Spalla a spalla con Jonas Vingegaard. La lunga carriera di Diego Ulissi si fregia anche di questo particolare, in un Giro di Polonia vissuto da assoluto protagonista, lottando alla pari con il danese uscito rinvigorito dal Tour de France. Chi conosce il toscano sa che è solo un ulteriore capitolo di una carriera tanto lunga quanto luminosa, ancora lungi dallo scrivere le ultime parole.
Ulissi, uomo vincente in ogni anno della sua lunga storia, è davvero un esempio, ancor di più nel ciclismo italiano di oggi che fatica enormemente a ritagliarsi i suoi spazi. Ma Diego non è uomo da vantarsi, anche il suo Giro di Polonia è una delle tante avventure vissute.
«Sapevo che bisognava partire bene – racconta – nelle prime tappe si faceva il 90 per cento della classifica. Nei primi due arrivi sono rimasto sempre fra i primi, nel terzo ho chiuso secondo dietro Nys ed ero alle spalle di Vingegaard che aveva già costruito la sua leadership a cronometro, a quel punto era pura gestione. Il secondo posto finale era il massimo risultato possibile, il danese ha sempre fatto buona guardia».
Il podio finale del Giro di Polonia, da sinistra Kelderman, il vincitore Vingegaard e UlissiIl podio finale del Giro di Polonia, da sinistra Kelderman, il vincitore Vingegaard e Ulissi
Colpisce però il fatto che ti sia anche avvinato a lui, chiudendo a 13”…
Il Polonia è una corsa a tappe un po’ atipica, con tante frazioni impegnative ma senza salite lunghe. Lui ha fatto la differenza nella seconda frazione, a cronometro, poi ha sempre gestito. Io ho lavorato sugli abbuoni e sfruttato un tracciato che in generale mi si addiceva, ma è chiaro che con una salita più lunga e dura, il vantaggio di Jonas sarebbe stato maggiore.
Quel che colpisce è la tua costanza di rendimento. In 53 giorni di gara sei finito fra i primi 10 ben 31 volte comprese tre vittorie. Numeri da big, da quella ristretta fascia di corridori appena al di sotto dei “magnifici sei”…
La costanza è sempre stata una mia caratteristica, è grazie a essa che riesco sempre a finire l’anno nelle posizioni alte del ranking. Dopo il Giro d’Ungheria mi sono preso un mese di stop perché non stavo bene, non respiravo bene, ma quella sosta mi ha consentito di tirare il fiato e riprogrammare tutta la mia stagione.
Una delle vittorie di Ulissi, nella tappa di Alpendorf al Giro d’Austria (foto EXPA/Groder)Una delle vittorie di Ulissi, nella tappa di Alpendorf al Giro d’Austria (foto EXPA/Groder)
Come ti gestisci durante il riposo?
Ormai ho anni e anni di esperienza alle mie spalle. Ad esempio sono refrattario ai periodi di allenamento in altura, a me non hanno mai dato grande giovamento, la faccio solo all’inizio con tutto il team. Preferisco lavorare alla maniera solita, seguendo le tabelle a casa mia. Praticamente mi alleno correndo, come si faceva una volta. I risultati mi pare che dicano che faccio bene…
Tu però anche a 35 anni sei lì che combatti, lotti con i primissimi, anche con i big. Perché gli italiani più giovani non ci riescono?
Difficile a dirsi, se lo sapessi potremmo dire che la crisi che stiamo attraversando sarebbe risolta… I risultati non arrivano a caso, ci vogliono doti. Io dico che di giovani validi ne abbiamo e ne continuiamo a sfornare, ma serve tempo, ognuno ha il suo per maturare ed emergere. Non tutti si chiamano Pogacar o Evenepoel. Io qualche anno di esperienza sulle spalle ce l’ho e vedo che oggi è più difficile emergere perché il livello è altissimo e le squadre sono costruite in maniera diversa, con tutti corridori che hanno nelle corde il colpo.
Per il toscano tante occasioni come finalizzatore, che si è guadagnato con la sua costanzaPer il toscano tante occasioni come finalizzatore, che si è guadagnato con la sua costanza
Questo cosa significa?
Prendi la mia squadra, la Uae. Dovunque andiamo, quando non c’è Tadej, ci sono almeno 4-5 capitani, poi in corsa si decide per chi si corre in base a tanti fattori: percorso, condizione del giorno, evoluzione della corsa… Un giovane italiano che approda in un team WT deve andare veramente forte per scalare le gerarchie e guadagnarsi fiducia. Bisogna fare le cose per gradi, io dico che se lavoreranno bene verrà anche il momento buono e dovranno essere pronti a sfruttarlo.
E’ pur vero però che, pur non considerando i super, ci sono tanti corridori giovani da ogni nazione che sono sempre lì a lottare per la vittoria, i nostri spesso si vedono nelle prime fasi delle corse, nelle fughe, ma poi?
Attenzione, quando parliamo di giovani, io dico sempre che noi valutiamo un ciclismo preso sull’immediatezza, ma quanti di questi corridori riusciranno a tirare avanti, ad avere carriere lunghe, ad arrivare alla mia età? Solo il tempo ci dirà se c’è un prezzo da pagare in termini di durata delle carriere. E’ vero, oggi guardiamo le corse e sembra che i talenti siano solo fuori dai nostri confini ma non è così, ci sono anche da noi ed emergeranno. Il ciclismo è fatto di fasi storiche, tra qualche anno magari saremo noi a gioire.
La grinta di Ulissi deve essere un esempio per i giovani, lottando in ogni corsa fino all’ultimoLa grinta di Ulissi deve essere un esempio per i giovani, lottando in ogni corsa fino all’ultimo
E’ un discorso anche caratteriale?
Sicuramente, forse preponderante. Tanti di quei giovani stranieri di cui prima li vedi correre senza paura, con una grande voglia di emergere. E’ quella che in primis un corridore deve avere, pensando che il contratto da professionista è un punto di partenza e non di arrivo. Poi è chiaro che dipende tutto dalle gambe…
Torniamo a te. E ora?
Dopo Plouay seguirò tutto il calendario italiano, fino al Lombardia, intanto valuterò che cosa fare, se rimanere alla Uae o no. Io voglio continuare per almeno un paio d’anni, vediamo dove e come.
Attacco secco a 36 chilometri dall'arrivo e Tadej Pogacar si invola verso il primo Lombardia. Con lui Masnada, che nulla può allo sprint. Una grande corsa
Tadej Pogacar attacca da lontano e capovolge ancora una volta il Tour. L'atleta dubbioso visto ieri semplicemente aveva rinunciato a distruggere la squadra.
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Cosa ci ha detto il secondo posto di Jonas Vingegaard al Tour de France? Ci sono diversi aspetti da valutare a mente fredda riguardo al danese. Come è variata la sua condizione nel corso delle tre settimane. Come ha reagito fisicamente e mentalmente. Cosa ci si può attendere da lui.
Sono aspetti tecnici che svisceriamo con il preparatore toscano Pino Toni, il quale su certi temi, forte della sua esperienza, ha vedute a 360°.
Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con atleti professionistiPino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con atleti professionisti
Pino, partiamo da un tuo giudizio generale sul Tour di Vingegaard.
Se è vero quello che ha detto il suo staff, e cioè che è andato più forte di quando ha vinto il Tour, e io ci credo perché altrimenti in quel team non lo avrebbero portato, direi che ha fatto una grande corsa. Jonas e la Visma-Lease a Bike hanno fatto un gran bel lavoro per rimetterlo in sesto, ma non è bastato. L’altro, Pogacar, nel frattempo è cresciuto tantissimo. I 6,7 watt/kg che ha espresso l’anno scorso sulle salite lunghe non bastavano più. Adesso servono i 7 watt/kg. Sono cambiati i parametri di riferimento. Almeno per vincere, perché comunque con 6,7 watt/chilo si è competitivi. Non dimentichiamo che Vingegaard ha messo dietro il miglior Evenepoel di sempre.
In tanti si aspettavano una crescita di Vingegaard nel corso delle tre settimane. Non è avvenuto, come mai?
Perché questo è il ciclismo attuale di altissimo livello. Anche se sei un Pogacar o un Vingegaard, se non arrivi al top non cresci come un tempo. Oggi non è più possibile. E poi questo aspetto secondo me va visto in modo un po’ diverso.
Cioè?
Secondo me in casa Visma non si aspettavano tanto che crescesse Vingegaard, quanto piuttosto che calasse Pogacar, che di fatto sarebbe stato alla sesta settimana di corsa tra Giro d’Italia e Tour. Che calasse di condizione. Perché poi c’è anche da fare un distinguo fra condizione e prestazione.
D’ora in poi non sarà facile per Jonas inseguire TadejD’ora in poi non sarà facile per Jonas inseguire Tadej
Spiegaci meglio.
La condizione è la base, la prestazione è la performance. Faccio un esempio, per ottenere un’ottima prestazione, se magari voglio che il mio atleta faccia i suoi 20′ migliori di sempre, fatta la sua preparazione gli faccio fare due giorni di scarico, uno di attivazione e poi il test sui 20′ e se tutto va bene otterrò il suo top. La condizione invece nel caso del Tour è il livello base di quell’atleta. Sono le capacità dell’atleta a reagire al gruppo, agli eventi e alle condizioni della corsa. E’ il riuscire a stare davanti, a fare la gara. Non si tratta solo di numeri.
