Prodhomme a Champoluc. E non dite che è stato per fortuna!

30.05.2025
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CHAMPOLUC – Alla conferenza stampa di Nicolas Prodhomme, vincitore francese della diciannovesima tappa del Giro d’Italia, ci sono quattro giornalisti: tre italiani e un solo francese, Nicholas Perotto de L’Equipe. Sembra un raccontare a orologeria, perché dicono che quando arriverà Del Toro, al corridore della Decathlon-AG2R sarà chiesto di uscire. Ci viene in mente il titolo di un film: figli di un dio minore. Il monitor che inquadra i giornalisti presenti in sala stampa mostra una serie di sedie vuote, possibile che non interessi a nessuno? Lo ricordiamo sulla funivia con cui scendemmo assieme dal Monte Lussari del 2023 e lo ricordiamo dall’ultimo Tour of the Alps: il resto è da scoprire.

Nella prima fuga erano presenti i gregari degli uomini di classifica: qui Steinhauser per Carapaz
Nella prima fuga erano presenti i gregari degli uomini di classifica: qui Steinhauser per Carapaz

Il coraggio di attaccare

Eppure Prodhomme ha vinto con un numero da incorniciare, soprattutto perché l’idea di partenza era fare esattamente quello che abbiamo visto. Stamattina al via, la Decathlon-AG2R era sui rulli che si riscaldava, evidentemente volevano partire subito forte. Nella prima fuga c’è entrato a circa 110 chilometri dall’arrivo. Poi, dopo una serie di allunghi sul Col de Joux, si è tolto di ruota Verona e Tiberi, gli ultimi superstiti del tentativo del mattino. L’ultimo affondo l’ha portato a 28 chilometri dall’arrivo. E complice l’atteggiamento titubante degli sfidanti di Del Toro, il margine saliva e cresceva, ma non è mai andato sotto i 55 secondi.

«Quando ci siamo ritrovati sul Col de Joux – racconta – ho visto che la differenza rispetto al gruppo non era enorme. Ho pensato che ci sarebbero stati degli attacchi e mi sono sentito di attaccare, perché avevo già fatto due quinti posti. So che per vincere bisogna correre dei rischi, ci ho provato e ho vinto, ma ho iniziato a crederci solo nell’ultimo chilometro. Sapevo di avere vantaggio, ma sapevo anche che dietro si sarebbero mossi Carapaz, Yates e Del Toro, i grandi favoriti. Del Toro è fortissimo in discesa, rischia sempre tanto e temevo che il vantaggio non bastasse. Invece nell’ultimo chilometro ho visto che avevo dietro la macchina e quella c’è solo se il vantaggio è più di un minuto. E a quel punto ho capito che avrei vinto».

Prodhomme, Tiberi, Verona: Col de Joux. Ai meno 28, l’attacco decisivo del francese
Prodhomme, Tiberi, Verona: Col de Joux. Ai meno 28, l’attacco decisivo del francese

Professionista a 24 anni

Conferenza stampa in inglese, ma dopo tre risposte in inglese e due in francese, dalla scaletta del van delle interviste spunta Del Toro. C’è giusto il tempo per un’altra domanda. La maglia rosa non ha fretta e si siede in fondo, ma l’ondata di giornalisti che lo seguono suggerisce di continuare giù dal camion. Il buon senso imporrebbe di restare sopra per sentire cosa ha da dire il messicano, ma un senso di rispetto ci spinge a seguire il francese. Ha vinto una tappa al Giro d’Italia. Al Tour of the Alps aveva vinto la prima corsa a 28 anni.

«Esatto, ho 28 anni – spiega – e sono diventato professionista piuttosto tardi (ne aveva 24, ndr). Ho fatto lo stagista in tre squadre, ma sono tornato sempre nei dilettanti. Non era facile ambientarsi nello sport di alto livello, non sono diventato professionista al primo tentativo, per cui vincere una tappa in un Grande Giro è davvero una cosa enorme. Ieri sera ho pensato che le opportunità erano sempre meno e sentivo di avere buone gambe, ma finora mi era sempre mancato il coraggio. Pensavo davvero che le ultime due tappe di montagna fossero riservate ai favoriti e devo ammettere che due anni fa non avrei mai osato attaccare i compagni di fuga. Invece la vittoria al Tour of the Alps e le tante fughe in cui stavo bene fisicamente e in cui non ho avuto rimpianti, mi hanno dato fiducia e audacia. E oggi ho cominciato ad attaccare al chilometro zero, non ho percorso molti chilometri in gruppo (ride, ndr)».

Non solo per fortuna

Professionista da cinque anni, 1,74 per 63 chili, nel 2019 aveva vinto l’Orlen Grand Prix, la gara a tappe per U23 organizzata dallo staff del Tour de Pologne. La qualità c’era già allora. Va bene che sia diventato professionista tardi, va bene aver trovato il coraggio per attacare Verona e Tiberi, ma che cosa c’è di diverso in questo 2025 che gli ha già portato due vittorie?

«Ho avuto buone gambe – dice – questo è certo. Oggi credo che il livello sia così alto che bisogna farsi male. Gli ultimi 20 chilometri sono stati tutti un fatto di testa, che quest’anno mi sta aiutando molto, ma ho anche le gambe. Sono migliorato ancora rispetto all’anno scorso, ma l’unica cosa che posso dire con certezza è che ho fatto i maggiori progressi in termini di fiducia in me stesso. Queste ultime settimane hanno sicuramente fatto una grande differenza per la mia carriera. Vincere la prima gara è una cosa enorme e ti dà molta fiducia, ma sento di essere ancora in miglioramento. L’anno scorso ho fatto un ottimo programma di gare, ma con un ruolo di uomo squadra. Quest’anno ho avuto anche un po’ di buona sorte, anche se non direi mai che ho vinto solo per la fortuna».

Tappa bloccata dalle tattiche. E la UAE gongola

30.05.2025
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CHAMPOLUC – Le ammiraglie sono parcheggiate dietro alle transenne dell’ultima curva, esattamente laddove è caduto Giulio Pellizzari. I tecnici scendono e si sgranchiscono le gambe. Si scambiano anche i commenti, si parla di tattiche. Garate, direttore sportivo, della EF Education-EasyPost, passa e fa i complimenti a Fabio Baldato. E Baldato replica sincero: «Grazie, abbiamo una squadra forte». E’ proprio Baldato il nostro interlocutore

E sì, perché se da questo tappone alpino ci si aspettava qualcosa in più sia in termini di spettacolo che di movimenti in classifica, forse è per le tattiche messe in atto dai team. Tattiche in qualche caso non proprio chiarissime.

Di certo chi se la gode è proprio il direttore sportivo della UAE Emirates. Manca un solo tappone prima di Roma e il suo Isaac Del Toro è sempre (e di più) in maglia rosa. Oggi si sono difesi alla grande.

Fabio Baldato al termine della frazione di Champoluc
Fabio Baldato al termine della frazione di Champoluc
Fabio, avete controllato la tappa sin dall’inizio. Come è andata?

E’ andata che abbiamo una squadra forte. Se riusciamo a tenere tranquillo Isaac come oggi, va bene. Isaac è alla sua prima corsa come leader, ha speso tanto sin qui, ma ascolta Majka, ascolta Adam Yates. E questa è la cosa più importante. Grazie a loro in corsa è rilassato, si è concentrato sul bere, sul mangiare, sul risparmiare energie. Domani è l’ultima battaglia, vediamo…

Proprio Majka, almeno visto da fuori, sembra aver preso in mano la squadra?

