Israel retrocessa e clavicola: Nizzolo fugge alle Canarie

22.11.2022
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Giacomo Nizzolo si sta godendo le ultime ore a Gran Canaria, in un avvio di stagione rallentato dalla frattura della clavicola. Viste le foto in moto pubblicate sui suoi social, è venuto da scherzare sul fatto che sia caduto invece con la bici e la risposta è stata quella che ci aspettavamo.

«Ho sempre detto – dice – che andare in moto è meno pericoloso che in bici. Stavo affrontando una delle prime uscite dell’anno e a pochi chilometri da casa sono scivolato. La frattura era aperta, ma comunque sufficientemente stabile da permettermi di provare a pedalare. Diciamo che mi avevano suggerito almeno due settimane senza bici, dopo 3-4 giorni avrei potuto ricominciare sui rulli. Però, dato che i rulli sono una cosa che non riesco a fare e in realtà sarei dovuto partire il giorno dopo l’incidente, ho consultato un medico che mi ha detto di aspettare. Ma la frattura era abbastanza stabile, così ho prenotato un volo per Gran Canaria, dove comunque sarei dovuto venire, e ho fatto qui una settimana che concluderò domani, il 23 novembre».

Il Gran PIemonte chiuso in 47ª posizione è stato l’ultima corsa 2022 di Nizzolo
Il Gran PIemonte chiuso in 47ª posizione è stato l’ultima corsa 2022 di Nizzolo
E hai ricominciato a pedalare nonostante il medico?

Il caldo qui a Gran Canaria è sempre spettacolare e mi ha dato una grossa mano. Quando rientrerò, farò degli altri controlli radiografici, però in teoria il peggio dovrebbe essere passato. Dalla situazione in cui ero tre giorni dopo la caduta, essere risalito in bici mi ha sorpreso positivamente. Chiaramente sono contento. I recuperi tante volte partono dalla testa. Ero convinto di ripartire e cosi ho fatto.

Intanto la Israel non è più nel WorldTour, cosa cambia?

Per me onestamente non cambia molto, nel senso che i miei obiettivi sono le corse di un giorno e abbiamo comunque il diritto/dovere di partecipare a tutte le corse di un giorno WorldTour. Significa le Monumento, ma anche le varie Amburgo, Plouay, Canada, eccetera. Invece per le corse a tappe, bisognerà aspettare gli inviti e poi decideremo quale sarà per me la scelta migliore. Quella cui tengo è la prima parte di stagione con le classiche e quella non è in discussione. La Sanremo sarà il primo vero grande obiettivo.

Avresti fatto un inverno diverso?

A differenza delle altre stagioni, dove recuperavo quattro settimane restando completamente inattivo, quest’anno mi ero mosso una settimana in anticipo. Quindi ho recuperato solo tre settimane, ma poi ho perso i giorni per la clavicola, quindi più o meno siamo in pari.

Alla Vuelta Castilla y Leon, Nizzolo ha conquistato la sua unica vittoria 2022
Alla Vuelta Castilla y Leon, Nizzolo ha conquistato la sua unica vittoria 2022
Pensavate di finire fra le professional?

Sono arrivato alla Israel quest’anno, quindi non a giochi fatti però comunque all’ultimo momento. La squadra ha ottenuto la licenza nel primo dei tre anni subentrando alla Katusha ed era ancora tutto in divenire. L’anno scorso hanno fatto un’ottima annata e quest’anno, come tante altre squadre, per vari motivi siamo stati un po’ in difficoltà. Io però posso parlare della mia stagione, sapere la motivazione degli altri è sempre difficile.

E come è stata la tua stagione?

Il mio 2022 posso racchiuderlo sostanzialmente nei due momenti di picco di forma, dove stavo trovando il colpo di pedale per realizzare quello che mi ero prefissato. Ho avuto due cadute importanti. La prima alla Sanremo, scivolando nella discesa del Poggio, che era proprio l’ultimo posto dove mi aspettavo di cadere. Avevo scollinato con i primissimi e non ho potuto capitalizzare il lungo lavoro fatto per prepararla. In più mi sono fratturato il polso, che ha pregiudicato la costruzione verso il Giro d’Italia e mi ha fatto saltare tutte le classiche.

Il casco con il testo di “Ciao Ciao” non basta per evitargli la sfortuna: alla Sanremo cade nella discesa del Poggio
Il casco con il testo di “Ciao Ciao” non basta per evitargli la sfortuna: alla Sanremo cade nella discesa del Poggio
E poi?

Sono ripartito da Livigno e appena sono sceso, ho vinto subito (una tappa alla Vuelta Castilla y Leon, ndr). Poi sono andato in Belgio e sono caduto ancora. E da lì è stato molto difficile, perché è stata una bella botta con trauma cranico. La ripresa è stata lenta. Questo è in breve il disegno della stagione.

Come si riparte?

E’ più difficile ripartire, c’è poco da girarci intorno. Le soddisfazioni fresche sono sempre quelle che ti aiutano di più. E avendo avuto un anno, senza volermi giustificare, toccato dalla sfortuna, è chiaro che rimettersi in moto è un po’ più difficile di testa. Però è proprio in questi momenti che bisogna tirar fuori, insomma, gli attributi…

De Marchi trova squadra, cattivi pensieri alle spalle

04.11.2022
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Il rumore della pioggia sul parabrezza è scrosciante, anche se De Marchi ridendo fa notare che all’orizzonte si intravede l’arcobaleno. Deve essere un presagio, annotiamo e lui sorride. Da casa a Varese, dove c’è il magazzino della Bike Exchange-Jayco, c’è un bel pezzo di strada che sa di conquista. Alessandro si è messo in auto di buon mattino per andare a prendersi la bici che lo accompagnerà per tutto l’inverno. La firma del contratto è cosa fatta, quell’arcobaleno non è per caso.

Questo su De Marchi che trova squadra a fine ottobre è uno di quei pezzi che si tengono nel cassetto in attesa che le cose diventino ufficiali. E le cose in questo caso hanno avuto un’accelerazione fulminea il 20 ottobre, quando la squadra australiana ha formalizzato l’offerta, strappando il Rosso di Buja dalla china di pessimismo lungo cui s’era avviato.

Settimo al mondiale gravel, De Marchi ha chiuso il 2022 in Veneto, con la caduta alla Veneto Classic
Settimo al mondiale gravel, De Marchi ha chiuso il 2022 in Veneto, con la caduta alla Veneto Classic

Tre costole rotte

Fino al giorno prima, infatti, Alessandro infatti lottava con le tre costole rotte alla Veneto Classic, che gli impedivano di dormire e andare in bici nell’insolita primavera esplosa per tutto il Friuli.

