Search

Rizzato al Tour, fra giganti, sogni e lezioni da imparare

23.06.2022
7 min
Salva

«Mi sentirò seduto sulle spalle dei giganti che mi hanno preceduto», poi Rizzato fa una pausa e percepisci il cambio di ritmo. Il telecronista cede il posto al ragazzo e l’emozione diventa palpabile. Chiediamo spesso ai corridori che cosa provino debuttando al Tour, ma è la stessa domanda cui potrebbe rispondere chiunque l’abbia vissuto, a vario titolo e nel suo ambito. Stefano (in apertura sulla moto all’ultimo Giro, foto Mirrormedia) sarà la voce di Rai Sport nella prossima edizione della corsa francese, in un passaggio professionale che non lascerebbe insensibile neppure il più cinico dei cronisti. Figurarsi chi vive lo sport da dentro e con passione.

«Se abbiamo una virtù in un’azienda così storica – riflette – è quella di poter imparare da chi è venuto prima di noi e che poi ci affianca. E’ una grande ricchezza che vale per le grandi e le piccole cose. Chiaro che io ci dovrò mettere del mio, la mia personalità. Ci dovrò mettere la chimica con Stefano Garzelli, che già ho sentito ottima al Delfinato. Stefano è una persona che si prepara tantissimo, che ha un grande entusiasmo…».

E’ stata Alessandra De Stefano, qui con Garzelli al Tour 2016, a volere Rizzato in postazione
E’ stata Alessandra De Stefano, qui con Garzelli al Tour 2016, a volere Rizzato in postazione

Debutto ritardato

Il campionato italiano della crono è alle spalle, l’avventura francese avrà inizio la prossima settimana, ma in realtà è già iniziata da un pezzo. Stefano avrebbe dovuto debuttare alla conduzione alla Freccia Vallone e poi alla Liegi, ma il Covid l’ha costretto in casa.

Il passaggio dalla moto alla postazione non è semplice. Non è solo, come pensa una buona fetta degli appassionati dal divano, prendere un microfono e parlare. Almeno non lo è se vuoi che le parole raccontino, coinvolgano, informino. Dietro quel microfono il più delle volte ci sono persone che studiano e si mettono in gioco, pur sapendo di essere esposte al giudizio spesso frettoloso di chi non ha il tempo e nemmeno il gusto di approfondire.

Intanto la squadra RAI è al lavoro. Giada Borgato e Petacchi in ricognizione sui percorsi del Tour (foto Instagram)
Intanto la squadra RAI è al lavoro. Borgato e Petacchi in ricognizione sui percorsi del Tour (foto Instagram)
Come è successo che dalla moto sei passato alla postazione?

E’ un percorso che mi hanno proposto Alessandra De Stefano e Alessandro Fabretti, con l’idea di affiancare in modo un po’ più stabile Pancani, che poi è fulcro di tutto il progetto. Nel senso che Francesco mi affiancherà in questo percorso, essendo anche lui al Tour a fare lo studio e il coordinatore. Sarà fondamentale averne il supporto e i consigli. Di Tour ne ha seguiti diversi, il mestiere lo fa meglio di tutti e per me l’opportunità vera è quella di poter imparare da lui.

Nessun avvicendamento, insomma?

Questo vorrei che fosse chiaro. Per me non sarà tanto dire di aver messo la bandierina sul Tour de France e aver raggiunto uno dei miei sogni da bambino, ma la grande opportunità professionale e anche umana di fare il Tour imparando da uno che in tutti questi anni l’ha raccontato al meglio. Francesco è il numero uno: non c’è nessun passaggio di consegne, ma piuttosto un bellissimo rapporto fatto di stima profonda e del grande piacere di lavorare insieme.

Al Giro hai dovuto prendere il suo posto…

Al di là della parte emotiva (il toscano è dovuto correre infatti da sua madre Anna, che si è spenta pochi giorni dopo, ndr), è stato difficile gestire la postazione avendo in testa la moto. E’ un lavoro totalmente diverso. E’ una telecronaca, ma al tempo stesso è come se fosse una conduzione.

Saligari sulla moto al Giro 2022. Al Tour la RAI non avrà moto in corsa (foto Instagram)
Saligari sulla moto al Giro 2022. Al Tour la RAI non avrà moto in corsa (foto Instagram)
Che cosa significa?

