Doppietta Giro-Tour. E’ possibile nel 2024?

05.11.2023
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Non c’è niente da fare, l’eterno discorso della doppietta Giro-Tour tiene sempre banco. Fa discutere, sognare, pensare… Se in oltre cento anni di storia ci sono riusciti solo in sette, un motivo ci sarà. E quest’anno più che mai, con due percorsi più accessibili, magari è la volta buona. Ma ecco che spunta il terzo “incomodo”, le Olimpiadi, a frenare la doppietta. Doppietta che Stefano Garzelli, in passato ha visto realizzarsi da vicino, grazie al compagno di squadra e capitano Marco Pantani.

Stefano Garzelli (qui con Alessandra De Stefano) ha vinto il Giro del 2000. Dal 2016 è commentatore tecnico per la Rai
Stefano Garzelli (qui con Alessandra De Stefano) ha vinto il Giro del 2000. Dal 2016 è opinionista per la Rai
Stefano, doppietta Giro-Tour, ma con vista sulle Olimpiadi…

Credo che possa riguardare soprattutto Pogacar questo discorso, ma penso anche che l’Olimpiade poi non vada ad incidere così tanto sull’eventuale doppietta. Il Tour de France resta obiettivo primario per un atleta di quel calibro, di quelle caratteristiche e di quella squadra.

Quest’anno i due percorsi per te favoriscono la doppietta?

Su carta sì, perché non sono due percorsi impossibili (qui quello del Giro e qui quello Tour, ndr). Tutti e due hanno un avvio molto tecnico, molto impegnativo e poi hanno una settimana finale molto impegnativa. Il Tour forse è un po’ più facile nella parte centrale. Il Giro d’Italia, tolto il tappone di Livigno che suera i 5.000 metri di dislivello, non ha frazioni impossibili. E anche in quella tappa, gran parte del dislivello si accumula con Aprica, prima, che non è dura, e con la Forcola soprattutto. La Forcola è lunga, ma non è a ridosso dell’arrivo e concede ampi recuperi e non credo farà grandissima selezione.

Al Tour certi tapponi non ci sono proprio… Molti hanno detto che Vegni ha disegnato questo percorso proprio per lui. Cosa ne pensi? Sarebbe l’occasione giusta?

Io credo che ancora per quest’anno, Tadej imposterà la sua stagione sul Tour de France. Viene da due secondi posti e vuole rivincere. Fisicamente potrebbe anche riuscirci e provarci, ma poi con un Vingegaard così deve essere al top del top. Non puoi fare il Giro prima del Tour, oltre al dispendio energetico ti esponi a rischi di cadute, infortuni… Hai un mese e poi ti devi far trovare subito pronto, perché come detto, la partenza è dura.

I tracciati di Giro e Tour non sono impossibili, ma le partenze non prevedono tappe di pianura come una volta, specie in Francia
I tracciati di Giro e Tour non sono impossibili, ma le partenze non prevedono tappe di pianura come una volta, specie in Francia
Prima invece si poteva non essere al 100 per cento….

Esatto. E poi con Vingegaard che è diventato un killer, sarebbe troppo rischioso. Quest’anno senza la caduta di Liegi (il riferimento è a Pogacar, ndr) credo che se la sarebbero giocata sul filo dei secondi fino alla fine, ma anche per un fenomeno come lo sloveno stare 25 giorni fermo in quel momento dell’anno non è facile. Anzi, solo lui poteva riuscire a fare secondo in quelle condizioni.

E a Stefano Garzelli sarebbero piaciuti questi due tracciati per tentare la doppietta?

Se avessi dovuto vincere il Tour, no. Rispetto ai miei tempi il ciclismo è cambiato ed è cambiato ancora di più negli ultimi 3-4 anni. E’ tutto più esponenziale, tutto vissuto al massimo. Pantani nel 1998 si ritrovò in quel Tour con le prime dieci tappe piatte. Non c’era neanche una salita. Nella crono di apertura arrivò tra gli ultimi (181° su 189, ndr). Poi, per una serie di circostanze e perché si chiamava Pantani, è riuscito a vincerlo. Marco andò in Francia senza troppa pressione. Aveva vinto il Giro. Ma oggi è diverso e il Tour è troppo importante.

Purtroppo per il Giro…

Purtroppo per il Giro, esatto. Se Pogacar questa estate avesse vinto la maglia gialla, magari al Giro ci sarebbe venuto, anzi forse lo avrebbe fatto al 100 per cento. Ma oggi più che mai sembra che conti sempre di più solo vincere. Come se un secondo posto in certe corse fosse da buttare, specie nella sua squadra. Sono arabi, hanno un’altra cultura. Sì, ne hanno messi due sul podio… ma non hanno vinto.

Marco Pantani sigla l’impresa a Montecampione e di fatto vince il Giro, 54 giorni dopo sarà in giallo a Parigi
Marco Pantani sigla l’impresa a Montecampione e di fatto vince il Giro, 54 giorni dopo sarà in giallo a Parigi
Hai parlato spesso delle due partenze, impegnative per entrambi i Giri: i percorsi vecchio stile con molta pianura all’inizio avrebbero favorito la doppietta?

Sul fronte della preparazione di certo è complicato. Al via del Giro devi farti trovare pronto. In più la corsa rosa ormai ha delle caratteristiche per le quali ogni giorno può esserci un’imboscata, un imprevisto, ogni tappa ha la sua storia… Al Tour c’è nervosismo. Sì, forse con due percorsi più facili in fase di avvio, la doppietta poteva essere un po’ più facile. E poi noi stiamo dando per scontato che vincere la corsa rosa sia facile, ma non lo è affatto. In più c’è da considerare che mentalmente è dura stare concentrati e sotto pressione 21 giorni e poi altri 21 giorni.

Inoltre nel 2024 ci sono le Olimpiadi, che forse riguardano più Pogacar che Vingegaard…

Come ho detto, non credo che le Olimpiadi incidano sulla doppietta. Chi esce dal Tour in questo caso o dalla Vuelta per il mondiale va sempre forte. Il tracciato dell’Olimpiade da quel che so non è durissimo e ci sono atleti come Philipsen, Van der Poel, Van Aert che ormai non sono solo velocisti, vanno forte anche su tracciati più tecnici.

E possono sfruttare il percorso per prepararsi al meglio. Pensiamo a Vdp quest’anno…

Chi va al Tour… va al Tour. Poi l’Olimpiade avrà un andamento tattico diverso, con pochi atleti per squadra. Pogacar correrà con la Slovenia, non con la UAE Emirates. La corsa pertanto sarà più difficile da controllare, specialmente se il percorso non sarà duro. Difficile per certi corridori puntare tutto su una corsa così.

Giro o Vuelta, quale miglior GT per debuttare? Risponde Maini

31.10.2023
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«Da italiano, mi verrebbe da scegliere il Giro. Però da giovane, mi viene da dire di più la Vuelta. Se non dovessi recuperare bene le fatiche del Giro d’Italia, me le porterei per tutto il resto dell’anno. Alla Vuelta invece, si è quasi a fine stagione, quindi un po’ mi salverei». Queste le parole di Alessandro Verre ad Enzo Vicennati in un’intervista fatta durante il Tour of Guangxi.

