Viviani ha visto Cavendish: «E’ già in forma per il Tour»

18.05.2024
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In partenza per la Norvegia, Elia Viviani torna con la mente al recente Giro d’Ungheria e in particolare alla seconda tappa nella quale ha chiuso al sesto posto ma soprattutto è stato testimone diretto del ritorno al successo di Marc Cavendish. L’olimpionico di Rio 2016, da sempre grande amico del gallese, non ha mai fatto mistero di essere fermamente convinto che Cav possa centrare il suo grande obiettivo: ottenere il record di tappe in carriera al Tour de France.

«Cav è sulla giusta strada – sostiene Viviani – ha fatto la scelta di partecipare al Giro di Turchia senza prendere parte ad alcuno sprint, ha messo fieno in cascina. In Ungheria aveva tutta la squadra per sé: l’Astana era stata costruita proprio per le sue tappe, diciamo che hanno fatto le prove generali per il Tour e il risultato è stato positivo. Bol e Morkov hanno tirato la volata nella maniera giusta e lui aveva le gambe per tenere, anche quando Groenewegen ha provato a rimontarlo».

La volata di Kazincbarcika, con il britannico che contiene Groenewegen. Dietro Viviani, 6°
La volata di Kazincbarcika, con il britannico che contiene Groenewegen. Dietro Viviani, 6°
Si cominciano a vedere i meccanismi del treno che dovrà portarlo verso il record?

Sì, si vede che ci stanno lavorando sodo. Per farlo hanno fatto investimenti importanti, non solo a livello di uomini ma anche di tempo. Non era facile scegliere di andare in Turchia senza puntare agli sprint, ma è stato un investimento fruttuoso. Ora hanno un treno rodato per i grandi eventi. All’inizio Syritsa è difficile da superare e dà al treno il giusto lancio. Fondamentale è l’apporto di Bol che da penultimo uomo lo porta molto più lontano di quanto fanno altri specialisti. Morkov poi lo lancia con tranquillità verso l’ultimo sforzo. In questo treno potrebbe inserirsi bene anche Ballerini che vedo sta facendo cose egregie al Giro.

E Cavendish?

Poi c’è anche lui, certo. La cosa che mi ha più impressionato e mi ha reso sempre più convinto delle sue possibilità è il fatto che Groenewegen, che pure è un signor velocista, nella rosa dei 4-5 più forti al mondo, non lo ha rimontato. Significa davvero che Cav è indirizzato bene verso l’obiettivo.

Il bielorusso Syritsa si è rivelato fondamentale nel lanciare il treno di Cavendish
Il bielorusso Syritsa si è rivelato fondamentale nel lanciare il treno di Cavendish
Tu eri impegnato in quella volata, ce la racconti?

Puccio aveva svolto un lavoro egregio per portarmi nelle prime posizioni, ma davanti c’erano Groenewegen e Welsford che facevano a spallate per avere la miglior prospettiva di lancio e quest’ultimo ha avuto la peggio finendo dalla parte delle transenne. Io ero 4 posizioni dietro e sapevo che a quel punto potevo fare la volata per ottenere un piazzamento, ma non oltre. Avevo una posizione privilegiata per vedere tutta la strategia dell’Astana, la sfida tra Cav e l’olandese.

Una forma raggiunta troppo presto?

Non direi, anche perché al Tour non ci saranno né Milan Merlier. In questo momento ritengo Milan il più forte di tutti, quando non commette errori. Il principale rivale del gallese sarà Philipsen che ritengo si confermerà il più forte e darà la caccia al bis per la maglia verde, ma almeno in un paio di occasioni Cavendish potrà mettere la sua ruota davanti, anche perché non è detto che Philipsen poi le faccia tutte.

L’ex iridato alle spalle di Cees Bol, capace di azioni prolungate nella fase finale dello sprint
L’ex iridato alle spalle di Cees Bol, capace di azioni prolungate nella fase finale dello sprint
Veniamo a Viviani e al suo cammino di avvicinamento a Parigi…

Sono in partenza per il Giro di Norvegia, dove ci sarà una tappa che quasi certamente finirà in volata e un’altra con buone probabilità. Io ho iniziato da fine aprile la seconda fase di preparazione per Parigi, con molta palestra e lavori corti ma intensi. Su strada le mie sensazioni sono altalenanti, credo di essere molto potente per sforzi intorno al minuto ma di non avere un equilibrio totale.

Che cosa ti manca?

E’ come se avessi le gambe incatramate. Il carico di lavori di potenza non mi dà la resistenza sufficiente per quando la strada si rizza sotto le ruote. Sui percorsi misti pago dazio, ma in questo momento e per gli obiettivi che ho ci sta.

Viviani lavora in funzione di Parigi. Prossima tappa il Giro di Norvegia dal 23 al 26 maggio
Viviani lavora in funzione di Parigi. Prossima tappa il Giro di Norvegia dal 23 al 26 maggio
Ti ha sorpreso la vittoria di Benjamin Thomas al Giro d’Italia? Se ora vince anche su strada…

E’ una di quelle azioni di cui Ben è un maestro. Anche lo scorso anno al Tour lo hanno ripreso a pochissimo dal traguardo, gli stava riuscendo anche lì. Ha vinto a Lucca proprio grazie alle sue doti da pistard, sapendo attendere il momento giusto per passare negli ultimi metri. E’ chiaro che a Parigi avrà tanta pressione addosso, ma lui e Hayter sono i grandi favoriti per l’omnium, poi c’è un fazzoletto di atleti per un terzo posto sul podio tra cui spero di essere anch’io.