Lo abbiamo visto anche al Giro Women che il caldo ha fiaccato le ragazze, non hanno espresso i migliori valori, ma hanno comunque creato delle differenze: questo è il concetto?
La condizione di Vingegaard era buona, ma inferiore a quella di Pogacar. Anche quando ha vinto la tappa, la faccia di Jonas non era bellissima. Si vedeva che aveva speso molto. Lì per esempio, nel suo caso, si è trattato di una performance. Jonas era più fresco, mentre l’altro aveva un Giro d’Italia alle spalle. Ma poi la condizione era diversa. Per questo io credo che ora, al netto dell’incidente di Vingegaard, Pogacar sia più avanti.
Per Toni, Vingegaard non ha grande margine di miglioramento, specie a crono dove lui e il suo team erano già ad un livello stellarePer Toni, Vingegaard non ha grande margine di miglioramento, specie a crono dove lui e il suo team erano già ad un livello stellare
E quindi adesso Vingegaard cosa dovrà fare? Dove potrà limare ancora?
Intanto un’altra cosa che ci ha detto questo Tour è che un avvicinamento senza incidenti è fondamentale. Entrambi, si è visto, che con l’incidente lo hanno perso. Che sia un fattore di numeri, di testa, di piani scombussolati… ma incide. Dove può crescere o limare il danese: io credo che più di tanto non possa crescere. Semmai dovrebbe migliorare in salita. Jonas può vincere un Tour contro Pogacar solo se è più forte, ma di tanto, in salita. Lo deve staccare in modo netto.
Perché?
Perché ora Tadej è più forte anche a crono. Ha fatto dei passi enormi, ma loro in UAE Emirates avevano da limare. In Visma non so quanto spazio abbiano ancora nella crono per migliorare. In UAE ci sono arrivati adesso perché in fin dei conti prima non avevano questa necessità. Ma questo ci dice anche che oggi per vincere a certi livelli l’atleta da solo, benché forte, non basta più. Servono gli staff. E loro due hanno due squadre importanti. Un po’ come la Formula 1.
In F1 si mette in pista una monoposto, nel ciclismo si mette in corsa un atleta…
Esatto. Chiaro che serve un grande atleta, questo è ovvio, ma poi serve che chi è dietro di loro vada oltre. Esca dalle righe, dalla routine, che faccia ricerca. Ricerca sui materiali, sull’alimentazione, sull’integrazione…
E’ una sfida anche di staff: tutti devo spingersi oltre, non solo gli atleti leaderE’ una sfida anche di staff: tutti devo spingersi oltre, non solo gli atleti leader
Come ne esce Vingegaard mentalmente secondo te?
Per me Jonas deve considerare il suo Tour come un super Tour. E’ comunque il secondo al mondo nonostante quel grosso incidente ad inizio aprile. Sarà rimontato in bici a fine aprile, avrà ripreso a fare qualche allenamento specifico a maggio, mentre l’altro vinceva il Giro. Non ha avuto i tempi per metabolizzare quanto fatto. Ma per il resto ha messo dietro tutti, tutti tranne uno. Quindi per me ne deve uscire con un giudizio positivo.
A mente fredda abbiamo visto davvero che Pogacar al Giro si è allenato, non sarà bello da dire ma è così, tu per primo ci parlasti di “scatti per attivazione”durante la corsa rosa. Questa cosa potrebbe aver acceso qualche spia d’interesse anche a Vingegaard? Potrebbe venire al Giro anche lui in futuro?
Bisogna considerare che sono due corridori un pochino diversi, anche se entrambi mirano al Tour. Pogacar può vincere tutto, anche la Roubaix, l’altro ha qualche limite in più. Vingegaard è un atleta un po’ più specializzato e il livello della sua prestazione top in una corsa di un giorno ce l’hanno diversi corridori. Per questo dico che forse a Vingegaard un Giro potrebbe costare un po’ di più che a Pogacar, fosse anche solo mentalmente. Chiaro, lo vincerebbe, ma il suo carico esterno sarebbe maggiore.
Carico esterno?
Sì, tutto quello che c’è intorno, la sua spesa in generale. Il suo TTS (il livello di stress, ndr) sarebbe maggiore e questo dipende da tanti fattori, il recupero o semplicemente le energie nervose per stare in gruppo. Tadej è molto abile e sciolto nello stare in gruppo, nel guidare la bici, Jonas un po’ meno.
In Francia si ragiona sul percosso del prossimo Tour e su come (e dove) Pogacar potrebbe perderlo. Eppure sembra che si sia tracciato perché vinca ancora
Si avvicina a grandi passi l’appuntamento olimpico, ma prima di chiudere la porta sul Tour, vogliamo condividere con voi alcuni approfondimenti. Uno riguarda la cronometro di Nizza, che ha suggellato il podio francese e a ben vedere avrà riflessi anche sulle sfide olimpiche di sabato. E’ singolare e insieme indicativo che il podio dell’ultima tappa abbia ricalcato alla perfezione quello finale. Evenepoel è stato al di sotto dei suoi standard di specialista? Va bene Pogacar, ma Vingegaard così forte era prevedibile anche contro il tempo?
A Nizza c’era anche Marco Pinotti, allenatore del Team Jayco-AlUla, che in carriera ha vinto per due volte l’ultima crono del Giro. Nel 2008, battendo Tony Martin a Milano su un percorso velocissimo: 51,298 di media. Nel 2012, battendo Geraint Thomas ancora a Milano, a 51,118 di media. Proprio in quest’ultimo caso, la maglia rosa si giocò in quell’ultima tappa, con Hesjedal che recuperò i 31 secondi di ritardo da Purito Rodiguez e conquistò il Giro con vantaggio finale di 16 secondi. Ugualmente, nella classifica di tappa finirono 6° e 26°.
«Il percorso dell’ultima crono – dice Pinotti – era meno adatto a Remco, rispetto a quella che ha vinto nella prima settimana. Era una crono dura e lui è finito terzo, perché ha perso la maggior parte del tempo nella prima parte, quella in salita. Nella parte finale invece, sei minuti tutti in pianura, lui ha fatto il miglior tempo. Secondo Campenaerts, terzo Matthews. Sesto in quel tratto è stato Vingegaard, mentre Pogacar addirittura ottavo o nono, però lui negli ultimi due chilometri ha rallentato. Quindi un parziale in linea con quello che ci saremmo aspettati in una crono piatta, cioè Remco più veloce».
Pogacar ha vinto anche grazie alla forma superiore e la perfetta conoscenza delle strdaePogacar ha vinto anche grazie alla forma superiore e la perfetta conoscenza delle strdae
Invece nei tratti precedenti?
Dal secondo al terzo intertempo c’era la discesa e Pogacar ha fatto il miglior tempo, perché abita lì. Jorgenson il secondo. Almeida, Buitrago e Tejada hanno fatto una bella discesa perché si giocavano il piazzamento. Sono andati bene anche Ciccone e Matthews, gente che ci vive o che ci ha vissuto. Remco è andato come Yates, che era in ritardo ai primi intermedi ma sempre intorno all’ottavo, nono posto e nell’ultimo tratto è scivolato tutto indietro. Nel senso che era in ritardo in salita e una volta che si è reso conto di non poter vincere la crono, non ha preso rischi. Si è visto che in discesa non era proprio lineare nelle curve.
Quindi un risultato che si poteva scrivere anche prima che corressero?
Alla fine di un Grande Giro è sempre così, quelli di classifica sono più performanti. Primo, perché ultimamente dedicano anche loro tanto tempo all’allenamento e all’aerodinamica. E poi perché quel percorso ha penalizzato gli specialisti. Campenaerts nell’altra crono era arrivato 5° a 52″ da Evenepoel: a Nizza invece è finito 13° a 3’14” da Pogacar. La prima non era una crono piatta, però Evenepoel l’ha fatta a 52,587 di media. A Nizza, Pogacar ha fatto 44,521, vuol dire che è stata dura. Quindi è normale che siano arrivati davanti quelli di classifica, che avevano più riserva. Specialisti non ce n’erano, tranne Campenaerts e Sobrero. Matteo mi ha detto di averla fatta a tutta. E’ arrivato 19° e con le forze che gli erano rimaste si è preso quasi 4 minuti.
Sobrero si è molto impegnato, ma era sfinito e ha subito un passivo di 3’55”Non era una crono per specialisti: Campenaerts (5° nella prima) si è piazzato 13° a 3’14”Sobrero si è molto impegnato, ma era sfinito e ha subito un passivo di 3’55”Non era una crono per specialisti: Campenaerts (5° nella prima) si è piazzato 13° a 3’14”
In conferenza stampa Remco ha detto che la discesa era troppo pericolosa e avendo l’obiettivo delle Olimpiadi non ha voluto rischiare.
