Van der Breggen: il Tour, le salite lunghe e il futuro. Mondini, a te…

14.08.2025
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E’ tornata dopo quattro anni lontana dalle gare e l’ha fatto senza mezze misure. Anna Van der Breggen sta vivendo un 2025 intenso, avendo corso i tre Grandi Giri femminili e chiudendo il recente Tour de France Femmes con prestazioni di alto livello.

La campionessa olandese, sette volte vincitrice di classiche monumento, tre volte iridata e due volte oro olimpico, è stata protagonista di un rientro studiato nei minimi dettagli. Con Gian Paolo Mondini, direttore sportivo della SD Worx-Protime, abbiamo analizzato la sua corsa francese e il percorso verso un futuro che si preannuncia ancora da grande protagonista.

Gian Paolo Mondini (classe 1972) da quest’anno è alla guida dell’ammiraglia della Sd Worx
Gian Paolo Mondini (classe 1972) da quest’anno è alla guida dell’ammiraglia della Sd Worx

Un Tour di livello altissimo

Mondini non ha dubbi: quello di Van der Breggen è stato un Tour positivo. «Fino al tappone – racconta il tecnico romagnolo – Anna è sempre stata pronta, ha lottato per le posizioni alte senza commettere errori. Nella prima tappa ci sono state incomprensioni con Lotte Kopecky: l’idea era di chiudere su Pauline Ferrand-Prévot per lanciare la volata a Lotte, ma lei ha iniziato la salita troppo indietro e i piani sono saltati. Peccato, perché Lorena Wiebes ha poi fatto seconda alla tappa successiva e con un altro approccio iniziale avremmo potuto puntare anche alla maglia gialla».

Il contesto era però durissimo. L’olandese arrivava dal Giro d’Italia Women, corso a ritmi alti e con tappe impegnative, senza reali giorni di recupero. «Anche in Italia – continua Mondini – il livello era elevato e molte ragazze lo hanno pagato. Anche le prime frazioni in Normandia presentavano salite e arrivi esplosivi, in un clima di tensione degno del Tour maschile: pubblico numeroso, stress e preparazioni mirate. Pauline ha sacrificato tre mesi per arrivare al top, alzando ulteriormente l’asticella. Qualcuno si è lamentato di questo suo approccio, ma non ha fatto nulla di illegale».

Van der Breggen è sempre stata in piena lotta con le migliori e nelle prime tappe è stata vicina a Wiebes e Kopecky
Van der Breggen è sempre stata in piena lotta con le migliori e nelle prime tappe è stata vicina a Wiebes e Kopecky

Quell’ultima tappa…

Il momento più spettacolare di Van der Breggen è arrivato nell’ultima frazione, quando ha attaccato due volte, prima in pianura e poi in salita, scollinando con oltre un minuto e mezzo di vantaggio.

«Dietro non l’hanno mai lasciata andare davvero – spiega Mondini – sulla prima azione si sono mossi subito alcuni nomi pesanti fra cui proprio Ferrand-Prévot, poi in salita ha selezionato il gruppo restando con le migliori di classifica. A quel punto, con Silvia Persico che lavorava per Demi Vollering e Kasia Niewiadoma interessata al podio, la collaborazione per riprenderla è stata totale. L’hanno ripresa all’imbocco dell’ultima salita e lì non c’era più margine».

Mondini rimarca come il livello tecnico e fisico sia cresciuto rispetto a quattro o cinque anni fa. Sentite qua: «Oggi in salite lunghe da 40-50 minuti servono valori da 6 watt/kg per restare davanti. Lo sforzo che hanno espresso Ferrand-Prévot e Sarah Gigante è paragonabile a quello di scalatori maschi. Questo Tour ha confermato che non si può più improvvisare: servono preparazioni mirate e programmate con largo anticipo».

Quest’anno Van der Breggen (qui con la compagna Harvey, a sinistra) è stata due volte in altura (foto Instagram)
Quest’anno Van der Breggen (qui con la compagna Harvey, a sinistra) è stata due volte in altura (foto Instagram)

Un anno di transizione

Con un terzo posto alla Vuelta, un sesto al Giro e un undicesimo al Tour parlare di anno di transizione sarebbe stucchevole, ma la protagonista è Van der Breggen… ed allora ecco che cambia ogni punto di vista. La scelta di correre tutti e tre i grandi giri nel 2025 non è stata casuale.

«Fare i tre Grandi Giri – conferma Mondini – è parte di un progetto ponderato. Dopo quattro anni lontana dalle gare, bisognava accelerare i tempi per riadattarsi al livello richiesto. Correre Giro, Tour e Vuelta consente di accumulare giorni di corsa e stress simili a quelli che le mancavano. Non è un anno solo di transizione, perché ha chiuso terza alla Vuelta, sesta al Giro e bene anche al Tour, ma l’obiettivo era ed è costruire per il futuro».

Il calendario femminile non offre moltissime opportunità per fare gare a tappe di alto livello, perciò la programmazione ha previsto anche due blocchi di altura. Mondini spiega come servano i tempi giusti per metabolizzare l’altura. Altura che, soprattutto nei primi anni, non ti porta subito al massimo, anzi. «Spesso – aggiunge Giampaolo – bisogna ridurre i carichi per non compromettere il recupero. Il lavoro intenso va fatto quando si torna giù e noi ci siamo dovuti adattare a questa mole enorme di lavoro considerato nell’insieme dell’anno dunque non c’è stato tutto questo tempo per allenare certe caratteristiche».

Vuelta, Giro e Tour per l’olandese. Eccola vincere a Borja (Vuelta) primo successo dal rientro
Vuelta, Giro e Tour per l’olandese. Eccola vincere a Borja (Vuelta) primo successo dal rientro

Verso il 2026

«Non c’è stato tutto questo tempo per allenare certe caratteristiche»: Mondini si riferiva soprattutto al discorso delle salite lunghe, dove di fatto l’olandese ha pagato dazio.

«Anna – conclude Mondini – è soddisfatta del percorso intrapreso, pur consapevole che ci sono margini di miglioramento. Le mancano ancora le specifiche sulle lunghe salite. Quest’anno nelle tappe decisive, come il Monte Nerone al Giro o la Madeleine al Tour, ha pagato la mancanza di lavori mirati su sforzi di 40-50 minuti a quei livelli di potenza. L’anno prossimo avremo tempo per inserirli in preparazione». E qui ci si riallaccia al discorso di prima e alle determinate tempistiche da rispettare.

Una cosa è certa, la concorrenza, con nomi come Ferrand-Prévot e Gigante, ha alzato il livello e costretto tutti a rivedere gli standard di preparazione. Ma la determinazione dell’olandese lascia intendere che il suo rientro non sarà un semplice revival: il 2025 è stato il banco di prova, il 2026 potrebbe riportare la regina in cima al podio. E intanto ci sono altri appuntamenti importanti che l’aspettano: uno su tutti il mondiale.

Van der Breggen, il ritorno tra watt e testa. Sentiamo Mondini

04.02.2025
5 min
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Anna Van der Breggen torna a correre dopo tre anni di stop e lo fa con la maglia della  Sd Worx-Protime. E questo forse è il colpo di mercato, dopo la Longo Borghini alla UAE Adq, più grosso dell’anno. Ma non è di questo che vogliamo parlare (in apertura foto @gettysport).

Van der Breggen è una delle più grandi campionesse del ciclismo femminile di ogni tempo e si rimette in gioco, ma con una prospettiva nuova. Accanto a lei c’è Gianpaolo Mondini, uno dei direttori sportivi del team. In qualche modo “Mondo” l’aveva già seguita per anni nel suo percorso e ora la vede affrontare questa sfida. Numeri, aspetti psicologici e il confronto con un ciclismo che continua ad evolversi: Mondini, una laurea in Psicologia, ci aiuta a capire quali siano le sensazioni della fuoriclasse olandese e cosa aspettarsi dal suo rientro.