Sì, qualche volta dovrebbe stare anche più tranquillo! Scherzi a parte, dalla macchina li teniamo rilassati, li facciamo ragionare perché la corsa è lunga e alla fine presenta i conti. Si è visto alla fine oggi: tutti sono arrivati a lumicino. Chi ne aveva un pelino più degli altri ha provato a fare qualcosa, ma credo che tutti abbiano fatto una bella corsa. C’è anche chi ha provato a farla dura, la EF Education-EasyPost, come la Visma-Lease a Bike, magari pensando che Del Toro potesse pagare. E sinceramente anche noi non sapevamo fino alla fine come poteva arrivare. Invece…

Invece ha risposto alla grande…

Il ragazzo sta bene e domani ce la giochiamo.

Passo indietro, Fabio. Hai tirato in ballo la Visma e il suo lavoro. E’ vero, hanno tirato, ma non era un ritmo forsennato. Il gruppo era allungato ma non si staccava. Ma soprattutto tirano e poi il capitano, Simon Yates, non parte. E’ un po’ strano, no?

No, invece ha senso. E lo hanno fatto perché cercano di portare tutti all’esaurimento. Magari avevano fiducia nel loro uomo, sapevano che aveva risparmiato, che aveva mangiato e bevuto a dovere e quindi se la sono giocata così. E’ quasi un gioco di bilancino, salvare le energie e giocarsi la propria carta. In più loro sono molto scientifici, avevano visto che l’altro giorno dopo 5.000 metri di dislivello e con quel dispendio energetico Del Toro aveva pagato un po’ e hanno pensato di fare la stessa cosa. Se poi magari fossero riusciti a staccare Del Toro, tutti a dire che bravi, che bel lavoro…

Energie al lumicino per tutti, un po’ meno per Carapaz e Del Toro, che hanno guadagnato 24″ sugli altri uomini di classifica. Ora distacco fra loro due è di 43″
Energie al lumicino per tutti, un po’ meno per Carapaz e Del Toro, che hanno guadagnato 24″ sugli altri uomini di classifica. Ora distacco fra loro due è di 43″
Chiaro…

No, davvero penso che tutti oggi abbiano corso bene. Ognuno fa la sua tattica e oggi penso che tutte le squadre davanti abbiano fatto il meglio per i loro capitani. Di noi sono contento perché veramente abbiamo dei ragazzi d’oro, cominciando da Baroncini, Arrieta che era nella fuga, McNulty.

In effetti aver controllato a lungo la fuga con un solo uomo, Baroncini, è stato importante per risparmiare gli altri…

Vero, “Baro” sta trovando una condizione impressionante. Ci sta stupendo.

A proposito di fuga da controllare, non gli avete mai lasciato troppo spazio. Come mai? E’ stata una scelta pensando di poter contrattaccare come sulle Motte a Bormio, visto il finale di Antagnod, o c’è stato altro?

In realtà non è che non abbiamo lasciato andare lontano la fuga. E’ che tutte le volte che abbiamo provato a calare, c’era subito un rilancio da parte di qualcun altro. EF, ma anche Israel-Premier Tech, Visma… E andavano a strappi, così abbiamo detto: “Okay, ragazzi, facciamo noi”.

Garzelli in diretta ha fatto un’analisi interessante, e diceva che non lasciavate troppo spazio anche per rendere più difficoltosi i rifornimenti della fuga. In poche parole la giuria non faceva passare le ammiraglie per dare le borracce in questa prima vera giornata di caldo…

No, non era per quello. E poi sulle salite c’erano i rifornimenti da terra. E sulla salita più dura e più lunga, la giuria ha dato la possibilità di un ulteriore rifornimento. Quindi no, non è stato per non farli rifornire. Il ciclismo è già al limite, ci manca solo di dover fare le lotte tra le ammiraglie per i rifornimenti.

Andiamo in casa Visma

Qualche auto dietro a quella della UAE Team Emirates, c’è quella inconfondibile gialla e nera della Visma-Lease a Bike. Si affaccia il loro direttore sportivo Marc Reef. L’occasione è ghiotta per parlarci e lui, gentilissimo come sempre, non si tira indietro.

Gli chiediamo della tappa di Simon Yates, arrivato stanco ma non sfinito, anche se le strisce di sudore sul suo pantaloncino erano più marcate di molti rivali.

«Penso che abbiamo fatto un ottimo lavoro. Il nostro piano era di mettere alcuni ragazzi nella fuga, in modo che potessero essere utili in seguito. Stevie (Kruijswijk, ndr) e Wilco (Kelderman, ndr) hanno fatto un ottimo lavoro, tenendo un buon passo nelle ultime due salite e riducendo il gap. Nel finale, con Simon Yates volevamo seguire l’attacco di Carapaz, ma non aveva più le gambe. Abbiamo perso 24 secondi da Del Toro e Carapaz. Penso che sia stato anche abbastanza onesto. E’ stata una fase brutale della corsa».

Nessun muso lungo, ma tanta consapevolezza dunque in casa Visma. Probabilmente questo Giro d’Italia non lo vinceranno, ma non si smette di lottare anche perché in ballo c’è un grande obiettivo.

«Penso che in questo momento Simon sia il terzo miglior corridore della gara ed è ancora in lotta per il podio a Roma.

«Se domani correremo per il podio o per la vittoria? Manca ancora un giorno. Carapaz e Del Toro stanno meglio rispetto a Simon. Tutto è possibile e guardiamo avanti, a chi è sopra di noi. Ma quando non è possibile, quando ci sono due ragazzi forti, dobbiamo essere felici del podio e fare tutto il possibile per consolidarlo».

Tadej Pogacar e Continental: una partnership a lungo termine

30.05.2025
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Il campione del mondo e vincitore del Tour de France, Tadej Pogacar, ha recentemente ufficializzato una collaborazione a lungo termine con Continental, storico marchio tedesco attivo nel settore della produzione degli pneumatici. Un’alleanza che nasce da valori condivisi: eccellenza prestazionale, sicurezza e rispetto reciproco tra tutti gli utenti della strada, automobilisti e ciclisti.

A soli 26 anni, Tadej Pogacar è già considerato un talento generazionale. Con la sua determinazione e la sua visione globale dello sport, il fuoriclasse sloveno incarna perfettamente la filosofia di Continental: superare i limiti, ma sempre in modo consapevole e responsabile. «Le prestazioni di alto livello non derivano solo dal talento ha dichiarato lo sloveno – ma da un costante desiderio di miglioramento. Io e Continental condividiamo la stessa ambizione: sfruttare al massimo ogni possibilità, nello sport come nello sviluppo tecnologico. Questa collaborazione è stata una scelta naturale. Come ciclista professionista so quanto sia fondamentale potersi fidare degli pneumatici. Senza l’attrezzatura giusta, non sarei il corridore che sono oggi».

Tadej Pocagar pedalerà con pneumatici Continental nel prossimo futuro
Tadej Pocagar pedalerà con pneumatici Continental nel prossimo futuro

Sicurezza e prestazioni: su due e quattro ruote

Che si tratti di auto o biciclette, la sicurezza rimane una priorità assoluta. Continental è da anni sinonimo di affidabilità: i suoi pneumatici ad alte prestazioni garantiscono grip, stabilità e controllo in ogni situazione, dal traffico cittadino ai percorsi di gara più impegnativi.