Può essere, perché la discesa non era semplicissima. Se uno abita lì e va a farla cinque volte al mese, è un’altra cosa. Non era pericolosa, però c’erano tantissime curve, dove se sei sicuro di poter lasciare i freni, guadagni 13-14 secondi. Invece nell’altra crono, Remco aveva fatto una bella discesa, perché magari l’aveva vista 2-3 volte come gli altri. E poi a Nizza, una volta che non aveva il miglior tempo in salita, cosa aveva da guadagnare a rischiare? Il terzo posto era consolidato e il secondo irraggiungibile. Avrà visto negli intertempi dov’era rispetto a Vingegaard, ha capito che la crono non la vinceva e ha deciso di non prendere rischi.
Secondo te chi ha puntato al cambio di bici ha fatto un passo falso?
C’era una strategia alternativa possibile: partire con la bici da strada e cambiarla in cima alla seconda salitella. Però c’erano 3 chilometri piatti all’inizio e già lì, con la bici da crono rispetto a quella da strada, guadagnavi minimo 15 secondi. Poi speri di riguadagnarli in salita con la bici più leggera? Può essere, ma sulla prima salita andavano a 24 di media, Pogacar anche a 28. A quelle velocità la bici da crono è ancora vantaggiosa. Altra cosa: noi abbiamo avuto da poco la bici da crono con i freni a disco. E se c’è un feedback che tutti mi hanno dato è di trovarsi meglio come guidabilità anche rispetto alla bici da strada. L’unico svantaggio resta il peso, perché una bici da crono pesa mediamente un paio di chili in più.
Pinotti ha seguito Durbridge che con la bici da crono ha… piegato la resistenza di DillierPinotti ha seguito Durbridge che con la bici da crono ha… piegato la resistenza di Dillier
Uno svantaggio che riesci a colmare con le velocità?
Vi faccio questo esempio. Io ho seguito Durbridge e avevamo davanti Silvan Dillier, che correva con la bici da strada e non andava certo a spasso. Vedendo come muoveva le spalle, si stava impegnando. Durbridge è andato regolare, eppure gli è arrivato sotto già sulla prima salita. Poi ha recuperato e in discesa Dillier con la bici da strada ci ha staccato perché noi siano andati prudenti. Ma quando siamo arrivati alla parte in pianura finale, si è messo a ruota irrispettoso delle regole, ma dopo un chilometro si è staccato. Lottavano per il 50° posto quindi non so neanche se avrà preso la penalità, però è stato divertente vedere questa differenza. Storia simile con Yates.
Cioè?
Ho seguito anche Simon e davanti a lui è partito Gall, che era 13° in classifica e ha scelto la bici da strada. Mi è sembrata una scelta assurda. Infatti, nonostante Yates avesse la bici da crono, lo ha preso sulla prima salita. L’ha passato in discesa e Gall non è più rientrato. E proprio a causa della crono ha perso una posizione. L’anno scorso a Combloux fu diverso, perché la crono era divisa in due: prima la pianura e poi quasi tutta salita. Però quando la velocità media è sopra il 23-24 all’ora, io prendo sempre la bici da crono.
Gall è partito con la bici da strada e poi ha cambiato, perdendo una posizioneQuelli che hanno usato solo la bici da strada hanno vissuto una crono a mezzo servizio: lui è Marco HallerGall è partito con la bici da strada e poi ha cambiato, perdendo una posizioneQuelli che hanno usato solo la bici da strada hanno vissuto una crono a mezzo servizio: lui è Marco Haller
I ragazzi ti hanno spiegato perché con i freni a disco la bici si guida meglio?
Prima quando avevi i freni rim e le ruote lenticolari o in carbonio, la frenata non era lineare. Adesso con i dischi è come sulla bici da strada. Prima era un problema cambiare da un giorno all’altro. Adesso frenano allo stesso modo, è un passaggio naturale. Corridori come Sobrero avevano la sensibilità per passare senza problemi da una all’altra, però la maggior parte è contenta di questo cambiamento. Adesso usano la stessa forza, staccano alla stessa distanza dalla curva e la frenata è più lineare.
Cambiando argomento, in casa UAE Emirates hanno sottolineato l’importanza della doppia guarnitura 46-60 con 11-34 dietro: perché secondo te?
Partiamo col dire che a Nizza serviva la doppia corona, la mono non andava bene. Se avessi dovuto scegliere, avrei voluto un 60-44, che per noi non era disponibile. Noi avevamo il 58 come corona più grande, l’ideale sarebbe stato un 60 o un 62, perché gli ultimi chilometri erano proprio veloci. Perciò Pogacar con il 60 è andato bene e in salita con il 46×34 era giusto. Secondo me aveva il 46-60 perché il limite del salto tra le due corone sono 14 denti. Io ho chiesto di avere il 44-60: se riescono, siamo a posto perché avremmo una copertura più grande di percorsi. Il 46×34 lo spingi bene, ma idealmente sarebbe meglio avere il 44×30, così ho una scala più lineare. Se metto il 34, uno fra il 17 e il 19 devo tenerlo fuori, invece con il 30 potrei rimetterlo. Però comunque il 46-60 è stato una buona scelta.
Questa la guarnitura 46-60 di Pogacar, prodotta da Carbon-Ti. Dietro lo sloveno aveva pignoni 11-30Questa la guarnitura 46-60 di Pogacar, prodotta da Carbon-Ti. Dietro lo sloveno aveva pignoni 11-30
Perché è stato giusto non usare la monocorona?
Si può usare quando c’è una strada molto veloce o una discesa. Però di solito, se c’è una discesa, prima c’è stata una salita. E se, come in questo caso, non è pedalabile, allora ti serve la doppia corona. Non puoi correre con il 62×38. Anche perché se usi il 62, già passare dal 13 al 14 è un bel salto rispetto a quando hai il 53. Se poi mi togli anche dei rapporti dietro e ne fai due ogni volta per montare il 38, finisce che ti serve anche una catena lunga un chilometro… Io sono più un fan della doppia corona.
Dipende anche dai percorsi?
Ormai mettono sempre sia la salita ripida che la discesa veloce, quindi devi avere l’opzione di due corone. La mono va bene nella crono di Desenzano al Giro, ma già in quella di Perugia secondo me non andava (Pogacar che ha vinto aveva la doppia, Ganna che ha fatto secondo aveva la monocorona, ndr). Le crono più belle in un Giro sono quelle dove ci sono salita e discesa. Diverso magari se si parla di una crono dei mondiali o delle Olimpiadi.
Se la crono finale è la prova delle energie residue, ha senso che Vingegaard sia arrivato secondoSe la crono finale è la prova delle energie residue, ha senso che Vingegaard sia arrivato secondo
L’anno scorso ai mondiali, la salitella al castello di Stirling premiò Evenepoel e penalizzò Ganna…
Sono scelte che fanno in base ai posti che devono raggiungere, cercando di non favorire i passisti o gli scalatori. Le Olimpiadi ad esempio quest’anno strizzano di più l’occhio agli specialisti, ma non so con quale criterio l’abbiano disegnata così. Chi organizza fa una proposta. Poi c’è una commissione che approva e penso che scelgano un percorso che possa creare la massima indecisione nella vittoria. In un Giro invece è diverso. E soprattutto la crono finale, se la fai dura, sai già che arriveranno davanti quelli di classifica. Al netto di ogni ragionamento, è così che va a finire.
Passato dalla Ineos alla UAE Emirates, Pavel Sivakov ha scoperto che lavorare per Pogacar è gratificante e semplice: lui tira e l'altro quasi sempre vince
MONTECARLO (Principato di Monaco) – Merijn Zeeman resta in piedi davanti a noi, rispondendo alle domande, un po’ perché ci tiene e un po’ perché la sottile pioggerella offre refrigerio nella domenica torrida. A Tour ormai finito, anche se l’ultima crono nel momento in cui parliamo non s’è ancora corsa, abbiamo deciso di vederci chiaro. E’ possibile che dopo l’incidente, in questo sport così misurato, la Visma-Lease a Bike pensasse di avere a disposizione uno Jonas Vingegaard nella condizione ottimale?
Il discorso non torna, soprattutto se lo scorso anno abbiamo accettato che Pogacar non fosse arrivato al suo massimo per la frattura dello scafoide, che non aveva certo toccato polmoni e costole.
«Jonas ha fatto un’ottima gara», dice il capo dei tecnici della Visma, che dal 2025 sarà nel calcio di serie A, nella squadra di Alkmaar. «Voglio dire prosegue – ha fatto quello che poteva e penso che sia stato molto bravo e molto forte. Ha trovato in Pogacar un avversario migliore che ha meritato di vincere, ma Jonas può comunque essere orgoglioso di ciò che ha fatto qui».
Zeeman è stato il capo dei tecnici della Visma: dal prossimo anno passerà al calcio nella squadra di Alkmaar (foto Anp)Zeeman è stato il capo dei tecnici della Visma: dal prossimo anno passerà al calcio nella squadra di Alkmaar (foto Anp)
Onestamente, puoi dire che sia arrivato al Tour al suo meglio?
E’ quello che pensavamo, come pensavamo che il divario con Pogacar sarebbe stato inferiore. Eravamo molto fiduciosi e penso che comunque Jonas avesse raggiunto un livello molto alto. Il Tour non è una grande cronometro, in cui vince sempre il migliore. C’è anche una componente tattica o la capacità di stare fuori dai guai. E poi speravamo che Jonas sarebbe cresciuto durante il Tour de France. Ora il lavoro sarà continuare a migliorare per arrivare ancora meglio il prossimo anno.
