Evenepoel e le grandi manovre per restare il terzo incomodo

10.08.2025
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Mentre la Red Bull-Bora-Hansgrohe sta vivendo una fase insolita della sua stagione, con il licenziamento apparentemente immotivato di tre tecnici nel cuore dell’estate, in Belgio si fa un gran parlare dell’arrivo di Evenepoel nella squadra tedesca. Si va per punti e dubbi, con una serie di domande cui nessuno può ancora fornire risposta. Il mondo Red Bull è impenetrabile, hanno imparato con la Formula Uno e quello sembra essere il loro standard di riferimento.

«Dobbiamo trovare il Max Verstappen del ciclismo», disse lo scorso anno Ralph Denk, fondatore e manager della squadra subito dopo l’accordo con Red Bull, che ha fatto della squadra uno dei colossi del WorldTour. Stando al quotidiano tedesco Bild, il budget sarebbe passato da 40 a 50 milioni di euro, raggiungendo il UAE Team Emirates e la Visma Lease a Bike. Purtroppo però Denk ha dovuto accettare il fatto che il divario sportivo sia ancora notevole e che di questo passo il Max Verstrappen del ciclismo non sarebbe mai arrivato. Per questo alla fine si è puntato su Evenepoel, il ragazzo d’oro, quello che dovrebbe mettere le ali alla Red Bull.

Ralf Denk ha chiuso il rapporto con il ds Gasparotto dimenticando che deve a lui la vittoria del Giro 2022
Ralf Denk ha chiuso il rapporto con il ds Gasparotto dimenticando che deve a lui la vittoria del Giro 2022

La squadra spaccata

Remco non vedeva l’ora e ha accettato, con il benestare della Soudal Quick Step che forse non vedeva l’ora di perderlo. Nell’annunciarne la partenza, la squadra belga ha anche bruciato l’annuncio della Red Bull, svelandone la destinazione. Da più parti all’interno della squadra si faceva notare che Evenepoel fosse una stella a se stante, avulso dal concetto di Wolfpack. Per questo anche i compagni, forse, hanno iniziato a voltargli le spalle.

Dopo la prima tappa del Tour, quando Remco è rimasto attardato a causa dei ventagli, le sue parole alla stampa contro la squadra hanno lasciato il segno. Tanto che all’indomani del suo ritiro, fatto un lavoro stellare per far vincere Paret Peintre sul Mont Ventoux, il suo amico Van Wilder ha dichiarato: «Dicevano che non eravamo abbastanza forti. Ora dico loro: Fanculo perché stiamo vincendo sul Ventoux».

Se però la sua ambizione è quella fondata di avere una squadra più forte, alla Red Bull-Bora troverà fior di corridori con cui insidiare Pogacar e Vingegaard. Hindley, Vlasov, Dani Martínez, Pellizzari (speriamo di no!) e persino Roglic, se a Primoz starà bene.

Evenepoel e Vanthourenhout: i due hanno vinto mondiali e Olimpiadi di strada e crono. Qui Wollongong 2022
Evenepoel e Vanthourenhout: i due hanno vinto mondiali e Olimpiadi di strada e crono. Qui Wollongong 2022

Lo staff stellare

Oltre ai corridori, Evenepoel troverà un ambiente fortemente vocato allo sviluppo tecnologico, a partire da Specialized, con cui Remco ha un rapporto personale e che fornisce al team anche l’abbigliamento. In aggiunta, dello staff della squadra fa parte Dan Bigham, l’ingegnere che nello sviluppare la bici per Ganna stabilì a sua volta il record dell’Ora. E dato che Remco sogna di batterlo a sua volta, la presenza del britannico potrebbe servirgli in una doppia chiave: le crono e la pista.

La squadra dovrebbe ingaggiare il suo storico direttore sportivo, Klaas Lodewyck, a sua volta in scadenza di contratto con la Soudal-Quick Step. Dalla Visma è arrivato Asker Jeukendrup, autorità in materia di nutrizione sportiva. Dan Lorang, allenatore di Jan Frodeno, il più grande triatleta di tutti i tempi, allenerà singoli atleti. C’è anche Peter Kloppel, Responsabile delle Prestazioni Mentali presso il Red Bull Performance Centre, che ha lavorato anche con Verstappen. Remco sarà circondato dai migliori esperti e su tutti vigilerà Sven Vantourenhout, l’ex tecnico della nazionale belga, che ha guidato le più grandi vittorie di Evenepoel ai mondiali e alle Olimpiadi.

Al Tour di quest’anno, Evenepoel ha vinto la crono di Caen, ma con distacchi meno ampi del previsto
Al Tour di quest’anno, Evenepoel ha vinto la crono di Caen, ma con distacchi meno ampi del previsto

Lipowitz e i tedeschi

Come la mettiamo con Lipowitz? La squadra è tedesca, Florian pure. L’eco delle sue prestazioni al Tour ha riacceso i riflettori sul ciclismo nel Paese che lo aveva bandito dopo i casi di doping del passato: come verrà digerito l’arrivo del campione belga?

Nel suo primo Tour, a 24 anni, Evenepoel è arrivato terzo dietro Pogacar e Vingegaard. Lipowitz ha fatto lo stesso, mentre quest’anno Remco al Tour ha deluso in modo importante, subendo per giunta la supremazia di Lipowitz anche al Delfinato.

In questa fase da chiacchiere da bar, la stampa belga si attacca anche a dettagli che sarebbero risibili, ma bastano per infiammare i tifosi. Scrivono infatti che nel Tour del 2024, Evenepoel produsse un rapporto tra watt e chili migliore rispetto a quello di Lipowitz quest’anno. Lo stesso distacco da Pogacar penderebbe dalla parte del belga, staccato di 9’18” lo scorso anno, contro gli 11′ di Lipowitz qualche settimana fa.

