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Il Guarnieri procuratore: princìpi, impegno, giovani e scuola

18.12.2025
6 min
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Proprio in questi ultimi due giorni si è concesso un’incursione in Spagna tra i ritiri delle tante squadre perché ora il suo lavoro è fatto anche di pubbliche relazioni. Sceso di bici a fine 2024, Jacopo Guarnieri ce lo aveva anticipato che avrebbe intrapreso la carriera di procuratore. A giugno ha superato l’esame di abilitazione dell’UCI senza problemi, anche se aveva iniziato a muovere i primi passi nel nuovo ambiente già qualche mese prima, preparando tutta la documentazione necessaria.

Alla sua corte ci sono diversi corridori di tutte le categorie, tutti scelti da lui seguendo determinate caratteristiche tecniche e soprattutto umane. In linea col tipo di atleta e uomo che abbiamo conosciuto, Guarnieri ha ben stampato in mente cosa cerca in un suo potenziale assistito e in cosa può ricambiarlo.

Si sa, esistono regole scritte che devono essere messe nero su bianco nel contratto, ma è altrettanto vero che ce ne sono di non scritte che possono essere siglate da sguardi, parole, pensieri, intenzioni e attenzioni. Per il manager piacentino la firma sul cosiddetto foglio di carta non ha solo un valore per accrescere il numero dei propri atleti, ma diventa un impegno totale. Con Jacopo abbiamo voluto capire come sta interpretando il suo ruolo.

Jake Stewart è stato ex compagno di Guarnieri alla Groupama e uno dei primi a sceglierlo come procuratore (foto NSN Cycling Team)
Jake Stewart è stato ex compagno di Guarnieri alla Groupama e uno dei primi a sceglierlo come procuratore (foto NSN Cycling Team)
Jake Stewart è stato ex compagno di Guarnieri alla Groupama e uno dei primi a sceglierlo come procuratore (foto NSN Cycling Team)
Jake Stewart è stato ex compagno di Guarnieri alla Groupama e uno dei primi a sceglierlo come procuratore (foto NSN Cycling Team)
Chi sono stati i primi a credere in te come procuratore?

Fra tutti direi che a decidere di venire con me sono stati i pro’, anche perché la maggior parte di loro mi conosceva quando correvo (Jake Stewart della NSN Cycling Team, suo ex compagno alla Groupama, ndr). Tuttavia devo dire che è stato così anche per i giovani, forse per l’effetto di essermi ritirato da poco che penso possa essere un elemento che mi aiuterà a guidarli meglio nelle scelte. Mi sta piacendo molto lavorare con i giovani e all’inizio era una cosa che non pensavo. Con loro c’è tanto spazio e molto margine di manovra perché stanno crescendo.

Quali sono i criteri con cui scegli i corridori o per i quali loro scelgano te?

In generale deve esserci un rapporto di fiducia in entrambi i sensi. Non solo io devo credere in un atleta, ma anche lui in me. Anche perché dietro ci sono le famiglie, specialmente se sono corridori minorenni. Sicuramente alla base c’è un aspetto tecnico e qualitativo. Ti può piacere un ragazzo per come corre, per come si comporta, per le dichiarazioni che fa poi parlandoci devi capire se c’è affinità. Ho una visione frutto delle persone che hanno lavorato con me da corridore e credo anche della mia personalità. Se si trova una comunione d’intenti col corridore diventa tutto più semplice.

Il rapporto con i tuoi assistiti come sta andando? Ti è capitato di avere vedute diverse da loro?

Sono estremamente contento dei ragazzi che ho, ma credo che anche due punti di vista diversi possano essere di aiuto. Almeno per me, questa situazione mi mette in discussione ed è lì che talvolta puoi imparare qualcosa di nuovo, a maggior ragione se sei nuovo del mestiere. Come a scuola o nella vita di tutti i giorni. Se ti dicono sempre di sì, che sei bravo o hai ragione, non impari nulla.

Nate Pringle arriva dal triathlon ed è una scommessa di Guarnieri. Argento a crono al mondiale U23, nel 2026 sarà al devo team della Decathlon
Nate Pringle arriva dal triathlon ed è una scommessa di Guarnieri. Argento a crono al mondiale U23, nel 2026 sarà al devo team della Decathlon
Nate Pringle arriva dal triathlon ed è una scommessa di Guarnieri. Argento a crono al mondiale U23, nel 2026 sarà al devo team della Decathlon
Nate Pringle arriva dal triathlon ed è una scommessa di Guarnieri. Argento a crono al mondiale U23, nel 2026 sarà al devo team della Decathlon
Quali sono i dettami che dai ai tuoi ragazzi?

Principalmente il mio atteggiamento è impostato molto sul futuro. Per juniores e U23 l’obiettivo è prepararli al professionismo, ad una carriera lunga e magari di successo. Devono essere pronti a sostenere un carico fisico dal punto di vista mentale, che credo sia l’aspetto più importante. Le categorie giovanili, anche fin da esordienti e allievi, sono molto impegnative per le pressioni che si autoimpongono i ragazzi e che gli arrivano dai tecnici. I giovani devono arrivare alla categoria successiva senza essere già esauriti. Quindi per me conta anche l’ambiente in cui crescono. Voglio guardare a lungo termine con loro, senza forzarli a bruciare le tappe o prendere scelte che li possa compromettere.

Con i pro’ cambia il tuo atteggiamento?

Con loro è un argomento diverso. Diciamo che quando il corridore trova la sua dimensione, la bravura del procuratore è trovare una realtà che possa andargli bene e dove possa dare il meglio di sé. In quel caso entrano in gioco altri fattori, come le possibilità di giocare le proprie carte, l’aspetto economico o la durata del contratto.

Hai notato competizione nel mondo dei procuratori?

Sicuramente sì. Ci sono gruppi di procuratori con cui si è più affini, altri meno come penso sia normale in qualsiasi ambiente. Da quelli che conosco molto bene ho avuto qualche aiuto in termini di consigli o confronti. Credo che se alla base del nostro lavoro resta il ciclismo, potrà capitare di trovarsi a sgomitare con un collega per un corridore, ma penso sarà una competizione sana, dove alla fine sarà il ragazzo a decidere con quale persona si trova più in sintonia.

Guarnieri ha sfruttato i ritiri delle squadre in Spagna per vedere i suoi corridori (foto NSN Cycling Team)
Guarnieri ha sfruttato i ritiri delle squadre in Spagna per vedere i suoi corridori (foto NSN Cycling Team)
Jacopo Guarnieri come vede il fatto che i procuratori vadano a cercare il corridore tra gli allievi o addirittura adocchiare gli esordienti?

Rispetto a tanti anni fa, si è abbassata molto l’età in cui i ragazzi vengono sollecitati. Onestamente non ci vedo nulla di male nel guardare nelle categorie inferiori, purché vengano rispettate certe cose. Ognuno ha il proprio metodo, ma per come voglio lavorare io, penso che per i giovani bisogna essere il più conservativi possibile. Più si prendono ragazzi giovani, più li devi liberare dalle pressioni. Si devono semplicemente far lavorare e crescere. E non raccontare loro cose non vere.

La sensazione è che tutti siano alla ricerca del super talento giovane da far firmare subito.

E’ normale che si vada sempre più indietro a cercarlo, ma per me il focus rimane un altro. L’obiettivo, come dicevo prima, è cercare di farli diventare pro’ possibilmente di successo e non junior o U23 di successo. Quanti erano dei campioni da giovani e quanti di questi sono passati pro’? E’ facile salire sul carro e inseguire il fenomeno. La bravura del procuratore deve essere quella di saper intercettare anche talenti inespressi. Questa caccia non deve far dimenticare che ci sono tantissimi corridori di talento che magari fino agli junior o U23 non hanno fatto vedere tanto ed invece possono diventare buoni professionisti.

E se un tuo ragazzo ti dicesse di voler abbandonare la scuola per fare il corridore, come la vedresti?

