Arnaud Demare in maglia Alé

Alé e le maglie dei campioni nazionali Groupama

26.03.2021
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Alé è uno dei marchi italiani leader nel settore dell’abbigliamento tecnico per il ciclismo. Molto apprezzato da tutti i ciclisti per le sue ottime qualità tecniche e per le grafiche sempre molto ricercate e colorate. Proprio la grafica, che potremmo definire tradizionale, dei campioni nazionali di Francia, Svizzera e Lussemburgo ha attirato il favore di molti. Per capire come siano nate queste maglie abbiamo parlato con Alessia Piccolo, General Manager di Alé.

Boom di ordini

Non è un segreto che la situazione che si è creata nell’ultimo anno con il Covid-19 abbia dato una spinta molto forte al settore bici tanto da richiedere un impegno maggiore anche per le aziende.
«Siamo in un periodo di grande lavoro – esordisce Alessia Piccolo – pensate che nell’ultimo mese abbiamo prodotto e consegnato 99.000 capi contro gli 80.000 dello stesso periodo dello scorso anno, con la linea estiva che è già partita».

Un successo dovuto alla passione e alla qualità che Alé ha sempre dimostrato di avere, anche grazie alle collaborazioni con alcuni team professionistici come: Groupama-FDJ, Movistar, Bardiani CSF e la squadra femminile Alé BTC Ljubljana.

Kevin Geniets Groupama  FDJ maglia Alé
Kevin Geniets è il campione di Lussemburgo
Kevin Geniets Groupama  FDJ maglia Alé
Kevin Geniets con la sua maglia di campione nazionale di Lussemburgo

PRS o PRR?

Nell’ampia gamma del marchio veronese troviamo le linee R-EV, PRS e PRR. Di queste quella destinata ai team professionistici è da sempre la PRS, che sta per Pro Racing System, ma non è per tutti così.
«In realtà noi mettiamo a disposizione delle squadre tutte le nostre linee – ci spiega Piccolo – infatti la FDJ e la Bardiani usano la PRS, mentre la Movistar ha optato per la PRR». Una scelta che ha un suo fondamento: «Ci sono delle piccole differenze. Una linea ha le maniche con il taglio a vivo e l’altra con il silicone. Una ha una linea più sportiva, l’altra un po’ più elegante. La scelta dipende anche dalla disposizione degli sponsor, magari con una linea piuttosto che con l’altra il logo dello sponsor si vede meglio. In entrambi i casi parliamo di prodotti dotati di materiali tecnologici avanzati e di alta qualità».

Alejandro Valverde maglia Alé PRR
Alejandro Valverde con la maglia PRR di Alé
Alejandro Valverde maglia Alé PRR
Alejandro Valverde con la maglia della linea PRR di Alé

Modifiche ad hoc

Oltre a permettergli di scegliere la linea che preferiscono, abbiamo chiesto ad Alessia Piccolo se per i professionisti vengano prodotti tutti i capi su misura.
«In generale usiamo le taglie standard – ci dice – però i professionisti sono molto magri e capita che ci siano atleti molto alti che vestono la Xs. In quei casi apportiamo delle modifiche per allungargli un po’ le maniche o il pantaloncino, ma sono casi eccezionali».

Avere tante squadre di così alto livello porta una seri di vantaggi in termini di sviluppo dei prodotti: «Se facciamo delle modifiche per i professionisti, perché magari un body fa una piega che non deve fare o altre modifiche di taglio o materiali, dopo le rendiamo standard per tutta la linea. In questo modo tutti i praticanti possono avere gli stessi capi che forniamo ai professionisti. Teniamo molto a questo aspetto».

Stefan Kung maglia Alé
Il campione svizzero Stefan Kung
Stefan Kung maglia Alé
Stefan Kung con la maglia rosso crociata di campione svizzero

Immagine pulita

Arriviamo al tema delle maglie nazionali della Groupama FDJ, che potremo definire “tradizionali”. Per chi non lo sapesse la squadra francese ha in organico il campione nazionale francese Arnaud Demare, il campione svizzero Stefan Kung e il campione lussemburghese Kevin Geniets.
«La FDJ è una squadra che potrei definire molto tradizionale, rispettano le regole e gli piace avere un’immagine pulita. Da qui sono nate le maglie dei campioni nazionali su cui l’unico logo che si vede è il nostro, in quanto siamo i produttori. Ma non lo diciamo troppo forte, che non gli venga l’idea di toglierlo…» ci dice ridendo la Piccolo.

Alaphilippe Mondiali Imola
Alaphilippe ha portato Alé sul tetto del mondo
Alaphilippe Mondiali Imola
Alaphilippe impegnato a Imola dove ha portato Alé sul tetto del mondo

Si lavora per le Olimpiadi

A proposito di Francia, Alé ha rinnovato di recente la sua collaborazione con la Federazione Francese di Ciclismo per rifornire tutte le nazionali.
«Stiamo sviluppando tutta una serie di body, copri scarpe e altri capi in vista delle Olimpiadi. Non posso dire molto perché sono prodotti che possono fare la differenza. Per noi lavorare con la Federazione Francese è un grande stimolo e un piacere, la vittoria del mondiale di Alaphilippe è stato un regalo enorme, ci ha portato sul tetto del mondo»

Pinot: «Prima la condizione, poi penserò al Giro»

13.03.2021
3 min
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Fa strano non vedere Thibaut Pinot lottare in testa al gruppo. Il francese è uno di quei corridori che ha sempre il coltello tra i denti. Con una tappa come quella di oggi, con arrivo in salita, sarebbe inserito di diritto nel lotto dei favoriti… stavolta però, probabilmente, non sarà così. E il fatto che non sia subito pronto è quasi una novità. Che stia cambiando qualcosa?