Ma tutto sommato, perché la squadra dovrebbe scegliere? La Visma non ha dimostrato che agendo con due leader si riesce a correre meglio contro Pogacar? Durante il Tour uscì la voce per cui il giovane tedesco non volesse rinnovare il contratto finché non si fosse fatta luce sull’arrivo di Evenepeol. In realtà pare che Lipowitz abbia ancora un anno di contratto, per cui i due dovranno imparare a convivere. Evenepoel sarà in grado di aiutare il compagno se egli si rivelasse più forte? Oppure chiederà che Lipowitz venga mandato al Giro, tenendo per sé la ribalta del Tour?

Anche Lipowitz, come Evenepoel, si è piazzato terzo a 24 anni nel primo Tour della carriera
Anche Lipowitz, come Evenepoel, si è piazzato terzo a 24 anni nel primo Tour della carriera

I dubbi su Evenepoel

Tutto questo dando per scontato che Evenepoel possa trovare nel suo motore il necessario per tenere testa a Pogacar e Vingegaard. Ha vinto una Vuelta in modo rocambolesco. E’ arrivato terzo al Tour del debutto. Ma per il resto ogni sua altra partecipazione ai Grandi Giri ha lasciato a desiderare, sacrificando nel suo nome le sue chance nelle grandi classiche.

La Red Bull ci crede e obiettivamente il suo nome, per ora sulla fiducia, è il solo spendibile, a parte quello di Ayuso, in una ipotetica rincorsa alla maglia gialla. Remco è davvero all’altezza di quei due? Non sembra così, ma forse può crescere. La Red Bull-Bora intanto sembra sempre più la BMC dei primi tempi che si riempì di schiere di corridori forti senza mai riuscire a farne una squadra.

L’allontanamento dei tre tecnici continua sembrarci alquanto strano. Ci può stare che la squadra voglia uno staff votato alla causa di Remco e non gente che difenda le potenzialità dei corridori che già ci sono, ma perché farlo ora? Puoi anche decidere che il modo migliore per ristrutturare la tua casa sia buttarla giù e costruirla dalle fondamenta. Solo che abbatterla mentre dentro c’è ancora gente suona francamente poco lungimirante.

E Lipowitz fa riscoprire il grande ciclismo ai tedeschi

05.08.2025
6 min
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E’ salito sul podio del Tour de France non come un fulmine a ciel sereno, ma quasi: Florian Lipowitz aveva dato grandi segni già al Delfinato. Ma il giovane tedesco non è uno sconosciuto. Quella maglia bianca, la tenacia e i nervi saldi mostrati a La Plagne dopo la paura del giorno prima sul Col de La Loze dicono già tanto di lui.

Nato nel 2000 a Bruckmuhl, in Baviera, e cresciuto nel biathlon, è salito in bici definitivamente nel 2019. Definitivamente perché prima comunque i suoi 5-6.000 chilometri all’anno in sella li faceva eccome per farsi trovare pronto con sci stretti e carabina. La bici è sempre stata parte dei suoi allenamenti e se vogliamo anche della sua famiglia. Pensate che a 9 anni si è sciroppato 120 chilometri di una granfondo in Austria insieme alla mamma e al papà!

Il corridore della Red Bull-Bora, si è ritagliato un ruolo da protagonista, ma soprattutto dopo anni di vuoto, Florian ha riportato la Germania a riscoprire la passione per il ciclismo professionistico.

Florian Lipowitz sul podio finale del Tour. E’ arrivato terzo e ha conquistato anche la maglia bianca di miglior giovane
Florian Lipowitz sul podio finale del Tour. E’ arrivato terzo e ha conquistato anche la maglia bianca di miglior giovane

Un figlio del lavoro

Nessuno si aspettava Florian Lipowitz sul podio del Tour de France, nemmeno lui, almeno al via da Lille. Si sapeva che potesse fare bene, ma con un leader come Roglic non era così scontato. Invece è rimasto sempre coperto, tutto sommato non doveva fare un corsa complicata, ma doveva stare “solo” sulle ruote dei big e rimanere lontano dai guai, una cosa che nei Grandi Giri non è proprio facile. Ebbene lui ci è riuscito.

«Sono state tre settimane difficili – ha detto Florian – volevo solo arrivare al traguardo sano e salvo. Nel complesso, ci sono stati molti alti e bassi e l’inizio non è stato dei migliori. Ma ci siamo avvicinati sempre di più come squadra. Perché alla fine, un risultato come questo non è merito solo mio, ma è un lavoro di squadra. Ecco perché voglio ringraziare ancora una volta tutti.

«Ora? Sono semplicemente felice che tutto sia andato così bene e che abbiamo portato a casa il terzo posto. Se il mio successo riuscisse a ispirare qualche giovane a dedicarsi al ciclismo, allora varrebbe quanto un piazzamento sul podio».

Il bavarese nella notte ciclistica di Bruckmuhl (foto Red Bull)
Il bavarese nella notte ciclistica di Bruckmuhl (foto Red Bull)

Modello tedesco

In Germania hanno esaltato parecchio non solo il risultato di Florian, ma la sua abnegazione al lavoro. Un lavoro metodico, rigoroso, a tratti ossessivo, scrivono in particolar modo i media bavaresi, quelli della sua Regione appunto. Lipowitz è approdato nel WorldTour nel 2022, prima era alla Tirol-KTM, dopo una crescita silenziosa ma continua, ma già allora era sotto osservazione

Il Tour 2025 ha rappresentato la sua consacrazione. Con un rendimento costante nelle tappe di montagna e una gestione (quasi sempre) lucida delle forze, ha resistito agli attacchi di Oscar Onley. Ma riavvolgendo il nastro della sua Grande Boucle, oltre al ritiro di Evenepoel comunque già in forte declino, non è stato aiutato da circostanze favorevoli o fortunose. Tipo una fuga bidone, cadute degli avversari… No, quel che ha raccolto è tutto merito suo.