Questa considerazione del lucano lancia un tema: qual è il miglior grande Giro  per un giovane professionista? E perché? Lo abbiamo chiesto a Orlando Maini, direttore sportivo tra i più esperti in assoluto e molto a contatto con i giovani.

Orlando Maini è attualmente uno dei diesse dell’Astana-Qazaqstan: vanta un’esperienza pluridecennale prima come atleta e poi appunto come tecnico
Orlando Maini è attualmente uno dei diesse dell’Astana-Qazaqstan: vanta un’esperienza pluridecennale

Differenze? Una volta forse…

Tutto sommato le parole di Verre hanno un certo fondamento. Lorenzo Germani, che ha un anno in meno di Verre, ci aveva detto giusto dodici mesi fa che non avrebbe avuto in programma i grandi Giri per la prima stagione nel WT, salvo lasciare una porta aperta sulla Vuelta nel caso tutto fosse andato bene. Una scelta quella della Vuelta che non avrebbe poi fatto tanti “danni”, primo perché a fine stagione e poi perché ci si arriva con qualche mese di esperienza da pro’.

«Io – spiega Maini – ritengo che il Giro d’Italia sia il giusto mix fra Tour e Vuelta. Per anni la corsa rosa è stata etichettata come la più dura d’Europa, ma dico che negli ultimi anni la tendenza non mi è sembrata questa. Semmai una volta la Vuelta e ancora di più il Tour avevano caratteristiche ben diverse. Tanta pianura all’inizio e montagne dopo e questo presupponeva una divisione di categorie di ciclisti da chiamare in causa (magari si poteva approfittare di questa finestra meno dura per esordire, ndr). Ora non è più così. E anche la Vuelta non è certo leggera. In più arriva a fine anno e anche se sei giovane e ci arrivi bene, sei comunque stanco».

Lorenzo Germani della Groupama-FDJ ha esordito nei GT all’ultima Vuelta. Il laziale è un classe 2002
Lorenzo Germani della Groupama-FDJ ha esordito nei GT all’ultima Vuelta. Il laziale è un classe 2002

L’importanza dei numeri

Maini fa poi il quadro della situazione e ribadisce quelli che ormai sono i numeri. Spesso molti nelle top 10 dei grandi Giri sono ventenni.

«E’ quel che ci dice l’anagrafe», va avanti Maini. «Siamo di fronte ad un generazione di fenomeni, che ormai sono la normalità, quando fino a qualche anno fa si cercava di far fare le grandi gare a tappe ai corridori giovani nel momento giusto, quando cioè c’era una certa maturazione fisica e anche mentale. Ora è quasi il contrario. E vediamo ragazzini primeggiare nei grandi Giri, ma anche in corse come la Tirreno-Adriatico, Parigi-Nizza, Catalunya… che sono corse vere.

«A conferma di ciò è il fatto che sempre più squadre, anche grandi, investono direttamente sugli juniores e molti osservatori partono dagli allievi. Ma se da una parte lo stato dello sviluppo fisico a quell’età può “falsare” gli ordini di arrivo, dall’altra ci sono i numeri, i test che dicono il potenziale del ragazzo. Penso a Finn e Bessega che al primo anno juniores hanno già firmato per degli squadroni».

Come detto, Maini ha fatto una foto, ma il discorso dei baby campioni non vale proprio per tutti. C’è ancora chi ha bisogno di più tempo. Per questa tipologia di atleti vale il “vecchio stile” del grande Giro dai 24-25 anni su. 

«Sì, questo discorso per me – conferma Maini – ci può stare e vale ancora. Penso ad esempio a due giovani italiani, Pellizzari e Piganzoli, che sono in due professional serie, due squadre che li stanno facendo crescere bene, con i giusti tempi. E magari se un giorno passeranno in squadre WorldTour soffriranno meno».

Per Verre un esordio al Giro dalla doppia faccia: sempre in fuga e pimpante all’inizio, fermato dal Covid dopo 13 tappe
Per Verre un esordio al Giro dalla doppia faccia: sempre in fuga e pimpante all’inizio, fermato dal Covid dopo 13 tappe

Giro e Vuelta uguali

Ma torniamo al discorso del grande Giro. Ci sono differenze tecniche perché è meglio esordire ad una Vuelta e non ad un Giro? Cosa cambia? Qualcuno ha detto che le strade della Vuelta sono migliori rispetto a quelle del Giro, ma la corsa è meno frenetica rispetto alla corsa rosa e ancora di più rispetto al Tour.

«Credo che per un giovane italiano – conclude Maini – la differenza sia nell’approccio mentale. Psicologicamente è forse penalizzato dal fatto che, correndo in Italia, si ritroverebbe a gareggiare nelle terre e sulle strade che lo hanno visto crescere. Il Giro lo sente dentro. E tutto questo messo insieme magari gli mette pressione. Ma per il resto non vedo differenze tecniche tra Italia e Spagna. Come dicevo prima, forse prima c’erano delle differenze, ma negli ultimi anni tutti e tre i percorsi dei grandi Giri si somigliano molto.

«Semmai è importante come il giovane arriva al suo primo grande Giro. Oggi gli juniores come abbiamo visto vanno direttamente all’estero e lì fanno anche più corse a tappe. Un ragazzo che invece resta in Italia è meno pronto a certe esperienze appena divenuto pro’».

Dall’Asia torna un nuovo Dalla Valle, ma adesso cosa farà?

26.10.2023
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Anni fa c’era una pubblicità che recitava “Una telefonata può salvarti la vita”. Ciclisticamente lo stesso discorso può valere per una vittoria ed è quello che si augura Nicolas Dalla Valle, tornato dall’Asia con un bottino di punti non trascurabile e la speranza che la sua avventura su due ruote nel mondo del professionismo possa andare avanti.

La vittoria alla quarta tappa del Tour of Hainan, un successo rincorso tutto l’anno (foto Instagram)
La vittoria alla quarta tappa del Tour of Hainan, un successo rincorso tutto l’anno (foto Instagram)

E’ stato un anno sulle montagne russe, quello vissuto dal corridore della Corratec, con tante gare disputate (66), il suo primo Giro d’Italia, ma quel traguardo che non sembrava voler mai arrivare, fino al Tour of Hainan, a quello sprint vincente che ha rasserenato il suo tumultuoso animo. Dalla Valle non ha ancora un contratto per il prossimo anno, il tempo scorre e ogni giorno senza che quel “famoso” telefono squilli (magari anche solo per un messaggio WhatsApp) accresce i dubbi, ma almeno Nicolas, o meglio chi lavora per lui, ha qualcosa di tangibile in mano da mettere sul piatto delle trattative.

«Effettivamente non è stato come lo scorso anno – ammette il ventiseienne di Cittadella – la prima parte dell’anno non ha portato grandi risultati, ma non mi preoccupavo perché era tutto finalizzato verso il Giro d’Italia. La corsa rosa non era semplice per il nostro che è un team piccolo, ma credo di aver dato qualcosa nell’arco delle tre settimane, anche se avrei voluto qualcosa di più. Ero comunque soddisfatto, ma poi sono andato in calando. Al Giro di Slovenia ero cotto e ci ho messo tempo a ritrovare la condizione, arrivata proprio in extremis».