Il corridore della Groupama-Fdj è arrivato a 30 anni con un bel palmares ma forse meno ricco di quel che poteva. A volte per sfortuna, a volte per errori suoi, a volte per non aver tenuto la pressione.

Thibaut Pinot (30 anni) dopo la Tirreno correrà al Tour of the Alps
Thibaut Pinot (30 anni) dopo la Tirreno correrà al Tour of the Alps

Condizione in crescendo

«La mia forma è tutt’altro che perfetta – ci ha detto Pinot – La mia speranza è di migliorare in un futuro non troppo lontano. Il Giro è il mio obiettivo, ma per adesso devo pensare a trovare la condizione. Se poi avrò la possibilità di lottare con i migliori nelle salite più dure non mi tirerò indietro.

«Mi piace molto correre in Italia. Le vostre gare mi fanno vibrare, ho sempre amato la vostra storia e per questo sono contento di tornare qui». 

Il suo inizio di stagione ha visto prestazioni altalenanti. A Laigueglia non ci è sembrato brillantissimo e neanche molto tirato a dire il vero, ma già in queste prime tappe della corsa dei Due Mari la gamba è diversa. Il muscolo inizia a scolpirsi.

Questo ritardo di Pinot però è giustificato. Già sul finire della scorsa stagione aveva lamentato grossi problemi di schiena. Sembrava li stesse per risolvere, ma come ha iniziato a spingere di nuovo ecco che sono riemersi. Thibaut è dovuto ricorrere ad infiltrazioni di cortisone, previa dichiarazione Tue (l’autorizzazione terapeutica). Ed anzi che sia riuscito a gareggiare già al Tour des Alpes Maritimes a febbraio.

Testa al Giro? Non ancora

Il francese sarà il capitano della Groupama-Fdj al Giro. Ed ha scelto la Tirreno, come molti suoi colleghi, per prepararlo. Ma questo suo ritardo può essere il “segreto” per farsi trovare al top al momento giusto?

«È un percorso ben progettato quello del Giro – aveva detto pochi giorni fa Pinot – Quasi la metà delle tappe saranno di montagna, con molti arrivi in salita. Lo Zoncolan sarà la scalata più difficile. Una salita da alpinisti più che da scalatori! E poi c’è anche la tappa della Strade Bianche. Ho già partecipato una volta a questa gara e l’ho finita nei primi dieci. Quindi sì, il mio obiettivo è essere al 100% per l’inizio del Giro».

Durante l’ultimo Tour Gaudu ha aiutato Pinot, sarà ancora così?
Durante l’ultimo Tour Gaudu ha aiutato Pinot, sarà ancora così?

Gaudu e le Olimpiadi

Si è parlato di pressione, il punto debole di Thibaut. Con gli anni è migliorato molto. E’ sempre stato il leader del gruppo di Marc Madiot, che lo ha cresciuto coccolandolo quasi come un figlio. Ma lo scorso anno, dopo l’ennesimo problema, sembrava quasi che lo avesse scaricato, tanto più con l’esplosione di David Gaudu. Poi invece le cose si sono sistemate e per Thibaut è arrivato persino il rinnovo del contratto (fino al 2023).

«No – chiarisce Pinot – con David nessun problema di convivenza, questo ci permette di avere più leader in più corse e infatti lui sta correndo in Francia (alla Parigi-Nizza, ndr) e io sono in Italia».

Infine un pensiero ai Giochi di Tokyo.

«Certo che ci penso, sono un obiettivo importantissimo e sarebbe un onore dare il mio contributo, ma come ripeto: prima troviamo la condizione».

Julian Alaphilippe mondiali Imola Shimano

UCI e WorldTour: Shimano c’è!

05.03.2021
4 min
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Nell’anno e nel mese del proprio centenario dalla nascita, e dopo aver rinnovato la forte partnership quale World Cycling Partner dell’UCI (una collaborazione che va avanti continuativamente dal 1999), Shimano ha già messo a segno in questo inizio di stagione tre importanti e strategici rinnovi con altrettante squadre WorldTour.

Con il Wolf Pack…

La Deceuninck-Quickstep continuerà ad equipaggiare le proprie biciclette con i manubri e gli attacchi PRO Vibe. PRO ha difatti annunciato l’estensione della sponsorizzazione del team del campione del mondo Alaphilippe. Una squadra capace di cogliere nel corso della stagione 2020 ben 39 vittorie. I corridori della compagine belga sono famosi per la propria filosofia di squadra. Il loro soprannome, Wolf Pack, è diventato oramai un simbolo del loro approccio aggressivo e spettacolare in corsa, ma anche e soprattutto del loro impegno nel lavoro di squadra.

Sviluppo con i pro’

Impegno e lavoro di squadra sono gli stessi valori di PRO. Il team di sviluppo prodotto dell’azienda è entusiasta di rinnovare questa sfida e di migliorare i propri prodotti grazie ai feedback di atleti di questo calibro. Il poter collaborare con i migliori ciclisti del mondo, che sottopongono ciascun prodotto ai test più rigorosi possibili, ha difatti contribuito enormemente alla progettazione e allo sviluppo della gamma di manubri e attacchi PRO Vibe.