Di fatto avevo da interpellare altre sette voci, fra il commento tecnico di Petacchi e Giada (Borgato, ndr), quello sulla storia e le storie con Fabio Genovesi. Poi c’erano il professor Fagnani da Radio Informazioni e le due moto di Saligari e Martini. Altre volte in modo più sporadico c’era un collegamento dall’arrivo, che poteva essere con Antonello Orlando o altri. Se si aggiunge la finestra sul Processo alla Tappa, le voci diventano otto e si capisce che è un lavoro molto particolare.

E’ stato difficile subentrare?

La verità è che la macchina già camminava bene, quindi l’obiettivo fondamentale era di non farla schiantare. Tenerla dritta fino al ritorno del titolare. Le varie voci già dialogavano bene, io ho approfittato di un lavoro che era già stato impostato da Francesco. Ho cercato di farlo innanzitutto con sobrietà, perché comunque non era casa mia. Ero il supplente e quindi aspettavamo tutti che Pancani tornasse.

Il Tour sarà invece casa tua. Come ti sei preparato?

Ho fatto un lavoro grosso sulla storia, sia per i consigli di Alessandra sia per l’idea che mi ero fatto io. Non si può raccontare un Tour senza capire bene cosa c’è alle spalle. Si parla tanto della sua magnitudo come se fosse un terremoto, si parla di tutto quello che c’è intorno e della sua grandeur, ma è importante capire quel che c’è stato prima.

Più bello del Giro, scrive su Instagram c’è tornare a casa dal Giro: l’ultimo è stato impegnativo
Più bello del Giro, scrive su Instagram c’è tornare a casa dal Giro: l’ultimo è stato impegnativo
Come ti sei mosso?

Sono andato a caccia delle fonti migliori e le ho trovate in un cofanetto di tre volumi bellissimi curati da L’Equipe per il centenario. E lì tra foto pazzesche e racconti bellissimi, mi sono veramente perso dentro la storia del Tour. Ne sto uscendo adesso, sto arrivando giusto alla partenza e sento di avere capito meglio il romanzo del Tour de France. Confesso che prima non avevo questa conoscenza così approfondita.

Cosa ti ha colpito?

Avevo sempre sentito dire che il Tour avesse una grande storia, ora ho scoperto che è fatta di un sacco di episodi e di dettagli attraverso cui capisci che sia una corsa anche molto crudele. E’ nata per esserlo, per essere cattiva. E’ un dialogo tra passato e presente che spero di riuscire a portare poi in trasmissione.

Quale dei Tour che hai scoperto ti sarebbe piaciuto raccontare?

Se fossi francese, direi uno di quelli con il duello fra Anquetil e Poulidor. Quando hai due personaggi così, è chiaro che vivi il Tour in modo particolare. Quello che fu definito il Tour dei Tour se non sbaglio fu quello del 1964, con Anquetil che vinse per 55 secondi. Non sarebbe male avere due personaggi così, trovare oggi un duello che sia all’altezza di quello o ci si avvicini anche solo un po’. Adesso c’è un gigante e tutti gli altri che cercano di non arrancare e di unirsi contro di lui. Ma chi può dirlo? Magari vivremo una bella sfida anche quest’anno…

L’avvicinamento di Rizzato è passato per lo studio di questi tre volumi sulla storia del Tour
L’avvicinamento di Rizzato è passato per lo studio di questi tre volumi sulla storia del Tour
Come fa un giornalista, che con la moto è nel gruppo, a raccontare la corsa senza vedere nessuno?

Siamo al cuore del discorso ed è una cosa che ha occupato molti dei miei ragionamenti. Anche se si farà cronaca, l’obiettivo è proprio portare dentro il racconto quello che ho vissuto sulla moto e attraverso tante interviste. Al Tour non abbiamo il supporto degli inviati in gruppo, quindi vorrei portare nella diretta un po’ della strada da cui vengo. Se ci pensate, tutti quelli che mi hanno preceduto, lo stesso Pancani che lo fa ancora, sono passati dalla moto. Ti dà un occhio diverso, più coinvolto. Si può dire davvero che sono un telecronista preso dalla strada.

