Dopo colazione, due parole con Carapaz ancora assonnato

06.08.2022
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Il Tour de Pologne è la corsa dalla quale riprende la stagione di Richard Carapaz, dopo la delusione della maglia rosa persa alla penultima tappa del Giro d’Italia. Approfittiamo dell’hotel in comune e la mattinata tranquilla che precede l’ultima frazione, la settima, e chiediamo al suo diesse Tosatto di parlare con lui. Il campione olimpico accetta.

Carapaz scende dal camion cucina della Ineos Grenadiers alle 10,15. La sua faccia è ancora un po’ assonnata. La colazione è terminata e ha già lo zaino in spalla: tra poco si parte per Skawina.

Richard ha concluso la prova contro il tempo di giovedì scorso al 32° posto, a più di un minuto dal vincitore Arensman
Richard ha concluso la crono al 32° posto, a più di un minuto dal vincitore Arensman
E’ la prima corsa dopo tanti mesi, come ti senti?

La verità è che mi sento bene, dopo un po’ di riposo e di allenamenti sono venuto qui al Tour de Pologne per ritrovare le sensazioni della corsa. Ovviamente non posso essere al meglio, ma non mi posso lamentare.

Una buona corsa per prepararsi alla Vuelta…

Sì, sono tante tappe e molti chilometri. Non ci sono parecchie salite, ma alla fine devo riprendere il ritmo di corsa. E questo è quel che conta. Nell’unica tappa con arrivo in salita ho sofferto un po’ l’accelerazione di Higuita, ma sono riuscito a rimanere attaccato ai migliori.

Carapaz a colloquio con Lang, organizzatore dell’evento, prima della partenza della seconda tappa
Carapaz a colloquio con Lang, organizzatore dell’evento, prima della partenza della seconda tappa
Sei stato fermo per un po’ di tempo, che hai fatto?

Esattamente, sono stato a casa in Ecuador, non ho fatto competizioni. Me ne sono stato tranquillo in casa con la mia famiglia e dopo qualche giorno ho ripreso ad allenarmi.

Come ti sei preparato?

Dopo il Giro d’Italia mi sono allenato in altura a casa mia restando sempre sopra i 3.000 metri e sfruttando il tempo per recuperare mentalmente.

La Pinarello Dogma F dorata di Carapaz che celebra la vittoria olimpica di Tokyo
La Pinarello Dogma F dorata di Carapaz che celebra la vittoria olimpica di Tokyo
Quanto è importante tornare a casa per te?

Molto, soprattutto per l’altura, quello che è importante per me alle fine, dal punto di vista atletico è questo. Io sono un corridore che rende bene a certe altitudini e tornare ad allenarmi a queste quote mi serve per non perdere la qualità. Quando riesco a farlo mi sento molto meglio. Poi quando rientro alle corse ottengo sempre buoni risultati.

Sei riuscito anche a goderti la famiglia?

Dopo il Giro sì, ora penso di ritornarci dopo la Vuelta. Però alla fine siamo sempre in movimento, una volta vado io un’altra vengono loro qui.

Come hai vissuto la delusione del Giro?

Certamente perdere la maglia il penultimo giorno non è stata una bella sensazione. Però alla fine dopo qualche giorno guardo il bicchiere mezzo pieno. E’ stata una buona prestazione alla fine, sia per me che per la squadra. Si può dire che è stato un bel risultato anche per il mio Paese, soprattutto ed anche per me è stato un lavoro importantissimo.

Carapaz durante la presentazione dei team è stato fermato da tanti tifosi e dalla stampa locale
Carapaz durante la presentazione dei team è stato fermato da tanti tifosi e dalla stampa locale
Come detto prima tra pochi giorni arriva la Vuelta…

Sono molto motivato, è il primo anno che faccio la combinazione Giro e Vuelta. Sarà una corsa molto dura, ma questo mi dà ancora più carica. Abbiamo una grande possibilità di ottenere un podio e vogliamo coglierla.

Quanto è difficile preparare due Grandi Giri insieme?

In realtà non tantissimo, alla fine io devo concentrarmi sulle corse a tappe, quindi si deve costruire un calendario con metodo fin dall’inizio della stagione, così da avere i giusti giorni di corsa e di riposo proprio in funzione di quelle corse (Carapaz fino ad ora ha disputato 51 giorni di corsa, di cui 42 nella sola prima metà di stagione, Giro compreso, ndr). La verità è che negli ultimi anni riuscire a preparare Tour e Vuelta non è stato semplice perché la corsa francese è sempre molto serrata e recuperare tra l’una e l’altra non è facile.

Non hanno vinto, ma con nella crono gli Ineos si sono confermati in testa alla classifica a squadre
Non hanno vinto, ma con nella crono gli Ineos si sono confermati in testa alla classifica a squadre
Cosa pensi del percorso?

Sarà una corsa abbastanza dura, si parte in Olanda con tre tappe che saranno molto stressanti. Ci sarà molto vento probabilmente. E saranno frazioni importanti anche per la classifica generale, come quelle del Nord della Spagna: saranno dure. Nella parte finale della Vuelta farà anche molto caldo e questo è un fattore che va calcolato.

E il futuro?

Per il momento non vogliamo annunciare nulla, più avanti diremo tutto in un evento pubblico e lì faremo l’annuncio rispetto a cosa succederà la prossima stagione.

Chiaramente Carapaz non può dire nulla, ma è praticamente certo che dal prossimo anno vestirà la maglia della EF Education EasyPost. Finito di parlare con Richard ci mettiamo in macchina e ci lasciamo alle spalle i prati verdi e le colline di Bukowina, la strada davanti a noi sembra una lingua che si srotola dalle montagne verso la città. Davanti a noi il bus della Ineos che, probabilmente, ancora per poco porterà con sé il campione ecuadoriano.

Arensman di forza. E adesso non è più il delfino di Bardet

04.08.2022
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Thymen Arensman è alto e magro, viso pallido e gote rosse, battuta pronta e sorriso che invoglia a parlarci assieme. La sesta tappa del Tour de Pologne è una cronometro di poco meno di 12 chilometri che dal paesino di Gronkov porta alla stazione sciistica di Rusinski.

Su queste estese colline ricoperte da verdi prati l’occhio si perde verso l’orizzonte, dove si trovano le vette più alte. Inizia a fare caldo in Polonia, dopo sei giorni di nuvole e temperature al di sotto dei 20 gradi, finalmente, esce il sole

La prima da pro’

I giovani olandesi vanno forte, sono venuti qui in Polonia e stanno facendo vedere grandi cose. Prima la volata di potenza e classe di Olav Kooij, poi la cronometro di Arensman, in forza al Team DSM. Una prova di forza da parte di un ragazzo che è nato nel 1999 e che promette un gran bene. Che la cronometro potesse essere il momento decisivo lo si sapeva. E nessuno si è mai nascosto dal dirlo.

