Voci da Andorra: Ciccone prenota una ripartenza alla grande

17.07.2025
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L’ultima volta che lo abbiamo incontrato, Roma intorno celebrava le maglie del Giro e Ciccone si era avvicinato per un saluto mentre insieme a sua moglie Annabruna stava cercando di raggiungere il pullman della Lidl-Trek. La corsa del team americano era stata così travolgente, che anche l’abruzzese, ritirato sul più bello per la caduta di Gorizia, aveva voluto essere presente per festeggiare con i compagni (in apertura la sua esultanza dopo aver propiziato la vittoria di Pedersen a Durazzo, ndr). Sorrideva, ma era anche mogio. Poi, sorridendo, aveva raccontato di aver trascorso gli ultimi due giorni a casa di Michele Bartoli (il suo allenatore, ndr) che lo aveva rimpinzato di buon cibo toscano per impedirgli di pensare all’occasione sfumata. Non sapeva se sarebbe andato a Parigi per assistere alla finale del Roland Garros fra il suo amico Sinner e Alcaraz (speriamo non sia andato: l’umore sarebbe peggiorato ulteriormente). Poi “Cicco” è scomparso, dietro alla rieducazione e alla ripresa della preparazione.

Quando finalmente si è riconnesso col mondo, al netto di qualche apparizione sui social per tifare il Sinner (questa volta vittorioso a Wimbledon), lo abbiamo intercettato ad Andorra. Mentre il Tour entra nel vivo, la sua estate ha la forma della ricostruzione della condizione e della fiducia, in attesa del rientro a San Sebastian e poi della Vuelta che partirà da Torino.

Dopo la caduta di Gorizia, che ha provocato la ferita al quadricipite destro, Ciccone ha dovuto lasciare il Giro
Dopo la caduta di Gorizia, che ha provocato la ferita al quadricipite destro, Ciccone ha dovuto lasciare il Giro
Torniamo per un istante al Giro: quanto è stato doloroso doverlo lasciare?

E’ stato molto difficile. In generale lasciare una corsa è sempre difficile, specialmente quando le cose stanno andando bene. Lo è stato ancora di più soprattutto per il clima più che ottimo che c’era nella squadra. E’ stata proprio una bella mazzata. Sono i casi in cui fa più male l’anima del corpo. Alla fine il corpo è abituato a prendere botte, mentre il dolore mentale è un’altra cosa. Tu sei lì che ti fermi e il Giro va avanti. Il dolore di testa non va via tanto facilmente.

Tanto più che le cose stavano andando bene, giusto?

Stavano andando super bene. Avevo passato gli esami più difficili, vale a dire le cronometro e lo sterrato. Secondo me ero in un ottimo stato di forma e dovevano ancora arrivare le tappe più adatte a me. Avrei fatto bene, questa è la mia sensazione. E poi è vero, sono stato da Bartoli nei giorni dopo la caduta: diciamo che è stata una sorta di mini vacanza. Abbiamo cercato di non concentrarci sul Giro, su quello che era andato perso, ma di risollevarci un po’ il morale. Di pensare agli obiettivi più grandi che devono arrivare. Di farci forza pensando a quanto di buono è stato fatto e prenderlo come spunto per i prossimi obiettivi.

Ciccone era arrivato al Giro come meglio non poteva e infatti era nel vivo della corsa
Ciccone era arrivato al Giro come meglio non poteva e infatti era nel vivo della corsa
Quanto tempo sei rimasto fermo?

Completamente fermo per 10 giorni, senza bici. Poi ho iniziato a muovermi, a fare qualche allenamento, ma molto tranquillo, per un’altra decina di giorni. Quindi in totale direi che sono stato fermo una ventina di giorni: 10 senza bici, 10 molto molto easy. Il dolore è sparito del tutto, però comunque c’era una lesione sul quadricipite, quindi sul muscolo principale della gamba. Ancora adesso è rimasta la cicatrice sul tessuto e stiamo continuando a lavorare per recuperare la piena efficienza, ma il dolore nel frattempo è sparito.

Stai lavorando per un obiettivo specifico? Pensi al mondiale?

Per ora obiettivi ne ho tanti, perché mi piace rientrare competitivo, quindi sto lavorando bene in quota qui ad Andorra. Preferisco non pensare a una gara precisa, voglio rientrare forte. Voglio tornare a stare bene come al Giro d’Italia e voglio lasciare il segno da qui a fine anno. Il mondiale è nei radar, ne ho parlato con Marco Villa. Ci siamo sentiti, però dobbiamo ancora definire tutto. Io da parte mia sono disponibile per fare bene, a patto che riesca ad essere competitivo. Non mi andrebbe di fare solo presenza, quello non lo non lo vorrei mai e soprattutto la nazionale non lo meriterebbe.

Lo scorso anno a Zurigo, Ciccone ha corso il primo mondiale da pro’
Lo scorso anno a Zurigo, Ciccone ha corso il primo mondiale da pro’
Quindi il programma sarebbe?

Ora sono ad Andorra con i miei compagni di squadra. Il rientro è previsto a San Sebastian, poi Vuelta Burgos e la Vuelta di Spagna. Poi c’è da capire il discorso del mondiale e le gare di fine anno fino al Lombardia.

Lo spirito è quello giusto. La seccatura di essersi fermato sulla porta del grande risultato ha lasciato una cicatrice sull’anima al pari di quella che la caduta di Gorizia ha lasciato sulla gamba. Il Lombardia dello scorso anno lo vide sul podio dietro Pogacar ed Evenepoel: quella è la sua dimensione. La sensazione che voglia riprendersela si fa parola dopo parola più forte.

