Simoni, le alte vette e l’immenso amore per la bici

24.05.2021
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Gilberto Simoni è stato uno scalatore fortissimo, due volte vincitore del Giro, altri tre anni sul podio. Ha vinto gare e tappe di montagna faticosissime, in Italia, Spagna, Svizzera, Francia, persino in Giappone. Chi meglio di lui poteva raccontare le Dolomiti e le altre vette, protagoniste, come sempre, del Giro d’Italia? 

«Il mio rapporto con la montagna è venuto un po’ naturale, facile, per certi aspetti», esordisce Gibo. «Quando ti svegli la mattina o quando torni la sera e ne sei circondato, le cime diventano punti di riferimento. Ci sono, le vedi e sai che sei a casa». Molti le vogliono salire: a piedi sui sentieri e sulle ferrate, con gli sci sulla neve, in cordata sulle vie di roccia. «Ognuno lo fa nel proprio modo, io ho trovato la soddisfazione di farlo in bicicletta e mi è andata bene. Avevo grinta e tenacia e la montagna mi ha regalato il successo», riconosce Simoni. 

Sul Sampeyre nel 2003, con la neve sulla strada: il fascino e la durezza delle vette
Sul Sampeyre nel 2003, con la neve sulla strada: il fascino e la durezza delle vette

Il Giro sul Pordoi

Sul Pordoi ha ipotecato la vittoria del suo primo Giro, nel 2001. «E’ una bella salita, anche se non è tra le più dure, però quel giorno lì era spettacolare –ricorda – lo salivamo due volte, c’era una folla incredibile». I tifosi lo aspettavano, ma lui non sentiva molta pressione addosso: «Sapevo che potevo farcela, ho avuto sangue freddo e, nonostante la presenza di avversari molto agguerriti, ho giocato bene le mie carte». Gibo quella tappa non l’ha vinta: «Ma è stato comunque il giorno più bello della mia carriera», ammette.

Gioia effimera

Anche la seconda vittoria alla corsa rosa, nel 2003, la deve a salite di tutto rispetto come Zoncolan e l’Alpe di Pampeago. «Sono due belle sfide, chi vince sullo Zoncolan deve metterci oltre alla testa, la volontà, le gambe e il cuore», confessa a bici.PRO. «Anche l’Alpe di Pampeago non è facile, non ti dà respiro. Bei momenti, ma la soddisfazione dura poco perché sai che il giorno dopo sei ancora in gara e non è finita».

La strada si allarga

La montagna in corsa e negli allenamenti: l’habitat di Simoni era più o meno quello dei camosci o dei cervi che popolano valli e versanti alpini. Afferma di avere «la fortuna o la sfortuna (dipende dai momenti) di dover affrontare una salita di sei chilometri per tornare a casa. Alcuni giorni mi piaceva, come fosse un finale di corsa, altri, quando ero stanco, diventava un calvario, una penitenza». Anche in gara non dev’essere stato facile, «ma nel Giro e in altre corse le salite coincidevano con i momenti più tranquilli, sapevo che avrei trovato il mio posto. Non parlo di vittorie o di secondi posti. Se in pianura devi mischiarti, combattere per cercare la vittoria, in salita ognuno trova il suo posto e la strada si allarga». A Gibo piacevano soprattutto le frazioni nelle quali poteva metterci del suo. «Non c’entravo niente con le tappe per velocisti e odiavo le cronometro. Non vedevo l’ora di fare una tappa di 250 chilometri tutta in salita, con vette importanti, piuttosto che farne 10 in pianura».

In salita trovava il suo posto: «La strada si allargava»
In salita trovava il suo posto: «La strada si allargava»

Amore per la bici

Il brutto tempo sulle alte terre, a volte, è una difficoltà aggiuntiva per i corridori, «ma il meteo è stato sempre dalla mia parte. Ricordo gare con tanta, tanta acqua come il Giro dell’Emilia e la Japan Cup. O come la prima tappa vinta al Giro d’Italia, che arrivava a Bormio: un tappone vero, 250 chilometri, il Gavia in discesa con la neve in alto e sotto un temporale primaverile». Non si è mai inchinato alle intemperie, Simoni, che chiude la chiacchierata con la frase più bella: «In bicicletta facevo cose che non avrei mai fatto senza, non mi piaceva la gara in sé, mi piaceva solo andare in bici».

Martinelli Dorelan

Martinelli: «Non ci sono più i tapponi di una volta…»

24.05.2021
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E’ chiaro che un Giro d’Italia è strettamente legato nel suo sviluppo ai tapponi alpini, che hanno sempre avuto un peso determinante nella sua classifica. In base a loro si costruiscono le strategie, i tifosi prendono le ferie per affollarsi ai bordi delle strade posizionandosi anche giorni prima. Il fascino di questi eventi è rimasto intatto, anche se il loro peso specifico varia col passare del tempo, soprattutto la loro interpretazione.