Chiaramente ognuno è libero di fare ciò che vuole, soprattutto quando è giovane e c’è di mezzo la famiglia. Io non posso sostituirmi alla famiglia, ma credo che il procuratore debba essere un buon consigliere. Dal mio punto di vista la scuola rimane un punto fermo, anche perché è una ulteriore sfida col tuo corpo e con la tua mente. Bici e studio sono due impegni importanti da portare avanti, però per me sono complementari. E’ un discorso più ampio.

Per Guarnieri guardare tra gli allievi non è sbagliato, ma rispettando regole e togliendo pressioni (foto photors.it)
Per Guarnieri guardare tra gli allievi non è sbagliato, ma rispettando regole e togliendo pressioni (foto photors.it)
Prego.

Un giovane corridore non deve vedere quello della scuola come uno stress aggiuntivo perché è uno stress che ti può dare un diploma, delle soddisfazioni, un backup e può essere un salvagente. E se ci pensano bene, è uno stress che ti prepara al professionismo perché ti prepara a sostenere un carico maggiore di responsabilità.

Finora quale pensi che sia il tuo punto di forza?

Sicuramente ho il tempo da dedicare ai miei ragazzi. I valori espressi in bici sono importanti e so che posso dare consigli al corridore sotto il profilo tecnico e agonistico. Il ciclismo però non sono solo watt, c’è altro. Il supporto mentale e umano è importante. E sanno che sono a loro disposizione 24 ore su 24 per ogni situazione che sia un pro’ o un ragazzino. Ho impostato il lavoro così, me lo posso permettere e ne sono contento. Questa è la mia strada col mio pensiero, spero che funzioni.

Sacha Modolo segue Alessandro Borgo fin dalle categorie giovanili e lo ha consigliato su tanti aspetti

Modolo, i consigli a Borgo e il ciclismo giovanile da rivoluzionare

16.12.2025
6 min
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Sperava e meritava di finire meglio la sua carriera, ma quando Sacha Modolo parla di ciclismo diventa un fiume in piena, specialmente sui giovani italiani. Lo possiamo considerare il “padrino” di Alessandro Borgo, che ha aiutato a crescere con consigli tecnici ed umani dentro e fuori dall’allenamento fino a vederlo ora pro’ con la Bahrain Victorious promosso dal devo team.

L’ex velocista trevigiano tiene ancora tanto al suo sport e lo si capisce ogni volta che, toccando l’argomento, i discorsi si ramificano in tanti altri aspetti da considerare. Modolo da un paio di stagioni collabora con la PM Cycling Agency di Massimiliano Mori e Marco Piccioli (i suoi procuratori da atleta) mettendosi a disposizione dei corridori della sua zona seguiti da loro. Al netto delle sue 49 vittorie, Sacha ha molto da dire a chi vuole diventare corridore fin dalle categorie inferiori. Dallo spunto di una foto sul suo profilo Instagram esce una chiacchierata sul panorama giovanile italiano con la sua franchezza di sempre, forse un po’ più edulcorata dall’esperienza dell’età.

Borgo nel 2026 sarà pro' con la Bahrain, ma già quest'anno ha corso con la formazione WT in 8 occasioni
Borgo nel 2026 sarà pro’ con la Bahrain, ma già quest’anno ha corso con la formazione WT in 8 occasioni
Borgo nel 2026 sarà pro' con la Bahrain, ma già quest'anno ha corso con la formazione WT in 8 occasioni
Borgo nel 2026 sarà pro’ con la Bahrain, ma già quest’anno ha corso con la formazione WT in 8 occasioni
Com’è il rapporto con Borgo adesso che è passato pro’?

E’ sempre molto buono, ma adesso lo seguo meno e credo che sia giusto così visto che ha i preparatori e i tecnici della Bahrain. Non mi permetterei mai di intromettermi. Resto tuttavia in suo appoggio qualora debba fare dietro moto. Mi organizzo, chiudo l’officina (il SakaLab, ndr) e via con lui a ruota della mia Vespa.

La tua vicinanza è stata preziosa per lui.

Penso e spero di sì. Ad esempio quando quest’anno ha vinto la Gand-Wevelgem U23, qualche giorno prima mi aveva chiesto come muoversi. Gli avevo dato qualche dritta sulle stradine belghe, visto che lassù ci ho corso tanto e ricordo bene i posti. E’ stata una bella soddisfazione, così come la vittoria al campionato italiano. Ormai Alessandro è diventato grande, in gara ha imparato tanto e sta continuando a farlo.

E una tua parola non manca mai.

Certo, cerco sempre di dargli consigli e spiegargli certe cose, su tutto. Anzi, conoscendolo, quando mi fa certe domande da ragazzo della sua età, so già dove vuole andare a parare e lo anticipo. E gli dico: «Guarda che ragionavo così anch’io, cosa credi?». E si ride.

Ci sono altri ragazzi che segui?

A dire il vero nella mia zona più stretta non ci sono più tanti corridori come un tempo. Fino a pochi anni fa eravamo una ventina di pro’, adesso ci sono solo Vendrame, Borgo per l’appunto e ogni tanto Scaroni quando viene dalla sua morosa che abita qua vicino. Tra i giovani sto seguendo Matteo Cettolin che correrà con la Trevigiani (quest’anno era alla General Store: è il fratello di Filippo della VF Group, ndr). Anche a lui do i miei pareri tecnici. Come dicevo però non abbiamo tanti ragazzi che vanno in bici dalle mie parti.

La visuale di Borgo e Cettolin nel "dietro-moto" con Modolo. L'ex velocista vorrebbe che cambiasse qualcosa nelle crescita dei più giovani
La visuale di Borgo e Cettolin nel “dietro-moto” con Modolo. L’ex velocista vorrebbe che cambiasse qualcosa nelle crescita dei più giovani
La visuale di Borgo e Cettolin nel "dietro-moto" con Modolo. L'ex velocista vorrebbe che cambiasse qualcosa nelle crescita dei più giovani
La visuale di Borgo e Cettolin nel “dietro-moto” con Modolo. L’ex velocista vorrebbe che cambiasse qualcosa nelle crescita dei più giovani
Significa che i settori giovanili si stanno prosciugando?

Temo proprio di sì, ma faccio una premessa. Devo ancora mentalizzarmi per andare a cercare il corridore tra i ragazzini. Gli allievi di adesso sono gli juniores di qualche anno fa e ormai non è più un gioco. Alla loro età non facevo i sacrifici che fanno loro e sono bravissimi in questo, ma non saprei cosa dirgli di più. Adesso tutti i giovani vogliono essere campioni e pensano solo ai contratti da firmare. Non pensano che possono diventare corridori ritagliandosi un ruolo da gregario o da uomo-squadra, soprattutto quando passi pro’.

Per quale motivo secondo te?

E’ colpa della società in cui viviamo che ci vuole grandi campioni o grandi imprenditori di successo. O sei così oppure sei un fallito. Non è possibile, perché non è così. Quindi non mi sento di andare da un ragazzino e raccontargli cose non vere. Non gli prometterei nulla, anche perché lo sapete: sono pragmatico e diretto per certi temi. Non mi interessa guadagnare o speculare sulle spalle di un ragazzino.

Qualche formazione giovanile ha cercato Sacha Modolo come consulente?

Sì, certo. Alcune società della mia zona mi avevano chiesto di diventare diesse proponendomi di fare il corso oppure di aiutarli con i loro atleti. Mi chiedevano di farlo a titolo gratuito o di volontariato. Per fortuna che ci sono i volontari, però non è possibile andare avanti o crescere ancora così. Il lavoro ce l’ho già. La mentalità è la stessa di venti anni fa, così come la gente che è la stessa. Io rivoluzionerei tutto e non perché lo dico io. Questa è la classica situazione del cane che si morde la coda.

Matteo Cettolin è passato dalla General Store alla Trevigiani. E' seguito in allenamento da Modolo (foto photors.it)
Matteo Cettolin è passato dalla General Store alla Trevigiani. E’ seguito in allenamento da Modolo (photors.it)
Matteo Cettolin è passato dalla General Store alla Trevigiani. E' seguito in allenamento da Modolo (foto photors.it)
Matteo Cettolin è passato dalla General Store alla Trevigiani. E’ seguito in allenamento da Modolo (photors.it)
Spiega pure.

