Bernal, ciao Giro: nel 2022 si punta tutto sul Tour

23.11.2021
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Egan Bernal ha dato conferma del fatto che nel 2022 punterà tutto sul Tour. Non si tratta di un annuncio banale. La scelta di quest’anno di venire al Giro gli ha permesso di sottrarsi al confronto con Pogacar e Roglic, andare dritti verso la Francia significa sfidarli dopo la vittoria del 2019 e il doloroso ritiro del 2020. Potrebbe significare anche che il dolore alla schiena sia finalmente sotto controllo oppure che i capi del team Ineos abbiano deciso di tornare protagonisti sul palcoscenico che li ha resi grandi. Giocando in un solo colpo tutte le carte a loro disposizione: scelta in controtendenza rispetto alla loro storia e alla tendenza degli ultimi anni.

A Dubai, Bernal si è ritrovato in mezzo ai campioni del Giro. C’era anche Ganna, ma ha vinto Sagan
A Dubai, Bernal si è ritrovato in mezzo ai campioni del Giro. C’era anche Ganna

Mal di schiena sconfitto?

Domenica, Egan ha preso parte a un evento patrocinato a Bogotà da Exito, diffusa catena di supermercati, sull’importanza della corretta alimentazione nei bambini e ha poi trovato il modo di parlare di sé e del momento della sua carriera.

«Dopo le vacanze davvero necessarie – ha raccontato – sono già di nuovo concentrato sull’allenamento e sulla preparazione, sia fisica sia prettamente ciclistica. Spero di trovare rapidamente la giusta condizione. Penso di essermi completamente ripreso dal mal di schiena, ma nonostante ciò abbiamo monitorato l’evoluzione della situazione attraverso sessioni di fisioterapia, aumentando la frequenza del lavoro in palestra. Spero non abbia più ripercussioni sullo stare in sella. A inizio dicembre, insomma, volerò in Spagna per un ritiro con la squadra, dove definiremo programmi e dettagli per il prossimo anno».

Alla Vuelta, nella tappa dell’Altu d’El Gamoniteiru, uno dei pochi giorni di brillantezza di Bernal contro Roglic
Alla Vuelta, nella tappa dell’Altu d’El Gamoniteiru, uno dei pochi giorni di brillantezza di Bernal contro Roglic

Viaggio a Dubai

In precedenza, Bernal aveva partecipato al Giro d’Italia Criterium, che si è svolto a Dubai nel contesto dell’Esposizione Universale.

«Devo confessare – ha ammesso – che non avevo idea di cosa fosse l’Esposizione Universale, per la sua importanza e la sua grandezza. E’ stata una bella esperienza aver potuto visitare il bellissimo padiglione colombiano e quelli di altri Paesi. Sul fronte dello sport è stato molto interessante gareggiare nelle strutture dell’Expo (primo evento sportivo mai organizzato in un simile contesto, ndr) e penso che abbiamo dato un buono spettacolo con il gruppo dei campioni invitati dal Giro d’Italia, indipendentemente dal fatto che sono arrivato secondo dietro Sagan».

Dopo la Vuelta, per Egan Bernal un passaggio in pista lavorando sulla bici da crono
Dopo la Vuelta, per Egan Bernal un passaggio in pista lavorando sulla bici da crono

Ritorno al Tour

Sul Giro e sul fatto che fosse in primo luogo la risposta a un suo desiderio di maglia rosa (frustrato dal calendario 2020 rivoluzionato dal Covid) e poi un modo un po’ più soft di rientrare dopo i problemi alla schiena, il ricordo è molto bello.

«Il Giro – ha detto – è un ricordo bellissimo e fantastico. Ha avuto un enorme significato personale e sportivo per me, per la mia squadra e per il nostro Paese. Ma non è stato una passeggiata, ha avuto un costo molto alto nello sforzo fisico e mentale sia individuale che collettivo. E’ un trionfo che non dimenticheremo. L’ho pagato anche alla Vuelta, perché solo in alcune tappe ho sentito di avere le gambe. Il prossimo anno concentreremo tutta la preparazione e gli sforzi sul Tour de France. E’ tempo di tornare per riprendere il percorso iniziato nel 2019 e dal quale per un po’ mi sono allontanato».

Pinarello ed Ineos-Grenadiers, ora si va a tutto disco!

20.09.2021
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Domani, martedì 21 settembre si correrà il GP de Denain, una tappa fondamentale nel percorso di avvicinamento alla Parigi Roubaix del prossimo 3 ottobre. La novità più importante in gruppo però sarà la scelta tecnica di Pinarello e della Ineos-Grenadiers. Ebbene sì, la squadra del campione olimpico Richard Carapaz e dell’iridato a cronometro Filippo Ganna approda nel mondo dei freni a disco.