Dalla squadra non sono emerse grandi dichiarazioni. E lo stesso Lipowitz ha detto poco e solo in poche occasioni, come l’arrivo a Parigi e un circuito serale a Bruckmuhl (100 giri da 600 metri l’uno): ovviamente lo ha vinto lui! «Devo ancora abituarmi a questo clamore, è tutto nuovo»: le sue parole si possono racchiudere in questa frase sostanzialmente.

Forse ha avuto anche indicazioni sul parlare poco. La Red Bull-Bora sta vivendo una forte rivoluzione interna. Sono stati allontanati un coach, il capo dei tecnici (Rolf Aldag) ed è stato risolto il contratto del primo direttore sportivo, Enrico Gasparotto. E in tutto questo a breve dovrebbe essere ufficializzato l’arrivo dell’ex cittì belga, Sven Vanthourenhout, prevedendo l’ormai “certo” arrivo di Remco Evenepoel.

La squadra lo ha omaggiato con questa t-shirt nel gran finale di Parigi (foto Instagram)
La squadra lo ha omaggiato con questa t-shirt nel gran finale di Parigi (foto Instagram)

La Germania e i pro’

Ma torniamo a Florian Lipowitz. E’ bastato che tornasse a casa, perché fosse accolto come un eroe. Decine di persone ad aspettarlo, cartelli di benvenuto, giornalisti e televisioni. Dopo anni di distanza emotiva dal ciclismo professionistico fortemente colpiti dalla parabola discendente di Ullrich e alle ombre sul passato, la Germania ha finalmente trovato un nuovo volto pulito a cui affidarsi. “Festa spontanea”. “Entusiasmo che non si vedeva da tempo”. Così hanno titolato i giornali.

La sua figura sembra cucita su misura per il rilancio del ciclismo tedesco: parla poco, lavora molto, non ama esporsi e quando lo fa, lo fa con lucidità. Il podio al Tour ha mosso le acque anche tra gli sponsor e nei vertici federali, con la speranza che Lipowitz diventi il simbolo di una nuova generazione, più libera da pesi del passato.

«Non riesco a immaginare una vita senza sport – ha detto Lipowitz a RennRad – Ne ho bisogno: esercizio fisico e natura. E quella sensazione dopo. Quella sensazione la sera dopo un allenamento intenso: quella soddisfazione. Quella sensazione di stanchezza nei muscoli. E’ quasi una dipendenza».

Grande reazione del tedesco a La Plagne. Il giorno prima le aveva prese da Onley (alla sua ruota), poi gliele ha restituite con gli interessi
Grande reazione del tedesco a La Plagne. Il giorno prima le aveva prese da Onley (alla sua ruota), poi gliele ha restituite con gli interessi

Finale leggero…

Da qualche giorno Florian Lipowitz è tornato a lavorare, ma senza farsi trascinare dall’euforia. In tutte le interviste ribadisce che c’è ancora tanto da imparare. Anche secondo chi gli è vicino, sembra sia ancora lontano dal suo apice.

«Florian – ha detto John Wakefield, tecnico del team Red Bull-Bora – è ben lontano dal raggiungere il suo apice fisiologico. Il Tour gli ha mostrato dove può arrivare, ma anche quante cose debba ancora affinare. Non si considera un campione, ma un atleta in costruzione».

Da qui a fine stagione il calendario di Lipowitz è da definire. Il team manager Ralph Denk ha escluso la sua presenza alla Vuelta, mentre non ha sciolto le riserve circa la presenza di Florian al Giro di Germania (20-24 agosto, ndr), dato che visto il successo post Tour in tanti lo reclamano. E forse potrebbe essere la ciliegina sulla torta per un interesse pubblico verso il ciclismo professionistico che sta rifiorendo.

«Credo che mi concentrerò sulle corse di un giorno – ha detto Florian – rientrerò forse in Canada e sarebbe bello fare il Giro di Lombardia. Quest’ultimo monumento dell’anno sarebbe un altro momento clou per me in questa stagione, e voglio fare bene lì».

La Red Bull chiaramente se lo coccola. E’ un “germanofono”, è fedele al dogma del lavoro. Ma soprattutto è il profilo ideale per il progetto Grandi Giri del team stesso. In attesa di Remco, con Lipowitz l’obiettivo è chiaro: diventare un corridore da Grandi Giri, anche se gli 11′ da Pogacar non sono pochi. Magari proprio l’arrivo del bi-campione olimpico potrebbe sgravarlo da ulteriori pressioni.

Roglic e Lipowitz: analisi, tattiche e speranze Red Bull

24.07.2025
5 min
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COURCHEVEL (Francia) – Nel bene e nel male, sono stati i protagonisti della giornata: parliamo dei ragazzi della Red Bull-Bora. Nel bene perché ci hanno provato, nel male perché probabilmente i piani non sono andati come si aspettavano. La carne al fuoco per la squadra tedesca non mancava: il podio, la maglia bianca, la tappa (in apertura foto ASO / Billy Ceusters).

E infatti oggi sul Glandon sono stati tra i primi ad accendere la miccia con Primoz Roglic, peccato che la loro tattica si sia scontrata con il “famigerato piano” della Visma-Lease a Bike, quel piano che vanno millantando fin dalla vigilia del Tour de France

Ma torniamo a noi e alla Red Bull. Proviamo dunque a fare un’analisi della giornata tattica in tre passaggi: la squadra, l’azione di Florian Lipowitz e quella di Roglic.

Dai chilometri finali della Madeleine fino quasi al termine della sua discesa, Florian Lipowitz è rimasto a lungo da solo
Dai chilometri finali della Madeleine fino quasi al termine della sua discesa, Florian Lipowitz è rimasto a lungo da solo

La squadra e la corsa

Come detto, la carne al fuoco non era poca e per fortuna, oseremmo dire. In fin dei conti, lo squadrone di Ralph Denk fin qui ha raccolto davvero poco: un secondo posto ieri con Jordi Meeus. Vero ci sono ancora in ballo un possibile podio e una possibile maglia bianca. Ma è relativamente poco per una corazzata simile.