Continental, già protagonista nel mondo delle corse automobilistiche e ciclistiche, rafforza così la propria presenza nel ciclismo professionistico, affiancando uno degli atleti più completi e influenti dell’era moderna. La nuova partnership si fonda su un messaggio chiaro: promuovere la convivenza tra tutti gli utenti della strada. 

Continental non è un nome nuovo nel mondo delle due ruote. Al Tour de France, tutte le auto di supporto ufficiali sono dotate dei suoi pneumatici. Inoltre, numerose squadre di vertice – inclusa la vincitrice dell’edizione 2024 – corrono con pneumatici Continental. L’azienda è anche sponsor ufficiale del Giro d’Italia, equipaggiando l’intera flotta di supporto con i suoi prodotti per garantire sicurezza durante i 3.000 chilometri di gara.

In questo momento il campione del mondo in carica sta preparando uno degli appuntamenti più importanti della stagione: il Tour de France
In questo momento il campione del mondo in carica sta preparando uno degli appuntamenti più importanti della stagione: il Tour de France

Tadej Pogacar: oltre il campione, un modello

Dal 2019 con la UAE Team Emirates-XRG, Pogacar ha riscritto la storia del ciclismo moderno. Nel 2024 ha centrato un’impresa epocale: vincere Giro d’Italia, Tour de France e Mondiali su strada nello stesso anno, oltre a conquistare classiche come Strade Bianche e Liegi-Bastogne-Liegi. Solo due atleti nella storia sono riusciti in una simile impresa.

Ma il suo impatto va oltre i risultati sportivi. Con la Pogi Team Foundation sostiene difatti i giovani talenti sloveni, dimostrando di avere a cuore il futuro del ciclismo. Fuori dalle corse, è un’icona autentica, capace di ispirare milioni di fan con la sua semplicità e passione anche per le auto sportive ad alte prestazioni.

La sua collaborazione con Continental non è soltanto una strategia di marketing: è una dichiarazione d’intenti. Una visione condivisa che mette al centro la sicurezza, l’innovazione e il rispetto sulle strade di tutto il mondo.

Continental

Denz risolleva il Giro della Red Bull-BORA: ora tutti per Giulio

30.05.2025
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CESANO MADERNO – Uno scatto secco in una curva che girava a destra e non l’hanno più visto fino al traguardo. Nico Denz porta a casa la sua terza tappa al Giro d’Italia e la prima per la Red Bull-BORA-hansgrohe in questa edizione. Dopo la linea finale quasi non ci crede, sbatte la bici prendendola dalla parte alta del manubrio e digrigna i denti.

Il team austriaco dopo tanti problemi e qualche colpo sfortunato arriva a conquistare ciò che era considerato l’obiettivo minimo quando il gruppo si trovava in Albania. Con il passare dei giorni si era capito che non sarebbe stato semplice. Roglic nell’arrivo di Tagliacozzo si è fatto battere in astuzia e gambe da Ayuso. Ad Asiago è arrivata la fuga ma lo sloveno ha ceduto rimanendo fuori dal gruppo dei migliori.

Nico Denz, Red Bull-BORA-hansgrohe, Giro d’Italia 2025
Nico Denz, Red Bull-BORA-hansgrohe, Giro d’Italia 2025

I leader a casa

In un certo momento si è pensato che il Giro della Red Bull-BORA-hansgrohe si fosse sgretolato nelle fragilità di Roglic e della sfortuna di Hindley. Quando i due capitani designati si sono ritirati è cambiato tutto nella testa di chi era rimasto. Il primo a dare un segnale di questo tipo è stato il giovane Pellizzari, nella stessa tappa in cui Roglic ha alzato bandiera bianca. L’attacco del marchigiano sulla salita di San Valentino ha acceso gli animi dei tifosi ma per una formazione che vuole vincere e ha investito per farlo non basta un terzo posto anche se ambizioso e sorride al futuro.

«Eravamo partiti in questo Giro – racconta con il volto rosso a causa del caldo esploso ieri sulla corsa – con l’idea di vincere con Roglic o Hindley. Quando poi entrambi sono stati costretti al ritiro le cose sono cambiate. Il nostro diesse Christian Pomer mi ha guardato dicendomi che la tappa 18, quella di ieri, sarebbe stata perfetta per le mie caratteristiche. Prima di allora non eravamo focalizzati su una vittoria di tappa».

Cosa hanno voluto dire per voi i ritiri di Hindley e Roglic?

Non si tratta solo di due corridori che tornano a casa, ma anche di sogni che finiscono e di un sacco di lavoro che abbiamo fatto in prima linea che, alla fine, non è servito a nulla. Se decidi di essere triste per questo, allora ti deprimi e non fai nulla. Al contrario, se decidi di lottare, ed è quello che abbiamo fatto e faremo, può succedere qualcosa di bello.

Quanto è importante il successo di ieri per il team?

Tanto. La vittoria di ieri significa che ogni corridore qui è in grado di fare bene e la forza della Red Bull-BORA non si limita solamente a un uomo solo. E’ una caratteristica che siamo stati in grado di dimostrare anche nei giorni scorsi. Non ci siamo mai arresi.

La tua può essere l’unica vittoria per voi.

Forse, ma è arrivata ed era importante reagire dopo giorni difficili. Lo abbiamo fatto bene.

Nelle ultime due giornate sarà Pellizzari a fare la corsa con l’obiettivo di migliorare la posizione in classifica e magari vincere una tappa
Nelle ultime due giornate sarà Pellizzari a fare la corsa con l’obiettivo di migliorare la posizione in classifica e magari vincere una tappa
Arrivano due tappe importanti e impegnative, sosterrete Pellizzari?

Chiaro (dice senza nemmeno il tempo di metabolizzare la domanda, ndr). Giulio sta facendo un lavoro fantastico e sì, avrà tutto il supporto che possiamo dargli. Ciò che posso fare io per lui si concentra maggiormente nelle parti iniziali della tappa. Ovviamente cercheremo di dargli lo stesso aiuto che avrebbe avuto Roglic, in modo che possa avere la possibilità di ottenere il miglior risultato possibile.

Ora che obiettivi avrete?

Non abbiamo più obblighi d’ora in poi, abbiamo vinto una tappa. Insomma, possiamo solo divertirci e goderci la gara.

Pellizzari, il Catalunya, il Teide, il Giro: coach Artuso racconta

30.05.2025
8 min
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CESANO MADERNO – Tutti i giorni entro le 19, gli allenatori della Red Bull-Bora-Hansgrohe devono inviare al tecnico responsabile del Giro l’analisi dei dati di gara dei loro atleti. Da quest’anno, la squadra di Ralf Denk ha stabilito che i coach non siano presenti alle gare, ma si occupino dei training camp. Per questo motivo, Paolo Artuso in questi giorni si trova a Sierra Nevada con il gruppo del Tour e lì lo raggiungiamo telefonicamente alla vigilia della tappa di Champoluc, quella in cui il suo pupillo Giulio Pellizzari potrebbe replicare l’ottima prestazione di San Valentino di Brentonico.