Giuseppe Martinelli, attuale direttore sportivo dell’Astana, di tapponi ne ha affrontati tanti, guidando anche grandi campioni a grandi imprese. Nel parlare della Sacile-Cortina d’Ampezzo tiene innanzitutto a chiarire un punto: «Dipende molto da dove queste tappe sono collocate: se posizioni la frazione dello Stelvio dopo due tappe già molto impegnative, difficilmente avverrà qualcosa d’importante».

Una grande tappa alpina è sempre decisiva?

Dipende, innanzitutto da qual è la classifica e come la corsa si sta evolvendo, poi da quello che, in relazione alla situazione di classifica e a quel che ci sarà dopo, intenderanno fare i favoriti. Una tappa davvero dura può fare grosse differenze, ma dipende molto da quel che avviene nelle prime salite, se s’intende davvero rendere la corsa difficile sin dalle prime battute.

Fedaia Dorelan
Le grandi salite non sempre fanno selezione, anche se il Fedaia resta davvero impegnativo
Fedaia Dorelan
Le grandi salite non sempre fanno selezione, anche se il Fedaia resta davvero impegnativo
Si dice che nel ciclismo attuale salite come Pordoi e Giau non fanno più molto male…

Non è così, dipende da quando le affronti – sentenzia Martinelli – se li trovi nella prima parte e rendi la corsa dura, puoi incidere tantissimo. Teniamo conto poi che i percorsi sono una cosa, la corsa è un’altra, la sua evoluzione è sempre qualcosa di imponderabile. Una tappa che alla vigilia poteva sembrare interlocutoria, magari farà sfracelli in classifica…

Che tipo di tappa è allora quella con arrivo a Cortina?

Potrebbe non fare grandi differenze perché c’è spazio dall’ultima salita in poi per ricomporre almeno piccole parti del gruppo, ridurre o magari annullare i distacchi dei favoriti. Poi molto influisce la lunghezza e ovviamente il meteo. Le tappe brevi sono più esplosive e se non sei in giornata giusta puoi incassare distacchi pesanti.

Allora, Martinelli, quando una salita lunga può far male?

Se si formano delle alleanze, magari generate da comuni intenti, allora si attacca da lontano in un gruppo abbastanza numeroso e allora puoi anche contare i minuti di distacco, alla fine… Il Fedaia, ad esempio, è un passo fra i più selettivi ma se lo affronti lontano dal traguardo, c’è poi la distanza utile per ricomporre il gruppo. Solitamente ormai nelle tappe lunghe e con tante salite, si preferisce non farsi del male fino all’ultima.

Yates, il Giau, il freddo: Bernal chiama la squadra

24.05.2021
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Quando il sole è sceso sul passo Giau, il cielo era ancora limpido, con qualche nuvolaglia e la speranza che tutto rimanesse com’era. Negli hotel in Friuli i corridori hanno passato la serata saltando da un’app all’altra e riscontrando versioni diverse della stessa previsione. Stando all’ultimo bollettino emesso ieri sera da Rcs Sport oggi si corre sulle strade già annunciate. E’ il tappone dolomitico, una corsa gigantesca nella corsa gigantesca che è il Giro d’Italia. Andando indietro nella memoria, Bernal vinse il Tour del 2019 quando la 19ª tappa venne interrotta sull’Iseran per l’impossibilità di arrivare a Tignes. La stessa elasticità dei francesi è quanto si possa chiedere, avendo tuttavia la certezza che tutto sia stato considerato al meglio.

Giro d’Italia 2021, 16a tappa, Sacile-Cortina: preoccupa la discesa del Giau
Giro d’Italia 2021, 16a tappa, Sacile-Cortina: preoccupa la discesa del Giau

Metterò i guanti

E così intanto Bernal pensa a se stesso e scruta il profilo dei rivali, sapendo che non ci saranno amici né prigionieri. Yates sta bene, dopo aver parlato di non meglio specificati problemi nei primi dieci giorni, che lo avrebbero costretto a non esprimersi al meglio. Vlasov fa i conti con la tattica troppo dispendiosa dello Zoncolan e cerca di recuperare. Nibali è finito nella prima caduta e ha dolori al costato in fase di valutazione. Caruso farà la sua parte.

Puccio sta lavorando tanto. Qui prepara l’attacco di Campo Felice
Puccio sta lavorando tanto. Qui prepara l’attacco di Campo Felice

«Sicuramente sarà una tappa dura – dice la maglia rosa – farà freddo e abbiamo cercato di essere preparati. Ho anche i guanti e tutto quello che serve. Siamo pronti e abbiamo recuperato, ma dovremo essere attenti a tutto. Noi siamo arrivati qua sapendo che non si vincerà il Giro nelle crono, in salita, in pianura o in discesa. Ogni punto è buono. Se qualcuno che ci fa paura in classifica attacca, dovremo essere lì. Siamo venuti per vincere il Giro, ma non possiamo neanche diventare matti a inseguire tutti. Cercheremo di avere la lucidità che serve, per capire cosa fare e cosa non fare».