Un viaggio nei pensieri di Tiberi: il Giro, la pausa e ora la Vuelta

11.07.2025
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Ripartire, far girare di nuovo le gambe e settare nella testa il prossimo obiettivo. Antonio Tiberi, in cima al Pordoi, insieme ai compagni del Team Bahrain Victorious ha iniziato a mettere nel mirino la Vuelta Espana. La corsa a tappa spagnola che partirà da Torino il 23 agosto sarà il secondo Grande Giro nella stagione del corridore laziale. 

«Staremo sul Pordoi – racconta Tiberi mentre riposa prima della sessione di allenamento in palestra – fino al 24 luglio. Faremo un bel periodo di allenamento in vista della Vuelta. Siamo saliti il 5 luglio e abbiamo già messo insieme una buona dose di bicicletta e di sessioni in palestra».

Dopo il Giro Tiberi si è concesso una vacanza per recuperare le energie fisiche e mentali (foto Instagram)
Dopo il Giro Tiberi si è concesso una vacanza per recuperare le energie fisiche e mentali (foto Instagram)

Ricaricare le batterie

Tiberi è ripartito dopo un periodo di stacco che è servito per metabolizzare la batosta del Giro, nel quale è stato tagliato fuori dalla lotta per la classifica generale nel giorno di Gorizia. Una caduta che ha rovinato i piani iniziali del ciociaro. 

«Al termine del Giro – riprende Tiberi – ho staccato completamente. Mi sono concesso qualche giorno a casa e una breve vacanza di cinque giorni all’Isola d’Elba. Serviva un periodo in cui resettare tutto per poi ripartire in vista della seconda parte di stagione. Sono anche andato a trovare i miei genitori a Roma in occasione del mio compleanno (il 24 giugno, ndr). Al termine di una prima parte di stagione senza mai fermarmi avevo bisogno di un momento così».

Dal 5 luglio è in ritiro con il team sul Pordoi e sta lavorando con la Vuelta nel mirino
Dal 5 luglio è in ritiro con il team sul Pordoi e sta lavorando con la Vuelta nel mirino
E’ stato difficile digerire la batosta morale del Giro?

Queste cose capitano, le cadute sono all’ordine del giorno nel ciclismo. Succede e non è colpa di nessuno. I giorni passati con gli amici, la mia ragazza e la famiglia sono serviti per rilassarmi e ricalibrare le forze a livello mentale. Ora che ho riposato sono pronto per l’altura e per lavorare in vista della Vuelta

Come si reagisce a un brutto momento come quello?

Dà sempre fastidio e fa male al morale perché abbiamo lavorato per tanti mesi e alla fine un imprevisto porta via tutto. Ripeto, sono cose che capitano. Chiaramente nei giorni successivi prevale il dispiacere, poi metabolizzi l’accaduto e vai avanti. Le cose si prendono anche per quel che sono. 

In questi giorni non manca il freddo pungente agli oltre 2.000 metri del Pordoi
In questi giorni non manca il freddo pungente agli oltre 2.000 metri del Pordoi
Tutti prima del Giro dicevano di averti visto con una grande consapevolezza dei tuoi mezzi, anche un episodio negativo fa parte degli step di crescita?

Resettare la mente dopo che sei stato per molti mesi concentrato su un obiettivo che per una caduta non si è riusciti a raggiungere non è semplice. Però sì, sento di aver imparato qualcosa sulla gestione anche nei momenti no. 

Quanto è stato importante arrivare a Roma?

Tanto. Si è trattato comunque di tenere duro e finire un Giro che mi ha chiesto tanto impegno mentale e fisico, soprattutto dopo la caduta. Ci sono stati giorni molto impegnativi nei quali ho lottato solamente per arrivare al traguardo. Finire quei ventuno giorni di corsa vuol dire averli messi nelle gambe e immagazzinati. 

Finire il Giro nonostante la caduta e le difficoltà per Tiberi è stato uno step sia fisico che mentale
Finire il Giro nonostante la caduta e le difficoltà per Tiberi è stato uno step sia fisico che mentale
Arrivi alla Vuelta con le stesse ambizioni che avevi al Giro?

Già lo scorso anno ero andato con l’obiettivo di fare una bella classifica. Fino al giorno del mio ritiro a causa di un colpo di calore ero andato bene. Avevo la maglia bianca ed ero quarto nella generale. Quindi sì, anche quest’anno andrò con in testa la classifica e cercherò di curarla al meglio, non nascondo di puntare al podio. Ora sono concentrato su questo nuovo obiettivo e vedremo come reagiranno il corpo e la mente.

In che senso?

Che comunque preparare due Grandi Giri in una stagione, con l’obiettivo di fare classifica, non è semplice. Il lavoro da fare è tanto e intenso sia a livello fisico che mentale. Un conto poi è affrontare certi carichi quando si arriva dalla pausa invernale e si è freschi. Un altro è farlo dopo una prima parte di stagione comunque esigente. Vero che l’ho già fatto lo scorso anno ma ancora non mi conosco al 100 per cento. Ho un’idea di quello che posso fare ma mi lascio sempre un piccolo margine. 

Ventuno giorni di corsa sono un carico che poi rimane nelle gambe e bisogna trovare il giusto equilibrio tra riposo e gara
Ventuno giorni di corsa sono un carico che poi rimane nelle gambe e bisogna trovare il giusto equilibrio tra riposo e gara
Cambierà qualcosa nella preparazione?

No, direi di no. Vero che il Giro e la Vuelta sono due gare molto diverse per le tipologie di salite che troveremo, però qui sul Pordoi abbiamo tanti scenari differenti e perfetti per prepararci al meglio. Al momento abbiamo ancora il doppio allenamento con al mattino bici e nel pomeriggio palestra, ma senza carichi eccessivi. 

Farai qualche gara prima della Vuelta?