La curiosità è tanta: quanto vale il marchigiano in questo Giro conquistato in extremis, in cui si trova per giunta senza il capitano che lo aveva voluto al via? Non si parla chiaramente di un neoprofessionista, ma di un atleta giovane che corre tra i grandi già dal 2023, eppure il salto nel WorldTour è una prova impegnativa, per la quale finora Giulio si è fatto trovare pronto.

Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe dal 2023 (la foto è del suo primo anno). In precedenza lavorava alla Bahrain
Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe dal 2023 (la foto è del suo primo anno). In precedenza lavorava alla Bahrain
Dicci, Paolo, come sta davvero Pellizzari?

Fino ad ora, è andato veramente forte. Già nella tappa dello sterrato ha fatto numeri importanti, come pure nella tappa di Asiago e anche in altre occasioni era sempre lì che sgambettava. Sia a livello numerico che soprattutto a livello di feeling, la situazione è ottima. La tappa di San Valentino lo ha fatto vedere. Per quelli che sono i suoi valori, ha fatto un numerone. Più che altro ha espresso ottimi valori dopo 5.000 metri di dislivello. E’ stato quasi vicino al suo best dell’anno: era già andato molto forte anche al Catalunya. Anche nei test ha fatto un bello step in avanti rispetto agli anni scorsi e il trend di questo Giro sta mostrando delle grandi prestazioni in sforzi dai 5 ai 30 minuti.

Il fatto che riesca a fare un best dopo 5.000 metri nella terza settimana vuol dire che abbiamo di fronte un atleta per i Grandi Giri?

Noi l’abbiamo preso, vedendo in lui un talento per i Grandi Giri. Stavamo cercando un corridore per questo tipo di terreno. Non è un atleta per sforzi brevi ed esplosivi, ma ha un grande motore per le salite lunghe. Poi, se necessario, ci si può anche dedicare a corse come le Ardenne oppure una Tirreno-Adriatico qualora il percorso non fosse tanto duro, allenando delle qualità su cui al momento magari è un po’ meno brillante.

Da quanto tempo lavori con lui?

Lo conosco da un po’ di anni, gli ho fatto un test quando era allievo di secondo anno o juniores di primo. Giulio è un po’ anche veneto per parte di suo padre, ha i nonni veneti che abitano abbastanza vicino a casa mia, nell’altra valle. In passato ci siamo visti qualche volta e gli ho fatto dei test. Invece a livello puramente professionale, abbiamo iniziato a ottobre dell’anno scorso, senza toccare nulla di quello che faceva con la Bardiani. Ci siamo visti al Giro del Veneto l’anno scorso, che era l’ultima gara e da lì abbiamo iniziato a lavorare un po’ più a stretto contatto per la transizione da una squadra all’altra.

Giro d’Italia 2024: le azioni di Pellizzari hanno evidenziato la sua attitudine per le salite lunghe
Giro d’Italia 2024: le azioni di Pellizzari hanno evidenziato la sua attitudine per le salite lunghe
Se dovessi dirlo ora, che corridore era il Pellizzari che hai trovato a ottobre?

E’ molto forte. Lo è sul passo, quindi ha delle potenze molto alte a livello di soglia. In più ha anche un buon motore a livello di massimo consumo d’ossigeno. Diciamo che non ha una grande potenza anaerobica: è poco glicolitico, come diciamo noi. Vuol dire che sulle salite brevi soffre perché a livello muscolare ha fibre lente. Di conseguenza, più sono lunghe le salite, più viene fuori la sua qualità maggiore. Quando ci sono 5.000 metri di dislivello, lui fa un po’ meno fatica degli altri. La doppia scalata del Monte Grappa dello scorso anno è la prova di questo, ma noi lo seguivamo già da tempo.

Avete dovuto cambiare di tanto la sua preparazione rispetto a quella precedente?

Devo dire che ha lavorato bene. Quando prendo un nuovo corridore, faccio anche una ricognizione del suo storico. Vado a vedere che cosa ha fatto e in che modo e devo dire che con Reverberi ha lavorato molto bene. Ha fatto una base ottima, quindi l’atleta che abbiamo accolto aveva già un ottimo livello, sia sul piano strutturale che mentale. Quindi nel suo caso il progetto giovani della Bardiani sta funzionando, non possiamo dire il contrario, e lui ne era il faro. Poi però quando è arrivato nella struttura più grande della nostra squadra, abbiamo messo un po’ di ordine nelle cose.

In che modo?

Essendo WorldTour abbiamo un calendario gara più certo e questo fa sicuramente comodo. Abbiamo impostato il lavoro in altura in modo da dargli due stimoli prima del Giro d’Italia, che era quello che volevo. Due periodi di tre settimane, che puoi concederti perché avere un budget superiore ti aiuta anche a lavorare meglio. Magari in passato non riusciva a fare due blocchi prima del Giro e tantomeno blocchi di tre settimane. Quindi fondamentalmente abbiamo lavorato così. Giulio ha passato un inverno tranquillo e con una progressione graduale del carico. Abbiamo aggiunto più palestra, più base aerobica nell’inverno, poi avrebbe dovuto fare il UAE Tour, ma si è ammalato. Per questo lo abbiamo spostato sul Catalunya e gli abbiamo prospettato un’altra altura, perché anche in Spagna sarebbe stato un uomo importante per Roglic.

Nella primavera di Pellizzari spiccano tre ritiri sul Teide: l’ultimo poco più breve per andare alla Liegi (immagine Instagram)
Nella primavera di Pellizzari spiccano tre ritiri sul Teide: l’ultimo poco più breve per andare alla Liegi (immagine Instagram)
Quando si è cominciato a parlare del Giro?

Durante le alture, nei test che facciamo per vedere come stanno, avevamo già iniziato a parlarne nello staff performance. C’erano numeri che facevano propendere per quella scelta e così, proprio durante il Catalunya, abbiamo deciso di impostarlo sul Giro d’Italia che inizialmente non era nel programma. Di solito funziona che prima facciamo un ragionamento tra di noi, poi lo proponiamo al corridore, perché se è motivato nel fare le cose, funziona molto meglio. E lui è stato subito contento, perché già gli avevamo fatto un mezzo… torto a non farlo partecipare alla Tirreno, che arrivava davanti casa sua. Così quando gli abbiamo detto che avrebbe corso in Italia, era super contento.

Cosa ha previsto il cambio di piano?

Dopo il Catalunya abbiamo fatto una settimana di riposo completo, senza toccare la bici. E poi siamo ritornati al Teide. Sono state tre settimane scarse, perché ho preferito mandarlo alla Liegi perché facesse esperienza e perché non l’aveva mai fatta.

Un ragazzo così giovane sul Teide con Roglic: come si è trovato?

Giulio è vivace, di conseguenza è tutto più facile. Inoltre il gruppo del Giro d’Italia è ottimo, vanno tutti d’accordo. Un inserimento super naturale.

I tre angeli custodi italiani di Roglic: Aleotti, Pellizzari, Moscon. Giulio il più gioviale
I tre angeli custodi italiani di Roglic: Aleotti, Pellizzari, Moscon. Giulio il più gioviale
Hai parlato di aumento del carico, ma stiamo parlando di un corridore che era già professionista da tre anni, no?