Gianpaolo Mondini (classe 1972) è pronto a debuttare come direttore sportivo nella Sd Worx
Gianpaolo Mondini (classe 1972) è pronto a debuttare come direttore sportivo nella Sd Worx
Giampaolo, che rapporto hai con Anna van der Breggen e che tipo di persona è?

Ho iniziato a lavorare con Anna dopo Rio 2016, quando ha vinto l’oro olimpico ed è entrata nelle squadre che usavano Specialized. La conosco da molti anni ed è sempre stata una ragazza molto riservata, riflessiva, una che si fa molte domande. Non è il tipo esplosivo alla Sagan o alla Pogacar, è più compassata e controllata, anche nei momenti di esultanza. È l’opposto di una Lorena Wiebes, per fare un paragone.

Tre anni di assenza non sono pochi…

Ma è questa la sfida. Negli anni in cui aveva smesso ha continuato comunque a lavorare come coach nel team, specializzandosi nella preparazione e nell’analisi dei dati, allenandosi quasi sempre con le ragazze. Non è mai uscita del tutto da questo mondo.

Essere così analitica e “sul pezzo” anche come coach può essere un vantaggio o un limite?

Un tempo si diceva che bisognava essere un po’ più “stupidi”, non chiedersi troppe cose, ma oggi il ciclismo è cambiato. Gli atleti vogliono sapere, capire i meccanismi dietro la preparazione, l’alimentazione, l’allenamento. Se riesci a comprendere il tuo motore, hai un vantaggio. Anna è molto avanti in questo senso, ha studiato nei dettagli la sua strategia vincente, come ha fatto per anni nelle classiche. Ricordo per esempio quando disse anche alla Vollering che sul Muro d’Huy alla Freccia Vallone, non doveva mai alzarsi sui pedali fino ai 150 metri dal traguardo. Facendo così ne ha vinte sette! Il suo unico dubbio potrebbe essere adattarsi alle nuove dinamiche di gara e ai cambiamenti del gruppo (cosa che in parte ci aveva detto anche Elena Cecchini, ndr).

Cioè?

Altre ragazze, atlete più giovani, gare un po’ più lunghe, un livello mediamente più elevato. Insomma, ritrova un gruppo diverso.

In questi anni da coach, la stima per Anna da parte delle ragazze è cresciuta. E’ sempre più un riferimento
In questi anni da coach, la stima per Anna da parte delle ragazze è cresciuta. E’ sempre più un riferimento
Si allena da sola o ha un supporto esterno?

Noi in squadra abbiamo una rete di coach, allenatori e medici che monitorano la preparazione di tutti gli atleti. Anna è in grado di gestirsi da sola e preparare le sue tabelle, ma può sempre contare sul supporto del team e su consigli esterni. Il nostro sistema garantisce un continuo aggiornamento sulle sue condizioni e la possibilità di intervenire se necessario.

Si dice che abbia ottimi dati, in termini di watt: ma ha ancora il motore per il ciclismo moderno?

Anna non ha mai smesso davvero di allenarsi, ha sempre lavorato con il gruppo, e i valori che abbiamo testato non sono lontani da quelli che aveva in passato. La vera sfida sarà trasferire quei numeri in gara, nel momento decisivo. Non è solo questione di potenza, ma anche di gestione dello stress, di posizionamento in corsa, di capacità di adattarsi alle situazioni. Sarà una prova importante per lei anche a livello mentale.

Come sta vivendo questo rientro? Come la vedi?

Con grande serenità, senza l’assillo del risultato. Il suo obiettivo non è dimostrare di poter vincere di nuovo, ma di essere competitiva, di poter fare la differenza nel finale di corsa. Si mette a disposizione della squadra, vuole essere un elemento prezioso per il team. La sua carriera parla per lei, non ha bisogno di conferme.

Il suo passato da coach può influire sui rapporti nel gruppo? E può essere una diesse in corsa?

Sì, assolutamente. Anna ha vinto tutto e questo le garantisce un enorme rispetto all’interno della squadra. E’ una che parla poco, ma quando lo fa, difficilmente sbaglia. Negli ultimi anni ha sviluppato la capacità di stare vicino alle compagne, di capire quando e come intervenire, di dare consigli nei momenti giusti. E’ una leader silenziosa ma molto efficace.

Freccia Vallone 2021: Van der Breggen resta seduta e cerca di andare agile. Questa sarà la sua settima vittoria consecutiva sul Muro d’Huy
Freccia Vallone 2021: Van der Breggen resta seduta e cerca di andare agile. Questa sarà la sua settima vittoria consecutiva sul Muro d’Huy
Quali saranno i suoi obiettivi stagionali?

L’idea è farla partire dalle classiche, soprattutto le Ardenne, che sono sempre state il suo terreno ideale. Però dobbiamo ancora definire il calendario con precisione.

Quando inizierà a correre?

Sistemate alcune pratiche burocratiche, finalmente possiamo dire che inizierà alla Volta Comunitat Valenciana. Da lì poi le classiche.

Come vedi il suo ritorno nel lungo periodo?

Dipenderà molto da come si adatterà alle corse moderne. I numeri ci sono, la testa pure, ma il ciclismo oggi è più veloce e aggressivo. Se riuscirà a trovare il giusto equilibrio, potrebbe essere un valore aggiunto enorme per la squadra, non solo come atleta ma anche come riferimento per le compagne.

Chiaro…

Io credo che Anna avrà un impatto positivo, senza dubbio. Una come lei non può che far crescere l’intero team. Il suo rientro è un segnale importante, non solo per la squadra ma per tutto il ciclismo femminile. Sarà interessante vedere come evolverà la sua stagione.

Da Specialized alla SD Worx, Mondini sale in ammiraglia

22.10.2024
6 min
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Quando ad aprile Specialized gli ha comunicato che a fine anno il suo contratto non sarebbe stato rinnovato, Gian Paolo Mondini si è trovato come chiunque perda il lavoro degli ultimi 14 anni e debba ricostruirsi una vita. Fortunatamente però il romagnolo, che dopo aver smesso di correre si è laureato in psicologia e non ha mai chiuso in modo fragoroso le porte dietro di sé, non ha dovuto aspettare molto per trovare un’altra strada.

«Conoscete qualcuno nel ciclismo – dice con un sorriso – che pensi che i contratti durino a vita? Mi sono sempre guardato in giro, pensando di dover avere un piano B e un piano C. Ultimamente mi ero accorto che cominciavo a fare sempre le stesse cose. Gli spunti che davo non erano più recepiti, quindi effettivamente può darsi che fossi arrivato a un punto di non ritorno e fosse necessario cambiare qualcosa».

L’occasione gliel’ha data Danny Stam, team manager del Team SD Worx-Protime, la squadra della neo campionessa del mondo Lotte Kopecky, della partente Demi Vollering e di Lorena Wiebes, oltre che di Elena Cecchini, Barbara Guarischi e Anna Van der Breggen che torna a correre. La squadra ha bici Specialized, Mondini ha avuto con loro frequentissimi rapporti di lavoro. Saputo che fosse su piazza, Stam non ha perso tempo.

E’ stato Danny Stam, team manager della squadra olandese, a contattare Mondini (foto SD Worx-Protime)
E’ stato Danny Stam, team manager della squadra olandese, a contattare Mondini (foto SD Worx-Protime)
Come è andata?

Ho comunicato subito alle squadre con le quali collaboravo che non avrei più lavorato con Specialized. Danny mi ha chiamato il giorno dopo e ha detto di volermi parlare. Io stavo facendo una piccola… vacanza al Giro di Sardegna cicloturistico e lui mi ha chiesto di raggiungerlo alla Vuelta che stavano vincendo con Demi Vollering. Mi ha preso il biglietto, ci siamo incontrati e il loro entusiasmo mi ha subito conquistato.

E’ un ruolo che ti aspettavi?

