cicliste afghane

Le cicliste di Kabul, storia di sport e amore

29.08.2021
4 min
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E’ il 9 marzo 2021: un giorno come tanti, ma non a Kabul. Non per 56 ragazze, che salgono sulla loro bici, indossano caschetti e divise e pedalano, ma quella pedalata è un grido, una rivendicazione di libertà. Un gesto che non era passato inosservato allora, un gesto che è rimasto nella memoria di tanti e non tutti erano d’accordo, anzi.

Con il repentino e drammatico cambio di direzione dell’Afghanistan, con il ritorno al potere dei talebani, molti hanno ricordato quella giornata. L’hanno fatto i talebani stessi, pronti a punire quelle donne che avevano infranto un tabù, che avevano dato scandalo, che non avevano rispettato la Shari’a. L’hanno fatto le cicliste stesse, che per giorni hanno vissuto con il cuore in gola coltivando la speranza di poter partire.

Kabul cicliste 2021
Un passaggio della pedalata del 9 marzo, in una Kabul dove le testimonianze dei bombardamenti sono ancora visibili
Kabul cicliste 2021
Un passaggio della pedalata del 9 marzo, in una Kabul dove le testimonianze dei bombardamenti sono ancora visibili

La porticina verso la libertà

Partire, lasciare l’Afghanistan, la loro terra, un prezzo altissimo da pagare per difendere la propria vita. Così, nella calca verso l’aeroporto, passando fra mille pericoli, parte di loro sono riuscite a salire sull’aereo, a volare verso l’Italia, verso la vita, ma con la morte nel cuore pensando ai propri cari rimasti, pensando alla propria patria destinata a un futuro immediato carico di incognite e sofferenze.

Parliamoci chiaro: il loro volo verso l’Italia è stato una vittoria, una di quelle che non si possono misurare. Alessandra Cappellotto, ex campionessa mondiale su strada e presidente di Road to Equality, associazione che lavora per la parità di genere in ogni campo e soprattutto a ogni latitudine, si è data un gran daffare. L’ex iridata è rimasta in contatto costante con quelle ragazze mentre anche attraverso i media cercava attenzione e sostegni per realizzare quella che sembrava un’utopia: «Le sentivo nascoste in case e rifugi, le sentivo quando si avvicinavano a prezzo di mille pericoli verso quella minuscola porta di accesso all’aeroporto, le sentivo anche quando venivano respinte, quando dovevano tornare a nascondersi».

Cappellotto 2021
Alessandra Cappellotto, iridata su strada nel 1997 e presidente di Road to Equality, artefice di un vero miracolo
Cappellotto 2021
Alessandra Cappellotto, iridata su strada nel 1997 e presidente di Road to Equality, artefice di un vero miracolo

Un successo dovuto a un lavoro corale

Nel suo racconto la Cappellotto ha sottolineato un aspetto: «Per loro partire era davvero l’unica soluzione: sono ragazze che avevano propri profili social, quindi erano più visibili e per questo maggiormente in pericolo, come tutte le atlete. Alcune si sono unite alle calciatrici di Herat, altre sono partite con il volo successivo, l’ultimo per l’Italia. C’era anche chi voleva portarsi dietro la bici… ne troveranno una qui, nuova fiammante, glielo abbiamo promesso».

Il loro arrivo a Fiumicino è un vero e proprio miracolo, reso possibile da un’azione corale che proprio Alessandra con la sua abnegazione ha messo in moto, ma un importante contributo è arrivato anche dall’ex presidente della Federciclismo Renato Di Rocco: «Io ho fatto ben poco, se non sensibilizzare alcune autorità, a cominciare dal Ministro degli Esteri Di Maio, sulla vicenda. Il successo dell’operazione è stato un lavoro corale, al quale ha dato un forte contributo, oltre a molte Ong presenti sul territorio, anche l’Uci che si è mossa anche verso Francia e Svizzera per dare ulteriore asilo».

Kabul marzo 2021
Un altro passaggio della pedalata del 9 marzo, culmine di un’attività ciclistica femminile partita già da qualche anno
Kabul marzo 2021
Un altro passaggio della pedalata del 9 marzo, culmine di un’attività ciclistica femminile partita già da qualche anno

Il vero lavoro comincia ora…

Di Rocco torna anche a prima del repentino cambio al governo dell’Afghanistan: «Con la federciclismo locale eravamo in contatto da tempo, avevamo anche programmato uno stage di almeno un mese delle ragazze a Riolo Terme, poi non si poté far nulla a causa del Covid. Già si erano mosse molte aziende e società ciclistiche per dar loro una mano. Sono convinto che ora le stesse aziende s’impegneranno per permettere alle ragazze di riprendere la loro pratica ciclistica. Daremo loro una mano, espletate le formalità di richiesta di asilo, per continuare a correre e sentirsi un po’ più a casa».

E’ chiaro che ognuna di loro spera che questa sia solo una parentesi, il più breve possibile. Lo spera chi ha lasciato la famiglia. Lo spera chi ha assaporato un Afghanistan diverso, dove le donne lavoravano, stringevano relazioni interpersonali, facevano sport. Non erano puri “oggetti di famiglia” da coprire. Lo spera chi, e sono tutte, conserva nel proprio cuore un profondo amore per il suo Paese, ora lontanissimo.