Da qui a Parigi avrete occasione di fare qualche gara per la madison?

No e questo ci preoccupa molto. Non ci sono più tappe di Nations Cup, io e Consonni dovremo lavorare molto sulla tecnica riservandoci tempo, lui dalla preparazione del quartetto e io da quella dell’omnium. Dovremo provare i cambi per non perdere metri, fare lavori altamente tecnici ma non avere occasioni di confronto ci penalizza. Anche gareggiare in prove di classe 1.1 non ci dà quelle sensazioni di alta competitività di cui abbiamo bisogno. Fra le specialità di Parigi è quella dove partiamo più indietro, da outsider.

Groenewegen “punta” il Tour e benedice Cavendish

04.12.2023
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TORINO – Guardare avanti per tornare ad alzare le braccia come nel passato. Il Tour de France 2024 è già nei pensieri di Dylan Groenewegen, lo sprinter su cui il Team Jayco-AlUla punterà almeno per altre due stagioni, sperando di rivederlo sfrecciare come ha fatto lo scorso anno, ma non così bene nella stagione che si sta per concludere.

L’ultimo squillo alla Grande Boucle 2022 arrivò nella terza tappa in terra danese e, dando un’occhiata al prossimo percorso giallo, anche stavolta il 3 potrebbe essere il numero perfetto per graffiare l’asfalto, con l’arrivo veloce nel cuore di Torino. Proprio nel capoluogo piemontese, abbiamo incontrato il trentenne olandese, dopo che ha svolto le visite di rito all’Istituto delle Riabilitazioni Riba – Gruppo Cidimu.

Terzo al GP Van Looy, dietro Philipsen e Koioij. Nel 2023 sono venute 4 vittorie
Terzo al GP Van Looy, dietro Philipsen e Koioij. Nel 2023 sono venute 4 vittorie
Qual è il tuo bilancio del 2023?

La stagione nel complesso è andata bene, anche se forse mi sarei aspettato qualche vittoria in più. In particolare, puntavo a una tappa al Tour, che ho sfiorato in più occasioni, ma arrivarci vicino non basta, per cui ci riproverò l’anno prossimo. 

Dunque, la Grande Boucle è un’ossessione per te?

Il Tour de France è l’obiettivo primario, ma prima comincerò con l’AlUla Tour (fino a quest’anno Saudi Tour, ndr), che per ovvie ragioni è una corsa molto importante per la nostra squadra. Voglio essere in forma già dall’inizio, ma poi cercherò di essere al meglio per il 1° luglio.

Chi saranno i tuoi uomini di fiducia?

Di solito, al mio fianco, ho sempre Luka Mezgec. Poi c’è Elmar Reinders che sta facendo un ottimo lavoro, mentre quest’anno non ho potuto contare su Amund Jansen, ma sono sicuro che si è messo sotto per tornare ad andare forte e non vedo l’ora di correre di nuovo con lui, perché sono sicuro che saprà aiutarmi molto in corsa. Prezioso sarà anche l’apporto di Luke Durbridge

Groenewegen durante l’intervista con Alberto Dolfin, autore dell’articolo
Groenewegen durante l’intervista con Alberto Dolfin, autore dell’articolo
Com’è cambiata la vita degli sprinter nei grandi giri rispetto ai tempi di Cipollini in cui i treni dei velocisti la facevano da padroni?

Il ciclismo è in continua evoluzione e ora, invece di avere 6 o 7 persone a disposizione, il velocista ne ha al massimo 3 o 4 che lo possono supportare. Anche nella stagione appena conclusa, la nostra squadra si è divisa 50 e 50 tra chi supportava Simon Yates per la classifica generale e chi me per le tappe. Ma non mi lamento, perché adesso tutti corrono così.

Credi che siano diminuite le opportunità per i velocisti nei grandi giri?

No, non credo, al massimo ci sono tappe più dure o il gruppo accelera sulle salite, per cui rende la corsa più dura. Ogni anno il ciclismo si evolve e, per quanto riguarda gli sprint, all’ultimo Tour, in tanti ci hanno provato, ma l’unico che ha trovato l’equilibrio perfetto è stato Philipsen.

Tornando, invece, un po’ indietro: ci racconti qual è la relazione tra te e Fabio Jakobsen dopo quanto accaduto al Giro di Polonia 2020?

Io e Fabio non siamo mai stati amici e non lo siamo nemmeno adesso. Lui è un grande sprinter e lo considero tale, nulla più. 

La drammatica caduta che stava per costare la vita a Jakobsen al Giro di Polonia
La drammatica caduta che stava per costare la vita a Jakobsen al Giro di Polonia
Ci racconti la tua risalita in sella dopo quanto successo e tutte le critiche ricevute?