Che cosa ha perso durante l’incidente?
Ovviamente non ha potuto allenarsi per molte settimane: sdraiato in un letto d’ospedale, non ha potuto fare alcun esercizio. In questi casi perdi tutto e devi ricominciare da capo ed è quello che ha fatto. E’ stato un puzzle molto difficile, Jonas era davvero in guai seri. Quando ha ripreso ad allenarsi, si è messo in moto il meccanismo per portarlo pronto al Tour. Però allenarsi è una cosa, ma essere competitivo è un’altra.
L’uscita dall’ospedale di Vingegaard ha significato immaginare un ritorno in sellaAl Giro dei Paesi Baschi, Jonas aveva riportato fratture e un pneumotorace (immagine Eurosport)L’uscita dall’ospedale di Vingegaard ha significato immaginare un ritorno in sellaAl Giro dei Paesi Baschi, Jonas aveva riportato fratture e un pneumotorace (immagine Eurosport)
Eri sicuro che potesse rimettersi in forma?
Non ho mai disperato, perché settimana dopo settimana ha iniziato a migliorare, quindi penso che in questo senso abbia fatto un ottimo lavoro. Abbiamo sempre avuto fiducia però non siamo mai stati certi che alla fine l’avrebbe fatta. Siamo molto orgogliosi che alla fine ci sia riuscito e abbia fatto un’ottima gara.
C’è mai stato un piano B?
Qualunque fosse la situazione, siamo partiti dicendo che non avremmo mai gettato la spugna. Nessun piano B. Naturalmente abbiamo dovuto fare i nostri calcoli, avendo subito qualcosa da recuperare. Come i due Tour precedenti, anche questo in avvio sembrava disegnato per Pogacar. Rientrare in modo così esplosivo dopo tanta assenza non è stato il massimo.
Vingegaard era pronto, ma non al suo massimo: prevedibile dopo tanto infortunioVingegaard era pronto, ma non al suo massimo: prevedibile dopo tanto infortunio
La caduta ha lasciato qualche strascico?
Non dobbiamo dimenticare che è stata molto violenta. Non è stata solo una clavicola rotta, ma diverse costole e il pneumotorace. Oltre a tutto il resto, rimane la paura per una caduta così estrema. Dopo il Delfinato sono andato a Tignes e gli ho parlato molto proprio di questo.
L’anno scorso si è parlato molto del polso di Pogacar, l’incidente di Jonas è stato molto peggiore. Avete mai pensato di usarlo come scusa?
No, perché sarebbe anche poco rispettoso nei confronti di Pogacar. E’ un vincitore che merita, è stato il miglior corridore e merita che nessuno cerchi di sminuire la sua vittoria accampando scuse.
Vingegaard è nato il Danimarca il 10 dicembre 1996. Ha vinto i Tour del 2022 e 2023Vingegaard è nato il Danimarca il 10 dicembre 1996. Ha vinto i Tour del 2022 e 2023
Avete già individuato gli ambiti su cui lavorare per il prossimo anno?
Ci stiamo pensando, ma in assoluto è qualcosa che dovremo individuare nei prossimi mesi. Qualcosa che dobbiamo scoprire, discutere e analizzare: è troppo presto dirlo ora. Di certo un Pogacar così forte diventa la nostra miglior motivazione per rimboccarci le maniche e fare il massimo il prossimo inverno. Un avversario così forte diventa lo stimolo migliore per lavorare meglio e di più.
A conclusione del discorso, troviamo che la Visma-Lease a Bike non potesse permettersi di arrivare al Tour senza il vincitore uscente. La squadra ha perso appeal da quando lo sponsor più ricco è uscito di scena. Senza più Roglic e con Kuss infortunato, andare al Tour soltanto con il convalescente (anche lui) Van Aert sarebbe stato un ridimensionamento difficile da accettare. Il secondo posto finale, viste le premesse, vale anche più dell’oro.
NIZZA (Francia) – Nel raccontarsi davanti alla platea dei giornalisti, Vingegaard comincia a pensare che forse tanto male non gli è andata. Essere arrivato secondo dietro un Pogacar così forte ha smesso di bruciare come nei primi giorni, quando non riusciva a capacitarsi che, nonostante i suoi numeri stellari, l’altro fosse così tanto più forte. Ora, messa insieme la consapevolezza di una preparazione frettolosa e il livello del rivale che invece continua a parlare di perfezione, anche le sue risposte suonano meno ferite. Anche se dentro si vede che ci sta male. E basta guardarlo negli occhi per capire che sta combattendo fra le sensazioni che prova e le parole che può dire.
«Arrivare secondo al Tour de France – dice – è sempre un grande risultato dopo quello che è successo. Quando avrò tempo di riflettere, magari fra qualche settimana, sarò anche orgoglioso di questo risultato. Ho creduto a lungo di poter vincere. Però a Isola 2000 mi sono sentito davvero male. Quando ho tagliato il traguardo ero davvero vuoto e quel giorno ho capito di dover cambiare la mia mentalità. Passare dall’attaccare al difendermi da Remco».
Con il ragionamento, Vingegaard ha capito che il suo secondo posto è una conquistaCon il ragionamento, Vingegaard ha capito che il suo secondo posto è una conquista
Voleva lasciare il segno anche nell’ultima crono ed è per questo che ce l’ha messa tutta. Aveva ancora negli occhi lo splendido giorno di Combloux al Tour del 2023, quando rifilò 1’38” a Pogacar. Ma gli anni non sono tutti uguali e questa volta il risultato si è invertito: Pogacar ha vinto e lui è arrivato secondo a 1’03”. L’ultima crono di un Grande Giro è il confronto fra energie residue ed è per questo che, in modo molto onesto, il podio di giornata ricalca quello nella classifica finale.
Hai pensato che non poteva essere tutto come prima, con quello che hai avuto?
Di sicuro non è stato facile tornare in gruppo. Non avevo paura, ma quando hai una caduta come quella, non sai mai come reagirai nelle varie situazioni. Essere in gruppo, magari in discesa. Sono stato per tre settimane super concentrato, certi giorni ho avuto un livello, certi giorni era diverso. Credo che con la preparazione che ho avuto, io abbia fatto anche bene.
Vingegaard ha chiuso il Tour in crescendo: la condizione sta arrivando. La caduta lo ha penalizzatoVingegaard ha chiuso il Tour in crescendo: la condizione sta arrivando. La caduta lo ha penalizzato
Un fatto di qualità o di quantità?
Ho avuto solo un mese e mezzo di vero allenamento e in precedenza sono stato per due settimane in ospedale con otto giorni in terapia intensiva. Ho perso tanto lavoro. Questo mi fa credere che facendo la giusta preparazione, io posso fare molto meglio. Per il prossimo anno sarebbe già buono non rompermi ogni osso della parte superiore del corpo e non bucarmi un polmone. Essere sano sarebbe già un bel passo avanti, guardando anche i miglioramenti atletici e tecnici che magari posso ancora fare.
Hai pensato per qualche momento di poter riaprire il Tour?
Quando ho vinto la tappa a Le Lioran, ho creduto che avrei potuto vincere il Tour de France e magari anche qualche giorno prima. Poi a Plateau de Beille ho fatto i miei migliori 40 minuti, guardando i valori di potenza. Tadej è stato più forte. Per un po’ ho sperato che calasse, ma non è successo. Per questo ha meritato di vincere.
Adesso nella conta dei Tour, Pogacar guida per due a uno. Il 2025 è già nell’ariaAdesso nella conta dei Tour, Pogacar guida per due a uno. Il 2025 è già nell’aria
Il fatto di tornare competitivo è stato più mentale o fisico?
Bella domanda, ma direi mentale. Alla fine dell’anno, a novembre, ero così stanco che avrei avuto bisogno di diversi giorni per staccare completamente e invece non l’ho fatto. Partecipare alla Vuelta ha cambiato la mia stagione. Così quando si è trattato di ripartire dopo l’incidente, ero già stanco e ho dovuto affrontare un grande combattimento con me stesso. Non sapevo neanche se avrei mai più pedalato. Così sono arrivato già provato all’inizio del Tour. Ed è questo il motivo per cui questa volta non andrò alla Vuelta. Adesso ho davvero bisogno di riposare e capire che cosa sia meglio per me.
NIZZA (Francia) – Immagina di iniziare a scrivere il pezzo sulla vittoria di Pogacar al Tour alle 21,39. Hai poco da sviolinare, meglio andare sul concreto. Tadej entra nella grande sala stampa con tanta voglia di andare a festeggiare. Poi si siede e lo vedi che il rispondere alle domande di tante voci diverse lo riporta con il pensiero al fruscio della strada, il vociare del pubblico, l’adrenalina dei momenti. E allora per una ventina di minuti è come se davanti agli occhi scorressero le immagini di corsa, disegnate dal suo ricordo.
La conferenza stampa è l’ultimo atto di Pogacar in queste tre settimane trionfaliLa conferenza stampa è l’ultimo atto di Pogacar in queste tre settimane trionfali
Hai di nuovo la maglia gialla, che effetto fa?