Chiaramente non si è lavorato come con un neopro’. Abbiamo dosato i carichi, ha fatto un po’ meno volume di quelli più grandi. Poi lo abbiamo mandato a casa per 10 giorni prima del Giro d’Italia, per aiutare l’aspetto mentale. Gli ho tolto un pochettino di alta intensità e ho mantenuto la palestra anche sul Teide e prima del Giro d’Italia. Abbiamo aumentato il minutaggio di soglia, perché alzandola di un po’, vai a migliorare anche il massimo consumo d’ossigeno. Insomma, quando c’è un motore grosso, allenarlo è abbastanza semplice.

Se dovessi individuare ora un miglioramento necessario?

Dobbiamo ancora capire quanto sia forte a cronometro e a livello aerodinamico. Dobbiamo spendere del tempo su questo e lo faremo sicuramente il prossimo inverno. Deve migliorare a livello tattico, deve sprecare un po’ meno. Se sei forte tatticamente, vuol dire che sei forte anche mentalmente e questo avviene con la maturazione naturale. Stare sempre davanti e sempre al posto giusto mentalmente è molto dispendioso. Perciò non deve avere fretta di bruciare le tappe, perché ancora può crescere, non è ancora al massimo.

E’ preciso nel lavoro?

Fa tutto al 100 per cento. Mi sono seduto con lui parecchie volte per spiegargli le cose. Se capisce perché deve fare certi lavori, lui come gli altri, ti seguono al massimo. Io di solito spiego sempre le motivazioni per cui fanno determinate cose piuttosto che altre. Il nostro lavoro è quello di individualizzare il carico di lavoro. Ogni corridore è differente dall’altro e questo si capisce dai file e dai profili fisiologici. Per cui si inizia a fare il test del lattato, poi il massimo consumo oppure si calcola la capacità glicolitica e via dicendo. Facendo tutte queste cose, hai un quadro veramente generale dell’atleta ed è più facile per noi individualizzarne il lavoro.

Bene a Tirana, lontano a Pisa. La crono è il fronte su cui c’è da lavorare maggiormente
Bene a Tirana, lontano a Pisa. La crono è il fronte su cui c’è da lavorare maggiormente
Giulio è parso irresistibile a San Valentino, un po’ meno a Bormio: cosa dicevano i suoi file?

Ha fatto il Mortirolo molto bene e nel finale, con quel tipo di percorso più esplosivo e meno adatto a lui, si è difeso bene. Poi sicuramente aveva speso molto il giorno precedente, ma complessivamente bene anche nella tappa di Bormio.

E come sta recuperando?

Avere tante fibre rosse lo aiuta a recuperare velocemente. Ogni giorno mi scrive: «Incredibile, che gamba che avevo!». Ci sentiamo tutti i giorni, perché guardare solamente i numeri è limitante. Dobbiamo abbinare i numeri al feeling del corridore, come quando fai un test del lattato. Guardi la frequenza cardiaca, guardi la potenza media, riguardi la concentrazione di acido lattico, però l’altra cosa che chiedi è la percezione dello sforzo. Perché se anche la percezione dello sforzo corrisponde alla fatica metabolica, allora tutto quadra e la lettura è corretta.

Il resto è uno spiegare il ruolo del coach di riferimento con cui scambiare feedback giornalmente, che si prende cura persino degli orari dei voli da prenotare in funzione degli allenamenti. E’ una struttura complessa, individuata dal team per avere ogni aspetto sotto controllo. E’ il professionismo 3.0, necessario per correre a certi ritmi. Speriamo solo che al dunque, se si tratterà di scattare, Pellizzari attinga ai numeri dell’anima, getti via la bandana e morda l’aria come ha fatto martedì. Quel tipo di agonismo non passa nel computer, basta guardarlo negli occhi per capirlo.

Il Giro finora, fra Van Aert e Caruso, secondo TurboPaolo 

29.05.2025
5 min
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Nella scorsa edizione del Giro d’Italia TurboPaolo era parte integrante della Lidl-Trek. Un rapporto che, però, dopo la scorsa stagione si è interrotto. Ma questo non è bastato per tenere lontano l’eclettico influencer novarese – appassionatissimo di ciclismo – dalla Corsa Rosa. Lo raggiungiamo al telefono mentre è Cesano Maderno, l’arrivo di tappa di oggi.

Il villaggio d’arrivo è un parco giochi in cui ci si trova immediatamente a proprio agio
Il villaggio d’arrivo è un parco giochi in cui ci trova immediatamente a proprio agio
TurboPaolo, che ci fai a Cesano Maderno? 

In questo momento sto cercando un modo per attraversare la ferrovia, sembra che a Cesano Maderno non abbiano ancora inventato i sottopassi. Ma ce la farò. A parte questo sono qui all’arrivo di tappa per fare dei contenuti per Telethon.

Che tipo di contenuti?

Farò dei video per sensibilizzare le persone a destinare il 5×1000 a Telethon. Loro sono Charity Partner del Giro, quindi mi hanno coinvolto. Ne farò uno oggi poi un altro sabato, sulla salita del Colle delle Finestre. L’idea è di interpretare uno che con la scusa di fare la beneficenza poi in realtà va a fare una cosa che interessa a lui.

La Lidl-Trek, con Pedersen in testa, sta correndo un grande Giro nonostante l’assenza di TurboPaolo. E secondo l’influencer non è un caso
La Lidl-Trek, con Pedersen in testa, sta correndo un grande Giro nonostante l’assenza di TurboPaolo. E secondo l’influencer non è un caso
Uno scenario che non sembra troppo dissimile dalla realtà… 

Infatti no. A me vengono bene i video in cui fingo il meno possibile.

Togliamoci subito il pensiero: la Lidl-Trek ti ha messo fuori rosa e sta correndo un grande Giro. 

Proprio quest’anno che non mi hanno riconfermato fanno la stagione perfetta. Vedo un grande feeling tra i ragazzi, molto spirito di squadra. Forse è anche un po’ merito mio, perché finché c’ero anch’io c’erano troppi galli nel pollaio, la mia partenza ha sicuramente aiutato nella coesione. A parte gli scherzi, stanno facendo davvero un bellissimo Giro. Mi piace molto Pedersen perché è fortissimo ed è un bel… bisteccone, cosa che io non posso che apprezzare. E poi la sua bici è la più bella di tutto il gruppo. 

Come ti sta sembrando questo Giro d’Italia?

All’inizio devo dire che ero un po’ disorientato vedendo la start list. Ma alla fine è più godibile così, senza un dominatore unico, con tutti che attaccano sempre. Poi vedere Van Aert vincere a Siena in Piazza del Campo è stato il massimo.

La vittoria di Van Aert a Siena, il momento preferito di TurboPaolo in questo Giro (almeno finora)
La vittoria di Van Aert a Siena, il momento preferito di TurboPaolo in questo Giro (almeno finora)
TurboPaolo, sei un tifoso di Van Aert?

Un po’ come tutti, credo. Anche se la cosa che mi piace di più lui sono i suoi capelli. Sono sempre perfetti, anche dopo una tappa durissima come quella degli sterrati. Si toglie il casco e ha il ciuffo perfetto, incredibile.

Altre cose che ti hanno colpito finora?

Riflettevo sul fatto che Roglic si è rivelato il più grande troll del ciclismo moderno. Ha fatto credere a tutti di essere lo strafavorito e invece poi non è mai stato della partita. Forse l’ha fatto apposta, per attirare l’attenzione su di sé e lasciare tranquillo Pellizzari, il vero capitano della squadra. A proposito, vorrei far notare che ho già sentito accostare la parola “predestinato” a Pellizzari. Poverino.