Shimano e Madiot

Il colosso giapponese ha poi esteso la propria sponsorizzazione anche con il Team francese Groupama-FDJ. Questa è la partnership sportiva più lunga nella storia di Shimano forte di ben 25 anni di collaborazione!
Dalla propria fondazione nel 1997, Groupama-FDJ ha accolto moltissimi giovani ciclisti e li ha aiutati a raggiungere successi eccezionali: e questo anche grazie ai componenti Shimano. Guidato da Marc Madiot, il team transalpino ha messo a segno in questo lungo arco temporale oltre 530 vittorie (di cui 3 “monumenti” e 35 vittorie di tappa neri grandi Giri) pedalando sempre con Shimano Dura-Ace.
Tutti gli atleti in squadra, che includono l’attuale campione nazionale francese Arnaud Démare, Thibaut Pinot e il campione europeo a cronometro Stefan Kung, possono contare oggi sulla affidabilità della trasmissione Shimano Dura Ace Di2 e sulla tecnologia dei freni a disco.

DSM, offerta completa

“Last but not least”, anche il Team DSM ha siglato la propria importante collaborazione con Shimano in questo storico ed importantissimo anno del centenario. Condividendo una visione di miglioramento e sviluppo continuo, il team olandese ha lavorato con Shimano sin dai suoi inizi. I componenti dell’azienda giapponese hanno sempre rappresentato un segno distintivo e costante nelle numerose vittorie colte dalla squadra. Dalle Classiche Monumento come la Milano-Sanremo o la Parigi-Roubaix, per arrivare alle vittorie di tappa in tutti i Grandi Giri, fino alla vittoria assoluta al Giro d’Italia. In tutte queste occasioni Shimano c’é sempre stata!

Eduardo Roldan, direttore Shimano Italia e Iberia
Eduardo Roldan, Direttore Shimano Italia e Iberia
Eduardo Roldan, direttore Shimano Italia e Iberia
Eduardo Roldan, direttore Shimano Italia e Iberia

Anche le scarpe Shimano

Questa stagione vede le squadre elite maschile, femminile e Continental del Team DSM continuare a utilizzare i componenti e gli accessori di alta gamma Shimano, inclusi i gruppi Dura-Ace, le ruote, i misuratori di potenza e le selle PRO. Inoltre, cosa importante da aggiungere, i ciclisti del team DSM possono contare anche sulle scarpe Shimano RC902.

shimano.com

I tormenti di Madiot per liberare i corridori

02.03.2021
4 min
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C’è un vento (ancora troppo leggero) cui bici.PRO vuole dare il suo contributo per evidenziare i comportamenti estremi nel gruppo, che danneggiano i corridori e privano le corse dello spettacolo: questa volta ne parliamo con Marc Madiot. Potete anche non leggere questi articoli, poi però non lamentatevi per corse noiose e pilotate. Guardate la foto di apertura: dopo il terzo scatto sulla salita di Jebel Hafeet al Uae Tour 2021, Adam Yates guarda il computerino. Cosa sta cercando? Vuole capire se ha recuperato. Se ne ha ancora. E quanta forza ancora servirebbe per staccare Pogacar. Come sarebbe finita se non lo avesse avuto?

I nostri pezzi sui disordini alimentari ne hanno ispirati altri, in Italia ma soprattutto all’estero, dove L’Equipe ha iniziato un bel lavoro di indagine. E nel segno di questa implicita collaborazione, avendo letto un’intervista a Marc Madiot, abbiamo approfittato del raduno di partenza dell’Het Nieuwsblad per aggiungere qualche domanda al manager della Groupama-Fdj.

Il manager della Groupama ha parlato spesso degli eccessi del ciclismo moderno
Madiot ha parlato spesso di questi eccessi
Buongiorno Marc, riallacciamo i fili. Hai parlato di corridori privi di libertà.

C’è un controllo eccessivo nel gruppo. Se si fa una bella riunione pre gara, non è necessario intervenire ogni 3 secondi via radio. E’ una pressione permanente e aggiuntiva. Sapete qual è il guaio?

Quale?

Non possiamo più correre il rischio di perdere le corse. Arriviamo al punto di consigliare al corridore da quale parte prendere le rotonde. Mandiamo avanti una macchina per riferire del vento. Si capisce che tutta questa organizzazione alla lunga pesi proprio sui corridori. Guardano sempre più spesso il computerino, mi sembra che stiano perdendo la spontaneità del gesto sportivo. Solo pochi riescono a liberarsi da questa morsa.

I corridori provano a ribellarsi?

Con qualche battuta, raramente. Se gli chiedi di fare a meno di certi strumenti, ti dicono di no perché hanno paura del vuoto. Provate a immaginare di guidare senza più il navigatore che vi indica la strada, è la stessa cosa.

Marc Madiot ha vinto due Roubaix: nel 1985 (qui sopra) e nel 1991
Madiot ha vinto due Roubaix: nel 1985 e nel 1991
Abbiamo letto delle frasi abbastanza dure sulle abitudini social degli atleti…

Osservo. Leggo. Ascolto. Vedo i corridori pubblicare su Strava tutto il lavoro che stanno facendo. Magari sarò vecchio, ma io non direi mai agli altri cosa sto facendo in allenamento, proverei semmai a sorprenderli in gara. Per come va oggi, puoi sapere esattamente la condizione del tuo rivale. Vedere se è veloce, se soffre in salita. Puoi addirittura simulare il tuo allenamento per contrastarlo. Quando correvo io, solo mio fratello sapeva come mi allenavo. 

Cosa cambieresti?

Tutto, ma non si può… Potremmo impedire al corridore di leggere i dati in corsa. Saranno registrati perché servono per allenarsi, ma facciamo in modo che non siano disponibili per la lettura in diretta. Il fatto di non leggere sempre quel che c’è sullo schermo, diminuirebbe la pressione.

Hai mai pensato di dare tu l’esempio?

In realtà anche noi facciamo come tutti gli altri e se non fosse così rimarremmo indietro. Stiamo trasformando sempre più corridori in robot. Si alzano al mattino e recitano la parte che hanno imparato a memoria, dall’alimentazione all’allenamento. E se si discostano, li correggiamo in tempo zero. Siamo vicini a una perfezione che tuttavia merita una riflessione.