E così ecco che in fuga ci va Primoz Roglic. Per la tappa e per portarsi avanti. In questo modo avrebbe chiamato allo scoperto, come poi è successo, anche Oscar Onley e gli altri immediati inseguitori nella classifica generale. In modo da far restare coperto Lipowitz.

E tutto sommato il piano architettato dal direttore sportivo Enrico Gasparotto stava andando benone. A rompergli le uova nel paniere, come detto, ci ha pensato la Visma sul Col de la Madeleine. Lì l’accelerazione di Jorgenson e Vingegaard ha distrutto il vantaggio di Roglic e messo in difficoltà Lipowitz. Il quale poi, costretto al recupero, ha speso l’ira di Dio in vista della scalata finale.

Recupero che, una volta fermatosi Jorgenson, si è trasformato in contrattacco per Lipowitz. Insomma, la squadra sin lì si era mossa bene.

Il tedesco ora conserva podio e maglia bianca per soli 22″ su Onley
Il tedesco ora conserva podio e maglia bianca per soli 22″ su Onley

La tenacia di Lipowitz

Sulla Madeleine, la risposta agli affondi di Vingegaard è costata cara a Lipowitz. Per oltre 45 minuti, la maglia bianca ha lottato in solitudine per cercare di rientrare. Quando c’è riuscito, è partito al contrattacco.

Questa azione non è stata facile da comprendere e poteva sembrava quantomeno azzardata. Ma poi, analizzando i tempi di scalata, forse si è rivelata la mossa giusta per salvare capra e cavoli, vale a dire podio e maglia bianca. Di fatto, Florian si è avvantaggiato e ha fatto tutto, ma proprio tutto, il Col de la Loze di passo, come fosse una cronoscalata.

Lipowitz ha sempre perso terreno, dal primo all’ultimo metro della Loze. Giusto quindi mettere nel sacco quei 2’20” all’imbocco dell’ultimo colle. Tanto più che Oscar Onley, a dire il vero anche un po’ a sorpresa, ha tirato fuori dal cilindro una prestazione mostruosa. Non dimentichiamo che sulla Madeleine si era staccato. Era finito nel gruppo con Vauquelin e Johannessen e quando Lipowitz è scattato l’inglese ancora era dietro. Ora l’atleta della Pic Nic-PostNL è a soli 22” da podio e maglia bianca.

«Perché ho attaccato? Ho cercato di spingermi oltre – ha detto Lipowitz a una radio tedesca – ma negli ultimi dieci chilometri ho capito che l’energia era finita. Da lì in poi è stata una vera tortura. In particolare gli ultimi due chilometri: sono stati un inferno. Sinceramente non credevo che Onley e Johannessen sarebbero rinvenuti sul nostro gruppo visto quanto erano dietro. Sono stati molto forti, quindi mi tolgo il cappello davanti a loro. Anche Roglic è andato forte. Dovremo fare un piano per domani».

Roglic (con a ruota Onley) potrebbe essere l’ago della bilancia di questa doppia sfida. Siamo curiosi di vedere come andrà domani
Roglic (con a ruota Onley) potrebbe essere l’ago della bilancia di questa doppia sfida. Siamo curiosi di vedere come andrà domani

L’esperienza di Roglic

Di certo l’avvicinamento di Roglic a questo Tour de France non è stato dei migliori. Si è ritirato dal Giro d’Italia con più botte che tappe fatte… e aveva già due settimane di corsa nelle gambe. Poi i vari malanni quando era in altura a Tignes. Eppure eccolo lì: è quinto nella generale. E’ andato benissimo nelle due cronometro e oggi, a un certo punto, è stato anche sul podio virtuale della Grande Boucle.

Nella discesa dalla Madeleine, nonostante fosse stato in fuga, per qualche breve tratto si è anche messo a disposizione di Lipowitz. E’ successo in un paio di occasioni, quando Felix Gall aveva provato a scappare.

Forse neanche lui si aspettava un Onley così forte nel finale. Roglic ha pagato dazio negli ultimi tre chilometri del Col de la Loze, incassando quasi 50” da Onley. Però… C’è un però che rende il bicchiere mezzo pieno per Roglic e per la Red Bull-BORA. Stamattina al via da Vif, per lo sloveno il podio distava 2’39”, stasera 1’48”.

E sì che i due ragazzini che ha davanti, uno dei quali è il suo compagno Lipowitz, potrebbero pagare le fatiche di oggi sommate a quelle di domani, con altri 4.500 e passa metri di dislivello. Roglic è uno che esce alla distanza.

Insomma, la sfida per il podio e per la maglia bianca è apertissima e super intricata. Immaginiamo che questa notte il direttore sportivo Enrico Gasparotto avrà più di qualche pensiero per difendere podio e maglia bianca. O per attaccare…

Sulle Alpi un altro Tour. E Vingegaard troverà la crepa nel muro?

19.07.2025
6 min
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Tre corse nella stessa. E mentre Thymen Arensman corona la sua con la vittoria e stramazza sull’asfalto, alle sue spalle si svolgono le altre due: la corsa di Vingegaard contro Pogacar e quella di Lipowitz verso la maglia bianca. Mesto su un’ammiraglia in qualche posto imprecisato della tappa, Remco Evenepoel ha avuto il tempo per riflettere sul ritiro dal Tour. In attesa di avere notizie su eventuali problemi di salute, annotiamo le osservazioni del suo allenatore sul poco lavoro d’intensità fatto dopo il Delfinato, ma anche la facilità con cui il belga ha scelto di mollare. Si cresce anche lottando per un piazzamento, non esiste soltanto il podio.