«E’ la prima vittoria da professionista e ne sono estremamente felice – i suoi occhi non mentono, dice Arensman – è il primo passo di una carriera che è iniziata da davvero poco tempo. E’ veramente un giorno speciale, la prima vittoria da professionista coincide con la prima nel WorldTour.

«Questa sera avrò qualcosa da festeggiare con i miei compagni, considerando che sono salito anche in seconda posizione nella classifica generale».

Incontro ravvicinato

Mentre ci spostiamo velocemente dal traguardo alla mix zone, notiamo una bici nera che brilla sotto il sole di Rusinski. E’ il mezzo, la Scott Plasma con il quale il giovane olandese ha appena vinto la crono a 40,075 di media oraria, ma con 337 metri di dislivello! Così chiediamo di visionarla ed il meccanico accetta volentieri e ci spiega anche qualche dettaglio. 

«Thymen – ci dice – ha scelto di montare il 56 davanti, la strada era sì in salita ma nella prima parte, ed in alcune sezioni, bisognava fare tanta velocità. Poi lui ha le leve lunghe e quindi ha più facilità nello spingere un rapporto del genere. Al posteriore siamo andati sul classico 30, non servivano altri rapporti (era un percorso da “rapportone” diremmo noi, ndr)».

Terzo nella classifica generale al al Tour of the Alps e miglior giovane, l’olandese corre forte e il futuro lo attende
Terzo nella classifica generale al al Tour of the Alps e miglior giovane, l’olandese corre forte e il futuro lo attende

Crono che passione

Thymen Arensman lo abbiamo visto correre bene, soprattutto in Italia: due secondi posti al Giro d’Italia, il terzo posto nella classifica generale della Tirreno-Adriatico ed il secondo al Tour of The Alps. Una grande passione anche per le cronometro: nelle quattro disputate quest’anno non è mai uscito dalla top ten.

«Le cronometro – dice l’olandese- mi piacciono e le curo bene, per essere un corridore completo da Grandi Giri serve andare forte anche lì. Generalmente percorsi brevi come questo, o quello di Budapest al Giro, non mi piacciono molto. Preferisco avere “minutaggi” più lunghi, anche se oggi ci ho messo 18 minuti, quindi direi che va bene».

La squadra lo ha affiancato a Bardet. Al Tour of the Alps, i due si sono aiutati moltissimo. Soprattutto, Thymen aveva aiutato Romain, il vecchio, il capitano. Ricoprire certi ruoli è importante per crescere e formarsi. Questa vicinanza, che si stava ripetendo anche al Giro lo aveva etichettato come il “delfino di Bardet”: sarà ancora così dopo questo Tour de Pologne?

Una lunga giornata per Arensman che viene via da Rusinski solamente al calar del sole
Una lunga giornata per Arensman che viene via da Rusinski solamente al calar del sole

Verso Cracovia

Arensman ha 23 anni e quest’anno ha corso la sua terza grande corsa a tappe: il Giro, supportando, fino a quando è rimasto della partita, Romain Bardet. Il suo debutto lo ha fatto alla Vuelta, nel 2020, quando è stato prelevato dalla Seg Racing Academy (dove ha corso per 6 mesi con Marco Frigo) e “trasportato” alla Sunweb, poi l’anno successivo diventata DSM. 

«Alla Vuelta sono andato bene già dalla prima esperienza – spiega Arensman – ho ottenuto un terzo posto a Sabinanigo ed un sesto a Ourense. Nel 2021 sono tornato alla Vuelta, facendo prima qualche corsa a tappe sempre in Spagna (Volta a Catalunya e Vuelta a Burgos, ndr).

«Le grandi corse a tappe sono tutte difficili e impegnative, ho fatto prima più gare in Spagna per imparare. Ho un buon recupero tra una tappa e l’altra e la resistenza nell’arco delle tre settimane mi soddisfa, vedremo cosa potrò fare, per ora sono contento così».

Thymen si ferma a parlare con altri colleghi della stampa locale, lo ringraziamo e torniamo a scrivere. Oggi ha vinto un altro olandese, mentre Ethan Hayter si prende la maglia di leader. Domani si arriva a Cracovia, e si chiuderà il 79° Tour de Pologne, probabilmente con una volata di gruppo e pochi sconvolgimenti nella classifica generale. Ma mai dire mai nel ciclismo di oggi.

EDITORIALE / Giro-Tour, due mondi ancora lontanissimi

01.08.2022
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Secondo Elisa Longo Borghini che l’ha concluso al sesto posto, il Tour de France Femmes è stato la corsa meglio organizzata cui abbia partecipato. Per Niewiadoma, terza, si è trattato della corsa più dura, malgrado mancassero clamorosi tapponi di montagna. Per Annemiek Van Vleuten che l’ha vinto, è stato sbalorditivo rendersi conto di quanto pubblico sulle strade abbia seguito la corsa.

Si potrebbe banalizzare e tagliar corto, dicendo che dal Tour non puoi aspettarti niente di diverso. Tuttavia proprio l’intervista di Marianne Vos pubblicata ieri fa capire in che modo il Tour de France affronti le nuove sfide e come tanta bellezza sia frutto di programmazione, studio ed esperienza.

Per Longo Borghini, il Tour Femmes è la corsa meglio organizzata cui abbia partecipato
Per Longo Borghini, il Tour Femmes è la corsa meglio organizzata cui abbia partecipato

Nove anni di studio

Sono serviti nove anni, durante i quali sono stati ascoltati team, atleti, enti locali, la Federazione francese e quella internazionale e varie altre forze in campo. Poi il progetto è partito, con la guida della corsa affidata a Marion Rousse (in apertura con il capo del Tour Christian Prudhomme), ex atleta e opinionista tivù.

Avere alle spalle la logistica della gara degli uomini ovviamente aiuta, così come aiuta aver trovato un grande sponsor come Zwift, ma sarebbe riduttivo pensare che attaccando otto giorni di corsa al Giro d’Italia dei professionisti si avrebbe un risultato identico. Certo la logistica e le strutture sarebbero superiori a quelle che capita di incontrare al Giro d’Italia Donne, ma il richiamo di pubblico, il racconto e il supporto per la corsa non potrebbero essere all’altezza di chi ha iniziato a ragionarci da così tanto tempo.

Per quanto evento di un solo giorno, la precedente La Course by Le Tour veniva sostenuta, annunciata e proposta al pari di una grande classica WorldTour maschile, con adeguata copertura televisiva e sinergie pazzesche fra l’organizzatore ASO, la televisione francese e l’Equipe che traina il mondo del ciclismo francese con uno spiegamento di forze a volte impressionante.

