Sulle strade di Tour de France e Vuelta, in qualche caso sovrapposte, è tornato a pedalare Egan Bernal. Il corridore della Ineos Grenadiers ha portato a termine la sua personale “doppietta”: 42 giorni di corsa in due mesi, non poco considerando da dove partiva e dalla condizione dimostrata. Il colombiano è tornato ad assaporare l’aria dei grandi eventi e questo non può che fargli bene, donandogli nuove aspettative.
Di questo parliamo con Matteo Tosatto, suo diesse nel team britannico. Lo intercettiamo in uno dei momenti di vita quotidiana, mentre ha accompagnato la figlia a nuoto. Seduto al bar beve un caffè e risponde alle nostre domande.
Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare faticaIl Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica
Due grandi fatiche
Mettere in fila due grandi corse a tappe è stato un bel modo per rispondere a tante domande. Senza nemmeno aver bisogno di sprecare tante parole, Bernal ha corso, si è messo in mostra e ha terminato entrambe le corse.
«Non l’ho seguito personalmente – racconta Tosatto – per scelte tecniche non ho seguito la squadra al Tour e alla Vuelta. Però in squadra, tra tecnici, ci sentiamo tutte le settimane. In più ci siamo confrontati anche con l’allenatore di Bernal. Quindi qualche dettaglio sulla sua condizione lo abbiamo».
Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescereStare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Tornare al Tour era il primo obiettivo?
Sì. L’idea era di vederlo all’opera sulle strade della Grande Boucle e poi di trarre le prime conclusioni. In Francia il percorso era molto impegnativo, il fatto di averlo portato a termine ci ha dato una grande soddisfazione. Era importante tornare a queste corse, in vista del recupero totale.
In corsa cosa doveva fare?
Nella prima settimana, quella corsa nei Paesi Baschi, doveva provare a restare con i migliori. Ha risposto bene, non si è scomposto e alla fine ha concesso solo qualche manciata di secondi. Un primo segnale positivo.
Con il proseguire delle tappe è uscita la fatica, ma era preventivabile, no?
Assolutamente. Quello che mancava a Egan era mettere insieme tanti giorni di corsa e tanta fatica. Di chilometri ne ha fatti, si è messo a disposizione dei compagni e ha speso tante energie. Insomma, un bel modo di riprendere la mano con le corse importanti.
Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietàEccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
L’idea era di vedere come avrebbe finito il Tour e trarre le prime conclusioni. Una volta visto che la risposta di Bernal è stata positiva, la Vuelta è arrivata di conseguenza. Tra l’una e l’altra ha anche avuto modo di tornare a casa, in Colombia, e allenarsi in altura.
Anche in Spagna era a disposizione di Thomas.
La Vuelta dal punto di vista della classifica non è andata come ci saremmo aspettati. Però ha risposto bene anche in quel caso, fin dalla cronometro a squadre di Barcellona. E’ rimasto con i compagni, un segnale positivo per noi e per lui.
Alla Vuelta nell’ultima settimana è andato meglio…
E’ arrivato settimo in una tappa, la 18ª, quella vinta da Evenepoel, andando in fuga per 170 chilometri. Riuscire a fare uno sforzo del genere alla fine di un grande Giro è un bel segnale in vista del 2024.
Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnaleDopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Che cosa vi aspettate dalla prossima stagione?
Dall’inverno si avrà un’idea migliore di come sta e del lavoro che ci sarà da fare. Queste due corse a tappe ravvicinate servivano per aiutarlo a sopportare meglio la fatica e avere una migliore gestione dei recuperi. Ci si aspetta che più avanti nel tempo possa fare carichi di lavoro sempre più intensi.
Potrà tornare a puntare ai grandi obiettivi?
Penso proprio di sì. Fare un inverno tranquillo, dove lavorare tanto e bene, sarà il primo obiettivo. Quando si programma la stagione rientrare bene è più semplice, basta focalizzarsi sugli obiettivi.
Tornando al 2023, come lo hai visto pedalare?
Sereno. Stava in gruppo e spesso era davanti a tirare. Dalla televisione non si vedono tutti i dettagli, ma erano tutti contenti di lui. Non vale la pena stare a guardare i numeri e i risultati.
Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour? Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Le salite tra Spagna e Francia erano dure, un bel test per lui…
Sicuramente certi sforzi è meglio farli in gara che in allenamento. Mettersi in gruppo e seguire gli altri ti porta a fare più fatica, a mollare meno di testa. Questo finale di stagione gli servirà molto.
Bernal che dice?
Abbiamo parlato con il suo allenatore. Era contento e soddisfatto. Si è visto un netto miglioramento nello sforzo e nei numeri.
Correrà ancora?
Non sappiamo. Non credo farà le gare in Italia, c’è qualche corsa in Oriente, ma non credo parteciperà. La miglior cosa per lui è riposare e preparare il 2024.
Dopo il primo giorno in maglia rosa e la Ineos che ha mostrato i muscoli, Carapaz appare sereno e consapevole. Obiettivo difendersi, ma se serve attaccherà
Siamo tornati con Petacchi su Cavendish, di cui avevamo parlato a fine dicembre. Le sue parole sono state profetiche. E la rincorsa di Cav non si fermerà
Si continua a dire che per vedere il miglior Bernal bisognerà attendere il prossimo anno, che questa stagione è fondamentale per il recupero. L’incidente che ha messo fuorigioco il colombiano, all’inizio del 2022, ha conseguenze che si protraggono ancora oggi. Bernal è tornato a correre un grande Giro solamente nel 2023, con il Tour de France (nella foto di apertura alla presentazione della 20ª tappa). A poche settimane di distanza è stata annunciata la sua partecipazione alla Vuelta, altro gradino importante verso la scalata alla sua miglior condizione.
Dopo la caduta alla Vuelta del 1994 (a destra nel fermo immagine della volata) Cipollini recuperò in tempi recordDopo la caduta alla Vuelta del 1994 (a destra nel fermo immagine della voltata) Cipollini recuperò in tempi record
Il punto di vista medico
Carlo Guardascione, medico del team Jayco-AlUla, è uno dei nomi più noti ed importanti del gruppo. Abbiamo deciso di chiedere a lui un parere su quelle che sono le tempistiche di recupero. Ora i tempi sembrano allungarsi e non poco, si parla sempre più di “stagione di recupero”. Anche in passato era così oppure si tratta di un cambiamento portato dal ciclismo moderno?
«Bisogna fare delle distinzioni – spiega Guardascione – tra traumi singoli e politraumi. Dal punto di vista medico è meglio rompersi il femore in tre punti diversi e sottoporsi ad un’operazione, piuttosto che subire un politrauma come quello di Bernal. Un incidente come il suo allunga notevolmente i tempi di recupero, perché si subiscono diversi scompensi che poi l’atleta si porta dietro una volta tornato in bici».
Nonostante il grave infortunio, Jakobsen (che vola oltre la transenna) in meno di un anno torna a correre e a vincereNonostante il grave infortunio, Jakobsen (che vola oltre la transenna) in meno di un anno torna a correre e a vincere
Jakobsen ed Evenepoel
Uno degli incidenti più recenti, accaduti in corsa, che è rimasto maggiormente nella memoria dei tifosi, è quello di Jakobsen al Tour de Pologne del 2020. L’altro è la caduta di Evenepoel al Giro di Lombardia dello stesso anno.