Era quello cui pensavo quando smisi di correre e decisi di fare Psicologia all’Università. Un ruolo di supporto ai team, che adesso avrei potuto riprendere, avendo in più 14 anni di esperienza sui materiali e sulla performance. Ho pensato che fosse l’occasione giusta. In questi anni con gli atleti ho avuto un rapporto molto aperto e sincero. Ascoltavo le loro esigenze e le trasmettevo all’azienda, cercando di aiutarli a trovare la giusta combinazione tra i vari materiali. Solo per il discorso scarpe, ho seguito quasi 200 corridori. Più tutti i test che abbiamo fatto sugli pneumatici e quelli in velodromo per l’aerodinamica. E’ stato un lavoro veramente ampio, che mi ha dato una bella mano per guardare avanti.

Ci si poteva aspettare che la prima mossa la facesse la SD Worx?

In realtà mi ha colpito. Danny lo conosco da 10-12 anni. Abbiamo più o meno la stessa età, abbiamo fatto entrambi i corridori. L’ho sempre ammirato perché è riuscito sempre a gestire nella stessa squadra delle ragazze di alto livello, senza che si siano mai visti degli screzi. Quello che è stato detto sui presunti dissidi con Demi Vollering che va via è stato pretestuoso. E’ una lettura che lascia il tempo che trova. Danny è riuscito nuovamente a ottenere risultati impressionanti. Da due anni, quanto a vittorie sono stati secondi solo alla UAE Emirates di Pogacar. Facendo notare che le donne non corrono quanto gli uomini e come organico sono la metà. 

Vollering, Kopecky, Wiebes: per Mondini, la SD Worx-Protime è un modello di collaborazione fra grandi atlete
Vollering, Kopecky, Wiebes: la SD Worx-Protime è un modello di collaborazione fra grandi atlete
Che cosa ti ha detto Stam alla Vuelta?

Che sarei stato la persona giusta. Uno che conosce il mondo delle corse, conosce i materiali e può dare qualcosa in più al team. Io chiaramente ho detto quali sono stati i miei studi e quello che vorrei fare, aggiungendo che sono ancora uno sportivo attivo.

Un valore aggiunto?

Non è una cosa da poco. Quando parli con gli atleti, non puoi spiegare una bici o delle ruote se non conosci esattamente ciò di cui parli. Danny si allena con la squadra in tutti i training camp invernali. E’ il momento migliore per avvicinarsi agli atleti, mentre nelle squadre maschili il fatto che un direttore sportivo esca con i suoi atleti viene visto male. Secondo me è sbagliato, è una cosa che aiuta molto perché l’atleta si apre di più. E tu magari riesci a vedere qualche errore di impostazione in bici, una posizione sbagliata sulla sella, uno scivolamento che magari non avevi notato mentre facevi la biomeccanica.

Poi c’è anche il fatto che in bici si parla meglio che a tavolino, no?

Tutti sanno che in bici viene più facile confidare dei segreti. La pedalata è un elemento che aiuta a tirar fuori emozioni che normalmente tieni dentro. E’ veramente uno sport introspettivo, tanto che molti vanno in bici perché li aiuta a pensare alle loro cose. Non mi metterò a fare sedute individuali: se un atleta ha bisogno di fare un percorso di psicoterapia, serve un ambiente dedicato. In una squadra bisogna individuare degli obiettivi comuni. Parlare tutti la stessa lingua. Fare formazione. Aiutare gli atleti a capire come gestire le emozioni e preparare le corse. E’ qualcosa che abbiamo un po’ perso, perché abbiamo la tendenza a imboccare gli atleti con qualsiasi cosa. Quante calorie devi mangiare, quanto allenamento devi fare, a che ora devi partire, la valigia…

Due settimane fa, Mondini ha partecipato al campionato europeo gravel
Due settimane fa, Mondini ha partecipato al campionato europeo gravel
E non va bene?

Diamogli la possibilità di autogestirsi. Quando sono a casa, come agiscono? Come riescono a organizzare la loro giornata? Molti non lo fanno, non sono capaci. Dobbiamo riuscire a fare un passo indietro e dargli questo tipo di supporto. Dobbiamo insegnargli a gestire gli imprevisti, che invece spesso creano direttamente una situazione di panico e il panico in corsa è molto pericoloso. Puoi creare una caduta o ti fa arrendere perché pensi che una situazione sia irrecuperabile. Sarebbe importante approfondire questi temi e lavorare sul gruppo, comprendendo tutti gli elementi del team.

Anche lo staff?

Il direttore sportivo deve essere motivante. Il meccanico a volte se ne esce con dei commenti non proprio felici, davanti ai quali alcune persone si possono anche offendere o pensare di non essere accolte. Invece è fondamentale che il corridore sia libero di dire le cose, se ha dei dubbi sul materiale. Il meccanico deve essere paziente e accogliere la sua curiosità. 

Sarai anche un direttore sportivo sull’ammiraglia?

Certo, perché Anna van der Breggen torna in bici, quindi si è liberato un posto. Però mi dedicherò anche ai materiali, aiuterò i meccanici nella preparazione della bici e gli atleti nelle scelte. Comunque sempre in accordo con Danny. Lui mi chiede una mano ed è contento che io gestisca questa situazione, perché comunque lui deve seguire anche tutto il resto.

Van der Breggen, qui con il general manager Janssen, tornerà a indossare i panni dell’atleta
Van der Breggen, qui con il general manager Janssen, tornerà a indossare i panni dell’atleta
Al mosaico manca solo l’esame da direttore sportivo all’UCI?

Esatto. Il capitolo ammiraglia per me è completamente nuovo e devo imparare da zero. A parte le volte che ho guidato per aiutare dei direttori in qualche crono, altra esperienza non ho. Negli ultimi 14 anni ho fatto 200 giornate per stagione dietro ai corridori. So cos’è il mondo delle corse, però credo che la gara in ammiraglia abbia delle dinamiche che molti sottovalutano. Devo rimettermi a studiare, ma questo non mi ha mai fatto paura. Perciò adesso che è arrivato l’annuncio ufficiale, si comincia finalmente a lavorare.

Evenepoel e quella bici da crono non estrema: una carta vincente

31.07.2024
5 min
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Specialized S-Works Shiv, una taglia xs per Remco Evenepoel, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi 2024. Il modello è il medesimo di sempre, quello utilizzato anche nelle corse a tappe e per il mondiale, ma i dettagli e le variabili fanno la differenza.

Con il contributo di Giampaolo Mondini, uomo di raccordo fra Specialized e i team, cerchiamo di entrare nel dettaglio della bici del giovane campione belga, un mezzo che a tratti sembra minimale ed essenziale, ma in realtà è frutto di una ricerca durata anni.

La bici (vincente) della prima crono al Tour de France
La bici (vincente) della prima crono al Tour de France
La Specialized di Evenepoel è la medesima che ha usato al Tour?

No, o meglio, il modello è sempre S-Works Shiv, ma cambiano alcuni dettagli, su tutti le livree grafiche. Anche al Tour de France ha usato due bici differenti tra la prima e la crono di Nizza. Nella prima ha usato quella con grafica silver/iridata, nella prova contro il tempo dell’ultimo giorno ha usato un telaio più leggero di qualche grammo, verniciatura differente, ma uguale nelle forme.

Copertoncini in tutte le occasioni?

Sempre. Specialized Turbo Cotton TT con sezione da 26 e camere d’aria in lattice, non in butile, non in poliuretano. Anche il gonfiaggio è sempre lo stesso. Siamo intorno alle 6-6,2 atmosfere, range utilizzato anche a Parigi sotto la pioggia.

La Shiv TT della crono finale a Nizza
La Shiv TT della crono finale a Nizza
Rispetto a molte altre, la Shiv dà l’impressione di essere più sfinata, a tratti una bici minimale. Cosa ne pensi?

E’ la prima bici da crono ad essere stata sviluppata in modo specifico per i perni passanti e per i freni a disco, un fattore che condiziona sicuramente alcune scelte di design. Si parla di una bici da crono e quindi le forme sono strettamente funzionali alla ricerca aerodinamica e alla resa del mezzo meccanico.

Quindi nel dettaglio?

