Le luci e le ombre dell’europeo gravel secondo Mattia De Marchi

06.09.2024
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E’ recente la notizia che l’europeo gravel 2024 si terrà ad Asiago il prossimo 13 ottobre. Una data che ha sollevato più di qualche perplessità da parte di chi il gravel lo pratica tutto l’anno, com’è il caso di Mattia De Marchi, tra i più forti italiani della disciplina (in apertura al mondiale 2023). Lo abbiamo raggiunto al telefono mentre è impegnato al Giro del Friuli, per farci raccontare la sua opinione a riguardo (e il problema, abbiamo scoperto, non è solo questione di date).

Mattia, come vedi questo prossimo europeo gravel?

Non benissimo sinceramente. La prima cosa è la data scelta, il 13 ottobre. Sembra sia stata decisa pensando solo agli stradisti e non a chi fa gravel tutto l’anno.

Perché?

Perché proprio quel giorno c’è una gara molto importante in Spagna (la finale del circuito Gravel Earth Series, ndr), alla quale, se vogliamo correre l’europeo, dovremo rinunciare. Difficile non pensare che quella data sia stata presa perché il giorno prima si corre il Giro di Lombardia, cercando così di attirare i professionisti. Allora, mi dico: se la principale preoccupazione è quella, che facciano direttamente una gara gravel solo per i professionisti su strada. Con la possibilità che poi alla fine non vengano, ovviamente. Questo mi ha dato fastidio perché mi è sembrata una mancanza di rispetto, non ci voleva tanto a controllare il calendario. Devo dire poi che una recente intervista di Pippo Pozzato (che svolge funzione di supporto agli organizzatori di Flanders Classics, ndr) non mi è piaciuta granché, perché nomina solo i pro’. Quindi ecco, come praticante del gravel tutto l’anno mi sento un po’ preso in giro.

Per quanto riguarda il percorso invece, come lo vedi?

Il percorso lo conosco bene, ma è il più facile che si potesse fare. Dicono che il 70 per cento è sterrato, ma per mia esperienza diretta so invece che tante di quelle strade sono asfaltate. L’altopiano di Asiago lo conosco benissimo e c’erano molte altre alternative. L’obiettivo secondo me doveva essere spingere il posto nella sua interezza e credo che in questo senso si sia persa un’occasione. Voglio dire: si correrà su un anello che solitamente fanno fare alle famiglie con le e-bike. Mi auguro che questo evento faccia comunque conoscere il territorio, credo solo ci fosse un modo migliore per farlo conoscere, tutto qua.

Tu comunque parteciparei, giusto?

No, non andrò. Mi pesa moltissimo dire di no alla maglia azzurra, ma avevo questa gara in Spagna programmata da mesi e alla fine ho deciso di andare.

Una scelta non facile…

Rinuncio e basta, però non è un modo corretto di fare. Oltre al fatto che annunciare il tutto poco più di un mese prima rende ogni cosa complicata. Piuttosto forse era meglio non farlo, questo europeo. Quando sono iniziate a girare le voci su questa data, avevo anche scritto all’UEC, che ha in mano l’organizzazione, per fargli presente il problema. Non mi hanno mai risposto. Ad un certo punto c’erano corridori che mi scrivevano per chiedermi informazioni in quanto italiano, ma io non sapevo niente. Il rischio grande così facendo è di bruciarsi tutta una fetta di atleti e poi diventa un problema serio.

Cioè?

Cioe se noi decidiamo di non correre più agli eventi perché non ci sentiamo un minimo tutelati, e di non parlare più del gravel ogni giorno come facciamo da anni, anche chi organizza rimane fregato. Noi siamo nel nostro piccolo delle persone influenti che il gravel lo fanno tutto l’anno e in qualche modo tengono su la baracca. Finché c’è questo genere di approccio è difficile che riusciamo ad attirare corridori di livello. Noi siamo obbligati ad andare in America e loro, se le cose restano così, non verranno mai di qua. Dopo aver visto il percorso del primo mondiale gravel, gli americani non volevano venire al secondo, per dire. Hanno chiesto a me e io gli ho detto che invece valeva la pena. Ma capite bene che, di nuovo, se le cose si fanno così c’è il forte rischio di bruciarsi un sacco di opportunità.

Ti senti di dare qualche consiglio, magari per i prossimi anni?

Io, come avevo scritto all’UEC, sono a disposizione per dare consigli. Non saprei come organizzare un evento, ma sono nel giro da anni e quel mondo credo di conoscerlo. Spero che Flanders Classic veda potenzialità nelle nostre zone per fare qualcosa di davvero interessante qui, che investano nei nostri territori. Io, ripeto, sono e resto a disposizione.

Europeo gravel ad Asiago: tutto pronto per il 13 ottobre

28.08.2024
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Il campionato europeo gravel si correrà ad Asiago nella data prevista del 13 ottobre (in apertura lo start 2023 da Oud-Heverlee, in Belgio). Lo organizzano Flanders Classics di Thomas Van der Spiegel, che a metà settembre servirà in tavola anche l’europeo strada, con il supporto di Pippo Pozzato e la sua PP Sport Events. In sostanza, si è trattato di riprendere il grande lavoro fatto per il mondiale dello scorso anno e sostituire l’aggettivo. Prima però è servito metabolizzare la sottrazione del mondiale da parte dell’UCI: c’è chi dice che fosse inevitabile e chi è convinto del contrario. Mentre si è in attesa della comunicazione ufficiale, abbiamo raggiunto Pozzato per fare un primo punto della situazione.

«Ho davvero preso quello che avevamo dal mondiale – dice – e che era tutto pronto e lo abbiamo messo in modo che andasse bene per un campionato europeo. Il presidente della UEC (Unione del ciclismo europeo, ndr) Enrico Della Casa si è fatto raccontare i fatti e ha detto di aver capito che lo scorso anno qualcosa è successo. L’abbiamo messa in modo che non si creassero problemi a livello politico. Organizzare un grande evento su un territorio e poi vederselo togliere aveva lasciato qualche ruggine. Enrico si è anche offerto di parlare con Luca Zaia (il Governatore del Veneto, ndr), ma su quel fronte ero a posto. Il Veneto sa che avevamo lavorato bene».

Pozzato e Della Casa, presidente della UEC, alla presentazione delle tappe italiane del Tour a Bologna
Pozzato e Della Casa, presidente della UEC, alla presentazione delle tappe italiane del Tour a Bologna
L’appoggio di Flanders Classics è una garanzia di quale tipo?