Non posso descrivere quanto sono felice dopo due anni difficili al Tour de France. C’è sempre stato qualche errore, quest’anno invece è andato tutto alla perfezione. Penso che questo sia il primo Tour in cui ho avuto piena fiducia ogni giorno. Anche al Giro ricordo di aver avuto una brutta giornata, ma non dirò quale. Invece il Tour de France è stato fantastico. Mi sono divertito dal primo giorno fino ad oggi. E avevo un così grande supporto dietro di me, che non potevo deludere nessuno, quindi mi sono divertito anche per loro.
Di quali errori parli?
Nel 2022 la Jumbo-Visma, con Roglic e Vingegaard, ha pizzicato l’unico giorno in cui non ero super e io li ho assecondati correndo male. Mi hanno stroncato. Così l’anno dopo volevo fare tutto alla perfezione. Ho fatto una stagione pazzesca. Ho vinto la Parigi-Nizza, il Fiandre, l’Amstel, la Freccia Vallone, poi sono caduto alla Liegi e mi sono rotto il polso. E’ crollato tutto, sono andato giù di testa. Sono arrivato al Tour senza fiducia ed è finita come avete visto. Quest’anno è stato tutto perfetto.
Avevi detto di volerti godere il pubblico e hai vinto la crono…
E’ stata una partenza davvero fantastico sulla griglia della Formula Uno. Uno dei migliori circuiti di Formula Uno al mondo, penso il migliore in assoluto. Durante la crono non ho avuto altri aggiornamenti tranne il primo intermedio di Remco, ma alla fine mi sentivo molto bene. In cima alla prima salita, stavo benissimo. Nella mia testa avevo tutte le volte che Urska mi ha odiato per averla costretta a fare la strada della crono in ogni allenamento. L’abbiamo provata così tante volte quest’anno, che non ho voluto sciupare l’occasione. Quando corri una tappa del Tour e ti alleni tanto sulle sue strade, vuoi anche vedere cosa puoi fare. La gente intorno mi ha dato una motivazione supplementare.
Anche nella crono il predominio del campione sloveno, che vince con 1’03” su VingegaardIl cockpit su misura della sua Colnago rivisto alla luce delle nuove misure UCIIl passaggio di questa gomma da 24 è davvero esiguoSterzo molto basso, approfittando della grande flessibilità di PogacarPrologo aveva già preparato la sella celebrativa per l’ultima cronoLa bici, che pesa 1 kg meno dello scorso anno, ha doppio plateau 46-60 prodotto in esclusiva da Carbon-TiAnche nella crono il predominio del campione sloveno, che vince con 1’03” su VingegaardIl cockpit su misura rivisto alla luce delle nuove misure UCIIl passaggio di questa gomma da 24 è davvero esiguoSterzo molto basso, approfittando della grande flessibilità di PogacarPrologo aveva già preparato la sella celebrativa per l’ultima cronoLa bici, che pesa 1 kg meno dello scorso anno, ha doppio plateau 46-60 prodotto in esclusiva da Carbon-Ti
E alla fine è arrivata anche la doppietta Giro-Tour…
Non ci avrei mai pensato. Alcuni dicevano che il Giro sarebbe stato una rete di sicurezza casomai non fossi riuscito a vincere il Tour, ma questo è un anno incredibile. Vincere il Tour de France è un altro livello, fare le due cose insieme è ancora superiore. Sono super felice e davvero orgoglioso di averlo fatto. Il prossimo passo? Credo che Van der Poel stia benissimo con la maglia di campione del mondo, ma quest’anno voglio prenderla io. Vorrei avere almeno per una volta la maglia iridata, ma tutto sommato c’è tempo. Fare un bel mondiale sarebbe la ciliegina sulla torta.
Tanti non sono riusciti a gestire bene il tempo fra il Giro e il Tour, tu come lo hai passato?
In modo molto semplice. Dopo il Giro, ho passato un po’ di tempo con Urska, che mi aiuta a staccare mentalmente. Poi siamo andati insieme a Isola 2000. Lei si preparava per il Giro di Svizzera e i campionati nazionali. In Svizzera ha fatto una top 10 e in Slovenia ha vinto entrambe le maglie. E’ stata una preparazione che volevamo entrambi e che è andata bene. Un paio di allenamenti duri e il tempo è passato bene.
Hai detto più di una volta che si è trattato di un Tour pazzesco. Che momento di ciclismo stiamo vivendo?
Penso che negli ultimi due anni abbiamo detto spesso che questa è la migliore era del ciclismo, con le migliori gare di sempre. Se non fossi coinvolto io stesso, potrei anche dire che questa è la migliore era del ciclismo di sempre, almeno per le classifiche dei Grandi Giri. Il livello di questo Tour, con Remco, Jonas e Primoz finché c’è stato, è semplicemente incredibile. C’erano una grande attesa e grandi aspettative, per un grande spettacolo che indubbiamente c’è stato. Ognuno a un certo punto ha mostrato le palle. E’ stato un grande show. E alla fine sono felice e orgoglioso di esserne uscito vincitore. Penso che tutto il ciclismo ora possa festeggiare questo bel momento di competizione.
Sul podio la UAE Emirates, prima nella classifica a squadre con 31’51” sulla VismaQuesto abbraccio giallo e selvaggio celebra il grande Tour del UAE Team EmiratesNella crono di Nizza, il sesto arrivo a braccia alzate di questo TourI fratelli Carera escono dal Tour con le 3 tappe di Girmay (e la maglia verde) e le 6 tappe di Tadej (con la gialla)Sul podio la UAE Emirates, prima nella classifica a squadre con 31’51” sulla VismaQuesto abbraccio giallo e selvaggio celebra il grande Tour de UAE Team EmiratesNella crono di Nizza, il sesto arrivo a braccia alzate di questo TourI fratelli Carera escono dal Tour con le 3 tappe di Girmay (e la maglia verde) e le 6 tappe di Tadej (con la gialla)
Qual è stato il momento più emozionante di questa serata?
La squadra è stata eccezionale. Siamo stati insieme tutto il Tour, una super atmosfera sul pullman, mai un momento di tensione. Questa squadra è il mio sogno che si è avverato. Devo dire che non ho ricordi molto chiari di questa giornata, ma stare sul podio con loro è uno dei momenti di gioia che porterò con me per il resto della mia vita. Il Galibier invece mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta.
Perché fai sempre fatica a parlare di Marco Pantani?
Vorrei che Marco riposasse in pace. Non è stato un corridore del mio tempo. So che in Italia lo amano. Siamo passati su alcune salite dove lui si allenava. Il Giro ha la Salita Pantani. Quest’anno ho sentito tanto parlare di lui, in Italia. Non saprò mai come lo avete vissuto, ma credo che sia stato uno dei grandi. Diciamo che quest’anno è stato celebrato come merita.
Sembra che tutto ti riesca facile, non sembri neanche stanco: lo sei almeno un po’?
Sono super stanco, per questo ho bisogno di recuperare. Voglio vedere gli amici, la famiglia, stare con Urska, perché gli ultimi quattro mesi sono stati full gas. Quando a dicembre abbiamo fatto il programma e ho scelto il Giro non potevo prevedere sino in fondo quanto sarebbe stato pesante. Però abbiamo azzeccato il programma delle gare. Non ne ho fatto tante e alla fine con il giusto bilanciamento, è riuscito tutto alla perfezione. Ovviamente non guasta avere buone gambe (sorride, ndr).
Con la sua Colnago gialla sul palco: un altro muro abbattuto da Tadej PogacarCon la sua Colnago gialla sul palco: un altro muro abbattuto da Tadej Pogacar
Cavendish ha battuto il record, tu potresti attaccare quello dei cinque Tour…
Parliamo del record di Mark, perché tutti volevano che lo battesse e addirittura in gruppo tifavamo perché ne vincesse un’altra. Ci ha sempre creduto, anche quando aveva quasi smesso. Si merita il suo posto nella storia di questo sport. Quando ai record di Pogacar, non voglio vedermi nei record, forse lo farò a 30 anni. Ora voglio vivere giorno per giorno e se anche non tornassi più al Tour, sarò ugualmente soddisfatto.
Qualcuno ha parlato di te come di un extraterrestre. Pensi che sia giusto sospettare?
Ci saranno sempre dubbi, perché il ciclismo è stato devastato prima dei miei anni. Chiunque vinca ha gelosie e haters. Se non hai haters, non hai successo. Penso che nel ciclismo la WADA e l’UCI investano molti soldi per rendere questo sport pulito. Credo che il ciclismo sia uno degli sport più puliti in generale e lo è a causa di quello che è successo tanti anni fa. Ora non è più come allora, rischiare la salute è super stupido. La carriera arriva a 35 anni, poi c’è ancora un lungo periodo per godersi la vita. E’ stupido rischiare la vita per delle stupide corse. Vogliamo vincere, ci dedichiamo anima e corpo, ma alla fine è divertimento, vincere non è la cosa più importante. E’ importante essere in salute e non c’è motivo di spingere il corpo oltre i suoi limiti, usando chissà che cosa. E ora ragazzi, grazie, siete stati fantastici, ma io me ne vado.