«Sono stato a lungo in attesa – diceva – fra mille incastri. Situazioni che potrebbero concretizzarsi. Quando perdi il primo giro del mercato, va così. La gente forse si ferma davanti all’età? Sarà pur vero, ma l’anno scorso di questi tempi vincevo la Tre Valli Varesine. Non ero pronto a vivere questa situazione, perché avrò pure 36 anni, ma penso che nel giusto ambiente potrei ancora fare le mie cosette».

E alla fine proprio i tuoi 36 anni sono diventati un valore aggiunto…

E’ l’argomento che hanno usato, anche per spiegare il fatto che siano venuti a cercarmi così tardi. Brent (Copeland, manager del team, ndr) mi ha dato un’interpretazione molto interessante. Per il 2023 hanno inserito parecchi giovani, tra neopro’ e nuova gente. Mi pare 7-8 ragazzi sotto i 23 anni e hanno bisogno di un innesto un po’ più vecchietto e per questo hanno visto in me una buona figura. In particolare mi hanno anticipato il progetto del Giro, nel senso che probabilmente vorrebbero mandare un gruppo relativamente giovane, portando me come… chioccia.

In cima alla salita di San Luca, De Marchi ha chiuso il Giro dell’Emilia al 27° posto
In cima alla salita di San Luca, De Marchi ha chiuso il Giro dell’Emilia al 27° posto
Un bel ruolo, no?

La prima cosa cui ho pensato è che riprendo a fare quello che facevo con i ragazzi del Cycling Team Friuli, anche se ultimamente ci siamo visti un po’ meno. Quest’anno è stato particolare e non li ho seguiti tanto sulla bici. Però l’ho fatto in passato ed era una cosa che mi piaceva un sacco, mi dava soddisfazione. E poterlo fare perché la squadra che ti prende te lo chiede esplicitamente, è proprio una bella cosa.

Il pessimismo è alle spalle?

Sono davvero caduto in piedi. Tra tutte quante, questa era la situazione migliore. Mi avevano cercato già prima della Israel, sono davvero contento. Con Brent mi ero visto durante l’estate, io l’avevo approcciato un attimo e lui è stato molto onesto e chiaro fin da subito, rivelandosi poi di parola. Mi disse che sarebbe venuto a cercarmi, qualora avesse avuto bisogno. Era agosto e ora mi sembra di poter dire che avrò a che fare con delle buone persone.

La fiammella c’è sempre stata oppure ormai si stava spegnendo?

La lucina c’era, però ammetto che a un certo punto era diventata abbastanza piccolina. Avevo iniziato a pensare anche a come potesse essere la vita senza la bici? Perché insomma, alla fine devi essere anche un po’ pratico. Le bollette da pagare ce le hai, quindi dovevo pensare a cosa fare. Chiudere così mi sarebbe davvero scocciato.

Dopo la Vuelta, De Marchi ha corso a Peccioli, lanciando il finale di stagione
Dopo la Vuelta, De Marchi ha corso a Peccioli, lanciando il finale di stagione
E’ stato bravo il tuo procuratore Scimone oppure avevi seminato bene?

Raimondo è stato importante e forse decisivo, perché in un certo periodo ero abbastanza sfiduciato dal fatto di non ricevere offerte. Pensavo: “Ho fatto tanto, ho dato tanto, l’anno scorso erano tutti contenti di vedermi in maglia rosa e adesso non trovo un contratto?”. E lì Raimondo è stato quello che ogni tanto mi faceva rinsavire. Due sberloni e mi ha tenuto a bada. Però indubbiamente, quando ti vengono a chiamare parlando di esperienza, il fatto di aver seminato qualcosa è evidente.

Come ti ponevi davanti al De Marchi demotivato delle ultime settimane?

Ammetto che tutta la stagione, specialmente la parte finale, è stata abbastanza dura. Se mi guardo indietro, non mi riconosco perché ho subito il colpo. Ancora una volta, venivo da un 2021 super, ero pronto a darci dentro, invece la primavera che ho passato mi ha distrutto piano piano. Mi ha lasciato mentalmente un po’ indebolito al momento di preparare la seconda parte di stagione. Alla Vuelta ho iniziato a pedalare, poi c’è stata la caduta. E su tutto, c’era ovviamente questa cosa del contratto che si è sommata e non ha assolutamente aiutato.

E finalmente adesso potrai dedicarti nuovamente bene alle crono: Pinotti ti starà già aspettando…

Questa è stata forse la prima cosa che ho pensato, avendo visto il percorso del Giro. So che Marco è lì che mi aspetta e onestamente non vedo l’ora.

De Marchi in maglia rosa è ora anche l’immagine di una campagna Enel
De Marchi in maglia rosa è ora anche l’immagine di una campagna Enel
Che effetto ha fatto retrocedere fra le professional?

Ci sono dei momenti in cui è stata vissuta, specialmente all’inizio, come una cosa ancora recuperabile e non così grave. Nella fase finale, quando era chiaro che non saremmo riusciti a recuperare, si è cominciato ad attaccare il sistema e dire che non fosse giusto. Ma credo che sia stato tutto la conseguenza dei due anni precedenti.

A casa come l’hanno presa? Tua moglie Anna si era un po’ intristita pure lei, oppure aveva più fiducia di te?

Anna ci credeva più di me. Ogni tanto anche lei mi diceva di smetterla di piangermi addosso. Qualche schiaffone l’ho preso anche in casa, insomma. Perciò adesso vado a conoscere le persone con cui lavorerò e inizio un inverno normale. Ne avevo proprio bisogno.

La storia di Fariba, dalla paura al sogno del Tour

30.10.2022
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Certe vite sono scandite dalle date, quasi fossero un libro di storia. Probabilmente se un giorno Fariba Hashimi scriverà la sua biografia, la prima sarà quella del 22 aprile 2003, il giorno della sua nascita a Maimanah, nel nord dell’Afghanistan, ma noi partiamo da un’altra giornata, quella del 14 agosto 2021 perché in fin dei conti è quella della sua seconda nascita. Quel giorno la giovanissima afghana affrontò un bivio che poteva portarla verso una fine prematura o un’esistenza contrassegnata dalle privazioni, dalle umiliazioni e dalla sofferenza. Oppure, com’è stato, dalla libertà.