Dettaglio sul freno posteriore della Dogma F Disc, anche Pinarello passa al freno a disco dopo mesi di sperimentazione e di perfezionamento
Dettaglio sul freno posteriore della Dogma F Disc, anche Pinarello passa al freno a disco

Ultimi a cambiare

La Ineos, che utilizza biciclette Pinarello, è sempre stata una delle squadre più attente al cambiamento e che portava in gruppo novità. Dopo la vittoria olimpica di Tokyo di Carapaz abbiamo parlato con Fausto Pinarello. Ci aveva detto che la Dogma F, nuova nata nella casa trevigiana, avrebbe avuto la doppia dotazione: freno tradizionale e disco.

Le sperimentazioni sarebbero partite dopo le Olimpiadi e così è stato, il lavoro non è stato facile, soprattutto per il fornitore di ruote e freni, ovvero Shimano. Sappiamo tutti che il Covid ha rallentato la fornitura di materiale e la produzione di componenti. Questo fattore deve aver sicuramente inciso sulle tempistiche del passaggio al freno a disco.

Freno anteriore della Dogma F Disc, impianto frenante del Dura Ace che ha richiesto una leggera modifica nel sistema di sgancio rapido
L’impianto frenante del Dura Ace ha richiesto una leggera modifica nel sistema di sgancio rapido

Scelta dettata dal mercato

Con l’arrivo di Diego Colosio come nuovo direttore commerciale di Pinarello l’azienda vincitrice di 7 degli ultimi 10 Tour de France ha deciso di puntare sul futuro. Una scelta ponderata che ha richiesto tanto tempo, settimane se non mesi, in cui si è pensato come sviluppare e progettare la Pinarello del futuro.

Il mercato delle biciclette è orientato ormai tutto sulla scelta di freni a disco a discapito di quelli tradizionali, il cambiamento è arrivato prima per gli amatori che per i pro’. Non un caso, come ha spiegato più volte Fausto Pinarello, i corridori hanno maggiori abilità tecniche e necessità diverse dagli amatori. I freni a disco pesano uno o due etti in più di quelli tradizionali e questo conta molto in un mondo in cui anche il grammo fa la differenza.

Dopo tanti anni con i freni tradizionali, Froome ha avuto difficoltà nel passaggio ai dischi
Dopo tanti anni con i freni tradizionali, Froome ha avuto difficoltà nel passaggio ai dischi

Corridori scettici

Un corridore uscito dalla Ineos e che ha trovato notevoli difficoltà nel passaggio al freno a disco è Chris Froome. Il kenyano bianco, passato alla Israel Start Up Nation ed a bici Factor, ha dichiarato ad inizio stagione come fosse difficile adattarsi a questo nuovo modo di frenare. Aveva infatti dichiarato come le prestazioni fossero eccellenti in qualsiasi situazione meteorologica ma che il processo di sviluppo era ben lontano dall’essere ultimato.

Egan Bernal è un altro corridore che non scherza per quanto riguarda la ricerca della perfezione nel suo mezzo. Il campione colombiano è, infatti, un maniaco del peso, tanto che la sua Pinarello Xlight12 supera di soli 60 grammi il limite di 6,8 chili imposto dall’UCI. Le esigenze di Egan hanno quindi influito nettamente sulla decisione di passare al nuovo sistema frenante. Siamo sicuri che i tecnici Pinarello abbiano studiato e perfezionato tutti i dettagli, così da garantire al team Ineos le stesse caratteristiche di peso.

Bernal è molto attento al peso della bici, la Dogma XLight12 del Giro superava di soli 60 grammi il limite UCI di 6,8 chili
Bernal è molto attento al peso della bici, la Dogma XLight12 del Giro superava di soli 60 grammi il limite UCI di 6,8 chili

Test importante

Le corse del Nord sono un banco di prova per le biciclette, molte squadre adottano telai e componenti appositi per queste gare. Pinarello ha deciso di sfruttare la nuova data della Parigi Roubaix per testare questo nuovo prodotto in gara e vedere che riscontro daranno i suoi corridori.

Bernal semina, Roglic raccoglie. E la Vuelta si accende

01.09.2021
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Un urlo di liberazione a capo della più bella vittoria da quando è professionista. Intorno le nubi dei Lagos de Covadonga, che raramente mostrano il cielo all’arrivo della Vuelta. Roglic sembrava la vittima predestinata, invece si è rivelato lupo. E come lupo ha affondato i denti nel collo morbido di Bernal che si è arreso alla fatica e forse a un principio di crisi di fame. Perché a quel livello e con quella classe non ti spegni così in fretta se la benzina è nel serbatoio.

A 7,6 chilometri dall’arrivo, l’affondo con cui Roglic ha staccato Bernal
A 7,6 chilometri dall’arrivo, l’affondo con cui Roglic ha staccato Bernal

«Mi è davvero piaciuta questa tappa – dice Roglic con un sorriso che la dice lunga – è stata una giornata perfetta per me e per la squadra. Forse questa è la mia tappa più bella della Vuelta finora. Ovviamente è un rischio andare all’attacco da tanto lontano, ma volevo solo seguire Egan. Abbiamo lavorato bene insieme. Nell’ultima salita sono andato a tutto gas, anche grazie al grande supporto di tutti i sostenitori sulla strada».