Mai da soli

In questi giorni ci siamo sforzati di osservarlo, cercando di capire se il tanto citato mal di schiena lo infastidisca, ma la sensazione che si trae osservandolo, è quella di un atleta in salute. Soltanto sullo Zoncolan, rispondendo agli attacchi di Yates, ha scoperto i denti. Poi però, colpo psicologico oppure no, si è affrettato a staccarlo quando l’altro era nel pieno dello sforzo.

Zoncolan, scambio di sguardi. Yates si volta e si ritrova con lo sguardo di Bernal addosso
Zoncolan, scambio di sguardi. Yates si volta e si ritrova con lo sguardo di Bernal addosso

«Cercherò di fare il mio meglio – spiega a proposito del freddo – l’importante sarà essere preparati anche mentalmente. Sarà una tappa lunga, per cui sarà importante avere accanto dei compagni. Per questo penso che la mia squadra con tanta esperienza, saprà gestire la corsa. Comunque vada, non sarà una buona idea rimanere da soli».

Il peso della rosa

Come il condottiero che passa in rassegna le truppe, nel momento in cui racconta che avrà bisogno della squadra, Egan sa anche che sta chiedendo tanto ai compagni.

«I ragazzi – spiega – spendono più degli altri. Puccio sta lavorando tutti i giorni, quindi sicuramente avrà più stanchezza ed è normale. Anche Pippo sta lavorando tanto, in generale tutti i miei compagni lavorano. Ma lo sapevamo, prendendo questa maglia. L’ho detto sin dal primo giorno che avrebbe significato prendersi la responsabilità della corsa. Siamo qua per giocarci il Giro, abbiamo una buona mentalità e tanta fiducia gli uni negli altri. Andiamo a vedere che cosa si potrà fare».

Per Ganna ha concluso a Gorizia un’altra giornata di lavoro piuttosto pesante
Per Ganna ha concluso a Gorizia un’altra giornata di lavoro piuttosto pesante

Notte di attesa

Indubbiamente l’idea di scalare il Giau sotto la pioggia, trovare in cima 2 gradi e poi affrontare la discesa bagnati è molto vicino al limite. Si vedrà se ci saranno cambiamenti dell’ultima ora, ma di certo il giro di messaggi e telefonate è iniziato da un pezzo. Non sarebbe più logico fermare la corsa in cima al Giau, si sono chiesti i corridori, stabilendo lassù l’ordine di arrivo, trovando il modo sin dal mattino di mandare in cima i pullman e mantenendo le premiazioni a Cortina? La tappa manterrebbe la grande dignità tecnica, Cortina avrebbe la sua festa, i corridori avrebbero una risposta alle loro istanze. Il disastro di Morbegno è ancora troppo vicino per sperare che sia stato dimenticato, ma rispetto all’ultima volta, se non altro, i ciclisti e il Cpa che li rappresenta hanno alzato la mano per tempo. Una riunione con Mauro Vegni c’è già stata e almeno fino a ieri sera il direttore del Giro ha fornito rassicurazioni sulla praticabilità della tappa. Ne sapremo di più alla partenza…

Simone lascia il treno e per un giorno sogna in proprio

23.05.2021
3 min
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Nessun treno, era la sua occasione, quella da non fallire. Quando Simone Consonni arriva alla transenna dietro cui lo aspetta la sua ragazza Alice, ha l’espressione sfinita e insieme felice. Lei gli dà dei colpetti affettuosi sul casco, mentre gli uomini della Cofidis lo raggiungono per allungargli una bottiglietta da cui bere e una mantellina, visto che sta ricominciando a piovere.

«Con Elia stamattina ci siamo parlati – dice Simone mentre un elicottero rende difficile sentirsi – e mi ha dato via libera. Lui era controllato da Sagan e Cimolai per la maglia a punti e così sono partito per prendermi la mia occasione. Ero già entrato nel primo gruppo prima della caduta e ci hanno fermato. Ma quando hai un giorno per te, non puoi lasciarlo andare».

Simone Consonni è entrato nella fuga sin dal mattino e ha retto bene sugli strappi
Simone nella fuga sin dal mattino e ha retto bene sugli strappi

Il gioco delle coppie

La dannazione è stata ritrovarsi in fuga contro delle vere squadre, perché come anche ieri verso lo Zoncolan, alcuni corridori sono riusciti a portare con sé dei compagni con cui gestire il finale. Lo stesso Campenaerts, che ha vinto, ne aveva ben due.

«Questo è il motivo per cui alla fine non siamo rientrati – dice – perché dietro non tutti collaboravano, dovendo proteggere i compagni davanti. I due ci sono scappati in pianura e non era semplice andargli dietro, però sono contento di essere rimasto nel gruppetto sugli ultimi strappi».