Le società giovanili sono in queste condizioni perché non sono aiutate a livello economico e non hanno ritorni dal punto di vista del marketing o di altre strategie. Pertanto non riescono o non vogliono investire in figure giovani specializzate e preparate che lo fanno di mestiere. All’estero non è così, ma io mi preoccupo del ciclismo italiano. Non avere formazioni WorldTour e il relativo devo team condiziona parecchio i ragazzi. Le nostre professional stanno facendo anche troppo. E poi non c’è sempre il supporto della scuola.

Altro tema scottante, giusto?

Non tutti sono bravi a conciliare i due impegni e non tutti trovano la comprensione dei professori. La scuola non ti aiuta spesso perché gli insegnanti non capiscono quando uno studente è anche un atleta di richiamo nazionale e quindi è chiamato a ritiri o trasferte per eventi importanti. Mancano i crediti sportivi nelle scuole e questo può portare un ragazzo che vuole diventare un corridore, che poi diventerebbe il suo lavoro, a scegliere istituti privati o peggio ancora addirittura a lasciare la scuola. Va trovata una soluzione.

Modolo è molto legato a Vendrame, uno dei pochi ciclisti rimasti nella sua zona (foto FIlippo Mazzullo)
Modolo è molto legato a Vendrame, uno dei pochi ciclisti rimasti nella sua zona (foto FIlippo Mazzullo)
Modolo è molto legato a Vendrame, uno dei pochi ciclisti rimasti nella sua zona (foto FIlippo Mazzullo)
Modolo è molto legato a Vendrame, uno dei pochi ciclisti rimasti nella sua zona (foto FIlippo Mazzullo)
Pensare di voler diventare un corridore a 15/16 anni è esagerato?

Se guardo in generale direi di no attualmente, se invece guardo in Italia allora dico che è un male. Per tutte le ragioni che abbiamo detto prima. Aggiungiamo che la categoria U23 sta cambiando e purtroppo non tutti gli organizzatori si stanno adeguando. A parte le internazionali, ci sono corse nazionali per elite/U23 che non servono molto per fare crescere i nostri giovani. So che è difficile, per non dire impossibile, ma tanti organizzatori di piccole gare vicine dovrebbero accordarsi per fare un’unica gara internazionale, magari anche per juniores. Sono certo che poco per volta riuscirebbero ad avere una buona lista di partenti di alto livello. Non lamentiamoci se poi non avremo più corridori.

Conca ha aperto lo scrigno, ma il problema parte dai giovani

08.07.2025
6 min
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Le vicende del ciclismo italiano continuano a tenere banco, la vittoria del campionato italiano da parte di Filippo Conca ha aperto un cassetto pieno di problemi fino ad adesso tenuti nascosti. Come quando nel fare pulizia si ritrovano carte appallottolate e piegate in malo modo, messe in un angolo nella speranza che qualcuno se ne dimenticasse. Ma come accade con le multe il tempo accumula, non dimentica. Ci siamo così trovati, in una calda domenica di fine giugno, con un ciclista che ha deciso di aprire quel cassetto ormai nascosto dalla polvere. Ma il problema è ben più radicato e parte dai giovani

Era necessario prima o poi venire a patti con la realtà. Le parole che lo stesso Conca ci ha regalato qualche giorno dopo ci hanno permesso di fermarci e cercare delle risposte. Un ragazzo di 26 anni, scaricato dal ciclismo professionistico con la fretta che ormai lo contraddistingue, ha avuto la forza di non arrendersi e ripartire. Gli è costato tanto: fatica, impegno e tanti bocconi amari da mandare giù. 

Il tricolore di Conca ha aperto il dibattito, il ciclismo è a un punto di svolta?
Il tricolore di Conca ha aperto il dibattito, il ciclismo è a un punto di svolta?

Una piramide che crolla

La deriva del movimento è partita però dal ciclismo giovanile, la sua gestione è ormai in mano a pochi soggetti che non sempre fanno il bene dell’atleta. Si vanno a cercare i talenti in categorie che prima servivano a raccontare quanto i giovani amassero andare in bici. Ora quei giovani amano ancora andare in bici? La risposta per certi versi è “sì” ma non dobbiamo farci ingannare. 

«Quello che ci ha dimostrato la storia di Conca – analizza Stefano Garzelli, in questi giorni impegnato con il commento tecnico della RAI al Tour de Franceè che un corridore di 26 anni è considerato vecchio. Nel dirlo provo un gran senso di rabbia. La sua carriera è un insieme di episodi che si possono ripetere e possono coinvolgere tutti. Una serie di problemi fisici e in quattro anni Conca si è trovato fuori dal ciclismo professionistico. Un ragazzo come lui non ha trovato nessuno che lo facesse correre, nemmeno una continental».

La caccia agli juniores porta a una professionalizzazione della categoria, non sempre un bene per dei ragazzi giovani
La caccia agli juniores porta a una professionalizzazione della categoria, non sempre un bene per dei ragazzi giovani
E’ il segno che forse si sta esagerando in questo continuo ricambio?

I corridori giovani non hanno tempo per crescere, ora stiamo vedendo test di ragazzi giovani (juniores, ndr) con numeri impressionanti. Ma poi, in corsa, come riesci a gestire il tuo potenziale se ti mettono a fare il lavoro sporco? La vera domanda è cosa stiamo chiedendo ai giovani? Perché poi se non performi e non porti punti, ti lasciano a casa. 

Il rischio è di vedere sempre più ragazzi come Conca.

Sì, ma a 25 anni un corridore non è finito, anzi. E’ appena entrato nella sua completa maturazione fisica e mentale. Non si guarda più a ragazzi di questa età, ma agli juniores. La cosa più spaventosa è che sono ragazzi giovani trattati come campioni, ma non lo sono. Esistono delle eccezioni, come è stato Evenepoel e ora Seixas. Anche se su quest’ultimo qualche dubbio sul fatto che stiano facendo un calendario esagerato ce l’ho. 

Il problema è che alle corse degli allievi ora trovi i procuratori, i tecnici non vanno più a vedere le categorie giovanili, si accontentano dei test…

Si fa credere ai ragazzi di essere entrati nel mondo del professionismo e poi non è vero. Non lo sono. C’è una lotta sfrenata per entrare nelle squadre development di formazioni WorldTour già dagli allievi. Per me il male più grande è l’aver lasciato carta bianca per i team juniores. Red Bull, Decathlon e tutti gli altri. Siamo davanti a specchietti per le allodole. 

I devo team juniores rischiano di creare una spaccatura all’interno del movimento (foto Instagram/ATPhotography)
I devo team juniores rischiano di creare una spaccatura all’interno del movimento (foto Instagram/ATPhotography)
Sembra che senza procuratore non puoi correre, anche a 17 anni.

Ognuno guarda al suo interesse, questo meccanismo che si è creato è incontrovertibile. Si dovrebbe lavorare per renderlo meno pressante. Ma se le squadre WorldTour continueranno a creare team giovanili, il sistema continuerà a prendere ragazzi sempre più giovani. 

Tanti ragazzi poi decidono di abbandonare la scuola.

Questo è un tema importante. Quando hai 16 anni la tua priorità devono essere gli studi. Invece adesso ti trovi davanti ragazzi che hanno delle vie “facilitate” o comunque che mettono in secondo piano l’istruzione. Anche io sono padre e mio figlio, che corre in Spagna (dove Garzelli e la sua famiglia vivono, ndr) si è trovato più volte a gareggiare contro ragazzi che si allenano 22 ore a settimana. Se vai a scuola e studi non hai tutto quel tempo per allenarti. Vi faccio un esempio.

Prego…

Qualche settimana fa mio figlio era a una gara riservata agli juniores in Spagna, erano in quarantotto al via, pochissimi. Il perché era presto detto, la settimana successiva c’era una gara più prestigiosa. Il rischio è di non avere più gare perché un organizzatore non avrà più interesse a fare una corsa per neanche cinquanta ragazzi. Tutti vogliono correre con la nazionale o con i devo team. Non esisteranno più le altre squadre, quelle “normali”.