Evenepoel soccorso al Lombardia, dopo essere… scomparso dallo schermo
Evenepoel soccorso al Lombardia, dopo essere… scomparso dallo schermo
Chi dovrebbe farla?

Chi dovrebbe farla… Forse quelli che ci tengono, forse nessuno. Di certo non l’Uci e nemmeno le squadre più grandi che vogliono mantenere il controllo del gioco. Ma questo non è più un gioco, perché ha perso spontaneità.

All’Equipe hai fatto il paragone di quello che accadde il giorno della caduta di Evenepoel al Lombardia.

Si parlava della geolocalizzazione dei corridori in corsa, che con i transponder è possibile e viene utilizzata. Quando Remco finì nel fossato, un direttore sportivo dichiarò che era sparito dai loro schermi. Ecco, io credo che non sarebbe mai dovuto entrare in uno schermo.

Il dottor Badilatti alla scuola di francese

12.02.2021
4 min
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Il vento di Sierra Nevada si infila nel microfono, così nel parlare con Matteo Badilatti sembra quasi di essere con lui sul monte. Il ritiro è stato prolungato di cinque giorni a causa della cancellazione delle corse europee e lo svizzero, 28 anni e residenza a Poschiavo a pochi chilometri dal Mortirolo, è rimasto in Spagna con pochi compagni. Si sono allenati in vista dello Uae Tour, in cui Matteo debutterà con la nuova maglia della Groupama-Fdj.

Una strana storia

A ben vedere la sua è una delle storie insolite del ciclismo. Lo sci di fondo. Gli studi in Economia Aziendale e intanto le prime uscite in bicicletta per distrarsi e scaricare la tensione. Poi il Vc Mendrisio, la laurea e alla fine il professionismo con la Israel Cycling Academy che gli dà fiducia. Ogni passo successivo si è svolto nel segno della scoperta, cercando di imparare da tutti quei corridori che fino a pochi anni fa vedeva in televisione.

«E’ un processo che segue il suo corso – dice – ogni anno c’è stato un piccolo miglioramento. Se me lo avessi chiesto all’inizio, chiaro che non ci avrei mai creduto. Ma adesso che questo è il mio lavoro, non c’è più troppo spazio per lo stupore. C’è da lavorare».

Al Lombardia dello scorso anno, Badilatti si è piazzato al 23° posto
Al Lombardia dello scorso anno, si è piazzato al 23° posto

L’anno scorso la stagione era partita dal Tour Colombia e dopo quell’altura erano venute buone prove al Tour of Antalya. Dopo il lockdown invece, il podio nella corsa della ripartenza a Sibiu e il quarto posto al Tour of Hongrie hanno persuaso Madiot della bontà dell’investimento.

E cosa ti pare della nuova squadra?

Sono molto contento, soprattutto adesso che cominciamo a conoscerci. Ci siamo incontrati una prima volta a dicembre, per ritirare il materiale e fare il posizionamento in sella. Poi abbiamo fatto dei mini stage in gruppetti di pochi corridori. E alla fine siamo saliti a Sierra Nevada. Adesso però non vedo l’ora di partire. Andrò a casa per un paio di giorni, farò qualche uscita e poi andremo in Uae. Di questi tempi bisogna essere flessibili e grati agli organizzatori per quello che stanno facendo.

Quale sarà il tuo programma?

Farò prevalentemente corse a tappe e i successivi periodi di recupero. Ci sarà un grande Giro, presumibilmente uno con molte montagne, in cui potrò aiutare la squadra

Badilatti in azione alla Vuelta 2020 verso l’Alto de la Covatilla
In azione alla Vuelta 2020 verso l’Alto de la Covatilla
Sarai luogotenente di Pinot che però ancora è sofferente? Oppure di Gaudu?

Abbiamo stilato il programma per la prima parte della stagione. Penso che ho ancora tanto da imparare e crescere in questo modo è la strada giusta. Mi piace.

Sia Germani che corre nella Groupama continental, sia Marta Cavalli che è nella WorldTour femminile dicono che la prima attenzione della squadra è per il benessere dell’atleta.

E’ un ambiente familiare, in cui si riesce a lavorare in condizioni ottimali. Non ci fanno mancare niente. Il lato umano prima di tutto. E il fatto di essere sereno ti permette anche di essere pronto a dare il meglio.

Hai dovuto cambiare preparatore arrivando in squadra?

Sì, viene gestito tutto internamente. Qualcosa è cambiato, però mi trovo bene. Io sono entrato nel gruppo di lavoro di Julien Pinot che come ogni allenatore ha la sua filosofia, ma non ha cambiato tanto il mio metodo di lavoro per agevolarmi nell’inserimento.

Che impressione ti ha fatto Marc Madiot, il tuo nuovo capo?

Abbiamo avuto poche occasioni per incontrarci, soprattutto nei meeting online. Mi sembra un uomo molto motivante e tanto appassionato. Ma direi che tutti i partner ci stanno molto vicino e sembrano un gruppo affiatato.

Matteo Badilatti ha firmato un contratto biennale con la Groupama-Fdj (foto Groupama)
Badilatti ha firmato un biennale (foto Groupama)
Ti risulta che Froome abbia… accettato di andare alla Israel quando ha saputo che tu andavi via?

Sicuramente (si fa una bella risata, ndr)! La squadra ha fatto un bel cambiamento e sono convinto che Froome porterà la sua esperienza come valore aggiunto.

Che tempo troverai a casa?

Temo sia freddo, spero si possano fare almeno due uscite. Qui ci siamo allenati meglio, se era brutto si andava verso il mare a Motril.