Quest’anno il veneto ha esordito al Giro d’Italia, dove è anche giunto 5° a Salerno
Quest’anno il veneto ha esordito al Giro d’Italia, dove è anche giunto 5° a Salerno
Molti, anche fra coloro che affrontano un grande Giro per la prima volta, dicono che una corsa di tre settimane ti dà una gamba migliore, ma non è stato il tuo caso…

Un effetto è indubbio che ce l’abbia. Il Giro è stato l’apice della mia stagione, ma ci sono arrivato senza una preparazione specifica, ad esempio non ho fatto periodi di altura prima di esso. Alla fine ero contento proprio perché ero stato capace di finirlo, mi ha dato quella sicurezza che prima non avevo perché non sapevo come avrei reagito. E’ una base sulla quale lavorare, oggi saprei come gestirmi perché ho dimostrato di saper reggere i grandi carichi di lavoro e le tre settimane di gara continua.

La tua seconda parte di stagione è vissuta quasi tutta dall’altra parte del globo…

Ho iniziato con il Tour of Qinghai Lake a metà luglio, è una gara molto particolare: 8 giorni a oltre 2.500 metri di altitudine, una trasferta impegnativa. Non sono arrivati risultati eccezionali, ma ho ritrovato un buon feeling e mi accorgevo ogni giorno che passava che andavo sempre più forte. Due mesi dopo, al Taihu Lake era una corsa a tappe che univa vari circuiti, non è la mia formula di gara preferita perché non sono un velocista puro, ma mi adatto e alla fine è servita anche quella. Ad Hainan, dove ho ritrovato percorsi adatti alle mie caratteristiche, ho trovato la sintesi e il risultato è finalmente arrivato.

Dalla Valle con Roglic al Giro, commentato così su Instagram: «Lui Primoz, io ultimo»
Dalla Valle con Roglic al Giro, commentato così su Instagram: «Lui Primoz, io ultimo»
Che impressione hai tratto dopo un così lungo periodo in Cina, che cosa ti è rimasto impresso?

E’ un mondo completamente diverso dal nostro, dove regna una enorme fiscalità. Tutto pulito, tutto sempre nella norma, mai qualcosa fuori dalle righe. Alla lunga resti colpito, senti che manca qualcosa, che non c’è alcun tipo di flessibilità e io resto convinto che in certi casi possa aiutare. L’ordine prestabilito va bene, ma sempre con la lente del buon senso…

La trasferta asiatica è però importante per team come il vostro…

Direi fondamentale. Prima il calendario era ridotto per forza di cose, c’erano meno gare dove potersi esprimere, per portare a casa buoni risultati e soprattutto punti fondamentali anche per la stessa sussistenza del team. Ora invece ci sono blocchi di gare molto ricchi e intensi, che valgono la trasferta. Dove la trovi in Europa una gara a tappe di 8 giorni, che non sia del WorldTour?

La fila dei corridori Corratec in Cina, con un successo per Dalla Valle e Conti 5° nella generale (foto Instagram)
La fila dei corridori Corratec in Cina, con un successo per Dalla Valle e Conti 5° nella generale (foto Instagram)
Proprio le gare a tappe sembrano ormai il tuo teatro di gara principale, quest’anno le corse d’un giorno per te sono meno di una decina.

Le corse a tappe sono la mia dimensione ideale proprio per quel discorso di recupero e crescita giorno dopo giorno. Fisicamente sono corse dove ci sono più opportunità per emergere proprio per uno come me, veloce ma non specialista. In salita riesco spesso a tenere, quindi si profilano occasioni proficue quando gli sprinter puri rimangono attardati. Le gare d’un giorno mi piacciono, ma per certi versi sono più un terno al lotto.

E ora?

Ora spero che tutto il lavoro fatto porti qualche frutto. So che il mio procuratore ci sta lavorando, contatti ci sono e conto che entro un mese arrivi una risposta certa, anche perché il tempo scorre e c’è la nuova stagione da preparare. Io comunque mi farò trovare pronto per i primi ritiri, ovunque siano e con chiunque siano.

Quest’anno Dalla Valle ha corso per 66 giorni, conquistando 13 top 10 con il meglio arrivato alla fine
Quest’anno Dalla Valle ha corso per 66 giorni, conquistando 13 top 10 con il meglio arrivato alla fine
Qual è stato il momento più bello della stagione?

Non è semplice trovare una risposta, ma quando insegui a lungo una vittoria, soprattutto per chi non la raggiunge così spesso come i campionissimi attuali, se la raggiungi è qualcosa che ti resta dentro, nel profondo. A me comunque anche la chiusura del Giro ha regalato grandi sensazioni, perché era un traguardo affatto scontato alla vigilia.

EDITORIALE / Il Giro, la FCI e il ciclismo da spolpare

23.10.2023
6 min
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Un osso da spolpare. Volete un’immagine del ciclismo italiano? Questa è quella che ci sentiamo di consegnarvi, andando oltre certe analisi. Dalla lontana Cina, sfogliando giornali e siti, proprio nel bel mezzo del calcioscommesse 3.0, ci siamo imbattuti in un bilancio molto duro e obiettivo da parte della Gazzetta dello Sport sullo stato di salute del ciclismo italiano. Lo ha firmato Davide Romani, spaziando su vari temi, dalla nazionale al Giro d’Italia.

«Sempre più giù – si leggeva – la moneta di colore azzurro continua a precipitare nel pozzo del ciclismo mondiale, ma ancora non si vede il fondo. La fotografia del movimento italiano al termine del 2023 è un’immagine sfocata».

A seguire, l’analisi corretta dei vari ranking UCI, il fatto che correremo alle Olimpiadi con soli tre atleti (come nel 1992) e i numeri in ribasso dei professionisti italiani nel gruppo del WorldTour. Oltre, ovviamente, alla considerazione che l’ultima squadra azzurra nella massima categoria fu nel 2016 la Lampre di patron Galbusera.

Non è semplice per Bennati scegliere gli azzurri se la loro attività non è qualificata come un tempo
Non è semplice per Bennati scegliere gli azzurri se la loro attività non è qualificata come un tempo

Gli interessi di chi?

L’indomani, ancora sulla Gazzetta e sempre con la stessa firma, l’intervista a Sonny Colbrelli su come sia cambiato il meccanismo di accesso al professionismo e sulle sue paure di genitore nel mettere in bici i figli, visti i pericoli delle strade e l’assenza di ciclabili e piste riservate.

Il concetto è stato poi ripreso da Cristiano Gatti su Tuttobiciweb nella sua rubrica Gatti e Misfatti, parlando della paura dei genitori, delle poche corse giovanili, dell’annullamento della Adriatica Ionica Race alla vigilia della partenza, dei talenti nostrani che migrano nei devo team stranieri e del Giro che «deve elevare suppliche perché le grandi squadre mandino almeno una formazione B. L’Italia che vede il suo sport storicamente più popolare trasformarsi negli anni in un agonizzante sport residuale…».