Che dici della UAE che si è mostrata finalmente (almeno un po’) vulnerabile? 

Insomma, mica tanto. Hanno perso per strada Ayuso, ma sono comunque in maglia rosa… Se non è zuppa è pan bagnato, mi viene da dire.

Uno dei contenuti postati da TurboPaolo al Giro 2024, quando indossava la maglia della Lidl Trek
Uno dei contenuti postati da TurboPaolo al Giro 2024, quando indossava la maglia della Lidl Trek
Dove segui le tappe, sulla Rai o su Eurosport?

Rai. Il mio commentatore preferito è Stefano Rizzato che fa la cronaca dalla moto. Fosse per me gli farei condurre anche Sanremo. Poi a volte mi fa un po’ ridere il tentativo di romanticizzare a tutti i costi il ciclismo, con risultati a volte, diciamo, un po’ ridicoli. Come fossero dei soldati al fronte e non ragazzi che vanno in bicicletta. Ma, detto questo, continuo a seguirlo sulla Rai.

Hai detto che sabato andrai sul Colle delle Finestre, l’ultima grande salita di questo Giro. Che scenario ti immagini?

Campanilisticamente mi piacerebbe vedere una grande azione di Caruso che fa il numero a fine carriera. Più realisticamente sarebbe bello che Simon Yates mettesse nel sacco tutta la UAE. Lui mi sta molto simpatico, in generale mi piacciono i gemelli Yates. Pensa che bello sarebbe se prendesse la maglia rosa nello stesso posto in cui l’ha persa nel 2018, sarebbe un bellissimo riscatto, una storia cinematografica. Tu invece?

Simon Yates e Isaac Del Toro, i favoriti per la vittoria finale secondo TurboPaolo
Simon Yates e Isaac Del Toro, i favoriti per la vittoria finale secondo TurboPaolo
La mia imparzialità non mi permetterebbe di rispondere. Ma non mi dispiacerebbe una piccola grande impresa di Derek Gee. Torniamo a noi, cioè a te. TurboPaolo, chi lo vince questo Giro?

Secondo me lo vince Del Toro. Mi piace molto come corre, anche ieri per esempio, che dopo la mezza crisi di due giorni fa ha subito risposto alla grande. Ha talento e carattere, e molto potenziale comunicativo credo, anche più di Ayuso. Mi è piaciuta un’intervista di qualche giorno fa, in cui gli hanno detto che sembra non far fatica, e lui invece ha risposto che la fa eccome. Gran bravo ragazzo Del Toro, tifo per lui.

Quindi non per Simon Yates?

Tutti e due dai. Una maglia rosa condivisa a Roma, sarebbe bellissimo.

Bennet: che fatica essere velocisti nella terza settimana…

29.05.2025
4 min
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PIAZZOLA SUL BRENTA – La terza settimana è partita nel nome delle grandi salite e delle tappe di montagna, quelle che il pubblico ama e nelle quali accorre numeroso. Scatti, attacchi, crolli ed emozioni forti. Un giorno il Giro sembra prendere una direzione e ventiquattro ore dopo ti trovi a dover ricalibrare tutto. Ma se gli uomini di classifica vivono per questi giorni c’è chi nelle tappe di montagna cerca di sopravvivere: i velocisti

Le occasioni per vincere una tappa sono ancora vive. Oggi a Cesano Maderno le ruote veloci si troveranno lanciate verso uno sprint, o così dovrebbe essere. Nel ciclismo, come nello sport in generale, ci sono poche certezze. Una di queste è che quando la strada sale i corridori più pesanti soffrono. 

Sam Bennet alla partenza della sedicesima tappa dopo il terzo giorno di riposo in questo Giro
Sam Bennet alla partenza della sedicesima tappa dopo il terzo giorno di riposo in questo Giro

Il meglio alla fine

Resistere e spingere sui pedali quando la corsa è avanti minuti e accanto a te senti solamente il respiro affannato di un altro velocista concentrato nel regolare i battiti e i watt non è un lavoro semplice. Tra coloro che hanno buoni motivi per stringere i denti e andare avanti c’è sicuramente Sam Bennet. Il velocista della Decathlon AG2R La Mondiale capace di vincere tre tappe al Giro, due al Tour de France e cinque alla Vuelta. 

Una dato curioso che riguarda l’irlandese arriva proprio dalle grandi corse a tappe. Bennet è uno dei pochi velocisti che nella sua carriera è stato capace di vincere due volte nell’ultima frazione, al Giro e al Tour. 

Sam Bennet è già stato capace di vincere l’ultima tappa del Giro, era il 2018 e si arrivava a Roma
Sam Bennet è già stato capace di vincere l’ultima tappa del Giro, era il 2018 e si arrivava a Roma
La prima domanda è: come un velocista trova la motivazione per arrivare in fondo alla terza settimana?

Devo solamente suddividere la corsa in tappe, guardando giorno dopo giorno. Poi bisogna scalare le montagne e sopravvivere, è difficile ma fa parte del ciclismo. 

Qual è la parte più dura?

Le salite (dice con una risata che ci coinvolge, ndr)!

Vero, ma quale parte, quella mentale o fisica?

Al momento rispondo quella fisica. In questi giorni ho avuto un momento difficile, specialmente nella tappa di Asiago. Infatti l’ultimo giorno di riposo è arrivato al momento giusto. Ora mi sento meglio. 

Nel 2020 l’irlandese si è aggiudicato la volata più ambita del Tour: quella dei Campi Elisi
Nel 2020 l’irlandese si è aggiudicato la volata più ambita del Tour: quella dei Campi Elisi
Come gestisci mentalmente il tutto?

Ormai ho esperienza, ho affrontato tanti Grandi Giri e ho avuto momenti difficili in ognuno di essi. Una cosa che ho capito è che non è importante quanto io stia soffrendo, c’è poco da fare. Si deve rimanere concentrati e passerà. Le salite sono difficili ma fanno parte della corsa, c’è da capire se le gambe riescono a tenere il ritmo o meno

Cosa hai imparato in questi anni?

A non farsi mai prendere dal panico. Non importa dove ti trovi nel gruppo o quanto stai soffrendo o quanto sei stanco, non farti mai prendere dal panico. Perché troverai sempre un modo per uscirne.

Bennet in questo Giro sta lottando per arrivare in fondo e giocarsi le proprie chance in volata, un’occasione potrebbe arrivare già oggi
Bennet in questo Giro sta lottando per arrivare in fondo e giocarsi le proprie chance in volata, un’occasione potrebbe arrivare già oggi
Sei pronto quindi e pensi già a Roma?

In realtà spero che la tappa di oggi si concluda con una volata. Difficile a dirsi perché potrebbe arrivare una fuga. 

Come si gestisce la volata nella tappa conclusiva di un Grande Giro?

Tatticamente è difficile perché tutti vogliono vincere. Ma da un certo punto di vista l’ultimo sprint è anche il più facile perché sai che poi è finito tutto e puoi rilassarti. Anche se hai molti chilometri nelle gambe e parecchia fatica riesci sempre a tirare fuori il meglio. Il livello non è alto perché non tutti arrivano in perfetta forma alla fine. Contano le gambe ma anche la testa: basta spegnere il cervello perché la testa si arrenda mille volte prima del corpo.