Prima hai parlato del tuo sogno di bambino…

Io ho cominciato da un sito, Cicloweb. I primissimi passi li ho fatti lì da appassionato di ciclismo. Poi, mano a mano, mi sono avvicinato al giornalismo facendone un mestiere. Mi sono occupato di tante cose diverse che non avevano a che fare con lo sport, fino a quando sono entrato in Rai nel 2016. Quindi è chiaro che il Tour sia la realizzazione di qualcosa di grande e di importante che sognavo da appassionato di sport e di ciclismo. Il percorso è stato tortuoso e particolare come quello di tutti.

Ai cronisti televisivi si rimprovera il fatto di sprecare troppe parole raccontando cose che si vedono già nelle immagini. Si può evitare?

Posso dare due parti della risposta. Una viene proprio da quello che mi ha insegnato la moto, che è fatta per raccontare quello che non si vede. Quell’abitudine è bene non perderla. E poi devo ammettere con grande onestà che avere come guida Alessandra De Stefano e Alessandro Fabretti, che di ciclismo ne hanno visto e raccontato tanto, e avere Francesco Pancani in prima linea, mi aiuterà a non cadere nell’errore.

Anche Pancani, telecronista di punta a Rai Sport, si è fatto le ossa sulla moto al Giro d’Italia
Anche Pancani, telecronista di punta a Rai Sport, si è fatto le ossa sulla moto al Giro d’Italia
Cosa c’è nella borsa di Rizzato per il Tour?

Sempre troppe cose. Sicuramente il computer ce l’ho quasi sempre davanti, ma quella è una deformazione. Adesso ho una divisione abbastanza maniacale tra le cose da consultare sul computer e quelle che invece stampo e tengo in un quadernone. Nel computer guardo più l’aspetto statistico in corso d’opera, tengo sempre un occhio sui social media, perché qualche cosa che sfugge all’occhio nei vari schermi c’è e magari viene captata da un appassionato.

Quando si parte?

Il 28 giugno, martedì prossimo. Ormai manca davvero poco.

Giada Borgato, Francesco Pancani 2020

Giada Borgato, due passi da Imola alla Liegi

03.01.2021
5 min
Salva

Era di sabato, Anna Van der Breggen aveva appena vinto anche il mondiale in linea e Giada Borgato era contenta per aver portato a casa la diretta Rai. La chiamata per le gare delle donne a Imola era arrivata già come un exploit inatteso, per il quale si sentiva tuttavia sufficientemente serena, avendo corso fino al 2014 con quelle ragazze e avendone poi raccontato il Giro e altre prove dal 2016.

Si va in Belgio

«E mentre sono lì che rifletto – racconta e sorride Borgato, in apertura con Pancani (foto Monguzzi) – mi chiama Fabretti (responsabile del ciclismo di Rai Sport, ndr) e mi propone di andare a fare l’opinionista tecnica accanto a Pancani alle classiche del Nord. Bennati infatti non sarebbe più andato e avrebbe fatto il Giro, mentre a me… A me per poco non viene un colpo. Era sabato, la Freccia Vallone ci sarebbe stata il mercoledì e questo significava che avrei avuto solo tre giorni per prepararmi. Ma non era neanche questo il punto. Erano davvero sicuri di mandare una ragazza? Che cosa avrebbe detto il pubblico del ciclismo? Ero agitatissima. Però sia Pancani sia Fabretti mi hanno risposto che se fossi stata preparata, non ci sarebbero stati problemi. E così ho accettato. Certo che ho accettato. E tutto sommato è andata anche bene».

Silvia Valsecchi, Giada Borgato, Marta Bastianelli, campionato italiano 2012
Tricolore 2012 a Pergine Valsugana, Giada Borgato batte Silvia Valsecchi e Marta Bastianelli
Silvia Valsecchi, Giada Borgato, Marta Bastianelli, campionato italiano 2012
Tricolore 2012, Borgato su Valsecchi e Bastianelli

L’idea di Severini

Giada viene da Padova, è figlia di corridore e dal 2008 al 2014 è stata anche lei un’elite, vincendo nel 2012 il campionato italiano con la maglia della Diadora-Pasta Zara di Maurizio Fabretto.

Il WorldTour delle donne non c’era ancora. Alle corse, anche in Belgio, si andava due giorni prima sul furgone. Le gambe in alto per 10 ore. Poi la gara, la doccia e via di nuovo a bordo per tutta la notte. Che quando arrivavi a casa, ti servivano tre giorni per recuperare davvero e riprendere ad allenarti.