L’episodio legato alla corsa di Argentin rimane una pagina torbida, in cui sono stati coinvolti anche attori che avrebbero potuto benissimo restarne fuori. L’Accpi, ad esempio. Dicono che lo scorso anno i premi sono stati percepiti dai corridori dopo 5 mesi. Quest’anno non lo saranno affatto, avendo dato il proprio assenso alla cancellazione della corsa. Si è fatto l’interesse dei corridori o si è preferito schierarsi con il palazzo? E’ questo il ruolo del sindacato?

La cancellazione della Adriatica Ionica Race è stata una delle pagine più brutte e poco chiare degli ultimi anni
La cancellazione della Adriatica Ionica Race è stata una delle pagine più brutte e poco chiare degli ultimi anni

Il ruolo del Giro

Il quadro è desolante, ma verrebbe da chiedersi quali siano le ragioni del degrado. Chi ha spolpato il ciclismo? E grazie a chi? Prima di parlare della FCI, qual è il ruolo del Giro d’Italia in questo gioco? RCS Sport è capace di fare promozione oppure fa semplicemente il proprio utile? La sua presenza sul territorio genera interesse oppure si limita al montaggio e lo smontaggio dei palchi nel giorno della gara?

Le squadre italiane non sono mai cresciute, fra l’altro, perché non hanno avuto la certezza del calendario. Ogni anno e per anni abbiamo assistito allo stillicidio delle Wild Card, con una rotazione… democristiana che ha impedito di avere la minima programmazione, utile per incentivare gli investimenti da parte degli sponsor. Non è per caso che le squadre preferiscano il Tour: ne hanno beneficio a molti livelli. Il fatto di dover pagare per avere un grosso nome al via del Giro è una disarmante ammissione.

Il Tour 2024 partirà da Firenze: l’investimento sarà ripagato. Qui Prudhomme con Cassani e il sindaco Nardella
Il Tour 2024 partirà da Firenze: l’investimento sarà ripagato. Qui Prudhomme con Cassani e il sindaco Nardella

Il ruolo del Tour

ASO, la società che organizza il Tour, la Vuelta, la Roubaix, le classiche Ardennesi e un totale di 20 prove di altissimo livello, iniziò sin dal 2000 una campagna ben precisa in sostegno di due squadre francesi che per varie vicende erano rimaste fuori dal ProTour, prima che questo diventasse WorldTour. Indipendentemente dallo status o dai risultati, la Cofidis e il Team Total Energies hanno ricevuto sempre l’invito per il Tour e le classiche. I due sponsor hanno così ottenuto un buon ritorno dal loro investimento, sapendo che ogni anno i loro team avrebbero girato la Francia portando il marchio ai francesi e al mondo. L’incentivo ad investire di più è stato una conseguenza.

Non basta. Certi sponsor sono arrivati alle squadre su indicazione della stessa ASO, che ha proposto loro di distrarre una parte della sponsorizzazione destinata al Tour de France a vantaggio degli stessi team che grazie al Tour sarebbero diventati grandi.

Il Giro d’Italia ha mai suggerito a un suo sponsor di entrare a sostegno di un gruppo sportivo? Quel che si nota è semmai la sponsorizzazione da parte del team a vantaggio delle corse RCS, per avere un barlume di possibilità di prendervi parte. Mentre la Drone Hopper-Androni stava chiudendo i battenti, gli striscioni pubblicitari che portavano il suo nome erano ancora sulla cartellonistica del Giro. Non li avranno pagati, ma era previsto che lo facessero. Lo stesso dicasi per Eolo, che per anni è stato il title sponsor delle corse Gazzetta, spendendo quello che magari gli avrebbe permesso di ingaggiare qualche buon corridore.

La Total Energies, come la Cofidis, ha sempre partecipato al Tour, e le corse ASO pur non essendo nel WorldTour
La Total Energies, come la Cofidis, ha sempre partecipato al Tour, e le corse ASO pur non essendo nel WorldTour

Il ruolo della FCI

E la Federazione cosa fa? In che modo ha tutelato e sta tutelando il ciclismo italiano? Esiste negli uffici dello Stadio Olimpico una visione che porti in futuro a una nuova primavera?

Quel che si nota è da un lato un notevole appoggio da parte del Coni che ha permesso di superare parecchi ostacoli, dall’altro un certo appiattimento sulle posizioni di RCS Sport, cui sono stati affidati il Giro d’Italia U23 e quello delle donne, con il famoso bando che tagliò fuori gli altri organizzatori.

L’investimento sulle nazionali è astuto e probabilmente darà anche buoni frutti. Si prende il meglio e si cerca di trarne il meglio in termini di risultati. Se però non si fa nulla per alimentare il bacino, alla fine non ci sarà più acqua da pompare nel campo ed è quello che in parte sta già accadendo.

Amadio ha portato tutto quel che ha imparato in anni di gestione di grandi squadre, ma forse non è questo lo scopo di una Federazione, che dovrebbe spingere maggiormente la base a ritrovare solidità e credibilità. Il ciclismo italiano è in balia dei soldi altrui. E neanche si può impedire a un corridore di cercare fortuna all’estero, se la controproposta è un calendario asfittico popolato dalle squadre che sono rimaste. In Francia, la Federazione gestisce la Coupe de France, in cui vengono coinvolti professionisti e under 23 dei team continental. Avete fatto caso che nei Devo Team delle squadre del Belgio e d’Olanda è molto raro trovare un giovane francese? E’ così difficile immaginare un calendario formato dalle classiche internazionali per U23 e le altre corse professionistiche rimaste fuori dal WorldTour? E’ un tema che si è mai affrontato al tavolo della Lega commissariata?

Agli europei di Drenthe, il presidente Dagnoni con le tre azzurre del Mixed Team Relay juniores
Agli europei di Drenthe, il presidente Dagnoni con le tre azzurre del Mixed Team Relay juniores

La base spaccata

Quel che si nota è che, avendo lasciato ai Comitati regionali la possibilità di organizzarsi come meglio credono, non ci sono situazioni omogenee a tutto svantaggio della crescita del movimento. Esiste una prospettiva per il ciclismo italiano? La nascita del grande campione non dipende dalle strutture, la natura fa da sé, ma siamo certi di non averne persi perché anziché dedicarsi al ciclismo hanno preferito altri sport? Se la sola stella polare resta il profitto, non illudiamoci troppo. Intendiamoci: è legittimo che società private agiscano per fare soldi. La possibilità di fare promozione andrebbe nel senso di tenere alimentata la fiamma sotto il proprio investimento. Non raccontiamoci storie, insomma, certe cose non accadono per caso.

L’ultima corsa in Cina e Verre già pensa a un inverno diverso

17.10.2023
4 min
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GUILIN – Anche Alessandro Verre è fra coloro che hanno chiuso il 2023 al Tour of Guangxi, trovando il tempo per guardarsi intorno tra una fatica e l’altra. Passò professionista lo scorso anno che era poco più di un ragazzo, ma lentamente la sua forma di atleta si va definendo. Il cammino è ancora lungo. L’auspicio che il secondo anno potesse essere più facile del primo si è infranto su un livello generale molto alto. Il ritiro dal Giro per il Covid ha lasciato una ferita aperta. Eppure la sensazione è che, sia pure a fatica, Alessandro abbia fissato dei punti fermi e su questi si appoggi per crescere nella direzione migliore.