Sfruttare la stessa logistica degli uomini ha fatto la differenza
Sfruttare la stessa logistica degli uomini ha fatto la differenza

Grandeur Equipe

Quando nei giorni del Tour Davide Cassani ha fatto su Facebook l’elenco dei motivi per cui seguire un Tour sia così diverso dal seguire un Giro, ha incluso nel discorso anche la decina di pagine che il quotidiano sportivo francese dedicava alla gara. Osservare ogni giorno gli inviati de L’Equipe dava l’esatta dimensione dello spiegamento, dell’investimento e di quale sia l’importanza dell’evento Tour per i media francesi. Allo stesso modo in cui rendersi conto che la Gazzetta dello Sport abbia seguito il Giro d’Italia con un solo inviato, per (si dice) una serie di tensioni interne fra RCS Sport e la Gazzetta dello Sport, offre la chiara percezione di quanto neppure la corsa di casa riesca a fare breccia nel giornale che un tempo la organizzava.

Il Giro Donne ha grandi potenzialità: grazie a chi lo tiene in vita, ma merita uno step in più
E’ evidente che il Giro Donne abbia grandi potenzialità: grazie a chi lo tiene in vita, ma merita uno step in più

Il Giro Donne

Sarà vero che il Giro d’Italia voglia subentrare dall’oggi al domani nella gestione del Giro Donne? Alcuni uomini dell’organizzazione sono stati presenti in corsa, ma ci sarebbero dietro il ragionamento, l’investimento e l’amore per l’evento che permetterebbe di renderlo davvero speciale? Oppure si tratterebbe di uno scatto per rincorrere il Tour senza la certezza di tenerne le ruote sino al traguardo?

Che la corsa italiana abbia diritto a qualcosa di migliore è stato lampante agli occhi degli inviati che hanno seguito e raccontato la vittoria di Annemiek Van Vleuten, anche se curiosamente anche in questo caso è parsa più qualificata la presenza dei media stranieri rispetto agli italiani. I grandi giornali hanno infatti ritenuto di non seguirla affatto e questo chiaramente diventa un freno al suo sviluppo. Non si discute la buona volontà di chi anche quest’anno ha messo in strada il Giro Donne, ma il livello tecnico a fronte di una corsa WorldTour che adesso non è più sola e deve necessariamente confrontarsi con la nuova arrivata francese.

Van Vleuten stupita per la quantità di pubblico sulle strade francesi
Van Vleuten stupita per la quantità di pubblico sulle strade francesi

La grande storia

Sia chiaro: neppure i francesi organizzano gare per passione e basta e neanche loro sono infallibili. La struttura del Tour produce utili che vengono certamente divisi, ma anche reinvestiti in nuovi eventi. Eppure quando sei là capisci che alla base c’è una spinta culturale importante. Il Presidente della Repubblica in carovana. L’accoglienza nelle sedi di tappa. La ricercatezza dei dettagli che rendono il viaggio bello quanto l’approdo. Il questionario una settimana dopo per chiederti come ti sei trovato e che cosa cambieresti. Tutto questo, unito al senso tutto francese di dover mantenere grande un evento che appartiene alla storia, richiama sulle strade fiumi di persone. A fronte di un Giro d’Italia che quanto a storia e percorsi non ha nulla da invidiare a nessuno, ma in certi momenti appare senz’anima e la gente fa sempre più fatica a distinguere fra il bello che racconta e il fastidio che genera.

Covili riparte dalla Repubblica Ceca, sognando la Francia

30.07.2022
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Zitto zitto, Luca Covili si sta facendo una gran reputazione. In un ciclismo come quello italiano che soffre enormemente la mancanza di validi corridori per gare a tappe, il portacolori della Bardiani Csf Faizané si è ritagliato un ruolo importante. Al Giro d’Italia, chiuso al 24° posto è stato il quarto italiano, dietro Nibali, Pozzovivo e Fortunato. Subito dopo ha disputato l’Adriatica Ionica Race, ancora quarto ma questa volta in assoluto e bisogna considerare che il corridore di Pavullo nel Frignano ha solo 25 anni.

Dopo l’Adriatica Ionica Race, Covili ha staccato la spina un po’ obtorto collo: «Avrei tirato avanti ancora un po’, almeno fino al campionato italiano, ma sono stato male e quindi mi sono fermato in anticipo rispetto a quanto volevo».

Covili Adriatica 2022
Covili è stato protagonista all’Adriatica Ionica Race, 4° correndo in appoggio a Zana
Covili Adriatica 2022
Covili è stato protagonista all’Adriatica Ionica Race, 4° correndo in appoggio a Zana
Per quanto tempo sei stato fermo?

Diciamo tre settimane, ma non sono mai state giornate senza bici. Facevo sempre un’uscita molto easy, da una a 3 ore, solo per tenermi in movimento, senza alcun lavoro specifico. Successivamente ho cominciato a lavorare sul serio.

Che cosa hai fatto?

Ho innanzitutto affiancato alle uscite in bici la palestra un paio di volte alla settimana, con esercizi di forza esplosiva e massimale, poi ho fatto un po’ di lavori di forza sulla bici, questo nelle prime due settimane. Nelle due successive ho effettuato lavori di qualità, VO2 max e dietro motori alternando salita e pianura.

Covili grinta
Il 25enne di Pavullo mette sempre una grande grinta in corsa. Prezioso per i compagni, sa curare la classifica
Covili grinta
Il 25enne di Pavullo mette sempre una grande grinta in corsa. Prezioso per i compagni, sa curare la classifica
Quando tornerai in gara?

Si ricomincia il 4 agosto con il Sazka Tour in Repubblica Ceka, gara di 4 tappe che conosco bene, lo scorso anno fui 6° correndo per Zana che portò a casa la vittoria in classifica generale. E’ una corsa che mi si addice, spero di avere già una gamba abbastanza buona per poter dire la mia in classifica generale.

E’ evidente ormai la tua propensione per le gare a tappe, sei uno dei pochi italiani che riesce a essere puntuale nei quartieri alti delle classifiche…

Ho sempre avuto grandi doti di recupero. Nelle corse a tappe così brevi, nel secondo e terzo giorno rispondo sempre meglio. Anche al Giro d’Italia sono andato in crescendo con la punta del 6° posto a Cogne nella tappa numero 15. Tra l’altro riesco a “digerire” bene anche le giornate di riposo che creano sempre problemi a molti corridori e non faccio molto, ma quando si riparte mi sento come nuovo.

Covili Cogne
L’evidente soddisfazione dell’emiliano al traguardo di Cogne, finendo 6° a 5’08” da Ciccone
Covili Cogne
L’evidente soddisfazione dell’emiliano al traguardo di Cogne, finendo 6° a 5’08” da Ciccone
Si è parlato molto, dopo il Giro, della difficoltà nel ciclismo italiano di trovare interpreti per le corse a tappe. Tu come giudichi la tua prestazione in prospettiva futura?