Il posteriore è alleggerito, molto di più rispetto ad un ipotetico valore medio della categoria, soluzione ricercata e utile per i percorsi tortuosi, guidabilità e agilità. Il piantone scaricato verso la sezione bassa non è solo una questione estetica. Aggiungo che Evenepoel è solito non adottare profili estremizzati per la ruota anteriore. Questo influisce sull’impatto estetico, che risulta “più magro”, ma anche sulla prontezza della bici.

La bici da crono utilizzata da Evenepoel alle Olimpiadi
La bici da crono utilizzata da Evenepoel alle Olimpiadi
Pensi che una sorta di estremizzazione meno accentuata abbia aiutato Evenepoel anche sulle strade di Parigi? Tutt’altro che un biliardo.

Quando si parla di una bici da crono non è esclusivamente il frame-kit, anche la componentistica fa la differenza. Credo che, oltre ad uno stato di forma fisica eccellente, la Specialized usata a Parigi è l’espressione di un collimare perfetto tra le varie parti in gioco. Anche delle abilità di guida.

Quanto tempo è necessario per saper sfruttare le potenzialità di una bici del genere?

Evenepoel la usa almeno due volte a settimana, anche quando piove. Non è un dettaglio e di sicuro spiega anche questa abilità, una certa naturalezza nello sfruttare a pieno la bici. E poi c’è tutta la fase di test eseguiti nel periodo invernale.

Ci puoi spiegare?

Ogni inverno Evenepoel dedica almeno due giornate piene nella galleria del vento a Morgan Hill. A queste si aggiungono i giorni in velodromo per validare le scelte o per effettuare dei cambiamenti. Nel 2024 abbiamo aggiunto dei giorni di prove al Politecnico di Milano. E’ un percorso lungo e complesso.

Fra il 2023 e il 2024, il cockpit è stato cambiato
Fra il 2023 e il 2024, il cockpit è stato cambiato
Rispetto ai primi test, avete cambiato qualcosa?

La bici è rimasta quella, ma rispetto al 2023 è cambiato il setting del corridore. Pedivelle più corte, le famose 165 e un nuovo cockpit, più leggero ed efficiente. Le nuove soluzioni vanno di pari passo, poco tangibili in termini di watt, rilevanti proprio per quello che concerne l’efficacia.

Il corridore ha un feeling migliore?

La posizione che lui riesce a tenere è funzionale all’aerodinamica e alle sue caratteristiche. E’ più basso sul manubrio e al tempo stesso non influisce in modo negativo sulla respirazione diaframmatica e sul movimento delle gambe.

Nella prova a cinque cerchi, Evenepoel è stato molto abile nella guida
Nella prova a cinque cerchi, Evenepoel è stato molto abile nella guida
Se volessimo quantificare il valore di questa bici?

Il costo di una Specialized Shiv è quello relativo al listino, perché ogni bici usata dai corridori deve essere disponibile per il mercato: è una regola UCI. Altro discorso è il valore del progetto. Le cifre diventano folli, ma sono un investimento sulle tecnologie, sull’immagine su tutto quello che Specialized mette a disposizione. Galleria del vento, componenti e accessori, biciclette ovviamente. Le risorse umane, perché sono tanti gli attori coinvolti. Le analisi Retul con tutto quello che riguarda anche il risolvere le problematiche derivate da infortuni. Dietro l’ipotetica semplicità di una bici, c’è un universo celato. Lo è per le bici “normali”, ancora di più per le crono.

Roglic e Specialized, il feeling cresce. Specie a crono

12.04.2024
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Quando si cambiano bici e materiali, serve sempre un po’ di tempo perché ci si adatti alla perfezione, specie nel ciclismo attuale in cui ogni minimo dettaglio può fare la differenza. Primoz Roglic durante l’inverno è passato da Cervélo, la bici che utilizzava all’allora Jumbo-Visma, alla Specialized in Bora-Hansgrohe.

Già qualche tempo fa vi avevamo parlato di questo cambio di materiali, bene: come sta andando? Ne parliamo con Giampaolo Mondini, storico uomo Specialized e referente tecnico tra squadre e appunto il brand che rappresenta.

Innanzitutto però, merita spazio un altro aggiornamento, quello che riguarda le condizioni della maglia rosa uscente. Dopo i fattacci dei Paesi Baschi, in cui prima aveva battuto il dorso e poi il ginocchio nel giorno della maxi caduta, possiamo dire che Roglic sta meglio del previsto. Si era temuto per una rotula fratturata e invece lo sloveno ha riportato “solo” delle forti contusioni. E questa è una bella notizia in vista del Tour de France.

La Specialized S-Works Tarmac SL8 di Primoz Roglic
La Specialized S-Works Tarmac SL8 di Primoz Roglic
Giampaolo, come sta andando questo “matrimonio” tra Roglic e Specialized?

Ho visto Primoz qualche settimana fa. Abbiamo percorso insieme la tappa del Tour, la prima, quella italiana. Posso dire che in discesa andava come una freccia. Ormai questi ragazzi hanno la velocità addosso! C’erano lui e anche Nico Denz. Abbiamo fatto il Barbotto e poi fino a San Marino. Proprio in quel frangente abbiamo parlato del suo adattamento e mi ha detto che si sta trovando benissimo con la bici.

In questo passaggio da Cervélo a Specialized avete riportato fedelmente le sue misure o ci sono stati degli adattamenti?

Le misure sono rimaste esattamente quelle, specialmente sulla bici da strada, mentre qualche piccolo intervento è stato fatto sulla bici da crono (in zona manubrio, ndr)

Partivate da 3-4 posizioni ci avevi detto l’ultima volta, che tipo d’intervento avete apportato?

Abbiamo fatto altri test, anche in galleria del vento, proprio prima di provare la tappa del Tour. Li abbiamo fatti a Milano. Dopo la Parigi-Nizza, Primoz è andato direttamente a Milano, appunto, e quindi è sceso in Romagna dove ha provato la prima tappa del Tour e poi anche la seconda.

Primoz Roglic (classe 1989) su Specialized, il feeling di guida è sembrato buono sin dalle prime uscite. Angoli uguali a quelli del 2023
Primoz Roglic (classe 1989) su Specialized, il feeling di guida è sembrato buono sin dalle prime uscite. Angoli uguali a quelli del 2023
Hai detto che si trova benissimo, cosa gli è piaciuto dunque di questa Specialized SL8?

La reattività della bici. Ci si trova a suo agio, ha avuto subito un buon feeling e la trova veloce. E lo stesso vale per la bici da crono. Anzi, forse su quella va ancora meglio.

Perché?

In termini di guida ci si trova molto bene e infatti proprio ai Paesi Baschi a nostro avviso ha vinto anche perché nelle curve più strette è riuscito guidare molto bene. Era una crono molto tecnica e ha fatto veramente la differenza sugli altri, posto che chiaramente è andato forte anche nei tratti in cui bisognava spingere. Abbiamo i parametri, li abbiamo visti. Però proprio riguardando i vari parziali ha guadagnato nel tratto di discesa.

Discorso gomme. Primoz veniva da un team molto attento alla questione degli pneumatici. Utilizzava tubeless Vittoria che spesso sono stati sviluppati proprio in collaborazione col team giallonero, adesso è passato ai vostri copertoncini. Cosa puoi dirci in merito?

Primoz è un corridore sensibile su queste cose. Cosa posso dire: non ha mai protestato. Ha iniziato ad usarli sin da subito, si è informato però. Gli abbiamo mostrato i nostri numeri, gli abbiamo fatto vedere quali sono le combinazioni migliori ed è andato. Alla fine i nostri clincher in cotone sono quelli che danno la prestazione migliore, pertanto li ha abbracciati subito.