Voglia di divertirsi

Bernal aveva detto che ci avrebbe provato. Non aveva nulla da perdere e finalmente da qualche giorno avvertiva le stesse belle sensazioni del Giro, che il Covid e un’estate un po’ strampalato avevano allontanato inesorabilmente. Perciò, quando mancavano ancora 61 chilometri al traguardo, il colombiano ha rotto gli indugi ed è partito all’attacco.

Grande lavoro del Bahrain, prima con Caruso e poi con Mader per Jakck Haig
Grande lavoro del Bahrain, prima con Caruso e poi con Mader per Jakck Haig

Passo potente in salita, al punto da respingere il primo inseguimento di Superman Lopez, ma non abbastanza forte da dissuadere Roglic, aggrappato alla sua scia senza mezzo dubbio. 

«Stavo solo cercando di godermi la mia giornata – dice Egan – e divertirmi in sella alla mia bici. Tutto qui. In mattinata sul pullman avevamo fatto un piano, ma nella mia mente pensavo solo a divertirmi. Ho sofferto molto durante questa Vuelta e oggi finalmente avevo le gambe. Puntavo a rendere dura la gara, cosa che ho fatto e mi sono goduto ogni chilometro, anche quelli più duri».

Si pedala fra i monti e i boschi un po’ misteriosi delle Asturie
Si pedala fra i monti e i boschi un po’ misteriosi delle Asturie

Il ritmo di Caruso

E mentre i corridori della Movistar stavano alla finestra aspettando col necessario cinismo l’ultima salita, a guastare i piani di Bernal si sono messi Damiano Caruso e il Team Bahrain Victorious. Con la posizione di Jack Haig da difendere, il ragusano è stato fedele a quanto ci aveva detto nel giorno di riposo e si è messo a scandire un ritmo che nel tratto di pianura prima dell’ascesa finale ha tolto un minuto e mezzo al vantaggio dei primi due. Roglic ha sempre collaborato, cogliendo il vantaggio personale nell’azione di Bernal. E quando a 7,6 chilometri dal traguardo si è reso conto che il passo di Egan era diminuito, se lo è scrollato di dosso.

Lopez e Mas hanno fatto corsa di attesa, limitando appena i danni
Lopez e Mas hanno fatto corsa di attesa, limitando appena i danni

«Sono stato felice di far parte di questa mossa vincente per Roglic – ha ugualmente detto Bernal – perché è stato coraggioso. Io non avevo nulla da perdere, lui sì. E pur essendo sostanzialmente il leader della gara, è venuto con me. Oggi è stato il più forte e sono felice per lui».

Il nuovo mostro

Grande scambio di cortesie… olimpiche nell’anno a cinque cerchi, anche se alla fine della Vuelta mancano ancora tappe terribili, a partire da quella di domani che prevede l’arrivo sull’inedito e terribile Altu d’El Gamoniteiru.

Un urlo potente sul traguardo per scaricare la tensione e la gioia
Un urlo potente sul traguardo per scaricare la tensione e la gioia

«Domani dovremo esserci di nuovo – dice Roglic – ora sono in buona forma e con una buona classifica, ma il vantaggio non è mai abbastanza. Dobbiamo stare attenti e continuare a correre da squadra compatta. Ho piena fiducia in questo».

Van der Poel fermato dalla schiena? Problema serio

01.09.2021
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Molti ciclisti professionisti sono caduti preda del mal di schiena, una patologia che causa molto dolore e che può portare anche all’interruzione dell’attività agonistica per periodi abbastanza lunghi, se non curata in tempo. Da Pinot a Bernal, passando, infine, per Van Der Poel (che ci è anche caduto sopra e rischia un lungo stop): tutti sono colpiti da dolori alla schiena.

Abbiamo interpellato il dottor Massimo Besnati, medico della nazionale italiana, per capire le cause di queste patologie. Non tutte sono uguali e le cause vanno ricercate un po’ ovunque, ecco cosa abbiamo scoperto.

Il massaggio alla schiena consente di scaricare molte tensioni ed è anche preventivo (foto Andrea Righeschi)
Il massaggio alla schiena consente di scaricare molte tensioni ed è anche preventivo (foto Andrea Righeschi)
Dottore, i tre atleti sopra citati hanno sofferto di mal di schiena, ma le cause sono diverse immaginiamo…

Assolutamente, bisogna fare una distinzione tra chi corre su strada e chi corre su terreni sconnessi, come Mtb o ciclocross. La superficie su cui si pedala influenza notevolmente la risposta del fisico. Per esempio: dopo una Roubaix il 98 per cento dei corridori soffre di mal di braccia e dolori cervicali, in una corsa su strada invece i corridori che soffrono per un problema di questo tipo sono pochissimi. Si contano sulle dita di una mano.

Come si può curare o evitare il mal di schiena?