Loro si muovono come il Tour de France, in modo diverso rispetto alle solite organizzazioni. Hanno sponsor che premono per entrare nel Giro delle Fiandre e, in attesa di concederglielo, li coinvolgono nelle altre gare. Più eventi hanno e maggiore è il loro potere contrattuale. L’europeo potrebbero farlo anche da soli, ma per i regolamenti della Federazione hanno bisogno di una società italiana cui appoggiarsi (lo stesso meccanismo per cui il Tour de l’Avenir si è valso dell’appoggio di ExtraGiro per le ultime due tappe in Piemonte, ndr).

Il percorso del primo mondiale gravel della storia, quello di Cittadella, era lunghissimo e senza salite. Asiago fa pensare che qualche rampa ci sarà…

Infatti sarà più duro del primo mondiale. Volevo che fosse più veloce per trovare più corridori, magari invogliare anche un Van der Poel. L’idea era di passare nell’aeroporto, ma non si è potuto perché avrebbe significato bloccare troppe zone. Per cui faremo meno chilometri. Un circuito di 47 chilometri da percorrere per tre volte. E alla fine verranno 141 chilometri e un dislivello di circa 2.500 metri.

L’Altopiano di Asiago avrebbe dovuto ospitare il mondiale gravel 2023, sarà ora il teatro degli europei (foto asiago.it)
L’Altopiano di Asiago avrebbe dovuto ospitare il mondiale gravel 2023, sarà ora il teatro degli europei (foto asiago.it)
Buona l’idea del circuito…

Almeno la gente li vede di più. Avremo partenza e arrivo dallo stesso posto, che per noi rispetto al primo mondiale, semplificherà molto le cose. Piuttosto non c’è ancora un disciplinare tecnico, per cui dovremo di nuovo inventarci qualcosa.

Praticamente in due anni non è cambiato niente?

Appunto. Per cui nel tratto iniziale su strada faremo valere le normative tecniche della strada e nel gravel avremo il quad davanti e il quad dietro, in modo da garantire la sicurezza e la serietà. Qualcosa su cui si chiudono spesso gli occhi. Nessuno va mai a guardare certi aspetti e nessuno ne parla, noi faremo il possibile per essere a posto.

Daniel Oss tira il gruppo agli europei del 2023 che si svolsero a Oud-Heverlee in Belgio
Daniel Oss tira il gruppo agli europei del 2023 che si svolsero a Oud-Heverlee in Belgio
Hai parlato di Van der Poel.

I contatti con lui li ha Thomas Van der Spiegel. Hanno rapporti frequenti anche per via del ciclocross, dato che Flanders Classics organizza la Coppa del mondo e svariate altre corse. E allo stesso modo parlerà con Van Aert. Il problema potrebbe essere che, facendo il mondiale di Zurigo, poi potrebbe mollare. Abbiamo messo nel percorso solo salite brevi, anche per venire incontro a questa tipologia di corridori. E per evitare che dopo pochi chilometri il gruppo sia sbriciolato e lo spettacolo vada a farsi benedire.

Caduta, Van Aert fuori dal Fiandre. Primavera buttata via

28.03.2024
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Mentre nello schermo scorrevano le immagini della Dwars door Vlaanderen, parlando con Pozzato del Fiandre di domenica, era quasi naturale passare in rassegna i nomi dei pretendenti alla corsa che il vicentino ha spesso sfiorato e mai raggiunto. Finché di colpo si è verificata la caduta di Van Aert a 67 chilometri dall’arrivo e a quel punto la conversazione ha preso un’altra direzione. Si è capito quasi subito che il belga fosse malconcio, pertanto quando in serata è arrivata la conferma della clavicola e delle due costole fratturate, il senso del discorso è parso ancor più ficcante.

«Domenica sarebbe stata un’altra gara a schiaffoni con Van Der Poel – diceva Pozzato – è un peccato. Però questo voglio dirlo. Quando ho visto che Van Aert saltava la Sanremo, un po’ sono rimasto. Perché non farla? Poi ho visto che voleva fare anche la Liegi e il Giro, quindi ha puntato su una programmazione diversa. Però adesso che è caduto, ha buttato via la primavera. Quest’anno ha cambiato preparatore: c’era anche da capire come sarebbe andato domenica. A me Van Aert piace da morire, ma nelle prime uscite non mi ha dato grosse sensazioni. Van der Poel era già parso più forte. Forse il nuovo programma è un azzardo. Io non so se avrei avuto cuore di saltare la Sanremo».

Nel frattempo Van Aert era seduto sull’asfalto (in apertura, immagine Eurosport), la maglia lacera sulla schiena e quel senso di sconfitta cucita addosso per l’ennesima volta. Sonny Colbrelli, impegnato in altra intervista, faceva sapere che il punto della caduta sulla strada del Kanarieberg è così veloce e pericoloso che è stato tolto dal percorso del Fiandre. Al momento della caduta, Van Aert andava a 90 all’ora. E mentre Wout gemeva sull’asfalto, in testa alla corsa il compagno Jorgenson stava per vincere la sua prima classica del Nord.

La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre
La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre

La beffa del 2012

Fu clavicola anche allora, nel 2012, quando Pozzato tornò in sella dieci giorni dopo la caduta al Tour of Qatar. Aveva passato l’inverno sognando e progettando il Fiandre, con Scinto al fianco a dargli il ritmo e l’assillo. Sembrò una forzatura, eppure Pippo al Fiandre ci andò e arrivò secondo. Sbagliò il finale. E pur potendo provare a staccare Boonen, preferì rischiare la volata a tre con il belga e Ballan. E se tornò a casa con un secondo posto fastidioso e beffardo.

«Per me il Fiandre – riprende, mettendo per un po’ da parte le considerazioni su Van Aert – è sempre stata la corsa dei sogni, la più bella al mondo. Lo dico sempre a tutti e sicuramente è il mio rimpianto più grande. Da allora è cambiato tutto il mondo del ciclismo. E’ cambiato il modo di affrontare le corse, di allenarsi. Il modo in cui gli atleti affrontano la giornata e la corsa. E’ cambiato tutto il sistema ciclismo. Anche Boonen certe volte attaccava da lontano, però mai a 100 chilometri dall’arrivo. A volte ad Harelbeke gli piaceva partire su Taaienberg ai meno 80, come succede adesso, ma era diverso. Alla Tirreno-Adriatico e alla Sanremo, hanno fatto una media record. Ci sono i materiali, sicuramente, però io penso che ci sia un livello altissimo che rende molto più difficile vincere oggi che una volta. Infatti vincono sempre gli stessi, mentre prima anche nelle corse importanti poteva capitare un outsider. Adesso è difficile che arrivi un mezzo sconosciuto, se ci sono in giro quei 4-5 più forti. Vince sempre uno di loro».

Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Questo succede anche perché è cresciuto il livello delle squadre.