«Jakobsen – dice Guardascione – ha subito un trauma facciale spaventoso, ma una volta sistemato è riuscito a tornare in sella in tempi davvero brevi. Per quanto brutto e doloroso possa essere un trauma come quello di Jakobsen o dello stesso Evenepoel sono più “semplici” da far rientrare. Tant’è che entrambi, nel giro di un anno, anche qualcosa meno, sono tornati alle corse e a vincere. Nel subire un trauma come la frattura del bacino (nel caso di Evenepoel, ndr) entra in campo anche l’aspetto psicologico. Sai che per guarire da una frattura del genere hai bisogno di 5 mesi e ti dai un obiettivo in termini di tempo.
«In un caso come quello di Bernal – riprende – l’obiettivo principale era rimettere in piedi la persona prima del corridore. Non ci si è dati dei tempi di recupero, perché i traumi erano talmente tanti che non si potevano ipotizzare delle tempistiche».
Evenepoel, dopo la frattura del bacino al Lombardia, tornerà in gruppo direttamente al Giro del 2021, quasi un anno dopoEvenepoel, dopo la frattura del bacino al Lombardia, tornerà in gruppo direttamente al Giro del 2021
Tutto estremizzato
Nel ciclismo moderno, però, è tutto estremizzato, nel bene e nel male. Le terapie di guarigione e recupero permettono di riprendersi in maniera completa. Tuttavia le prestazioni, in gara, sono talmente elevate che bisogna essere al top per pensare di essere competitivi.
«Un conto è voler tornare competitivo – ci dice nuovamente Guardascione – un conto è tornare a pedalare in gruppo. Se si vuole vincere non basta essere al 95 o al 99 per cento. Nel ciclismo moderno devi essere perfetto se vuoi provare a vincere, dieci anni fa non era così. Non c’era questa estremizzazione della performance, siamo come in Formula 1. E per raggiungere la perfezione ci vuole tempo, quindi non si allungano i periodi di recupero, ma quelli per tornare competitivi. Una frattura si cura sempre in 2 mesi, ma per tornare in gruppo con l’ambizione di vincere si deve lavorare tanto. Lo si vede da anni, in gara vai solo se sei perfetto, con i numeri giusti. Non esiste che si vada alle corse con la gamba da “costruire”. Soprattutto dopo un infortunio».
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E’ vero, sono passate solo poche tappe, ma Egan Bernal sta disputando un buon Tour de France. Forse tra i big, tolto Adam Yates, è il più contento. Il re della Grande Boucle 2019 sta rifiorendo piano piano. Magari domani sul Marie Blanque pagherà dazio, ma i primi segnali sono davvero positivi.
Il corridore della Ineos Grenadiers fa parte di una schiera di atleti fortissimi, tutti in cerca di risposte o riscatto.Pidcock, che probabilmente avrebbe preferito essere in Val di Sole, alla Coppa del Mondo di Mtb, è ad un banco di prova: dovrà capire se fare classifica o puntare alle tappe. Carlos Rodriguez è il giovanissimo alla scoperta del Tour e di se stesso. Daniel Martinez, esce da un Delfinato piuttosto negativo… E poi appunto c’è Bernal.
La grinta di Bernal nella prima tappa del Tour. Se strada facendo crescerà ancora, saprà farci divertireLa grinta di Bernal nella prima tappa del Tour. Se strada facendo crescerà ancora, saprà farci divertire
Primo obiettivo raggiunto
Bernal aveva mostrato segni di ripresa nelle corse precedenti, ma qui il livello è ben diverso. La certezza del Tour non c’era mai stata. Al Delfinato, per sua stessa ammissione, aveva detto di stare male, nonostante un incoraggiante 12° posto. Qualche dubbio magari gli è anche passato per la testa.
Ogni cosa doveva procedere di passo in passo. Il colombiano, per dire, non aveva programmato la corsa gialla sin da questo inverno e così la sua preparazione non era stata unicamente improntata a queste tre settimane: semmai ad una crescita costante. Questa presenza Bernal se l’è costruita piano, piano, da solo.
«E’ un piacere – ci ha detto Egan – essere tornato di nuovo qui al Tour. Di preciso non ricordo quando mi hanno detto ufficialmente che ci sarei stato, ma dopo il Delfinato, una decina di giorni prima della grande partenza, direi… Un bel momento».
Tantissimi colombiani sulle strade del Tour… e Bernal non ha mancato il salutoTantissimi colombiani sulle strade del Tour… e Bernal non ha mancato il saluto
Quanto tifo per Egan
Bernal è un patrimonio del ciclismo. Se tornasse quello di un tempo, avremmo un altro mega-protagonista: cosa che aggiungerebbe tensione e spettacolo a questo luglio pazzesco.
In questi giorni Egan è stato acclamatissimo. Anche nei Paesi Baschi la compagine colombiana era forte e per lui, e a dire il vero anche per Uran, c’erano sempre dei cori speciali.
E anche in Italia qualcuno gioisce. «Ah, l’Italia… mi sento sempre con Savio, Ellena: ci scriviamo ogni volta. Siamo rimasti legati anche se le nostre storie si sono divise. Ma sono rimasto legato a tante persone in Italia e all’Italia stessa, soprattutto dopo aver vinto il Giro».
Col suo italiano fluente, il colombiano classe 1997 racconta questa avventura e il recente passato. Il Covid e soprattutto l’incidente del gennaio 2022 sono stati una mannaia terribile per la sua carriera. E mentre parla sono evidenti i segni sul volto di quel giorno. Il labbro superiore e la parte bassa del naso rivelano cicatrici.
«Ci sono state tante sensazioni e sentimenti contrastanti in questo periodo – racconta Bernal – però io ho sempre tenuto duro. Così è la vita e delle volte bisogna avere la grinta di rinascere di nuovo. Ed è quello che stiamo facendo».
Egan al centro con i grandi sullo Jaizkibel, forse la più grande prestazione dal suo rientroEgan al centro con i grandi sullo Jaizkibel, forse la più grande prestazione dal suo rientro
Sfida col destino
E quando le cose vanno bene il campione poi prende fiducia. Pensiamo a Pantani che dà un segno di ripresa sulle rampe centrali del Ventoux. Ci crede e vince… ma di misura. E qualche giorno dopo distrugge tutti a Courchevel. Bernal non sfugge a questa legge.
Sul Pike, prima tappa, si era staccato da 15 corridori. Il giorno dopo sullo Jaizkibel era restato con i migliori, per di più pedalando nelle posizioni buone del gruppetto. All’arrivo era raggiante. Un fuoriclasse fiuta certe cose, capisce quando si avvicina il momento “della caccia”.
Per esempio, Van Aert si era leggermente defilato, non ha aperto un vero buco, ma il corridore della Ineos-Grendiers lo aveva saltato immediatamente. Piccole cose, ma che danno morale: «Per ora le sensazioni sono buone», ha ribadito il colombiano.
Tuttavia, queste sensazioni saranno anche buone, ma è chiaro che gli manca ancora qualcosa per essere il super Bernal.
«Cosa manca… devo continuare ad allenarmi e a fare chilometri, chilometri in corsa. Quella è secondo me la giusta formula per un buon cammino. Sono stato quasi un anno senza pedalare e dopo neanche due da quel giorno, sono di nuovo al Tour e, per di più, in questa condizione. E’ buono. Vediamo dove posso arrivare». Parole non banali se dette da un corridore come Egan.