Certe esperienze, come le prove di Nations Cup dovrebbero offrire la possibilità a tanti ragazzi di crescere e confrontarsi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Certe esperienze, come le prove di Nations Cup dovrebbero offrire la possibilità a tanti ragazzi di crescere e confrontarsi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Tutti vogliono emergere, ma non c’è spazio.

Come possono starci tutti? Anche se un giorno tutte le diciotto squadre del WorldTour avranno dei team juniores, comunque i posti saranno limitati. E poi che calendario faranno? Scusate, ma a me la gara in cui i primi cinque erano gli atleti della Grenke Auto Eder (vivaio juniores della Red Bull, ndr) non ha senso. Cosa vuol dire andare alle corse e competere contro chi fa la vita di un diciassettenne “normale”?

Senza considerare che anche la nazionale sta diventando una cosa circoscritta a pochissimi.

Sono dell’idea che le federazioni nazionali dovrebbe dare la possibilità di correre al maggior numero di giovani possibile e non di lavorare con un cerchia di dieci ragazzi. Tutti si caricano di aspettative e si credono già arrivati, poi fanno interviste, eventi, foto. Sta anche ai media non esagerare in proclami e titoloni.

Vero…

Poi tutto diventa dovuto e si creano delle classi in base al talento. Ma a 16 anni, come detto prima, ci sono diversi fattori che incidono. Io sono contro queste esclusioni e alla creazioni di gruppi ristretti. E’ chiaro che se poi le diciotto formazioni WorldTour creano le squadre juniores e prendono i migliori allora il sistema si inceppa. 

Perché i team WorldTour al posto di creare formazioni non possono sostenere i team locali aiutandoli nella gestione? (foto ufficio stampa Nordest)
Perché i team WorldTour al posto di creare formazioni non possono sostenere i team locali aiutandoli nella gestione? (foto ufficio stampa Nordest)
Ci sarebbero tanti modi per far crescere in maniera uniforme i ragazzi.

Nel calcio le squadre hanno i loro team giovanili, ma anche una serie di squadre locali che fungono da team satellite. Il ciclismo non ha questa capillarità, ma grandi sponsor che possono permettersi di fare il WorldTour potrebbero dare una mano alle squadre giovanili senza surclassarle. Magari distribuendo la ricchezza (o anche organizzando corse così da tenere vivo il movimento, ndr). Sono contento per Conca, il suo risultato fa capire che certe dinamiche sono irreali, bisogna sperare che questo avvenimento non si asciughi come una goccia d’acqua nel deserto.

Flavio Astolfi: un ragazzino italiano che cresce nel ciclismo del Nord

04.06.2025
5 min
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E’ il 2020, anno del Covid, quando la famiglia Astolfi lascia Lariano, paesino poco a sud di Roma, e sale verso il cuore d’Europa. Papà Claudio, meccanico, accetta un lavoro in Lussemburgo, dove la nonna materna vive da vent’anni. Flavio ha appena concluso la terza media, il fratellino lo segue: 800 chilometri e un passaporto doppio li separano dalla vecchia vita.

Sulle strade del Granducato lussemburghese ha trovato sicurezza, una scuola che rispetta lo sport e weekend di corse fra Belgio, Germania, Francia e Lussemburgo stesso. Oggi, a neanche 18 anni, corre per la formazione olandese JEGG-DJR Academy, team juniores collegato alla Visma-Lease a Bike.

Flavio è nel pieno del “ciclismo del Nord”: vento, muri e pavé lo stanno formando in un certo modo. Il resto lo fa la passione di una vera e propria dinastia laziale che la bici ce l’ha nel sangue.

Flavio Astolfi (18 anni a dicembre) ormai si è integrato pienamente nella vita del Nord Europa
Flavio Astolfi (18 anni a dicembre) ormai si è integrato pienamente nella vita del Nord Europa
Il ciclismo, Flavio, è sempre stato importante nella tua famiglia. Da quando sei in Lussemburgo, hai continuato ad andare in bici o hai cominciato lì?

Ho continuato, perché mio nonno correva da dilettante. Poi mio papà è stato professionista. Anche mia zia, la sorella di papà, correva.

E tu quando hai iniziato?

Ho iniziato da G3. Prima giocavo a calcio e ho fatto nuoto. Poi una giorno c’era una gara di bici a Velletri, a sei chilometri da Lariano. Ricordo che era giugno. Mio papà, che conosceva l’organizzatore, mi ha fatto provare. Ho fatto qualche uscita e poi quella prima gara. Mi è piaciuto subito. Da lì ho fatto tutte le categorie. Ho sempre praticato anche mountain bike e ciclocross. Ciclismo a 360 gradi.

Raccontaci la tua vita ciclistica da lussemburghese…

Per ora vado ancora a scuola, che qui finisce a luglio. E’ un po’ più lunga. Di solito sto a scuola fino a tardi, poi vado in bici. Ora che le giornate sono lunghe va meglio, d’inverno faccio un po’ fatica. Non ho permessi speciali, ma con l’orario che ho riesco bene ad allenarmi.

Che scuola fai?

Un liceo ad indirizzo economico-commerciale. Non so bene quale sia l’equivalente italiano.

Flavio si sente più uno scalatore… ma non puro
Flavio si sente più uno scalatore… ma non puro
Come funziona con le gare? Il Lussemburgo non offre un calendario vastissimo, immaginiamo…

Questo era un problema più quando ero piccolo. Qui fanno gare nazionali, ma non sono tante: cinque, sei, massimo sette in tutta la stagione. Troppo piccolo il Lussemburgo. Però in Belgio si corre quando vuoi: venerdì, sabato, domenica. Quando ero allievo andavo spesso in Francia o in Belgio. Ora corro soprattutto in Belgio. Se c’è una gara qui in Lussemburgo magari la faccio, ma più come allenamento.

Come lavorate in squadra?

Da quando sono in questa squadra lavoriamo in blocchi di allenamento e di gare. Due settimane di allenamento, tre settimane di gare, poi di nuovo allenamento. E’ già uno schema simile al sistema dei professionisti.

Che differenze hai trovato tra le corse in Belgio e in Francia?

Si notano già da junior. In Belgio le gare sono nervosissime, devi essere pronto a dare spallate con i gomiti. In Francia magari sono più tranquille. In Italia non corro da un po’: l’ultima è stata l’Eroica Juniores l’anno scorso. Poi dipende dal livello.

A proposito di Belgio, cosa ci racconti del Fiandre Juniores?

Una bellissima esperienza. Presentazione sul palco come i professionisti. Gente ovunque, come fosse uno stadio. Purtroppo quest’anno non era lo stesso giorno dei pro’. La Roubaix Juniores invece sì, e lì c’era già il pubblico del mattino. Ma anche al Fiandre è assurdo: tutte squadre che arrivano da team WorldTour. E questo attira la gente.

Muri e pavé: si impara a starci sopra o bisogna essere portati?

Secondo me un po’ e un po’. C’è gente a cui viene facile. Ho compagni che si posizionano davanti in automatico. A me serve qualche gara per abituarmi, però miglioro di volta in volta. Alcuni ci nascono proprio. Però per me ci si può lavorare.

Flavio (a destra) con suo fratello Lorenzo (più piccolo): entrambi sono stati campioni nazionali lussemburghesi
Flavio (a destra) con suo fratello Lorenzo (più piccolo): entrambi sono stati campioni nazionali lussemburghesi
Ci sono analogie tra il pavé della Roubaix e quello del Fiandre?

La Roubaix è una cosa a parte. Vedi quando inizia il tratto di pavé ma… tutta la pressione nei 10 chilometri prima è folle. Anche al Fiandre c’è tensione, ma lì i muri li senti più sulle gambe, perché li fai uno dietro l’altro a tutta. Dopo un po’ arrivi stanco, quindi posizionarsi diventa “più facile”. Alla Roubaix invece conta tantissimo essere davanti.

Al Fiandre il posizionamento è importante, ma non decisivo?