E’ stato un periodo molto lungo e duro senza corse, perché prima è arrivato il Covid e poi la squalifica per quanto successo in Polonia. Mi sono allenato e poi tenuto impegnato con la mia famiglia. In tanti mi chiedevano se mi mancassero le corse, ma la realtà è che ero molto preso dalla gravidanza di mia moglie e poi dalla nascita del primogenito Mayson, che peraltro ha avuto anche un po’ fretta di uscire allo scoperto. In quel periodo, lui è stata la mia priorità e il ciclismo è venuto dopo.

Adesso ti senti di nuovo come prima?

Sì, nell’immediato sbagliai ad andare subito al Giro d’Italia, perché non ero ancora pronto dopo tanto tempo fermo. Per fortuna, grazie anche all’addio alla Jumbo e all’approdo in questa squadra, ho ritrovato il divertimento in quello che faccio e mi sono sentito accolto in famiglia

Quando non pedali, ti piace fare qualche altro sport?

Passo molto tempo in palestra. Poi, d’inverno, mi piace andare a correre.

Come sarà sfidare per l’ultima volta Cavendish al Tour 2024?

Potete dire una corsa qualsiasi e quasi sicuramente lui l’ha vinta. Forse è il miglior sprinter di tutti i tempi e sono certo al 100 per cento del fatto che Mark ha le carte in regola per battere il record di Merckx. Avrà bisogno di un pizzico di fortuna, perché ha perso un po’ di spunto veloce rispetto agli anni d’oro, ma non conosco nessuno così scaltro nei finali di tappa. 

Ti vedremo mai in qualche classica?

Abbiamo tanti corridori in squadra che possono vincerle, come Ewan o Bling (Michael Matthews, ndr), mentre io mi sento più sprinter da grandi Giri. 

Quanti tatuaggi hai?

Ne ho tre, ciascuno con un significato ben preciso. Due sul braccio destro, a cui sono molto affezionato: uno è un leone che protegge il suo leoncino, ovvero io con Mayson, che ora ha 3 anni. Mentre l’altro è una donna con un orologio, che rappresenta il tempo e la pazienza che ci ho messo durante la lunga pausa forzata per tornare al mio livello di prima.

Dietro il ritorno di Ewan c’è lo zampino di Copeland

26.10.2023
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C’è un ciclismo che a ottobre va in vacanza ed è quello dei corridori. Dall’altra parte c’è un ciclismo che ora raddoppia i suoi impegni: è quello dei diesse, dei team manager e degli staff. Brent Copeland non è da meno e in questo autunno che in un batter d’occhio ha invaso la nostra penisola lui lavora già per il 2024. Copeland vive a Como da qualche anno, parla un italiano fluente e non si nasconde dietro risposte scontate.

Fra i colpi di mercato più interessanti della Jayco-AlUla per il 2024 c’è sicuramente il ritorno di Caleb Ewan
Fra i colpi di mercato più interessanti della Jayco-AlUla per il 2024 c’è sicuramente il ritorno di Caleb Ewan

(Ri)ecco Ewan 

La sua squadra, la Jayco-AlUla, ha da poco ufficializzato il ritorno di Caleb Ewan, il velocista tasmaniano ha lasciato la Lotto Dstny per tornare all’ovile, da dove la sua carriera ha avuto inizio.

«Per noi – dice con una risata Copeland – questi sono i mesi con più stress, niente vacanze. Ci sono da preparare le registrazioni dei corridori, maglie, loghi, mezzi e disegni per il 2024. Questa settimana sono a Taiwan, nella sede di Giant, per qualche giorno. Sarò con Yates che prenderà parte alla Taiwan Kom Challenge. Una gara di 105 chilometri che prevede la scalata di una salita lunga 90 chilometri, con 3.200 metri di dislivello. Nell’albo d’oro spunta anche il nome di Nibali nel 2017».

Passiamo dalla salita alla pianura, dal 2024 riaccogliete Caleb Ewan…

Vero, un corridore che a noi è sempre piaciuto, ha il giusto atteggiamento ed il carattere adatto. E’ passato professionista con noi e, quando si è trattato di cambiare strada, lo abbiamo fatto nella maniera giusta. Per lui era arrivato il momento di provare qualcosa di diverso. Ora invece è tornato indietro, per far vedere quanto vale. Ha ancora tanti anni da professionista davanti. 

Quando siete entrati in contatto per riportarlo da voi?

Dopo l’estate, ha avuto dei problemi al Tour de France con la sua vecchia squadra, non andavano più d’accordo e Caleb si è guardato in giro. E’ un velocista di primo piano, tante squadre lo volevano: un corridore come lui può portare una decina di vittorie in una stagione. Questo comporta guadagnare punti, visibilità per la maglia, gli sponsor.

Per Copeland, qui in foto con Groenewegen, due velocisti di punta in squadra possono convivere bene
Per Copeland, qui in foto con Groenewegen, due velocisti di punta in squadra possono convivere bene
Cosa importante visto che le licenze si giocano ai punti in una classifica triennale. 

Noi nel 2022 ci siamo presi un bello spavento visto che siamo finiti in fondo alla classifica del triennio 2019-2022. Non creeremo un calendario incentrato su Ewan, ma avere un velocista come lui aiuta a mantenere il livello alto. Considerando che abbiamo anche Groenewegen.

I due si trovano bene insieme?