Si alza. Si avvia con il suo giallo che illumina il cammino. Posa con dei bambini per una foto e poi si avvia con passo spedito verso l’uscita. L’applauso lo accompagna giù dalle scale. La sua serata speciale sta per iniziare. E se l’è davvero meritata.
COL DE LA COUILLOLE (Francia) – La faccia di Remco Evenepoel sul traguardo dice davvero tutto. Sbuffa. Sgrana gli occhi. In certi giorni sembra un personaggio dei cartoni. E’ partito dalla fornace di Nizza per mettere in croce Vingegaard e per un po’ c’è anche riuscito. Sul Col de la Colmiane, penultimo di giornata, la Soudal-Quick Step si è mossa come uno squadrone che prepara l’attacco. E quando poi sulla salita finale il belga ha mollato i tre colpi che a suo avviso avrebbero dovuto risolvere la partita, Vingegaard ha deciso di metterlo a posto. Quando Landa si è spostato e Vingegaard ha chiuso sul primo allungo, Remco s’è voltato e ha supplito la mancanza di altri gregari con il ritmo provvidenziale fatto da Almeida per Pogacar.
Evenepoel arriva sfinito, un po’ deluso, ma con la soddisfazione di averci provatoIl Tour 2024 finisce a Nizza, dato che Parigi è nel pieno dell’allestimento olimpicoIn partenza al pullman dell’Astana, indossavano tutti una maglia con il 35 del record sul petto. Qui con Cavendish c’è VinokourovEvenepoel arriva sfinito, un po’ deluso, ma con la soddisfazione di averci provatoIl Tour 2024 finisce a Nizza, dato che Parigi è nel pieno dell’allestimento olimpicoIn partenza al pullman dell’Astana, indossavano tutti una maglia con il 35 del record sul petto. Qui con Cavendish c’è Vinokourov
Il primo Tour
Per essere al primo Tour, Remco ha messo le cose in chiaro. E se domani, come si pensa, vincerà la cronometro, si potrà dire che la tenuta sulle tre settimane sia un problema risolto. Il prossimo step sarà capire se potrà vincere il Tour de France, ma su quello magari lavorerà il prossimo anno nella squadra che lo accoglierà. Parlano tutti della Red Bull, staremo a vedere.
«Abbiamo provato a mettere un po’ di pressione su Vingegaard – dice Evenepoel – ma sfortunatamente non ha funzionato. Abbiamo giocato e perso, ma possiamo essere orgogliosi di ciò che abbiamo dimostrato in questo Tour. Ho attaccato due volte, ma si è visto che Tadej e Jonas il Tour lo hanno già vinto. Hanno molta più esperienza, la loro cilindrata al momento è molto più grande della mia. Devo solo accettarlo, ma sono contento di quello che ho potuto mostrare. Penso che ho ancora tanto lavoro specifico da fare per seguire o addirittura attaccare quei due. E intanto domani voglio vincere la crono, voglio concludere il Tour con un bel ricordo. Spero di riuscirci».
Van Aert sembra avvisare Remco, che lo guarda divertito: non provare a fregare VingegaardLa Soudal-Quick Step ha tirato sodo, forzando sul serio dal Col de la ColmianeTre scatti di Evenepoel dopo che la squadra ha tirato forte con Moscon, Hirt e LandaVan Aert sembra avvisare Remco, che lo guarda divertito: non provare a fregare VingegaardLa Soudal-Quick Step ha tirato sodo, forzando sul serio dal Col de la ColmianeTre scatti di Evenepoel dopo che la squadra ha tirato forte con Moscon, Hirt e Landa
Il sollievo di Jonas
Stamattina un divertente siparietto è stato colto dall’obiettivo del fotografo. Nell’incontro casuale andando alla partenza, Van Aert ha avvertito Remco di non fare brutti scherzi con il compagno Vingegaard. Punzecchiature fra giganti belgi, il più delle volte avversari. Lo sguardo di risposta di Remco è stato infatti da monello impertinente: era chiaro che avrebbe provato e lo ha fatto.
La Visma-Lease a Bike si è stretta attorno al piccolo capitano zoppicante. Da invincible armada che lo scorso anno vinse Giro, Tour e Vuelta, è bastato che perdessero uno sponsor come Jumbo e che la sfortuna ci mettesse mano e subito il loro mondo si è ridimensionato. Roglic è partito. Vingegaard e Van Aert sono caduti. Kuss s’è ammalato. Van Hooydonck ha smesso per i problemi cardiaci. Solo Jorgenson è parso all’altezza del progetto. E chissà che il mercato in corso non porti via altri pezzi pregiati.
Quando Evenepoel ha finito la spinta, Vingegaard ha contrattaccato, portando con sé PogacarQuando Evenepoel ha finito la spinta, Vingegaard ha contrattaccato, portando con sé Pogacar
«E’ stata una tappa dura e calda – dice Vingegaard – mi sono sentito molto meglio rispetto a ieri, quando ho avuto le gambe peggiori di sempre. Ero completamente vuoto. Sono contento di come sono andato oggi. E’ un grande piacere ritornare a questo livello. Mi sono sentito benissimo quando Evenepoel ha accelerato e ho deciso di rilanciare quando stava per attaccare di nuovo. Ed è quello che ho fatto.
«A quel punto ho corso principalmente per guadagnare su di lui e non necessariamente per la vittoria di tappa. Evenepoel è il miglior cronoman del mondo, tre minuti sembrano tanti, ma non si sa mai. Sono certamente felice di aver potuto guadagnare un minuto oggi. Domani farò tutto il possibile per mantenere il mio secondo posto. Tadej sempre a ruota? Ognuno ha la sua tattica, non lo giudico per questo. Probabilmente al suo posto avrei fatto lo stesso. Non aveva bisogno di tirare, gli stava bene così».
La quinta vittoria ha evidenziato la differenza di forze fra Pogacar e VingegaardLa quinta vittoria ha evidenziato la differenza di forze fra Pogacar e Vingegaard
Pogacar, sono cinque
Alla fine infatti la vittoria se l’è presa Pogacar, come era prevedibile. Ce lo chiedevamo giusto ieri dopo il successo di Isola 2000: davvero qualcuno credeva che avrebbe corso al risparmio? Eppure lui lo conferma.
«E’ stato un giorno super duro – dice – per noi la fuga poteva andare. Eravamo tutti insieme e tenevamo il gruppo compatto, correndo da squadra. Quando la corsa è esplosa sulla Colmiane, la Quick Step ha fatto un grande ritmo e a quel punto ho capito che l’ultima salita sarebbe stata dura. Remco ha provato diversi allunghi. All’ultimo però, Jonas ha fatto un contrattacco ed io ero davvero al limite. Ho recuperato alla sua ruota. Pensavo che Carapaz avesse una chance, ma Jonas ha insistito per tenere lontano Remco e lo abbiamo preso.
«Perché ho vinto? Non si lasciano le tappe ai rivali più vicini. Abbiamo dato tempo alla fuga, che ha avuto grandi possibilità. In altre occasioni sono stati i velocisti a riprendere, non siamo stati sempre noi. Ma io sono pagato per vincere. E’ una pressione, devo portare a casa il risultato, altrimenti non va bene. Se puoi, fai bene a vincere».
Pogacar dice che avrebbe lasciato la tappa a Carapaz, ma Vingegaard non ha mai smesso di forzareCavendish è arrivato in fondo al Tour: forse la sua fatica più grandePogacar dice che avrebbe lasciato la tappa a Carapaz, ma Vingegaard non ha mai smesso di forzareCavendish è arrivato in fondo al Tour: forse la sua fatica più grande
L’onore delle armi
Vingegaard in parte l’ha colpito, quasi che anche lui fosse pronto a sottoscrivere il sorpasso di Evenepoel. E mentre annota che in fondo avrebbe preferito il finale dei Campi Elisi, perché domani partendo alle 15,45 la sua giornata sarà lunghissima, un pensiero va al rivale degli ultimi tre anni.
«E’ stato nuovamente un duello fantastico – dice Pogacar – bello da vedere. Penso che Jonas abbia avuto dei giorni difficili, invece oggi ha dimostrato di non essere facile da battere e di essere un vero combattente. Ha dato tutto. E alla fine, nonostante quello che ha avuto, ha fatto davvero un bel Tour».
Per Tadej si avvicina il momento della terza maglia gialla. La prima venne quasi per caso nel 2020 all’ultimo giorno. Voleva vincere la crono in salita per non tornare a casa a mani vuote, ma dice che il secondo posto era già tanto. La seconda, nel 2021, la vinse con una giornata a tutta nel diluvio di Le Grand Bornand, che gli permise di amministrare.
«Quest’anno invece – spiega – ho tenuto un livello più alto, nonostante avessi più pressione dopo due anni che venivo battuto. In quest’ottica, penso che la tappa più importante che mi ha dato più fiducia sia stata la prima sul Galibier. Una grande vittoria. Mi ha dato la speranza che avrei potuto davvero vincere il Tour».