Tutti, tutti, tutti. C’è un livello altissimo. Ci sono quei tre-quattro che sono fuori categoria, fanno un altro sport. Quando ci sono loro, parti per fare dal quarto in poi. Dietro di loro hai un gruppo di 40-50 che vanno tutti alla stessa maniera, quindi il livello è molto più alto. Vedete come affrontano una volata adesso? Vanno talmente forte che più o meno restano tutti nella stessa posizione. E’ raro vedere uno che viene fuori da dietro e risale 4-5 posizioni come magari succedeva nei primi anni 2000. Adesso si prende la volata a 70 all’ora e si prosegue a 72-73. Guardate i rapporti che hanno, la cosa che mi sconvolge sono i rapporti che usano.

Di certo atleticamente c’è stato un grosso passo in avanti…

Verissimo. Le preparazioni sono cambiate. Poi ci sono sempre quelli un po’ ignoranti che insinuano e chiedono che cosa facciano adesso. Il bello è che non fanno niente. Hanno mezzi migliori, atleticamente sono preparati tutti quanti alla stessa maniera. Mangiano tutti in modo perfetto e non c’è più Armstrong che arriva come anni fa e mangia l’hamburger prima di partire. Adesso tutti sanno come fare e poi, secondo me, la specie umana si è evoluta. Le generazioni di adesso sono più forti rispetto a quelle di prima.

Il livello così alto significa che allenarsi in corsa è impossibile: si è smesso di andare piano.

Ricordo che nel 2010 chiesi di correre sempre per non allenarmi a casa. Finii l’anno con 102 giorni di corsa, che adesso è impossibile. Io avevo bisogno di arrivare a Sanremo vedendo che avevo fatto tot giornate di corsa, meglio 3 in più che una in meno. Adesso questi arrivano dall’inverno e il primo giorno che attaccano il numero, o sei preparato e vai come loro, altrimenti ti prendi una strinata di collo. Mi dicono i ragazzi con cui parlo che fanno paura. Arrivano da due o tre mesi che non corrono e fanno 80 chilometri di fuga, come Pogacar alla Strade Bianche. C’è un però…

Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Sarebbe?

Ha potuto farlo a quel modo perché non c’era nessuno del suo livello, quindi è parso ancora più impressionante. Se ci fossero stati 2-3 dei suoi colleghi fenomenali, sicuramente andavano via in quattro, poi facevano a schiaffoni in finale e magari si staccavano sull’ultimo pezzo o sulle Tolfe. Pogacar che parte a 81 chilometri dall’arrivo, fa sembrare che corre in un’altra categoria. Come adesso al Catalunya, che non c’era nessuno dei rivali ed è parso che giocasse. Come Vingegaard alla Tirreno. Se porti Van Der Poel a una corsa di un giorno, anche al Fiandre, e non c’è nessuno degli altri, quello gira attorno al gruppo.

Dici che in assenza di Van Aert, Alaphilippe al Fiandre potrebbe essere al livello dei migliori?

A me è dispiaciuto un sacco che negli ultimi due anni Sagan fosse in fase calante e come lui Julian. Credo che anche loro sarebbero stati belli… ignoranti da fare a schiaffi dalla mattina alla sera. Sarebbe stato divertentissimo vederli nelle classiche. Se Alaphilippe domenica può essere un faro? Sicuramente non è più quello di prima e la situazione in squadra con Lefevere non è idilliaca. Di fatto è pagato per i risultati che faceva prima e da manager posso capire che in certi momenti i sentimenti e il romanticismo finiscano, perché guardi al conto economico. E magari pensi che con gli stessi soldi potresti prendere altri due o tre corridori buoni che fanno risultato. Julian invece non vince più e l’incantesimo si è rotto.

Chissà se al suo meglio sarebbe competitivo con Van der Poel o Pogacar e anche Van Aert in certe classiche…

La mia sensazione è che lui sia forte, ma gli altri hanno motori più potenti del suo. Anche Pedersen secondo me è un bel corridore. Ieri parlavo con un preparatore della Soudal-Quick Step e si ragionava sul fatto che loro sono andati in altura per preparare le classiche e al ritorno non vanno come speravano. Invece i corridori della Lidl-Trek sono rimasti al livello del mare, hanno 28-30-32 anni e stanno volando. Forse c’è da pensare che ora l’altura va bene per le corse a tappe e non più per le classiche. Sono cose delicate, che cambiano sempre. Dicevamo di Van Aert che ha cambiato preparatore. E’ voluto partire più piano per andare forte nelle sue corse, invece è caduto e adesso è un bel problema. E lo sarebbe stato anche se, a cose normali, fosse arrivato al Fiandre e alla Roubaix e non avesse vinto.

Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Come seguirai il Fiandre?

Dal 2019 vado sempre in Belgio e sarà così anche quest’anno. Vado su con un po’ di clienti. Il sabato facciamo la Gran Fondo. Venerdì sera siamo a cena con Thomas (Van der Spiegel, ndr), l’amministratore delegato di Flanders Classics. La domenica andiamo alla partenza, poi li vediamo in altri 2-3 posti, quindi all’hospitality sul Quaremont per due passaggi e poi all’arrivo. Per me è la corsa più bella. Quest’anno viene un caro amico di Milano che abita a Monaco ed è gasatissimo, perché gli ho detto che per trovare qualcosa di più figo, deve andare a vedersi la finale del Superbowl. Mi dispiace che non ci sarà Van Aert perché sarebbe stato un altro spettacolo…

Mondiale gravel, figuraccia scongiurata? Parla Panighel

14.09.2023
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Il 7-8 ottobre ancora in Veneto avrà luogo il secondo mondiale gravel della storia. Il primo lo organizzò e anche bene Filippo Pozzato nel 2022. Sembrava dovesse andare così anche quest’anno, dato che l’assegnazione era biennale, invece nel cuore dell’estate qualcosa non è andato come si pensava. Nessuno sa bene come e perché, ma la PP Events del vicentino ha ricevuto una lettera di disdetta da parte dell’UCI. La Federazione italiana si è affrettata a scrivere in un comunicato di non averne responsabilità, mentre il diretto interessato al momento ha scelto di non dire nulla, concentrato sulle sue corse di fine stagione.

Comunque sia, il mondiale gravel 2023 è passato nelle mani di Pedali di Marca, organizzazione trevigiana che fa capo a Massimo Panighel, organizzatore di mondiali Marathon e referente per le tappe dolomitiche dell’ultimo Giro d’Italia. E così dai sentieri di Asiago in cui par di capire che fosse tutto pronto, la sfida si svolgerà sulle colline del Prosecco, avendo però appena due mesi per mettere insieme tutto. Abbiamo intercettato Massimo Panighel, appena uscito dalla banca in cui lavora.