Verre ha affrontato il Giro andando sempre in fuga, qui nella tappa di San Salvo. Si è ritirato per Covid
Verre ha affrontato il Giro andando sempre in fuga, qui nella tappa di San Salvo. Si è ritirato per Covid
Hai comunque fatto il Giro: che esperienza è stata?

Sicuramente bella, peccato però che sono incappato forse in uno dei Giri più duri degli ultimi vent’anni, che per giunta è stato molto influenzato dal Covid. Io l’ho preso e ho provato a continuare ugualmente nella seconda settimana. Però comunque il fisico non rispondeva e mi sono fermato in anticipo.

Hai capito qualcosa in più di Alessandro in questi mesi?

Bisogna ancora lavorare tanto su tutti i fronti (sorride e abbassa lo sguardo, ndr). Guardando a come era andata l’anno scorso, mi aspettavo un po’ di più, però non è stato l’anno che volevo e adesso non vedo l’ora di staccare per poi ricominciare con il prossimo.

In ogni tappa del Tour of Guangxi è capitato di fissare colpi d’occhio come questo, legato alla bellezza e alla tradizione
In ogni tappa del Tour of Guangxi è capitato di fissare colpi d’occhio come questo, legato alla bellezza e alla tradizione
Si torna subito a casa?

Dopo il Tour of Guangxi era prevista da tempo una sosta in Francia con la squadra per fare il primo ritiro, un passaggio rapido per organizzare il prossimo anno e fare le prime visite mediche.

Uno degli appunti che ti venne mosso è che forse stavi passando professionista troppo presto.

Diciamo che adesso la tendenza è questa, è la normalità. Poi il tempo dirà la sua. Quello che posso dire sinora è che sto facendo esperienza e non sono anni che passano a vuoto. Nel 2022 l’Arkea era una professional, quest’anno siamo nel WorldTour. Ho fatto anche il primo grande Giro, classiche monumento come la Sanremo e il Lombardia. Fino ad ora, anche se non è stato l’anno che mi aspettavo, ho avuto la possibilità di fare molte esperienze.

Nell’arrivo in salita di Nongla, Verre ha pagato dazio alla condizione non eccellente: 39° a 1’57”
Nell’arrivo in salita di Nongla, Verre ha pagato dazio alla condizione non eccellente: 39° a 1’57”
L’anno scorso eri l’unico italiano della squadra, poi è arrivato Mozzato…

E dal 2024 ci sarà anche Albanese e questo mi fa molto piacere. In più da quest’anno abbiamo preso bici italiane, quindi diciamo che c’è molto di Italia in squadra.

Che tipo di inverno ti aspetti?

Torno con la voglia di lavorare, anche se andrò con i freni più tirati rispetto allo scorso anno. Vedremo con la squadra se ci sarà qualcosa da cambiare oppure no, anche se a mio parere sarà sicuramente così, vedendo quest’anno. Ne sapremo di più la prossima settimana.

Che cosa cambieresti?

L’inverno scorso, ho lavorato molto di più sulla parte della palestra, forse troppo. Magari si potrebbe eliminare un po’ di quel lavoro e aggiungere qualche ora in più di bici.

In corsa accanto a Baroncini, suo compagno alla Colpack: i due si confrontano spesso
In corsa accanto a Baroncini, suo compagno alla Colpack: i due si confrontano spesso
Fra coetanei italiani, vi trovate a parlare di come vanno le cose?

Certo, mi trovo spesso in corsa con Filippo Baroncini, con cui ho corso alla Colpack. Abbiamo iniziato entrambi la stagione in Australia e l’abbiamo finita qui in Cina. E ogni volta che ci incontriamo, parliamo molto. Ci raccontiamo le nostre esperienze in squadra e ci confrontiamo un po’ anche sui modi di lavorare.

Se potessi scegliere, vorresti tornare al Giro?

Sono un po’ indeciso, in realtà. Di solito, da italiano, mi verrebbe da scegliere il Giro. Però da giovane, mi viene da dire di più la Vuelta. Se non dovessi recuperare bene le fatiche del Giro d’Italia, me le porterei per tutto il resto dell’anno. Alla Vuelta invece, si è quasi a fine stagione, quindi un po’ mi salverei e mi troverei tutto quel lavoro per l’anno successivo.

Il ritorno di Valerio Conti, appena prima delle vacanze

17.10.2023
5 min
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Lo avevamo lasciato alla vigilia del campionato italiano, ma quello non era il vero Valerio Conti. Almeno non fisicamente, perché gli effetti della caduta rovinosa al Giro d’Italia si sentivano ancora. Terza tappa, esito infausto delle lastre: frattura del bacino. Un mese per riprendersi, ma con tanti problemi di postura, di efficienza della pedalata che solo il tempo ha potuto cancellare, insieme al suo lavoro guidato da osteopata e fisioterapista.

Ritroviamo il romano all’indomani del ritorno dal Tour of Hainan, dove ha portato a casa un importante quinto posto nella classifica generale che, proprio in base a quel che è successo quest’anno, assume un valore molto maggiore. Conti è tornato alla sua piena efficienza, quel corridore che non parte mai per ottenere un semplice piazzamento e che non nasconde mai le sue ambizioni.

«Sinceramente questi risultati me li aspettavo – esordisce – perché ho reagito bene dopo gli infortuni e uso il plurale appositamente perché non c’è stato solo l’incidente al Giro. Tanta gente si sarebbe arresa, ma sentivo che dovevo reagire, uscire dall’incubo, essere determinato. Ho visto che nelle gare di settembre andavo bene, finivo spesso vicino ai primi 10, ho capito che ero pronto».

Conti in gara ad Hainan, dove ha colto tre top 10 finendo quinto in classifica a 15″ da Sevilla (foto Facebook)
Conti in gara ad Hainan, dove ha colto tre Top 10 finendo quinto in classifica a 15″ da Sevilla (foto Facebook)
Che corsa hai trovato in Cina?

Per me è una corsa che si affermerà e che presto entrerà anche nel WorldTour. Organizzata benissimo, oltretutto dà una marea di punti Uci, quindi è vista con molta attenzione anche dalle squadre della massima serie. Non è durissima, ma fa tanto caldo che con l’umidità la rende davvero pesante. Era su 5 tappe, ma solamente due avevano davvero peso per la classifica.

Il risultato finale ti ha soddisfatto?

A posteriori direi che si poteva anche fare meglio, anche vincerla. Nella prima delle due tappe di salita ero nella fuga giusta, ma sono rimasto chiuso allo sprint. Nella seconda eravamo in 4 davanti a giocarci non solo la vittoria di tappa ma anche il Giro. E’ stato bravo Sevilla a rientrare su di noi, ma d’altronde non è un corridore che scopriamo oggi. Paradossalmente però sono proprio queste considerazioni che mi danno morale, significa che con un pizzico di fortuna in più si potevano fare davvero grandi cose.

Il secondo giorno il romano ha anche vestito la maglia di leader della classifica a punti (foto Facebook)
Il secondo giorno il romano ha anche vestito la maglia di leader della classifica a punti (foto Facebook)
Eri già stato in Cina?