Farai la Parigi-Nizza o la Tirreno?

A primavera farò un altro stage in altura e…

Scusa è la terza volta che non rispondi sul programma, sembri un agente della Cia…

Perché ci hanno detto di fare così (ride di gusto, ndr), vuole essere la squadra ad annunciare i programmi. Ma se rileggete bene, qualcosa in realtà ve l’ho già detta

Gaudu al Giro o al Tour? Intanto va a Nizza

19.01.2021
3 min
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David Gaudu è stato una delle belle sorprese della stagione appena passata. In altre occasioni avremmo parlato di rivelazione vera e propria, ma con un Pogacar che vince il Tour a 21 anni, con Hidley che per poco si porta via il Giro a 24, ecco che il francesino con “solo” due tappe alla Vuelta passa in secondo piano.

Non a caso la sua squadra la Groupama-Fdj lo ha fatto firmare fino al 2023. Il ragazzo è serio. Mai una parola fuori posto, piace ai compagni e soprattutto ha grandi margini. Fa parte della nuova guardia dei ragazzini terribili.

David Gaudu vince il Tour de l’Avenir 2016 davanti a Ravasi e all’americano Costa
Gaudu vince il Tour de l’Avenir 2016

Re del’Avenir

Ma facciamo un piccolo passo indietro e “scopriamo” chi è Gaudu. Il bretone, classe 1996, nel 2016 vinse il Tour de l’Avenir. In quell’occasione precedette di 24” il nostro Edward Ravasi, ma staccò di ben 2’46 Egan Bernal, di oltre tre minuti Jay Hindley e di oltre quattro Tao Geoghegan Hart… E lo fece rimontando e andando all’attacco. Insomma aveva le idee chiare sin da subito!

Pur non venendo da una terra di grandi salite come la Bretagna, tra l’altro quasi nell’estremo angolo occidentale, Landivisiau, Gaudu si trova bene proprio sulle salite. E’ uno di quei corridori che ancora non ha lasciato il suo luogo natio e spesso esce in bici anche con la neve. Un carattere tipicamente francese.

Il team manager della Groupama-Fdj, Marc Madiot lo ha fatto crescere gradualmente, affidandogli pressioni man mano più importanti, ma facendogli fare il Tour già al secondo anno da pro’ e dandogli i gradi di capitano alla Vuelta di quest’anno. E non è finita a quanto pare.

«David – ha dichiarato Madiot ad un’emittente francese – ha meritato i gradi di capitano. Sono orgoglioso di lui. Dopo un Tour sfortunato, la Vuelta 2020 è stata la sua rivincita».

Pinot in disparte?

Gaudu il giovane in rampa di lancio, Thibaut Pinot, l’esperto che non decolla per sfortune e per “demeriti” (non tiene la pressione). In un quadro del genere la dirigenza della squadra francese sembra aver cambiato le gerarchie.

«Sono orgoglioso dei progressi di David Gaudu – aveva già detto il direttore sportivo Philippe Mauduit – ma non so se potrà essere capitano al Tour già da questa estate. Posso dire che in Spagna, nella scorsa Vuelta, vederlo  nella pelle di un leader è stata una grande scoperta. Ha motivato il gruppo ogni giorno e ha eseguito alla perfezione il piano di gara». E lo ha fatto così bene che alla fine ha chiuso all’ottavo posto nella generale, nonostante abbia perso quasi 2’30” già alla prima frazione.

Gaudu in appoggio a Pinot durante l’ultimo Tour de France
Gaudu in appoggio a Pinot durante l’ultimo Tour de France

Intanto c’è la Parigi-Nizza 

Madiot invece sembra avere, il condizionale è d’obbligo, altri progetti per Gaudu. Il manager un pensierino sul vederlo leader al Tour ce lo fa eccome. Certo, non gli metterebbe la pressione del leader assoluto, ma lo porterebbe per fare classifica, condividendo le responsabilità del team con il velocista. Nei pensieri di Madiot infatti c’è di vedere Demare e Gaudu in Francia e di portare Pinot al Giro.

E Gaudu cosa dice?

«Vorrei mantenere lo slancio della Vuelta – ha rivelato a Cyclisme’Actu – Ma intanto il primo obiettivo di stagione sarà la Parigi-Nizza. Cercherò di evitare di rimanere “intrappolato” nelle prime tappe, poi ci saranno le montagne. La Parigi-Nizza sarà uno dei primi obiettivi della mia stagione. Ci andrò per la generale. Non vedo l’ora di esserci!».

Prima della Parigi-Nizza (7-14 marzo), il 24 enne della Groupama correrà il Tour du Var (19-21 febbraio), la Drome Classic (27 febbraio) e l’Ardèche (28 febbraio). E tra pochi giorni spiccherà il volo per il Teide.

Germani è pronto per iniziare l’avventura

16.01.2021
4 min
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Lorenzo Germani si è rintanato da sua nonna a Roccasecca, a 700 metri da casa dei suoi, per allenarsi e non correre rischi.

«Mio fratello va a scuola – dice – i miei genitori lavorano. Niente di pericoloso, ma per evitare rischi prima di Natale sono venuto qui. Le Feste le abbiamo fatte insieme, poi loro sono tornati a casa».

Roccasecca è un paese in collina di neanche 10 mila abitanti nella parte bassa della provincia di Frosinone, dove le strade sono ideali per allenarsi. Più giù c’è Caserta ed è da queste alture boscose che Lorenzo, 18 anni, partirà a febbraio per il primo ritiro con la Groupama-Fdj Continental. La scuola, come ci aveva già raccontato a settembre, l’ha finita un anno prima. E adesso ha scelto di concentrarsi sul ciclismo, con due anni di contratto da sfruttare al meglio.