Alla presentazione di Gravel in the Land of Venice, Panighel con il presidente veneto Zaia
Alla presentazione di Gravel in the Land of Venice, Panighel con il presidente veneto Zaia
Quando hai saputo ufficialmente che c’era da mettere mano al mondiale gravel?

Il 4 agosto. E non è vero, come dice qualcuno, che Panighel lavorasse sotto traccia dall’inverno, perché davvero non ne sapevo nulla. Il 2-3 agosto, durante una riunione con il Comitato provinciale per parlare della riforma dello sport, ho chiesto al presidente provinciale se ci fossero notizie: se il mondiale gravel lo avrebbero fatto ad Asiago oppure a Cortina, perché girava anche questa voce. E lui ha fatto un sorriso strano, che ora posso interpretare diversamente. Avevo sentito qualche voce un mese prima, alla Dolomiti Superbike, ma nulla di più. Il primo passaggio ufficiale è stato due giorni dopo quando mi ha chiamato Peter Van den Abeele dell’UCI, mentre ero in vacanza ad Auronzo.

Che cosa significa mettere in piedi un mondiale in così poco tempo?

Prima c’è stato il percorso, che andava disegnato. Ci penso tutte le mattine e tutte le sere quando vado a letto, abbiamo 20-25 giorni di tempo. L’UCI ha visto il percorso l’ultima settimana di agosto. Lo abbiamo disegnato cercando di stare nei limiti che ci hanno imposto, cioè 60 per cento di sterrato e 40 di asfalto. Il tutto, dovendo anche assecondare le richieste dei sindaci, per passare dove hanno piacere o necessità che si passi. Però è un bel percorso.

Fatto come?

Si parte dal Lago delle Bandie, dove c’è stato il mondiale di ciclocross del 2008, poi si passerà una prima volta a Pieve di Soligo e faranno un primo anello nella zona di Revine Laghi, Tarzo e San Pietro di Feletto. Un altro passaggio sul traguardo di Piave di Soligo e si farà un secondo anello nella zona classica del Prosecco, fra Pieve di Soligo e Valdobbiadene. La lunghezza sarà sui 160-170 chilometri per gli uomini con circa 1.800-2.000 metri di dislivello. Quello delle donne lo stiamo ridisegnando adesso, perché abbiamo dovuto fare dei tagli, sarà sui 140 chilometri con 1.600 metri di dislivello. Ma il problema non è tanto per le categorie elite, il fatto è che bisogna disegnare tre percorsi per le categorie master e questo sarà davvero impegnativo. Come sarà un bel lavoro trovare e gestire i volontari, trovare le ambulanze… Non è così semplice.

Quali risposte avete avuto dai Comuni, dai territori, avendo così poco preavviso?

Ottime, perché fortuna vuole che Fabrizio Cazzola, che è Consigliere federale e fa parte del gruppo ristretto che sta lavorando al mondiale, è di quelle zone quindi conosce benissimo le persone che contano. Un’altra figura cardine è il presidente del Comitato provinciale, Giorgio Dal Bo’, che con la Prefettura e la provincia di Treviso sta portando avanti il discorso delle autorizzazioni. Gli stessi Comuni si sono impegnati a chiedere i permessi nei confronti dei privati, i cui terreni saranno attraversati dai percorsi.

L’organizzazione è in mano a Pedali di Marca?

Diciamo che Pedali di Marca è il referente presso l’UCI, ma abbiamo cercato di fare un comitato di lavoro esteso, coinvolgendo tutte le società della provincia di Treviso, fra cui quella di Lucio Paladin, papà della Soraya. C’è bisogno di tutti, non si può pensare che una sola persona faccia il mondiale, ci vuole la collaborazione di tutto un territorio.

Pensi che ci sarà anche una ricaduta in termini di promozione del territorio?

L’anno scorso, quando venne fuori che Pozzato avrebbe organizzato il mondiale per due anni, ci incontrammo. Io sto portando avanti da tre anni con la Regione Veneto un progetto che si chiama Gravel in the Land of Venice. Abbiamo fatto 80 percorsi nel Veneto dedicati al gravel, più o meno impegnativo, dagli argini alla pianura, la laguna, le colline, la montagna. Proposi di unire le forze, in modo che la gente venisse a vedere il campionato del mondo, ritrovandosi in un territorio dove c’è la possibilità di fare pedalare. Però non se ne fece nulla. La risposta a questa domanda è che se il territorio capisce di avere delle potenzialità, allora il ritorno c’è.

Se lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van Aert
Se lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van Aert
Di quali potenzialità parliamo?

In quegli 80 percorsi, abbiamo mappato 6.000 chilometri di gravel, ma probabilmente potrebbero essere molti di più. Bisogna capirlo. La Toscana ne ha fatto un business, perché ormai le Strade Bianche sono un’icona, che non ha neppure bisogno di presentazione. Qui avremmo un territorio che è altrettanto valido, ma per avere un ritorno bisogna cogliere l’occasione, non dipende da Panighel. Però facciamo un po’ fatica. Ho visto anche che le tappe del Giro d’Italia a livello personale sono state una bellissima esperienza, ma siamo certi che abbia avuto un ritorno adeguato?

Qual è la tabella di marcia per i giorni che restano?

E’ come quando arriva una fattura con scritto “pagamento a vista”. Spero di fare l’ultimo sopralluogo e chiudere i percorsi nel prossimo fine settimana, cercando anche di accontentare le richieste di Golazo Cycling, la società belga che lavora con l’UCI. Una tabella di marcia vera e propria non la so indicare, perché è tutto urgente. Ci dividiamo i compiti, ognuno porta avanti il suo. Il discorso dell’assistenza sanitaria non è una cosa di poco conto, perché l’evento va avanti per due giorni. Si dovranno gestire circa 500 volontari. Poi c’è la parte della logistica. Va preparata la guida tecnica internazionale per l’UCI. C’è il discorso hotel. C’è tutto il fronte della comunicazione, c’è da trovare lo speaker. Non so chi abbia avuto la bella idea di dare in giro il mio numero, per cui mi stanno arrivando richieste per le iscrizioni che invece gestisce Golazo. Spero che alla fine vada tutto bene e che qualcuno ci dica se non altro che abbiamo fatto un bel lavoro.

Per comunicazione intendi anche quella verso gli utenti?

E’ un problema, perché la gente potrebbe aver preso impegni diversi. Ci fosse stato almeno il secondo mese a disposizione, sarebbe stato diverso, ma il secondo mese a disposizione era agosto ed era tutto fermo. E’ chiaro che più vai avanti e più diventa difficile gestire ad esempio le prenotazioni. Magari c’è il belga che ha aveva prenotato una settimana a Peschiera del Garda, e ora deve disdire, magari perdendo la caparra. Per questo ci sono cose che non capisco.

Panighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsi
Panighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsi
Quali cose?

Ho firmato altri contratti con l’UCI. A fine settembre 2023 avremmo dovuto pagare la prima rata per il mondiale Marathon che organizzeremo nel 2026. L’abbiamo posticipata, dovendo pagare quella del mondiale Gravel, ma in ogni caso so benissimo che se ritardi un giorno, ti chiamano subito. In queste cose non si affonda da soli, ci sono anche altre componenti. Forse ci saranno sotto questioni politiche che a me sfuggono, io da uomo di sport sto dando una mano per venirne fuori.

Non resta che lavorare?

Quello che stiamo facendo. Noi abbiamo anche un mondiale nel 2026. C’è un velodromo a Spresiano che speriamo prima o dopo abbia conclusione, in cui si dovrebbe svolgere un mondiale su pista. Stiamo lavorando tanto col gravel, perché è una disciplina emergente che porta tanta soddisfazione, in fondo basterebbe che ognuno facesse bene il proprio compitino. Io provo a fare il mio e intanto lavoro anche in banca. La tipa di Golazo non voleva crederci, ho dovuto spiegarle che ho una moglie e dei figli da far mangiare e tutto il resto per me è volontariato. Ma non sono convintissimo che ci abbia creduto… 

Sidi si conferma partner degli eventi Ride the Dreamland

03.06.2023
3 min
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Sidi Sport continua a… pedalare al fianco di Filippo Pozzato e della sua PP Sport Events. La realtà trevigiana, storica produttrice di scarpe per ciclisti e motociclisti, ha difatti recentemente confermato la propria fiducia ed il proprio sostegno alla società dell’ex professionista vicentino e agli eventi di Ride the Dreamland.

Presenti sin dalla prima ora, Sidi è stata una delle aziende che ha creduto da subito nel progetto PP Sport Events di Filippo Pozzato. Confermato adesso dalla nuova proprietà Sidi Sport (Italmobiliare), il brand di Maser sarà già da quest’anno e nuovamente al fianco degli eventi di Ride the Dreamland: il Giro del Veneto (11 ottobre), la Serenissima Gravel (13 ottobre), la Social Ride VENEtoGO (14 ottobre) e la Veneto Classic (15 ottobre). Nel 2020, quando Pozzato si è proposto in prima persona nel campo dell’organizzazione di eventi di ciclismo, con il riuscito Campionato Italiano disputatosi tra Bassano del Grappa e Cittadella, Sidi ha appoggiato immediatamente l’iniziativa. Un impegno che ha poi mantenuto nel 2021, quando Ride the Dreamland ha fatto il proprio ingresso, per la prima volta, nel contesto del calendario professionistico. 

Questi sono gli eventi organizzati da Filippo Pozzato e dalla sua PP Sport Events
Questi sono gli eventi organizzati da Filippo Pozzato e dalla sua PP Sport Events

Un progetto vincente

«Filippo è un amico di Sidi, da sempre – ha dichiarato Davide Rossetti, il CEO di Sidi – e siamo davvero felicissimi di continuare a partecipare al suo progetto, ovvero quello di portare il ciclismo di alto livello vicino alle persone: un’idea che sento di dire condividiamo assieme. Nei giorni di evento, Sidi sarà presente al villaggio sponsor mostrando i propri prodotti, a disposizione di chiunque vorrà conoscere meglio un’eccellenza del settore ciclistico e non solo».

I ragazzi della Eolo-Kometa corrono con Sidi, questa la recente vittoria di Bais a Campo Imperatore al Giro d’Italia
I ragazzi della Eolo-Kometa corrono con Sidi, questa la recente vittoria di Bais a Campo Imperatore al Giro d’Italia

«Per manifestazioni giovani ma ambiziose come Ride the Dreamland – ha ribattuto Pozzato – è un onore poter essere affiancati da un marchio conosciuto in tutto il mondo. Questo perché conferisce prestigio al nostro progetto e allo stesso tempo conferma quanto di buono abbiamo fatto fino a questo momento. Quando un partner crede in ciò che fai, vuol dire che sei sulla strada giusta! Con Sidi c’è una sintonia che dura ormai da anni, e sono contento che, con l‘arrivo del nuovo team dirigenziale in azienda, a seguito dell’acquisizione da parte di Italmobiliare, questa sintonia si rafforzi ancora di più».

Sidi

Forcing di Van Aert nell’Arenberg: giusto o sbagliato?

13.04.2023
4 min
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Certe corse non passano così facilmente. Fanno parlare, riflettere e discutere. E allora vale ancora la pena tornare sulla Parigi-Roubaix di domenica scorsa e vale farlo con un esperto quale Filippo Pozzato. Se si parla di squadre, di scelte tattiche e di percorso bisogna rivolgersi a chi lassù c’è stato e c’è stato per giocarsela. Il punto in questione è questo: ha fatto bene Wout Van Aert ad attaccare in quel modo nella Foresta di Arenberg?

L’idea è che abbia dato certamente spettacolo, ma di fatto abbia spaccato la corsa tagliando fuori dai giochi anche i suoi compagni della Jumbo-Visma. In quel momento mancavano circa 97 chilometri all’arrivo e sono rimasti a giocarsela quella manciata di corridori usciti indenni dalla Foresta. Addio tattiche, addio lavori di squadra salvo il (vano) tentativo di Laporte e Van Hooydonck di rientrare da dietro e i tre Alpecin-Elegant ritrovatisi in testa.

Pozzato ha disputato in carriera 11 Parigi-Roubaix, cogliendo un 2° posto nel 2009. Qui eccolo in azione nel 2006, quando fu 15°
Pozzato ha disputato in carriera 11 Parigi-Roubaix, cogliendo un 2° posto nel 2009. Qui eccolo in azione nel 2006, quando fu 15°
Filippo, cosa ne pensi di quanto appena detto? E’ stata giusta la mossa di Van Aert di attaccare in quel momento?

Van Aert ha voluto anticipare per cercare di sorprendere gli altri. Tutto dipende poi da cosa si erano detti in squadra prima della corsa, quali accordi avevano. Poi, ragazzi, ci sono state le forature di mezzo e quelle non le puoi controllare.

Questo è vero. Bastava solo che Laporte non forasse all’uscita di Arenberg e sarebbe rimasto con il drappello Ganna, rientrato sui big poco dopo, e sarebbe stata un’altra corsa…

Esatto. La Jumbo-Visma ha sempre forato in momenti “del cavolo”, fasi molto delicate della corsa in cui recuperare era impossibile.