Domenica perfetta per la Ineos a sette mesi dal Giro dello scorso anno. Ganna vince la crono e racconta i giorni con quel capitano così piccolo e così duro
Sul micidiale arrivo di La Bastille, Egan Bernal è giunto ancora staccato, ma almeno – a suo dire – era felice. Poi basta guardare la foto di apertura per giudicare da soli. In più il colombiano era appagato per la sensazione di essere tornato a calcare i gradini del podio… seppure quello di squadra. La sua Ineos Grenadiers infatti aveva vinto la classifica a squadre del Delfinato.
Ma come è andata questa importantissima gara per Egan? Alti e bassi ci sentiamo di dire. Come un’onda. Buone sensazioni che spesso si sono scontrate con ritardi importanti. Però…
Bernal (primo da sinistra) è salito sul podio dopo molto tempo. La sua squadra ha vinto la classifica dei teamBernal (primo da sinistra) è salito sul podio dopo molto tempo. La sua squadra ha vinto la classifica dei team
Bicchiere mezzo pieno
Però… ci sono dei però e questi contano non poco, almeno nel caso della maglia rosa 2021. Sappiamo che Bernal è di fatto ancora nella lunga fase post incidente gennaio 2022. Si sapeva che questo anno sarebbe stato quasi tutto un punto di domanda per lui e le cose non si stanno discostando troppo da questa aspettativa.
Il però, appunto, è che qualcosa si muove. Egan ha chiuso il Delfinato in dodicesima posizione a 6’44” da Jonas Vingegaard, ormai un mostro al pari di Evenepoel e Pogacar. Un tempo ci saremmo stupiti (in negativo) di una prestazione simile da parte sua. Ma a quanto pare Bernal e la sua squadra vedono il bicchiere mezzo pieno.
Giusto pochi giorni fa, prima della crono, il suo diesse Steve Cummings aveva dichiarato che Egan stava facendo incredibilmente bene e che secondo loro era vicino dal tornare ai livelli che gli competevano.
Tutto sommato non era una dichiarazione peregrina. Di fatto il Delfinato era la prima corsa di primissimo livello che Bernal tornava a fare dopo l’incidente. Tenere il passo era già qualcosa.
E Bernal stesso ne era consapevole. «Intanto – aveva detto Bernal prima del via – voglio finire la gara, poi vedremo come andrà e si faranno le valutazioni necessarie». Tradotto: se è davvero possibile vederlo schierato al Tour de France. Ma su questo punto (cruciale) ci torneremo.
Nella tappa contro il tempo, Egan ha incassato 2’25” da Vingegaard e mediamente 1’30” dagli altri uomini di classifica (foto @gettysport)Nella tappa contro il tempo, Egan ha incassato 2’25” da Vingegaard e mediamente 1’30” dagli altri uomini di classifica (foto @gettysport)
Alti e bassi
Analizziamo la sua gara. Bernal è alla prima competizione di primissimo livello, come detto, dal 2021. Di per sé il risultato è buono. Egan parte bene. Paga dazio, anche abbastanza salato, nella crono. Si fa un po’ sorprendere, anche a suo dire, nella terza tappa quando Carapaz e Vingegaard scattano. E qui una prima dichiarazione che ci aiuta a capire il suo stato fisico e anche d’animo.
«Quando sono partiti Carapaz e Vingegaard – ha dichiarato Bernal – un po’ sono rimasto sorpreso. In più non li ho seguiti anche perché credevo proprio che non avessi quel ritmo. Ho avuto paura di spingere troppo forte e di esplodere. Ma tutto questo sta iniziando ad essere nuovo per me, è buono… Anche quel contrattacco successivo con gli uomini di classifica è un segno di fiducia.
«Mentre per la crono, sapevo che non sarebbe andata benissimo, visto che ultimamente ci ho lavorato molto poco».
Forse è mancato qualcosa nelle tappe finali, quelle di più alta montagna, il suo terreno. O meglio, visto l’andazzo ci si poteva attendere qualcosa in più. Ma in squadra, che hanno il polso delle prestazioni necessarie, “tiravano il freno a mano” su certe aspettative sui monti.
Sulle alte montagne c’è stata una sorta di “liberi tutti” da parte della Ineos Grenadiers. Non avendo nessun leader in grado di vincere la generale, hanno lasciato ai ragazzi la possibilità di fare la propria gara. Carlos Rodriguez non si è mai messo ad aiutare Bernal. E la stessa cosa hanno reciprocamente fatto Bernal e Daniel Martinez.
Il Delfinato è stato preso davvero come un test, un passaggio in vista del Tour de France, da parte di tutti loro. Non neghiamo che ci è sembrato strano, insolito, vedere una Ineos correre così.
In salita Bernal non ha mai preso l’iniziativa ma era giusto così. Ha cercato di produrre i migliori valori possibili post incidente 2022In salita Bernal non ha mai preso l’iniziativa ma era giusto così. Ha cercato di produrre i migliori valori possibili post incidente 2022
Giallo sul Tour
La questione centrale è questa: Bernal farà o non farà il Tour? Okay, si sta riprendendo, ma al momento è lontano dal Bernal che conosciamo. Però è anche vero che la corazzata di Sir Brailsford, tanto corazzata non è, almeno per la generale pensando alla prossima Grande Boucle. Chi sarà dunque il leader? Che squadra sarà fatta per la Francia?
La risposta a questa domanda rischia di restare per l’aria e di restarci fino a domenica prossima, quando terminerà il Tour de Suisse. La soluzione infatti potrebbe arrivare dalla Svizzera, dove sta correndo l’altro presunto leader Ineos per la Grande Boucle: Tom Pidcock.
Ad oggi, i nomi che tra gli addetti ai lavori sembrano essere certi sono quelli di: Carlos Rodríguez, Tom Pidcock, Jonathan Castroviejo, Michal Kwiatwoski e Magnus Sheffield. Mancano all’appello tre atleti. Lo spazio per Bernal ci sarebbe eccome. Ma resta da chiedersi se sarà all’altezza, prima ancora di capire che tipo gara e di formazione impostare da parte del team.
Molta attenzione dei media per il colombiano (classe 1997)Molta attenzione dei media per il colombiano (classe 1997)
Una strada lunga
Scegliere il Tour come primo grande Giro al rientro da un simile infortunioè molto, però è anche vero che stiamo parlando di un campione che sa motivarsi come pochi. Che ha già vinto questa gara e che tutto sommato al Delfinato è arrivato dodicesimo. C’è chi è andato più piano. E allora Tour sì, ma con altri obiettivi da quelli in giallo.
La cosa è certa, e l’abbiamo detta, è che Bernal sta migliorando. Dopo gli ottavi posti al Romandia e al Giro di Ungheria ecco un altro piccolo step. Abbiamo detto “migliorando” e non tornando. Per il Bernal che conosciamo manca molto e forse potrebbe anche non bastare, visto che in due anni si è vista un’evoluzione di numeri spaventosa, ma il viatico sembra buono ed Egan è apparso felice.
«Ogni colpo di pedale – ha detto il colombiano – lo faccio con amore e gratitudine alla mia famiglia, ai medici e agli amici che mi stanno portando sulla strada della mia versione migliore».