Nella volata per il terzo posto, Consonni ha perso da Arndt
Nella volata per il terzo posto, ha perso da Arndt

Tokyo chiama

Sarebbe stata una bella volata. Il quarto posto e la capacità di reggere sugli strappi fanno capire che la condizione è buona, malgrado i problemi al ginocchio che hanno spostato il suo debutto stagionale ad aprile. Sarebbe stata una bella volata, ma è comunque un bel segnale sulla strada per Tokyo.

«Sto bene – dice Simone – ed è in condizione anche Elia. Pippo (Ganna, ndr) va forte, lui va sempre forte. Stiamo tutti bene».

Stamattina alla partenza, il loro allenatore Dietro Bragato raccontava che subito dopo il Giro, i ragazzi di Marco Villa raggiungeranno la nazionale in un ritiro in altura, che potrebbe essere Livigno, se smetterà di nevicare. Il gruppo è unito. A Verona, per salutarli, Scartezzini e Lamon erano assiepati come tifosi dietro alle transenne.

Dopo il traguardo, il fiato per raccontare la giornata: la sua occasione
Dopo il traguardo, il fiato per raccontare la giornata: la sua occasione

Un giorno buono

Due colpi di tosse e capiamo che è tempo di lasciarlo andare, con un’ultima domanda: che cosa ti fa capire questa fuga?

«Non so ancora che corridore posso diventare – dice – se uno che tira volate o altro. Però oggi mi sono proprio divertito. E finché ci si diverte, a me sta bene. E poi non era neanche tanto freddo oggi, è stata una bella giornata».

Campenaerts, l’ardore di chi ha rischiato di smettere

23.05.2021
4 min
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Ripartiamo da Verona, ti va? Victor Campenaerts si gira e fissa perplesso. Ha appena vinto la tappa di Gorizia, cosa c’entra Verona? Gli spieghiamo il punto di vista. Dicesti di essere super felice per la vittoria di Nizzolo, quale felicità provi in questo momento? Sorride e capisce. Si mette comodo e comincia a parlare.

Un paio di chilometri dopo il via, una maxi caduta ferma la corsa e costringe al ritiro 4 corridori fra cui Buchmann
Un paio di chilometri dopo il via, una maxi caduta ferma la corsa e costringe al ritiro 4 corridori fra cui Buchmann

«Con Nizzolo volevamo vincere a tutti i costi – dice – per i tanti secondi posti e perché non aveva mai vinto una tappa al Giro. A Verona è stato un vero lavoro di squadra. Non solo l’esplosione di gioia per Giacomo, ma la soddisfazione di tutto il team. Come questa vittoria. Che resterà assegnata a me, ma ha sopra anche i nomi di Wisniowski e Max Walsheid».

Paura di smettere

Victor è un torello, alto 1,73 per 68 chili. A volte è simpatico, a volte si mette di traverso. Quando è entrato nella stanza, aveva in mano la magnum di Astoria e ci si è attaccato come stesse sorseggiando acqua fresca. La Qhubeka-Assos ha vinto tre tappe in questo Giro d’Italia, uno score impressionante, per una squadra che a un certo punto sembrava dovesse sparire. E a ben guardare è questo il motivo di tanto ardore.

Al passaggio in Slovenia, un tripudio di pubblico: viva il Giro d’Italia
Al passaggio in Slovenia, un tripudio di pubblico: viva il Giro d’Italia

«E’ stato difficile per questa squadra restare in vita – dice – tutti noi che ne facciamo parte a un certo punto abbiamo dubitato che saremmo stati ancora dei corridori professionisti. Siamo felici di aver avuto la chance di vestire ancora questa maglia, perché corriamo anche con un grande obiettivo. Vogliamo cambiare il mondo con le biciclette, perché le biciclette possono cambiare le vite. E’ la ragion d’essere del nostro sponsor Qhubeka, ma non abbiamo ancora nulla in mano per il prossimo anno, spero che con queste tre vittorie siamo riusciti a fare una valida promozione».

Cambio di pelle

Come è stato che il Campenaerts del record dell’Ora si sia trasformato quasi in un uomo da classiche, capace di vincere una tappa come questa, attaccando sugli strappi e vincendo la volata, lo spiega lui con chiarezza.

Riesbeeks prova a staccare Campenaerts sull’ultimo strappo, ma il belga resiste
Riesbeeks prova a staccare Campenaerts sull’ultimo strappo, ma il belga resiste

«Quest’inverno – dice – mi sono guardato intorno e ho capito che con le prestazioni eccezionali di Ganna nelle crono e anche di Remco e Van Aert, le mie occasioni di avere dei buoni risultati nelle crono sono scese drasticamente. Non avrei potuto rappresentare il mio Paese nelle fantastiche Olimpiadi e così ho cercato di reinventarmi. Probabilmente nella crono di Milano non riuscirò a vincere, anche se ci proverò in tutti i modi. Sarà difficile, perché negli ultimi mesi non mi sono focalizzato su quel tipo di allenamento come avevo fatto l’anno scorso. Si ottengono i risultati che si meritano e forse io non merito di fare risultati a crono, mentre sono felice di essermi guadagnato questa tappa».