Il Giro di Polonia. Insieme alla squadra abbiamo deciso di fare solo una gara. Mi trovo bene sia nel fare tanta altura sia quando faccio qualche corsa in più prima dell’obiettivo principale. La squadra ha scelto così e ci concentriamo al massimo per farci trovare pronti. 

Dieci domande a Ulissi e i suoi primi mesi alla XDS Astana

06.07.2025
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Diego Ulissi si sta godendo un po’ di meritato riposo nella sua Toscana al termine di una prima parte di stagione conclusa con il campionato italiano. Inizialmente il corridore del XDS Astana Team doveva essere al via anche del Tour of Austria il prossimo 9 luglio, ma alla fine si è optato per tirare il fiato. Abbiamo approfittato di questo suo momento di pausa per fare un punto sui primi mesi con il nuovo team.

«Vero – dice subito – il Tour of Austria era in programma, ma dopo il Giro d’Italia si è deciso di fare altre due corse, Gippingen e Giro dell’Appennino, per sfruttare la condizione. Le gambe stavano bene, infatti nella prima delle due ho chiuso all’ottavo posto, mentre nella seconda ho vinto». 

Al Giro dell’Appennino per Ulissi è arrivata la prima vittoria di tappa in maglia XDS Astana
Al Giro dell’Appennino per Ulissi è arrivata la prima vittoria di tappa in maglia XDS Astana
E’ la sedicesima stagione di fila nella quale trovi almeno un successo personale e la sensazione è che possa arrivare anche la diciassettesima.

Quando arrivi a una certa età – dice con un sorriso – non ci pensi a certe dinamiche. Questa stagione era iniziata con l’obiettivo di cercare risultati e fare tanti punti. Ne è scaturito un buon Giro d’Italia, a testimonianza che quando sono in condizione riesco ancora a dire la mia. Non nego che ogni anno diventa sempre più difficile, l’età avanza e riuscire a rimanere con i migliori è dura. Per la diciassettesima vedremo, ci pensiamo a dicembre. 

Come hai vissuto il cambio di squadra?

L’ambiente della XDS Astana mi ha dato grandi motivazioni e sono davvero felice di come sono andati questi primi mesi. Arrivato a una certa età servivano nuovi stimoli e obiettivi diversi. Qui c’era, e c’è ancora, questa sfida di lottare per ottenere punti e rimanere nel WorldTour. Ho accettato di buon grado e stiamo lottando. Dopo tanti anni in Lampre, che poi è diventata UAE, è normale che le strade si possano separare. Ci siamo lasciati bene.

Diego Ulissi (quinto da sinistra) è il road captain della XDS-Astana e la sua esperienza è importante per il team
Diego Ulissi (terzo da destra) è il road captain della XDS-Astana e la sua esperienza è importante per il team
Sei passato dalla formazione numero uno al mondo all’ultima.

Ora non lo siamo più (dice con una risata soddisfatta, ndr). Anzi nel 2025 siamo una di quelle che ha ottenuto maggiori risultati. Però quando sono arrivato in Astana non ho guardato al fatto di essere ultimi, ho guardato alla voglia di risollevarsi. Fino a pochi anni fa era uno dei team più forti al mondo. E’ il ciclismo e sono contento di dare una mano alla squadra per tornare dove merita, ma c’è ancora da fare. 

Si è parlato tanto dello spirito di squadra, che aria si respira?

Siamo felici, tutti stanno dando il loro contributo. A dicembre, nel primo ritiro, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito di essere davanti a una stagione difficile ma importante. 

Ulissi è tornato al Giro dopo un anno di assenza correndo da protagonista
Ulissi è tornato al Giro dopo un anno di assenza correndo da protagonista
Come hai vissuto questa sfida?

Con l’ottica che nulla va lasciato al caso. Anche le gare più piccole sono importanti e si deve lottare tutto l’anno. Devo dire che anche alla UAE Emirates vivevamo così la stagione, infatti erano e sono la squadra numero uno al mondo. Lottavamo per vincere tutto e ho cercato di trasmettere questa mentalità.

Sei tornato anche a correre in gare di primo piano.

L’anno scorso mi era mancato solamente un Grande Giro, le Classiche le avevo corse. Ci tenevo a correre il Giro d’Italia, lo avrei meritato. Quest’anno mi sono ripresentato al via e ho corso un Giro bellissimo. L’ho affrontato diversamente, sono tornato con ambizioni personali e maggiore libertà muovendomi bene. Ho anche preso la maglia rosa in Toscana. 

Il toscano ha indossato anche la maglia rosa per un giorno sugli sterrati di casa
Il toscano ha indossato anche la maglia rosa per un giorno sugli sterrati di casa
L’anno scorso ti era mancata questa libertà?

Ho sempre avuto lo stesso approccio alle gare, ovvero quello che deve avere un corridore di esperienza. La stagione scorsa ho comunque raccolto dei buoni risultati, ho fatto secondo in classifica generale al Polonia, ho vinto il Tour of Austria, ho fatto secondo in Repubblica Ceca. Ho sempre sostenuto che avere una squadra forte intorno sia un vantaggio. Quando posso aiuto e quando tocca a me sfrutto l’occasione. 

Al campionato italiano ha fatto secondo un tuo ex-compagno di squadra, Covi, lo hai sentito?

Siamo molto amici e spesso ci alleniamo insieme. Sì, ci ho parlato. Quando arrivi secondo c’è sempre quell’amaro in bocca difficile da buttare giù. Covi quest’anno è tornato a dimostrare il suo valore, ha già vinto e questo è importante. Poi chiaro che un campionato italiano è un’altra cosa, ma bisogna dare merito a Conca dell’azione e di come ha corso. 