Parliamo della sella. Due modelli differenti: tra la sua vecchia Fizik e la vostra Specialized Phenom qualche aggiustamento, magari piccolo, ci sarà stato…

Il discorso non è tanto alzare o abbassare la sella, il ragionamento che noi facciamo è diverso. Quello che guardiamo è se gli angoli che aveva sono stati riprodotti rispetto alla bici precedente. Poi abbiamo riadattato il tutto con il nostro sistema Retul. Gli abbiamo consegnato un “prodotto” finito: a quel punto è lui che ci dà i feedback. Se poi Roglic, ma questo vale anche per altri atleti e atlete, vuole cambiare qualcosa, ne discutiamo. Cerchiamo però di non lasciare il corridore libero di decidere se cominciare ad alzare o abbassare la sella, arretrarla o spostarla in avanti…

Secondo Mondini, Roglic ha fatto un bel salto di qualità in termini di guida con la bici da crono
Secondo Mondini, Roglic ha fatto un bel salto di qualità in termini di guida con la bici da crono
Come mai?

Perché oggi ogni cosa è ponderata in un certo modo. Si cambia? Bene, ma perché? Cosa comporta questo cambiamento? E non siamo noi ad imporre queste regole, è il team. E in accordo col team, ogni cambiamento è deciso insieme. Nel caso della sella, per esempio, se s’inizia a spostarla va da sé che cambino gli angoli. E se non li ricontrolli poi cambia tutto il resto. Faccio un esempio: Barbara Guarischi, per vari motivi ha dovuto cambiare un paio di selle durante le classiche. Tra una corsa e l’altra non c’è stato tempo, ma adesso deve rifare un controllo Retul per verificare questi cambiamenti e riportare gli angoli nella posizione ottimale. Questi check ormai sono fondamentali.

Insomma va tutto bene con Roglic e da quello che capiamo non è neanche un pignolo che fa impazzire i meccanici…

No, no… ce ne fossero come lui! Il processo di adattamento sta andando avanti regolarmente. Ma in generale ormai certi cambiamenti in corso d’opera si fanno sempre meno. Lavoriamo sodo sulle posizioni nei mesi tra ottobre e dicembre e durante la stagione non abbiamo più grossi problemi. Può capitare che un corridore abbia un’infiammazione, abbia subito un infortunio e allora bisogna rimetterci mano, ma è un’altra motivazione. In quel caso l’intervento prima ancora che biomeccanico è medico. Tornando a Roglic, secondo me, se non ci fosse stata quella caduta, Primoz avrebbe avuto grosse possibilità di vincere il Giro dei Paesi Baschi.

Crono e lavori specifici: non solo Roglic li fa sui rulli

06.12.2023
7 min
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«Se fossi ancora corridore – riflette Marco Pinotti alla fine della chiacchierata – forse anche io farei sui rulli i lavori specifici per la crono. Sempre che la pista su cui li ho sempre fatti fosse chiusa. Altrimenti non avrei dubbi e tornerei a Dalmine…».

Un passaggio dell’incontro con Giampaolo Mondini, parlando dell’arrivo di Roglic alla Bora-Hansgrohe e di conseguenza su bici Specialized, continuava a risuonarci nelle orecchie. Per mandare via il ronzio, serviva un esperto di crono e preparazione, per cui ci siamo rivolti a Marco Pinotti.

«Una cosa molto interessante che mi ha detto Primoz – aveva raccontato Mondini – è che lui usa la bici da crono anche tre volte a settimana, però sui rulli, come fanno i triatleti (in apertura, lo sloveno sui rulli in un’immagine da Instagram, ndr). Magari prima fa l’uscita su strada, poi se deve fare un’ora di variazioni di ritmo, le fa sui rulli. Mi ha spiegato che è soprattutto un fatto di sicurezza, perché i lavori con la bici da crono si fanno ad alta velocità e le strade di Monaco non sono le più adatte».

La pista di Dalmine è stata a lungo il teatro degli allenamenti specifici di Pinotti (foto L’Eco di Bergamo)
La pista di Dalmine è stata a lungo il teatro degli allenamenti specifici di Pinotti (foto L’Eco di Bergamo)

Un’abitudine diffusa

In realtà, quella che poteva sembrare un’originalità dello sloveno ha preso la forma di un’abitudine ormai radicata: «Anche qua (riferendosi alla Jayco-AlUla di cui Marco è preparatore, ndr) tanti australiani fanno lavori sui rulli – è stata la prima risposta di Pinotti su whatsapp – per una questione di sicurezza delle strade e per mantenere la posizione. Io li facevo in pista».

E allora andiamo a capire quali siano i lavori che vengono meglio sui rulli e se ci siano delle criticità, legate ad esempio alla dimestichezza con la bici, ai valori fisiologici espressi e alle temperature che si raggiungono sui rulli. Pinotti prende il filo del discorso e si incammina.

«Il primo con cui ho avuto questo tipo di esperienza – dice – è stato Patrick Bevin, il neozelandese che avevo quando eravamo al CCC Team. L’ho seguito per un anno e mi diceva che i lavori specifici li faceva sui rulli. Io ne prendevo atto, anche se viveva a Girona, che non dà l’idea di un posto così trafficato. Non è che fossi troppo favorevole, perché va bene lavorare in posizione, però dopo quando vanno in bici sanno fare le curve? Fra gli australiani è una cosa abbastanza comune. Magari fanno sui rulli il lavoro più impegnativo, poi escono con la bici strada e allungano».

Luke Durbridge, in una foto di tre anni fa, lavorando sui rulli con la bici da crono (foto Instagram)
Luke Durbridge, in una foto di tre anni fa, lavorando sui rulli con la bici da crono (foto Instagram)

Sicurezza e valori certi

Quali siano i lavori che vengono meglio sui rulli è facile da intuire. Si tratta di quelli che richiedono strada libera perché si svolgono ad alta velocità, con la visibilità limitata dal fatto che con la bici da crono si tende spesso a guardare verso il basso.

«Magari si tratta di lavori di alta intensità – dice Pinotti – e non continui. I classici over-under, cioè un minuto in soglia e due minuti sotto. Oppure 40 secondi sotto e 20 secondi sopra. Lavori un po’ strutturati che su strada sono difficili da programmare. Difficilmente si ha la strada libera e senza traffico o rotonde. Per cui c’è sicuramente la componente della sicurezza e un po’ l’esigenza di fare bene il lavoro. Fare per quattro volte 10 minuti consecutivi su strada non è semplice. Magari puoi aggiustarti un po’ andando a cercare qualche pendenza. Ma se qualcuno è un po’ più fissato sui valori, quindi preferisce avere dati privi di variazioni, allora sul rullo li ha proprio esatti. Potrei obiettare che le curve e l’esigenza di frenare le hai anche in gara, ma se è una necessità legata alla sicurezza, allora alzo le mani.

«Sono lavori che si fanno in pianura, mentre con la bicicletta da strada si fanno per la maggior parte in salita, quindi la velocità è più bassa e c’è meno traffico. Se anche vuoi trovare la strada secondaria in pianura, l’imprevisto può sempre saltar fuori. Perché con la bici da crono vai a 50 all’ora e ti trovi quello allo stop che sottovaluta la velocità del ciclista e si immette lo stesso. Basta un attimo e ci scappa l’incidente…».

E’ rischioso circolare a testa bassa su strada, a 50 all’ora, simulando le condizioni di gara
E’ rischioso circolare a testa bassa su strada, a 50 all’ora, simulando le condizioni di gara

Meglio in pista

Servono rulli di nuova generazione, chiaramente. Fare certi lavori con quelli di una volta, che frenavano la gomma posteriore e davano una pedalata a scatti, sarebbe impensabile e poco produttivo.

«I nuovi rulli hanno la pedalata molto simile a quella su strada – spiega Pinotti – ma certo non ti danno l’abitudine a guidare la bici fra gli imprevisti della strada. Non perché uno improvvisamente diventi incapace di fare le curve, ma perché comunque stare in posizione e assorbire le folate di vento, che è l’ostacolo principale, è soprattutto un fatto di esperienza. E poi ci sono l’asfalto irregolare, le buche, gli ostacoli improvvisi. Per questo io preferivo andare a fare i miei lavori in salita oppure nella pista di Dalmine

«E’ una pista abbastanza lunga – fa notare Pinotti – alla fine il vento c’è e c’è anche la sicurezza. E poi comunque piuttosto che stare fermo come sul rullo, ti muovi e hai ventilazione naturale. Poi possono esserci tante variabili. Magari Roglic sta sui rulli anche per stimolare l’adattamento al caldo: ci sono tanti studi in questo senso. Ma se lo scopo è solo fare lavori specifici, allora è bene che ci siano ventilazione e temperatura sufficientemente bassa».