«Sono stato male preparando il Tour – dice Arensman – ma penso che nonostante la malattia, mi sia preparato bene. Sono venuto per mettermi alla prova e ho dovuto essere molto paziente nella prima settimana, aspettando fino alle montagne. Alla prima occasione che ho avuto, sono arrivato secondo nella tappa di Le Mont Dore e già mi era parsa un’esperienza incredibile. Ma questa è di più. Penso di avere avuto gambe fantastiche e la forma migliore della mia vita. Ho avuto paura che tre minuti non bastassero per resistere a Tadej e Jonas, non riesco a credere di essere riuscito a tenerli a bada. Tutti gli spettatori mi hanno dato qualche watt in più. Sono venuto in Francia solo per vivere l’esperienza del Tour, vincere una tappa è pazzesco».

Il muro di Pogacar

Vedere Vingegaard che si scaglia contro Pogacar strappa il sorriso. Ma siccome è opinione diffusa che la terza settimana potrebbe capovolgere tutto l’acquisito, vedere Jonas scattare per due volte sulla salita finale fa dire che ne servirebbe di più, ma ben venga la buona volontà. Il Tour ha sempre vissuto dei duelli tra il leader imbattibile e i suoi sfidanti, ma solo uno prima di Pogacar aveva dato il senso dell’inscalfibilità: Lance Armstrong. Tutti, da Ullrich a Basso, contro di lui hanno perso il sonno e le sfide. Hanno continuato a provarci, ma di base come fai a crederci se quello là davanti neppure barcolla e, quando sei convinto di andare molto forte, ti scatta in faccia?

«Io credo che innanzitutto dipenda dallo spirito – dice Ivan Basso, chiamato in causa per la sua esperienza – dal temperamento del corridore. Se sei un attaccante, hai lo spirito di provarci sempre, perché non si sa mai cosa possa succedere. Ovviamente se non ci provi, non puoi sapere se l’altro sia in difficoltà o meno. E se lui ha la giornata storta e tu ne hai una di grazia, non c’è niente di impossibile. Io credo che Vingegaard non abbia nulla da perdere, nel senso che fare secondo non gli cambia nulla, mentre vincere il Tour con un’impresa sarebbe un’altra cosa. E’ chiaro che Tadej ha preparato questa gara come appuntamento clou dopo le classiche, quindi è fortissimo».

Basso ha lottato per anni contro Armstrong, senza riuscire mai a scalfirne l’armatura
Basso ha lottato per anni contro Armstrong, senza riuscire mai a scalfirne l’armatura

I numeri e l’istinto

Vingegaard appare deciso a non mollare e da martedì sul Mont Ventoux, potrebbe farsi nuovamente sotto.

«A questo punto – spiega Basso – ci sono due modi per provare ad attaccare Tadej. Il primo è legato all’analisi dei dati. Nelle squadre c’è qualcuno incaricato di studiarli, studiando se c’è una crepa in cui infilarsi. E poi ovviamente ci sono le doti dell’atleta, l’istinto e il colpo d’occhio. Quindi se l’istinto ti dice di andare in quel momento, tu ci provi e non sai mai quello che succede. Avere i dati è fondamentale. Servono per crescere, anche per andare indietro e vedere perché non vai o perché non vai come ti aspetti.

«Ma oltre a questo c’è quella cosa in più, che solo i campioni hanno e tirano fuori quando ritengono che sia giunto il momento. Infine c’è quello che ti viene dall’ammiraglia. Dall’immagine dell’elicottero si vede molto. Vedi dov’è posizionato l’avversario e se ha perso un metro oppure se ti segue come un’ombra. Io le ho provate in tutti i modi, ma Armstrong mi ha sempre ripreso. Però non avrei saputo correre in modo diverso».

Lipowitz ha tagliato il traguardo con 1’25” di ritardo da Arensman, ma nella scia di Pogacar
Lipowitz ha tagliato il traguardo con 1’25” di ritardo da Arensman, ma nella scia di Pogacar

La nuova maglia bianca

Mentre i primi due della classe se le davano di santa ragione, alle loro spalle Lipowitz ha conquistato il quinto posto a 1’25” da Arensman, ma ad appena 17 secondi da Pogacar. Questo gli ha reso la maglia bianca, che detiene ora con 1’25” su Oscar Onley. La classifica della Red Bull-Bora-Hansgrohe vede a questo punto il tedesco sul terzo gradino del podio, mentre Roglic viaggia in sesta posizione. Scendendo dal traguardo verso l’hotel, il primo direttore sportivo Enrico Gasparotto traccia un bilancio che, sottolinea, non può che essere provvisorio.

«Abbiamo vissuto tre buone giornate – dice il friulano – ma la tenuta alla distanza credo che la misureremo dopo la ventesima tappa. Quello che è venuto fuori in questi giorni è il fatto di aver approcciato la prima parte di Tour con un po’ più di serenità e tranquillità, invece di lottare per ogni secondo. E’ stato il nostro approccio e al momento ha fatto sì che Florian e Primoz abbiano avuto le gambe più fresche di altri. Però credo che si possa tirare una somma solo dopo le Alpi. Credo che a Lipowitz, abbia dato molta fiducia il terzo posto al Delfinato. Per lui è il primo Tour, ma per la seconda volta nell’anno si ritrova a lottare contro gli stessi protagonisti che sono l’apice del ciclismo mondiale.

«La stiamo vivendo serenamente, restando fedeli all’obiettivo del team, che prima di partire per il Tour era centrare il podio. Credo che siamo abbastanza in linea, però preferisco essere molto cauto perché la settimana prossima è molto difficile. Se ne vedranno ancora delle belle. Magari non sul Mont Ventoux, perché è una salita sola, anche se viene dopo il riposo e andrà gestito. Ma ci saranno due giornate da 5.500 e 4.500 metri di dislivello, che messe nell’ultima settimana, faranno male».

Primoz Roglic, terzo nella crono di ieri, viaggia al sesto posto della classifica
Primoz Roglic, terzo nella crono di ieri, viaggia al sesto posto della classifica

Il ruolo di Roglic

Prima di lasciarlo al suo viaggio verso l’hotel, l’ultima annotazione scappa quasi da sé. Roglic che al Giro, fino al ritiro, si è ritrovato a fare da esempio per Pellizzari, ora svolge lo stesso ruolo con Lipowitz. E’ un ruolo che gli piace?