Sono molto amici, Ewan è stato accanto a Dylan dopo l’incidente al Tour de Pologne con Jakobsen. Non avranno problemi di “convivenza” ci sono talmente tante corse che avere due velocisti forti è quasi necessario. C’è un altro punto di forza.

Dicci…

Il treno: Ewan è un velocista che sa cavarsela anche da solo, a differenza di Groenewegen, che necessita di un treno tutto suo. A Caleb per fare una volata non servono molti uomini, solo un paio che lo aiutino a posizionarsi nell’ultimo chilometro, poi lui fa da solo. Dal punto di vista di un grande Giro un corridore del genere ti permette di dividere la squadra in due: classifica generale e tappe. 

Quindi non ha avanzato nessuna richiesta di uomini che potrebbero servirgli?

No no, si fida di noi. Abbiamo una bella squadra, che può aiutare sia Ewan che Groenewegen. 

Rispetto alla sua avventura precedente cambia bici, passando da Scott a Giant, avete già preso le misure?

Insieme ai corridori extra europei abbiamo già fatto delle visite mediche e dei controlli. Il mio viaggio a Taiwan serve anche per questo, andrò a vedere due o tre nuovi prototipi di bici, sono molto curioso di vedere cosa hanno pensato. In primis io sono appassionato di tecnica e materiali, in secondo luogo Giant è il primo marchio al mondo per produzione. Sono molto specifici e precisi nel loro lavoro. 

E’ ancora presto per ipotizzare il calendario di Ewan?

Sì, lunedì abbiamo stilato il calendario di corse, ma per capire chi gareggerà e dove è ancora presto, anche perché il Tour è stato presentato solamente ieri. Il percorso del Giro d’Italia, però è molto interessante, a mio modo di vedere ci sono sette tappe aperte ad arrivi in volata. 

Una certezza c’è, Ewan di solito parte presto a correre, a gennaio dalle corse di casa in Australia. Avete già qualche ritiro programmato per arrivare pronti ai primi appuntamenti?

Il 10 dicembre in Spagna partiremo con un ritiro “ridotto” ci saranno solamente una decina di corridori del team maschile e qualche ragazza di quello femminile. Poi il 15 gennaio lavoreranno gli altri, mentre i primi saranno a correre in Australia

L’esordio del tasmaniano (a destra in foto) è avvenuto però nel 2014, da stagista, qui al Tour of Beijing
L’esordio del tasmaniano (a destra in foto) è avvenuto però nel 2014, da stagista
Ewan ritrova anche Jayco, sponsor del team dove militava prima di passare professionista…

Jayco, come Bike Exchange e Mitchelton, è di proprietà di Gerry Ryan, capo del nostro team. Gli è sempre piaciuto Caleb ed è stato il primo a volere il suo ritorno da noi.

L’ultima domanda: cosa ti aspetti dal ritorno di Ewan?

Mi aspetto che porti un ambiente vincente. Ha questa mentalità che porta a creare una forte connessione con i compagni ed è in grado di tirare fuori il meglio da loro.

Dall’Arabia risponde Consonni. Simone re a Maraya

04.02.2023
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«Sto facendo i bagagli e sto lavando le scarpe. Con il tratto di sterrato erano diventate marroni», succede anche questo ad un corridore, campione olimpico, che ha vinto da poco una corsa. Da Simone a Simone. Dopo il racconto della bella vittoria di Velasco di ieri, qualche ora prima, aveva alzato le braccia al cielo anche Simone Consonni.

Al Saudi Tour il corridore della Cofidis ha raccolto una vittoria pesante. Erano le dieci di sera in Arabia Saudita quando Simone ci ha raccontato tutto. Stava riordinando le sue cose appunto. Il volo del rientro in Italia sarebbe avvenuto di buon mattino. E probabilmente mentre esce questo articolo Consonni è in viaggio.

Simone Consonni (classe 1994) ha vinto ieri a Maraya. Questo successo gli ha permesso di chiudere 7° nella generale
Simone Consonni (classe 1994) ha vinto ieri a Maraya. Questo successo gli ha permesso di chiudere 7° nella generale

Come un quartetto

A Maraya battuti nomi di peso, nel vero senso della parola, a partire da quel mostro di watt che è Dylan Groenewegen, quarto all’arrivo. Nella foto di apertura si nota, col casco azzurro, come l’olandese chini la testa, tanto che poi è stato saltato anche da Malucelli e Ackermann. Simone li ha battuti su un arrivo particolare: 500 metri al 6%-7%. Strada larga. Per certi traguardi serve una centrale nucleare di watt.

«E’ stata una volata tiratissima e lunghissima – racconta Consonni con tono squillante – ma quando ai 150 metri ho saltato Groenewegen mi sono detto: “Oggi non può saltarmi più nessuno”. E ho tirato dritto. Ho spinto come se non ci fosse un domani, come se fossi stato nei giri finali di un quartetto alle Olimpiadi. E’ stato davvero un arrivo duro. Tirava tanto».

Tra sterrati e deserto quanta polvere, ma che scenari in Arabia Saudita…
Tra sterrati e deserto quanta polvere, ma che scenari…

Watt e peso

Dicevamo di un arrivo duro. In questi casi azzeccare il rapporto è importantissimo ed è vero che servono tanti watt, ma con 500 e passa metri di salita inizia a contare anche il peso dell’atleta. E così dai watt puri si può accennare anche al rapporto potenza/peso. Ed è quello che forse ha agevolato Consonni.