Una tappa con la Cofidis: emozioni dentro la corsa

28.05.2025
6 min
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BORMIO – Una giornata trascorsa nella seconda ammiraglia del Team Cofidis a respirare la corsa e sentirne le voci. Entrare nel vivo del Giro d’Italia è qualcosa di unico e in grado di regalare un punto di vista diverso alla corsa rosa. Il ritrovo con la formazione guidata da Roberto Damiani è nel piazzale che ospita i pullman alla partenza di San Michele all’Adige. La squadra francese non ha un uomo in classifica e in una frazione complicata ed esigente come la numero diciassette di questo Giro c’è un unico obiettivo: andare in fuga

Saliamo in macchina con Gorka Gerrikagoitia, diesse della Cofidis, che ci farà da sherpa sulle montagne che dal Trentino ci portano nel cuore delle montagne lombarde: a Bormio. 155 chilometri e due passi da far tremare le gambe: Tonale e Mortirolo

Eccoci alla partenza, a sinistra Gorka Gerrikagoitia, il diesse che ci ha accompagnato in questa giornata
Eccoci alla partenza, a sinistra Gorka Gerrikagoitia, il diesse che ci ha accompagnato in questa giornata

Ore 12,25: si parte

Chiudiamo la portiera e si entra in clima gara, la seconda ammiraglia anticipa la partenza e si va a posizionare al primo rifornimento. Si trova uno spazio tra le macchine di Alpecin-Deceuninck e quella della XDS Astana, i vincitori di ieri. La gara si accende presto e l’andatura del gruppo procede a scatti ci racconta la voce di radio corsa. L’uomo designato per entrare nella fuga del mattino è Stefano Oldani e la tattica è semplice: avvantaggiarsi per poi cercare di rimanere agganciati al gruppo della maglia rosa qualora dovesse rientrare. 

La maglia rossa e gialla del milanese si intravede sempre nel piccolo schermo dell’ammiraglia. Una volta superato il traguardo volante di Cles il gruppo in avanscoperta prende forma, Oldani c’è. Tra le portiere e i sedili carichi di ruote e borracce si sente la voce di Roberto Damiani, calma e serafica. Il diesse lo guida dandogli indicazioni continue: «Stai sulle ruote – si sente dal trasmettitore gracchiante – non ti devono vedere fino in cima al Tonale».

«La strada spiana ora – riprende poco dopo – mancano tre chilometri alla vetta».

«Vai regolare del tuo passo – gli consiglia quando Fortunato allunga – c’è anche il Mortirolo dopo». Intanto la zip della maglia rossa e gialla è spalancata. «Bene sei scollinato – ancora – è il momento di mettere in bocca qualcosa».

Il gruppetto

Alle spalle di Oldani c’è la macchina guidata da Damiani, come dicevamo, mentre noi con Gorka Gerrikagoitia e il massaggiatore Michael Mainguenaud siamo dietro al gruppetto. Già dai chilometri iniziali del Tonale si capisce che la giornata alle spalle dei primi sarà lunga. Ancor prima che parta la salita vera e il gruppetto dei velocisti prende forma. Dalla sua coda è un continuo avanti e indietro tra le ammiraglie. Ci sono da riempire le tasche e le gambe. Jonathan Lastra, Nicolas Debeaumarché, Jan Maas, Sylvain Moniquet e Anthony Perez vanno e vengono. C’è chi chiede un gel, una borraccia con cinquanta grammi di carboidrati (c’è scritto sul tappo) o delle barrette. 

Tonale alle spalle e ci si lancia in discesa, di chilometri davanti ce ne sono ancora novanta ma almeno i successivi venticinque non causeranno altro mal di gambe. Debeaumarché prende la mantellina troppo tardi e non riesce a chiuderla in tempo. Si prende qualche rischio e qualche parola di rimprovero da parte del diesse basco Gerrikagoitia. 

Intanto in testa alla corsa Oldani lotta per rimanere con i migliori
Intanto in testa alla corsa Oldani lotta per rimanere con i migliori

Mortirolo e attacchi

Il gruppo di testa attacca il Mortirolo, Oldani è ancora con i primi e la voce di Damiani torna a scandire la salita. Intanto alle spalle la Polti-VisitMalta fa il ritmo. «Così danno una grande mano alla EF Easy Post – commenta Gerrikagoitia – non capisco perché tirare ancora. Ormai la fuga è andata. Oggi Carapaz lo vedo bene, secondo me attacca ancora». 

Il segnale va e viene e la piccola televisione posizionata tra noi e il diesse basco ci mostra poche immagini. Nel frattempo il gruppetto, numeroso oggi, fa girare le gambe con la speranza che la salita finisca presto. Due corridori della Intermaché rientrano, sono Van Der Hoorn e Van Hoecke, per festeggiare il recupero si battono un pugno energico in segno di intesa. Dalla macchina escono altri gel e barrette e quando Carapaz attacca a pochi metri dal GPM dietro si intravede l’arco dei meno cinquanta chilometri all’arrivo. «La giornata è ancora lunga», si commenta in macchina. 

Per cinque dei sette corridori della Cofidis rimasti in gara questa tappa si prospetta lunga e difficile
Per cinque dei sette corridori della Cofidis rimasti in gara questa tappa si prospetta lunga e difficile

Del Toro o Carapaz?

La picchiata verso Sondalo e la Valtellina fanno tirare il fiato e riordinare le idee in coda al gruppo. Davanti iniziano i fuochi d’artificio. «Steinhauser – commenta Gerrikagoitia – è un buon alleato per Carapaz. Secondo me riprendono la fuga e va a vincere». Però la presenza di Pidcock porta la Q36.5 Pro Cycling a collaborare per chiudere il gap. Lo strappo de Le Motte viene preso di petto e Bardet dalla testa della corsa allunga. Su di lui si riportano Carapaz e Del Toro: la vittoria è un gioco a tre. 

Quando la maglia rosa allunga nell’ultimo chilometro il commento del nostro compagno di viaggio è un’espressione classica tra gli spagnoli: «Que ataque brutal!». «Questo è un bel colpo per Del Toro – commenta il diesse della Cofidis – un segnale importante per il morale. Ma la sfida è aperta».

Il messicano festeggia, a noi mancano ancora quindici chilometri all’arrivo e quando pensiamo che la condanna di chi corre alle spalle è di fare fatica e avere poco tempo per recuperare inizia anche a piovere. Nel nostro passaggio sulla salita de Le Motte il gruppetto si allunga e il numero 23 Simon Guglielmi perde le ruote. Lo passiamo, lui si accoda un attimo e poi ritrova la sua ammiraglia. Prima della deviazione verso l’arrivo supera la coda delle macchine e gira a sinistra verso il traguardo. Un cenno di ringraziamento a Gerrikagoitia e le strade si dividono

E’ stata una giornata lunga, finita ben dopo i primi ma allo stesso tempo ricca di emozioni. Vivere una tappa nel vivo della corsa e insieme agli ultimi ci ha ricordato che il Giro d’Italia è di tutti e non solo delle maglie colorate e degli sguardi pieni di energie. Tutti meritano rispetto e qualche parola e questo il popolo del ciclismo che è accorso numeroso sulle strade lo sa. L’entusiasmo non è mai mancato, nemmeno 37 minuti e 28 secondi dopo il passaggio Del Toro.