A fine gara Van Aert ha detto che dopo la prima foratura si era ritrovato solo, senza compagni. Poco dopo essere rientrato ha attaccato: potrebbe essere stato un attacco di frustrazione il suo?

No, non penso proprio. Tra l’altro in squadra ha un buon rapporto con i compagni. Magari l’idea era proprio quella. E poi mi viene da pensare: nelle altre corse è stato criticato perché ha lasciato vincere Laporte e ora che ha attaccato, ci si chiede perché non lo ha aspettato. Non scordiamoci con chi doveva lottare.

Van der Poel…

Io non dico che Mathieu sia più forte di lui, anzi secondo me è il contrario. Van Aert vince sul Ventoux, vince sui Campi Elisi, nel cross, su strada…. e va forte tutto l’anno. L’altro seleziona un po’ di più e riesce ad essere più brillante. Alla fine credo che Mathieu abbia due vittorie in più. Poi, okay, se guardiamo alle Classiche Monumento, l’olandese ne vinte di più.

Dopo il forcing di Van Aert il gruppo si spacca. Nel caos cade Van Baarle e fora Laporte, entrambi compagni dell’asso belga
Dopo il forcing di Van Aert il gruppo si spacca. Nel caos cade Van Baarle e fora Laporte, entrambi compagni dell’asso belga
Nel complesso come giudichi la tattica della Jumbo-Visma?

Come in parte ho detto, le forature non le puoi programmare e a quel punto ti devi adeguare in base a quel che offre la corsa strada facendo. In generale penso che è molto difficile criticare da fuori senza sapere davvero come è andata dentro, quali erano i piani e le mille sfumature che presenta la corsa e che vive il corridore nei vari momenti.

Però poi dopo Arenberg, Wout si è ritrovato da solo, come se avesse tolto di mezzo lui stesso, indirettamente, Laporte e Van Baarle…

Il discorso per me è più generale. Analizziamo gli ultimi anni e come stanno cambiando le corse. Qui ormai, soprattutto se ci sono di mezzo quei tre-quattro fenomeni, c’è la tendenza di prendere il largo a 100 chilometri dalla fine. Spesso parlo con Trentin e mi dice che quando ci sono tutti e tre, parti per fare quarto. Ma per fare quarto ci sono almeno 30 corridori fortissimi con cui lottare. Devi sperare che non attacchino a 80-90 chilometri dall’arrivo, ma che ti portino ai meno 20 e a quel punto puoi pensare d’inventarti qualcosa. 

Ed è in quest’ottica che va inquadrata l’azione di Van Aert?

Sì. Da un certo punto di vista, quello dello spettacolo, è bello. Da un’altro, quello della logica, no. Non c’è una logica, appunto nel modo in cui corrono. Alla Tirreno di due anni fa Van der Poel mangiò una barretta a 80 chilometri dall’arrivo e se ne andò. Un ciclismo molto diverso dal mio.

Harelbeke 2009, lo squillo di Pozzato. Resterà l’ultimo tricolore?

24.03.2023
4 min
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Oggi con l’E3 Saxo Bank Classic si entra nel pieno della stagione delle classiche del Nord. Quella di Harelbeke, che ha cambiato nome molte volte piegandosi alle esigenze degli sponsor, è una corsa forse non così popolare da noi, ma in Belgio è molto amata: il “piccolo Fiandre”, così chiamato perché ricalca abbastanza fedelmente la struttura della Corsa dei Muri, ma con meno distanza e meno asperità.

Una corsa quella di Harelbeke (una delle pochissime sfuggite agli arpioni di Merckx…) che ha sorriso poche volte agli italiani, solamente 4: Bontempi nel 1988, Cipollini nel ’93, Pieri nel 2002 e Pozzato nel 2009. Filippo, oggi responsabile organizzativo con la PP Sport Events delle classiche venete di fine stagione, ricorda ancora molto bene quel giorno.

L’ultimo podio con Van Aert fra Laporte (decisivo per il suo successo) e Kung
L’ultimo podio con Van Aert insieme a Laporte, decisivo per il suo successo

«C’era un Boonen favoritissimo, voleva la quinta vittoria, partì sul penultimo muro a una ventina di chilometri dal traguardo. Io lo agganciai quasi subito, poi su di noi rientrò Iglinskiy. Ce la giocammo in volata, il belga era più veloce, ma io finsi di partire, lui si lanciò, io misi due denti in meno e lo recuperai abbastanza facilmente. Era più veloce, ma quello era il mio giorno».

Eri in una forma particolare?

Sì, quello fu un ottimo periodo. Vinsi 3 giorni dopo anche a La Panne, la prima tappa. Puntavo forte sul Giro delle Fiandre, ma la fuga di Devolder sconvolse i piani di tutti.

L’ultimo podio con un azzurro: 2015, Trentin chiude terzo dietro Thomas e Stybar
L’ultimo podio con un azzurro: 2015, Trentin chiude terzo dietro Thomas e Stybar
Che corsa è?

Non è così diversa dalla sua “sorella maggiore”, il tipo di strade è lo stesso come anche la struttura altimetrica, cambiano solo i numeri che sono un po’ inferiori. Non è un dato da poco perché proprio il fatto che ci siano meno chilometri da percorrere permette anche a corridori di seconda linea di stare davanti e giocare le proprie carte. Il Fiandre è talmente selettivo che ben difficilmente non lo vince un corridore dal pedigree affermato.

Come va interpretata?

Devi stare sempre sul chi vive, oggi molto più che ai miei tempi. Potrei dire che gli ultimi 70 chilometri sono quelli decisivi, nei quali devi stare sempre nelle prime 20 posizioni, ma a ben guardare nel ciclismo odierno è un’affermazione che lascia il tempo che trova. Siamo in presenza di campioni che sono abituati a sconvolgere la corsa anche molto prima. Non puoi mai adagiarti. Poi c’è anche altro a cui prestare attenzione.

Van Aert in testa a tirare nell’edizione dello scorso anno. Il belga era già stato secondo nel 2019
Van Aert in testa a tirare nell’edizione dello scorso anno. Il belga era già stato secondo nel 2019
Che cosa?

Il tempo. Può cambiare nel corso della giornata anche più volte. Il vento può essere a favore, ma in molti tratti ti colpisce trasversalmente e può causare ventagli. Sono davvero tante le cose a cui bisogna prestare attenzione.

E’ una corsa che può terminare con volate di gruppo, anche se ridotto o pensi che sia più portata a una soluzione di forza?

Normalmente sia è portati a pensare che sia una corsa per soluzioni molto ristrette. Alla fine ti ritrovi sempre un gruppetto ristretto che si gioca il successo, non più di 5-6 corridori. Bisogna essere veloci, questo sì, ma per rimanere davanti devi avere gamba, tanta gamba.