Fariba Hashimi in trionfo ad Aigle, una vittoria dopo tanti sacrifici per tornare a correre (foto Maxime Schmid)
Fariba Hashimi in trionfo ad Aigle, una vittoria dopo tanti sacrifici per tornare a correre (foto Maxime Schmid)

Un volo per l’Italia

Kabul. I talebani sono tornati a comandare in Afghanistan. Appena gli americani si sono tirati fuori dopo una guerra ultradecennale, loro sono calati come cavallette su villaggi e città, riannodando la storia esattamente a quel che avevano lasciato. Con loro cala il terrore: i più giovani sanno che cosa significa la loro dittatura religiosa solo attraverso i drammatici racconti di chi ha qualche anno in più. In città c’è confusione: gli occidentali stanno scappando via con gli ultimi aerei e con loro anche tanti afghani pronti a viaggiare verso l’ignoto, chi può farlo, chi può permetterselo.

Squilla il cellulare di una delle sorelle Hashimi. Messaggio: «Vieni subito a Kabul, forse c’è un volo per l’Italia». Le ragazze sono nel Faryab, oltre 800 chilometri a nord. Inizia un viaggio attraverso la paura, mille insidie come quando prendono un taxi per andare a cambiare il cellulare. Posto di blocco: le ragazze vengono fatte scendere violentemente e strattonate perché lo hijab non è indossato correttamente. Per fortuna vengono lasciate andare e proseguono con mezzi di fortuna.

«Strisciavamo muro muro – racconta una di loro – arrivammo all’Abbey Gate il 24, in un caos apocalittico. Sentivamo i colpi di mitraglietta e le esplosioni, ma non so come ci ritrovammo sull’aereo, appena due ore prima dell’attentato che sparse sangue e morte».

Le ragazze afghane insieme all’ex iridata Alessandra Cappellotto, titolare di Road to Equality
Le ragazze afghane insieme all’ex iridata Alessandra Cappellotto, titolare di Road to Equality

L’Afghanistan è un ricordo

Arrivano in Italia, sono in 5, grazie all’incredibile lavoro dell’ex iridata Alessandra Cappellotto e della sua organizzazione Road to Equality. La fine del viaggio è anche l’inizio, perché inizia una nuova vita in un luogo lontano, dove ci si fa forza l’un l’altra, dove però c’è tantissimo da fare per potersi inserire nella società. L’Afghanistan è diventato un ricordo, soprattutto l’Afghanistan dove erano libere di fare sport, di pedalare. Fariba e le sue sorelle hanno sempre amato il ciclismo e gareggiavano nelle prove locali, sognavano un giorno di rappresentare la loro nazionale alle Olimpiadi. Ma nel “nuovo” Afghanistan una donna che fa sport commette peccato mortale, come anche studiare o lavorare.

Alessandra si dà un grandissimo da fare per aiutarle. Trova una scuola per straniere gestita dalle cooperative venete, dove le ragazze vanno ogni mattina e stanno pian piano imparando l’italiano e l’inglese, poi dopo pranzo tutte in bici. Valentino Villa ha provveduto a far avere loro tutto il materiale e dall’1 agosto 2022 Fariba è entrata a pieno titolo nella Valcar Travels & Service. Un’altra data, un altro capitolo…

Yulduz chiede il cambio a Fariba: le due ad Aigle si sono date battaglia senza sconti
Yulduz chiede il cambio a Fariba: le due ad Aigle si sono date battaglia senza sconti

Il giorno di Aigle

Le giornate proseguono attraverso una quotidianità affrontata con entusiasmo misto a quel normale pizzico di malinconia per la terra e la famiglia lontane. E si arriva a un’altra data fatidica: 23 ottobre 2022.

Aigle, città svizzera sede del centro Uci di allenamento. Il massimo ente allestisce in terra svizzera il campionato nazionale afghano, recuperando la gara del giugno 2021 che era stata sospesa per l’esplosione di un camion bomba. Partecipano oltre 40 atlete, tutte fuoriuscite dal Paese in quei giorni tremendi. Sono ora sparse nel mondo, ma si ritrovano per una gara che vale molto di più del titolo nazionale, almeno a livello morale. Ci sono tutte le 5 ragazze arrivate in Italia, due di loro, Fariba e Yulduz, dopo appena 3 chilometri salutano la compagnia e fanno il vuoto.

Procedono di buona lena le sorelle Hashimi, si danno cambi regolari e il vantaggio cresce. «Che si fa?» chiede una: «Semplice, ce la giochiamo alla pari» risponde l’altra. E’ una gara tra sorelle, senza esclusione di colpi, ci si gioca il successo sul filo dei centimetri. Vince Fariba, le due si abbracciano, aspettano l’arrivo delle altre con Zahra e Nooria loro compagne di squadra che arrivano terza e quarta per il tripudio della Valcar. Si avvicina a loro un distinto signore: si chiama Sylvan Adams, è un miliardario canadese che ha messo su un team arrivato al WorldTour, la Israel Premier Tech. Sta sviluppando il corrispettivo femminile e le fa una proposta clamorosa: entrare a far parte del team, con un contratto di due anni e la promessa di essere al via del prossimo Tour de France.

Le ragazze afghane hanno preso parte anche al mondiale gravel, con Fariba 33esima
Le ragazze afghane hanno preso parte anche al mondiale gravel, con Fariba 33esima

Insieme nel WorldTour

Fariba vorrebbe dire sì, ma ripensa a quei centimetri che hanno fatto la differenza, magari se erano a suo sfavore la proposta andava a Yulduz. Accettare significa separarsi, lasciare la sorella e le amiche. Fariba non sa che fare, Alessandra Cappellotto vede il suo sgomento e si mette in mezzo, iniziando una lunga contrattazione con Adams. Alla fine il contratto viene esteso anche a Yulduz che gareggerà però nel team satellite, mentre le altre avranno un supporto per continuare ad abbinare studio e ciclismo.

Le ragazze si abbracciano e scoppiano in un pianto dirotto. E’ come se quel lungo viaggio, iniziato in una Kabul illuminata dagli scoppi di bombe, abbia trovato un suo termine. In attesa che arrivi un’altra fatidica data, magari quella dell’inizio del prossimo Tour de France Femmes…

Factor Ostro Phoenix, il look che celebra il coraggio di Froome

24.08.2022
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“Se cadi osa rialzarti”. Un mantra che rispecchia l’indole di Chris Froome. Ed è proprio questa frase che infiamma il telaio utilizzato dal keniano nella Vuelta in corso. Una Factor Ostro VAM in edizione limitata che omaggia il campione della Israel-Premier Tech con i colori e il famoso concetto rappresentato dalla mitologica fenice. Non a caso il nome della bici è proprio Phoenix e sarà ordinabile per la durata della corsa spagnola fino all’11 settembre. 