«Primoz è molto partecipe ai discorsi – risponde Gasparotto – sia alle cose più goliardiche che i ragazzi si raccontano, sia agli aspetti più seri riguardanti la corsa. Il suo bagaglio di esperienza è enorme, ce ne sono pochi come lui. Ed è vincente il fatto che ne parliamo assieme sul bus, che discutiamo su tattiche e strategie, su quello che fanno gli altri e quello che dovremmo fare noi. Discutiamo sempre tutti insieme quando partiamo dall’hotel verso la partenza, è una cosa che abbiamo voluto noi direttori qui al Tour de France. Creare una sorta di ambiente rilassato, dove ognuno può dire quello che pensa. Credo che aiuti, no?

«Florian è una bravissima persona, un ragazzo d’oro, molto semplice. Quindi il fatto che Primoz sia così tranquillo, molto più dello scorso anno, per il gruppo è davvero un enorme vantaggio. E il terzo posto di ieri nella crono ha dato morale a tutti. Ora però dobbiamo riposare. Siamo passati dal caldo al freddo. Sono state giornate brevi, perché dopo le tappe, fra cena e massaggi si va a letto a mezzanotte e la mattina alle 9 sei già in giro. Abbiamo bisogno che lunedì sia un vero giorno di riposo, perché dal giorno dopo inizierà un altro Tour».

Crescita e speranze di Lipowitz, parla il cittì tedesco

05.07.2025
5 min
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Siamo veramente sicuri che Primoz Roglic sarà l’unico capitano alla Red Bull nel Tour che parte oggi? Perché se c’è qualcosa che il Giro d’Italia ha insegnato al team tedesco è avere un’alternativa. La corsa rosa ha visto l’esplosione piena di Pellizzari, al Tour molti confidano che arrivi quella di Florian Lipowitz, capace all’ultimo Delfinato di dare battaglia anche ai grandi favoriti della corsa francese: Pogacar e Vingegaard. E’ vero, una corsa di tre settimane cambia tutto, ma alla Red Bull ci credono e tengono il loro gioiello molto protetto, preservandolo anche dai contatti con la stampa.

Lipowitz sul podio del Delfinato con Vingegaard e Pogacar. E se si ripetesse al Tour?
Lipowitz sul podio del Delfinato con Vingegaard e Pogacar. E se si ripetesse al Tour?

La voce del cittì

C’è però qualcuno che ormai lo conosce bene e punta forte su di lui anche per ragioni personali. E’ Jens Zemke, il nuovo cittì della nazionale teutonica, anche se il termine “nuovo” non è forse quello giusto.

«Sono già stato allenatore della nazionale per quattro anni – racconta – fino all’appuntamento di Wollongong nel 2022. Poi mi sono ritirato perché non riuscivo più a conciliare il mio lavoro con quello dei diesse alla Bora Hansgrohe. Troppe gare. Troppi contatti da tenere, considerando le varie selezioni perché non si parlava solo di quella elite. Tra l’altro, è un ruolo per il quale non si percepisce stipendio in Germania. Se lo fai, lo fai quasi gratis. Così dopo il quadriennio è subentrato André Greipel. Quest’anno però la federazione me l’ha chiesto di nuovo: “Conosci le strutture, conosci tutti, ci sei ancora dentro. Sei molto vicino a tutti gli atleti del ciclismo, quindi puoi farlo di nuovo?” Io sono incuriosito dall’esperienza in Rwanda, non vedo l’ora, così ho detto sì».

Jens Zemke, tornato quest’anno al timone della nazionale tedesca
Jens Zemke, tornato quest’anno al timone della nazionale tedesca
Quest’anno europei e mondiali avranno un percorso difficile, per scalatori: è un percorso adatto ai corridori che hai in mente?

Sì, perché sta arrivando una nuova generazione di scalatori tedeschi. Con Florian che è un po’ la guida, ma non c’è solo lui. C’è Marco Brenner, ad esempio. Io sono molto ottimista e penso che possiamo raggiungere qualcosa d’importante. Se guardi agli ultimi anni, siamo sempre stati bravi negli sprint. Ma per le scalate, arrivare tra i primi tre, cinque o dieci, era difficile. Abbiamo avuto Schachmann che è stato protagonista anche alle Olimpiadi. Ma io devo pensare anche che non tutte le squadre sono contente di mandare i propri corridori in Rwanda. Anche perché serve un ritiro in alta quota prima, quindi almeno una settimana. E’ uno dei miei primi compiti, contattare tutti i corridori e faremo anche una chiamata con la Federazione per spiegare qual è il nostro piano.

Il primo successo da pro’ di Lipowitz, al Czech Tour 2023 (foto organizzatori)
Il primo successo da pro’ di Lipowitz, al Czech Tour 2023 (foto organizzatori)
Florian Lipowitz secondo te è solo un uomo da corse a tappe o può emergere anche nelle corse di un giorno?

Nelle corse di un giorno non ha fatto grandi cose. Nelle corse a tappe ha trovato la sua dimensione. Quello mondiale è un percorso super duro, con quasi 5.000 metri di dislivello. Potrebbe essere adatto a lui, dipende da come ci arrivi. Ho già parlato con il suo allenatore, dobbiamo convincerlo delle sue possibilità. Vedremo come andranno le prossime settimane.

Tu hai corso all’epoca di Ullrich: c’è qualcosa che te lo ricorda?

Per certi versi sì. Lipowitz lo conosco sin da quand’era giovanissimo e correva con la Tirol. E poi l’ho visto nel 2021, al suo secondo anno nel team austriaco. L’ho incrociato con la Bora e in salita faceva la differenza. Così l’ho invitato per gli europei a Trento. Erano tutti corridori di piccoli team. Così sono entrato in contatto con lui, si è evoluto piano piano. Sia sulle tattiche, come stare in gruppo, come muoversi e trovare spazio. Ma si vedeva che ha un motore enorme, quindi lo abbiamo portato alla Bora come stagista.