Ci avevo corso 9 anni fa, quand’ero alla Lampre. Fu anzi allora che iniziò la moda delle corse asiatiche di fine stagione, utili per fare gruppo e anche per sgrezzare i più giovani. Hainan è un’isola bellissima, piena di turisti, con strade fantastiche, enormi e pulite. Poi devo dire che tutta la trasferta è stata davvero piacevole, si è formato un bel gruppo.

L’amarezza per com’è andata la stagione è quindi svanita?

In parte. Ho imparato che basta davvero un secondo per cambiare tutto: ero andato al Giro pieno d’ambizioni, con una condizione che non ricordo di avere mai avuto, ma tutto è svanito in un attimo. Ho imparato anche che l’aspetto morale spesso conta più di quello fisico, se non hai l’umore giusto non ti riprendi e alla fine molli. E’ la testa che fa la differenza, devi pensare che il periodo brutto presto finirà, ma questo non vale solo nel ciclismo, credo sia una regola valida per ogni lavoro.

Il Team Corratec al via in Cina, con Dalla Valle vincitore di una tappa e della classifica a punti (foto Instagram)
Il Team Corratec al via in Cina, con Dalla Valle vincitore di una tappa e della classifica a punti (foto Instagram)
Tu hai già il contratto per la prossima stagione, questo è stato un aiuto?

Sì, ma devo dire che la squadra mi è stata sempre vicina. Sembrerà strano, ma a dispetto di quanto è successo è l’anno nel quale mi sono divertito di più, mi sono sentito maggiormente a mio agio nel gruppo. Tanto è vero che se anche mi fosse arrivata un’offerta avrei rifiutato, perché questo è l’ambiente per me adesso.

La tua ripresa è purtroppo coincisa con la fine della stagione…

Lo so, infatti non starò fermo molto, voglio riprendere presto. Per fortuna chiudo la stagione non solo con un buon risultato, ma anche con la voglia di tornare subito in sella e questo credo sia utile per preparare la meglio il 2024.

Conti al Matteotti, chiuso con un 12° posto di buon auspicio per la trasferta
Conti al Matteotti, chiuso con un 12° posto di buon auspicio per la trasferta
Ti sei posto qualche obiettivo particolare?

Avrei detto il Giro d’Italia, ma non solo come termine di riscatto dopo quanto successo quest’anno. Per un corridore italiano la corsa rosa è il massimo, in me ha sempre suscitato un fascino particolare.

Che cosa ne dici della prossima edizione appena ufficializzata?

Era tanta l’attesa, sono anche andato appositamente alla presentazione. E’ un Giro durissimo, sin dalle sue primissime battute. Io credo che con una conformazione del genere i distacchi saranno ben distribuiti e nella terza settimana la situazione di classifica sarà già abbastanza chiara. Io chiaramente non ci guardo, ma devo dire che con quel disegno, occasioni per le fughe non mancheranno. Starà a me farmi trovare pronto e cercare di entrarci.

Giro d’Italia: ancora una sfida per scalatori, ma spazio per tutti

13.10.2023
8 min
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TRENTO – E’ un Giro d’Italia nel segno dell’equilibrio. Anticipazioni, rumors… la rincorsa per dare il tracciato prima di tutti si è conclusa. Questa sera infatti, presso il Teatro Sociale di Trento, sono definitivamente calati i veli sulla prossima corsa rosa, il 107° Giro d’Italia, che andrà in scena dal 4 al 26 maggio 2024.

Da Torino a Roma: 21 tappe, 3.321,2  chilometri, 42.900 metri di dislivello, 7 arrivi in quota, due giorni di riposo, due crono e Cima Coppi fissata sul Passo Stelvio alla 16ª frazione. Tante novità, tra cui il Mottolino, regno dei biker a Livigno, che sarà l’arrivo off-limits tipo il Lussari l’anno scorso.

Ma in generale non sarà un Giro d’Italia impossibile e questo potrebbe essere un vantaggio per lo spettacolo, con una corsa meno ingessata.

Un Giro diverso

E’ un Giro diverso. Che segna un cambio di rottura con i percorsi del passato. Mauro Vegni ha disegnato qualcosa che potremmo interporre tra l’ultima Vuelta e l’ultimo Tour de France, ma senza perdere la personalità del Giro.

Due crono lunghe, per i tempi attuali, un pizzico di sterrati, una bella dose di salite ben distribuite nell’arco delle tre settimane…

Vegni stesso ci parlò dell’obiettivo di spalmare il dislivello e a quanto pare ci è riuscito. E lo ha ribadito con orgoglio sul palco di Trento. Come dicevamo: un Giro all’insegna dell’equilibrio.

Si parte… con Nibali

Ma entriamo nel dettaglio del percorso. E iniziamo dalla Grande Partenza, presentata qualche giorno fa a Torino e fino ad arrivare al primo giorno di riposo.

La partenza con Oropa piazzata alla seconda tappa ha catturato Vincenzo Nibali. «E’ un bel Giro – ha detto lo Squalo, che ha anche presentato la serata – ma non mi avrebbe messo nelle condizioni ideali, perché quell’arrivo ad Oropa mi avrebbe costretto ad arrivare in condizione. Essere subito pronti sarà una chiave tecnica di questa edizione».

«Però vedendo il finale, dico che c’è davvero tanto: è bello. E’ un Giro in controtendenza rispetto a quelli degli ultimi anni. Questo percorso mette i corridori che vogliono far classifica sulle spine. Come detto, partenza dura. Poi c’è una parte centrale molto tecnica, difficile, con delle cronometro, dei passaggi che possono essere tranelli come lo sterrato (Rapolano Terme, ndr) o alcune frazioni sull’Appennino. Infine c’è la terza settimana, che lascia tanto spazio per mettersi in mostra e inventarsi qualcosa».

Velocisti, a voi

La seconda settimana, si apre con l’insidiosissima Pompei-Cusano Mutri, arrivo inedito per il Giro d’Italia. E questa cosa ci ha colpito moltissimo. Però propone anche due arrivi totalmente per i velocisti: Francavilla e Cento.

«Io credo che la frazione che parte da Pompei – prosegue lo Squalo – Vegni l’abbia messa lì appositamente. Si sa che il giorno seguente a quello di riposo propone delle difficoltà e per questo dico che per me è una scelta voluta. Se stai male in un giorno così sono dolori. Si potrebbe assistere anche ad un cambio importante in classifica».

Il che è legittimo. E’ legittimo pensare di arrivare a quella frazione con una classifica ben assestata dopo la doppietta di Perugia (crono individuale) e Prati di Tivo (arrivo in salita). Ed Oropa chiaramente.

La seconda settimana si chiude poi con quella che Nibali reputa la tappa più dura: la Manerba del Garda-Livigno: 220 chilometri. Nel finale ci sono il Foscagno, salita “cattiva” e lunga, e il Mottolino. Per salire ai suoi 2.300 metri si sta già pensando a compattare il fondo di quella che di fatto è una pista da sci d’inverno e un trail in mtb d’estate.