I colori rosso, giallo e rosa vivacizzano anche la scritta Factor sul tubo obliquo
I colori rosso, giallo e rosa vivacizzano anche la scritta Factor sul tubo obliquo

Dalle ceneri

L’incidente drammatico di Froome nel 2019 è stato un capitolo decisivo della sua carriera. Dopo un periodo dove tutto sembrava perso, i problemi alla gamba e un’anca in frantumi, Chris ha saputo rimettersi in sesto. All’ultimo Tour de France lo abbiamo visto protagonista sull’Alpe d’Huez dove a 37 anni è riuscito a chiudere terzo in una tappa iconica. 

Ed è proprio per il suo percorso costellato di vittorie di grandi giri e imprese spettacolari che Factor ha voluto omaggiare il britannico nel 21° grande Giro della sua carriera.  

Sul tubo orizzontale la citazione di Froome è pennellata d’argento e ben visibile
Sul tubo orizzontale la citazione di Froome è pennellata d’argento e ben visibile

La fenice

Il nero della Ostro VAM viene acceso dalle pennellate di rosa, giallo e rosso. Una livrea unica in edizione limitata che esalta attraverso i colori le imprese del keniano. Le vittorie del Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta a Espana sono ciò che è stato Froome nel ciclismo. La sua voglia di rivalsa dopo l’infortunio è ideologicamente impressa sul telaio nella frase “If you fall dare to rise again”. 

Questa bici è un messaggio che va oltre il suo interprete e può essere apprezzata e ambita da tutti. E’ infatti ordinabile per tutta la durata della corsa spagnola fino all’11 settembre. Il prezzo di questa colorazione particolare è il medesimo della colorazione “standard”. 

La Ostro VAM è la bici top di gamma Factor utilizzata dal team Israel Premier-Tech durante questa stagione
La Ostro VAM è la bici top di gamma Factor utilizzata dal team Israel Premier-Tech durante questa stagione

Il top di Factor

La Ostro VAM è la bici da corsa che incarna il meglio di Factor. La Israel-Premier Tech la utilizza con Shimano Dura Ace, ruote e cockpit Black Inc e pneumatici Maxxis High Road. Le pedivelle sono le Aldhlu di Rotor e il misuratore di potenza INspider. Un concentrato di prestazioni avvolte in un messaggio unico e motivante. 

Factor

Beltrami TSA

Nizzolo dalla Spagna guarda all’europeo e sogna il mondiale

03.08.2022
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Intercettiamo Nizzolo in Spagna, più precisamente a Guijuelo, provincia di Salamanca, regione di Castilla y Leon, dove ha appena concluso l’omonima breve corsa a tappe. Si è trattato del suo ritorno alle gare dopo il campionato italiano, il corridore in forza alla Israel Premier Tech è rimasto lontano dalle corse per un mese. Nella prima metà di stagione non è riuscito a cogliere quanto si sarebbe aspettato, complice un infortunio che ad inizio stagione lo ha rallentato. 

In terra spagnola Nizzolo ha colto la sua prima vittoria stagionale e la classifica a punti, oltre ad aver ritrovato morale e fiducia. Il periodo di lavoro sembra aver funzionato a dovere.

«Sono contento di aver vinto e di averlo fatto proprio al ritorno alle corse dopo un periodo di pausa – ci dice – quel che è successo nella prima parte di stagione è da mettere alle spalle, ora guardo avanti».

Nizzolo alla Vuelta Castilla y Leon ha conquistato la prima vittoria stagionale
Nizzolo alla Vuelta Castilla y Leon ha conquistato la prima vittoria stagionale
In questo mese di stop dalle corse che hai fatto?

Sono stato un po’ a riposo e poi sono andato in ritiro a Livigno per 18 giorni. Ho lavorato bene cercando la condizione per affrontare al meglio la seconda parte di stagione. Sono tornato a casa soddisfatto del lavoro fatto e di come mi sento, e queste sensazioni le ho ritrovate anche in corsa, sono doppiamente felice. 

Cosa non è andato nella prima parte di stagione?

In sostanza credo di aver gestito male l’infortunio dopo la Sanremo, dovevo rimanere a riposo un po’ di più ed avere più pazienza. Invece sono andato in ritiro in altura troppo presto e questa fretta l’ho pagata a caro prezzo non arrivando in condizione. 

Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo si era infortunato alla Sanremo, per lui una frattura alla mano
Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo si era infortunato alla Sanremo, per lui una frattura alla mano
Hai parlato anche con la squadra?

Ci siamo confrontati, alla fine quelli fatti sono stati errori a fin di bene, una cosa è certa, anche a 33 anni non si smette mai di imparare!

Dopo questa parentesi in terra iberica cosa farai?

Correrò due gare in Belgio, il 7 ed il 10 di agosto, in quelle corse capirò, insieme a Bennati se potrò entrare nella squadra dell’europeo. Successivamente farò rotta in Germania per la Classica di Amburgo, il 21 agosto, poi volerò in Canada prima di tornare a correre in Italia nelle corse di fine stagione. Voglio prepararmi al meglio in vista del mondiale australiano, per il momento l’europeo (in programma il 14 agosto a Monaco di Baviera, ndr) è in forse.

La rincorsa alla condizione per il Giro è stata affannosa e alla fine il tanto lavoro si è ritorto contro
La rincorsa alla condizione per il Giro è stata affannosa e alla fine il tanto lavoro si è ritorto contro
Con il cittì Bennati hai parlato di questi due appuntamenti?

Ci siamo sentiti abbastanza spesso, anche dopo la Vuelta a Castilla y Leon, ho in mente di fare il mondiale bene ma per farlo ci vuole condizione. Non vorrei neanche forzare troppo la preparazione rischiando di compromettere tutti e due gli appuntamenti.

E lui che dice?

Sicuramente è contento di come sono andato ed anche io lo sono. Avere un risultato positivo dopo un lungo periodo di lavoro è incoraggiante per il futuro. Nonostante i buoni risultati ottenuti di recente non so ancora se sarò parte della squadra dell’europeo.

Il velocista milanese ha conquistato anche la maglia a punti al termine della due giorni in terra spagnola
Il velocista milanese ha conquistato anche la maglia a punti al termine della due giorni in terra spagnola
Il percorso del mondiale lo hai visionato?

Sì, sono arrivati dei video e delle foto, è un bel percorso, impegnativo. Ci vorranno tante gambe per rimanere con i migliori e sarà importante arrivare super preparati. 

Con l’assenza di Colbrelli sei l’ultimo italiano titolato, la tua esperienza potrà essere utile a questo gruppo?