Credo di essere andato bene, oltre che quarto italiano sono anche stato 5° nella classifica dei giovani. E’ chiaro, non sono risultati da far accapponare la pelle, ma hanno un loro significato. In tre tappe sono riuscito a entrare nelle fughe e in altre ci ho provato, ma si sa che al Giro riuscire a centrare la fuga non è molto semplice. A Cogne stavo davvero bene, forse si poteva fare anche qualcosa in più.

A questo punto però non hai la sensazione di poter ambire a squadre più grandi?

Io con loro ho ancora un anno di contratto e mi trovo molto bene. Non posso negare che mi piacerebbe fare uno step in avanti, trovare un ingaggio in una squadra WorldTour per riuscire finalmente a coronare il mio sogno che è correre il Tour de France. Con Carera ne abbiamo già parlato, anche lui pensa che potrei trovare mercato in qualche grosso team, ma se ne parlerà fra un anno. Qui intanto posso crescere ancora e l’ambiente è quello giusto per farlo considerando anche il calendario che disputiamo, neanche poi tanto dissimile da quello di una WorldTour.

Covili Reverberi 2022
Covili insieme a Roberto Reverberi: il contratto con la Bardiani si prolunga nel 2023
Covili Reverberi 2022
Covili insieme a Roberto Reverberi: il contratto con la Bardiani si prolunga nel 2023
Che cosa ti aspetti da ora fino alla fine della stagione?

Vorrei fare altri passi in avanti, continuare su questo trend di corridore affidabile per le gare a tappe. La prova del Sazka Tour è molto importante per me. Sono tutte tappe con 3.000 metri di dislivello, con un paio di arrivi in salita, se la gamba risponde potrei anche puntare a un successo parziale che significherebbe dare un nuovo senso a tutta la stagione visto che aspetto ancora il mio primo centro da pro’. Se poi mi trovassi a lottare per la classifica non mi tirerei indietro, basta che non si dica che è una gara minore: ci sono almeno 3-4 squadre WorldTour e molte altre presenti col team Development. Sarà battaglia…

Dalla Florida si risente Caucchioli: il ciclismo visto dagli Usa

27.07.2022
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La voce di Pietro Caucchioli è squillante come se fosse dietro casa, invece arriva da Tampa, città tra le più importanti della Florida resa famosa soprattutto dalle imprese dei Buccaneers, due volte vincitori del Super Bowl di football americano.

Quarantasei anni, la sua storia di corridore professionista con due vittorie in oltre 10 anni (due tappe al Giro d’Italia) ma con una particolare propensione per i grandi Giri, vedi il terzo posto al Giro del 2002 e altre due top 10 oltre a un 11° posto al Tour 2004, si era chiusa in maniera repentina e poco felice, con una squalifica per due anni per doping.

Quella vicenda, che ha lasciato segni indelebili nel suo animo fra la coscienza di errori commessi ma anche la constatazione di come quello fosse un mondo che non perdonava nulla e che anzi si accaniva contro facili vittime senza affrontare seriamente il problema, ha forse avuto influenza anche sulle sue scelte successive.

Scelte davvero coraggiose: «Chiusa la carriera, avevo iniziato a lavorare per il gruppo di Federico Zecchetto alla Alé, giravo il mondo, soprattutto nella penisola araba ben prima che questa diventasse come ora un centro nevralgico del ciclismo mondiale. Un giorno Federico mi disse che c’era l’opportunità di lavorare in America, di occuparmi della distribuzione del marchio oltre Atlantico. Avrei potuto fare la spola con l’Italia, ma sarebbe stato più difficile gestire tutto il lavoro.

Caucchioli famiglia
Pietro con la sua famiglia: il figlio Tommaso, lui, la moglie Eva e la figlia Giulia
Caucchioli famiglia
Pietro con la sua famiglia: il figlio Tommaso, lui, la moglie Eva e la figlia Giulia

Una scelta di vita

«Mi confrontai con mia moglie – racconta Caucchioli – era una decisione importante. Le dissi che la vita è un libro che ci proponeva in quel momento un capitolo diverso, completamente diverso, un’avventura nuova da vivere insieme. Lei mi ha dimostrato una grandissima fiducia, perché si trattava di cambiare completamente la nostra vita così decidemmo di vivere quest’avventura al 100 per cento, trasferirci tutti insieme».

Spostarsi in America non è cosa semplice, soprattutto se lo fai con tutta la famiglia: «Un conto è da giovane, fai un investimento su te stesso, ma quando hai la responsabilità e il peso di un nucleo familiare è un altro conto. E’ dura, non è che solo perché hai residenza e lavoro il visto ti arriva, ci sono tanti passaggi da effettuare, tanti controlli».

«I primi 18 mesi sono stati davvero pesanti, poi pian piano ci siamo abituati. Io giro tutta l’America e quindi non abbiamo tanto tempo da passare in famiglia: quando ci siamo trasferiti nel 2014 i nostri figli avevano 9 e 7 anni. Ora mia figlia è in procinto di andare al college, mio figlio ha la passione per il tennis e già gli ho detto che se davvero vuol percorrere questa strada dovrà presto tornare in Europa, perché è lì che si può emergere».

Caucchioli Giro 2002
Il podio del Giro 2002 vinto da Paolo Savoldelli con Caucchioli terzo dietro l’americano Hamilton
Caucchioli Giro 2002
Il podio del Giro 2002 vinto da Paolo Savoldelli con Caucchioli terzo dietro l’americano Hamilton

Nel ciclismo americano…

Caucchioli non ha certo dimenticato la sua passione ciclistica. Il lavoro lo coinvolge sempre in quell’ambito, la realtà nella quale vive è molto diversa da come la vediamo noi dall’altra parte dell’oceano.

«Qui – dice Pietro – la concezione ciclistica è molto diversa. Il ciclismo negli Usa è vivo più che mai, solo che ha connotati diversi, più disincantati e consoni al modo di pensare americano, all’insegna della libertà, quindi l’agonismo è spesso visto come una recinzione. Tantissimi vanno in bici per passione e cicloturismo, molti meno per agonismo.

«C’è però un altro aspetto che ho notato: qui non ci sono limiti di età, se vuoi provare a diventare ciclista per professione puoi farlo a qualsiasi età, un caso come quello di Evenepoel piovuto nel ciclismo quasi dal cielo qui sarebbe visto con normalità. Da noi se non hai esperienza fra le categorie giovanili neanche ti guardano…».

«Qual è il reale stato di salute del ciclismo americano? Molto migliore di quanto si pensi. Avete notato che i principali aiutanti di Vingegaard e Pogacar al Tour erano americani? Kuss e McNulty hanno avuto un peso notevole nella loro sfida. I corridori validi ci sono e non sono neanche pochi, resta però il fatto che il ciclismo di vertice è qualcosa di prettamente europeo e qui è visto da lontano, almeno ora…».