«Questa è dura davvero. Per me è la tappa simbolo di questo Giro d’Italia. Se io vi avessi partecipato, avrei cerchiato in rosso questa frazione. Le salite sono lunghe, dure e arrivano dopo altre salite e comunque al termine di due settimane intense. Senza contare che si raggiungono quote importanti»

Dolomiti, Grappa e Roma

Dopo il giorno di riposo a Livigno, il Giro d’Italia riparte in direzione delle Dolomiti. E lo fa ancora con tante salite in successione: Eira, Foscagno e soprattutto la Cima Coppi per eccellenza, lo Stelvio.

Abbiamo detto che ci sembra una terza settimana meno monster, ma a ben vedere, le salite non mancano neanche stavolta. Santa Cristina di Val Gardena, Brocon, Sappada, che su carta è la più facile ed è anche l’ultimo arrivo in quota del Giro, e infine il Monte Grappa, il cui traguardo però è a Bassano, in pianura.

Nibali rievoca bei ricordi di questa tappa. E’ qui – ad Asolo – che lo Squalo conquistò la prima tappa al Giro nel 2010 con una planata delle sue. Probabilmente questa sarebbe stata ancora la sua frazione.

«La tappa del Monte Grappa – spiega Nibali – non va sottovalutata. La sua doppia scalata non è uno scherzo. Il Grappa, già quando lo fai una volta, ti fanno male le gambe. Farlo due volte è durissimo. In generale, il bello di questo percorso fa sì che ci si debba muovere prima del finale. E non essendo così impossibile potrebbe regalare una corsa più aperta. E quindi più spettacolare».

Corsa rosa a Livigno: spot potentissimo per il territorio

13.10.2023
6 min
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MILANO – Il Giro d’Italia torna in Valtellina e lo fa con un programma di tutto rispetto. L’arrivo a Livigno dopo la partenza da Manerba del Garda, per la tappa più lunga della corsa. Il giorno di riposo del lunedì. E la ripartenza dell’indomani con lo Stelvio nei primi chilometri e l’arrivo in Val Gardena. Se già una crono all’indomani del riposo può dare qualche grattacapo, immaginiamo cosa potrà accadere con un tappone alpino di tale portata.

Chiusa la stagione estiva, Livigno si prepara ad accogliere gli sciatori. A maggio poi tornerà il Giro (foto Carpe Diem)
Chiusa la stagione estiva, Livigno si prepara ad accogliere gli sciatori. A maggio poi tornerà il Giro (foto Carpe Diem)

Valtellina e Giro d’Italia

Qui però spostiamo l’attenzione dal fronte tecnico (di cui leggerete a breve a firma di Filippo Lorenzon) verso quello turistico, per capire che cosa ci sia dietro l’arrivo del Giro d’Italia in un territorio già noto come quello di Livigno, centro d’eccellenza per gli sport invernali e ritrovo estivo per corridori e amatori. Per farci un’idea siamo saliti al 32° piano del Palazzo Lombardia, da cui Milano sembra una cartolina, per parlare con Massimo Sertori, classe 1968, Assessore agli Enti locali, Montagna, Risorse energetiche, Utilizzo risorsa idrica, nonché valtellinese purosangue (in apertura è sullo Stelvio). Per ispirazione o per una fortunata casualità, Sertori al cicloturismo crede da anni e sta approfondendo i progetti che puntano alla sua crescita.

«Fu quasi una cosa accidentale – ricorda – mi ritrovai in un’azienda agricola durante una presentazione. Proiettavano lo sviluppo del turismo bike e tutto quello che ci girava attorno in Paesi come Germania, Olanda, Austria. Stava vivendo una crescita esponenziale, ma in Italia ancora non era così. Si intuiva un bel futuro per la mobilità dolce. Ricordo che la cosa mi aveva entusiasmato, poi l’incontro con una persona competente come Gigi Negri (motore del turismo valtellinese, ndr) mi permise di mettere a fuoco esigenze e potenzialità del territorio».

L’incontro fra i due avviene quando Sertori è ancora presidente della Provincia di Sondrio e inizia presto a dare buoni frutti. Nasce una strategia volta a potenziare il legame fra ciclismo e turismo. Fra le azioni messe in campo, il passaggio del Giro d’Italia accende la luce con la potenza della diretta televisiva e le imprese dei campioni.

Il Sentiero Valtellina permette ai cicloturisti (anche dalla Svizzera) di pedalare dal lago di Como alla Valtellina
Il Sentiero Valtellina permette ai cicloturisti (anche dalla Svizzera) di pedalare dal lago di Como alla Valtellina
Quali effetti produce il Giro?

Si può capire dalla presentazione appena svolta a Trento. Noi lo abbiamo… utilizzato più volte come vetrina per un’area che ha passi storici e noti, che con il passaggio della corsa sono stati esaltati. D’altra parte, gli enti locali hanno spinto molto ad esempio sul Sentiero Valtellina e in particolare sul collegamento della Svizzera con il Lago di Como, una destinazione molto richiesta. In quest’ottica, la via ciclabile diventa un’infrastruttura, che ha aperto una serie di scenari dei quali inizialmente non eravamo consapevoli neppure noi.

Ad esempio?

Prima che ci fosse quel Sentiero, che percorre il territorio a ridosso dell’Adda, si pensava alla Valtellina soltanto in termini di montagna, terrazzamenti e passi alpini. Non si pensava quasi mai ai territori della bassa valle, conosciuti da pescatori, cacciatori e dai gestori dei silos. In realtà quel percorso ha offerto una nuova prospettiva. Io sono valtellinese, ma non essendo pescatore né cacciatore, conoscevo quelle zone perché i miei avevano un’azienda e andavano nella zona dei silos di sabbia. Oggi da quelle parti si fa dell’ottimo rafting, che propone la visione del paesaggio dal fiume.

E’ l’auspicata valorizzazione del territorio.

Non bisogna ragionare per comparti stagni, per cui adesso la prospettiva è quella di fare un sentiero a mezza costa, per riscoprire altre situazioni. Come ad esempio quella legata al vino, altro settore molto trainante dell’economia valtellinese. La mobilità dolce fa parte di questo movimento, tanto più che con l’avvento della pedalata assistita, anche gli strumenti a disposizione sono migliorati e tante persone possono avvicinarvisi. Negli anni 80 sognavamo tutti la moto, ora vedo ragazzi che sudano sulle bici e questo lo trovo molto azzeccato.

Non a caso infatti i numeri sono in crescita.

Io credo che l’Enjoy Stelvio Valtellina e più in generale la chiusura al traffico dei passi siano diventati importanti per il forte coinvolgimento del pubblico. Ma credo che sia ancora più importante il messaggio culturale che viene dato, perché la gente sta apprezzando sempre di più la qualità della vita, spesso legata non solo al mestiere che facciamo, ma anche a come utilizziamo il nostro tempo libero. 

Poco fa ha parlato del rapporto con gli svizzeri: c’è collaborazione su questo fronte?

Per anni la Val Poschiavo è stata la via di transito per le auto che andavano a Livigno e non si fermavano per niente. Il fatto invece di promuovere il ciclismo, cui anche loro tengono, fa sì che le presenze si dividano e che si lavori con un obiettivo comune.

