sicuro e convinto dei propri mezzi. 

E’ il momento del salto definitivo…

Assolutamente, penso sia pronto. Anzi ne sono certo.

Laigueglia: dietro al sorriso di Ayuso, la grinta di Scaroni

05.03.2025
5 min
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LAIGUEGLIA – La Liguria in questo mese di marzo è terreno di caccia dei corridori del UAE Team Emirates che iniziano alla grande la stagione delle gare italiane. Juan Ayuso conquista il Trofeo Laigueglia e dimostra di essere una delle pedine fondamentali della formazione emiratina per il futuro. Tra poche settimane toccherà a Tadej Pogacar provare a fare sua la riviera ligure con l’obiettivo della Milano-Sanremo. Per lo spagnolo, che è cresciuto nel segno di Alberto Contador, è arrivato il secondo successo nelle tre gare disputate fino a ora. 

«Uno dei miei obiettivi stagionali – racconta Ayuso mentre la voce viene soffocata da quelle mascherine che avevamo quasi dimenticato – era partire forte. E’ da inizio anno che sto bene e questo mi dà tanto morale. Sono venuto a correre tre volte qui al Laigueglia e dopo un secondo e un terzo posto negli anni passati finalmente ho vinto. La squadra ha lavorato tutto il giorno e vinto una corsa non facile sia per durezza che imprevedibilità. Aver raccolto già due successi mi permette di guardare con fiducia verso i prossimi obiettivi che sono la Tirreno-Adriatico e il Giro d’Italia

Lo sguardo di Scaroni

Nell’aria calda di Laigueglia, a due passi dal mare che si nasconde timido dietro le case, quello che rimane è l’idea di aver assistito a un duello bellissimo tra Ayuso e Scaroni. Il bresciano è partito come meglio non avrebbe potuto immaginare nel 2025. Proprio nell’anno in cui la XDS Astana aveva bisogno di trovare un punto di riferimento “Scaro” ha risposto presente raccogliendo lo scettro. I colpi sui pedali tra i due pretendenti alla vittoria sono state come stoccate di fioretto, rapide e dolorose, ma nessuna ha lasciato il segno. A spuntarla è stato lo spagnolo che arriva da Barcellona, in una volata che non ha ammesso repliche

«Ho provato a rispondere agli attacchi di Ayuso – racconta sotto al podio Scaroni – e poi ad allungare in qualche occasione. Sapevo di essere il meno veloce e quando è partita la volata ci ha lasciato fermi al palo. Peccato perché la gamba gira bene. Ci voleva un’altra vittoria ma ci si deve anche accontentare a volte».

Un ottimo inizio di stagione il morale è già alle stelle?

Sicuramente è alto. La squadra sta facendo bene e tutti stiamo cavalcando l’onda di questo ritrovato entusiasmo. Oggi abbiamo corso ancora una volta bene. Io avevo il compito di rimanere alla ruota di Ayuso, dovevo essere la sua ombra. Sapevo avrebbe attaccato e così è stato, ora vediamo per la Strade Bianche di sabato, la forza c’è.  

Due vittorie, come nel maledetto anno del caso Gazprom

Sono vittorie tanto diverse, quelle all’Adriatica Ionica Race erano di rabbia e cattiveria. Volevo dimostrare di meritare un posto tra i grandi, ora ci sono dentro l’obiettivo è far capire che ci sono anche io. 

Come sono state le ultime due stagioni?

Mentalmente queste due vittorie sono arrivate in un momento importante. Mi sono tolto un peso di dosso perché negli anni scorsi cercavo il successo con ossessione, tante volte mi muovevo male. Anche in questo inizio stagione a volte ho sbagliato i tempi. Aver vinto mi ha permesso di ritrovare la serenità che mi era mancata e in corsa so cosa fare, riesco a essere lucido. 

La UAE Team Emirates ha corso tutta per Ayuso, qui Morgado a fare il forcing nel finale
La UAE Team Emirates ha corso tutta per Ayuso, qui Morgado a fare il forcing nel finale
Tornando a quelle due vittorie che ti avevano aperto le porte dell’Astana senti di aver ritrovato quella motivazione? 

Quella non mi è mai mancata. Rispetto alle vittorie all’Adriatica Ionica ho cambiato programma e metodo di lavoro. In quelle gare non c’erano campioni forti come oggi: Storer, Powless, Ayuso. Riuscire a sfidare questi corridori mi fa capire di aver aggiunto un tassello al mio status di corridore. La mia carriera è stata un insieme di spazi vuoti: il Covid, poi il caso Gazprom… 

In questi due anni con l’Astana è arrivata la continuità che cercavi?

E’ l’anno della maturazione e vediamo di continuare così. L’anno scorso avevo molte squadre che mi cercavano. Tuttavia ero consapevole che rimanendo qui avrei avuto un ruolo da capitano, da leader e questo avrebbe fatto bene alla mia crescita. Se avessi scelto di andare via avrei ricoperto il ruolo di gregario e non è quello che avrei voluto per il prosieguo della mia carriera. 

Scaroni dopo due stagioni non facili sembra aver trovato la via giusta per emergere
Scaroni dopo due stagioni non facili sembra aver trovato la via giusta per emergere
Sei il miglior corridore per punti raccolti in squadra. 

Sono e siamo partiti nel migliore dei modi. La programmazione era pensata per partire forte e fare tanti punti fin da subito. La squadra ha l’obbligo di provare a mantenere la licenza WorldTour. Sapevo che nei primi mesi dell’anno di solito rendo al meglio e abbiamo cambiato i programmi per massimizzare questo fattore. Quest’anno sono improntato maggiormente verso le corse di un giorno. Credo che sia stata la carta vincente che mi ha permesso di fare quel salto di qualità che mi mancava.

Dopo il Laigueglia?

Dopo Strade Bianche, Milano-Torino e Coppi e Bartali mi fermerò un attimo per preparare il Giro. La condizione non può durare in eterno.