Caucchioli 2001
Due vittorie per Caucchioli nel Giro 2001, a Reggio Emilia e Sanremo, finendo 9° in classifica
Caucchioli 2001
Due vittorie per Caucchioli nel Giro 2001, a Reggio Emilia e Sanremo, finendo 9° in classifica

Armstrong e gli Usa

Già, perché Caucchioli ha vissuto direttamente tutta la parabola di Lance Armstrong, dopo il quale il ciclismo in America non è stato più lo stesso. Al di là dei giudizi morali sul suo operato, trasferendosi negli Usa Pietro ha compreso maggiormente che cosa ha significato Armstrong nell’immaginario collettivo a stelle e strisce.

«Dall’Italia – spiega Caucchioli – non ci si poteva rendere conto di quel che rappresentava: Armstrong era uno che parlava direttamente col presidente americano, che smuoveva le folle. Mai visto creare dal nulla una Granfondo con incasso da devolvere alla ricerca sul cancro e raggiungere subito oltre 10 mila iscritti.

«Con lui la Trek è passata da 100 milioni di introiti a un miliardo – riprende Caucchioli – i corridori di adesso non smuovono neanche una parte di tali interessi economici. Armstrong era un personaggio assoluto, superiore anche alle stelle del basket e del football americano, era talmente popolare che non poteva fare altro che esporsi, raccontare la verità, confessare, pagare per tutto quel che aveva fatto. E liberarsi di un peso troppo grande per qualsiasi uomo».

Caucchioli Tour
Anche in Francia, al Tour Caucchioli si è ben distinto, con l’11° posto nel 2004 e il 12° nel 2006
Caucchioli Tour
Anche in Francia, al Tour Caucchioli si è ben distinto, con l’11° posto nel 2004 e il 12° nel 2006

Il tifo da lontano

Il ciclismo resta per il veneto un grande amore, visto ormai da lontano: «Cerco di seguire, compatibilmente con il lavoro grazie anche allo smartphone, tante volte mi collego e ascolto le cronache. E’ un ciclismo diverso da quello dei miei tempi, molto più universale: allora la Gran Bretagna non aveva l’impatto che ha ora, Paesi come Slovenia, Australia, Canada erano ai margini, figurarsi gli africani…

«Emergere ora è molto più difficile. Vedo le difficoltà del ciclismo italiano, io dico che i giovani ci sono ma va anche detto che il ciclismo non ha più l’appeal che aveva ai miei tempi, quando fuori dalla nazionale rimaneva gente che vinceva classiche e corse a tappe…».

Il tempo per chiacchierare è finito, Caucchioli si rimette in viaggio per attraversare un altro pezzo di quell’immenso Paese, fatto di spazi enormi, strapopolato eppure spesso portatore di solitudine. Magari, ora che il covid non segrega più nelle case, potrebbe anche tornare in Italia, nella sua Bovolone: «Chissà, magari a Natale, perché casa è sempre casa…».

Gavazzi, quasi 38 e nessuna voglia di smettere

26.07.2022
5 min
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A quasi 38 anni Francesco Gavazzi è uno dei “grandi vecchi” del ciclismo nostrano. Nell’ambiente circolano voci che lo vorrebbero pronto ad appendere la bici al chiodo, ma ce lo vedete il valtellinese chiudere la sua carriera così, quasi di soppiatto? Soprattutto ora che ha trovato un ruolo che lo diverte e gli ha restituito la passione? Già, il segreto è tutto lì e Gavazzi non ha alcuna intenzione di mollare.

Approdato alla Eolo Kometa nella scorsa stagione, il lombardo che compirà 38 anni il 1° agosto vuole proseguire un altro anno almeno, continuando in quel ruolo di “chioccia” per i più giovani che ha caratterizzato la prima parte di stagione.

«Io nel complesso – dice – sono soddisfatto di come sono andate le cose. Finora ho corso tanto, ben 59 giorni, ma mi sono trovato subito bene nel team e soprattutto ho trovato nel ruolo di regista in corsa la mia giusta collocazione, che mi ha dato una forte spinta a continuare».

Gavazzi Eolo 2022
Il lombardo attorniato dai compagni: il suo ruolo di regista in corsa è tangibile
Gavazzi Eolo 2022
Il lombardo attorniato dai compagni: il suo ruolo di regista in corsa è tangibile
Ti pesa il fatto di essere entrato nei primi 10 solo in una tappa al Giro di Turchia?

Non particolarmente, anche se certamente avrei voluto qualcosa di più dal Giro d’Italia. Mi sarebbe servita una condizione più brillante di quella che effettivamente avevo. Non sempre si ha quel che si vuole, io comunque ho anche provato a entrare in qualche fuga ma senza fortuna, d’altronde non è stato un Giro nel quale c’erano molte occasioni per centrare la fuga giusta, serviva anche tanta fortuna. Il mio ruolo principale era comunque sostenere Albanese e Fortunato, i nostri uomini di punta.

Parliamo allora dei tuoi compagni iniziando da Albanese…

E’ andato davvero forte in questa prima parte di stagione, anche all’italiano è mancato pochissimo che centrasse la fuga e poi se la sarebbe giocata per il titolo. L’unico problema di Vincenzo è che gli manca la vittoria che lo sbloccherebbe anche mentalmente. E’ giovane, ancora molto giovane anche se ormai ha messo da parte qualche anno di esperienze, io dico che uno così veloce come lui che tiene bene anche in salita non può non vincere.

Albanese terzo a Jesi alle spalle di Girmay e Van der Poel, eccolo dietro in pieno sprint
Albanese terzo a Jesi alle spalle di Girmay e Van der Poel, eccolo dietro in pieno sprint
Pensi sia solo questione di testa?

Più che altro di fortuna. In Slovenia ad esempio, è sempre stato nei primi 10, ma lì Pogacar faceva il bello e il cattivo tempo. Alla Vuelta Asturias è andato fortissimo nell’ultima tappa, peccato che Simon Yates avesse centrato la fuga. Serve solo l’occasione giusta, ma io dico che è questione di tempo se mantiene una forma simile. Basta una vittoria, poi sarà un altro corridore…

Veniamo a Fortunato, tutti lo attendevano al varco al Giro…

Io ho vissuto la sua avventura passo dopo passo e posso dire che non è andato male. Bisogna guardare l’andamento del suo Giro togliendosi dalla mente quel che aveva fatto lo scorso anno. Stavolta correva per la classifica e aveva gli occhi degli avversari puntati addosso e meno spazio a disposizione, eppure è stato comunque protagonista. Lorenzo è giovane, sta maturando e acquisendo consapevolezza del suo valore e delle sue possibilità. Ad Aprica era andato veramente forte, ma non era la giornata ideale per cogliere l’obiettivo. Diamogli tempo.