Partiamo con l’evitare, quindi la prevenzione. Lo studio del soggetto è fondamentale, bisogna capire se l’atleta è portato ad avere disturbi o patologie anche senza effettuare attività fisica. Il passo successivo passa per il posizionamento biomeccanico e la messa in sella. Come dico spesso è la bici che si deve adattare all’atleta e non viceversa.

Una volta in corsa, invece, come si agisce?

C’è ancora una parte decisiva, legata alla biomeccanica, ovvero la pedalata. Se un atleta tende ad accompagnare con il busto ogni singola pedalata andrà ad affaticare oltremodo la schiena, questo però è legato anche alle abitudini dei singoli. E’ difficile cambiarle, si possono però prevenire.

Gli allenamenti del core zone non andrebbero mai abbandonati, neanche in piena stagione
Gli allenamenti del core zone non andrebbero mai abbandonati, neanche in piena stagione
E come?

Per tutti i ciclisti è fondamentale la fase di stretching dopo l’attività fisica. Generalmente si fa del defaticamento sui rulli e poi in pullman si prosegue con delle estensioni. Queste servono ad allungare la muscolatura compressa durante lo sforzo.

Invece per quanto riguarda le attività di supporto? Come il rafforzamento in palestra?

Non serve ammazzarsi di pesi, la cosa migliore è allenare il core che è l’insieme della muscolatura interessata alla specifica pratica sportiva, quindi schiena, spalle, addominali e braccia. Si tratta di stimolare quelli che sono i punti di sostegno.

Per quanto riguarda invece la doppia disciplina, quali sono le accortezze da attuare?

Qui è diverso, come detto all’inizio. Il tipo di terreno su cui si corre influisce su quelli che possono essere disturbi muscolari. Chi pratica la doppia disciplina, come Van Der Poel, deve avere sempre un periodo di transizione da strada e sterrato e viceversa. Si tratta di due o tre settimane in cui l’atleta deve far adattare il proprio fisico a quel determinato sforzo, quindi, non deve correre ma allenarsi a ritmi più blandi per permettere questo adattamento.

Ma questo periodo di transizione dovrà farlo sempre?

Sì, non importa quanto sei forte e allenato. Anzi più passano gli anni, più sarà necessario. Ora il corridore (Van Der Poel, ndr) è giovane, ma andando avanti con gli anni perderà la capacità elastica dei muscoli.

Sidi Sixty, gli scarpini preferiti di Bernal (e i loro segreti)

11.06.2021
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Egan Bernal ha vinto il Giro d’Italia indossando i Sidi Sixty del brand veneto Sidi. Questi scarpini hanno contribuito a sostenere la maglia rosa in termini di comfort e performance, affrontando qualsiasi situazione meteorologica e donando il proprio sostegno nei momenti più impegnativi.

«Tra Bernal e gli scarpini Sixty – spiega Giulia Collavo, Marketing & Communication manager di Sidi – è stato amore a prima vista, tanto è vero che non ha più voluto staccarsene. Non ama cambiare scarpe. Durante il Giro ha avuto sempre ottime sensazioni, e un sostegno ideale per quanto riguarda il comfort. La sua scelta è maturata anche in base all’esperienza con Sidi. Un rapporto di fiducia reciproca che apporta beneficio a entrambi».

Sidi Sixty con tomaia micro forata nella zona laterale
Sidi Sixty con tomaia micro forata nella zona laterale

Un solo rotore

Per aver conquistato a tal punto il giovane campione colombiano, i Sidi Sixty devono avere sicuramente delle doti speciali. Osservandoli bene si nota immediatamente la prima particolarità, ovvero quella di avere un solo rotore posto nella parte frontale, sopra la linguetta e uno strappo spostato invece verso la punta.

«La scelta di utilizzare un solo rotore – riprende Collavo – il Tecno 4 Push System in questo caso, è dovuta a una prerogativa dei Sixty, la leggerezza. Grazie a questo sistema di chiusura si ottiene la massima resa e una notevole riduzione di peso. Inoltre devo dire che anche la pressione che esercita sul piede è veramente equilibrata. Ecco perché i nostri scarpini sono vincenti. Abbinano molte qualità importanti al servizio della performance. Sono un prodotto di eccellente qualità, per il quale possiamo davvero ritenerci soddisfatti».

Meteo incerto

Come avrete sicuramente visto, il Giro d’Italia di quest’anno è stato spesso colto da improvvise piogge, in partenza o durante la corsa. Questo è uno degli aspetti più importanti che uno scarpino deve riuscire a sostenere.

«I nostri scarpini – continua Giulia Collavo – reagiscono bene agli sbalzi improvvisi di temperatura. Sono realizzati con materiali di altissima qualità. La tomaia è in microfibra e rete, mentre la suola Vent è in carbonio e offre una trasmissione di potenza veramente efficace. Inoltre è dotata anche di prese alcune prese d’aria che contribuiscono a mantenere fresco il piede».