Ulissi e Covi sono stati compagni di squadra al UAE Team Emirates e sono rimasti grandi amici
Ulissi e Covi sono stati compagni di squadra al UAE Team Emirates e sono rimasti grandi amici
Anche Covi sta vivendo una situazione simile alla tua in UAE, visto che è al secondo anno in cui corre un calendario di secondo piano…

Sono due situazioni diverse. Io sono a fine carriera, lui è ancora giovane. Entrano in gioco due situazioni differenti. Secondo me al momento questo calendario gli fa bene. Arriva da due stagioni difficili e sta trovando continuità. Poi fa tanti punti, fattore determinante nel ciclismo moderno. 

Tu quando ripartirai?

Dalle corse in Spagna di fine luglio. Poi sarò al Tour de Pologne e alle classiche del calendario italiano di fine stagione.

Ursus rende omaggio a Romain Bardet e al suo ultimo Giro d’Italia

01.07.2025
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Nel mondo del ciclismo professionistico, alcuni atleti trascendono i confini nazionali e i palmares, guadagnandosi un posto speciale nel cuore degli appassionati. Romain Bardet è senza dubbio uno di questi. Il ciclista francese, recentemente ritiratosi dal ciclismo su strada al Critérium du Dauphiné, ha ricevuto un’ondata di affetto e riconoscenza da parte di colleghi e tifosi. 

Per celebrare la sua straordinaria carriera e la sua ultima partecipazione a un Grande Giro, Ursus – partner quest’anno del team WorldTour del corridore francese – ha realizzato un toccante video tributo, diffuso sui propri canali social ufficiali. Il filmato, girato durante l’ultimo Giro d’Italia, offre uno sguardo esclusivo dietro le quinte, catturando le emozioni e i momenti salienti che hanno caratterizzato la sua ultima grande corsa a tappe. Questa iniziativa rientra nel più ampio progetto di Ursus, “Behind the Race”, ideato per raccontare la sua prima stagione al fianco di un team WorldTour. 

Dal 2021, dopo tanti anni trascorsi nel gruppo AG2R, Bardet è stato un punto di riferimento e capitano del Team dsm-firmenich PostNL (ora Team Picnic-PostNL), contribuendo in modo significativo ai successi della formazione olandese.

Un percorso di emozioni e successi

La carriera di Romain Bardet è stata costellata di momenti memorabili e prestazioni che hanno infiammato gli animi dei tifosi. Il suo nome è indissolubilmente legato al Tour de France, dove ha conquistato un secondo posto assoluto nel 2016 e un terzo nel 2017. Ha vestito la prestigiosa maglia a pois nel 2019 e si è aggiudicato ben quattro tappe della Grande Boucle, indossando la maglia gialla per un giorno nel 2024 al traguardo di Rimini. Sebbene non sia riuscito a riportare in Francia il tanto agognato titolo del Tour, il trentaquattrenne di Brioude ha saputo conquistare l’ammirazione generale grazie al suo spirito combattivo e alla sua integrità.

Oltre ai successi al Tour, il palmarès di Bardet vanta vittorie importanti come il Tour of the Alps nel 2022 e il Tour de l’Ain nel 2013. Ha inoltre conquistato una tappa alla Vuelta a Espana e un brillante secondo posto ai campionati del mondo di Innsbruck nel 2018, alle spalle del leggendario Alejandro Valverde. Al di là dei risultati, è stato il suo stile di corsa audace e aggressivo – sempre all’attacco, sia in salita che in discesa – a renderlo un’icona e un beniamino per generazioni di appassionati di ciclismo.

Le Proxima Team Edition

Negli ultimi mesi della sua carriera professionistica su strada, Romain Bardet ha potuto contare sulle eccellenti qualità tecniche delle ruote Ursus Proxima Team Edition. Questo modello di punta, in dotazione nel corso di questa stagione al Team Picnic PostNL, ha giocato un ruolo cruciale nelle performance della squadra, che si sta distinguendo sempre più nelle gare più importanti del circuito WorldTour. La partnership tra Ursus e il team olandese testimonia l’impegno dell’azienda italiana nel fornire prodotti all’avanguardia che supportano gli atleti ai massimi livelli, contribuendo a scrivere nuove pagine nella storia del ciclismo.

Il tributo di Ursus a Romain Bardet non è solo un omaggio a un grande campione, ma anche il riconoscimento di un atleta che ha incarnato i valori di passione, resilienza e dedizione che contraddistinguono il ciclismo. La sua assenza dalle corse lascerà un vuoto, ma il suo lascito e l’impronta indelebile lasciata nel cuore dei tifosi continueranno a ispirare le future generazioni di ciclisti.

Ursus

Formolo e il sindaco dello Stelvio: una (bella) storia di montagna

21.06.2025
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A Bormio il cielo è grigio. Del Toro è arrivato da svariati minuti, consolidando con la vittoria la maglia rosa che ieri a San Valentino di Brentonico è parsa traballare: nessuno può ancora immaginare ciò che accadrà sul Colle delle Finestre. Il Giro d’Italia si è lasciato alle spalle il Tonale e il Mortirolo, poi la salita delle Motte ha dato il colpo di grazia ai corridori più stanchi e fra questi c’è Davide Formolo. Il veronese ha lavorato per Einer Rubio, ottavo al traguardo a 16 secondi da Del Toro, poi si è staccato e ha raggiunto il traguardo, posto giusto all’imbocco della strada dello Stelvio. E nel momento in cui dovrebbe solo raggiungere il pullman per lasciare la bici e togliersi finalmente gli scarpini, dal pubblico salta fuori un signore anziano con i baffi che urla forte il suo nome.