Il lombardo è stato potentissimo, come Groenewegen, ma negli 50-70 metri gli 80 e passa chili del “bestione” della Jayco-AlUla si sono fatti sentire.

«Con che rapporto ho fatto lo sprint? Dietro non lo so, immagino non con l’11, anche perché da quest’anno uso il 56. E poi questi arrivi mi piacciono, sono ideali per me. Posto che lo scorso anno ho vinto una volata super piatta». Vista la velocità con cui è uscito dalla testa del gruppo siamo certi che non avesse il 56×11: la sua cadenza era nettamente superiore a quella di tutti gli altri.

«Finalmente – prosegue Simone – ho passato un buon inverno. Uno dei pochi in cui ho potuto fare una preparazione senza grossi intoppi o problemi fisici. Già in ritiro mi sentivo bene, avevo buone sensazioni. Computerini, test, potenziometri e strumenti vari me lo dicevano. E questa settimana al Saudi ha confermato queste buone sensazioni (è andato bene anche nella frazione più dura, ndr)».

Il fatto che Consonni abbia vinto ci fa un po’ sorridere. Poche ore prima usciva l’articolo in cui Endrio Leoni lo metteva tra i migliori sprinter italiani, ma anche tra coloro che vincono poco. E forse avrebbe fatto meglio a fare l’apripista, visto che è anche bravo a muoversi in gruppo.

«Eh – sorride Consonni – che dire… alla fine ho fatto un po’ tutta la mia carriera nel mezzo, tra fare le volate e tirarle. Ho provato a fare l’apripista con Kristoff, Gaviria, Viviani… ma a 28 anni voglio provare a vedere fin dove posso arrivare».

Dalla terza frazione in poi la Cofidis ha lavorato per Consonni
Dalla terza frazione in poi la Cofidis ha lavorato per Consonni

Più spazio…

Lo scorso anno Simone aveva concluso la stagione con dei buoni piazzamenti e una vittoria. Man mano stava acquisendo più spazio e più fiducia in squadra. Sarà sempre più così?

«Lo scorso anno – dice il lombardo – avevo già avuto un bel po’ di spazio e lo stesso sarà quest’anno. Avrò un determinato ruolo in base alla giornata: come sto, come è l’arrivo, a chi è più adatto in squadra… Per esempio qui al Saudi nelle prime due tappe ero in appoggio a Max Walscheid, in queste ultime frazioni è stato il contrario. Anche perché io stavo bene, c’era questo arrivo adatto a me, in più ero anche messo bene nella generale: squadra e compagni mi hanno dato fiducia.

«Mi piace questo ruolo di fiducia. Mi ricorda i tempi della Colpack! Quando le volate erano piatte piatte mi buttavo nella mischia magari per chi era super veloce, penso a Lamon… Ma quando la corsa era un po’ mossa loro ricambiavano».

Da Monaco 2022 (in foto) a Grenchen: i Campionati europei sono importantissimi in chiave olimpica per Simone e gli azzurri
Da Monaco 2022 (in foto) a Grenchen: i Campionati europei sono importantissimi in chiave olimpica per Simone e gli azzurri

Subito pistard

Ma il tempo di festeggiare è poco… per non dire che è già finito. La giostra del ciclismo gira veloce ed è già tempo di Campionati europei. Dalla prossima settimana Consonni sarà impegnato a Grenchen in pista.

«Eh già, da 4-5 ore (ieri, ndr) sono tornato pistard! La testa è già lì – conclude Consonni – ci tengo molto a questi europei. Ci mancheranno un po’ di tattica e di tecnica, visto che abbiamo tutti corso parecchio su strada e girato poco in pista, ma ci arriviamo bene fisicamente.

«Ganna a San Juan è stato spettacolare anche in salita. L’altro giorno Milan ha vinto qui in Arabia… Anche io potrò dare il mio contributo. E non sarà solo il quartetto di Ganna e Milan. Ho alzato la mano anche io!».

Il campione e il ragazzino: il curioso pomeriggio di Groenewegen

09.12.2022
4 min
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Per qualche attimo, tagliato il traguardo, Dylan Groenewegen si è fermato. Meccanico e accompagnatore si sono avvicinati per i primi aiuti post gara, ma è bastato guardarlo. Per qualche attimo, non voleva essere toccato né disturbato. Fissava con attenzione quel ragazzino di 15 anni che lo aveva appena battuto in una gara di ciclocross e nella sua mente intanto scorrevano tante immagini, del presente e del passato.

Ripensava a quando era lui ad avere 15 anni: salito sulla bici per seguire le tradizioni di famiglia, correva per il semplice gusto di farlo. Solo allora iniziava a prenderci gusto, solo in seguito avrebbe capito che quella poteva essere la sua strada, quella dell’affermazione e dell’agiatezza economica. Figurarsi che i primi risultati li fece a 18 anni: 2° alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne e ai campionati nazionali juniores.