Lo intercettiamo al ritorno da un allenamento, vestito di tutto punto dei nuovi colori e sulla nuova Lapierre che gli piace un mondo.

Germani, due anni di contratto per imparare il mestiere
Germani, due anni di contratto per imparare il mestiere
Quali contatti hai avuto con la squadra?

Ci siamo visti a ottobre, il solo contatto finora. Abbiamo fatto la biomeccanica e recuperato il materiale. Avremmo dovuto fare un ritiro a dicembre a Calpe, ma il Covid si è messo di mezzo. Adesso dovremmo andare intorno al 10 di febbraio. Abbiamo fatto qualche riunione su piattaforma digitale. Ci siamo sentiti con il direttore sportivo e l’allenatore. Siamo molto seguiti.

E’ cambiato qualcosa nella tua preparazione?

Hanno voluto che facessi 5 settimane di stop totale, poi abbiamo iniziato gradualmente, con calma, aumentando progressivamente il carico. Prima qualche camminata, un po’ di corsa, poi la bici. Ieri sono arrivato per la prima volta quest’anno a fare 4 ore. Quello che però è cambiato di più è l’organizzazione dell’allenamento.

Vale a dire?

Abbiamo il diesse e due preparatori che ci seguono alle corse. Sono loro a suddividere il programma fra strada e palestra e poi entra in scena il coach per la palestra, che carica su un drive i video e le tabelle degli esercizi che dobbiamo fare. E siccome le palestre sono chiuse, mi aiuta un amico che a casa, oltre alla pressa, ha tutto quello che serve.

Ecco la nuova Lapierre Xelius che Germani ha ritirato in Francia a ottobre
Ecco la nuova Lapierre Xelius che Germani ha ritirato a ottobre
Come va con la lingua?

Si parla inglese. Su 13 corridori, solo 5 sono francesi, oltre allo staff chiaramente. In più c’è un insegnante di lingue per l’inglese e il francese. Vogliono formarci prima come persone e poi come atleti e questo è molto interessante. Al primo incontro c’erano un inglese che parlava francese e uno svizzero di lingua francese che parlava in inglese. E’ stato divertente. E io sono andato da loro e gli ho chiesto: «E con me che lingua parlate?». Abbiamo riso.

Una bella esperienza di vita, no?

Infatti. E da marzo vogliono che andiamo tutti insieme nella sede di Besancon, che sarà una bella esperienza anche a livello umano. Ho due anni di contratto, vedremo se sarò in grado di passare nella WorldTour, ma alla peggio mi ritroverò con due lingue in più nel curriculum.

Avete punti in comune con il team dei grandi?

Loro forse sono più francesi di noi, ma gli sponsor e i materiali sono identici. Avevo già tutto in mano da ottobre, tranne l’abbigliamento che è arrivato da poco. Il Garmin, le scarpe, la bici…

Cosa ti pare della Lapierre?

Abbiamo tre modelli. Quella da crono, la Xelius che è più per scalatori e la AirCode per i passisti. Io ho scelto la Xelius e mi ci trovo benissimo.

L’abbigliamento e tutti gli sponsor sono identici a quelli del team WorldTour
L’abbigliamento e tutti gli sponsor sono identici a quelli del team WorldTour
Ti capita di sentire gli ex compagni della Work Service? Resti convinto della tua scelta?

Convintissimo! La mia non è stata una scelta di squadra, ma ho puntato alla crescita personale. Voglio imparare a vivere e correre in altri Paesi, fare le grandi corse. Non so ancora da dove inizierò. Nel calendario ci sono gare in Francia, Belgio, Olanda e anche le più importanti in Italia.

Ti senti spesso con Quinziato?

Abbiamo un bel rapporto, più che un procuratore è un amico. Voleva venirmi a trovare a Roccasecca, ma non potevamo farlo venire fin giù. Per cui la prima volta che ci siamo visti, io e mio padre lo abbiamo incontrato all’aeroporto. Parliamo più di vita che di ciclismo. E’ un riferimento, troppo bravo e tropo simpatico. Ci sentiamo spesso. Sono molto contento di averlo incontrato.

Cosa si aspettano da te?

Non mettono pressione. Vogliono che cresciamo come corridori, che facciamo squadra e che diamo una bella immagine. Non gli interessa chiudere l’anno con 30 vittorie e ci hanno parlato di ragazzi che l’anno scorso non hanno vinto e sono comunque passati nella WorldTour.

E tu cosa ti aspetti?

Sono due anni che non riesco a iniziare la stagione alla prima gara. Due anni fa perché mi sono rotto il femore e nel 2020 per il Covid. Iniziarla normalmente non sarebbe affatto male. E se poi verrà qualche piazzamento, non mi tirerò indietro. Correre bene e farmi vedere. Al secondo anno semmai penserò a qualcosa di più…

Jacopo Guarnieri, Giro d'Italia 2020

Guarnieri, qual è il segreto del treno di Demare?

16.12.2020
4 min
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Lo ha detto Philippe Mauduit nell’intervista di qualche giorno fa, spiegando lo strapotere del treno Groupama-Fdj al Giro. Lo abbiamo chiesto per conferma a Jacopo Guarnieri che di quel treno è la colonna portante.

«Il nostro comincia a essere un treno di grande esperienza – ha detto il direttore sportivo francese – ragazzi di 30 anni che sanno correre e che nei finali sono capaci di prendere da soli le decisioni».