Giro d’Italia 2025, Davide Formolo pedala al suo passo per raggiungere Bormio
Giro d’Italia 2025, Davide Formolo pedala al suo passo per raggiungere Bormio

Il sindaco dello Stelvio

Davide si volta. Lo riconosce e si commuove. «Sindaco – dice a voce alta – come stai, sindaco?». L’altro lo abbraccia, si aggrappa a lui così forte che ti verrebbe voglia di dividerli, pensando alla fatica del corridore. Però si vede che l’abbraccio è ricambiato. Se ne stanno lì per un minuto che sembra eterno. Uno che lo chiama Davide e l’altro che lo chiama Sindaco. La gente intorno osserva e fa foto. Silvano Ploner di RAI SPORT gira un video. Pensiamo al sindaco del suo paese in Valpolicella, ma che senso avrebbe? Finché l’anziano signore si stacca e Formolo mette lì parole che aiutano a capire, ma fino a un certo punto: «Lui è Giorgio – dice – è il sindaco dello Stelvio».

«Ho conosciuto Davide – racconta poco dopo Giorgio, che di cognome fa Cresseri e quassù è una celebrità silenziosa – quando era un ragazzino che veniva allo Stelvio in bicicletta e dopo siamo sempre rimasti in contatto. Tranne quando ha cambiato squadra ed è diventato un personaggio. Lo aspettavo da anni, perché ormai è difficile che venga ancora su dalle nostre parti. Adesso si allenano in altri posti, ma io gli ho sempre detto che se vuole vincere le gare, devi allenarsi sullo Stelvio, non nel deserto. Lo Stelvio è la strada che io faccio tutti i giorni, per me è la vita. Ho 78 anni, d’inverno ho il mio lavoro è qui a Bormio, d’estate vado su tutti i giorni».

D’inverno Cresseri, che ha lavorato anche con alcuni campioni dello sci, lavora nel laboratorio di famiglia (foto Okgo Ski Rent)
D’inverno Cresseri, che ha lavorato anche con alcuni campioni dello sci, lavora nel laboratorio di famiglia (foto Okgo Ski Rent)

Sono passate tre settimane, ma la curiosità c’è ancora e sarebbe un peccato non rispettarla. Così siamo tornati da Formolo, chiedendogli lumi. Cresseri, schivo come si addice alla gente di montagna, ha preferito non dire altro.

Davide, chi è il sindaco dello Stelvio?

Già da dilettante, quando correvo con Tortoli, prima del Valle d’Aosta o delle gare importanti andavo sullo Stelvio. Da solo o con qualche compagno di squadra che era stanco e doveva recuperare. Bene o male ci andavo tutti gli anni e ho continuato anche nei primi da professionista. Giorgio l’ho conosciuto perché lassù ha uno di quei negozi lungo la strada. In più è lui che gestisce la chiesetta, perché ha le chiavi e suona la campana. Penso che sia la persona più storica dello Stelvio.

E come l’hai conosciuto?

Alla fine, quando sei su ad allenarti, nel tempo libero ci sono quei negozietti e capita di andarli a vedere. La cima dello Stelvio è come un paesino, perciò bene o male dopo un po’ conosci tutti. La prima volta che l’ho incontrato ero nel mio hotel, che sta proprio sulla strada e ha un bellissimo bar, con delle torte molto buone. Perciò tutta la gente dello Stelvio lo ha scelto come punto di ritrovo per prendersi il caffè la mattina e salutarsi la sera prima di andar via. E mi ricordo che un giorno mi hanno presentato questo signore come il sindaco. E io ho pensato: lo Stelvio può avere un sindaco? Però ero ancora giovane e ci sono cascato. Poi ho scoperto che lo chiamano il sindaco perché è quello che da anni tira avanti la baracca.

Davide Formolo, la moglie Mirna e i figli Chloe e Theo: da quando ci sono loro, l’altura è soprattutto Livigno
Davide Formolo, la moglie Mirna e i figli Chloe e Theo: da quando ci sono loro, l’altura è soprattutto Livigno
Sapevi che sarebbe venuto all’arrivo di Bormio?

Non me l’aspettavo. Da quando sono arrivati i figli, andiamo a Livigno e non più sullo Stelvio, perché il paese è più comodo. E poi comunque era da un po’ che non andavo più in Valtellina, perché dal 2022 non ho più fatto il Tour. L’anno scorso poi con la squadra siamo andati ad Andorra. Con lui però ogni tanto ci siamo sentiti, perché è rimasta un’amicizia. Lo Stelvio per i ciclisti è un vero monumento naturale e lui è appassionatissimo di ciclismo.

Ci eri parso emozionato prima di Brentonico ricordando tuo nonno, eri emozionato incontrando il sindaco: che rapporto c’è fra te e le persone anziane?

Penso che le loro esperienze possano insegnarti veramente tante cose. Mi piace imparare dalle persone grandi, mi piace starle ad ascoltare.

Il sindaco vive in cima oppure sale e scende ogni giorno?

Lui vive a Bormio, la maggior parte di quelli che lavorano su, la sera chiudono e vanno via, a parte gli stagionali, che dormono negli hotel. Tutti a Bormio, tranne Richard, quello che fa i panini, che vive appena sopra Prato allo Stelvio. E così mi ha visto crescere. Io sono una persona molto affettuosa, mi lego alle persone con cui vale la pena. E lui è una persona vera. Ci siamo confidati, con lui sono riuscito a parlare. Quando sei in quei ritiri in altura, ti passano tante cose per la mente perché hai molto tempo per pensare e lui ha una certa età e tanta esperienza. Mi piaceva anche condividere certi miei timori che magari mi venivano durante la giornata.

Lo Stelvio è un paesino di pochi abitanti che si conoscono tutti (foto Stelvio Pass)
Lo Stelvio è un paesino di pochi abitanti che si conoscono tutti (foto Stelvio Pass)
Qual è stato un consiglio importante che può averti dato il sindaco?