Ecco le Sidi Sixty in versione Giro d’Italia
Ecco le Sidi Sixty in versione Giro d’Italia

Versione Rosa

Il design degli scarpini Sixty è decisamente elegante. Nella parte laterale troviamo dei microfori che hanno lo scopo di ossigenare il piede, soprattutto nelle stagioni calde. Per rendere lo scarpino ancora più comodo invece, Sidi ha optato per il tallone integrato, che dona ai Sixty una maggiore stabilità e un effetto antiscivolo per la parte posteriore del piede. Mentre per mantenere la suola in carbonio intatta troviamo il tacco antiscivolo sostituibile.

«Ovviamente – conclude Collavo – abbiamo rifornito Bernal di una versione speciale dei Sidi Sixty, colorati di rosa, come ricordo di questa speciale vittoria».

sidi.com

L’indigestione di successo: dalla psicologa con Bernal

05.06.2021
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Il successo è una tavola imbandita al termine di una grande fatica. Non tutti sono in grado di gestirsi e di gestirlo. E quando se ne fa indigestione, cambia tutto. Il modo di rapportarsi alla vita. Il piacere e la capacità di affrontare i sacrifici. La stessa capacità di riconoscersi in quello che si fa. Le parole di Bernal dopo la vittoria del Giro, su come il successo abbia cambiato la sua vita dopo il Tour, ci hanno dato parecchio da pensare e ci hanno spinto a chiedere lumi a Manuella Crini, psicologa che ci ha accompagnato già lungo altre strade. Con lei infatti abbiamo affrontato il discorso dei disordini alimentari e nel chiamarla ci siamo chiesti se fra i due aspetti ci siano punti di contatto.

Il Giro sofferto, qui a Sega di Ala incitato da Dani Martinez, ha fatto riscoprire a Bernal la voglia e il gusto di lottare
Il Giro sofferto, qui a Sega di Ala incitato da Dani Martinez, ha fatto riscoprire a Bernal la voglia e il gusto di lottare

«Ho letto le parole di Bernal – dice – e mi ha dato la sensazione che ora sappia esattamente dove si trova e non voglia abbuffarsi, perché questa cosa l’ha già vissuta e gli è costata qualche dolore. Mi viene da pensare che ora ci sia una parte razionale che lo spinga a godersi il successo piano piano, perché da qualche parte in passato c’è stato il momento in cui hai visto sfumare tutto».

Parla anche di difficoltà nel trovare gli stimoli.

E’ la stanchezza che ti investe quando hai raggiunto l’obiettivo e l’adrenalina scende. Però c’è una cosa strana…

Quale?

E’ comprensibile che si arrivi stanchi alla fine di una conquista. Non è giustificabile o non comprensibile appieno il suo quasi voler mollare. Non dice: ho vinto e voglio festeggiare. Dice che la felicità, la fonte di entusiasmo sta nel ritirarsi fra le mucche, i cani e la famiglia.

Egan Bernal, Tour de France 2020 - 15ª tappa Lyon - Grand Colombier
Al Tour 2020 era arrivato scarico psicologicamente. I problemi alla schiena lo hanno spinto al ritiro dopo la 16ª tappa
Egan Bernal, Tour de France 2020 - 15ª tappa Lyon - Grand Colombier
Al Tour 2020 era arrivato scarico psicologicamente. I problemi alla schiena lo hanno spinto al ritiro dopo la 16ª tappa
In realtà fa pensare che il successo raggiunto da giovane abbia un peso psicologico devastante.

Esatto, come i cantanti che arrivano presto al successo e magari portano con sé qualche problematica di base. E quando non si sentono più all’altezza, finiscono nelle dipendenze e, in certi casi, nel suicidio. Per questo sembra che voglia starne alla larga.

Può dipendere anche dalle tante rinunce fatte per arrivare?

Altro aspetto importante. Probabilmente c’entrano le rinunce, ma anche il fatto di seguire una strada in cui hai visto altri cadere. Quanti sono i ciclisti che iniziano e che arrivano al vertice?

Bernal ha vinto il Tour a 22 anni, non è stato semplice gestire la popolarità
Bernal ha vinto il Tour a 22 anni, non è stato semplice gestire la popolarità
Sua madre racconta che quando era piccolo e la famiglia non nuotava nell’oro, Egan la rassicurava che ce l’avrebbero fatta…

Prometti a tua madre con la paura di non poter mantenere, oppure perché hai l’entusiasmo del ragazzo e hai individuato nello sport l’unica strada per spazzare via ogni problema. Può darsi che quando arriva l’agiatezza, cali la spinta. «Sarò più in grado di essere quel Bernal?».

Non sempre il fatto di sfondare perché si viene dalla povertà è un luogo comune…

Il caso di Bernal non si può affiancare al vissuto di un ragazzo europeo. L’adolescenza è un fattore molto psicologico, in Italia ormai se ne esce fra i 25 e i 30 anni. Lui è giovane sulla carta di identità, ma si può definire tranquillamente un adulto.