Le brevi progressioni che si fanno nel riscaldamento prima di una crono somigliano ai lavori che si fanno anche a casa
Le brevi progressioni che si fanno nel riscaldamento prima di una crono somigliano ai lavori che si fanno anche a casa

Watt e sudore

L’adagio è ben noto: un’ora sui rulli, vale come un’ora e mezza su strada. E se questo è vero per il semplice girare le gambe, quando si passa sul fronte dei lavori specifici, che sono brevi e di durata controllata, le cose cambiano?

«A livello generale – sorride Pinotti – una differenza c’è. Se io faccio un’ora e mezza di rulli, in termini di consumo in kilojoule è come farne due su strada. In pratica pedalo sempre e la potenza media che ne deriva viene più alta. Invece su strada c’è il momento in cui non pedalo, per cui la potenza media si abbassa. Invece se parliamo di lavoro specifico, non c’è grossa differenza. Parliamo di piccoli intervalli, quindi se sei a casa e pedali in un ambiente adeguatamente ventilato, dovresti riuscire a non sentire tanta differenza».

Il tema della sicurezza per gli alleamenti su strada si amplifica in caso di cronosquadre
Il tema della sicurezza per gli alleamenti su strada si amplifica in caso di cronosquadre

Ottimizzare il tempo

Però ci piace tornare alla frase da cui questo articolo ha avuto inizio, al fatto che se fosse ancora corridore e fosse impossibilitato a usare la pista, anche Pinotti sceglierebbe di fare i suoi lavori sui rulli.

«Ovviamente – sorride – continuerei a preferire la pista. Però la stagione fredda crea delle situazioni che vanno calcolate. Qui dove abito, d’inverno le strade sono ancora meno percorribili, perché nelle vallate fa troppo freddo. Quindi se l’alternativa fosse vestirmi come un palombaro e fare l’impossibile per trovare una strada su cui fare dei lavori, magari finirei col farli sui rulli. Sarebbe il modo migliore per ottimizzare il tempo e risolvere il problema sicurezza.

«In effetti, se non vuoi fare i lavori in salita, perché non sei comodissimo e stando basso non respiri bene, per avvicinarti al modello della gara dovresti fare i lavori in pianura, dato che la maggior parte delle crono ormai sono in pianura. E non è tanto raccomandabile farli su strade con il limite a 50 e doverlo superare con la bici. Ed è peggio quando dobbiamo preparare la cronosquadre. A volte si affittano gli autodromi, ma non sempre si può. Quest’anno ne avevamo una alla Parigi-Nizza. Ho guardato di trovare una strada adatta intorno Parigi, ma invano. Alla fine abbiamo scelto di non far niente e siamo stati bravi lo stesso (la Jayco-AlUla concluse al 3° posto, a 4″ dalla Jumbo-Visma, ndr).

Una Specialized per Roglic: come nasce la nuova bici

26.11.2023
8 min
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Prima non si poteva sapere, almeno fino a che la firma con la Bora-Hansgrohe non è stata ufficializzata. A quel punto è scattato il divieto di mostrare immagini, che si interromperà il primo gennaio. Tuttavia, dopo aver vinto il Giro dell’Emilia e aver fatto terzo al Lombardia, Roglic ha avuto i primi contatti con gli uomini della nuova squadra e ha cominciato a ragionare con loro dei materiali. E da lì è iniziato lo sviluppo della Specialized con cui correrà nel 2024 (in apertura, una foto di Paul Matthis).

Il 17 ottobre, dieci giorni dopo il Lombardia e durante il primo ritiro a Soelden, è stato fatto il posizionamento sulla bici da strada con il sistema Retul. Roglic ha ascoltato e poi ha espresso le sue preferenze. Nella stessa occasione sono state riportate sulla bici da crono le misure della Cervélo. L’indomani, lo sloveno è uscito per provare la nuova bici. Finché il 23 ottobre, assieme a Hindley e pochi altri fra cui Sobrero, è volato in California per i primi test nella galleria del vento di Morgan Hill. I risultati ottenuti in casa Specialized saranno verificati nelle prossime settimane nel velodromo di Palma de Mallorca, in occasione del ritiro di dicembre.

Per guidarci in questa immersione di Roglic nel mondo Specialized abbiamo chiesto il supporto di Giampaolo Mondini, uomo di raccordo fra l’azienda e i team, che lo ha seguito sinora e lo seguirà ancora nei prossimi passi. Il discorso parte dal vincitore del Giro, ma è un bello spaccato di come si lavori oggi nelle squadre WorldTour: se non altro quelle equipaggiate Specialized.

Tutti gli anni i corridori dei team Specialized vanno a Morgan Hill: qui Asgreen, Cattaneo ed Evenepoel nel 2022
Tutti gli anni i corridori dei team Specialized vanno a Morgan Hill: qui Asgreen, Cattaneo ed Evenepoel nel 2022
Arriva uno come Roglic, qual è il vostro approccio? Si parte dalla bici precedente o si prende un foglio bianco?

Dipende molto dalla predisposizione del corridore e questo indipendentemente che sia un grande campione o chiunque altro. L’approccio di Retul con i professionisti è sempre molto personale. Hai dei corridori che sono nella stessa posizione da anni e vogliono replicarla, senza cambiarla una virgola. Per cui quando viene fatta la posizione, se c’è qualcosa che non va, se ne parla col corridore e con il fisioterapista del team.

Cosa si può fare?

Si valuta se la posizione può essere corretta con piccoli aggiustamenti, se il corridore se la sente, oppure se è meglio evitare. Questo il discorso generale, poi ci sono corridori che magari hanno avuto cadute oppure operazioni chirurgiche e allora il caso si complica.

In quali termini?

La posizione va rivalutata. Perché magari ne è stata individuata una per il periodo del recupero dall’infortunio e dopo qualche mese bisogna controllarla, per vedere se non debba essere aggiornata (viene in mente il caso Froome, da poco raccontato, ndr). Le cadute sono una fase delicata. Magari il bacino si è un po’ inclinato, quindi può essere utile andare a rivedere che tutto quanto sia a posto. Ad alto livello, questi corridori un paio di cadute all’anno le fanno. Magari non sono gravi, magari sul momento non sembra niente, però magari è successo qualcosa a livello scheletrico…

Roglic, qui al Giro di Slovenia, si è mostrato curioso del lavoro Specialized e ha voluto approfondirlo
Roglic, qui al Giro di Slovenia, si è mostrato curioso del lavoro Specialized e ha voluto approfondirlo
Roglic nel 2023 è rientrato da un infortunio: lo hai visto attento a questi discorsi?

Ho trovato un corridore molto motivato e aperto, davvero entusiasta. Mi è parso curioso di capire il nostro metodo di lavoro e questo ci ha aiutato sicuramente nell’approccio. In fin dei conti non abbiamo cambiato molto, però bisogna dire che in questa prima fase – cambiando il tipo di bicicletta, cambiando i pedali, cambiando le scarpe e cambiando la sella – cerchiamo sempre di non toccare il resto. Invece, quando andremo a Palma de Mallorca ai primi di dicembre, anche in base ai feedback che ci darà Primoz, vedremo se ritoccare qualcosa o se il corridore stesso nel frattempo è andato a cambiare qualcosa.

Sono cose che succedono?

A dicembre sì, anche se rispetto a una volta è tutto molto diverso. Vent’anni fa c’erano corridori che giravano con la brugola e intervenivano su qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Adesso gli è stato vietato, da gennaio il corridore non dovrebbe avere la libertà di cambiare la posizione sulla bici. Questo anche per aiutarlo a evitare problemi e infortuni. A volte si interviene perché fai più fatica e pensi che dipenda dalla posizione e magari fai un danno doppio. Soprattutto perché a volte si seguono i consigli di chissà chi e si peggiorano le cose. Questa abitudine per fortuna negli anni è cambiata e dopo gennaio la bici rimane quella. Anche per la crono, mentre una volta capitava di vedere alcuni che modificavano l’altezza delle protesi prima della partenza.