Il 15enne Mouris davanti ai microfoni di Nhnieuws.nl. Nessuna timidezza, come in gara…
Il 15enne Mouris davanti ai microfoni di Nhnieuws.nl. Nessuna timidezza, come in gara…

Campione nazionale a 15 anni

Forse in quei pochissimi secondi, il velocista olandese ha immaginato un destino simile per quel ragazzino, vestito con la maglia di campione nazionale. Michiel Mouris, il migliore nella sua categoria, il migliore anche in quella gara, l’Amsterdam Cross Competitie. Una manifestazione regionale, che Groenewegen aveva identificato come utile per cambiare un po’ l’allenamento. Vincere non era importante, contava far fatica. Però, se a batterti è uno che ha poco più della metà dei tuoi anni…

La cosa che faceva tanto pensare al corridore della BikeExchange era come quel ragazzino riuscisse a tenere il suo ritmo nei lunghi passaggi senza ostacoli, dove si sviluppa velocità. Faticava, Dylan lo sentiva, sentiva il suo respiro affannoso, ma stava lì, agganciato e non è che fosse lui ad andar piano. Anzi…

Il podio della gara, con Groenewegen al fianco dei due fratelli Mouris: li ritroverà su strada? (foto Nieuws.nl)
Il podio della gara, con Groenewegen al fianco dei due fratelli Mouris: li ritroverà su strada? (foto Nieuws.nl)

La differenza tecnica

«E’ stato speciale battere Dylan – raccontava il giovanissimo Michiel ai microfoni di Nhnieuws.nl – quando sviluppava velocità cercavo di rimanere il più vicino possibile alla sua ruota, nei tratti tecnici ho visto che riuscivo a stargli davanti e ne ho approfittato».

Ad accrescere la gioia di Michiel arrivava poi suo fratello Wessel, terzo. Diciannove anni, il più grande dei Mouris è già più accreditato nel panorama su strada, ha anche corso l’ultimo Giro Under 23 nelle file del Wielerploeg Groot Amsterdam e su di lui hanno posto gli occhi i responsabili dello Scorpions Racing Team, nuova formazione continental olandese che debutterà nel 2023 con grandi ambizioni. Viste le premesse, la strada è spalancata anche per il più giovane e talentuoso fratello.

Groenewegen in azione. Un diversivo dal solito allenamento e per ora tanto basta (foto Nieuws.nl)
Groenewegen in azione. Un diversivo dal solito allenamento e per ora tanto basta (foto Nieuws.nl)

Un allenamento proficuo

Dopo essersi ripulito e cambiato in una giornata di freddo intenso, Groenewegen ha voluto dire la sua e le sue parole sono state di miele per il suo avversario: «Penso che potrei aver perso dal futuro Mathieu Van Der Poel, visto come andava in bici e la sua facilità di corsa. Per me il ciclocross è divertimento, in questo caso allenamento. Sono un semplice praticante, ma un ragazzo di 15 anni che va fortissimo mi colpisce profondamente proprio pensando a com’ero io alla sua età».

Poi arriva il tempo della saggezza e del consiglio quasi paterno: «Ha davvero tanto talento, ma verrà il tempo che dovrà dedicarsi seriamente a questo sport». Come a dire: solo allora sapremo veramente di che pasta è fatto.

Il velocista olandese riprende la strada di casa con tanti pensieri nella testa (foto Nieuws.nl)
Il velocista olandese riprende la strada di casa con tanti pensieri nella testa (foto Nieuws.nl)

Il peso del paragone

Durante l’intervista era evidente sul suo viso un sorriso divertito e soddisfatto: «Almeno con il secondo posto porto a casa il mazzo di fiori… E’ stato un buon allenamento ora che bisogna costruire la condizione, qualcosa di diverso, per me il ciclocross è questo. Michiel è stato migliore di me e quando qualcuno arriva davanti per questo non c’è altro da fare che applaudirlo…».

Mentre Dylan risaliva in macchina per dirigersi verso casa, Michiel ripensava a quelle parole: «Il futuro Van Der Poel…». Chissà se gli ha fatto un regalo a pronunciarle davanti ai giornalisti, che le avrebbero riportate facendoci i titoli (come poi realmente è successo). Ora pesano anche più di quella maglia tricolore da campione nazionale: quanta responsabilità per un ragazzino…

Ewan: velocisti, non sempre gentiluomini

05.07.2022
3 min
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Nervi tesi tra i velocisti alla vigilia di un’altra tappa che a Calais si concluderà probabilmente in volata, prima del pavé che domani potrebbe dare il primo scossone al Tour. Il giorno di riposo è servito per raccogliere voci e capire che c’è una corsa nella corsa. Quella dei velocisti, da Jakobsen a Groenewegen, passando per Ewan. Gente dal sangue bollente e che non la manda a dire.

Nessun perdono

Nonostante si pensasse che quel primo incontro e poi le corse insieme avessero in qualche modo lenito il dolore, si è avuta la conferma che Jakobsen non ha ancora alcuna intenzione di riconciliarsi con Groenewegen.

«Un tempo lo ammiravo – ha detto – guardando il suo palmares quasi speravo di diventare come lui. Ma dopo l’errore al Giro di Polonia, tutto questo non c’è più, credo sia normale. Perciò sono contento per lui che sia tornato a vincere, ma non mi interessa molto».