Motivati e cattivi

L’ultimo pensiero è per il festeggiamento di questa sera in albergo, senza pensare minimamente alla neve del Giau e della tappa di domani.

Sul traguardo di Gorizia, Campenaerts precede Riesbeeks
Sul traguardo di Gorizia, Campenaerts precede Riesbeeks

«In squadra si è creata una grande atmosfera – dice – avevamo già vinto due tappe e questa si potrebbe considerare un surplus. Però bastava guardare quanto fossimo motivati e cattivi alla partenza, per capire che non fossimo soddisfatti. Abbiamo messo tre corridori nella fuga e abbiamo mostrato una grande intesa. I miei due compagni mi hanno protetto e hanno creduto in me. Sono super contento. Terrò da parte questa bottiglia per loro, stasera voglio festeggiare con i miei amici».

Viviani Cofidis Dorelan

Viviani: «La vittoria ha ogni volta un sapore diverso»

23.05.2021
2 min
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Da Grado a Gorizia, una tappa per velocisti? E’ vero che in questo Giro, di tradizionale e scontato non c’è nulla, ma è anche vero che alcune frazioni potrebbero cambiare gli scenari per alcuni corridori. Elia Viviani (Cofidis) ci pensa da tempo: «Ho provato il percorso ed è sicuramente una tappa giusta e sulla quale il nostro team deve puntare. Non è detto che si finisca allo sprint compatto, ma proprio per questo bisogna rimanere sul chi vive e magari entrare nella fuga giusta, anche chi come me verrebbe dato per abbonato alla volata».

Questi giorni per Viviani sono speciali, un Giro nato con qualche delusione di troppo, ma nel corso del quale è arrivata la notizia della nomina a portabandiera per la prossima spedizione olimpica, un onore mai capitato a un ciclista italiano. Un premio per i suoi successi, soprattutto quello di Rio e Viviani è un corridore che sa dare il giusto significato alla vittoria: «Lo senti dal mattino, certe volte, che è il giorno giusto, senti le gambe pronte, ti sale dentro la determinazione a completare l’opera».

Che cosa si prova nel tagliare il traguardo prima di tutti?

E’ difficile da spiegare, tutto avviene in pochi attimi, passi il traguardo e realizzi quello che hai fatto, hai quella sensazione incredibile con l’adrenalina a mille. E’ uno sfogo incredibile, ma il bello della vittoria non si esaurisce lì.

Viviani europeo
Per Viviani un oro olimpico e ben 8 europei, fra cui quello su strada nel 2019
Viviani europeo
Per Viviani un oro olimpico e ben 8 europei, fra cui quello su strada nel 2019
Perché?

A me piacciono le sensazioni successive, salire sul podio, il viaggio in pullman ripensando a quel che è successo, la festa in hotel. Quell’ebbrezza dopo l’arrivo è fantastica ma effimera, dopo è più bello perché dura di più.

E’ diversa la vittoria su strada e su pista?

Da questo punto di vista no, almeno per la mia esperienza di sprinter, credo però che per chi va in fuga e arriva da solo è un insieme di emozioni diverso, nel quale pian piano la paura di essere ripreso fa posto alla consapevolezza di essere irraggiungibile.

La vittoria è qualcosa di personale?

Mai. Non si vince senza squadra, anche la fuga dello scalatore è il risultato di un lavoro corale. Anche nelle volate più caotiche, anche dove il treno si sfalda e si riforma, è sempre un lavoro d’equipe che porta al risultato.

Un lampo di Simon Yates che (forse) preoccupa Bernal

22.05.2021
3 min
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Nelle note del mattino, Marco Saligari in diretta aveva usato parole intelligenti. Si ragionava sulla tattica di Simon Yates, visto andare fortissimo al Tour of the Alps, e sul fatto che rispetto al 2018 stesse vivendo un Giro più tranquillo, per venire fuori meglio nella terza settimana. «Può darsi – aveva detto Saligari — ma usare una tattica prudente non significa staccarsi, al massimo significa non contrattaccare. Ma se nelle tappe delicate perdi le ruote, forse significa che non hai le gambe».

Ai 300 metri dall’arrivo, lo scatto di Bernal, che guadagna 11 secondi
Ai 300 metri dall’arrivo, lo scatto di Bernal, che guadagna 11 secondi

900 lunghissimi metri

La svolta c’è stata a 900 metri dall’arrivo, che a riguardare le immagini sono durati una vita. Simon Yates ha risalito il gruppo sulla destra, in piedi e con le mani sopra. Li ha guardati un secondo, mentre davanti c’era ancora Dani Martinez ed è partito secco. Bernal se la sentiva e si è subito accodato, mentre alle loro spalle la testa del gruppo si sfocava alle spalle.