Esatto, devi saper prendere i muri davanti, ma se non hai le gambe dopo due-tre volte finisce lì.

Quale ti è piaciuta di più: Fiandre o Roubaix?

Quest’anno il Fiandre. Alla Roubaix ho avuto sfortuna: ero nel gruppo davanti, poi ho forato, sono caduto due volte, ho cambiato bici e alla fine gara finita. Il Fiandre era più avanti nella stagione, ero più abituato. Gara dopo gara miglioro sempre nel restare davanti.

E’ proprio importante starci su quei percorsi, eh?

Sì, bisogna farli e rifarli. Le gare da junior sono di 130 chilometri, ma si va a tutta dall’inizio. Il posizionamento è tutto.

L’emozione di stare sul palco dei grandi al Fiandre
L’emozione di stare sul palco dei grandi al Fiandre
Sei giovanissimo, ma che tipo di corridore pensi di essere?

Domanda difficile. Se me l’aveste fatta qualche anno fa, avrei detto scalatore. Ora non lo so. Qui non ci sono grandi salite. Mi vedo ancora come uno scalatore, ma non puro. Tipo un Alaphilippe.

Dove ti alleni?

Abito nel sud del Lussemburgo, a 5 chilometri dalla capitale. Però ho tante zone vallonate verso il confine francese. Le strade sono buone.

Quante ore ti alleni durante la preparazione?

In media 14 ore a settimana. Se faccio più volume, anche 15-16, ma è più raro. E’ la media stabilita a inizio anno col preparatore, che lavora nel team WorldTour.

Gliel’hai insegnato ai tuoi compagni a fare la pasta?

Ci vediamo poco, ma una volta al ritiro, nella “casa Visma” in Olanda, ho fatto la pasta al salmone e ancora me lo ricordano. Per loro era tanta roba. Alla fine l’italianità viene sempre fuori…

Nieri promosso nella professional: alla ricerca di nuovi talenti

09.01.2025
5 min
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Una delle notizie che riguarda il mondo giovanile è che in questa stagione il team di sviluppo della Q36.5 Pro Cycling non ci sarà più. Tra le figure che lavoravano nella formazione continental svizzera c’era Daniele Nieri, il quale andrà a rimpolpare lo staff della professional. Il diesse svolgerà il solito ruolo di gestione del team e di supporto alle corse, ma avrà anche una nuova mansione: quella dello scouting. Le motivazioni della chiusura della squadra continental non sono ancora note, ma il progetto giovani non perde forza. Qualcosa cambierà, e ce lo racconta lo stesso Daniele Nieri (in apertura insieme a Nahom Zeray, vincitore della Piccola Sanremo 2024, photors.it). 

«Nel 2025 passerò alla formazione professional – spiega il diesse toscano – nella quale continuerò a seguire i giovani che hanno proseguito il cammino con noi. In più avrò modo di andare a cercare e vedere le gare juniores e under 23 alla ricerca di ragazzi sui quali puntare».

Samuele Battistella
Nel 2019 la squadra era il vivaio della Dimension Data e lanciò Battistella verso il mondiale U23
Samuele Battistella
Nel 2019 la squadra era il vivaio della Dimension Data e lanciò Battistella verso il mondiale U23

Sondare il terreno

Quella del ruolo di talent scout non è una novità totale per Daniele Nieri. Il tecnico toscano per anni ha visto e osservato giovani ragazzi in rampa di lancio, li ha seguiti e fatti crescere. Questo compito farà ancora parte delle sue mansioni nella Q36.5 Pro Cycling, ma con una sfumatura diversa. 

«Seguirò come diesse – continua a spiegare Nieri – le gare dei nostri giovani, ci sono dei profili interessanti: Joseph Pidcock (fratello di Thomas, ndr), Enekoitz Azparren, Fabio Christen, Nicolò Parisini e Walter Calzoni. Sarò accanto a loro nelle gare alle quali parteciperanno. Ma, il ruolo predominante, sarà quello di scouting. Andrò a vedere le corse riservate ai giovani, quelle di categoria .1 e anche le gare juniores e under 23. cambierà un po’ il target».

Tra i giovani da seguire Nieri avrà anche Joseph Pidcock, fratello di Thomas, che arriva dalla Trinity Racing (foto Instagram)
Tra i giovani da seguire Nieri avrà anche Joseph Pidcock, fratello di Thomas, che arriva dalla Trinity Racing (foto Instagram)
In che senso?

Diciamo che sarà più ampio. Non avendo più la formazione intermedia, ovvero quella development, potremo prendere anche corridori elite. Il nostro focus saranno corridori in fase avanzata, già cresciuti o comunque pronti al salto nel mondo dei professionisti. 

Cosa cambierà nell’approccio?

All’inizio faremo una ricerca non per trovare corridori ma per monitorare la crescita dei giovani. Raccoglieremo dati, sia psicologici che tecnici, per capire che corridori abbiamo davanti. Studieremo la loro evoluzione, anche di quelli che non correranno con noi. Sarà un lavoro più “curioso” all’inizio, nel quale potrò creare una lista interna di corridori possibili. 

Non mancano i giovani italiani da osservare, tra questi spunta Walter Calzoni
Non mancano i giovani italiani da osservare, tra questi spunta Walter Calzoni
Andrai alle corse con quale occhio?

Prima ci andavo per trovare i ragazzi da inserire nel devo team, ora per cercare i profili più interessanti. Alzeremo un po’ l’età media dei corridori che monitoreremo. Restando intorno a ragazzi di età compresa tra i 22 e i 24 anni. 

Come mai?

Per due motivi. Il primo è perché ormai è sempre più difficile prendere ragazzi di 18 o 19 anni. Su di loro arrivano i devo team del WorldTour. In secondo luogo perché per alcuni il salto da juniores a professionisti è troppo ampio. Per quel che ho visto in questi anni i giovani italiani hanno bisogno di fare un passaggio intermedio e di correre da under 23. Un progetto interessante è quello della Vf Group-Bardiani, che prende i giovani ma fa fare loro un calendario dedicato.

Un altro profilo interessante del team Q36.5 Pro Cycling è Nicolò Parisini
Un altro profilo interessante del team Q36.5 Pro Cycling è Nicolò Parisini
Pensi sia replicabile?

Difficile. Anche perché i Reverberi riescono a proporre una crescita graduale. 

Quella della Q36.5 é una scelta in controtendenza nel momento in cui tutte le squadre inseriscono un devo team

Vero. Ma bisogna anche essere realistici. Il rischio maggiore è che le formazioni WorldTour arrivino e si aggiudichino i corridori migliori, mettendoli nei devo team. Un altro rischio è che noi come formazione development cresciamo un ragazzo e poi arriva lo squadrone a portarselo via, così non raccogliamo i frutti del nostro lavoro. 

Nel devo team sono cresciuti corridori interessanti, come Guillermo Martinez, ora passato nel WT alla Picnic PostNL (photors.it)
Nel devo team sono cresciuti corridori interessanti, come Guillermo Martinez, ora passato nel WT alla Picnic PostNL (photors.it)
Tornando al discorso dell’età, cercherete corridori più maturi?

In generale, anche nel devo team, difficilmente arrivavamo a prendere ragazzi direttamente dalla categoria juniores. E se lo abbiamo fatto erano stranieri, non italiani. 

Perché?

I ragazzi italiani a 18 anni non sono pronti a fare la vita da corridore, devono fare un passaggio intermedio. Mentre i giovani stranieri, come gli spagnoli o i colombiani, sono mentalmente predisposti. Però da un lato penso sia meglio tutelare i giovani e proporre loro un percorso più morbido. Fare un anno tra gli under 23 è utile, per attutire il colpo e permettergli di emergere alla lunga. Fornendogli i mezzi per avere carriere durature.