Per Gavazzi il Giro di Fortunato non è stato poi negativo: deve prendere confidenza con il nuovo ruolo
Per Gavazzi il Giro di Fortunato non è stato poi negativo: deve prendere confidenza con il nuovo ruolo
Proprio il tempo è un argomento centrale nel ciclismo attuale, oggi tutti cercano il talento precoce. Tu, in base alla tua esperienza, pensi sia giusto o sbagliato?

Non c’è una risposta netta. Io penso a 10 anni fa e ai corridori che passavano allora. Quelli di oggi, anche i ragazzi che arrivano direttamente dagli juniores sono più strutturati e pronti, di un livello più alto, anche più evoluti dei coetanei di allora. Il problema vero è a livello mentale, perché il mondo dei professionisti è tutt’altra cosa. Farli passare presto può anche andar bene, ma poi vanno saputi gestire, per non stressarli troppo e dargli il tempo di imparare.

Che cosa farà Gavazzi ora?

Continuerà ad allenarsi per farsi trovare pronto per fine agosto, quando avremo in programma una trasferta in Slovacchia e poi tutte le corse del calendario italiano. Io vorrei continuare anche perché il progetto della squadra mi piace e mi coinvolge. Il fisico e la testa ci sono, almeno un altro anno posso tirare avanti per aiutare il team dal di dentro.

Gavazzi giro 2022
Gavazzi ha provato qualche fuga nelle fasi iniziali delle tappe del Giro, ma senza troppa fortuna
Gavazzi giro 2022
Gavazzi ha provato qualche fuga nelle fasi iniziali delle tappe del Giro, ma senza troppa fortuna
Come giudichi nel complesso questa stagione del team?

Forse sono mancate un po’ di vittorie, ma la crescita è evidente e il progetto, come ampiamente sottolineato da Basso e Contador, non va visto relativamente al singolo anno, ma in prospettiva. E’ chiaro che un successo cambia il modo di vedere le cose, ma tutto sta funzionando e soprattutto la struttura è davvero solida, un esempio.

Proviamo ad andare in là con la mente: che cosa vorresti allora dai prossimi mesi, tra la fine del 2022 e la prossima stagione?

Non ho grosse aspettative, voglio far bene con il team e aiutare gli altri perché ogni vittoria di squadra sarà anche la mia vittoria. Certo, poi se riuscissi a centrare un successo di tappa al Giro d’Italia 2023 sarebbe davvero la ciliegina sulla torta…

Rota e Petilli: il ritiro, gli obiettivi e due parole fra amici

17.07.2022
5 min
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Simone Petilli e Lorenzo Rota sono in ritiro sulle montagne alpine per preparare la seconda parte di stagione. Un periodo di stacco nel quale si lavora, gli impegni sono alla porta ed è importante prepararsi al meglio. I due corridori della Intermarché Wanty Gobert arrivano da momenti diversi. Simone ha metabolizzato l’esclusione dal Giro ed è pronto ad aggredire i nuovi appuntamenti che si presenteranno. Lorenzo, invece, arriva da una prima parte di stagione ricca ma con qualche episodio sfortunato alle spalle, ed un secondo posto al campionato italiano che fa fatica ad andare giù, come un boccone troppo amaro.

L’Intermarché per questo ritiro ha messo a disposizione dei corridori i propri mezzi
L’Intermarché per questo ritiro ha messo a disposizione dei corridori i propri mezzi

Un programma “distensivo”

PETILLI: «Siamo entrambi partiti per il ritiro il 5 di luglio e torneremo il 20. Non siamo da soli, ci sono altri nostri compagni ed in più abbiamo il supporto del team, ma poi ognuno di noi ha la sua libertà per gestire le tabelle e gli allenamenti».

ROTA: «Siamo in una decina di compagni di squadra, siamo un po’ sparsi intorno alla zona di Livigno. Personalmente arrivavo da un periodo di corse molto intenso: tra Giro d’Italia, Giro del Belgio e campionato italiano ero un po’ cotto».

Livigno in questi giorni è meta di tanti corridori che si preparano per la seconda parte di stagione
Livigno in questi giorni è meta di tanti corridori che si preparano per la seconda parte di stagione

Obiettivi diversi

Se Petilli sta cercando continuità ed una seconda parte di stagione con delle certezze per riscattare l’esclusione dal Giro, Lorenzo vuole delle certezze. E queste passano dalla tanto agognata vittoria. La motivazione è alta per entrambi, gli obiettivi sono diversi, ma la strada è comune.

ROTA: « Devo ammettere, ma penso lo si sappia già ampiamente, che questa vittoria manca e inizia ad essere una situazione frustrante. Ci sto provando da diverso tempo e continua a succedere qualcosa che mi frena, una volta un po’ di sfortuna, altre un piccolo errore…»

PETILLI: «Io e Lorenzo parliamo tanto, ci confrontiamo ed il nostro rapporto è bello così. Ci conosciamo da tanto tempo che ormai sappiamo tutto l’uno dell’altro, o quasi. Quando mi dice che gli pesa questa vittoria mancata, gli dico che ha dimostrato di andare forte. A San Sebastian lo abbiamo scoperto tutti e poi si è riconfermato sempre, anche quest’anno sulle strade del Giro. Insomma, se arrivi ad andare forte su questi palcoscenici, vuol dire che la gamba c’è. Non deve stare a sentire i pareri ed i commenti di tutti, anche dopo il campionato italiano ne ho sentite tante…».

Un inno di Mameli amaro per Rota dopo il secondo posto al campionato italiano, un’occasione unica sfumata per poco
Un inno di Mameli amaro per Rota dopo il secondo posto al campionato italiano, un’occasione unica sfumata per poco

Quel Giro mancato

PETILLI: «Il Giro d’Italia era un mio obiettivo di inizio stagione e mi è mancato farlo, non ne ho fatto un dramma. La squadra prende le sue decisioni ed è giusto rispettarle, ovviamente mi sarebbe piaciuto correrlo. Di contro non dovrei correre la Vuelta, non era in calendario e non mi sto preparando per questo. Mi hanno inserito come prima riserva».

ROTA: «Quando ho scoperto che Simone non ci sarebbe stato al Giro d’Italia, mi è dispiaciuto molto. Io, con il senno di poi, l’avrei portato anche perché abbiamo portato due corridori nella top ten ma ci sarebbe servito qualcuno di maggior supporto in salita. “Pozzo” e Hirt si sono ritrovati spesso da soli e lui avrebbe potuto fare tanto. D’altro canto non credo che l’esclusione dal Giro o da altre corse a tappe crei un problema, farle fa sempre piacere ma non è fondamentale. Abbiamo entrambi una certa età e quindi siamo arrivati alla nostra maturazione ciclistica. Se devo essere sincero spero non vada alla Vuelta così corre con me (dice ridendo, ndr)».