Saremmo curiosi di sapere come avresti impedito a Pantani di usare la sua brugola. Ti avrebbe tagliato la gola!

Il “Panta” (Mondini ride, di Marco è stato compagno di squadra nel 2001, ndr) alla Valenciana si fermò per mettere a posto i tacchetti durante una tappa. Si sedette su un paracarro e si mise ad armeggiare. E noi intanto guardavamo il gruppo che in quel momento si stava aprendo a ventaglio e ci mettemmo le mani nei capelli. Per fortuna eravamo tutti abbastanza forti e riuscimmo pure a rimediare, ma certo una volta (ride ancora, ndr) succedevano certe situazioni… 

Roglic ha chiesto qualche modifica alla geometria della bici da crono rispetto a quella 2023
Roglic ha chiesto qualche modifica alla geometria della bici da crono rispetto a quella 2023
Roglic vi ha dato la scheda 2023 e voi l’avete replicata?

Ha comunque fatto la posizione con Retul, in cui abbiamo cercato di replicare il più possibile, magari dando le nostre annotazioni rispetto a qualche angolo. A tanti corridori diamo la bici a metà ottobre subito dopo aver fatto il posizionamento, sapendo che ci saliranno dopo due o tre settimane, finite le vacanze. Roglic invece ha fatto il Retul e la mattina dopo era già fuori. Si è fatto dare un po’ di materiale ed è andato a provare la bici.

Che misura di telaio gli avete dato?

Una Tarmac Sl8 taglia M, una 54. Niente di speciale. Primoz è leggermente brevilineo, quindi con le gambe più corte del tronco. Ha il manubrio integrato largo 40 con l’attacco da 12 e le pedivelle da 170. Ci è parso molto contento dell’assetto della bici, i primi feedback sono stati subito molto positivi. E’ rimasto impressionato anche dalla leggerezza, idem per quanto riguarda quella da cronometro.

Anche lui usa pedivelle da 170, ormai è la regola…

Adesso c’è questa tendenza, sia per la bici da strada sia per le crono. Anzi, quasi tutti quelli che fanno le crono sul serio, stanno cercando le 165. Anche Remco. La pedivella da 165 ti permette di chiudere di più il diaframma e di abbassare di più il tronco, senza colpirti col ginocchio. Invece non serve per abbassare la bici. Puoi far scendere il piantone, ma l’altezza di sella resta identica e i vantaggi aerodinamici non ci sono.

La Bora corre le crono sulle Specialized Shiv Disc. Per Roglic si sta studiando una nuova posizione (foto Anderl Hartmann)
La Bora corre le crono sulle Specialized Shiv Disc. Per Roglic si sta studiando una nuova posizione (foto Anderl Hartmann)
A Morgan Hill invece avete lavorato solo sulla bici da crono?

Esatto. E mentre sulla bici da strada non ha chiesto nulla, in questo caso ha fatto delle richieste specifiche. Ha chiesto di provare qualcosa di specifico in termini di altezza e allungamento, su cui la galleria del vento ha dato delle risposte, che andremo a verificare nel velodromo per capire se siano davvero efficaci.

Anche per la bici da crono si parte dalla precedente?

Dalla scheda vecchia e dalla posizione vecchia, perché sennò rischi di a stravolgere troppo la posizione. Una cosa molto interessante che mi ha detto Primoz è che lui usa la bici da crono anche tre volte a settimana, però sui rulli, come fanno i triatleti. Magari prima fa l’uscita su strada, poi se deve fare un’ora di variazioni di ritmo, le fa sui rulli. Mi ha spiegato che è soprattutto un fatto di sicurezza, perché i lavori con la bici da crono si fanno ad alta velocità e le strade di Monaco non sono le più adatte.

Visto che è molto curioso, vi ha chiesto su corsa interverreste?

E’ super disponibile, molto aperto. Si è affidato al consiglio della squadra. Oltre a questo è stato sorprendente come si sia messo nelle nostre mani. In una giornata, penso che abbia fatto 8 ore immobile in galleria del vento. Non si è mai lamentato, tanto che a un certo punto gli ho chiesto se almeno volesse bere o mangiare qualcosa. E allora ha ammesso che effettivamente aveva sete e anche fame.

Il tempo di ricevere la nuova bici e Roglic è uscito per provarla: dal 2024 vuole ottenere il massimo (foto Paul Matthis)
Il tempo di ricevere la nuova bici e Roglic è uscito per provarla: dal 2024 vuole ottenere il massimo (foto Paul Matthis)
Dato che ha richiesto delle modifiche sulla posizione da crono, avete messo a punto un doppio assetto in modo da poter fare confronti?

Abbiamo fatto 3-4 posizioni. Sicuramente una come la vecchia e poi altre che saranno verificate in pista. E poi insieme abbiamo fatto anche una sessione sui body e il resto del materiale. La squadra è interessata a questo tipo di test e noi ovviamente diamo la massima disponibilità. Sono stati portati vari tipi di materiali e sono stati provati con tutti i corridori, per capire se certe soluzioni sono soggettive oppure vanno bene per tutti.

Se qualcuno dovesse vedere Roglic in giro sulla nuova bici, che materiali gli avete dato?

Per ora si va sul semplice. Ruote basse da allenamento, credo che abbia preso le Alpinist, con copertoni da 28. E’ bene che usi la bici, così a dicembre faremo un altro sviluppo, per arrivare al setting con cui correrà nel 2024. E per gennaio si potranno vedere anche le foto. Per ora abbiamo evitato in tutti i modi che si potesse associare il nome Roglic a quello di Specialized.

Calpe, un occhio indiscreto nel lavoro di Retul

10.01.2023
9 min
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Le cose che si fanno a porte chiuse nel primo ritiro. A dicembre l’hotel della futura Soudal-Quick Step è rimasto chiuso ai giornalisti. Corridori nuovi, materiali nuovi. Troppe cose tutte insieme per rischiare che uscisse qualche foto non autorizzata. Negli stessi giorni, nei saloni al pianterreno del Suitopia Hotel di Calpe, gli uomini di Retul hanno messo mano a svariate solette su misura e controllato la posizione dei nuovi e degli altri che lo hanno chiesto. La squadra correrà anche nel 2023 con la Tarmac SL7 di Specialized. E dato che non si sa ancora quando sarà lanciata la SL8, non ci sono state grandi variazioni biomeccaniche.

Ciò che è successo in quelle stanze ce lo siamo fatto raccontare da Giampaolo Mondini, che è la porta di accesso dei corridori all’assistenza di massimo livello quanto a posizionamento in bici e solette su misura e nelle tre settimane prima di Natale ha girato per questo fra gli hotel delle squadre sponsorizzate.

Mondini è il responsabile Specialized dei rapporti con i team: qui alla presentazione della Soudal-Quick Step
Mondini è il responsabile Specialized dei rapporti con i team: qui alla presentazione della Soudal-Quick Step
Avete lavorato solo con i nuovi corridori o anche con gli altri?

«E’ un servizio che offriamo a tutte le nostre squadre. Con i nuovi si cerca di far capire i vantaggi della posizione migliore. Quando si va in una nuova squadra, cambiano la bici, la sella, il manubrio, i pedali. Cambia tutto, per cui la certezza che gli angoli siano stati rispettati è un vantaggio. Per questo di solito si comincia a ottobre».

Con la stagione ancora in corso?

Esatto. Serve per avere gli atleti ancora in forma e non fermi da tre settimane. Serve che siano presentabili. Sia per la posizione in sella, perché magari dopo tre settimane di stop non hanno la stessa elasticità. Sia per la possibilità di fare l’abbigliamento su misura, quando sono ancora tirati.