ISOLA 2000 (Francia) – La spallata più decisa nel giorno da cui, in teoria, sarebbe dovuto partire il riscatto. Ci sono dichiarazioni che si fanno per onorare la corsa e quelle di cui sei davvero convinto. E forse alla Visma-Leasa a Bike sapevano da almeno due giorni – dallo scatto di Evenepoel a Superdevoluy – che Vingegaard non fosse all’altezza del compito. Il continuare a rimandare appellandosi alla presunta crescita oggi ha impattato contro il muro giallo di Pogacar, in una giornata in cui nel team olandese si era pensato a un attacco più per forma che per convinzione. La presenza di Jorgenson là davanti e il suo rammarico finale dicono chiaramente che, nonostante una finestra aperta, si fosse partiti per vincere la tappa, lasciando dietro il capitano con scelta piuttosto rischiosa.
«In teoria non dovrei essere così deluso – dice Jorgenson, secondo all’arrivo – ma ci sono andato così vicino… Sento che io e il Tour de France abbiamo un pessimo rapporto. Io do il massimo, ma non ottengo niente. Negli ultimi 10 chilometri pensavo alle mie gambe, non agli altri. Cercavo di fare il massimo sforzo possibile, finché negli ultimi tre ho sentito che stava arrivando Pogacar ed ho avuto una brutta sensazione. Quando mi ha superato, mentalmente sapevo che anche se fossi rimasto alla sua ruota, mi avrebbe battuto ugualmente.
«Quindi sono deluso, anche per una giornata che non è andata come volevamo. Inizialmente dovevamo essere dei riferimenti per Jonas. Poi via radio ci hanno dato via libera di concentrarci sulla tappa. Devo dire grazie a Kelderman, altruista e un ottimo compagno di squadra. Poteva correre per sé, invece ha lavorato per me senza fare domande. Entrare nella fuga è sempre uno sforzo, ma senza quei quattro minuti, non avremmo avuto la possibilità di arrivare prima del gruppo. E’ stato uno sforzo necessario».
Jorgenson, qui con Carapaz (più combattivo di tappa), ha chiuso secondo a 21 secondiJorgenson, qui con Carapaz (più combattivo di tappa), ha chiuso secondo a 21 secondi
Una squadra pazzesca
Pogacar ha gestito la tappa con una sicurezza infinita, avendo intorno tutta la squadra. Di solito in una tappa come questa, sull’ultima salita i primi della classe hanno attorno un paio di uomini, mentre gli altri sono sparpargliati fra discese e salite. Il UAE Team Emirates ha puntato Isola 2000 tutto compatto, perdendo appena Politt, che pure ha tirato come un fabbro. Il cielo qua in cima è velato, si suda anche a stare fermi, anche se qualche folata d’aria a tratti rimette le cose in pari.
«Ho vinto la tappa regina del Tour de France – ansima Pogacar in maglia gialla – e posso confermare che la Bonette è davvero spaventosa da fare in gara. In allenamento è davvero bella perché puoi saltare l’ultimo chilometro, ma lo stesso sono super felice di aver avuto buone gambe. Siamo stati qui ad allenarci per un mese intero tra Giro e Tour, è stato un periodo difficile. Non sono mai giornate facili, perché ogni giorno bisogna rifare la salita, per questo la conoscevo bene. Questo ci ha permesso di fare la strategia che volevamo. Ne avevamo parlato già durante il nostro ritiro ed è incredibile che l’abbiamo fatta esattamente come avevamo detto. Sono scattato nel punto che avevamo indicato, è stato davvero perfetto al 100 per cento».
Né Evenepoel né Vingegaard hanno avuto intenzione di rispondere all’attacco di Pogacar a 8,6 km dall’arrivoLa UAE Emirates è stata imperiale: anche Politt ha lavorato sulla salita finaleNé Evenepoel né Vingegaard hanno avuto intenzione di rispondere all’attacco di Pogacar a 8,6 km dall’arrivoLa UAE Emirates è stata imperiale: anche Politt ha lavorato sulla salita finale
L’attacco (sfumato) di Jonas
Eppure i due uomini Visma in fuga per qualche chilometro hanno creato apprensione o comunque un sottile strato di allerta nell’ammiraglia e nel gruppo in gara. Vingegaard vuole attaccare? Perché è vero che la classifica è ormai tutta scritta, ma se uno t’ha staccato malamente come il danese negli ultimi due anni, il ricordo genera sempre timore.
«Ho pensato che Jonas volesse provarci sulla Bonette – dice Pogacar – questo è stato il mio pensiero iniziale. Ma davanti stavano andando davvero molto forte, non sembrava stessero aspettando qualcuno che attaccava. E quando abbiamo capito che puntavano alla tappa, ci siamo un po’ tranquillizzati. Devo dire però che non è stata facile come potrebbe sembrare. Nell’ultimo chilometro mi sono voltato spesso. Ho speso tanto per riprendere Carapaz e Simon Yates. Quando mi hanno detto che anche Matteo (Jorgenson, ndr) stava perdendo un po’ di smalto, ho provato a superarlo di slancio e lì mi sono ucciso le gambe. Così ho cominciato a pensare che forse sarebbe rientrato e mi sarebbe scattato in faccia o qualcosa del genere, perché indubbiamente oggi è andato davvero forte…».
Per Vingegaard all’arrivo l’abbraccio di sua moglie Trine MariePer Vingegaard all’arrivo l’abbraccio di sua moglie Trine Marie
La resa del re
Jonas ha abbracciato sua moglie Trina Marie e in quella stretta ha sfogato tutto lo stress di tre settimane cercando di ritrovare se stesso anche quando tutto diceva che sarebbe stato impossibile. Ed è la prima volta che parla di quel che gli successo, avendo evitato per tutto il Tour di usarlo come scusa.
«Ho capito di dover semplicemente lottare per qualcos’altro – dice – ed è quello che ho fatto. Non sono così deluso, perché ho ben chiara la storia degli ultimi 3 mesi. Ho lottato per quasi tre settimane e ora probabilmente possiamo dire che è quasi finita e probabilmente non vincerò. Penso ancora che posso essere orgoglioso di come abbiamo corso e di come ho corso io per primo. La vittoria ormai non c’è più, ecco come stanno le cose: devo accettarlo. Invece Tadej la merita, è andato fortissimo. Io non ero al mio livello normale, tanto che mi sono messo dietro a Remco quando ho capito che vuole il mio secondo posto. Ho cambiato tattica dopo Superdevoluy, accettando anche di non scattare per toglierlo di ruota, altrimenti avrei finito per perdere il secondo posto. Ho detto per tre settimane che volevo correre per vincere, ma quando ti rendi conto che è del tutto impossibile, allora forse è anche meglio lottare per un obiettivo ragionevole».
Vingegaard è certo che domani Evenepoel darà l’attacco alla seconda posizioneVingegaard è certo che domani Evenepoel darà l’attacco alla seconda posizione
Il pericolo Evenepoel
Ma il Tour non è finito. Evenepoel ha fiutato il suo… dolore e sa che fra domani e domenica nella crono può riuscire nel sorpasso. E così da cacciatore, sia pure ferito, ora Vingegaard si ritrova nei panni della preda. Ugualmente ferita, pertanto più fragile.
«Adesso vado in albergo – dice – e poi domani spero di avere gambe migliori. So che sarò attaccato, quindi nei prossimi due giorni non mi resta che dare tutto quello che ho. Mi aspetto che Remco vada per il secondo posto, lo farei anche io se fossi al posto suo. Per cui mi metterò alla sua ruota e la squadra mi darà una mano per controllarlo. Ma adesso lasciatemi andare, il viaggio è ancora lungo».
Novanta chilometri, per l’esattezza, fino all’hotel di Nizza da cui domani partirà la ventesima tappa. Un lungo trasferimento, come i tanti di questo Tour. Mentre noi ci mettiamo a scrivere le sue parole, aspettando il momento giusto per riprendere la strada.
La Bonette, il valico più alto d’Europa: lo scollinamento è a quota 2.802La Bonette, il valico più alto d’Europa: lo scollinamento è a quota 2.802
Domani senza fretta
Si potrà scrivere la parola fine sotto questo Tour de France? Il sorriso con cui Pogacar racconta la sua ennesima impresa ti fa capire che è davvero contento della conquista e per niente annoiato per la superiorità. Sta accadendo quel che abbiamo già visto al Giro e anche se lo strapotere sembra eccessivo, perché mai dovrebbe rallentare?
«Ho guadagnato ancora 1’42” su Jonas e Remco – dice – la situazione sembra più bella che mai. Sono felice perché domani potrò godermi la tappa. Magari lasceremo andare la fuga e ci godremo le strade su cui ci siamo allenati. Speriamo che non accada nulla. Questo Tour è stato davvero sorprendente per le vittorie di tappa. Diciamo che quest’anno ho bilanciato il conto rispetto alle due che ho vinto l’anno scorso. Posso dire che marcio al ritmo di tre tappe per Tour, il che è pazzesco e mi rende davvero orgoglioso».
Ballerini, Cavendish e Cees Bol sono stati gli ultimi tre ad arrivare: distacco di 43’46”, tempo massimo di 48’49”Ballerini, Cavendish (con loro anche Cees Bol) sono stati gli ultimi tre ad arrivare: distacco di 43’46”, tempo massimo di 48’49”
Qualcuno crede che domani, sulle strade di ogni giorno, rinuncerà a vincere ancora? Con Isola 2000 è arrivato a quota 15 tappe vinte. Come dire che al ritmo di tre vittorie all’anno, fra sette Tour potrebbe battere il record di Cavendish, facendolo però con lo stile di Merckx. Eppure sette anni in questo ciclismo così veloce sono lunghi come un’era geologica. Forse per questo fa bene a godersi un passo alla volta e anche a non andare alla Vuelta, lasciandosi la porta per altri stimoli. Le carriere restano lunghe se si sceglie di non bruciare tutto e subito.