Quello che ho detto anche a Bennati è che se non dovessi avere la condizione massima per essere leader, mi piacerebbe comunque mettermi a disposizione. Penso che la mia esperienza possa essere utile alla squadra, ci sono dei giovani interessanti che probabilmente potranno giocarsi un posto per l’europeo e perché no, magari qualcuno di loro anche per il mondiale.

Fra lacrime e abbracci nel giorno di Houle, aspettando scintille

19.07.2022
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Pierrik era fuori a fare jogging nei giorni che portavano al Natale del 2012. Hugo Houle studiava per diventare un agente di polizia e condivideva col fratello minore la grande passione per il Tour de France. Non passava giorno di luglio, senza che si sedessero insieme per seguire quelle immagini che arrivavano da così lontano.

Nel piccolo villaggio del Quebec in cui vivevano non c’era molto da fare, per cui non vedendolo tornare, Hugo uscì per andarlo a cercare. Lo trovò disteso sulla strada, nessuno intorno. Qualcuno lo aveva investito, poi era scappato.

«Questa vittoria è per mio fratello – dice Houle dopo aver vinto la tappa di Foix – non avevo mai vinto, questo era il posto giusto per cogliere la prima. La sua morte all’inizio mi ha distrutto più di quanto abbia aiutato, dopo un po’ invece questo è cambiato. Pierrick ha avuto appena il tempo di vedermi diventare professionista. Ho dovuto aspettare dieci anni, ma finalmente ho centrato questa vittoria per lui. Incredibile, non ho parole per questo».

Le dita al cielo, lacrime e sorrisi. Il canadese è frastornato. Nella tappa che ci ha fatto sperare in Caruso e ha vissuto della grande attesa del duello fra Pogacar e Vingegaard (sicuramente iniziato senza che però la maglia gialla abbia mostrato più di tanto il fianco), il romanzo del canadese in fuga per fare da riferimento a Woods è uno spicchio di storia che merita un racconto.

Cresciuti insieme

Di questa sua voglia di vincere per onorare il fratello, Houle parlava spesso e in gruppo tutti ne erano al corrente. Per questo i corridori che gli sono sfilati accanto hanno colto la profondità dello sguardo e di quella gioia e sono andati a congratularsi con lui.

«Passavamo tutta la mattina – ricorda – a guardare le tappe, ma lui non ha mai avuto la possibilità di venire in Europa. Ho sempre pensato che sia molto triste. Quando cresci insieme, ti somigli per forza. E Pierrick era un po’ come me. Abbiamo iniziato insieme nel triathlon. Avevamo tre anni di differenza, abbiamo corso insieme e all’inizio era più veloce di me.

«Ci piaceva fare sport insieme, con i nostri genitori che ci accompagnavano. Poi dal triathlon sono passato al ciclismo, ma lui dopo un po’ ha lasciato la bici e ha iniziato a giocare a calcio. Era timido, ma davvero intelligente e un gran lavoratore».

Caruso era nella fuga che ha deciso la tappa e ha provato da solo, pagando forse una crisi di fame
Caruso era nella fuga che ha deciso la tappa e ha provato da solo, pagando forse una crisi di fame

Ho provato ad andare in fuga, ma poi mi sono spento. Forse ho sbagliato ad alimentarmi. Almeno ho fatto vedere che ci sono e nei prossimi giorni ci riproverò

Damiano Caruso

Il primo Tour

Il resto della storia sono i sogni che diventano realtà. Il professionismo arrivato come per miracolo. Gli studi interrotti nel 2010 per fare un solo tentativo convinto. La maglia del team canadese Spidertech. Il WorldTour nel 2013 con la AG2R-La Mondiale nel 2013. E poi il primo Tour nel 2019 con la maglia Astana.

«Non ci sono molti ciclisti del Quebec – sorride – quindi è stato un grande momento. E inoltre ero davvero orgoglioso di avercela fatta. Il passo successivo sarebbe stato ottenere un risultato nel Tour e non semplicemente correrlo. E oggi questo risultato è arrivato».

Non è facile trattenere le lacrime. La stessa linguaccia sul traguardo dopo un po’ è diventata un brivido che lo ha scosso e ancora un’ora dopo la vittoria nei suoi occhi continuano a galleggiare le lacrime.

Dopo i tre attacchi di Pogacar, Kuss ha preso in mano la corsa e ha portato Vingegaard all’arrivo
Dopo i tre attacchi di Pogacar, Kuss ha preso in mano la corsa e ha portato Vingegaard all’arrivo

Assaggi di Pogacar

A margine di tutto questo, si segnalano i due scatti in salita di Pogacar e il suo allungo in discesa, con la netta sensazione (probabilmente accentuata dalla facilità d’azione di Vingegaard) che allo sloveno manchi il rapporto.

«Non è stata una brutta giornata – ha detto appena tagliato il traguardo – ma non è stata nemmeno una giornata perfetta. Spero in occasioni migliori. Ho provato le strade, quindi ho un’idea anche delle discese, anche se sarà meglio fare la differenza in salita. Come ho detto già ieri, i prossimi due giorni saranno perfetti per andare a tutto gas».

Il Tour intanto si è preso anche Marc Soler, arrivato fuori tempo massimo, mentre Majka ha dovuto lasciar andare il giovane capitano per un guaio meccanico sull’ultima salita. Vingegaard è parso in totale controllo per tutto il giorno.

«Due corridori in meno – dice Van Aert, che si è rialzato dalla fuga – cambiano la tattica. Soprattutto perché parliamo di Roglic e Kruijswijk. Ma se Jonas ha le gambe che ha avuto nelle ultime due settimane, lavoreremo per portarlo ai piedi delle ultime salite. Per noi la cosa più complicata sarà l’inizio delle tappe, il controllo della situazione».

Domani, nella 17ª tappa da Saint Gaudens a Peyragudes di appena 129,7 chilometri, i primi 53 saranno proprio di pianura. Poi si scatenerà un inferno incandescente sulle rampe di Aubisque, Horquette de Arcizan, Val Louron-Azet e Peyragudes dove nel 2017 Aru strappò la maglia gialla dalle spalle di Froome. Ha ragione Pogacar, domani sarà per lui un’occasione da non lasciar passare invano.

E De Marchi cosa fa? E’ pronto a ripartire con cuore e testa

09.07.2022
5 min
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E mentre il gruppo è impegnato al Tour de France, c’è chi sta ricaricando le batterie, tra casa e famiglia. E’ Alessandro De Marchi. Il “Rosso di Buja” ha avuto una prima parte di stagione alquanto complicata.

Ciononostante ha portato a termine il Giro d’Italia e in qualche occasione il corridore della Israel-Premier Tech è anche stato protagonista.