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Con una volata lunga, potente e intelligente Fernando Gaviria si è aggiudicato l’ultima tappa del Giro di Romandia. La corsa svizzera arrivava sulle sponde del Lago di Ginevra, dove il gigantesco zampillo schizzava nell’aria centinaia di litri di acqua al minuto. Una potenza pari a quella del colombiano che in questa stagione ha firmato così il suo secondo successo.
«E’ stata una giornata difficile – ha detto Gaviria – mi sono staccato sulle salite (molte nella parte centrale, ndr) ma la squadra mi è stata vicino. Nel finale però stavo bene. All’ultimo chilometro ero ben piazzato e sono partito lungo. Questo successo è molto importante per me in vista del Giro perché mi sono allenato tanto e bene».
Gaviria è partito lungo prima della curva finale, ha preso il tempo a tutti e ha vinto a Ginevra. Da notare in turchese Garofoli (5°)Jorgenson (classe 1999) scatta e Yates lo bracca. A fine Romandia è stata sua la classifica di miglior giovaneJosef Cerny ha vinto il prologo ed è stato leader per un giorno. Sarà una super spalla per Remco al GiroIl giorno dopo Ethan Vernon conquistando la tappa di Vallée de Joux ha sfilato il primato al compagno della Soudal-Quick StepEthan Hayter – Ineos Grenadiers – ha invece vinto la terza frazione a La Chaux-de-FondsGaviria è partito lungo prima della curva finale, ha preso il tempo a tutti e ha vinto a Ginevra. Da notare in turchese Garofoli (5°)Jorgenson (classe 1999) scatta e Yates lo bracca. A fine Romandia è stata sua la classifica di miglior giovaneJosef Cerny ha vinto il prologo ed è stato leader per un giorno. Sarà una super spalla per Remco al GiroIl giorno dopo Ethan Vernon conquistando la tappa di Vallée de Joux ha sfilato il primato al compagno della Soudal-Quick StepEthan Hayter – Ineos Grenadiers – ha invece vinto la terza frazione a La Chaux-de-Fonds
Ma questa bella corsa nel nord ovest della Svizzera ci ha detto molto di più. Sono emersi verdetti interessanti sui quali è bene fare delle considerazioni, a partire dal vincitore della corsa, Adam Yates, e della sua squadra.
Prima però, tanto per restare in casa Movistar, un appunto di merito va a Matteo Jorgenson. Lo spilungone californiano è arrivato secondo nella generale. Continua ad essere costante nel rendimento e se oggi Gaviria ha potuto vincere, una grossa mano gliel’ha data lui. Nei chilometri finali è stato grazie alle sue trenate se il vantaggio della fuga è letteralmente crollato. Occhio dunque a questo classe 1999.
Adam Yates in azione verso Thyon 2000. L’inglese è scattato ai -4 km dall’arrivo. Per lui tappa e magliaCosì come, tappa e maglia, aveva fatto Juan Ayuso nella crono il giorno prima. Guardate che sguardo determinatoAdam Yates in azione verso Thyon 2000. L’inglese è scattato ai -4 km dall’arrivo. Per lui tappa e magliaCosì come, tappa e maglia, aveva fatto Juan Ayuso nella crono il giorno prima. Guardate che sguardo determinato
In casa UAE
Ma torniamo ad Adam Yates. La prima di queste riflessioni riguarda proprio la UAE Emirates. La squadra di Mauro Gianetti conferma il suo trend di crescita. In questa stagione Adam ha preso parte a tre corse a tappe da capitano, ne ha vinte due e in una è caduto.
Matxin – come sempre – era stato di parola: «Ayuso andrà al Romandia in supporto di Adam Yates. Ma se starà bene come fermarlo?». E ancora: «Juan sa aiutare i compagni». Dopo la prestazione a crono e la maglia di leader finita sulle spalle del giovane spagnolo si è verificato tutto alla lettera. Verso Thyon 2000 Ayuso ha capito di non essere al meglio e ha dato via libera a Yates. Morale: tappa, maglia e corsa ad Adam.
«Sono contento per me e per la squadra – ha detto Yates – era giusto ieri stare vicino ad Ayuso, perché lui è un talento. Ma poi non era al meglio e mi ha detto di andare. Oggi abbiamo controllato la gara con tranquillità. Siamo una squadra forte e compatta. E’ una vittoria di tutti noi».
Questo certifica che la UAE sta lavorando bene e che per questo ciclismo di livello siderale servono dei gregari di extra lusso. Adam Yates aveva questo spazio del Romandia per sé. Lo ha sfruttato al meglio e ora lavorerà in ottica Tour per Pogacar. E lo farà con convinzione nei propri mezzi, con la tranquillità di chi ha vinto e potrà così dare il 101 per cento per lo sloveno.
Capitolo Ayuso: siamo di fronte ad un nuovo fenomeno. Lo sapevamo, sì, ma stare lontano dalle corse per tanti mesi, rientrare mentre gli altri sono a pieno regime e ottenere un successo a crono, un secondo posto in un’altra tappa e dare una grossa mano ai compagni non è da tutti. Specie se hai appena 20 anni.
Al Romandia visto un ottimo Caruso. Bene in salita, ma bene anche a crono (sesto). Ottimi segnali in vista del GiroAl Romandia visto un ottimo Caruso. Bene in salita, ma bene anche a crono (sesto). Ottimi segnali in vista del Giro
Caruso c’è
Damiano Caruso: zitto, zitto “Damianuzzo” esce sempre. Nel tappone di Thyon arriva terzo a 19” da un super Yates. E’ in forma Giro d’Italia. Al Giro di Sicilia era palesemente ingolfato dal tanto lavoro. Che sia ancora una volta lui il salvatore della Patria? E’ probabile.
Damiano non ama troppo sentir parlare di ruolo da capitano, leader, classifica… però è lì. Queste prestazioni danno consapevolezza. La salita di Thyon era una scalata vera. Lunga. Dura. Adesso il siciliano della Bahrain-Victorious sa che ha lavorato bene. E che si è scontrato con gente che faceva del Romandia un obiettivo primario.
«Conoscevo molto bene l’ultima salita” – ha detto Caruso – era lunga quindi era fondamentale gestire al meglio lo sforzo. E io l’ho gestito bene. Nel finale ho avuto la forza di aumentare e agguantare il terzo posto.
«Questo podio nella classifica generale mi dà soddisfazione perché dopo Il Giro di Sicilia volevo dimostrare che la mia condizione è buona. Inoltre mi dà morale e più fiducia in vista del Giro».
Ai 2090 metri di Thyon 2000 Bernal è giunto ottavo a 54″ da Adam YatesAi 2090 metri di Thyon 2000 Bernal è giunto ottavo a 54″ da Adam Yates
Toh, Bernal
Un altro corridore che può uscire col sorriso dalla Svizzera Romanda è Egan Bernal. Il colombiano della Ineos Grenadiers batte un colpo… non in terra, finalmente. Ottavo nell’arrivo in salita, ottavo nelle generale. Per la prima volta dall’inizio dell’anno, ma se vogliamo dal suo ritorno alle corse, Bernal riesce a concludere una gara senza intoppi.
E questo è un bel segnale non solo per Egan, ma per il ciclismo intero che potrebbe ritrovare un altro protagonista sopraffino. In attesa di sfide epocali con Pogacar, Evenepoel, Vingegaard… le poche parole di Egan dicono tutto: «Non si tratta di numeri, ma di carattere. Una top dieci nella generale per me è una piccola grande vittoria. Ora torniamo a casa e continuiamo ad allenarci».