Petilli dopo l’esclusione dal Giro si è rimboccato le maniche lavorando per farsi trovare pronto nelle gare di fine stagione
Petilli dopo l’esclusione dal Giro si è rimboccato le maniche lavorando per farsi trovare pronto nelle gare di fine stagione

Strade simili

PETILLI: «I programmi miei e di Lorenzo sono simili da qui a fine stagione, a parte per quanto riguarda l’approccio alle corse dopo questo ritiro. Io farò San Sebastian lui il Giro di Vallonia. Quando corriamo in Italia, vogliamo farlo al meglio, dando spettacolo, così come fatto al campionato italiano. Eravamo solo noi due della squadra e così abbiamo deciso di provarci, ci è mancato davvero poco».

ROTA: «Essendo lui di Como ed io di Bergamo abbiamo una corsa in comune su tutte in Italia: il Lombardia. L’anno scorso non sono andato benissimo e mi piacerebbe correrlo meglio, avendo la possibilità di rifarmi. Devo dire che mi piace molto di più l’arrivo a Como, si addice molto di più alle mie caratteristiche».

Rota e Petilli non sono soli, con loro ci sono anche gli altri che preparano la Vuelta
Rota e Petilli non sono soli, con loro ci sono anche gli atleti che preparano la Vuelta

Allenamenti e chiacchierate

ROTA: «In questi giorni di ritiro parliamo tanto, ma cerchiamo di spaziare un po’ negli argomenti. Parliamo di macchine, di belle ragazze – ride insieme a Simone – è bello anche così, pensare un po’ ad altro».

PETILLI: «Siamo sempre in bici, in questi giorni è divertente fare altro e chiacchierare anche con gli altri compagni di squadra che sono qui con noi».

ROTA: «Prima di lasciarvi propongo un gioco: quello dei “difetti” dell’altro, altrimenti dopo questa intervista sembriamo troppo amichevoli (scherza il bergamasco, che poi resta in silenzio un attimo, ndr). Ci sto pensando ma non mi vengono! Ah no, ecco, se devo dire qualcosa direi che sei troppe volte per terra!».

PETILLI : «Anche tu non scherzi – replica con una risata – questa cosa mi piace, così poi domani ci scattiamo nei denti per vendetta. In realtà siamo abbastanza affini, ci capita più spesso di discutere con qualcuno del gruppo piuttosto che tra di noi. Ciao Lore, a domani e mi raccomando, puntuale!».

Cogne e un secolo di Paradiso: una grande scoperta

13.07.2022
6 min
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Il Giro d’Italia è una vetrina incredibile dal punto di vista territoriale, l’esposizione mediatica a cui si aprono i territori calcati dalla Corsa Rosa è immensa. Cogne ha deciso di cavalcare l’onda del Giro e di mostrare tutto il bello che può offrire, agli appassionati di ciclismo e non solo. 

«E’ difficile dare un riscontro dopo pochi mesi dal passaggio del Giro d’Italia», dice Giuseppe Lamastra, vice sindaco di Cogne. «Io, da appassionato del mondo dei pedali e della natura, ho visto un maggior numero di ciclisti sulle nostre strade nel mese di giugno. Questo però per Cogne, e per tutta la sua valle, deve essere un punto di partenza, non la ciliegina sulla torta. Il nostro obiettivo era far scoprire i nostri territori ad un pubblico diverso. Cogne è sempre stata meta di turismo sportivo ma legato ad altre attività: trekking, alpinismo, sci di fondo. Sicuramente le immagini della Valle di Cogne hanno fatto il giro del mondo e noi siamo pronti ad accogliere sempre più persone sulle nostre strade e sentieri».

Sentieri e Mtb

Il Parco Nazionale Gran Paradiso è una di quelle bellezze naturali che ci attraggono con la sua magnificenza. Oltre a scoprirlo a piedi, nei suoi numerosi sentieri dedicati al trekking, è spettacolare scoprirlo in sella alla Mtb. I chilometri percorribili in bici sono oltre 1.000, la sua rete si estende in tre comuni della Valle d’Aosta. Gli itinerari sono ben 7, di difficoltà differenti e, di conseguenza, adatti a tutti: pedalatori accaniti e famiglie alle prime armi. Il tutto rimanendo immersi nel cuore del Parco Nazionale. 

«Rispetto al ciclismo su strada – riprende Lamastra – possiamo dire che Cogne conosce da più vicino il mondo della mountain bike. Organizziamo da anni la GranParadisoBike, un evento molto bello ma che possiamo far crescere ancor di più. Se fate attenzione sul sito del Parco è presente il “decalogo del ciclista” ovvero una serie di comportamenti che bisogna mantenere nel rispetto di tutti e del Parco stesso.

«All’interno del Parco Nazionale Gran Paradiso – prosegue – abbiamo un turismo dedicato al trekking, la convivenza con i biker non è sempre semplice, per cui il decalogo serve per creare armonia e rispetto tra tutti. Non siamo un bike park, noi vogliamo trasportare la bellezza dell’escursionismo anche a chi va in bici, da noi è possibile fare tutte le attività turistiche-paesaggistiche con la bici». 

Grazie alla comodità della bici e delle e-bike si riescono a visitare più luoghi, immergendosi ancor di più nella natura
Grazie alla comodità della bici e delle e-bike si riescono a visitare più luoghi, immergendosi ancor di più nella natura

Cent’anni di Paradiso

Il Parco Nazionale Gran Paradiso compie 100 anni, un traguardo che deve essere festeggiato nella maniera giusta. E la Valle di Cogne ha deciso di celebrarlo con eventi dedicati.

«Intanto bisogna essere coscienti – dice – che quando si pedala in un Parco Nazionale, bisogna avere delle cautele e comprendere che si sta pedalando in un contesto unico, protetto, nel quale non bisogna disturbare la quiete della natura. Grazie alla bici si riescono a visitare maggiormente le sue bellezze e si riesce a godere delle varie sfaccettature del parco. Da questo punto di vista l’e-bike ha aggiunto un tassello in più ed ora molte più persone possono godersi la bellezza del Parco. La bici è uno strumento che ti permette di scoprire tanto. La Valle di Cogne è abbastanza ampia, si fanno anche 50-60 chilometri al suo interno».

Gli eventi dedicati al Parco

Si inizia il 15 luglio, presso la Maison Gérard Dayné, museo etnografico di Cogne, con l’inaugurazione di una mostra fotografica celebrativa del libro “Parco Nazionale Gran Paradiso – 100 anni e cento ancora”, che illustra la storia del Parco, tra vicende e cambiamenti avvenuti negli ultimi 100 anni. Un modo per avvicinare le persone al Parco e per sensibilizzarle sull’importanza di questo meraviglioso angolo di Paradiso. Al termine, un brindisi al centenario, allietato dalle musiche di legno, con il primo appuntamento della rassegna MusiCogne, musica e cultura in natura, anch’essa patrocinata dal Parco.