Lui è un uomo di montagna, ha la scorza da montanaro e più che un consiglio, mi ha colpito per il suo stile di vita. Alla sua età è ancora lì, che sale e scende tutti i giorni, che tira avanti, che suona la campana quando apre il passo. Potrebbe benissimo stare a casa a guardare i nipoti che lavorano, invece è in prima in prima linea sul campo, in cima a quel passo in cui ci sono pochi hotel e pochi negozi. 

Un mondo a parte…

Si conoscono tutti. Sono sempre gli stessi, che sin da giovani si sono appassionati a una vita fatta di semplicità, perché per fare una vita così devi tornare veramente indietro alle cose semplici. Al giorno d’oggi viviamo in un mondo in cui la gente inizia a sclerare se non ha il supermercato a 500 metri da casa. Ci si abitua alle comodità e poi il supermercato lo vuoi a 300 metri. Mentre lassù la vita è scandita dall’apertura della strada e dall’aprire ogni giorno la bottega e vendere gadget ai turisti. Perché hanno capito l’importanza di apprezzare i sacrifici che la vita ti fa affrontare.

EDITORIALE / Più punti al De Gasperi che al Giro d’Italia

16.06.2025
5 min
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Tsarenko ha vinto il Trofeo Alcide De Gasperi che quest’anno da Cismon del Grappa è arrivato a Pergine Valsugana (in apertura sul podio con Jasch e Cretti, immagine Instagram/EliteWheels). Corsa internazionale di classe 1.2 che ha dato al vincitore 40 punti UCI. Il De Gasperi è stata per anni una classica dei dilettanti, ma da quando è stata inserita nel calendario internazionale è diventata appannaggio anche delle squadre pro’. Da quando è stata inserita nel calendario internazionale, ma soprattutto da quando la centralità del ranking ha aperto la caccia sfrenata ai punti. Prima le professional si vergognavano di andare alle corse dei dilettanti, ora sono fra le loro preferite. Nell’elenco dei partenti, oltre alle continental e i devo team, c’erano due sole professional: Vf Group-Bardiani e Solution Tech-Fantini.

Quaranta punti sono quelli che si è messo in tasca Carlos Verona, arrivando settimo a Sestriere: ben più dei 25 che nello stesso giorno ha conquistato Pellizzari. Quaranta punti li ha fatti Fiorelli ad Asiago e anche Vingegaard arrivando secondo alle spalle di Pogacar nelle tappe del Delfinato. Tsarenko (che ha poi vinto anche al Giro di Slovenia e che citiamo solo ad esempio, augurandogli una carriera luminosa) ci sarebbe riuscito?

Sestriere, penultima tappa del Giro: 45 punti per Marcellusi (6°), 40 per Verona (7°). Per la VF Group alla fine 400 punti
Sestriere, penultima tappa del Giro: 45 punti per Marcellusi (6°), 40 per Verona (7°). Per la VF Group alla fine 400 punti

Le prime trenta

Dal prossimo anno per partecipare a Giro, Tour e Vuelta e poter ambire alle wild card bisognerà rientrare fra le prime 30 squadre del ranking. Al momento la VF Group-Bardiani naviga in acque abbastanza tranquille, con il 27° posto. La squadra dei Reverberi infatti prende parte al Giro Next Gen, poi sarà al Val d’Aosta, avendo individuato nel calendario degli U23 un utile bacino di approvvigionamento.

Più in basso è invece il Team Polti-VisitMalta che ha disputato il Giro, ma si trova in 30ª posizione con 24,7 punti più della Solution Tech-Fantini. Se la battaglia si giocherà sul filo di pochi piazzamenti, la differenza verrà colmata con ogni genere di competizione, anche quelle dei dilettanti di un tempo, nei cui confronti il team di Basso e Contador finora non ha mai mostrato grande interesse. Giustamente, diremmo. Tuttavia se il criterio dei punti è predominante, prepariamoci ad assistere a battaglie senza esclusione di colpi e anche a scelte anacronistiche.

Il Team Polti-Kometa ha partecipato al Giro, con 412 punti portati a casa
Il Team Polti-Kometa ha partecipato al Giro d’Italia, con 412 punti portati a casa

Si chiude un’epoca

Fino a ieri, la partecipazione delle nostre professional al Giro era legata alla loro voglia di andare in fuga e a qualche talento da lanciare. Facevano spettacolo, tenevano desta l’attenzione, spesso a discapito degli ordini di arrivo. Quando il gruppo li prendeva, raramente i loro corridori riuscivano ad avere gambe per rilanciare e le tappe finivano in tasca agli squadroni. Ma se questo modo di essere non è più previsto dall’ordinamento mondiale del ciclismo, dobbiamo prepararci a non avere più le piccole squadre italiane al Giro d’Italia, ritrovandole invece in tutte le gare minori in cui hanno maggiori possibilità di fare punti.

Il risultato finale a ben vedere sarebbe la netta delimitazione fra serie A e serie B del ciclismo: l’esclusione dei piccoli sarà assicurata dai punti e dai soldi. Come nel calcio. Se così sarà, godiamoci il ricordo di Pellizzari che si scambia la maglia con Pogacar: corridori e scene così saranno presto impedite dal ranking. Con grave danno per il ciclismo italiano, che non ha altri difensori al di fuori dei suoi appassionati.

Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana: Giro 2024. Per quanti anni sarà ancora possibile una scena come questa?
Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana: Giro 2024. Per quanti anni sarà ancora possibile una scena come questa?

Un messaggio dalle Marche

«Prendiamo ad esempio un ragazzo dal sicuro valore come Tarozzi – ci scrive il marchigiano Francesco Andreani – che nel 2025 ha vinto la classifica dei GPM alla Tirreno e al Giro è stato il corridore che ha percorso più chilometri in fuga. Tirando le somme, ha solamente 8 punti nella classifica UCI. Un ragazzo che si piazza sesto al De Gasperi ne conquista 10. Il rischio è che corridori come Tarozzi saranno sempre meno appetibili ed è un peccato».