Il successo può far male. Abbiamo riletto con Manuella Crini, psicologa, le parole di Bernal dopo la vittoria del Giro. Uno spunto valido per tutti gli atleti
Bernal non si sa quando e se tornerà ai livelli migliori. Osservandolo da vicino alla Vuelta a San Juan, la sensazione che il colombiano abbia ancora tanta strada da fare è stata piuttosto netta. Tuttavia, considerando il punto di partenza e il fatto che abbia davvero rischiato di non poter più nemmeno camminare, è superfluo dire che gli vada lasciato il tempo necessario per riallacciare tutti i fili. Nel frattempo però, cosa fa il team Ineos Grenadiers? Nel gruppo si dice che forse solo Pidcock, 23 anni, potrebbe essere all’altezza di un’investitura.
Lo squadrone dei 7 Tour, 3 Giri e una Vuelta negli ultimi 10 anni per la prima volta l’anno scorso è andato in bianco e l’assalto deciso al contratto di Evenepoel fa capire che perdere altro tempo non è una delle opzioni più gradite. Ma Lefevere sa scrivere i contratti cui tiene maggiormente, così Remco non si è mosso e forse non aveva neppure l’intenzione di farlo.
Sfogliando l’organico della squadra e i programmi stilati per il Giro ed il Tour, vedremo Geraint Thomas e probabilmente Arensman, al Giro mentre Bernal, Martinez e Pidock andranno al Tour. Della Vuelta parleranno poi.
Alla Vuelta a San Juan, Bernal ha iniziato a muovere i primi passi nella stagioneAlla Vuelta a San Juan, Bernal ha iniziato a muovere i primi passi nella stagione
Pidcock e le distrazioni
Con Dario Cioni abbiamo provato a sbirciare nelle carte della squadra britannica, per capire quali considerazioni si facciano dietro le porte chiuse sui corridori che potenzialmente potrebbero diventare grandi nelle corse di tre settimane. Il punto di inizio è Pidock, per la sensazione che ci rimase addosso vedendogli dominare il Giro d’Italia U23 nel 2020.
«Tom – dice Cioni – è uno che se ci mette la testa, potrebbe far delle belle cose. E’ uno su cui si sta lavorando, ma è vero che dal suo punto di vista lui rimane quello un po’ eclettico che vuole far tutto. Stiamo studiando sul discorso dei Giri, quindi la vostra impressione è corretta.
«E’ uno che riesce a mentalizzarsi bene sul singolo appuntamento e comunque non rinuncia alle sue mille cose. Nel senso che continuerà a fare le varie altre cose, perché comunque questo fa parte del suo essere. Come scuola, siamo sempre stati favorevoli a non snaturare completamente le attitudini dei corridori, soprattutto se arrivano a un certo livello. Per cui il pistard continua a fare pista e nel caso di Tom ci sarà ancora la mountain bike. Senza scordarsi che da questo punto di vista, Ineos ha raddoppiato prendendo Pauline Ferrand Prevot. Comunque Grenadier è un prodotto offroad, quindi non è seguire un suo capriccio, perché alla fine lui è il campione olimpico».
Pidcock ha vinto gli europei di MTB lo scorso anno a MonacoLa Ineos ha ingaggiato Pauline Ferrand Prevot, puntando ai Giochi di Parigi 2024Pidcock ha vinto gli europei di MTB lo scorso anno a MonacoLa Ineos ha ingaggiato Pauline Ferrand Prevot, puntando ai Giochi di Parigi 2024
I mondiali d’agosto
Il calendario di Pidcock diventa quindi centrale, alla luce delle necessità di chi corre preparando il Tour de France. In questo la coincidenza fortunata del mondiale in Scozia subito dopo il Tour sarebbe per Tom il lancio ideale.
«Il mondiale infatti – spiega Cioni – è il minore dei problemi, perché facendoli dopo il Tour, avrà piena libertà. In ogni caso, Pidcock avrà un calendario molto flessibile. L’anno scorso era partito con l’idea di fare il Giro, poi era finito al Tour. Quest’anno magari, mettendo più di enfasi sul discorso Tour, si può parlare di investimento sul futuro. Da quello che abbiamo visto nel 2022 pensiamo che possa avere buone possibilità anche nelle corse a tappe. Quindi se l’anno scorso era stato un primo approccio al Tour, quest’anno sarà più strutturato, ma accanto ci saranno comunque Bernal e Martinez».
Il Tour del 2022 è stato un primo approccio: nel 2023 sarà più strutturatoNel 2022, PIdcock ha vinto il mondiale cross a Fayetteville: quest’anno non ha difeso il titoloLo scorso anno Pidock è stato 14° al Fiandre: nel 2019, da U23 ha vinto la RoubaixIl Tour del 2022 è stato un primo approccio: nel 2023 sarà più strutturatoNel 2022, PIdcock ha vinto il mondiale cross a Fayetteville: quest’anno non ha difeso il titoloLo scorso anno Pidock è stato 14° al Fiandre: nel 2019, da U23 ha vinto la Roubaix
Le dinamiche di squadra
Il problema di Pidcock è la sua ritrosia apparente di farsi ingabbiare nelle logiche di una sola specialità. Vince nel cross, pur avendo ammesso di non avere il livello di Van der Poel e Van Aert. Vince nella mountain bike, al suo attivo due mondiali e le ultime Olimpiadi. Sta imparando a vincere le classiche, con una Freccia del Brabante e il secondo posto all’Amstel. E l’anno scorso, al debutto nel Tour, ha vinto sull’Alpe d’Huez.
«Alla fine anche lui – dice Cioni con il necessario realismo – dovrà inserirsi nelle dinamiche della squadra. Lui va forte in salita, ma la crono sarà un elemento su cui lavorare. L’anno scorso è stata un po’ sottovalutata per i mille impegni. Però adesso, nell’ambito della sua crescita verso il Tour, è chiaro che acquisisca importanza. Alla fine però sono progetti lunghi, bisogna avere pazienza. Non puoi fare tutto in un colpo. Diciamo che la crono fa parte probabilmente del cammino per step che abbiamo impostato».
Thomas e Bernal, il podio del Tour 2019: tempi molto lontaniLeo Hayter ha vinto il Giro d’Italia U23 del 2022, è appena arrivato nel teamThomas e Bernal, il podio del Tour 2019: tempi molto lontaniLeo Hayter ha vinto il Giro d’Italia U23 del 2022, è appena arrivato nel team
Thomas e Hayter
Accanto a Pidcock, la Ineos Grenadiers ha altri nomi su cui lavorare. Uno, Geraint Thomas, è quello più concreto, che per il 2023 – stimato come l’anno del ritiro – ha scelto il Giro d’Italia. Gli altri tre sono Leo Hayter, Geoghegan Hart e Arensman, di cui si parlava giusto ieri con Tosatto.
«Il piccolo Hayter – spiega Cioni – è uno su cui si può ragionare in chiave grandi Giri, ma diamogli tempo perché è appena arrivato, quindi non starei ora a mettergli pressione. Suo fratello invece è talentuoso, ma lo vedo più sul fronte delle classiche. E poi c’è Arensman, che è stato preso anche per questo. Al Giro abbiamo una garanzia come Geraint Thomas, che però in teoria è all’ultimo anno e anche questo devi tenerlo in considerazione. Il Giro è stato una sua scelta e noi tendenzialmente appoggiamo le scelte dei corridori, specialmente a quel livello. Poi gli altri magari proviamo a incastrarli nei vari progetti».