«Ho sentito le gambe che stavano meglio – commenta il britannico – hanno ricominciato a girare. Sono felice per la prestazione, anche se Bernal ad ora è imbattibile. Speravo di uscire da questa giornata con una classifica come questa e anche se è difficile, continuerò ad attaccare, provando a prendermi la maglia rosa».

Sul traguardo, l’umore di Yates nettamente migliore che nei giorni scorsi
Sul traguardo, l’umore di Yates nettamente migliore che nei giorni scorsi

La grande illusione

Bernal è furbo. E siccome non lascia niente di intentato e tantomeno cade nell’errore di sottovalutare gli avversari, gli è bastato uno sguardo per vedere Evenepoel staccato e Vlasov in difficoltà. E a quel punto, per mettere anche Yates al suo posto, negli ultimi 300 metri ha piazzato uno scatto che il capitano della Bike Exchange ha pagato con 11 secondi di distacco sulla riga.

«Oggi era una tappa test – spiega Vittorio Algeri, diesse del team – aspettavamo questa risposta, perciò stamattina c’era l’attesa dei giorni importanti. Quello che è successo o che non è successo finora si deve probabilmente al fatto che ci aspettavamo tutti di più, dopo averlo visto vincere al Tour of the Alps. Ci siamo resi conto che lui andava forte e che lì c’erano comunque Vlasov e altri rivali che sono qui. Ma non c’erano Bernal e questa Ineos, che hanno un livello superiore».

All’arrivo la maglia rosa è rimasta per un paio di minuti a riprendere fiato
All’arrivo la maglia rosa è rimasta per un paio di minuti a riprendere fiato

La fiducia ritrovata

Il risultato di giornata riapre la porta sulla classifica. Yates è salito al secondo posto a 1’33” da Bernal, Caruso resiste al terzo posto a 1’51” e poi c’è Vlasov a 1’57”.

«E’ chiaro che ogni giorno fa storia a sé – saluta Algeri – per cui non si può dare per certo che lunedì a Cortina il risultato sarà altrettanto buono, ma neppure si può escludere. Il fatto di avere una partenza meno spinta del 2018 era uno dei fattori che volevamo raggiungere e indubbiamente questo è successo. Oggi si è ricominciato a vedere il Simon che conosciamo e che ci aspettavamo, soprattutto un corridore che aveva bisogno di fiducia. E adesso ce l’ha. E’ tornato al pullman con un bel sorriso. Tanto è stato fatto, ma tanto c’è da fare. Bernal per ora bisognerebbe lasciarlo stare, ma ci proveremo sino alla fine».

Ammiraglie in festa: Basso commosso, Zanatta pure

22.05.2021
3 min
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Sulla strada infangata che porta alla seggiovia per tornare al Quartier Tappa, le ammiraglie della Eolo-Kometa sono una dietro l’altra. Nella prima che incontriamo, Jesus Hernandez parla al telefono e ride di gusto. Bussiamo al finestrino e ci regala un sorriso da settimo cielo, il pollice in alto. Quella subito avanti ha lo sportello aperto e Ivan Basso è in piedi che guarda verso la montagna. Lui, che quassù vinse nel 2010 in un giorno certamente meno gelido, sta vivendo emozioni profonde, come accade quando inizi un’impresa e la vittoria fuga i dubbi che ti camminano accanto.

«Bisognava prendere la fuga con gli uomini giusti – dice – ma per noi questa è un’impresa, perché Fortunato è un nostro talento, che non aveva fino a questo momento espresso tutto il suo valore. Siamo contenti che sia riuscito a farlo con noi. E adesso Zanatta ha vinto due Zoncolan. Fu bello quando vinsi io, ma è bellissimo anche oggi. Quando si vince è sempre bello».

E’ emozionato. Sale nell’ammiraglia, mentre Zanatta ha il sorriso dei giorni migliori. Il ritorno in gruppo sta dando ottimi frutti. C’era davvero lui su quella della Liquigas quando Ivan domò lo Zoncolan e risalì dall’undicesima alla terza posizione, lanciandosi verso la seconda maglia rosa.

Albanese in fuga? Per portare con sè Fortunato: missione compiuta
Albanese in fuga? Per portare con sè Fortunato: missione compiuta

Azione di squadra

Il piano è scattato a 194 chilometri dall’arrivo o forse sarebbe meglio dire 11 chilometri dopo la partenza da Cittadella, dove le mura e ogni pietra ricordavano il tricolore di Nizzolo. Nella fuga degli 11, fra le coppie della stessa squadra con Affini-Bennett e Mosca-Mollema, la presenza di Albanese e Fortunato era forse quella che incuteva meno timore.