La vittoria di Groenewegen non tocca Jakobsen: oggi si sfideranno?
La vittoria di Groenewegen non tocca Jakobsen: oggi si sfideranno?

Il disinteresse, per quello che si è raccolto nei giorni scorsi, deriva anche dal fatto che nel giorno di Groenewegen, la Quick Step-Alpha Vinyl si è disunita, in quella preparazione di volata caotica e resa ancor più folle dalla trenata di Van der Poel che ha fatto saltare i loro piani. Pare che sul pullman del team si siano confrontati a parole anche Lampaert e Cattaneo per qualche meccanismo saltato nel finale.

Né onesto né gentile

Un altro che vive giornate tese è Caleb Ewan, la cui estate era già cominciata male con il ritiro dal Giro d’Italia, lasciato senza neanche una vittoria, come d’abitudine in anni più recenti.

«Ovviamente avrei voluto iniziare bene – ha detto – perché una vittoria in apertura toglie molta pressione per il resto del Tour. E perché so che se non vinci, cominciano le critiche. Penso che sia solo una parte dell’essere uno sportivo, qualunque cosa tu faccia sarai sempre criticato. Le volate non sono un posto normale, non devi pensare a essere onesto o gentile. Sono qui solo per tentare di vincere e vedere cosa succede dopo. I gesti come quelli di Sagan ci saranno sempre».

Una spallata non si nega a nessuno, che sia per vincere o restare in piedi. Qui a Nyborg, 2ª tappa
Una spallata non si nega a nessuno, che sia per vincere o restare in piedi. Qui a Nyborg, 2ª tappa

Concorrenza interna

Il ricordo della caduta del 2021, in cui coinvolse proprio lo slovacco, deve essergli balenato davanti agli occhi. E se Jakobsen non ha perdonato Groenewegen, Ewan non riesce a farsi una ragione per il fatto che la stessa squadra abbia lasciato a casa il suo amico Cavendish. E forse in questa osservazione, il piccolo corridore della Lotto Soudal ha annusato un’anticipazione di quel che potrebbe accadere in casa sua con i progressi di Arnaud De Lie.

«Mark aveva dimostrato di meritare un posto – ha detto – ma è difficile quando sei in una squadra del genere con molti buoni velocisti. Per conto mio, preferirei fare uno sprint contro lui che contro Jakobsen. Con De Lie, la situazione è simile, ma non devo viverla come un problema, quanto uno stimolo. Se vuoi essere il miglior velocista del mondo devi prima esserlo prima di tutto nella tua squadra. Quindi se avrò in casa un altro velocista con cui gareggiare, non mi tirerò indietro. Per ora il numero uno sono io e oggi spero di vincere finalmente una tappa».

Altre lacrime, altre spallate. E intanto arriva Dainese

03.07.2022
6 min
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Groenewegen, Van Aert, Philipsen e Sagan. Settimo Dainese. La terza tappa del Tour si è snodata in una cornice di pubblico pazzesca, ma già stasera i corridori hanno lasciato la Danimarca alla volta della Francia. In lacrime davanti ai giornalisti, il vincitore di giornata si racconta così.

«E’ stata una lunga strada – dice Groenewegen, il giorno dopo parole simili di Jakobsen – voglio ringraziare la mia squadra, la mia famiglia e i miei amici per avermi riportato al Tour in buona forma. Fisicamente il ritorno non è stato difficile, mentalmente potete immaginarlo. Questa vittoria è per mia moglie e mio figlio, con cui ho passato il tempo dopo tutto quello che è successo. Questo successo significa molto per me».

La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione
La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione

Il gruppo compressore

Fatto salvo Magnus Cort in fuga per tutto il giorno, il gruppo prima ha lasciato fare e poi si è messo a divorare chilometri, largo come un rullo compressore, occupando tutta la strada. Modo cervellotico e rischioso di avanzare. Basta una sbandata e si cade, cosa che puntualmente accade. Questa volta a 7 chilometri dall’arrivo ne hanno fatto le spese con 39 secondi di passivo Jack Haig, Guillaume Martin e Uran. Ma nessun leader vuole rimanere senza compagni attorno e così la testa del plotone si allarga e non molla un centimetro. Quello più smaliziato è Pogacar, che magari capisce l’inutilità di formare gruppi nel gruppo e finora se l’è sempre cavata da solo.

Lo show (inutile) di Van der Poel

Poi a circa tre chilometri dalla fine, fuoco e fiamme. Comincia Van der Poel, che mette in mostra i muscoli a fondo perduto. Nel senso che strina il gruppo per 700 metri e poi si sposta, lasciando i compagni a vedersela con la maggior solidità della Quick Step. Solo che questa volta Morkov è solo e deve spostarsi, lasciando via libera a Van Aert, Sagan, Groenewegen e Philipsen, bravo a rimanere a galla. E poi settimo, a margine degli… scambi di vedute fra Sagan a Van Aert, arriva Dainese, debuttante del Tour. E questa, dopo il nono posto di Mozzato nella tappa di ieri, è una notizia.

Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.
Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.