Con i vecchi corridori invece cosa si fa?

A volte sono loro che chiedono di essere inquadrati. Magari sono caduti, oppure hanno cambiato la sella, hanno male a un ginocchio o ancora vogliono la soletta personalizzata. A Calpe questa volta non c’è stato tantissimo da fare per la biomeccanica.

Masnada ha raccontato di aver dovuto rivedere la posizione per scongiurare l’infiammazione che lo ha fatto soffrire alla Vuelta.

Masnada ha una conformazione così stretta delle ossa del bacino, che qualsiasi sella avesse usato finora, gli causava delle lacerazioni. Alla Vuelta era così rovinato, che l’ha conclusa per aiutare Remco, però ha finito lì la stagione.

Come l’avete risolta?

La soluzione è stata provare una sella da crono, la Sitero. Abbiamo selle larghe da 130 millimetri fino a oltre i 160. E’ rarissimo che i corridori usino selle così strette, ma Fausto potrebbe aver risolto il problema. La Sitero ha anche il naso più corto e così è riuscito a tenere sotto controllo la situazione. Ma dovremo continuare a seguirlo, per vedere se va bene. A volte si cambiano le selle, quando le selle non c’entrano.

Una volta individuali gli angoli, si passa alle regolazioni per ottenere la posizione indicata (foto Specialized)
Una volta individuali gli angoli, si passa alle regolazioni per ottenere la posizione indicata (foto Specialized)
Cosa vuoi dire?

Tanti oramai si fanno fare il fondello su misura, anche Nibali lo faceva. Non è una cosa tanto banale, negli ultimi anni sono attenzioni sempre più frequenti. E si sta iniziando a notare che i problemi attribuiti alle selle derivano dal fondello, se non addirittura dalla crema che si usa per le parti intime.

Alle creme?

Avevamo un problema con una squadra. Solo quella. E alla fine abbiamo scoperto che usavano una crema che ungeva così tanto la sella, da danneggiarne la copertura. Per il fondello, così come per le scarpe andrebbe concessa libertà, anche se lo dico contro il mio interesse. Noi stessi, se il corridore non si trova con i nostri prodotti, lo lasciamo libero di cercare di meglio. Quello che non mi va giù è che, pur in assenza di sponsorizzazioni, ci siano squadre che vietano ai corridori di usare certe marche.

I sensori LED vengono collocati sulle sporgenze ossee, come ad esempio la caviglia (foto Specialized)
I sensori LED vengono collocati sulle sporgenze ossee, come ad esempio la caviglia (foto Specialized)
Come funziona il sistema Retul?

Si parte dalla posizione di base, dando per scontato che siano già messi bene sulla bici. I cambiamenti vanno valutati attentamente. Le fibre muscolari si adattano, ma lavorano in una precisa direzione. Nel cambiare, bisogna stare attenti perché ogni variazione può avere conseguenze. Al di là delle lunghezze, il valore importante è quello dell’angolo fra i vari segmenti del corpo. Per cui si parte dalla posizione base, poi l’algoritmo Retul mette in relazione la posizione del corridore con quelle di tutti gli altri testati finora, fornendo indicazioni sugli angoli migliori.

In che modo?

Viene creata una mappa in 3D del corridore che pedala, una volta si faceva il confronto fra le fotografie. I marcatori a LED vengono messi su 8 punti fissi, di solito sporgenze ossee, rilevando un minimo di 17 angoli fino a un massimo di 45, con cui ricavi l’esatta prospettiva della posizione. Se il sistema dice che la posizione è giusta, non facciamo niente. Se invece vediamo che qualche angolo è migliorabile, in accordo con il corridore e il fisioterapista della squadra, si decide se intervenire e in che modo.

Intervenire su cosa?

Il sistema ti dice che un angolo è migliorabile, sta all’esperienza del biomeccanico trovare il modo per correggerlo. Se abbassando la sella, allungando l’attacco manubrio o altro. Si fanno variazioni di pochi millimetri, si arriva a una posizione condivisa e poi si lasciano al corridore circa venti giorni per allenarsi ore e ore, sperimentando la nuova posizione. Se si fa la posizione a dicembre, si fa una verifica a gennaio e poi non si tocca più.

L’algoritmo indica gli angoli su cui intervenire: i biomeccanici osservano e intervengono (foto Specialized)
L’algoritmo indica gli angoli su cui intervenire: i biomeccanici osservano e intervengono (foto Specialized)
Quanto conta il biomeccanico?

Il nostro obiettivo è togliere di mezzo la soggettività del biomeccanico. Serve che sia esperto nell’usare lo strumento. A volte si può raggiungere la stessa posizione finale partendo da punti diversi, l’importante però è che il risultato sia identico. Non è possibile che due biomeccanici diversi portino a due posizioni diverse.

Da dove arrivano i biomeccanici Retul?

Quando Specialized ha rilevato il marchio, c’erano 5 “professor” che ancora oggi fanno scuola e insegnano il metodo Retul. Quelli che seguono le squadre sono gli stessi che sviluppano l’algoritmo e si servono dei feedback dei corridori per migliorarlo. In generale, tutti quelli che usano il sistema Retul nei negozi e nei centri di biomeccanica, vengono formati perché siano in grado. Il responsabile per l’Italia si chiama Silvio Coatto.

Capita che il corridore voglia cambiare senza una reale esigenza?

E’ una cosa che capita. Il nostro obiettivo a livello mentale è isolare dalla nostra valutazione le sensazioni del corridore. A volte durante la preparazione capita che qualcosa non vada come crede e la prima cosa che fa, se non trova una spiegazione, è mettere mano alla bicicletta. Senza rendersi conto che spesso questo genera problemi più seri.

A crono stessa storia?

A crono è diverso. Si danno alla squadra tutti i dati della posizione più affidabile e da lì si comincia a lavorare. In galleria del vento si parte dalla posizione base e poi si porta verso l’estremo, per trovare la più aerodinamica e insieme la più efficiente. A quel punto si prende la bici Retul che si chiama Muve, su cui si può cambiare la posizione senza che il corridore debba scendere.

Il lavoro sulla bici da crono è reso necessario dalle nuove regole UCI sull’inclinazione delle protesi (foto Specialized)
Il lavoro sulla bici da crono è reso necessario dalle nuove regole UCI sull’inclinazione delle protesi (foto Specialized)
Che cosa si fa?

Lo si fa pedalare alla soglia, con una maschera facciale, in modo da fare un test metabolico per il VO2Max. A questo modo si raggiunge un punto limite e a quel punto si può andare a fare i test in pista, cercando la posizione più applicabile alla realtà. Adesso che hanno cambiato le regole e le inclinazioni delle appendici, c’è tanto lavoro da fare.

Che tipo di lavoro avete fatto su Evenepoel?

Remco ha voluto controllare la posizione. E visto che già sulla bici da crono aveva messo le pedivelle da 165, voleva vedere se adottarle anche su strada, ma alla fine ha scelto di restare con le 170, come pure Alaphilippe. Ormai le pedivelle lunghe sono sempre meno diffuse.

La realizzazione d solette su misura è una delle richieste più frequenti (foto Specialized)
La realizzazione d solette su misura è una delle richieste più frequenti (foto Specialized)
Si lavora anche sulle asimmetrie dei corridori?

I difetti macroscopici si vedono a occhio nudo. In ogni caso la pedana Retul ruota e permette di valutare il corridore su entrambi i lati.

Il resto rientra fra le cose che si sanno, ma non si dicono. Si parla dei corridori sponsorizzati da altri che chiedono di avere le solette su misura e allora è meglio non fare nomi. Ci sono quelli infatti che hanno il veto espresso di servirsi di materiali Specialized e quelli che, per aggirarlo, producono addirittura un certificato medico. C’è sempre stata una sorta di complicità fra addetti ai lavori, con il benessere degli atleti sopra di tutto. Va bene lo sponsor e va bene il contratto, ma quando sei per cinque ore al giorno sulla bicicletta, bisogna che tu sia soprattutto comodo.