Col Friuli nel cuore. Al Giro Alessandro (classe 1986) si è goduto l’abbraccio della sua terra (foto Instagram – Cauldphoto)
Col Friuli nel cuore. Al Giro Alessandro (classe 1986) si è goduto l’abbraccio della sua terra (foto Instagram – Cauldphoto)
Alessandro, abbiamo visto anche dai social che ti sei dedicato alla famiglia in questi giorni. E adesso?

Adesso è ora di riprendere. Andrò in altura per preparare quello che sarà il resto stagione. L’idea è quella di correre la Vuelta. Per questo dovrei fare un bel periodo in quota, due settimane piene. Poi rifinire la condizione passando per il Giro di Polonia. E da lì andare direttamente in Spagna.

Su carta, sembra un buon programma…

Sì, è abbastanza buono soprattutto dopo aver fatto il Giro. Almeno lì sono riuscito ad accumulare un bel po’ di chilometri e tutto sommato sono a buon punto.

Come dicevamo, non hai avuto una prima parte di stagione facile…

Dopo una primavera così balorda, era importante andare al Giro più che altro per mettere fieno cascina, fare volume di chilometri in gara e magari provare anche a fare qualcosa. Quest’ultimo aspetto non è stato possibile realizzarlo, ma oggettivamente era abbastanza difficile migliorare tanto da riuscire fare qualcosa. Però non è stata per nulla un’esperienza distruttiva, nonostante arrivassi al Giro con dieci corse in quattro mesi.

Quindi il Giro è stato un punto di ripartenza?

Mentalmente serviva ed è servito. Comunque era importante recuperare anche di testa. E per riuscirci sono stati utili anche questi giorni di riposo. Utili anche per la fase dell’altura che sta per iniziare.

Alessandro in fuga nel corso della decima tappa del Giro, quella che ha segnato una piccola svolta nella sua stagione
Alessandro in fuga nel corso della decima tappa del Giro, quella che ha segnato una piccola svolta nella sua stagione
Primavera balorda, ma c’è stato anche qualcosina che ti rimproveri?

Tra Covid, la prima altura subito dopo, l’ammalarmi ancora… tutto è stato fatto sin troppo di corsa, ma è facile dirlo adesso. Sul momento, quando abbiamo preso certe decisioni, ci sembrava giusto così. Sin qui diciamo che sono al 70 per cento. Adesso voglio colmare questa lacuna per arrivare al top e sfruttare le occasioni. E con la Vuelta in programma le opportunità ci sono.

Che poi non sarebbe la prima volta che “sistemi” la stagione alla Vuelta…

No, vero. Come mio solito non sono super all’inizio dell’anno e colgo i miei migliori risultati in questa fase. Fisiologicamente forse sono più portato a venir fuori da adesso in poi. Come detto, adesso l’importante è lavorare per ritornare al top.

Alessandro, c’è una cosa che ci ha colpito e risale al Giro. Un giorno sulle tue pagine social hai scritto: «Oggi ho fatto pace con me stesso»: cosa intendevi?

Quella cosa l’ho scritta dopo la tappa, l’unica, in cui sono stato fuga al Giro. Era la decima frazione credo, in ogni caso quella che passava per Filottrano. L’ho scritta perché era tanto che non mi ritrovavo davanti a fare la gara. E quando hai certe aspettative e certi riferimenti col tuo passato, con la testa “batti sempre lì”. E’ frustrante vedere che non vai, che non rendi come sai fare. Quel giorno anche se non ho vinto mi sono detto: “Se ho una buona giornata riesco ancora ad essere lì. Riesco ancora ad esprimermi”. Purtroppo visti anche i momenti che stiamo vivendo, si fa fatica ad essere perfetti. E’ difficile, ma ci sono anche questi passaggi da superare.

E al futuro De Marchi ci pensa?

Onestamente ho messo tutto in pausa. Mi sto concentrando ad essere al massimo fisicamente per questo finale di stagione e non solo. Ho lasciato da parte i pensieri di post carriera e voglio ritornare ad essere me stesso. Ho troppa voglia di avere ancora le vecchie sensazioni e fare una stagione completa senza fastidi, guai e noie varie. Il futuro adesso è trovare buone sensazioni. E in più devo trovare una squadra o rinnovare il mio contratto. Al “Dema” ritirato c’è ancora tempo per pensare!

De Marchi ha preso parte sia all’italiano su strada che quello a crono (in foto) nel suo Friuli
De Marchi ha preso parte sia all’italiano su strada che quello a crono (in foto) nel suo Friuli
E allora torniamo al presente. Dove andrai a fare l’altura?

Andrò a Livigno. In questo modo riesco ad avere con me anche la famiglia. Vado lì perché così non li porto in cima al niente e anche loro possono divertirsi.

Cosa prevede la tua tabella di allenamento?

Proprio in questi giorni devo fare il punto con Andrea Fusaz (il suo coach, ndr). Devo fare un test per capire dov’è la condizione da cui ripartire. Di certo i primi 4-5 giorni in quota mi serviranno per riprendere il filo con tutto.

Quanto sei stato fermo in tutto? 

Dopo il Giro ho dovuto tirare avanti. La squadra aveva bisogno di fare corse e quindi di uomini. Così ho preso parte al GP Gippingen e al Giro del Belgio, corse che cadevano nel mezzo tra il Giro e il campionato italiano. Per questo ad Alberobello non ero un granché e me ne dispiace. A maggior ragione mi è servita una settimana molto easy.

E cosa hai fatto in questa “settimana easy”? Stacco totale?

Sono uscito due volte, una delle quali con la gravel e poi mi sono fatto una nuotata in piscina.

Storia di Woods, l’uomo forgiato dal dolore

24.06.2022
6 min
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La Route de l’Occitanie, chiusa con la vittoria di Bonifazio nell’ultima tappa, ha premiato Michael Woods, il canadese che a 35 anni ha conquistato così la sua prima corsa a tappe dopo una carriera a essere descritto come uno specialista delle corse in linea, delle classiche nello specifico. Woods sta preparando il Tour de France, nel quale sarà in una compagine di “vecchietti terribili”, da Fuglsang a Froome, alla ricerca di squilli più che mai necessari, perché la Israel Premier Tech è in piena lotta per non retrocedere. Il WorldTour del prossimo anno avrà ugualmente 18 licenze, ma per l’ammissione faranno fede i punteggi. Si potrà perdere il titolo a vantaggio di team professional che ne avranno conseguiti di più, con evidenti ripercussioni su budget e sponsor.