Nella sua città, murales e monumenti: gestire la celebrità non è semplice
Nella sua città, murales e monumenti: gestire la celebrità non è semplice
La Colombia come l’Italia del dopoguerra…

Egan viene da un mondo diverso. I nostri ragazzi alla sua età li vedi ancora bambini, fanno quasi tenerezza. Lui viene da un contesto sociale simile a quello dei nostri nonni, che a 20 anni avevano già dei figli. Mio nonno a 20 anni era in Veneto a combattere contro i fascisti. Da noi oggi invece non si riesce a fare vere rinunce, perché non si ha proprio il senso della necessità di guadagnare.

C’è un’assonanza con l’aspetto alimentare?

In qualche modo sono le stesse dinamiche. Se mangi tutto in grande quantità e ti fa male, la volta successiva hai paura anche solo di sederti a tavola, perché ricordi la brutta sensazione.

La Pinarello di Bernal e le sue “fissazioni”

03.06.2021
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E dopo aver parlato in lungo e in largo del vincitore del Giro d’Italia adesso tocca alla sua bici. Come è stata gestita la Pinarello F12 di Egan Bernal durante la corsa rosa? Quali sono le sue particolarità? E che “fissazioni” ha il colombiano? 

Innanzi tutto la sua bici è una Pinarello F12 Xlight “di serie”, cioè un telaio di quelli che si trovano in commercio: stesse geometrie, stesso peso, stessa struttura. Grossi interventi lo staff tecnico della Ineos-Greandiers non ne ha effettuati durante la corsa rosa, tuttavia ci sono dei piccoli cambiamenti e adattamenti che meritano attenzione.

Pinarello-Dogma-F12-Ineos
La Pinarello Dogma F12 della Ineos-Grenadiers, unica squadra del Giro ad avere solo la versione con freni tradizionali
Pinarello-Dogma-F12-Ineos
La Pinarello Dogma F12 della Ineos-Grenadiers: unica squadra del Giro ad avere solo la versione con freni tradizionali

53 mon amour

Bernal, come tutti i corridori della Ineos, sia quelli presenti al Giro che gli altri, utilizzano di base l’11-30 di Shimano, chiaramente Dura Ace. E lo utilizzano sia sulle bici da gara che da allenamento, da crono e da strada. E’ così nel 99% dei casi, una scelta ponderata che li aiuta ad abituarsi a quella determinata cassetta.

Bernal durante il Giro, nonostante vada “duro” come si addice ad uno scalatore puro, a volte ha utilizzato la corona da 36 denti. E’ stato così nelle frazioni più impegnative di alta montagna.

«Nel giorno dello Zoncolan – spiega Matteo Cornacchione, meccanico del team inglese – ha scelto il 32 al posteriore. Per questa sua richiesta, ponderata con lo staff dei preparatori, con l’atleta e il responsabile dei materiali, abbiamo anche utilizzato il cambio e la cassetta posteriore Ultegra. Perché con il 32 serve il cambio a gabbia lunga che nella versione Dura Ace non c’è. Sappiamo che funziona bene lo stesso, ma per evitare rischi abbiamo seguito i suggerimenti del costruttore giapponese. Quindi abbiamo optato per questo set che pesa in tutto 140-150 grammi in più (30-40 grammi il cambio e un etto abbondante la cassetta). E’ il nostro protocollo di sicurezza».

Egan poi ha sempre usato il 53, mai il 54 come ormai si usa fare da molti in tappe di pianura. Chiaramente nelle altre frazioni in cui non aveva il 36 la corona piccola era il 39.

Fausto Pinarello sul podio di Milano. La bici da crono rosa che non ha utilizzato Bernal è “a casa” del costruttore trevigiano
Fausto Pinarello sul podio di Milano. La bici da crono rosa che non ha utilizzato Bernal è “a casa” del costruttore trevigiano

Peso (quasi) al limite

In generale Bernal non ha grosse fissazioni, ma sul peso e come vedremo sulle pressioni (soprattutto) è molto attento. E infatti Cornacchione ha sempre garantito un peso prossimo al limite dei 6,8 chili. Pensate che in Ineos hanno acquistato la stessa bilancia che utilizza l’Uci per ovviare ad inconvenienti e differenze di tarature. La bici di Egan era sempre sui 6,840 chili, computerino escluso, si tenevano quei 40-50 grammi di margine per stare tranquilli, anche perché poi ci sono alcuni giudici che pesano le bici con il Garmin e altri senza. Anche riguardo al device di Velon, per limare dei grammi avevano tolto il supporto in gomma con cui è fornito ed era fissato “a nudo” con delle normali fascette. «La bici di Egan durante il Giro ha oscillato tra i 6,840 e 6,860 grammi», spiega il meccanico.

Dura Ace da 60, una garanzia

Riguardo alle ruote invece il colombiano solitamente utilizzava le Shimano Dura Ace da 60 millimetri, il cui mozzo, sempre secondo Cornacchione è una vera garanzia di scorrimento e tenuta. Ma nelle tappe di montagna per avere una ruota più leggera ancora Egan optava per le Lightweight (le Meilenstein, il cui profilo è da 48 millimetri), ma…

«Ma nella tappa di Cortina d’Ampezzo ha scelto lo stesso le ruote Shimano da 60 millimetri – rivela Cornacchione – questo set infatti garantise una frenata più lineare e sicura anche con il bagnato, mentre la Lightweight è ben più complessa da utilizzare in quelle condizioni. Non volevamo rischiare. Poi nella planata dal Giau, Caruso e Bardet soprattutto sono scesi forte, ma noi in quel momento tenevamo sott’occhio maggiormente il distacco da Yates». 