Al Sibiu Cycling Tour ’24 la sua consacrazione come uomo da corse a tappe (foto organizzatori)
Al Sibiu Cycling Tour ’24 la sua consacrazione come uomo da corse a tappe (foto organizzatori)
Che cosa potrà fare alla Grande Boucle?

Non mi aspetterei troppo. Il capitano lì è Roglic. Ma lui può ritagliarsi degli spazi. E’ un ragazzo super simpatico e determinato, saprà cogliere le occasioni ma bisogna anche stare attenti a non pretendere troppo, va lasciato tranquillo. Farà quello che la squadra gli chiede. Lo conosco e spero che facciano bene con lui. Perché quello che avete visto nel Delfinato è stato incredibile. Anche nella cronometro. Ma il Tour è un po’ diverso, tutti arrivano in ottima forma e ognuno fa l’ultima messa a punto, quindi dobbiamo vedere.

Gli anni alla Tirol sono stati per il tedesco un importante apprendistato
Gli anni alla Tirol sono stati per il tedesco un importante apprendistato
Nell’epoca di campioni di oggi, quanto è difficile per i giovani farsi strada nelle squadre del WorldTour?

Ora è anche più facile di prima. Io sono diventato professionista a 27 o 28 anni. Vincevo ogni anno, ma nessuno se ne accorgeva. Ora se mostri un po’ di talento da junior hai la strada spianata. Hai subito un contratto con la squadra di categoria. Se mostri buone prestazioni nella squadra di categoria, ti prendono nella squadra professionistica. E’ uno sport che diventa sempre più giovane e non è detto che sia solo un bene. Qui devi migliorare ogni anno per mantenere quello che hai.

La Bora ne piazza due. Gasparotto si gode Martinez e Lipowitz

05.05.2024
4 min
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OROPA – Mentre tutti scappano verso il basso, Enrico Gasparotto cammina verso l’alto. Il tecnico della Bora-Hansgrohe risale il traffico di ammiraglie e ciclisti. Non appena il suo Florian Lipowitz lo ferma, gli mette le mani attorno le guance quasi come un papà. Qualche pacca sulla spalla e inizia a parlarci.

Inizia a parlarci ma qualche secondo dopo si ferma. Quasi di corsa, si volta e va in ammiraglia. Il corridore trema. Forse gli dice che ha ancora freddo. Lo fa spogliare, gli passa una maglia asciutta ancora più pesante di quella che in precedenza gli aveva dato il massaggiatore. I due riprendono a confabulare. Poi Lipowitz, sorridente, parte in bici per scendere a Biella.

Gasparotto ascolta e consiglia Lipowitz che col 5° posto di oggi riscatta la non bella prestazione di ieri
Gasparotto ascolta e consiglia Lipowitz che col 5° posto di oggi riscatta la non bella prestazione di ieri

Sorriso ritrovato

«Ho provato a seguirlo – replica il tedesco a chi gli aveva chiesto della sua scalata – ma Pogacar era nettamente più veloce. Da parte mia sono felice, mi sono sentito bene lungo la scalata. Avanti così».

«Sono venuto incontro a Florian – spiega Gasparotto – perché ieri ha avuto una giornata no, ma noi sappiamo che sta bene visto quello che ha fatto al Romandia. E anche oggi ha fatto un gran lavoro. E’ un ragazzo giovane, alla prima esperienza al Giro d’Italia e ci è rimasto male per ieri. Lui sperava di rimanere davanti con i migliori. Pertanto era un po’ giù, non dico demoralizzato, però iniziava ad avere dubbi sulla condizione, che magari era già sparita rispetto al Romandia. Vediamo come va giorno per giorno. Sia lui che noi dobbiamo scoprire il suo potenziale».

Gaspa ha consolato il suo atleta insomma. Un direttore sportivo è, e deve essere, anche psicologo.

In questo primo arrivo in salita del Giro d’Italia ha dominato, come ci si attendeva, Tadej Pogacar, ma ad oggi è chiaro che la seconda forza della corsa rosa è la Bora-Hansgrohe. Gaspa ne ha due lì davanti. Lipowitz, appunto, e Daniel Martinez.

Lipowitz (a sinistra) e Martinez (al centro) allo sprint al Santuario di Oropa

Martinez c’è

Gasparotto va di nuovo controcorrente. Stavolta la sua meta è Daniel Martinez. Lo trova mentre fa i rulli per il defaticamento. E’ nell’area dell’antidoping. Il colombiano è stato chiamato per il controllo. Stavolta lo sguardo è meno “da padre”, anche Martinez è più maturo e sa il fatto suo. Ma Gaspa ascolta e parla con la stessa attenzione.

«Con Daniel – riprende Gasparotto – ad un tratto c’è stato del nervosismo, perché proprio nel punto più duro della salita, tra i meno 5 e i meno 4, ha avuto un problema con la bici. Voleva sostituirla, ma noi eravamo dietro con l’ammiraglia e la giuria non ci ha fatto passare. Non abbiamo potuto fare niente, se non lasciargli vicino Lipowitz».

«Io credo che riuscire a stare là davanti e a sprintare per il secondo posto vuol dire che le gambe ci sono. Con Dani poi dovevamo essere un po’ conservativi perché è tanto tempo che non correva, dalla Tirreno. Pertanto in queste situazioni si cerca sempre di non esagerare all’inizio. E se in una giornata nella quale dovevamo essere conservativi Dani fa secondo penso che vada bene».

Dopo il 2° posto di Oropa Martinez è secondo nella generale (con Thomas) a 45″ da Pogacar
Dopo il 2° posto di Oropa Martinez è secondo nella generale (con Thomas) a 45″ da Pogacar

Sorprese possibili

Il diesse svizzero-friulano recrimina un po’ sul fatto che il suo atleta non si sia potuto esprimere al massimo, ma sottolinea anche come sprintare per un secondo posto vuol dire molto. Martinez, e lo scrivemmo in tempi non sospetti, punta forte sul Giro. E’ l’obiettivo della stagione.