Van Der Poel si ripresenta in corsa dopo il trionfo di Via Roma. Ad Harelbeke è stato 3° nel 2021
Van Der Poel si ripresenta in corsa dopo il trionfo di Via Roma. Ad Harelbeke è stato 3° nel 2021
Ti aspetti una corsa che premi anche qualche corridore di secondo piano, ossia non appartenente a quella ristretta fascia dei “mammasantissima” in preparazione per il Fiandre?

Io a questa faccenda della preparazione non ci credo più. Ormai i vari Van Der Poel, Van Aert, Pogacar quando mettono il numero sulla schiena partono sempre per vincere. Non pensano a salvare le gambe, non pensano a quel che verrà dopo, se la giocano fino in fondo e oggi sarà ancora così. Inoltre credo che la Sanremo con il suo epilogo abbia dato quel pizzico di pepe in più.

Che cosa intendi?

Van Aert io credo che vorrà prendersi una rivincita immediata sull’olandese. Per me è il corridore più forte perché il più completo e quelle sono le sue strade. Quando serve c’è sempre, se non vince si piazza. Van Der Poel dalla sua ha il fatto che se decide di portare la stoccata molto spesso lo fa e trova il bersaglio. Tra questa gente e gli altri c’è una bella differenza, io credo che assisteremo a una grande gara e i nomi da tenere sul taccuino sono sempre gli stessi.

Bikeen lancia la sua campagna di equity crowdfunding

03.03.2023
2 min
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Attraverso i nostri articoli negli ultimi due anni abbiamo avuto l’opportunità di seguire la nascita e la successiva crescita di Bikeen, piattaforma nata per offrire agli utenti una “piazza digitale” dove poter trovare una bicicletta usata, a chilometro zero o eventualmente dove poterla vendere. Un servizio davvero utile per i privati ma anche per i negozianti. Un’opportunità in più anche per chi desidera offrire un servizio di noleggio.

Fin dalla nascita di Bikeen, nelle intenzioni dei suoi fondatori è sempre stata presente la volontà di offrire un proprio contributo tangibile allo sviluppo di una mobilità sostenibile, un tema questo sempre più di attualità.

Filippo Pozzato con Marco Ferron, Giambattista Callegari e Gianluca Galliano
Filippo Pozzato con Marco Ferron, Giambattista Callegari e Gianluca Galliano

Un nuovo passo

Il processo di crescita di Bikeen oggi compie un importante e significativo passo grazie all’attivazione di una campagna di equity crowdfunding presente sulla piattaforma Backtowork24, società partecipata da Intesa San Paolo. Grazie alla campagna equity crowdfunding sarà possibile investire in Bikeen ed essere parte attiva nel suo processo di crescita

A proposito di crescita, ecco alcuni numeri registrati da Bikeen nei suoi primi due anni di attività: oltre 250.000 utenti unici; 1.800 euro il valore medio di ciascun annuncio; oltre 10.000 utenti privati registrati; oltre 1.600 annunci pubblicati; oltre 1.000.000 visualizzazioni di pagina; 200.000 visite verticali annunci; 40 articoli dedicati a Bikeen pubblicati sulla stampa specializzata e non; 120 negozi/noleggi B2B iscritti.

https://www.youtube.com/watch?v=i9BGhlNEzAs

Pozzato a tirare il gruppo

Dallo scorso anno nello staff di Bikeen è presente anche Filippo Pozzato. L’ex campione originario di Sandrigo, è stato prima ambassador del brand e dal 2022 è entrato nella startup come socio, a conferma della forza del progetto. 

«Sono felice di far parte di questo progetto – ha raccontato Pozzato – che promuove la mobilità sostenibile e offre una soluzione concreta per il mercato delle biciclette. Bikeen è un’idea innovativa che, grazie alla sua piattaforma, permette di ricollocare sul mercato bici di seconda mano a prezzi vantaggiosi per privati, negozianti e professionisti. La campagna di equity crowdfunding appena partita è un’opportunità unica per chi vuole investire in un progetto che unisce economia ed innovazione, e che mira a creare un futuro sostenibile per tutti».

Per ulteriori informazioni sulla campagna di equity crowdfunding è possibile visitare la pagina dedicata sulla piattaforma Backtowork24.

Bikeen

Ciclismo e territorio: secondo Pozzato un volano turistico

23.01.2023
6 min
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Le sfaccettature del ciclismo sono infinite e una di quelle in termini di coinvolgimento sportivo è riposta nella valorizzazione del territorio. E’ un concetto bilaterale, perché sport come quello delle due ruote sono in grado di regalare al territorio valore e interesse proprio come lo stesso fa ricambiando quanto ricevuto. Non è un’equazione esatta, ma rappresenta la giusta direzione da percorrere. Ad accorgersene e a farne un impegno della propria attività sono Filippo Pozzato e la sua PP Sport Events

Da questa visione è nato il progetto Ride the Dreamland, un nome che dice tutto: pedalare nella terra dei sogni, siano essi sportivi, sociali o culturali. La terra prescelta è il Veneto con tutte le sue peculiarità.

Fra le ultime manifestazioni organizzate da Filippo Pozzato c’è il Mondiale Gravel 2022
Fra le ultime manifestazioni organizzate da Filippo Pozzato c’è il Mondiale Gravel 2022

Pianificazione sul territorio

Il tutto si è svolto nell’arco di otto giorni, prima col Mondiale Gravel (8-9 ottobre) e poi le corse di Ride the Dreamland (12-16 ottobre), con un unico comune denominatore: la Regione Veneto. PP Sport Events si è infatti posta l’obiettivo di esaltare quanto più possibile il territorio regionale nella sua totalità. Non è un caso che gli eventi abbiano toccato ben cinque province: Venezia, Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo. Il 2022 organizzativo è stato caratterizzato dall’edizione numero uno del Mondiale UCI Gravel, a seguire Giro del Veneto, Serenissima Gravel, Social Ride VENEtoGO e Veneto Classic, ormai riconosciuti come appuntamenti di chiusura della stagione professionistica. 

«I numeri ci confermano – spiega Filippo Pozzato – che la strada intrapresa è quella giusta. Abbiamo dimostrato che il ciclismo è veicolo straordinario per la promozione del territorio, ma questo è solo un punto di partenza, abbiamo ancora tante idee e progetti da portare avanti. Ci piacerebbe confermare sempre di più le nostre corse come appuntamenti chiave del finale di stagione, continuando allo stesso tempo ad investire sul gravel, del quale organizzeremo un nuovo Mondiale UCI nel 2023.