Il canadese in proposito non ha mai perso il suo ottimismo: «Abbiamo gente davvero forte, se siamo in questa situazione è colpa solamente della sfortuna. Ora però il vento sta girando dalla nostra parte, vedi i risultati di Impey in Svizzera o dello stesso Fuglsang. C’è quindi da essere ottimisti, al Tour faremo bene».

Woods Tokyo 2021
Woods a Tokyo, dove perse la volata per il podio contro Van Aert e Pogacar. Ci riproverà a Parigi 2024
Woods Tokyo 2021
Woods a Tokyo, dove perse la volata per il podio contro Van Aert e Pogacar. Ci riproverà a Parigi 2024

In atletica è ancora un nome…

Relegare il successo ottenuto in Francia a una delle tante vittorie che ogni settimana il mondo ciclistico offre agli appassionati è però troppo poco, perché dietro quel successo c’è una storia fatta di sacrifici, di riscatto dai colpi della vita, per alcuni versi anche originale. Perché Michael Woods non è un personaggio come gli altri.

Pochi sanno ad esempio che da 17 anni Woods detiene ancora il record nazionale juniores del miglio, ben sotto il famoso muro dei 4 minuti (3’57”48 per la precisione). Già, perché inizialmente il ciclista di Toronto non era… un ciclista.

«L’atletica è sempre stato il mio grande amore», ha raccontato nello scorso inverno a una troupe giunta appositamente dal Canada nella sua residenza ad Andorra. «Nel 2005 quel tempo mi permise di entrare nella Top 50 mondiale dei 1.500 metri, ma soprattutto di guadagnarmi una borsa di studio per l’università dello Utah. Avevo una carriera davanti e sognavo di competere per il Canada a Pechino 2008, ma le cose andarono diversamente».

Woods corsa
2005, Woods trionfa ai Giochi Panamericani junior sui 1.500 metri (foto Tyler Brownbridge)
Woods corsa
2005, Woods trionfa ai Giochi Panamericani junior sui 1.500 metri (foto Tyler Brownbridge)

Un altro sogno in frantumi

La sua carriera infatti ha una brusca interruzione quando Michael si rompe un piede. La sentenza dei medici è implacabile: ben difficilmente riuscirà a riprendere i livelli di prima, troppo stress per il suo arto. Per lui è una doccia fredda, dopo che da bambino aveva già dovuto mettere da parte il suo primo amore sportivo, che per un canadese non potrebbe essere altro che l’hockey su ghiaccio. Troppo gracile avevano detto, ma almeno aveva trovato qualcosa per tirarsi su…

Il destino a volte prende vie tortuose. Nel cammino di rieducazione Woods inizia ad andare in bici, il movimento ciclico della pedalata aiuta l’articolazione e col tempo non solo migliora la situazione fisica, ma sente crescere dentro di sé anche la passione. In fin dei conti – pensa – non sono poi tanti i campioni canadesi in questo sport, c’è stato Bauer, poi Hesjedal, ma potrebbe essere una strada giusta per arrivare dove voglio, ossia alle Olimpiadi

Woods figlio
Michael Woods con il piccolo Willy, nato dopo Tokyo 2021 (foto David Powell/Rouleur)
Woods figlio
Michael Woods con il piccolo Willy, nato dopo Tokyo 2021 (foto David Powell/Rouleur)

La rinascita dal dolore estremo

Woods fa il suo esordio tra i pro’ in una squadra continental nel 2013, a 27 anni e ripensandoci viene da ridere, considerando come nel ciclismo attuale sei considerato “vecchio” neanche passata la soglia degli under 23. Fa subito vedere di che pasta è fatto, tanto che nel 2016 viene ingaggiato dalla Cannondale-Drapac e si dimostra subito corridore molto adatto a certi tipi di corse in linea, quelle mosse dove scompaginare le tattiche altrui oppure nelle tappe. Nel 2017 finisce 7° alla Vuelta, l’anno dopo è secondo a Liegi e terzo ai mondiali, in quello che è l’anno più bello e nel contempo più brutto.

Dopo pochi giorni dalla sua nascita, il primo figlio Hunter muore e la coppia di genitori è attonita. Non c’è tempo per il ciclismo, c’è da condividere un dolore: Michael e sua moglie vivono giorni, settimane in continua altalena, ma parlando, confrontandosi si fanno forza l’un l’altro e pian piano iniziano a ricostruire le fondamenta della famiglia.

Woods Tour 2021
Il 35enne di Toronto ha già vestito la maglia a pois nel 2021, ma ora vuole portarla a Parigi
Woods Tour 2021
Il 35enne di Toronto ha già vestito la maglia a pois nel 2021, ma ora vuole portarla a Parigi

La famiglia prima di tutto

Di fronte a ciò, anche la frattura del femore del 2020 sembra uno scherzo: «In questi anni – dice – attraverso colpi così duri ho accresciuto la mia resilienza e questo si ripercuote anche nella mia attività ciclistica, perché faticare mi fa ancora meno paura».

Anche il lockdown non lo ferma anche perché la famiglia comincia a popolarsi. Nel gennaio 2020 è arrivata Maxine e nel 2021 tocca a Willy. I tempi del suo arrivo avevano messo in pericolo la partecipazione a Tokyo, il coronamento del suo sogno olimpico, ma conoscendolo sua moglie Elly gli aveva dato il permesso di partire. Appena chiusa la corsa, quinto a un passo dal podio, Woods è ripartito e ha rinunciato alla Vuelta per stare vicino a sua moglie.

Oggi Woods è un uomo nuovo, ma non è assolutamente appagato e i suoi risultati dipendono da questo. Intanto vuole con tutte le sue forze correre a Parigi 2024, anzi vuole vincere quella medaglia sfuggitagli un anno fa per imitare Steve Bauer che fu argento a Los Angeles 1984. Poi vuole essere il primo canadese a conquistare una Monumento e magari anche il primo a vincere la maglia a pois al Tour. Tutti obiettivi che ha sfiorato e che sa essere a portata di mano.

Woods attività
Il canadese con la divisa della sua impresa di abbigliamento per il ciclismo (foto David Powell/Rouleur)
Woods attività
Il canadese con la divisa della sua impresa di abbigliamento per il ciclismo (foto David Powell/Rouleur)

Solamente pedalare fa bene?

Ora il ciclismo lo vede in maniera diversa: «Mi ha insegnato un principio fondamentale: quando cadi, devi rialzarti e questo vale per tutto. Nessuno si offenda però se il mio grande amore resta la corsa. Quando posso, metto le scarpette e vado a correre. Al Tour des Alpes Maritimes dello scorso anno ero in stanza con Vanmarcke: piano piano, senza svegliarlo, mi preparai e andai a correre. So che molti non vedono di buon occhio questa mia attività, ma fa parte di me e non ci rinuncio».