Technipes, i propositi 2025: corse a tappe e più gare all’estero

06.01.2025
4 min
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La Technipes – #inEmilia-Romagna si conferma una delle squadre giovanili italiane con le spalle più larghe, se non altro per la continuità del progetto e la bontà dei suoi tecnici. La stagione 2025 si presenta come una nuova sfida per il team diretto dal manager e direttore sportivo Michele Coppolillo, e sarà una stagione caratterizzata da un importante rinnovamento: ben dieci nuovi corridori a fronte di otto partenze. Tra queste spiccano quelle (belle) di Ludovico Crescioli, passato al professionismo nella fila della Polti-VisitMalta, e di Niccolò Garibbo, che correrà con il JCL Team UKYO, una “quasi professional”.

Questo continuo ricambio è parte integrante della filosofia della Technipes – #inEmilia-Romagna: appunto accompagnare i ragazzi verso il professionismo, cosa che può apparire scontata ma nella quale non tutte le squadre riescono. La storia del team è costellata di atleti che hanno saputo emergere grazie a una programmazione accurata e a un calendario ben ponderato, ci viene in mente per esempio Tarozzi. Proprio con Coppolillo abbiamo messo nel mirino la nuova stagione.

L’incontro della Technipes-#inEmilia Romagna prima di Natale che di fatto ha aperto alla stagione 2025
L’incontro della Technipes-#inEmilia Romagna prima di Natale che di fatto ha aperto alla stagione 2025
Allora Michele, inizia una nuova stagione, con la soddisfazione di vedere anche quest’anno un corridore arrivato al professionismo…

Questa è la nostra mission: prendere dei giovani e cercare di far loro realizzare un sogno. Crescioli l’ha meritato sul campo, ha trovato anche l’ambiente giusto e noi siamo più che soddisfatti. Alla fine penso che queste siano le vittorie più belle. Ludovico si è impegnato moltissimo, è cresciuto e ha mostrato di essere pronto per certi palcoscenici. E’ un ragazzo che ha doti in salita, si sa muovere in corsa…

Sarebbe anche bello che a chi cresce questi ragazzi fosse riconosciuto qualcosa in più, non credi?

Eh – sospira Coppolillo – sapete, questi sono i sistemi. Il ciclismo, secondo me, dovrebbe migliorare sotto questo aspetto. Nelle categorie minori ci sono dei bonus, ma parliamo di briciole.

Guardiamo avanti: che Technipes vedremo nel 2025?

Abbiamo 16 corridori (due in più del 2024, ndr), tutti under 23, quindi è una squadra piuttosto giovane. Vero, ci sono ragazzi di terzo e quarto anno, ma speriamo di valorizzarli. Faremo un programma simile a quello dello scorso anno, alternando gare internazionali, che saranno si spera un po’ di più, con competizioni con i professionisti. Ogni anno cerchiamo di aggiungere qualcosa in più per stare al passo con i cambiamenti del ciclismo.

Gran Premio d’Autunno 2024: ad Acquanegra sul Mincio sfreccia Leonardo Meccia, la stellina del mercato della Technipes
Gran Premio d’Autunno 2024: ad Acquanegra sul Mincio sfreccia Leonardo Meccia, la stellina del mercato della Technipes
Avete fatto richiesta per gare internazionali, vero?

Sì, vogliamo mettere i ragazzi in condizione di confrontarsi con gli altri. Andremo in Belgio e affronteremo gare diverse dal solito. Lo scorso anno abbiamo partecipato a nove gare a tappe, un bel cambio di passo per noi e anche per i nostri atleti. Ma è questo quello che serve.

Chi sono i nuovi arrivi?

Abbiamo preso cinque juniores: Leonardo Meccia, un ottimo ragazzino, dalla Vangi e con lui sempre dalla Vangi Ivan Toselli e Thomas Bolognesi. E poi: Matteo Gabelloni, Adam Bronakowski. Sono loro i cinque primi anni su cui contiamo molto. E poi ci sono gli elite: Riccardo Archetti e Luca Bagnara dalla Polti U23, Samuele Bonetto dalla Zalf, Alessandro Cattani e Luca Martignago.

Vale anche per loro che il primo anno è già decisivo?

Ormai non esiste più il concetto di primo, secondo o terzo anno. Il ciclismo corre velocemente. Esiste la categoria e bisogna essere pronti. Non dobbiamo dimenticare che molti ragazzi vanno ancora a scuola, mentre all’estero spesso a 18 anni hanno già finito, ma è chiaro che non c’è tempo da perdere per i nostri.

Michele, hai già conosciuto i ragazzi?

Non molto a dire il vero, ci siamo ritrovati per un paio di giorni in autunno e approfondiremo la conoscenza nel corso di questo mese. Non vedo l’ora.

Crescioli al Valle d’Aosta dove ha anche indossato la maglia di leader: nel 2024 ha preso parte a 8 gare a tappe. Da quest’anno è alla Polti
Crescioli al Valle d’Aosta dove ha anche indossato la maglia di leader: nel 2024 ha preso parte a 8 gare a tappe. Da quest’anno è alla Polti
Tra i veterani, chi può fare la differenza?

Ci sono Bonetto e Bagnara soprattutto, che hanno la forza e l’esperienza per fare bene. Sono al quarto anno ma hanno margini di crescita. Speriamo che possano seguire le orme di Crescioli.

Cosa ha funzionato secondo te con Crescioli?

Io credo che il vero salto di qualità Ludovico lo abbia raggiunto facendo tante gare a tappe. Questo gli ha permesso di sviluppare il fondo necessario e di migliorare il suo motore, di spostare i suoi margini. Le gare a tappe sono fondamentali per la crescita di un ragazzo. Io credo che Crescioli l’hanno scorso abbia fatto meno di 20 giorni di corsa singoli o comunque non lontano da questa cifra.

Com’è il vostro programma di lavoro ora?

Dopo l’incontro in autunno, tra pochi giorni ci ritroveremo qui da noi in Romagna, passeremo insieme qualche giorno veloce, anche per distribuire il materiale. E poi verso la fine di gennaio faremo il nostro consueto ritiro in Spagna. Andremo a Denia e lì finalmente conosceremo bene i ragazzi e inizieremo a lavorare sul campo tutti insieme.

Ma cosa vogliono sapere i giovani corridori? Parola a Rossato

04.01.2025
4 min
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Il mondo del ciclismo giovanile è in costante evoluzione, con ragazzi che passano rapidamente dalla categoria juniores al professionismo. Ma cosa chiedono davvero i giovani atleti quando si affacciano a una squadra professionistica? Quali sono le loro curiosità, le domande che pongono? Alla fine il rischio di trovarsi spaesati in un mondo che conoscono poco aumenta rispetto a qualche tempo fa quando si passava con le spalle leggermente più grosse.

Ne abbiamo parlato con Mirko Rossato, direttore sportivo della VF Group-Bardiani, un esperto che lavora a stretto contatto con i giovani. Parlando con lui sono emerse in particolare tre tematiche principali: la tattica di gara, gli allenamenti e l’alimentazione. Ma esplorando i dubbi più comuni e le sfide che i ragazzi affrontano in questo delicato passaggio di carriera spuntano anche altre sfumature.

Rossato a colloquio con i suoi atleti
Rossato a colloquio con i suoi atleti
Mirko, dunque, quali sono le domande, gli argomenti più frequenti dei giovani quando arrivano in squadra?

I ragazzi oggi arrivano già abbastanza preparati, soprattutto grazie alla categoria juniores dove già si parla di wattaggi, di alimentazione e di allenamenti. Tuttavia, il salto al professionismo o al dilettantismo di alto livello li porta nuove sfide e nuovi confronti. Spesso chiedono come si corre e come affrontare le gare.

Cosa chiedevano?

Nei primi anni, anche ragazzi bravi come Martinelli, Pellizzari o Pinarello avevano mille dubbi sulla distanza, sull’approccio alla corsa e su come affrontare le differenze rispetto alla categoria precedente, sullo stare in gruppo…

Regnano dei dubbi insomma…

Certo. Un’altra caratteristica comune che hanno oggi i giovani è il desiderio di avere tutto subito: non si fermerebbero mai per un giorno di recupero, temendo di perdere tempo. In questo, il mio ruolo è anche quello di tenerli calmi e far capire loro che la stagione è lunga.