«Inoltre, ci tengo a ribadire che noi non abbiamo il semplice obiettivo di organizzare gare di ciclismo, bensì quello di organizzare eventi ciclistici che, a contorno della gara, offrano al pubblico divertimento, cibo e musica, in un territorio unico come quello veneto».

Unire le corse amatoriali e giovanili è un aspetto interessante per avvicinare gli appassionati ai pro’
Unire le corse amatoriali e giovanili è un aspetto interessante per avvicinare gli appassionati ai pro’

Attrarre persone

Uno dei fattori che servono all’equazione per funzionare e creare eventi appetibili e che apportino un beneficio al territorio sta proprio nel coinvolgere il maggior numero di persone.

«La nostra qualità – dice Pozzato – dev’essere quella di fare qualcosa di diverso dagli altri se vogliamo distinguerci ed emergere. Con la Serenissima e con la Veneto Classic non abbiamo la storicità che si può avere magari con altre corse più blasonate dei nostri competitor. Uno dei nostri obiettivi è appunto quello di rendere il ciclismo più attrattivo per la gente. Questa è una cosa in cui credo molto. 

«Secondo me – prosegue – abbiamo un problema grave. L’utente medio che guarda il ciclismo ha un’età troppo alta. Per avvicinare i giovani dobbiamo fare qualcosa che sia divertente. Non solamente per farli venire a vedere le corse, ma anche per invogliarli a praticare ciclismo. Secondo me bisognerebbe fare squadra tutti quanti insieme su questo, cosa che non si è ancora capita in Italia. Anzi si fa la lotta l’uno con l’altro per fare del male agli altri. E’ una cosa stupida, che lede a tutti i settori. A guadagnarci sarebbe sempre il ciclismo».

Portare il ciclismo nei centri storici è il modo per fare incontrare ciclismo e cultura
Portare il ciclismo nei centri storici è il modo per fare incontrare ciclismo e cultura

Investire sui giovani

Ciò che è il ciclismo oggi può essere stravolto nel giro di pochi anni. La nascita di una disciplina come il gravel ha rappresentato un’opportunità nuova che la PP Sports Events ha saputo cogliere e valorizzare. Avvicinare e abbracciare mondi al di fuori del professionismo è un’altra chiave di lettura che contiene risvolti interessanti. Come la gara degli amatori affiancata a quella dei pro’ durante la corsa iridata gravel.

«Quello è un regolamento UCI – spiega Pozzato – secondo me è molto buono, perché avvicina gente e dà la possibilità all’appassionato praticante di confrontarsi con i professionisti partendo insieme. Una formula vincente copiata dalle maratone. Questo sicuramente è un vantaggio per chi organizza. 

«Per quanto riguarda i giovani – dice – noi cerchiamo sempre di fare qualcosa con le scuole. Molti competitor ci stanno copiando ed è una cosa di cui andiamo fieri e spingiamo, perché si continui in questa direzione. E’ giusto che ci sia concorrenza, noi abbiamo iniziato nel 2020 mettendo i bambini sulle bici e portandoli sulla pump truck, insegnando loro a giocare e divertirsi sulle due ruote. Il tutto coronato da un’ospitality dedicata alle nostre corse per i più piccoli che avevano partecipato alle attività. Crediamo molto nei giovani. E’ vero che organizziamo corse per professionisti e amatori ma se non si investe subito sui giovani tra 10 o 15 anni i numeri saranno sempre minori».

Il gravel è un’occasione per addentrarsi in modo più delicato nel territorio
Il gravel è un’occasione per addentrarsi in modo più delicato nel territorio

Non sempre si è compresi

L’apporto economico totale sul territorio negli otto giorni di ciclismo è stato di circa 9 milioni di euro, con 110 mila spettatori complessivi accorsi lungo le strade per incitare i corridori e 4,2 milioni che invece si sono goduti lo spettacolo da casa. Non sempre però l’opinione pubblica ha supportato quanto fatto da Pippo e la sua organizzazione.

«Sono molto arrabbiato – afferma Pozzato – con alcuni giornali e Tv che si focalizzano sulla polemica generica. Invece di concentrarsi sulla gara in sé e sull’apporto che portiamo al territorio, si preferisce far notare gli eventuali disservizi dovuti alla chiusura della strada per il passaggio di una gara. Gli eventi secondo me devono diventare patrimonio della città, non di Pozzato e la PP Sports Events. 

«Se noi facciamo un evento su Vicenza, dev’essere la città stessa che ne trae beneficio e a sua volta avere riscontri in termini di attrattività. Alcune televisioni locali si focalizzano invece sul creare polemiche sui disagi creati dall’arrivo del Giro del Veneto, senza coglierne le potenzialità. Nonostante ci sia un apporto economico evidente, spesso il ciclismo non viene valorizzato come meriterebbe. Noi però sappiamo che stiamo facendo la cosa giusta e la direzione è vincente. Abbiamo la Regione alle spalle, le istituzioni ci credono e i numeri in crescita stanno avvalorando la nostra visione. Rispetto al 2021 abbiamo migliorato sotto più aspetti e il ritorno è stato significativo in termini di soddisfazioni della gente e partecipazione. Creiamo interesse e sempre più contatti, per questo sono ottimista per il 2023 e il futuro».

Le città e i luoghi toccati dalle gare di PP Sports Events vengono valorizzati con attività oltre lo sport
Le città e i luoghi toccati dalle gare di PP Sports Events vengono valorizzati con attività oltre lo sport

Veneto in poppa

Una certezza ha sempre accompagnato Pozzato e la sua PP Sport Events fin dal suo primo giorno, la Regione Veneto. «Le amministrazioni ci credono molto – puntualizza Pippo – Vicenza che ho citato prima, ha ospitato la partenza del Mondiale Gravel e l’arrivo del Giro del Veneto. La mia critica non è assolutamente rivolta a loro, che sono le prime a mettere a disposizione quanto possono.

«Poi c’è la Regione Veneto, che è sempre stata al nostro fianco. Luca Zaia è da sempre un sostenitore del ciclismo. Con il Giro d’Italia e tutto quello che c’è intorno conosce il potenziale che questo sport ha nei confronti del territorio. Non abbiamo inventato un modo di fare ciclismo. Semplicemente questa è la formula cui tutti aspirano e che provano ad applicare ovunque.

«Non vogliamo fare una corsa di bici per gli appassionati e basta. Il nostro scopo – conclude – rimane fare un evento che porti dell’attività sul territorio e un apporto economico a macchia d’olio. Un altro obiettivo è quello di creare un interesse che invogli a tornare. Un esempio semplice è il tifoso straniero che arriva per seguire il proprio beniamino e decide di tornare, venendo accolto da tutte quelle attività socio-culturali che il Veneto e le sue realtà sono in grado di offrire. Questa è un occasione che non dobbiamo sprecare».