«Il guaio – dice ridendo Zanatta – è che Fortunato stava bene, ma non riusciva a prendere le fughe. Così, visto che aveva buoni valori, stavolta gli abbiamo messo accanto Albanese e inizialmente Gavazzi, perché lo portassero fuori e ci sono riusciti. In questi giorni la Ineos ha lasciato fare, ma certo alla fine la paura che il gruppo tornasse l’abbiamo avuta. Eravamo qui per fare bella figura e già il secondo posto di Gavazzi a Guardia Sanframondi ci era sembrato una cosa grandissima. Di certo non pensavamo di vincere e di certo ancora non ci rendiamo bene conto di quello che è successo».

Il Giro e le Asturie

Fortunato il posto per il Giro ha dovuto conquistarselo, con la sua storia fra Mastromarco e Hopplà, poi due anni alla Vini Zabù.

«Ha fatto un buon ritiro a Sierra Nevada – racconta – poi è andato alla Vuelta Asturias e l’ultimo giorno è arrivato settimo all’Alto del Naranco, conquistandosi il posto in squadra. A Sestola si era staccato in discesa. A Campo Felice era nel gruppo dei migliori… Insomma, sapevamo che stesse bene e già da tre giorni ci eravamo messi a pensare a questo arrivo. Credo che si sia creata una bella alchimia in squadra, lo spirito giusto, fra l’entusiasmo dei giovani e l’esperienza mia e di Yates, che qualcuna l’abbiamo vista fin qui». 

Subito dopo l’arrivo, Fortunato è stato placcato e portato nella zona premiazioni
Subito dopo l’arrivo, Fortunato è stato placcato e portato nella zona premiazioni

Una lunga storia

La colonna delle ammiraglie inizia a incanalarsi lungo la stradella dell’incolonnamento. I primi stanno già scendendo in bici verso i pullman fermi ai piedi del tratto più duro. Quassù, sull’ultima salita che vide grande Marco Pantani, ha vinto un bolognese, in una sorta di tributo inconsapevole al Pirata e cercato e voluto a Ivan Basso che ha saputo motivarlo. La sua ultima vittoria porta la data del 12 giugno del 2016, quando a Lamporecchio batté proprio il compagno di squadra Albanese. Forse davvero nulla è mai per caso, mentre lo Zoncolan registra la quarta vittoria italiana in questo Giro d’Italia. Dopo Ganna, Vendrame e Nizzolo, stasera brinderemo alla vittoria di Lorenzo Fortunato.

Dallo Zoncolan a Sega di Ala, a tavola con l’Astana

22.05.2021
5 min
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Sono magrissimi, così in condizione da risultare fragili. I corridori del Giro, quelli che sono qui a giocarsela, vanno seguiti in ogni dettaglio, sapendo che basta un colpo di freddo per mandare tutto in malora. Puoi pianificare quello che ti pare, ma il ciclismo è uno sport di situazioni e le situazioni, per quanto bravo, non potrai mai prevederle. Figurarsi oggi sullo Zoncolan.

Erica Lombardi è la dietista dell’Astana-Premier Tech al Giro, la squadra di Alex Vlasov. Già con lei in passato avevamo parlato della necessità di gestire con equilibrio l’alimentazione durante il Giro. Ma oggi, con la tappa che si arrampica sul Mostro friulano e lo sguardo sulle montagne dei prossimi giorni, il ragionamento si fa più specifico, molto interessante, ancorché complesso.

«Il Giro non è il Tour – comincia – dove la stagione è ben definita e non ci sono clamorosi sbalzi climatici. Qui invece è tutto un cambiare, per cui la programmazione presenta delle criticità. Ieri verso Verona era una tappa tranquilla, ma in ogni caso c’era da stare attenti sin dalla vigilia a cosa mangiare, per scongiurare il rischio di trovarsi vuoti a 48 ore dalla tappa dello Zoncolan».

Al Tour dello scorso anno, Erica Lombardi con la squadra ai Campi Elisi
Al Tour dello scorso anno, Erica Lombardi con la squadra ai Campi Elisi
Quale è l’attenzione primaria?

Che abbiano energie e siano leggeri, tenendo però conto che la troppa leggerezza la paghi per altri aspetti. Il glicogeno ha un tempo di ricostruzione di 48 ore, per cui si è cominciato da ieri a ragionare del fatto che oggi si farà lo Zoncolan e che nei prossimi giorni ci saranno altre tappe dure. Non si può andare per compartimenti stagni.

Quindi?

Quindi non si può calcolare tutto alla perfezione, ma non puoi dargli meno di quello che necessitano. Non sono macchine. Il calcolo dei macronutrienti, ma più segnatamente dei carboidrati, si fa in base ai watt. Un calcolo che però viene aggiornato in base a come si sente il corridore. Per questo avere il dietista allo stesso tavolo aiuta a prendere le misure.

Come funziona il calcolo dei carboidrati in base ai watt?