Rafal Majka ha salutato la Bora per diventare gregario di lusso di Pogacar. Il Tour si vince nella 1ª e nella 3ª settimana. E Tadej gli ricorda Contador
Uno dei volti della Fundacion Contador, la squadra under 23 legata alla Eolo-Kometa, è Andrea Montoli: classe 2002, lombardo di Parabiago. Il 2022 è stata la sua seconda stagione corsa nella categoria che fa da anticamera al professionismo. L’inizio delle gare si avvicina e con Andrea bussiamo al 2023, cui chiede qualcosa in più, forte delle motivazioni trovate l’anno scorso.
A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23
A breve si riparte
Mentre i professionisti hanno già attaccato il numero sulla schiena, gli under 23 si trovano ancora nel periodo pre-stagione. L’inizio però non sembra così lontano.
«Ora sono in Friuli dalla mia ragazza – racconta Montoli – e ogni tanto vengo qui per stare con lei. Domani (oggi, ndr) sono previsti 18 gradi. Approfitto di questo clima anomalo per passare del tempo insieme a lei e per allenarmi, se fa caldo ti viene anche più voglia (dice ridendo, ndr). A breve, l’11 febbraio, andremo a fare un ritiro con la squadra in Spagna, poi il 18 ed il 19 ci saranno due gare. Sfruttiamo il tempo per lavorare insieme e scoprire quale calendario andremo a fare. Avevamo già fatto un ritiro a dicembre, ma si trattava più di un ritrovo. Arrivavo dalle vacanze e avevo anche qualche chiletto in più. Sapete, difficile non mangiare quando si va a Napoli e Catania, però avevo avvisato la squadra, mi ero portato avanti (dice ridendo di nuovo, ndr)».
Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)
I vecchi compagni
Nel ritiro di Oliva di dicembre era presente anche la formazione professional, in cui da quest’anno sono passati anche quattro suoi ex compagni. Che effetto fa trovarli “dall’altra parte?”.
«Ci vedevamo poco – continua – praticamente solo la sera per mangiare e qualche volta incrociavamo il loro gruppo di allenamento. Vedere i ragazzi che erano under l’anno scorso fa un certo effetto, a me ha dato una bella motivazione. Ha alimentato la speranza che un giorno possa arrivare anche per me quel momento. Ho avuto la sensazione che il progetto sia concreto, che impegnandomi come hanno fatto loro, possa arrivare anche il mio turno.
«I lavori fatti a casa fino ad ora mi danno buone sensazioni – dice – si è lavorato molto sul fondo, tanto volume e qualcosa di intensità. Il ritiro di febbraio servirà proprio per capire il livello al quale siamo arrivati, sarà un primo feedback per il team».
Tra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionaleTra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionale
Un passo indietro
Con Montoli, però, analizziamo prima quello che è successo nel 2022, alla sua seconda stagione con la Fundacion Contador. Qualche passo in più, una buona crescita ed il premio con lo stage tra i professionisti.
«E’ stata una stagione in crescendo – racconta il lombardo – ero partito in sordina, ma dalle gare internazionali in poi sono migliorato pian piano. Fino ad ottenere la prima vittoria tra gli under 23 a settembre, in Spagna. Lo stage con i professionisti è stata una bellissima occasione dalla quale porto a casa numerose emozioni. La cosa più bella è essere riuscito a scambiare qualche battuta con Nibali alla Coppa Agostoni e Bernal al Giro della Toscana. In quelle corse la squadra mi aveva chiesto di mettermi a disposizione nelle fasi iniziali. Ho provato ad entrare in qualche fuga ma partivano sempre uno scatto dopo rispetto a quelli che riuscivo a fare (ride ancora. ndr).
«Il ritmo è tanto diverso da quello al quale sono abituato. Nei primi venti minuti si va fortissimo, poi si rallenta e le squadre si organizzano. La bagarre per prendere in testa le salite è tostissima, devi saper spingere il rapporto. Mi trovavo tra corridori di Ineos e UAE, mi ha fatto uno strano effetto, ma ho cercato di stargli a ruota. E’ stata una gran bella esperienza: salire sul pullman, fare la riunione pre corsa… Quando ero piccolo andavo a queste corse chiedendomi cosa ci fosse sul bus delle squadre, finalmente l’ho scoperto! Spero di tornarci di nuovo».
Montoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di CarnagoMontoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di Carnago
Il Giro Under 23
Tra le corse affrontate da Montoli nella scorsa stagione c’è stato anche il Giro d’Italia U23. Una prima volta speciale anche questa, per diversi motivi…
«Si è trattata di una grande esperienza – ci dice – ti confronti con i corridori migliori al mondo. Molti di loro ora li vedi in televisione a correre con i professionisti. E’ un mondo completamente diverso, in qualche modo simile a quello dei grandi, con le dovute proporzioni. Fai tanta esperienza, imparando a “vivere come un professionista”, dalla colazione fino alla cena, e questo giorno dopo giorno. Dal punto di vista atletico l’ho trovato molto utile, ti dà una grande continuità ed impari a gestirti.
«Nella tappa di Santa Caterina, la più dura, fin dai piedi del Mortirolo dalla macchina mi hanno consigliato di risparmiare energie per arrivare al traguardo. Anche perché l’indomani dopo c’era una tappa (quella di Chiavenna, ndr) più adatta alle mie caratteristiche. Devi imparare a correre guardando la corsa nel suo insieme e non semplicemente giorno per giorno».
L’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in piùL’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in più
Debutto in Spagna
Il buon umore di Montoli è contagioso, il giovane corridore parla sciolto, sempre con la risata pronta. Ma non fatevi ingannare troppo, gli obiettivi per il 2023 ci sono e la motivazione anche, d’altronde inizia il terzo anno da under.
«L’obiettivo per la stagione che inizierà a breve – conclude Montoli – è quello di crescere ancora. Presentarmi alle corse che l’anno scorso ho affrontato per la prima volta e riuscire a fare meglio. Vorrebbe dire che ho imparato dalle esperienze pregresse e sarebbe un segno di maturità. Alla fine inizio il terzo anno da under 23 e vorrei provare a fare il grande salto, sono giovane ma per il ciclismo moderno non così tanto (ride, ndr)».
Abbiamo incontrato Ivan Basso in uni dei rari stop nelle sue giornate frenetiche. ecco come cresce il team 2024. Il mercato. La maglia. Il budget. Le idee
Ieri la cronometro individuale con la vittoria di Miguel Angel Lopez, domenica la prova su strada dei campionati nazionali. Il ciclismo colombiano non aspettava altro, per una serie di motivi trasversali che stanno diventando di primario interesse. La disdetta inattesa da parte di Bernal ha lasciato i tifosi sgomenti. Il recupero di Egan ancora una volta si è inceppato su un problema fisico. La sensazione, avendolo osservato da vicino nei giorni argentini, è che probabilmente il processo avrebbe richiesto altri tempi. E che assecondare la meraviglia di quel rientro prodigioso, facendo crescere la potenza (necessaria per correre) su una struttura non ancora in grado di sostenerla, rischia ora di trasformarsi in un boomerang. Lo sforzo all’Alto del Colorado alla Vuelta a San Juan ha infiammato la rotula e ora bisogna farci i conti.