I Laghi di Cancano sono fra le mete messe in risalto da Enjoy Stelvio Valtellina
I Laghi di Cancano sono fra le mete messe in risalto da Enjoy Stelvio Valtellina
Livigno richiama così tanto?

Livigno da sola fa il 50-60 per cento delle presenze turistiche di tutta la provincia. Negli anni 80 sono stati bravi a destinare le risorse che ricavavano dal fatto di essere una zona extra doganale. Hanno investito sul turismo, rifacendo quasi tutti gli alberghi e oggi vivono di luce propria. Non hanno più bisogno di auto e autocarri che salgono per fare il pieno a minor prezzo. Ma questo non può compromettere le strategie, anche turistiche, che invece bisogna fare assieme agli svizzeri. Il Giro d’Italia ci unisce. Se lavoriamo insieme ci possono essere dei benefici per entrambe le comunità.

E’ vero che state lavorando per portare a Livigno anche il Giro di Svizzera?

C’è del vero (ammette sorridendo, ndr) e sarebbe la prima volta che la corsa viene in Italia. Si sta lavorando. Si sono creati i contatti per portarlo e per creare una situazione positiva e virtuosa con la Svizzera. Ci teniamo molto.

Manca qualcosa perché la Valtellina raggiunga gli standard di quella presentazione della primisima ora?

Ci stiamo lavorando, non è ancora completa: i tasselli ci sono e adesso dobbiamo ordinarli. La nostra montagna ha dei potenziali incredibili ancora non espressi, ma indirizzati. Bisogna lavorare ancora molto per comporre l’immagine finale, puntando sempre di più sulla qualità e la sicurezza, piuttosto che sulla quantità.

L’Accademia del Pizzocchero di Teglio ha puntato forte sull’autunno, con successo. La bici è l’abbinamento ideale (foto Prima la Valtellina)
L’Accademia del Pizzocchero di Teglio ha puntato forte sull’autunno, con successo. La bici è l’abbinamento ideale (foto Prima la Valtellina)
Manca tanto invece perché il turismo estivo agganci come numeri quello invernale?

Un aspetto legato non solo alla Valtellina, ma più in generale al turismo della montagna, era che se lavoravi bene d’inverno, in estate potevi anche accontentarti. Poi si è capito che magari si poteva allargare il discorso, perché per chi gestisce un’attività ricettiva, un conto è avere 6-8 mesi di attività e altra cosa è poter lavorare tutto l’anno. La destagionalizzazione è sempre stata un cavallo di battaglia, che abbiamo sempre cercato di spingere anche politicamente. Basti vedere il successo che ha in autunno a Teglio l’Accademia del Pizzocchero. Tutto serve per valorizzare il territorio e così il collegamento con sport, mobilità dolce e bike diventerà sempre più semplice.

Lucca, il primo anno da pro’ fra luci e qualche rimpianto

11.10.2023
4 min
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CARPI – Ogni ciclista sa che nel professionismo trova il primo step verso la propria realizzazione. Una volta fatto il salto tra i “grandi” bisogna riordinare le idee e fare i conti con un mondo che va a velocità folli, dove cane mangia cane. La storia di Riccardo Lucca che vi abbiamo già raccontato, dimostra che il passaggio tra i pro’ è un momento delicato da non sottovalutare anche se all’anagrafe hai 26 anni. 

Siamo a Carpi, a pochi minuti dalla partenza del Giro dell’Emilia e Riccardo scende dal bus della Green Project-Bardiani CSF Faizanè per fare un bilancio di questo suo primo anno da professionista. Disponibilità e gentilezza sono due caratteristiche che il giovane trentino non ha sicuramente perso. 

Per Lucca il 2023 si chiuderà con 70 giorni di corsa a dimostrazione si un ottima costanza
Per Lucca il 2023 si chiuderà con 70 giorni di corsa a dimostrazione si un ottima costanza
Come arrivi a questo finale di stagione?

In buona condizione, meglio di altri periodi anche rispetto agli scorsi anni. Anche se sono proprio due cose diverse. Facevo appuntamenti importanti e alcune gare coincidevano, ma non puoi paragonarle.

Com’è andato questo tuo anno da neo pro’?

Ho fatto fatica rispetto come mi aspettavo. E’ stato un avvio di stagione con un calendario super, perché ho iniziato con il UAE Tour, poi abbiamo fatto la Strade Bianche, la Tirreno e la Sanremo. Insomma, quando è arrivato il Giro non ero troppo pronto, quindi non sono stato selezionato.

E la seconda parte di stagione?

Siamo andati in Cina e abbiamo fatto un super lavoro vincendo la generale. Sento di aver trovato un buon ritmo.

A livello di preparazione senti di essere arrivato pronto a questo passaggio?

L’anno scorso ho corso tanto, senza aver mai un mese in cui stavo completamente fermo. Così anche quest’anno, perché lo finisco con 70 giorni di gara. C’è stato il periodo prima del Tour of the Alps, dove sono stato un mese senza correre, però comunque va a finire che vai in montagna e non si può dire che ti fermi.

Per Lucca il primo anno da professionista è stata l’occasione per aggiustare la preparazione
Per Lucca il primo anno da professionista è stata l’occasione per aggiustare la preparazione
Ti rimproveri qualcosa in questa stagione? Hai detto prima che non sei stato selezionato al Giro d’Italia…

Secondo me ho iniziato troppo piano, perché non ero nella condizione in cui sarei dovuto essere. Con il calendario che mi aspettava non ero prontissimo. Insomma, se già a inizio anno ti ritrovi un po’ a inseguire, questa cosa ti destabilizza, quindi ho imparato che il prossimo inverno devo lavorare molto di più.

Ti è mancato qualcosa a livello di preparazione o fisico?

Al livello di preparazione. A Maiorca abbiamo preso la neve e mi sono raffreddato. Quello un po’ mi ha destabilizzato la prima parte di stagione. Certe cose non le puoi prevedere. Però recrimino il fatto di non essere arrivato pronto come avrei dovuto

La partecipazione al Giro d’Italia 2024 sarà tuo obiettivo primario?

Assolutamente sì. Com’è giusto che sia, questo primo anno mi è servito anche per prendere le misure in vista delle corse importanti. 

Riccardo Lucca alla Strade Bianche 2023
Riccardo Lucca alla Strade Bianche 2023
Nella Green-Project hai trovato un ambiente che ti è piaciuto?

Un bel gruppo con tanti giovani. Certi fanno solo un calendario U23 quindi li vedi un po’ meno. Però siamo un team affiatato e questo è importante, perché stiamo tanto in giro e altrimenti ti peserebbe troppo. 

Hai legato con qualcuno in particolare?

Sì, un po’ più con quelli con cui ho fatto il ritiro, quindi Santaromita e Nieri, con cui mi sono trovato molto bene. Poi a fine anno le strade si dividono, come succede in ogni squadra del resto. 

Per il prossimo anno ti sei dato degli obiettivi?

Non al momento. Non avendo ancora un calendario definitivo preferisco chiudere questa stagione nel modo giusto. Non si sa ancora se faremo la trasferta in Argentina o da dove inizierò io. So solo che durante questo inverno dovrò lavorare di più per farmi trovare più pronto indipendentemente dalle gare.