Si fa gioco di squadra. Dopo la tappa, io li peso e il dottore fa il punto sull’idratazione. Il peso così raccolto lo giro al preparatore che mi manda in risposta la situazione dei watt in rapporto al peso. Ci stiamo avvicinando alla perfezione, ma il ciclismo resta sempre uno sport empirico. In un grande Giro è sempre meglio avere qualcosa in più, che trovarsi scoperti. Pesare poco significa perdere potenza.

Quindi da ieri è iniziato il recupero per la tappa di oggi?

Esatto, si parte con alimenti funzionali nel dopo tappa. Le linee guida generali dicono che bisogna ridurre al minimo se non eliminare totalmente le fibre, per favorire l’assorbimento dei carboidrati.

Si comincia mangiando cibi solidi, si finisce passando a gel borracce di maltodestrine
Si comincia mangiando cibi solidi, si finisce passando a gel borracce di maltodestrine
Carboidrati quindi sempre pasta?

Pasta, oppure riso, patate americane, verdure non verdi come le barbabietole rosse, il cui contenuto in nitrati, in un quadro più articolato, aiuta il corpo a ossigenarsi.

In una tappa come quella di oggi, come mangeranno in corsa?

La regola è che si vada in progressione, mangiando cibi solidi nelle prime fasi, passando poi ai gel e le maltodestrine. Molto dipende dal ruolo del corridore in corsa.

Lo Zoncolan di quest’anno ha 3 chilometri finali durissimi, ma prima non è irresistibile…

Prima del tratto duro, è indicato mangiare un gel a rapido rilascio, sempre che si riescano a staccare le mani dal manubrio. Esiste una pratica molto diffusa nel calcio, il mouth rinsing, che consiste nel risciacquarsi la bocca con liquidi a base di carboidrati, come i calciatori che bevono e poi sputano prima di ingerire. Tramite questo sistema, dai stimoli all’organismo che sta già assorbendo i carboidrati ingeriti in precedenza. Per cui può essere utile fare un sorso dalla borraccia salendo sullo Zoncolan. Un sorso e si rimette a posto, perché adesso non si può più buttarle ai tifosi sulla strada.

Hai parlato di riuscire a staccare le mani dal manubrio…

Se c’è un’azione, un attacco… puoi aver programmato quello che vuoi, ma nella fase concitata, non riesci a prendere il gel, per cui è il corridore a dover reinterpretare la strategia. Per cui pensate a quante attenzioni debbano avere questi ragazzi, dai watt al momento in cui mangiare.

La tappa di Verona ha richiesto un dispendio inferiore, ma non si poteva farli mangiare meno alla vigilia dello Zoncolan
La tappa di Verona ha richiesto un dispendio inferiore, ma non si poteva farli mangiare meno
E poi c’è il meteo.

La pioggia complica tutto, il freddo anche, perché magari non riescono a prendere gli zuccheri con le mani congelate o in situazioni al limite.

Stasera dopo l’arrivo cosa mangeranno?

C’è una finestra di un’ora in cui si va a ripristinare il livello di glicogeno, ingerendo solo carboidrati. Si gioca tutto in quel breve tempo, a prescindere che sia stato caldo o freddo. Gli studi più recenti hanno stabilito che si possono integrare 120 grammi di carboidrati per ora, contro i 90 che si riteneva in precedenza. Oltre questo limite, non si assimila più. Come se, dovendo fare un lungo viaggio in auto, si volessero mettere 100 litri di benzina in un serbatoio che ne contiene 60. La capienza è quella. Ma se hanno preso freddo, si deve anche lavorare sui grassi, sia dopo corsa che nelle ore successive.

Quando li pesi?

La mattina e dopo la tappa. Se si perde un chilo di liquidi se ne deve integrare il 150% per cui si dovrà bere un litro e mezzo. L’obiettivo è mantenere il pezzo più regolare possibile.

Quindi il tanto raccontato calo di peso a fine corsa ormai è superato?

Dipende dai corridori e dalla loro esperienza. I giovani hanno più sbalzi, un corridore come Fuglsang sa gestirsi bene anche da solo.

Non solo pasta per introdurre carboidrati, anche le patate americane
Non solo pasta per introdurre carboidrati, anche le patate americane
Vlasov è esperto?

Con Vlasov lavoro dai tempi della Gazprom, ma di fatto ha corso solo la Vuelta del 2020 e questo è il primo Giro da capitano. L’ideale è finire in crescendo, stando attenti a non gonfiarsi di liquidi, per cui il medico ricorre alla biompedeziometria per valutare la ritenzione idrica.

Quanto è difficile il tuo lavoro?

Bisogna lavorare per avvicinarsi il più possibile alla ricetta migliore, sapendo che si può sbagliare e che magari non si riceveranno complimenti, ma di certo non mancheranno le critiche se dovesse andar male. Il ciclismo non è il calcio, che si gioca in uno spazio controllato con atleti abbastanza omogenei. Noi siamo sulla strada, in condizioni meteo sempre diverse, con atleti di forme e caratteristiche diverse. Insomma, si può dire che sia tutto, ma non certo facile.