Davide Bramati commenta la vittoria di Alaphilippe al Giro dei Paesi Baschi e il ruolo di Evenepoel. Fra i due è nata un'ottima intesa. Obiettivo Ardenne
SUPERDEVOLUY (Francia) – E’ un sogno che si realizza, ma Carapaz è troppo stanco per mettersi a saltare. Il sole a piombo disegna ombre profonde sul suo volto sfinito, solo i denti bianchi brillano più degli occhialoni specchiati. Il venezuelano ha vinto la sua prima tappa al Tour, dopo essere stato il primo ecuadoregno a indossarne la maglia gialla. E forse per averci parlato del tutto casualmente stamattina prima del via, capiamo che in quella voglia di arrivare e vincere c’è anche altro.
La bici dorata da campione olimpico ha fatto ottimamente la sua parte, quasi alla fine di un viaggio durato un anno meno di tutti gli altri, dato che Il Covid s’è mangiato un anno e da Tokyo è passato appena un triennio.
«Ci riprovo – le sue parole alla partenza – penso che manchi una settimana molto dura. Spero che la classifica si sia assestata, così arriveranno anche le fughe di giornata. La verità è che sto bene, sto ritrovando buone sensazioni. Spero di continuare questa crescita e di riuscire a trovare qualcosa qui al Tour. Ormai mi sono fatto una ragione del fatto che non mi porteranno alle Olimpiadi, è un problema che ho già affrontato. Penso di avere davanti ancora una bella stagione. La Vuelta e persino il campionato del mondo, che sarà una bella conclusione della stagione».
Finalmente per Carapaz dopo la maglia gialla, arriva anche la vittoria di tappa al TourCarapaz ha raccontato che la vittoria di tappa fosse il suo obiettivo dall’inizio, dato che la classifica è… chiusaQuesto è il momento in cui Carapaz stacca Yates che si era mosso per primoFinalmente per Carapaz dopo la maglia gialla, arriva anche la vittoria di tappa al TourCarapaz ha raccontato che la vittoria di tappa fosse il suo obiettivo dall’inizio, dato che la classifica è… chiusaQuesto è il momento in cui Carapaz stacca Yates che si era mosso per primo
Una vittoria per sempre
Meno di cinque ore dopo, la sua missione si è compiuta e a giudicare da come la racconta, potrebbe non essere ancora del tutto completa. La linea di arrivo è un ribollire di massaggiatori, perché il caldo si è fatto sentire e i corridori arrivano stremati. Le ultime due salite piene di gente hanno offerto uno scenario pazzesco e persino educato, per quello che si è potuto vedere dal nostro punto di osservazione.
«Questa vittoria significa tutto! Ho cercato di ottenerla dall’inizio del Tour – racconta – quello era l’obiettivo. Sono riuscito a ottenere questo risultato che ricorderò per sempre, ho sfruttato al meglio il momento. Conoscevo bene la salita finale avendola studiata con il mio direttore sportivo. Avevo vinto tappe al Giro e alla Vuelta, ma il Tour de France è la corsa con tutti i migliori corridori del mondo. Ogni squadra arriva con il suo miglior assetto e la squadra migliore. Il Tour è la gara più bella. Sono felice anche per tutte le persone che mi seguono, sono orgoglioso di essere qui e rappresentare tutta l’America nel miglior modo possibile».
Pogacar si volta, dietro c’è Evenepoel: Vingegaard è in difficoltà, l’attacco proseguePogacar si volta, dietro c’è Evenepoel: Vingegaard è in difficoltà, l’attacco prosegue
L’istinto stupido
Mentre davanti la fuga dei 48 si andava scremando e da dietro prima Simon Yates e Poi Carapaz rientravano sui primi e li saltavano, nel gruppo della maglia gialla quel diavoletto di Pogacar si è accorto che Vingegaard non avesse esattamente una bella cera. E così, prendendo bene la rincorsa sul Col du Noyer, ha attaccato e l’ha messo sulle ginocchia. Il senno di poi dirà che non è servito a molto, dato che i distacchi sul traguardo sono stati contenuti.
«E’ stata una giornata molto bella – dice Pogacar nella zona mista – c’è stata una partenza veloce, come se nei primi 125 chilometri fossimo in una gara juniores. Forse per questo prima dell’ultima salita c’è stata un po’ di fatica e ne ho approfittato. Non so se tanto attaccare faccia parte del mio dna, potrebbe essere. Non so davvero perché ho provato. Ho seguito l’istinto, ma è stato un istinto stupido. Ho tolto due secondi a Jonas e ne sono felice. Invece Remco è stato bravissimo. Ha fatto un ottimo attacco nel finale. La Visma ha lavorato molto bene come squadra. Se Jonas non avesse più uomini davanti, penso che io e Remco potremmo mettergli più pressione e il risultato sarebbe stato diverso».
Evenepoel ha attaccato per la prima volta in questo Tour: un bel segno della condizione che cresceEvenepoel ha attaccato per la prima volta in questo Tour: un bel segno della condizione che cresce
Remco cresce
Vedere Vingegaard in difficoltà ha dato infatti morale a Evenepoel. Il belga ha prima risposto a Pogacar. Assieme a Vingegaard e a Laporte lo hanno raggiunto in discesa. E quando poi si sono ritrovati sugli ultimi chilometri verso Superdevoluy, la maglia bianca ha attaccato in prima persona. Vingegaard ci ha provato, ma quando alla fine gli è andato via anche Pogacar, ha capito che le stagioni non sono tutte uguali. Alla fine Evenepoel ha guadagnato 10 secondi su Pogacar, che ne ha guadagnati due su Vingegaard. Non è tanto per il margine in sé, ma quello che significa alla vigilia di altre tre giornate sulle montagne.
«Mi sentivo ancora bene – dice Evenepoel – e avevo ancora Jan Hirt davanti. A un certo punto mi hanno gridato all’orecchio che avrei potuto attaccare se il ritmo fosse sceso ai piedi dell’ultima salita. E’ quello che ho fatto. Forse avrei dovuto essere più aggressivo, ma per me è tutto nuovo. Non oso ancora dare il massimo su un arrivo in salita di quattro chilometri. Jan è stato fortissimo, mi ha lasciato all’ultimo chilometro come gli avevo chiesto. Poi io ho fatto un altro chilometro a tutta. Alla fine la differenza con Pogacar e Vingegaard è di pochi secondi. Ma con gli uomini dietro di me in classifica oggi è stata di oltre due minuti. Mi aspettavo che Pogacar rispondesse, ma forse visto che ho 5 minuti di ritardo ha preferito far lavorare la Visma. Non so se ci riproverò, vorrei rispettare il nostro piano che prevede podio e una tappa. Forse ne vincerò un’altra, ma tutto ciò che di nuovo potrò sperimentare è un vantaggio. Perciò resto concentrato sul terzo posto e poi si vedrà. Jonas ha vinto due Tour, non credo sia semplice riprendergli due minuti».
Vingegaard si è difeso bene, tenendo testa a Pogacar e onorando il TourVingegaard si è difeso bene, tenendo testa a Pogacar e onorando il Tour
Onore a Vingegaard
A questo punto forse si impone una riflessione. La presenza di Vingegaard al Tour è un miracolo. Visto l’incidente di aprile non avrebbe mai potuto recuperare il suo livello migliore. Ma siccome da più parti lo si ritiene una sorta di robot e la sua squadra capace di tirare fuori l’acqua dal sale, erano tutti convinti che sarebbe venuto e sarebbe stato tutto come al solito. Così non è. E se l’anno scorso si è accettato lo scafoide di Pogacar come causa nel ritardo di condizione, davanti a questo ragazzo danese tutto pelle, grinta, ossa e muscoli, bisogna solo togliersi il cappello.
«Alla partenza avevo immaginato una tappa conservativa – dice Vingegaard – ma a un certo punto ho visto che la Trek attaccava e ho pensato che sarebbe stato possibile che partisse Tadej. E in quell’istante lui ha attaccato. Ogni volta che qualcun altro rende la corsa difficile, allora devi aspettarti che se ne andrà. Poi Remco ha attaccato e Tadej si è messo alla mia ruota. Pensavo che l’avrei ripreso, ma avevo già chiesto tanto ai miei compagni di squadra, che oggi devo ringraziare molto. Laporte è stato davvero prezioso. Sulla mia condizione, cosa dire? Mi sento ancora come se stessi migliorando e oggi forse non è stato il mio giorno migliore. In un Grande Giro può capitare di avere una brutta giornata e se questa è la mia brutta giornata, allora sono felice».
Avrebbe potuto fregarsene e puntare tutto sulla Vuelta. E’ qui a rendere più grande la vittoria di Pogacar. Già solo per questo Jonas Vingegaard merita che gli si faccia un applauso.