Oltre i trenta

Jacopo guida e intanto riflette, ripercorrendo con la mente la nascita del gruppo che si è preso quattro tappe e la maglia a punti del Giro. E ammette che sicuramente l’esperienza dei singoli influisce. E siccome l’esperienza spesso si costruisce con gli anni, eccolo notare sorridendo che lui e Konovalovas con 33 anni sono i più grandi, che Sinkeldam ne ha 31, mentre Scotson ne ha 24 ma va fortissimo lo stesso. Puoi inserire dei giovani, fa capire, ma meglio puntare su qualcuno che ha esperienza di un certo tipo di lavoro.

«Non per niente – dice – i miei rivali in questo ruolo sono Morkov e Richeze che ne hanno rispettivamente 35 e 37. Contano l’esperienza e la calma, nei finali aiuta saper essere freddi. E visto che fra i velocisti c’è grande livellamento, le corse si vincono con il timing e la posizione. Il treno è diventato fondamentale. Pochi vincono senza. Guardate Viviani, che non ha mai avuto i suoi uomini tutti insieme. Lui andava forte, ma da solo non è servito…».

Il milanese è passato professionista nel 2009 con la Liquigas. E’ con Madiot dal 2017
Pro’ dal 2009, alla Groupama-Fdj dal 2017
E’ un caso che quest’anno abbiate fatto un salto di qualità?

L’impronta c’era già, perché Demare è sempre stato vittorioso. L’anno scorso al Giro ha vinto una tappa, però qualcosa non aveva funzionato. C’erano meccanismi da oliare. L’aggiunta di Scotson secondo me è stata decisiva e ne sono orgoglioso perché l’ho voluto io. Lo avevo visto in Australia, volava. E’ un tipo particolare, la mattina devi ricordargli di prendere le scarpe, ma fa la differenza. All’inizio Demare non era convinto, poi si è fidato.

Quali meccanismi si dovevano oliare?

Al ritiro di inizio 2020, Arnaud mi disse di voler cambiare, che fossi io il capo del treno. «Perché i direttori sportivi hanno corso – disse – ma troppo tempo fa». Mi chiese di essere io a parlare nelle riunioni e a dire come avremmo dovuto correre. Non è stato facile all’inizio, soprattutto perché si trattava di rompere abitudini radicate. Però alla seconda volata andata male allo Uae Tour, gli ho rinfacciato che non mi lasciava fare quel che mi aveva chiesto. Lui mi ha dato ragione e abbiamo cambiato. Abbiamo iniziato ad essere aggressivi, attivi nelle fasi di corsa che normalmente subivamo.

Cosa avete cambiato? 

Abbiamo iniziato a mettere un uomo davanti. Per il velocista è uno stimolo, vedendo uno che lavora per lui dai primi chilometri. A partire dalla Vuelta Burgos abbiamo fatto dei treni quasi perfetti, anche se sono venuti fuori due secondi posti. Ci stavamo arrivando.

Mauduit ha parlato della tappa di Matera..

Eravamo partiti per non fare niente. Era troppo dura, era la tappa perfetta per Sagan. Però sapevamo che poteva esserci vento in faccia, che ci avrebbe aiutato. Quel giorno Arnaud decise saggiamente di restare in coda, mentre noi eravamo più avanti. Non ci siamo mai visti per tutto il giorno. Lui era dietro, fidandosi di noi. E quando alla fine abbiamo visto che si poteva arrivare in volata, siamo apparsi davanti.

Con Sagan ha corso alla Liquigas, ma al Giro gli ha dato qualche dispiacere
Con Sagan ha corso per due anni alla Liquigas
Secondo Bramati siete la sola alternativa solida al treno Deceuninck-Quick Step.

Per fare un treno che funzioni, deve esserci intesa. E avendo meno punte per noi forse è più facile trovarla. La Deceunick al Tour ha cominciato a fare belle volate alla fine, quando hanno cominciato a ritrovarsi. Noi invece siamo sempre insieme. Su un punto non sono tanto d’accordo con quello che ha detto Mauduit.

E sarebbe?

Non è vero che Demare ha preso fiducia vincendo corse minori. Per come è andato il 2020, anche nelle corse più piccole c’era un campo partenti da Tour de France. C’è stato un livello altissimo in ogni corsa. Al Tour de Wallonie, che di solito ha partenti… normali, si sono ritrovati Bennett, Ewan, Nizzolo e Coquard.

Come definiresti il rapporto fra te e Demare?

Sono stato al suo matrimonio. Dopo tanti giorni di ritiro e corse insieme, credo si possa parlare davvero di amicizia.

Thibaut Pinot, caduta Nizza, Tour de France 2020

Pinot ferito, freccia Demare, sorpresa Gaudu

12.12.2020
5 min
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Pinot ritirato dal Tour e della Vuelta. Demare supervittorioso al Giro. Gaudu rivelazione alla Vuelta. Il 2020 della Groupama-Fdj ha avuto tanti alti e qualche basso davvero pesante su cui volevamo raccogliere informazioni. Per questo ci siamo rivolti a Philippe Mauduit, direttore sportivo del team francese, legato a filo doppio con l’Italia prima per la carriera di corridore e poi da tecnico. La linea va e viene, perché ammette di trovarsi in una valle in cui del cellulare ci si potrebbe anche dimenticare. Chiediamo venia, strappiamo un sorriso e cominciamo.

Thibaut Pinot, Laruns, Tour de France 2020
Nella tappa di Laruns, Pinot alla deriva e dolorante
Thibaut Pinot, Laruns, Tour de France 2020
Alla deriva e dolorante verso Laruns
Quale maledizione si è abbattuta su Pinot?