La tattica in corsa è uno dei primi dubbi dei ragazzi che da juniores si ritrovano tra i grandi (photors.it)
La tattica in corsa è uno dei primi dubbi dei ragazzi che da juniores si ritrovano tra i grandi (photors.it)
Sei quasi uno psicologo: come gestisci le insicurezze dei giovani?

Serve dare loro sicurezza e certezza che quello che dici si concretizza. E dirlo con convinzione. Ho vent’anni di esperienza con i giovani e quando affermo: «Stai tranquillo, ci arriviamo», è perché so che possiamo raggiungere gli obiettivi prefissati. I ragazzi di oggi sono svegli e capiscono subito se c’è indecisione nelle risposte. Se percepiscono dubbi, si perde subito la loro fiducia. Bisogna essere chiari e decisi, trasmettendo sicurezza in ogni aspetto del loro percorso.

Hai detto che sono preparati, ma entrando nel dettaglio, cosa chiedono riguardo agli allenamenti?

Confrontano spesso i loro valori con quelli necessari per essere competitivi ai livelli più alti. Grazie agli strumenti moderni, possiamo capire fin da subito se un ragazzo ha le qualità per emergere e, con il lavoro giusto, raggiungere i valori necessari. Le domande più frequenti riguardano i watt per chilo, i watt alla soglia e i numeri dei campioni. Cosa mangiano.

Insomma vogliono sapere i numeri?

Sì, ma d’altra parte oggi si ragiona così. Chiedono ad esempio: «Quanti watt per chilo ha Pogacar? E Pedersen? E Merlier? E quanti ne avevano prima?». Tuttavia, io sottolineo sempre che i numeri sono importanti, ma senza fantasia, grinta e mordente in corsa non si va lontano.

E sull’alimentazione?

Sull’alimentazione chiedono moltissimo. Durante i ritiri, organizziamo riunioni con il nostro nutrizionista per rispondere alle loro domande e spiegare l’importanza di una corretta alimentazione. Gli diamo indicazioni su cosa mangiare prima e dopo gli allenamenti, in base al tipo di lavoro che svolgono. Questo progetto va avanti da due anni e continueremo a svilupparlo, perché una buona alimentazione e la consapevolezza di essa sono fondamentali per affrontare una stagione al meglio.

Gli incontri dei ragazzi con lo staff medico-sportivo stanno dando ottimi risultati in termini di formazione e informazione
Gli incontri dei ragazzi con lo staff medico-sportivo stanno dando ottimi risultati in termini di formazione e informazione
Cosa ti fa arrabbiare invece?

Quello che mi fa arrabbiare è quando mollano facilmente durante una gara. Quando sento dire: «Vabbè oggi era una giornata no» e si fermano. Essendo giovani, spesso si aspettano grandi cose, e al primo segnale di difficoltà decidono di fermarsi. Non accetto questo atteggiamento. Voglio che finiscano le gare, anche se arrivano in ritardo, perché ogni corsa conclusa contribuisce al loro miglioramento. Insistere è importante.

Perché?

Perché è un’attitudine e perché passi dal fare gare più lunghe e questo ti serve per aumentare la resistenza, prendere confidenza con il chilometraggio. Ho visto ragazzi come Pellizzari o Pinarello fare progressi enormi in soli sei mesi, passando dal prendere distacchi significativi a essere competitivi con i migliori della categoria. Sulla distanza so che ci possono arrivare.

I pro’ invece parlano spesso anche di materiali, fanno confronti. Anche per i tuoi giovani è argomento di discussione?

Per fortuna, no. Anche perché abbiamo bici De Rosa, ruote e gruppi che soddisfano pienamente le esigenze dei ragazzi. Non ci sono lamentele e sono soddisfatti del materiale fornito. Questo ci permette di concentrarci su aspetti più importanti, come la preparazione e la tattica.

Giovani e professionisti: qual è la chiave giusta? Ce lo dice Borgia

21.12.2024
5 min
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Le parole di Ludovico Crescioli, che passerà professionista con i colori della Polti-Kometa (dal 2025 Team Polti Visit Malta) riguardo al corso ACCPI pensato proprio per chi come lui entrerà nel mondo dei grandi sono rimaste in testa. Il toscano ha descritto la giornata introduttiva, passata a Milano, come una prima infarinatura di quello che sarà. Si è parlato di tanti aspetti, non ultimo quello psicologico. In questo campo è intervenuta Elisabetta Borgia, psicologa dello sport. Nel suo discorso ha toccato punti interessanti, come quelli legati al porsi i giusti obiettivi per non rimanere schiacciati da una macchina che per alcuni potrebbe essere ancora troppo grande

Il corso ACCPI vede ogni anno ragazzi sempre più giovani, le porte del professionismo si aprono presto
Il corso ACCPI vede ogni anno ragazzi sempre più giovani, le porte del professionismo si aprono presto

Sempre più giovani

L’età media dei ragazzi che diventano professionisti si abbassa, è un dato di fatto. A fronte di gambe già forti per correre Classiche Monumento o Grandi Giri ci sono personalità ancora da formare

«Per quanto un ragazzo possa andare forte – spiega Elisabetta Borgia – quando diventa professionista compie un salto verso l’ignoto. La riflessione giusta che si deve fare è legata a quali possano essere le sfide giuste per un giovane atleta. Quello che si vede spesso è che i ragazzi sono iperstimolati e focalizzati sul proprio cammino di crescita. Il mio consiglio è stato quello di cercare, all’interno delle varie squadre, delle figure che possano guidarli e restargli accanto».

E’ importante trovare nelle squadre delle figure di riferimento, come è stato Pellizotti per Tiberi nel 2024
E’ importante trovare nelle squadre delle figure di riferimento, come è stato Pellizotti per Tiberi nel 2024
Che obiettivi si pongono?

A breve termine e legati spesso al risultato. Molti pensano: «Mi alleno due mesi in questo modo così alla prossima gara posso vincere». Ma non è sempre così, soprattutto quando si diventa professionisti. Le gare cambiano, diventano più lunghe e impegnative. Gli avversari sono forti. Non sempre allenarsi al massimo porta il risultato sperato, ma fa parte del cammino. 

Il tuo consiglio qual è stato?

Di cercare obiettivi realistici e sfidanti che siano totalmente concentrati su loro stessi. Non per egoismo, ma perché sia un cammino di crescita personale. Non guardare agli altri, soprattutto se il paragone viene fatto con corridori esperti e che corrono da anni in questo mondo. I primi mesi sono quelli più complicati e se ci si paragona agli altri si mettono ancora più in evidenza le difficoltà. 

I giovani che passano professionisti sono sottoposti a tante pressioni e molto stress, non tutti reggono (in foto Leo Hayter)
I giovani che passano professionisti sono sottoposti a tante pressioni e molto stress, non tutti reggono (in foto Leo Hayter)
Come mai i primi mesi sono difficili?

Già il primo ritiro è sempre uno schock. Cambia tutto: da come ti approcci ai coach, allo staff e ai compagni. Senti di entrare in una nuova dimensione rispetto a quello che eri abituato a vivere prima. La cosa importante è trovare il giusto equilibrio, anche se non è mai semplice. 

Anche se arrivano con la giusta motivazione?

Non credo di aver mai trovato un ragazzo poco motivato o che non sia disposto a fare qualcosa in più per migliorare. Anzi, il rischio maggiore è che il ciclismo e la crescita diventino un’ossessione. La maggior parte delle volte la delusione per un obiettivo non raggiunto arriva perché ci si è posti male il traguardo.

Gli juniores passano direttamente nel WT, questo è Beloki che a 18 anni è arrivato nella EF Easy Post, un salto che può destabilizzare
Gli juniores passano direttamente nel WT, questo è Beloki che a 18 anni è arrivato nella EF Easy Post, un salto che può destabilizzare
Cioè?

Se metto l’asticella troppo in alto il rischio è di non saltarla. All’inizio del loro cammino da professionisti devono ragionare a lungo termine. Quello che dico loro è di cercare ciò che serve loro per crescere e migliorare. Se riescono a farlo anche il debriefing diventa un momento di crescita. 

Cos’è?