Una settimana dopo, il 22 luglio, i festeggiamenti del centenario proseguono presso la sede del Giardino Botanico Alpino Paradisia, con attività dedicate alle erbe officinali. Per tutta la giornata il giardino botanico alpino sarà visitabile gratuitamente e saranno allestiti dei corner presso i quali i visitatori potranno partecipare alle esperienze sensoriali che faranno scoprire i profumi ed i segreti di alcune singolari piante del Parco. Il Giardino sarà anche sede di un momento di musica al tramonto: una suite per archi e percussioni vegetali realizzata dalla scuola SFOM di Aosta, nell’ambito del progetto Semi Sonori.

Per scoprire eventi ed immergervi nella storia del Parco Nazionale Gran Paradiso potete visitare la pagina ufficiale. ad essa dedicata.

Non solo natura, ma anche cultura, il Parco Nazionale Gran Paradiso ospita da anni un evento cinematografico di primo piano: Il Gran Paradiso Film Festival: manifestazione arrivata alla 25ª edizione. Dall’11 di luglio e fino al 7 di agosto: un mese di proiezioni con al centro la natura, in tutte le sue forme e rappresentazioni. 

Le miniere sono state una delle principali attività commerciali della Valle di Cogne, ora sono oggetto di visite guidate
Le miniere sono state una delle principali attività commerciali della Valle di Cogne, ora sono oggetto di visite guidate

Miniere e castelli

La storia della Valle di Cogne è legata indissolubilmente alle sue miniere: che per decenni sono state l’attività economica della valle. In particolare, nel sottosuolo di Cogne si andava alla ricerca della magnetite: i siti principali erano tre: quello di Liconi, Colonna e Costa del Pino. L’attività mineraria ha cessato di essere sostentamento delle famiglie della Valle di Cogne nel 1979, anno in cui le miniere furono chiuse. Nonostante tutto, questi tunnel rappresentano una parte importante della storia della Valle e dei suoi abitanti, così nel tempo si è deciso di creare delle visite guidate da giugno a settembre. Questo il link per le visite guidate.

Percorrendo, in sella alla bici le strade ed i sentieri della Valle d’Aosta rimarrete incantati dalla bellezza dei suoi castelli. Uno dei più affascinanti si trova a Aymavilles, all’inizio della Valle di Cogne, castello riaperto al pubblico dopo un restauro lungo e meticoloso. Il 23 luglio sarà il giorno dedicato a questa perla, incastonata nella valle che ha ospitato l’arrivo della quindicesima tappa del Giro d’Italia. Sarà una giornata interamente dedicata alla scoperta della vita che gravitava attorno al castello, con escursioni tematiche fino al ponte-acquedotto romano di Pont D’Ael.

Roma XXIVh: una carta vincente per partner e sponsor

06.07.2022
3 min
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Un nutrito “pool” di aziende partner e sponsor affianca anche quest’anno l’edizione 2022 della 24 ore di Roma, l’evento amatoriale in programma alla porte di Roma, lungo lo spettacolare tracciato dell’Autodromo di Vallelunga “Piero Taruffi”, il 16 e 17 luglio prossimi.

A sostenere attivamente il comitato organizzatore della Roma XXIVh sono difatti numerose realtà, alcune direttamente coinvolte nel settore della bicicletta, altre molto “vicine” a questo mondo in virtù di una forte interazione con altri eventi su due ruote. 

Gli sponsor ci credono

Tra questi brand saltano subito all’occhio sia Sara Assicurazioni, attivissima protagonista nel corso del Giro-E (vinto proprio con Emiliano Cantagallo, che della Roma XXIVh è l’organizzatore assieme a Giancarlo Fisichella) quanto Carglass, che al Giro d’Italia per professionisti è stata quest’anno partner. Come brand di settore saranno presenti il colosso americano produttore di bici Trek ed EthicSport, marchio quest’ultimo attivo nel settore dell’integrazione alimentare sportiva. Un altro brand di assoluto “peso” lo troviamo poi tra i fornitori: è la Segafredo Zanetti, anch’essa realtà molto amica del ciclismo. Chiudono gli enti patrocinanti: Roma Capitale e il Comune di Campagnano, oltre ovviamente l’Autodromo di Vallelunga “Piero Taruffi”. Per chiudere, sarà anche presente uno stand ed una delegazione della Roma Calcio, mentre il divertimento sarà assicurato dalla musica di deejay e speaker di grande spessore ed esperienza.

L’Autodromo di Vallelunga “Piero Taruffi”
L’Autodromo di Vallelunga “Piero Taruffi”

Quattro eventi in uno

«Siamo davvero entusiasti di poter lavorare per la migliore riuscita dell’evento supportati da brand di grandissimo livello – ha dichiarato a bici.PRO Emiliano Cantagallo – e a loro sono estremamente grato. Roma XXIVh è un evento unico nel suo genere, in grado di garantire un’ottima visibilità alle aziende coinvolte. Il nostro è un appuntamento che fonde ben quattro eventi ciclistici in uno. Così da offrire ai partecipanti, quanto agli accompagnatori, un’esperienza completa ed appagante.

«La bici con la Roma XXiVh, il fitness con la Roma XXIVh Group Cycling, i ragazzi che potranno cimentarsi nella Minifondo Roma… E poi il cibo, la musica, per vivere tutti assieme – nella cornice dell’autodromo di Vallelunga – un meraviglioso weekend di estate romana».

Emiliano Cantagallo vittorioso al Giro-E (foto Facebook Giro-E)
Emiliano Cantagallo vittorioso al Giro-E (foto Facebook Giro-E)

«Roma XXIVh – riprende Emiliano – è l’unica ventiquattr’ore su strada in Italia disputata all’interno di un autodromo internazionale. Si corre con le stesse formule delle più grandi 24 ore automobilistiche: ciclisti solitari e a squadre si sfideranno fino all’ultimo minuto per vedere chi avrà compiuto più chilometri in un giorno intero. La nostra manifestazione metterà si alla prova atleti più esperti e preparati, ma non per questo consentirà la partecipazione anche chi vorrà fare a meno della competizione per divertirsi e magari mettersi in gioco.

«Il nostro comune denominatore è la voglia di trascorrere 24 ore insieme, condividendo la stessa passione per la bicicletta. Tra musica e divertimento. Subito a chiusura della Roma XXIVh, dalle 20 alle 23 di domenica 17 luglio, la pista sarà libera per poter garantire a tutti di pedalare all’interno dell’autodromo romano. Venite a divertirvi con noi, per iscriversi c’è tempo ancora fino al 10 luglio».

Roma XXIVh