E’ caduto al Tour, nella prima tappa. E’ andato all’ospedale e si è visto che c’era un ematoma e nessuna frattura, ma lui aveva ancora male. Sapete quanto è cocciuto. Per cui si è messo l’anima in pace per la classifica, ma puntava a qualche tappa. E’ arrivato ottavo a Orcieres Merlette, ma il dolore continuava a essere forte. Così nel secondo giorno di riposo ha fatto altri esami, che evidenziavano soltanto un grosso ematoma che non si assorbiva. Di fatto ha voluto arrivare a Parigi, soffrendo come un cane. Finché è tornato a casa.

E che cosa è successo?

E’ successo che dopo 10 giorni senza bici, ha ripreso a pedalare e aveva ancora male. Però meno che al Tour. Così ci ha chiesto di andare alla Vuelta. Invece dopo i primi due giorni molto impegnativi, si è reso conto di non poter continuare. E questa volta, visto che l’ematoma era sparito, le radiografie hanno fatto vedere che c’era una microfrattura. Per cui l’unica cosa da fare era fermarsi.

Poveretto, non si riusciva a vedere prima?

No, perché la frattura è piccola e l’ematoma la copriva. Ha ripreso dieci giorni fa, ma il dolore c’è ancora. Può andare solo piano e aspettare. Ma lui non è un tipo tranquillo e questa situazione lo rende nervoso. Ha ancora due anni di contratto, come tutti i nostri corridori migliori. Ma vuole dimostrare di essere forte. Perché di fatto è andato sempre bene, secondo al Delfinato, quinto alla Route d’Occitanie. Ma non nei grandi Giri.

Arnaud Demare, Matera, Giro d'Italia 2020
Demare a Matera, salta fuori con la squadra nel finale e infilza Sagan
Arnaud Demare, Matera, Giro d'Italia 2020
A Matera Demare batte ancora Sagan
Vi aspettavate un Demare così vincente al Giro?

Non così tanto, ma che fosse forte lo sapevamo. Ha cambiato preparazione. Durante l’inverno e poi nel lockdown ha ripreso a fare palestra, che aveva mollato da anni. Ci sono cose basiche che un professionista deve continuare a fare d’inverno e poi a richiamare durante la stagione. Per essere vincente devi lavorare su tutti gli aspetti del fisico. Poi alla ripresa ha fatto corse minori, come Wallonie e Poitou Charentes, in cui ha vinto e ha preso morale.

Stessa cosa che ci hanno raccontato i suoi compagni.

Perché lo abbiamo condiviso. Quando il velocista vince, dà fiducia ai gregari. E il nostro comincia a essere un gruppo di grande esperienza. Ragazzi di 30 anni che sanno correre e che nei finali sono capaci di prendere da soli le decisioni.

Nella tappa di Matera, ci ha detto Bramati, avete vinto senza tirare un metro.

Hanno fatto tutto i ragazzi. Il diesse dalla macchina può dire ben poco e quello che vede in televisione è già successo. Sono loro a dover parlare e Jacopo Guarnieri in queste fasi è una colonna portante.

David Gaudu, caduta Nizza, Tour de France 2020
Anche Gaudu è caduto a Nizza, ha provato a resistere ma si è fermato durante la 16ª tappa
David Gaudu, caduta Nizza, Tour de France 2020
Caduta a Nizza anche per Gaudu, poi ritirato nella 16ª tappa
E poi c’è Gaudu, due tappe vinte e l’ottavo posto alla Vuelta.

Anche lui ha un bel carattere e un bel fisico. E’ piccolino, ma è resistente. E quando si mette qualcosa in testa, diventa imbattibile. Dopo la caduta del Tour, è stato fermo per 15 giorni e allora si è scelto di portarlo alla Vuelta.

Dove ha vinto due tappe di montagna.

Quando corri per un piazzamento, poco importa perdere minuti nelle prime giornate, come gli è successo. Ma lui lo ha sofferto, anche se era realistico pensare appunto al massimo a un posto nei dieci e non meglio. Così gli abbiamo detto di concentrarsi piuttosto sul vincere una tappa, che sarebbe stata la prima vittoria in un grande Giro. E ne ha vinte due.

Nel 2021 potrebbe pensare di fare classifica?

Al Giro e alla Vuelta sì, per il Tour è presto. E’ il nostro progetto, per il quale stiamo aspettando i percorsi di Giro e Vuelta. Vederlo fare il leader in Spagna è stato una bella scoperta. Dopo la crisi dei primi giorni, dal quinto in poi si è reso conto di stare bene con i migliori e ha svoltato.

David Gaudu, La Covatilla, Vuelta Espana 2020
Alla Vuelta però, 8° in classifica e due tappe vinte: qui a La Covatilla
David Gaudu, La Covatilla, Vuelta Espana 2020
Ma alla Vuelta rivincita con due tappe vinte
In che modo?

Sul pullman faccio parlare i ragazzi, mi piace quando prendono la parola. E lui ogni giorno dava grandi motivazioni. Un piano di corsa può imporlo il direttore e ci saranno buone possibilità che venga eseguito. Ma se la stessa cosa viene da loro, in quel caso andranno fino alla morte. Con David è stato così ogni volta. Lui diceva la sua idea. Loro rispondevano. Parlavano. Ognuno portava un dettaglio che aveva osservato e io alla fine facevo la sintesi.

Leader anche in gruppo?

In bici chiedeva dove voleva essere portato nei vari momenti della tappa, di cosa aveva bisogno. Una vera rivelazione.

Farete un ritiro prima di Natale?

Faremo dei mini stage nella zona di Cannes la prossima settimana. Con gruppetti di 5-6 corridori. E poi altre date a seguire, ma da capire se sarà davvero possibile. Per fortuna abbiamo trovato un hotel, che però non ci servirà i pasti. Così abbiamo dovuto rivolgerci a un catering. Si vive alla giornata. Oggi così, domani chissà…