Così obiettivo che lui e Gaspa avevano visionato diverse tappe di questa corsa rosa. Il direttore sportivo della Bora-Hansgrohe non è nuovo a colpi di teatro e averne due davanti è stuzzicante. Qualcosa ci si può inventare?

«Eh domani è una tappa per velocisti – glissa e sorride Gasparotto – e ci punteremo con Van Poppel. Perché no: si può provare a fare qualcosa. La strada è ancora lunga, lunghissima. Ci sono tappe critiche e anche tappe interessanti, movimentate. L’importante però è che i ragazzi stiano bene… come hanno dimostrato oggi».

Wladimir Belli: «La sorpresa del Giro? Io dico Lipowitz»

03.05.2024
4 min
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«Una sorpresa per questo Giro d’Italia? Florian Lipowitz», attacca deciso Wladimir Belli. Con il commentatore di Eurosport abbiamo fatto una sorta di gioco, ponderato chiaramente, su chi oltre a Tadej Pogacar non diciamo possa vincere la corsa rosa ma comunque fare bene. E farlo ad alti livelli.

Tutto sommato se è vero che il fuoriclasse sloveno sembra fare gara a sé e viaggiare su un altro pianeta, è anche vero che dopo di lui il campo è davvero libero e lascia spazio a molte interpretazioni, sorprese e lotte aperte.

E quindi spazio anche a Florian Lipowitz: tedesco, alto 181 centimetri per 67 chili, è al terzo anno tra i professionisti. Vanta una tappa e il Giro della Repubblica Ceca 2023.

Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Wladimir, perché hai fatto il nome del corridore della Bora-Hansgrohe come sorpresa per questo Giro?

Perché sta arrivando al Giro in buone condizioni. E’ andato in crescendo e al Tour de Romandie, dove c’erano corridori molto importanti, alcuni dei quali che uscivano in palla dalle Ardenne, è arrivato terzo. E parlo di gente come Ayuso, Carapaz, Bernal, Van Wilder… e solitamente chi va forte al Romandia, poi va bene anche al Giro. Poi mettiamoci che è giovane e questo è il ciclismo dei giovani. Quindi se devo fare un nome fuori da quelli classici dico lui.

Come lo hai visto appunto al Romandia?

Si è mosso bene, mi è piaciuto in generale. E si è mosso bene sia lui che la sua squadra, mi sembra si siano preparati nel modo più idoneo per questo Giro. In più ho notato che sin qui ha corso poco, appena 15 giorni di gara e questo vuol dire che è fresco, che può andare in crescendo. Poi è chiaro che è anche al suo primo grande Giro e non dà garanzie sulla tenuta nelle tre settimane. 

Motivo in più perché sia una sorpresa!

Inoltre è giovane, ma non giovanissimo, ha 23 anni (è un classe 2000, 24 da compiere a settembre, ndr).

Al Tour de Romadie Lipowitz ha lottato alla pari con gente come Carlos Rodriguez e Carapaz
Al Tour de Romadie Lipowitz ha lottato alla pari con gente come Carlos Rodriguez e Carapaz
Hai fatto cenno alla sua squadra. Questo è un punto a suo favore visto che in ammiraglia c’è un tecnico come Enrico Gasparotto che con i giovani ci sa fare e ha già vinto un Giro con Hindley…

Gasparotto è bravo. Io ci ho anche corso con lui ed era uno sveglio. Non solo, ma oltre a Gasparotto in quel team è tornato Patxi Vila dopo l’esperienza alla Movistar: anche lui è esperto. Insomma Lipowitz alle spalle ha una squadra ben strutturata.

Ma a crono cosa ci puoi dire di lui?

E’ un punto di domanda, ma più che stare a parlare della sua prestazione a crono analizzerei la cosa nel suo insieme. Non abbiamo informazioni certe e ripeto, la prestazione ce l’ha, bisognerà vedere se ha anche la tenuta nelle tre settimane.

Forse il suo più grande limite è il fatto che sia al debutto nei grandi Giri…

Sì e no. Alla fine io al mio primo anno da pro’ feci tredicesimo, al secondo anno fino a quattro tappe dal termine ero in maglia bianca… me la sfilò Pantani all’Aprica, ma presi l’influenza e scivolai in 12ª piazza. Ma ero al debutto tra i pro’, lui un po’ di anni già li ha fatti. Sicuramente l’esperienza è importante, ma non avendo pressioni, aspettative e al tempo stesso però ha motore può correre liberamente, come se non ci fosse un domani. Non deve per forza correre al risparmio. Magari così facendo può ottenere qualcosa d’importante.

A crono Lipowitz non è un fulmine, ma si difende grazie anche alle sue leve lunghe
A crono Lipowitz non è un fulmine, ma si difende grazie anche alle sue leve lunghe
Lo spazio lo può avere in effetti. Alla fine il leader della Bora-Hansgrohe è  Dani Martinez che si è forte, ma non dà poi tutte queste garanzie…

Io credo che il discorso sia un po’ diverso. Con un faro in corsa come Pogacar per me c’è più libertà per tutti. Se le cose vanno come devono andare, per gli altri la sfida è aperta. Penso alla Ineos Grenadiers con Thomas, Arensman e Foss: vuoi che non attacchino, che non provino a inventare qualcosa? La Bora-Hansgrohe non è da meno. Io vedo una corsa aperta. Anche la EF Education- Easy Post ha un buon team per fare un certo tipo di corsa.

Wladimir, Lipowitz è il nome secco che ti avevamo chiesto. Ma se dovessi aggiungerne un altro paio?

Cian Uijtdebroeks, ma anche per lui vale il discorso della tenuta sulle tre settimane, aggiungendo però l’incognita che non è un super guidatore e sulle strade del Giro serve sempre. E poi O’ Connor, anche se non è del tutto una sorpresa.