“Pressionemania”

Ecco poi il capitolo delle gomme e delle pressioni. La copertura di Bernal è sempre stata il tubolare Continental Alx da 25 millimetri, nella versione più leggera. E’ una gomma con la quale Bernal ha ormai un certo feeling, tuttavia quando vede già solo una nuvola all’orizzonte, specie se la tappa è mossa, Egan va in allerta con la pressione.

«Lui si fida ciecamente di noi meccanici. Per esempio sulla posizione, una volta trovata quella ad inizio stagione non la cambia più. Neanche quest’anno con tutto quel discorso dello spessore tra scarpa e tacchetta (che a proposito è di 1,5 centimetri), ma sulla pressione vuole sempre verificare. Leggero com’è lui di solito le mette a 6,5 bar. Una mattina prima di una tappa ha visto una remota possibilità di pioggia e me l’ha fatta mettere a 6,4. Un nulla, ma per la sua testa contava molto».

Notte fonda ormai, i meccanici Ineos continuano a lavorare
Notte fonda ormai, i meccanici Ineos continuano a lavorare

Catene e stickers

Per il resto, avendo cambiato una bici a settimana Bernal non ha sostituito neanche la catena. Dopo aver preso la maglia rosa a Campo Felice di fatto gli è stata consegnata una bici nuova con i colori del primato. E lo stesso è stato fatto prima dell’ultima settimana.

«E poi non è mai caduto, né ha avuto problemi meccanici, quindi tutto è flato via tranquillo. In realtà un cambio di catena lo abbiamo fatto, ma a tutti e non solo a lui, dopo la tappa di Montalcino. Non ce n’era bisogno, ma dopo tutta quella polvere abbiamo preferito fare così.

«Le serigrafie di solito le mettiamo noi meccanici. Ci arrivano degli stickers particolari. E’ un lavoro in più ma si fa con piacere. Nella crono finale, Fausto (Pinarello, ndr) gli ha mandato la bici da crono nuova tutta rosa, ma Egan non l’ha voluta usare per non rischiare nulla. Ha preferito quella già “rodata” a Torino. Ci abbiamo lavorato fino a mezzanotte! Era perfetta…».

Lo zampino del riposo nella crisi di Bernal

02.06.2021
4 min
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Per Egan Bernal la tappa di Sega di Ala ha segnato un momento chiave del suo Giro d’Italia, nel bene e nel male. Bene perché si è salvato, male perché ha perso alcune certezze. Quel giorno il colombiano ha vissuto il momento più difficile della sua corsa e quella “botta” ne ha poi caratterizzato anche il resto, con determinati atteggiamenti tattici (più difensivi) adottati nelle frazioni successive.

Bernal nei giorni a venire continuava a dire di aver mangiato, di aver bevuto… come se la piccola defaillance a Sega di Ala fosse dipesa da  una “crisi di fame” e non dal mal di schiena a cui tutti pensavano. Dario David Cioni però non la pensa così.

Dario David Cioni preparatore e diesse della Ineos-Grenadiers
Dario David Cioni preparatore e diesse della Ineos-Grenadiers

Una giornata no

La Canazei-Sega di Ala veniva dopo il giorno di riposo, prevedeva un’altimetria particolare (molta discesa all’inizio e salite alla fine) ed è stata corsa ad una velocità folle: la frazione pertanto nascondeva molte insidie.

«Io non credo si possa far riferimento ad una questione di alimentazione – dice Cioni – per me si è trattato di una normale “giornata di traverso”. Come si sa nelle gare di tre settimane un giorno storto capita a tutti. Io ero nell’ammiraglia che stava sulla fuga quel giorno dietro Moscon, ma da quello che mi risulta non ci sono state comunicazioni sul fatto che Bernal non si sia alimentato bene. Tutto è filato nella norma».

Alimentazione nella norma

La maglia rosa è seguita da Ainoha Prieto, nutrizionista spagnola della Ineos-Greandiers. Lei calibra quantità e qualità dei cibi a seconda dello sforzo fatto e quello da fare e anche in questo caso tutto è filato secondo la norma. Anche nel dopo tappa e nel giorno successivo, la frazione verso Stradella.

Fino a qualche tempo fa il giorno di riposo era uno dei più duri dal punto di vista dell’alimentazione. Tanti corridori ci dicevano che non era facile mangiare pochissimo e al tempo stesso avere meno impegni durante la giornata e lo stomaco che brontola per la fatica fatta nei giorni precedenti. Adesso però molto è cambiato. Magari, ma è una supposizione, Bernal ha tirato un po’ la cinghia per paura di ripartire con quel “chiletto” di troppo (che poi è soprattutto di liquidi). Gli scalatori hanno queste “fissazioni” legate al peso, tanto più prima di una tappa di salita.