Syform energy partner dell’XDS Astana Team: innovazione e performance

28.05.2025
5 min
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CASIER – Ci sono aziende che nascono da un’intuizione. Altre da un’esigenza concreta. E poi c’è Syform, che nasce da una visione: quella di coniugare scienza, natura e performance in una sintesi autentica, viva, pulsante. Un brand italiano che non si è limitato a “produrre integratori”, ma ha scelto di tracciare un nuovo percorso nel mondo della nutrizione sportiva. Un percorso fatto di ricerca, passione e coraggio.

Dal cuore pulsante del Veneto, a Casier, alle porte di Treviso, Syform continua ogni giorno a interrogarsi, a sperimentare, a perfezionare. E lo fa in un luogo che racconta molto di più di un’azienda: è un ambiente dove si respira precisione, ma anche calore umano. Dove la tecnologia incontra l’etica, e dove ogni formula è frutto di un pensiero, prima ancora che di un processo. È qui che abbiamo incontrato il Dott. Leopoldo Moretto, fondatore e anima di Syform, per capire da vicino i progetti che guardano al futuro. Un futuro che oggi si colora d’azzurro: Syform è il nuovo “nutrition partner” del team WorldTour XDS Astana fino al 2026.

Syform è partner tecnico del team XDS Astana
Syform è partner tecnico del team XDS Astana
Dott. Moretto, partiamo dalle origini. Come nasce Syform e qual è stata la sua visione iniziale?

Syform nasce nel 1992 come progetto di ricerca e formulazione di prodotti naturali per lo sport e il benessere, ma diventa operativo nel 1999. La visione iniziale era molto chiara: creare integratori di altissima qualità, basati su ricerca scientifica, ma ma anche con la volontà di sperimentare nuove frontiere, per soddisfare le esigenze reali degli atleti e delle persone comuni. Non volevo solo “aiutare a performare”, ma contribuire concretamente alla salute e alla qualità della vita.

Oggi Syform è riconosciuto come un brand di qualità nel settore dell’integrazione sportiva. Quali sono i valori fondamentali che vi guidano?

Ricerca scientifica, intuizione, sperimentazione, performance. La nostra attenzione è sempre rivolta a ricercare perfezione e qualità delle materie prime selezionate, per garantire biodisponibilità, efficacia e stabilità al prodotto finale. Per questo curiamo internamente ogni fase dell’intero processo produttivo.

Gli integratori oggi hanno un ruolo chiave soprattutto considerando che la filiera alimentare è sempre più debole e povera di alimenti di qualità. Come risponde Syform a questa esigenza?

Esatto, l’alimentazione moderna è sempre meno naturale, più raffinata, ricca di additivi e sostanze estranee al nostro organismo, spesso carente di nutrienti essenziali. Per questo, formuliamo integratori che compensano queste lacune in modo naturale ed efficace. I nostri prodotti sono altamente digeribili e solubili. Alcuni privi di glutine e di lattosio. Sono pensati per fornire un apporto equilibrato di micro e macronutrienti, permettendo al corpo di funzionare al meglio. Syform offre una gamma completa di integratori naturali particolarmente concentrati nei migliori macro e micronutrienti, in grado di garantire al corpo umano efficienza e salute.

Da quest’anno Syform è partner ufficiale del team World Tour XDS Astana per il biennio 2025/2026. Come è nata questa collaborazione?

L’accordo con XDS Astana è il risultato di una visione condivisa e dell’impegno nel fornire agli atleti i migliori supporti nutrizionali. Un ruolo chiave lo ha avuto il dottor Luca Simoni, farmacista, nutrizionista e ricercatore, da diversi anni consulente Syform e responsabile dell’integrazione alimentare della squadra, che ha avuto un ruolo chiave nell’avvio questa preziosa partnership. Lavorare spalla a spalla con atleti di livello mondiale ci permetterà di arricchire ulteriormente le nostre formulazioni e di comprendere il migliore utilizzo nel ciclismo professionistico.

Syform e i suoi prodotti sono indicati in modo particolare per gli sport di endurance
Syform e i suoi prodotti sono indicati in modo particolare per gli sport di endurance
Quali sono i prodotti scelti dal team?

Quelli a base principalmente di carboidrati in varie combinazioni per il supporto energetico, aminoacidi essenziali per favorire il recupero e ottimizzare la resistenza in gara, micronutrienti come Mitochondria, per fornire alcuni fattori nutritivi chiave, biocatalizzatori essenziali per la complessità metabolica dei ciclisti pro.

Oltre a XDS Astana, Syform è partner di altre realtà sportive importanti.

Tra le collaborazioni del passato più prestigiose figurano i team di Benetton basket e rugby, Sisley Volley, Napoli e Udinese calcio, mentre nel presente ci sono Olimpia basket Milano, Reyer Venezia, Imoco Volley, ISC per il rugby d’elite. Non sono mancate strette collaborazioni con singoli atleti tra cui Martin Castrogiovanni, Giorgio Petrosyan (MMA), Pietro Piller Cottrer e ADN swim project un team di nuotatori vincitori di medaglie olimpiche.

La linea di confezionamento interna di Syform
La linea di confezionamento interna di Syform
Quali sono i prossimi obiettivi di Syform?

In primis farci conoscere ad un pubblico più vasto, condividere la nostre esperienze con i professionisti del settore, medici, nutrizionisti e farmacisti, contribuire a portare cultura in materia di integrazione alimentare, continuare a proporre sul mercato formulazioni innovative, efficaci e sicure. A tale scopo stiamo costituendo un board scientifico di massimo livello, per dare il via entro breve, ad un progetto digitale di formazione dedicato all’integrazione alimentare per lo sport e benessere.

Gli integratori sono spesso visti come un supporto per atleti agonisti. Come si colloca Syform nel mercato del benessere generale?

La nostra missione è sempre stata creare soluzioni per tutti, non solo per chi pratica sport ad alto livello. I nostri integratori sono pensati per migliorare il benessere quotidiano, supportare la buona alimentazione e anche per la gestione di specifiche condizioni di salute. L’integrazione diventa formidabile quando risponde a un reale bisogno, colmando carenze nutrizionali.

Leopoldo Moretto, Fondatore e CEO Syform
Leopoldo Moretto, Fondatore e CEO Syform
In un settore competitivo come quello dell’integrazione sportiva, cosa distingue Syform dagli altri brand?

Syform, l’abbiamo detto, è in primis un’idea di salute, benessere, performance delle persone e degli atleti; è un pensiero, uno stile di vita prima di essere un prodotto. Syform è consapevolezza culturale profonda; questo nostro approccio ci rende diversi da molti competitor.  Questa idea si traduce quindi in una vasta gamma di prodotti avanzati e molto curati nel dettaglio, realizzati per poter essere combinati assieme e ottenere protocolli di integrazione altamente efficaci e ben tollerati dal consumatore. 

Qual è la sua visione per il futuro di Syform?

In quest’ottica, continuare a rinforzare le nostre idee e valori, aumentare le sfide e collaborazioni di successo, attraverso cui stimolare costantemente il desiderio di superarci e la ricerca verso soluzioni sempre più efficaci e vincenti. Un grande obiettivo è anche quello di poter farci conoscere e apprezzare oltre i confini nazionali.

Syform