«Tutti devono capire – ha detto il preparatore Xavi Artetxe ad ADN Cycling – che qualunque cosa accada, Egan è qui è per la sua voglia di correre i campionati nazionali davanti alla sua gente. E se non lo fa, la frustrazione più grande è certo la sua. Vogliamo essere ottimisti, ma la verità è che la situazione è complicata. Quello che invece non vogliamo è che uno o due giorni di gara compromettano la buona traiettoria che ha per il resto della stagione».
La Vuelta a San Juan ha mostrato un Bernal in ripresa, ma ancora fragileLa Vuelta a San Juan ha mostrato un Bernal in ripresa, ma ancora fragile
Nairo ci sarà
A fronte della complessa situazione di Bernal, sulle strade dei Campeonatos Nacionales de Ruta 2023 di Bucaramanga, i riflettori saranno puntati per motivi simili su Nairo Quintana e ovviamente Miguel Angel Lopez.
Il primo torna alle corse dopo il mondiale di Wollongong. Ha preso atto che il tacito bando emesso ai suoi danni dopo la positività al Tramadol ha congelato l’interesse delle squadre. I campionati nazionali non erano nei suoi programmi, per alcuni problemi di salute di cui aveva parlato in precedenti interviste. Tuttavia, dopo la conferenza stampa in cui ha cercato di rilanciarsi come corridore, il corridore di Combita ha cambiato rotta e annunciato la sua partecipazione. Correrà nella nazionale mista diretta da Mario Jaramillo, esperto tecnico colombiano.
«Nairo Quintana – spiega il presidente della federazione Mauricio Vargas – è una figura di rilievo nazionale e giusto qualche giorno fa stavamo discutendo di alcune cose sul ciclismo colombiano. Ha preso da solo la decisione di venire ai campionati nazionali. Ha fatto alcune consultazioni con il suo staff medico e ha ricevuto l’approvazione in modo che potesse essere presente a Bucaramanga. E’ importante che un uomo come Nairo partecipi, perché conosciamo il peso che ha in nazionale. E’ una gioia che siano presenti le grandi figure del nostro ciclismo».
Lopez ha vinto la crono del campionato nazionale colombiano oltre i 48 di media (foto Noticiclismo)Lopez ha vinto la crono del campionato nazionale colombiano oltre i 48 di media (foto Noticiclismo)
«La vittoria di Miguel alla Vuelta a San Juan – ha raccontato Brayan Sanchez, suo compagno al Team Medellin – è stata bella, qualcosa che la squadra voleva ottenere e che stavamo aspettando, visto che avevamo lavorato duramente per ottenerla. Anche nella tappa che ha vinto, abbiamo lottato per lui. E’ stata una grande gioia. Io ho sempre voluto essere in una grande squadra. Ho lavorato per ottenere risultati per me e per gli altri. Aiutare Lopez è qualcosa di bello, perché è una persona fantastica. Abbiamo avuto l’opportunità di trovarlo sulla nostra strada e ci siamo resi conto che oltre ad essere un corridore di gran classe, è un grande essere umano».
Il campionato colombiano su strada si svolge a bassa quota, su un circuito di 23,6 chilometri da fare 10 volteIl campionato colombiano su strada si svolge a bassa quota, su un circuito di 23,6 chilometri da fare 10 volte
La crono di Lopez
Superman intanto si è portato a casa il titolo nazionale della cronometro. Ha percorso i 43,5 chilometri in 52’59” a 48,876 di media, lasciandosi dietro Vargas e Contrerars, che un giorno fu a sua volta corridore della Quick Step e poi dell’Astana.
«Sono contento – ha detto Lopez – è stato un giorno molto buono, per me e per la squadra. Conoscevo il percorso e ho avuto un direttore tecnico molto esperto. Ieri sera siamo andati a vedere la strada in macchina, in modo da ricordare ogni piccolo dettaglio. Penso che domenica sarà dura come oggi, per cui per ora ci riposeremo, recupereremo e domenica vedremo cosa inventare».
La corsa su strada si svolgerà su un circuito di 23,6 chilometri da ripetere 10 volte per un totale di 236 chilometri. Nessuna quota proibitiva. Discesa, salita e poca pianura. Probabilmente sarà corsa per uomini da classiche più che per scalatori, ma questo Lopez vola. Ed ha ancora il dente avvelenato.
La vittoria di Bernal parla tanto di felicità e cose semplici. Il colombiano parla di famiglia e divertimento. Una bella svolta nel professionismo estremo
La solita storia, lo sapevamo, ma abbiamo atteso l’ufficialità della notizia. E intanto in Argentina scherzavamo con Biagio Conte sull’imminente arrivo di Giovanni Ellena sull’ammiraglia della Eolo-Kometa.
«Allora lo sai?», rideva il siciliano.
«Che cosa? Ma figurati…», rispondevamo con identica allegria.
«E’ uno in gamba – ancora Conte – e una mano ci serviva».
Ellena alla Eolo, Spezialetti alla Bingoal: i due diesse più esperti della Drone Hopper attesi a sfide importantiEllena alla Eolo, Spezialetti alla Bingoal: i due diesse più esperti della Drone Hopper attesi a sfide importanti
Tutti gli uomini di Savio
Adesso che il comunicato è arrivato, si può finalmente condividere il cammino che ha portato il direttore sportivo piemontese nella squadra di Basso e dei fratelli Contador, al termine di un periodo non semplice. Dalla scorsa estate, quando è stato palese che la Drone Hopper fosse una bolla di sapone già scoppiata, tutti coloro che erano coinvolti nel progetto hanno iniziato a cercarsi una nuova casa.
Mariano Umberto, osteopata, è andato alla Tudor. Andrea Foccoli, meccanico, alla Ineos. Stefano Di Zio, massaggiatore, alla Israel. Andrea Zanardini, massaggiatore, alla Bardiani. Barbero e Tessaro al UAE Team Adq, Paolo Alberto, massaggiatore, alla Eolo. Licio Scartozzi a giornate sul bus della Jayco-AlUla e a breve su quello della Ineos. Lo staff di medici e preparatori alla Bardiani.
Fra i direttori sportivi non è stato facile. Daniele Righi, l’ultimo arrivato, non è riuscito ancora a sistemarsi, ma potrebbe entrare nella continental di Savio. Spezialetti è alla Bingoal. Canciani alla China Glory. Cheula ha un negozio di bici ed è team manager della Aries nei dilettanti. Ellena (che in apertura è con Bernal dopo il Tour 2019, nel Ristorante Buasca in cui l’ha accolto) ha trovato la sua strada.
Un incontro a Oliva (Spagna) a gennaio con Basso e i due fratelli Contador ed è arrivato l’accordo con EllenaUn incontro a Oliva (Spagna) a gennaio con Basso e i due fratelli Contador ed è arrivato l’accordo con Ellena
A che punto si è palesata l’opzione Eolo?
E’ venuta fuori con il passare dei giorni. Per un po’ c’erano stati dei contatti con una WorldTour, ma l’ipotesi è naufragata. Ho fatto un colloquio e ne siamo usciti anche bene, poi però non se ne è fatto niente. Tutto sommato però, sono contento che sia andata così.
Perché?