Sul tema Woods ha anche dato una sua interpretazione che merita una riflessione: «Se sei sempre in bici, in realtà stai facendo solo un range di movimento davvero ridotto. Così influisci male sul tuo corpo. Alcuni esperti mi hanno detto che molti ciclisti professionisti finiranno con problemi di densità ossea, perché semplicemente non corrono né camminano mai».

Chiusa la carriera, Woods ha già detto che si dedicherà alla sua fondazione Mile2Marathon, per dare un indirizzo di allenamento a chi vorrà, ma produce anche attrezzatura per ciclisti e ha anche un altro intento: quello di promuovere il ciclismo fra i bambini e trasmettere gli insegnamenti che ha appreso grazie a quelle strane due ruote…

Cozzi e il circolo virtuoso di Froome. I segnali positivi di Chris

08.06.2022
4 min
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«Chris finalmente non ha più dolori e può allenarsi bene». Il Chris in questione è Froome, chiaramente. Queste parole Claudio Cozzi, direttore sportivo della Israel-Premier Tech, ce le aveva dette al Tour of the Alps e ce le aveva ripetute al Giro d’Italia.

E in effetti qualcosa si muove per il britannico. I segnali positivi ci sono stati sia nelle sue sensazioni, sia in corsa, e nel suo computerino che è tornato a parlare di wattaggi importanti.

Mentre Froome pedala il Tour de France al Delfinato, torniamo a parlare con Cozzi.

Claudio Cozzi (classe 1966) è uno dei diesse della Israel-Premier Tech
Claudio Cozzi (classe 1966) è uno dei diesse della Israel-Premier Tech

Dolori giù, watt su

«Confermo tutto – dice Cozzi – nelle ultime settimane ci sono stati dei miglioramenti in allenamento, ma anche in corsa. E lo abbiamo abbiamo visto al Mercan’Tour. So che in questi primi giorni del Delfinato le sue sensazioni sono buone. Io non sono con la squadra adesso, ma ho sentito Chris anche pochi giorni fa in quanto voleva provare una nuova radio e mi ha ripetuto che non ha dolori e per questo ragione è motivato e contento».

La cosa più importante, ancora prima dei valori espressi in bici che sono tornati ottimi, è proprio l’assenza di dolore. Questo cambia tutto. Cambia l’umore, aumenta l’ottimismo e ti fa tornare la voglia di allenarti forte. Cosa che comunque a Froome proprio non è mai mancata. Lui è uno stakanovista del lavoro. S’innesca il famoso circolo virtuoso.

«Al Tour of the Alps per la prima volta ci aveva detto che non avvertiva più i soliti dolori. Che rispetto allo scorso anno stava meglio e quindi sapeva di essere sulla buona strada. In quanto a chilometri e volumi di lavoro, non che sia cambiato molto: Chris non è mai stato restio ad allenarsi, neanche quando stava male.

«Riguardo ai valori che crescono, in questi giorni non sono in grado di quantificarli e non posso, però il fatto che qualche giorno fa, quando ha vinto Fuglsang (il Mercan’Tour, ndr) sia stato con il gruppetto dei primi fino ai 10 chilometri dall’arrivo è un’ottima notizia. E’ qualcosa che fino a qualche mese fa sarebbe stata impossibile».

Il britannico sta ritrovando il sorriso
Il britannico sta ritrovando il sorriso

Forza mentale

Come lo squalo che fiuta mezza goccia di sangue e fa scattare il suo istinto killer, anche Froome se sente “mezza gamba” come si dice in gergo, cambia i suoi orizzonti. 

Il britannico può davvero fare bene, può davvero essere ad una nuova svolta della sua carriera. E già la crono o un arrivo di tappa in salita fatte bene al Delfinato possono dire molto. Se dovesse arrivare con i primi… automaticamente ritornerebbe la testa del campione di vertice.

«Vedendo che va si carica – riprende Cozzi – questo è sicuro. Chris già è carico di suo. Mi diceva: «Io non sono sicuro se tornerò a vincere un grande Giro, ma non voglio finire così”. 

«Se riuscirà a tornare in alto, il 90% sarebbe da attribuire proprio alla sua voglia, alla sua testardaggine, alla sua forza mentale. Poi se dovesse arrivare una volta davanti sì, ripeto, sarà contento e motivato, gli scatterà qualcosa nella testa ma non ha comunque la bacchetta magica».

«Froome non si pone obiettivi di corsa o di posizioni al Tour. Tra l’altro per correttezza devo dire che neanche è ufficiale la sua presenza alla Grande Boucle: ci sono in lista 11 atleti per 8 posti e lui ne fa parte. L’obiettivo è tornare ai suoi livelli e quello sarebbe un punto di partenza. Se Froome torna Froome, poi può vedere una volta per tutte cosa fare».

Cozzi, per onestà dice che non c’è ancora una convocazione ufficiale, ma di certo il Tour de France è l’obiettivo di Froome: uno come lui vuole e “deve” esserci in Francia.

Froome è al Delfinato pensando al Tour, anche se ufficialmente non è ancora certa la sua presenza
Froome è al Delfinato pensando al Tour, anche se ufficialmente non è ancora certa la sua presenza

Meglio in sella

Il lavoro una volta era impostato per il Tour e provare a vincerlo, adesso è sempre per il Tour, ma come detto, prima ancora per ritrovare se stesso. E in tale senso il Tour è una delle tappe da affrontare.

«Si è allenato bene ad Isola 2000 con la squadra. Tanta quantità e tanta qualità: non sono mancati lavori specifici, fuori giri che riproducano le situazioni di gara e dietro motore.

C’erano Woods, Fuglsang, Clark… ne hanno approfittato anche per fare delle ricognizioni. Ma lui ha poco da scoprire sul Tour, visto che ne ha vinti quattro!».

Cozzi parla poi di un Froome visto bene anche in sella. L’assenza di dolori hanno migliorato anche questo aspetto.

«Non che Chris sia un grande “stilista” in bici – conclude il diesse della Israel PremierTech – però da quel che ho visto al Tour of the Alps e da quel che vedo nelle corse alla tv, mi sembra meglio dello scorso anno. Per esempio nella corsa che ha vinto Fuglsang l’ho visto bene quando era davanti con i primi. E quando dico bene intendo che si muove meno in sella. E’ più stabile.

«Con Gary Blem, il meccanico che si porta dietro dal vecchio team, hanno lavorato bene. Chris si fida ciecamente di lui».