Il momento in cui si ragiona su cosa mi aspetto, cosa ho fatto per raggiungere l’obiettivo e cosa avrei potuto fare meglio. 

I ragazzi diventano professionisti sempre più giovani, c’è il modo di tutelarli.

A mio avviso sì. Innanzitutto i devo team nascono per avere un passaggio intermedio tra la categoria under 23 e il WorldTour. Un giovane atleta ha la giusta prospettiva di crescita, lo staff e il modo in cui si lavora è professionale ma non così tanto come tra i professionisti. Si tratta di fare un passo intermedio che colma un gap che per qualcuno potrebbe essere troppo ampio. Questo, in particolare, se passano da juniores a professionisti. 

La nascita dei devo team è un modo per attutire il colpo facendo entrare i ragazzi in questo mondo passo dopo passo (foto Lidl-Trek)
La nascita dei devo team è un modo per attutire il colpo facendo entrare i ragazzi in questo mondo passo dopo passo (foto Lidl-Trek)
Il corso però è dedicato ai neo professionisti, quindi il salto è già stato fatto…

Ogni squadra ha degli psicologi oppure delle figure di riferimento per questi ragazzi. Possono essere anche i diesse o qualche coach. Ci sono persone in grado di avere la giusta sensibilità per comprendere lo stato emotivo dell’atleta. La crescita tecnica va di pari passo a quella professionale e atletica. 

Quando parli con i ragazzi cosa noti?

Che c’è una necessità evolutiva del ciclismo, in ragazzi under 23 corrono e vanno forte, spesso questo accade anche tra gli juniores. Alcuni fanno numeri che permettono loro di poter vincere tra i professionisti, ma non rappresentano la media. Il percorso di crescita deve essere proporzionato all’età. Non ci sono solo i watt, ma un progresso generale. Te ne accorgi nei faccia a faccia, sono forti ma hanno le stesse insicurezze di ogni adolescente. D’altronde lo sono ancora.

Da Pellizzari a Morgado: i pro’ più giovani sotto lo sguardo di Ballan

10.11.2024
5 min
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Questa è stata un’altra stagione “dei giovani”. Togliendo Pogacar, sono stati loro i protagonisti dell’anno. In tanti si sono messi in mostra e hanno stupito. Alessandro Ballan li ha seguiti con attenzione. L’ex campione del mondo ha valutato per noi il gruppo dei migliori Under 21.

La classifica UCI degli Under 21, con al massimo due anni di esperienza professionistica, vede nell’ordine: Romain Gregoire, Isaac Del Toro, Lenny Martinez, Max Poole, Finlay Blackmore, Alec Segaert, Jan Christen, Thibau Nys, Giulio Pellizzari e Antonio Morgado.

Una piccola precisazione: tecnicamente Pellizzari è al terzo anno da pro’, in virtù del “gruppo giovani” della VF Group-Bardiani, ma il primo anno ha svolto prevalentemente attività U23

Giulio Pellizzari ha concluso la terza stagione da professionista
Pellizzari ha concluso la terza stagione da professionista

Pellizzari, talento in salita

Sarà perché è italiano, sarà perché lo ha visto più da vicino, ma Ballan è rimasto particolarmente colpito da Giulio Pellizzari.
«In particolare – dice Ballan – Pellizzari mi ha colpito per le sue abilità in salita: lì davvero può dire la sua. Ha lottato spesso davanti con i grandi. Giulio ha mostrato una naturale predisposizione per le lunghe ascese, ha una buona capacità di gestione dello sforzo e di resistenza. Certo, è svantaggiato a cronometro… per ora, e non può primeggiare in un grande Giro. Ma adesso andrà in una squadra in cui lo faranno lavorare, con altri materiali e metodi, e potrà migliorare anche lì. Che poi come migliorare è un po’ il segreto di tutti questi ragazzi».

E qui Ballan apre un capitolo importante: quello degli stimoli e della fame, come dice lui. «Ora faccio un discorso generale, che non è riferito né a Pellizzari né agli altri, ma è un po’ lo specchio della direzione che ha preso il mondo. Mi spiego: oggi danno tutto o quasi per passare. Ci riescono, e quando poi hanno firmato un buon contratto, si adagiano. Io parlo anche per la mia esperienza personale. A 15 anni ho perso mio padre. Mia madre era una casalinga, la mia famiglia era povera. Dopo la scuola andavo a lavorare nei tre mesi invernali. Un anno ho fatto l’idraulico, un anno il muratore, un anno l’elettricista. E ho capito quanta fatica si facesse per arrivare a sera e guadagnare qualche soldo».

Alessandro Ballan, qui in postazione Rai con Andrea De Luca, segue con attenzione il mondo giovanile (foto Instagram)
Alessandro Ballan, qui in postazione Rai con Andrea De Luca, segue con attenzione il mondo giovanile (foto Instagram)

«Quando un giorno mi hanno detto che sarei diventato professionista e che mi sarei allenato 6-7 ore al giorno, per me era una fatica diversa: sapevo cosa significava essere un lavoratore. Oggi i ragazzi, non solo i ciclisti, non hanno l’esigenza di lavorare, di fare certi sacrifici.

«E’ lo stile di vita moderno, dove tutto è più facile… Questo, nel caso del ciclismo, per me si lega molto a quanta fame hanno di migliorarsi questi ragazzi. Spero che Pellizzari mantenga questa sua voglia di migliorarsi. Ma mi sembra motivato».

Quest’anno Gregoire ha vinto una tappa ai Paesi Bschi e ha debuttato al Tour
Quest’anno Gregoire ha vinto una tappa ai Paesi Bschi e ha debuttato al Tour

Gregoire, costanza e risultati

Un altro ciclista che ha catturato l’attenzione di Ballan è il francese Romain Gregoire. Se Pellizzari eccelle in salita, Gregoire lo ha impressionato per la sua costanza e per i risultati ottenuti in questa prima fase della sua carriera.

«Forse – dice Ballan – nel complesso il francese è il più forte di tutti. Ha vinto e si è piazzato spesso. E poi si è visto dall’inizio alla fine della stagione. Lui è uno dei francesi che sta uscendo benone. Questo perché Oltralpe loro lavorano bene nelle categorie giovanili. Sostanzialmente, noi stiamo vivendo quello che i francesi hanno vissuto 10-15 anni fa, con la differenza che loro, rispetto a noi, hanno molte squadre, WorldTour e non solo, dove farli passare, crescere e tutelare. Da qualche anno a questa parte sono arrivati i Bardet, poi gli Alaphilippe, i Gaudu… fino a Martinez e Gregoire».

Antonio Morgado sui muri del Fiandre
Antonio Morgado sui muri del Fiandre

I giovani UAE

Oltre a Pellizzari e Gregoire, Ballan ha elogiato i giovani della UAE Emirates . Si è detto colpito da Antonio Morgado e Isaac Del Toro. Morgado, noto per il suo temperamento aggressivo e la sua intelligenza tattica, e Del Toro, dotato di una notevole versatilità, rappresentano delle promesse per il team degli Emirati Arabi. Ballan ha anche elogiato Jan Christen, un giovane che, pur non comparendo in classifica, ha dimostrato qualità eccellenti che lo rendono meritevole di attenzione.

«In particolare Morgado – ha detto Alessandro – ha fatto quinto a un Fiandre pur essendo così giovane. Baldato, il suo diesse, mi diceva che ha preso tutti i muri in coda e poi rimontava. Sono andato a rivedere la corsa ed, in effetti, è stato proprio così. Fare quinto in quel modo, su quelle strade, dopo 250 chilometri, significa che sei davvero forte».

Ballan ha riconosciuto anche il potenziale di Thibau Nys e le doti, soprattutto a cronometro, di Alec Segaert.
«Ma in generale – ha concluso – mi colpiscono i giovanissimi, di nuova generazione, quelli ancora più giovani dei 21enni. Ho avuto la fortuna di assistere al Giro Next Gen: c’era gente come Torres o Vidar che davvero faceva la differenza. E parliamo di atleti di primo e secondo anno. Avevano due marce in più rispetto a quelli di terzo e quarto».