Magari è il discorso della volpe e l’uva, però mi chiedo se in certe squadre sia ancora possibile fare il direttore sportivo per come lo intendo io. Non ho mai provato, quindi non posso dirlo, però mi sembra tutto molto sterile, freddo. Da quello che si sente dire, le persone sono come numeri. Qua invece, anche se inizio in punta di piedi, mi sento già parte del gruppo.
Sorpreso?
Non mi aspettavo una fiducia del genere. Ci sono colleghi con cui parlo un po’ di più, come possono essere Volpi, oppure ogni tanto il “Brama” con cui si scherza, oppure Cozzi. Con Zanatta invece penso di non essermi sentito al telefono una sola volta in tanti anni, quindi mi fa molto piacere il fatto che loro abbiano così fiducia. Vuol dire che fondamentalmente l’ho mostrata sul campo.
Zanatta ed Ellena sono entrambi direttori di vecchia scuola, molto preparati, bravi con i giovani e di poche parole (foto Borserini)Zanatta ed Ellena sono entrambi direttori di vecchia scuola, molto preparati, bravi con i giovani e di poche parole (foto Borserini)
Come è avvenuto il contatto?
Questa è stata una cosa un po’ strana. Ivan Basso l’avevo sentito già due anni fa. Poi con Drone Hopper era venuto fuori un discorso di crescita, quindi avevamo lasciato perdere per vari motivi. A dicembre ho semplicemente fatto a Ivan gli auguri di Natale e il giorno di Santo Stefano mi ha chiamato Zanatta, chiedendomi come fossi messo. Non credo che le due cose siano in relazione. Perché effettivamente loro avevano bisogno di un supporto (alla fine del 2022 Sean Yates ha lasciato la squadra, ndr) e lì è iniziato il discorso.
Nel frattempo avevi cominciato a lavorare con la continental?
Sì, ma di fatto non si sapeva che cosa diventerà. Potrebbe essere anche un bel progetto, però non lo sentivo mio. Avevo già cominciato a organizzare anche il modo di farli venire in Europa. Dovrò sempre ringraziare Savio e Bellini per avermi introdotto in questo ambiente. Ho imparato tanto da loro, ma l’idea di trovare nuovi stimoli mi è subito piaciuta.
Cosa è successo dalla telefonata di Zanatta?
Mi hanno invitato per due giorni in Spagna. Sono stato a Oliva con loro e abbiamo parlato di punti di vista, vari aspetti del lavoro. Finché mi sono trovato allo stesso tavolo per un colloquio con Alberto e Fran Contador, Zanatta e Basso e abbiamo chiuso il discorso.
Sean Yates, che aveva guidato Basso, si occupava dello sviluppo dei materiali, ma ha lasciato il teamSean Yates, che aveva guidato Basso, si occupava dello sviluppo dei materiali, ma ha lasciato il team
Inizialmente si era parlato di un contratto a giornate?
Vero, però alla fine abbiamo trovato la soluzione di fare un mezzo fisso, chiaramente molto ridotto. Ho detto che il contratto a giornata non è nella mia mentalità. Voglio sapere tutto di tutti, infatti ieri sera abbiamo già fatto la prima riunione online con i preparatori e i diesse, anche se chiaramente in questo momento posso solo ascoltare. Ho chiesto di essere coinvolto, perché quando il direttore sportivo va a una corsa, deve sapere di cosa parla. Non deve essere quello che è lì per una sola giornata, non vado solo per guidare la macchina. Ho visto che quando ho fatto questo discorso, l’hanno apprezzato e hanno capito la mia filosofia.
In squadra trovi qualche corridore con cui hai già lavorato, giusto?
Sì, Gavazzi e anche Mattia Bais. Poi c’è qualche pallino del passato come Fancellu, che non conosco bene, ma avrei sempre voluto conoscere meglio per sentire cosa c’è sotto. Sarebbe tutto più facile se fossi entrato al primo ritiro, ieri sera l’ho detto durante la riunione. Ho passato la maggior parte del tempo ad ascoltare, perché sentivo tantissime cose completamente nuove dal punto di vista delle caratteristiche di corridori che non conosco. E quindi dovrò imparare tutto pian pianino.
Si comincia con il Gran Camino…
Andrò con Jesus Hernandez, quindi farò la seconda ammiraglia, ma ben volentieri perché questa squadra è un meccanismo nuovo, quindi devo capire come funziona.
Gavazzi è stato un corridore di Ellena alla Androni: per il tecnico è uomo di grande carismaGavazzi è stato un corridore di Ellena alla Androni: per il tecnico è uomo di grande carisma
Nel frattempo hai parlato con Savio e Bellini?
Prima di andare in Spagna ho chiamato Bellini, mentre a Gianni che era ancora in Venezuela, ho mandato un messaggio quando sono tornato e avevo ormai raggiunto l’accordo. Poi ho richiamato Marco, spiegandogli la situazione. Entrambi hanno detto che faccio bene, dall’altro lato ovviamente dispiace, perché siamo stati insieme per 17 anni, ma hanno capito il mio punto di vista.
Che cosa ci si aspetta in una squadra nuova?
Ho già ottenuto tantissimo. La fiducia che ho visto da parte di Basso e di Zanatta e l’apertura nei miei confronti da parte dei due fratelli Contador, che non mi conoscono, è un ottimo punto di partenza. Adesso sta a me dimostrare qualcosa. Dopo tanti anni, voglio provare qualcosa di diverso. Ho avuto parecchie volte la voglia di cambiare, ma non c’era stata mai l’occasione. Adesso è arrivata, e voglio sfruttarla davvero al mio meglio.
Nel frattempo ti sei rimesso sui libri…
Ho sentito la necessità di crescere. Se vai a fare dei colloqui, che cosa metti sul piatto? Se l’esperienza non basta, devi metterci la cultura, la preparazione e la voglia di imparare ancora. Quindi ti rimetti a studiare. Diciamo spesso che i tecnici italiani sono i più bravi e sono anche d’accordo. Però attenzione, perché sta arrivando un’ondata di giovani che sono molto più preparati. E’ vero che a livello psicologico e di conoscenza dei ragazzi forse siamo migliori, perché la mentalità latina e italiana permette di avvicinarsi con maggiore empatia alla persona. Devi essere bravo a capire il momento di crisi, ma anche a indicare la strada giusta. E se non hai una base di preparazione importante, il ragazzo giustamente scappa.
Giovanni Ellena ha 56 anni, ha corso nei dilettanti ed è direttore sportivo dal 2006Giovanni Ellena ha 56 anni, ha corso nei dilettanti ed è direttore sportivo dal 2006
Ti è mai capitato di non sapere cosa rispondere?
Ancora no, perché di fronte alla situazione più spinosa, al massimo ho preso tempo e sono andato a documentarmi. Però in futuro vorrei essere pronto subito. E così mi sono iscritto a Scienze Motorie, anche se qualcuno mi ha preso per matto. Mia moglie mi ha dato un grande appoggio. Sia per riprendere gli studi, sia per cambiare squadra. E a me invece è venuto in mente il mio vecchio professore di inglese…
Cosa diceva?
Una volta, facendo una battuta in classe, raccontò che era andato da lui per delle ripetizioni un signore di 80 e passa anni. E lui gli aveva chiesto perché mai fosse andato a studiare inglese. E questo qua in piemontese gli aveva detto: «Ma metti che vado su e San Pietro parla inglese? Che cosa gli rispondo?». Volete che a questo punto anche io non possa mettermi a studiare a 56 anni?
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