Ha ragione. Sembra un percorso irreversibile ed è un peccato che non crei allarme in chi guida la Federazione e potrebbe agire a livello internazionale per regolamentare, ad esempio, la possibilità di passaggio all’estero di corridori minori e non professionisti.

Un premio per i tanti chilometri di fuga di Tarozzi, ma quanti punti? Eppure la sua presenza ha impreziosito il Giro d’Italia
Un premio per i tanti chilometri di fuga di Tarozzi, ma quanti punti? Eppure la sua presenza ha impreziosito il Giro d’Italia

L’inerzia federale

Non lo fanno perché probabilmente non ne sono capaci. Oppure perché non hanno interesse a farlo. Allo stesso modo in cui hanno rinunciato a schierare ragazze azzurre U23 nella prima edizione del mondiale di categoria: perché non ci sono i soldi per portarle.

E così si va avanti. Gli agenti pescano nel mare, con lo sbarramento dei watt che rendono i giovani corridori attendibili e redditizi. Li portano nei devo team o direttamente nelle WorldTour, perché è giusto che rincorrano i migliori guadagni possibili. E per le squadre italiane resta davvero poco, portano a correre le terze scelte, con risultati ovviamente incapaci di grosse sorprese, vista la prevedibilità del ciclismo. Fatti salvi 2-3 nomi, la loro presenza al Giro d’Italia è stata leggera. Il richiamo del De Gasperi diventerà presto molto più forte di quanto non sia già adesso. In attesa di sapere cosa ne pensano i loro sponsor.

FLR: un Giro da protagonista “ai piedi” di Vine e Paleni

16.06.2025
4 min
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Nello specifico panorama delle calzature tecniche per il ciclismo, il nome FLR è sinonimo di innovazione, tecnologia e performance. L’azienda, con sede internazionale e una lunga esperienza nello sviluppo di calzature sportive, ha difatti nel tempo saputo costruire la propria reputazione attraverso un approccio ingegneristico orientato alla qualità e al miglioramento continuo.

Specializzata nella produzione di scarpe per diverse discipline – dalla corsa al calcio, dal canottaggio fino appunto alle due ruote – FLR ha saputo trasferire competenze trasversali al mondo del ciclismo su strada. Il risultato? La proposta commerciale di una gamma completa di scarpe da ciclismo ad alte prestazioni, progettate per offrire efficienza, comfort e durata.

La tomaia della FLR F-9 è costruita in microfibra leggera seamless
La tomaia della FLR F-9 è costruita in microfibra leggera seamless

Ingegneria della performance

Quello che distingue FLR nel competitivo mercato delle scarpe da ciclismo è il controllo totale sul processo produttivo. Dalla progettazione delle suole in carbonio alla realizzazione di solette ergonomiche, passando per la produzione di fibbie, forme, stampi e fustelle, tutto è sviluppato internamente. Questo approccio diretto consente di ottimizzare ogni singolo componente per garantire un’esperienza di calzata davvero superiore, sia per i ciclisti amatoriali quanto per i professionisti del World Tour.

Non a caso, la collaborazione di FLR con atleti di alto livello è un elemento chiave del successo del brand. Il marchio lavora difatti fianco a fianco con corridori professionisti per raccogliere feedback concreti su materiali, fit, resistenza e trasmissione della potenza. Questo scambio costante alimenta l’innovazione e rende ogni prodotto un’evoluzione naturale delle esigenze reali del ciclista moderno.

La suola R5000 è realizzata interamente in fibra di carbonio a garantisce un trasferimento di potenza elevato
La suola R5000 è realizzata interamente in fibra di carbonio a garantisce un trasferimento di potenza elevato

F-9: la prima scelta dei professionisti

All’interno della collezione FLR, il modello F-9 rappresenta la punta di diamante tra le scarpe da ciclismo da strada di livello alto. Scelta da numerosi ciclisti professionisti, la F-9 è stata recentemente utilizzata dall’australiano Jay Vine (UAE Team Emirates XRG) e e dal francese Enzo Paleni (Groupama-FDJ) durante il Giro d’Italia 2025, a conferma del suo posizionamento top di gamma nel circuito World Tour.

Il cuore tecnologico della F-9 è la suola R500 interamente in fibra di carbonio, sviluppata per massimizzare il trasferimento di potenza durante la pedalata. Con un indice di rigidità pari a 14, una delle misurazioni più elevate del settore, questa suola garantisce difatti la massima efficienza energetica, riducendo le dispersioni di forza e migliorando il rendimento sui pedali.

Non manca l’attenzione al comfort e alla ventilazione: la suola integra difatti una presa d’aria frontale di grandi dimensioni per aumentare il flusso d’aria e mantenere il piede fresco anche nelle condizioni più calde. Il battistrada antiscivolo consente una camminata sicura, mentre la foratura standard a tre fori, e la scala laterale per l’allineamento delle tacchette, offrono la massima compatibilità con i principali sistemi di aggancio.

La tomaia della FLR F-9 è costruita in microfibra leggera seamless per eliminare i punti di pressione e garantire un fit aderente ma confortevole. Il materiale avvolge il piede come una seconda pelle, mentre gli inserti traspiranti distribuiti tra la punta e i pannelli laterali favoriscono una ventilazione costante su tutta la superficie del piede. Per quanto riguarda la chiusura, FLR ha scelto un sistema a doppio rotore Atop per così consentire una regolazione indipendente di due zone fondamentali:arco plantare/avampiede, e tallone/caviglia.

Pensata per chi punta al massimo, la F-9 di FLR si distingue anche per l’approccio aerodinamico e l’ergonomia avanzata. Il design slanciato, la calzata anatomica e la suola rigida la rendono ideale per ciclisti che vogliono affrontare competizioni ad alta intensità o allenamenti quotidiani senza compromessi.