Tanta discesa dalla Val di Fiemme alla valle dell’Adige. Per la prima volta fa anche caldo
Tanta discesa dalla Val di Fiemme alla valle dell’Adige. Per la prima volta fa anche caldo

Riposo anomalo…

Ma allora cosa può essersi inceppato quel giorno?

«Piuttosto – riprende Cioni – se proprio dovessi trovare una spiegazione oltre alla classica giornata no, punterei più il dito sul giorno di riposo. Quello potrebbe aver influito. E’ stato un giorno di riposo un po’ strano: faceva freddo, c’era maltempo e i ragazzi, Egan incluso, non sono riusciti a fare molto. E infatti Bernal ha fatto i rulli, 45′ un’ora al massimo. Senza contare che quel giorno è stato il primo un po’ più caldo e i corridori venivano dal gelo della tappa di Cortina».

A questo punto la prima cosa che ci viene in mente è la “disidratazione”, ma con due virgolette grosse così. Primo perché ha fatto un’ora scarsa di rulli, secondo perché comunque li ha fatti il giorno prima e terzo perché non possiamo neanche lontanamente immaginare che la Ineos, o comunque una squadra di professionisti, commetta un simile errore.

E infatti sempre Cioni aggiunge: «Non credo. Bernal consuma 2-3 borracce ogni ora. Una bella quantità, tra l’altro lui alterna molto acqua e maltodestrine». Ed è stato così anche verso Sega di Ala.

EDITORIALE / Quello che perdono i campioni nascosti

31.05.2021
3 min
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«Tante volte la gente crede che per essere felici serva avere sempre di più – ha detto Bernal ieri a Milano – ma io ho imparato che questo ti allontana dalla vera felicità. Per quella bastano le cose semplici e io adesso sono un uomo felice». Il Giro d’Italia di Bernal va in archivio portando con sé le storie del colombiano e di Caruso che, seppure nati da storie e strade diverse, hanno conquistato pubblico e addetti ai lavori con la cifra della semplicità. Fatica. Famiglia. Dedizione. Grinta. Rispetto del lavoro. Il coraggio di raccontarsi. La grande dignità nell’ammettere i momenti difficili. I campioni di ciclismo sono prima di tutto uomini ed è proprio questa dimensione così vicina alla nostra a renderli se possibile più grandi.

A Sega di Ala a Tonina il riconoscimento di Marco Pantani come campione più amato del Giro
A Sega di Ala a Tonina il riconoscimento di Marco Pantani come campione più amato del Giro

«Sono cresciuto con i miei valori – ha detto Caruso dopo la tappa vinta – e li ho portati avanti nel tempo. Prima di essere un ciclista, mi piace pensare di essere un uomo e una persona perbene».

Filtri e controlli

Ci sono i filtri. Ci sono gli uffici stampa. E per carità, crediamo anche noi che serva preservare la vita privata dei campioni e la tranquillità durante gli allenamenti. Quello che invece non serve è impedirgli di esprimersi. E’ chiaro che raccontarsi nei momenti della vittoria sia più facile che farlo in quelli difficili, ma crediamo che proprio da questa dialettica con la stampa e di riflesso col pubblico nasca l’immagine di campioni a 360 gradi, che finiranno con l’essere comunque un riferimento per chi guarda a loro cercando l’ispirazione. Abbiamo narrato con i brividi le prime vittorie di Pantani, siamo rimasti senza parole adeguate davanti alle più grandi e ascoltato con angoscia, capacità critica e brividi diversi le sue difficoltà, senza che nelle occasioni pubbliche Marco si sia mai nascosto. Privare il campione di un vero confronto, selezionando al suo posto gli argomenti è fargli probabilmente un torto.

I talenti vanno preservati dall’assalto dei media, ma anche educati al confronto: a chi giova isolarli?
I talenti vanno preservati dall’assalto dei media, ma anche educati al confronto: a chi giova isolarli?

«Il dopo Tour – ha detto ancora Bernal – fu un miscuglio di tutto. Ho vinto la maglia gialla a 22 anni e non sapevo cosa fare con la mia vita. Avevo raggiunto il sogno di ogni ciclista: e adesso che faccio?».

Campioni nascosti

Pensiamo a Pogacar, che in questi giorni si sta allenando a Livigno, e alla difficoltà di incontrarlo e parlare con lui. Pensiamo a Nibali, che ha tanto da raccontare e dare, ma viene tenuto al riparo (probabilmente anche per sua volontà) da domande che inevitabilmente a questo punto sarebbero scomode. E’ un lavoro non semplice e ce ne rendiamo conto, ma isolare i campioni dal confronto, assecondare la voglia di chiudersi o confinarli in ambienti controllati e ovattati, significa privarli del confronto e del modo, a tratti scomodo, di prendere contatto con la realtà.