Lo sguardo vivace e il sorriso dolce, Giada racconta che il primo gancio per arrivare a un microfono della Rai è Piergiorgio Severini, che a quel tempo seguiva il ciclismo femminile assieme a Gigi Sgarbozza. Nel 2014 il giornalista marchigiano va da lei, che ha appena annunciato il ritiro, per girare un video di saluto. E Giada, scherzando, si offre di dargli una mano. Fortuna o intuito, succede che nel 2015 Sgarbozza non può commentare la gara di Plouay. Severini si ricorda e le propone di provare. Lei accetta ed evidentemente piace, se è vero che dall’anno successivo diventa la voce tecnica del ciclismo femminile.

Secondo Pancani

Pancani di lei dice che è «veramente educata, sorridente e vispa. Basta dirle una cosa e la recepisce. Ha voglia di imparare e questo le dà autorevolezza. In certi momenti era così precisa che mi sembrava di avere accanto Martinello. E’ stato bravo Fabretti ad averci creduto».

Sulla crono ai mondiali delle donne, il toscano sottolinea l’episodio della caduta di Chloe Dygert, quando fu Giada per prima ad accorgersi che l’americana nell’affrontare la curva non aveva staccato le mani dalle protesi. E’ stato anche grazie a quella sicurezza che Fabretti ha deciso di provare.

E così è arrivata la Freccia Vallone…

Ci ho messo un po’ a ingranare, ma Francesco è stato un vero maestro e mi ha messo nelle condizioni di capire. Non lo conoscevo prima dei mondiali, lo avevo visto una sola volta alla Sanremo dell’anno precedente. Mi ha detto come fare, quali nozioni avrei dovuto avere. E poi ha una parlata che tranquillizza.

Che cosa hai studiato in quei tre giorni?

Le squadre e i singoli. Il ciclismo maschile lo seguo da sempre, ma dovevo imparare che cosa avessero fatto i corridori in carriera e nella settimana precedente. Per cui appena è venuto fuori l’elenco degli iscritti mi sono messa al lavoro per farmi le schede. Solo che a un certo punto Francesco mi ha detto che in una diretta lunga non avrei potuto snocciolare solo dati dei corridori e mi ha suggerito di studiare la storia delle corse.

Il Giro U23 con Rizzato le classiche con Pancani…

Hanno due caratteri completamente differenti. Con Stefano il rapporto è più amichevole, ma devo dire che con Pancani ci siamo ritrovati a Liegi e sembrava ci conoscessimo da una vita. Rizzato è super organizzato, una macchina da guerra, Francesco è più tradizionale, ma da entrambi si impara tanto.

Hai mai riascoltato i tuoi commenti?

E’ capitato. Mi accorgo subito se faccio un errore e ho sempre paura che sia evidentissimo. In realtà anche Rizzato mi ha fatto notare che quando poi lo riascolti, quasi non si sente. Me la sono cavata, quello che mi ha fatto piacere è stato ricevere i complimenti di ex professionisti, persone che ne sanno parecchio. Certo poi sui siti c’è chi continua a chiedersi come io possa commentare il Fiandre se non l’ho mai corso oppure la Liegi. In realtà il Fiandre l’ho pure fatto, ma non è questo il punto. Quello del ciclismo è un mondo ancora piuttosto tradizionalista, ma credo che lavorando ci sia la possibilità di fare bene.

Ci farai compagnia anche il prossimo anno?

Non si sa ancora, i calendari devono arrivare. Ci spero, poi che vada come deve andare.

L’ultima domanda la dedichiamo a Eros: ti ha aiutato in qualche modo?

A lui ho chiesto qualcosa, ma non più di tanto. Stare con un corridore aiuta, perché ti ritrovi immersa in quel mondo, sei aggiornata su tutto. E mi ha aiutato nei contatti. Avevo bisogno di un’informazione tecnica e mi ha girato al volo il numero di Ronny Baron. Se mi serve un aggancio, grazie a lui è più facile.

Il dettaglio lo abbiamo lasciato volutamente alla fine. Come probabilmente si sa, Giada è la compagna di Eros Capecchi, ma non c’è nulla di quel che sta diventando che non venga dalle sue abilità e dalla sua capacità di rischiare. Per questo è piaciuta, perché si è rimboccata le maniche e non ha vivacchiato sul bell’aspetto e le conoscenze. Per la gente del ciclismo che detesta raccomandazioni e scorciatoie, questo conferisce un’autorevolezza anche maggiore.