La chiusura delle FLR è affidata a due rotori Atop
La chiusura delle FLR è affidata a due rotori Atop

FLR Shoes

Nizzolo e la ricerca di quell’1 per cento per tornare a vincere

16.06.2025
4 min
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Per Giacomo Nizzolo questa stagione vuole essere quella della rinascita perché un corridore abituato a vincere i grandi sprint vuole tornare a gettarsi nella mischia con la testa curva sul manubrio e le gambe che spingono rapporti lunghissimi. Da fine gennaio a oggi il velocista della Q36.5 Cycling Team ha messo insieme lo stesso numero di gare della passata stagione. Il 2024 non è stato un anno semplice, tanti problemi e poca continuità hanno allontanato Nizzolo dalla sua forma migliore. Per tornare il cammino è lungo, ma anche a trentasei anni non manca la voglia di rimboccarsi le maniche e alzare la testa verso questa montagna da scalare.

Nizzolo aveva iniziato bene al Tour of Oman con un secondo posto nella quarta tappa alle spalle di Kooij
Nizzolo aveva iniziato bene al Tour of Oman con un secondo posto nella quarta tappa alle spalle di Kooij

Rispolverare lo sprint

In montagna ci andrà davvero a luglio, a Livigno. Un ritiro con il team nel quale capirà quali saranno i suoi piani nella seconda metà di stagione. Intanto Nizzolo punta ai campionati italiani di Gorizia. 

«Prima ancora – racconta mentre è a casa – sarò al Copenhagen Sprint il 22 giugno, poi andrò all’italiano. Il ritiro con la squadra darà qualche certezza sui prossimi impegni, ma non credo di fare la Vuelta. Visto il percorso non penso sia una buona idea, non credo vedremo grandi velocisti in Spagna. 

«Dopo la pausa di metà aprile – prosegue – sono rientrato nella mischia al Giro di Ungheria e alla Boucles de la Mayenne. Sono tornato di nuovo nella mischia, manca il guizzo e la velocità di gambe per provare a vincere. Però mi ritengo contento, arrivo bene alle volate e le approccio nel modo corretto. Mi serve lavorare per avere quella brillantezza negli ultimi metri, alla fine è quella che fa la differenza tra la vittoria e un buon piazzamento».

Durante l’inverno il velocista della Q36.5 ha lavorato tanto sul fondo in vista delle Classiche
Durante l’inverno il velocista della Q36.5 ha lavorato tanto sul fondo in vista delle Classiche
Come si colma questo gap?

Lavorando bene in altura e andando alle gare. Non è semplice perché non esistono più appuntamenti di secondo piano, soprattutto quest’anno. Siamo alla fine del triennio e le squadra cercano punti. In Ungheria, che è una corsa di categoria 2.Pro, c’erano Molano, Bauhaus, Welsford e Groenewegen.

Che effetto ti ha fatto tornare a lottare contro questi velocisti?

Sento di essere tornato in gioco, se dovessi usare una metafora calcistica direi che anche io tocco palla e non rimango a guardare. Manca un 1 per cento. Non è facile trovarlo, ma voglio provarci. E’ un discorso di fibre veloci che vanno richiamate anche in allenamento. All’inizio dell’anno il team e io ci siamo concentrati sul recuperare il fondo in vista delle Classiche. 

Dopo lo stacco di aprile Nizzolo è tornato a concentrarsi sugli sprint e lo ha fatto prima al Giro di Ungheria (qui in foto) e poi alla Boucles de la Mayenne
Nizzolo è tornato a concentrarsi sugli sprint e lo ha fatto prima al Giro di Ungheria (qui in foto) e poi alla Boucles de la Mayenne
Gabriele Missaglia, diesse della Q36.5, aveva fatto il tuo nome tra quelli possibili per il Giro, quanto era concreta la possibilità di vederti lì?

In realtà non era in programma. Il mio desiderio era quello di tornare competitivo su qualsiasi palcoscenico. E’ stato giusto portare Moschetti al Giro, da inizio anno ha dimostrato una grande crescita ed era davanti a me nelle gerarchie. Siamo due velocisti in squadra ed è giusto dividerci e avere ognuno il suo spazio. 

Riuscite a condividere gli spazi…

Abbiamo due percorsi diversi in termini di carriera. Moschetti è nei suoi anni migliori ed è giusto che voglia ambire a correre certe gare, come il Giro. Io sto cercando di tornare competitivo e non mi interessa la gara, ma voglio andare dove si può fare bene.

Moschetti e Nizzolo si dividono il ruolo di velocisti in squadra, ogni tanto capita di vederli correre insieme come al Criquielion
Moschetti e Nizzolo si dividono il ruolo di velocisti in squadra, ogni tanto capita di vederli correre insieme come al Criquielion
Avete anche corso insieme, che idea ti sei fatto di lui?

Ci eravamo sfiorati anche alla Trek nel 2018, lui era uno stagista e non abbiamo mai corso insieme. In questi ultimi due anni alla Q36.5 ci siamo incrociati di più anche alle corse. C’è un bel dialogo, lui è uno che ascolta, ma ha le sue idee. Nell’impostare lo sprint ci muoviamo in maniera diversa, ma sono dettagli. In una delle poche occasioni in cui abbiamo corso insieme lui ha vinto e io sono arrivato terzo, vedere Moschetti vincere ed essere lì con lui è stato bello, se lo merita. 

Ora prepari il finale di stagione con quali ambizioni?

Di scalare la classifica e dare un colpo decisivo. L’obiettivo è rimanere competitivo, chiaro che una vittoria mi renderebbe molto felice e potrebbe dare ulteriori conferme e un significato diverso al mio percorso di recupero.