Dainese cresce

Ieri era caduto assieme a Mozzato sul ponte a 25 chilometri dall’arrivo, ma a lui era andata peggio rispetto al vicentino. Figurarsi, sono entrambi del 1998 e dopo una carriera spalla a spalla nelle categorie giovanili, ritrovarsi al Tour, a condividere il debutto e i rischi della corsa, è qualcosa di speciale.

«Di 200 chilometri ce ne saranno stati 20 senza pubblico – sorride – mentre lo stress per tenere le posizioni non è mai venuto meno. E’ stata una giornata un po’ più rilassata rispetto a ieri, ma in finale è tornato il caos. Eravamo insieme a tutta la squadra e i ragazzi hanno corso molto bene. Negli ultimi chilometri siamo stati sempre davanti ed abbiamo evitato le cadute, quindi è stato un buon lavoro. Bardet, Degenkolb ed Eekhoff mi hanno portato in una buona posizione nell’ultima curva.

Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen
Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen

«Poi ho aspettato un po’ troppo dietro Jakobsen – precisa – ma siamo rimasti chiusi a destra. Così non ho potuto realmente fare il mio sprint. Ma le sensazioni sono state buone, considerano le botte di ieri. Peccato per gli ultimi 200 metri, ma la prossima volta cercherò un risultato migliore. La volata davanti? Van Aert ha deviato un pochino, ma nei limiti…».

Sagan-Van Aert, déjà vu

Non è la prima volta che Sagan e Van Aert si scontrano al Tour de France. Nell’undicesima tappa del Tour 2020, a Poitiers, Van Aert fu toccato da Sagan, che poi venne declassato. La tappa andò a Caleb Ewan e quella volta fu il belga a… celebrare lo slovacco, ma con il dito medio.

«Ero in una posizione molto buona – dice questa volta Sagan – ma sono stato fermato. Quei movimenti di Van Aert sono stati brutti. Quel dito era destinato anche a lui, lo sa bene. Dopo non c’è stato tempo per parlargli. Alla fine sono arrivato quarto, per adesso va bene».

Van Aert, per la terza volta consecutiva secondo, dice di non essersi reso conto di aver danneggiato Sagan e delle sue rimostranze.

«No, non mi sono sentito – dice la maglia gialla – come se stessi facendo qualcosa di sbagliato. Ho visto Peter superarmi dopo lo sprint. Ho visto che provava a dire qualcosa, ma a causa del rumore non sono riuscito a capirlo. Non mi ero accorto che si stesse lamentando. Non so cosa sia successo».

Qualcosa ci dice che la rivincita se la prenderanno nella tappa del pavé. Gli uomini del Nord ci stanno arrivando con il coltello fra i denti. Ma noi per oggi ci teniamo stretto il piazzamento di Dainese, come ieri quello di Mozzato. Le nuove leve avanzano. Magari un giorno diremo che bastava semplicemente aspettarli.

Alex Konyshev, apripista per Groenewegen e non solo…

28.01.2022
4 min
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Probabilmente mentre leggerete queste righe, Alexander Konyshev sarà in volo verso l’Arabia Saudita. Il corridore della BikeExchange – Jayco infatti inizierà la sua stagione al Saudi Tour (1-5 febbraio) al caldo fra le dune e i lunghi rettilinei che annunciano tante volate.

E le volate saranno un po’ il fulcro del suo 2022, un anno davvero importante per questo ragazzo che è al terzo anno di professionismo. Volate da fare, ma soprattutto da tirare. Un anno in cui dovrebbe anche approcciare il suo primo grande Giro, la Vuelta.  

Alexander Konyshev, classe 1998, è alla terza stagione da pro’ (foto Instagram Greenedgecycling)
Alexander Konyshev, classe 1998, è alla terza stagione da pro’ (foto Instagram Greenedgecycling)

Nelle mani di Pinotti

«Finalmente – dice Alex – ho passato un buon inverno. Sono riuscito ad essere costante nei miei allenamenti, come non succedeva da un po’. Ho iniziato la preparazione abbastanza presto, già ai primi di novembre, ho fatto entrambi i ritiri con il team e adesso ci si inizia a divertire con le corse… E non vedo l’ora.

«È stato un periodo anche di cambiamenti, a partire dal mio preparatore. Adesso mi segue Marco Pinotti. E’ davvero più semplice comunicare con chi parla la tua stessa lingua, non che ci siano problemi con l’inglese, ma il feeling è un’altra cosa. Adesso speriamo che le cose vadano bene anche in corsa».

Figlio d’arte (papà è Dimitri), Alexander è stato davvero un ottimo dilettante, tanto da ottenere persino delle convocazioni in azzurro, ha un po’ accusato il passaggio tra i grandi: qualche problema e, bisogna dirlo, anche un po’ di sfortuna.

Quando infatti Konyshev ha iniziato la sua avventura tra i pro’ è scoppiata la pandemia. Lo scorso inverno ha avuto qualche problema fisico ed ecco qui che già due stagioni sono passate.

Per Alex finalmente un buon inverno. In ritiro ha lavorato con costanza (foto Instagram Greenedgecycling)
Per Alex finalmente un buon inverno. In ritiro ha lavorato con costanza (foto Instagram Greenedgecycling)

Apripista e non solo…

Qualche mese fa chiedemmo ad Alex che tipo di corridore fosse e lui stesso rispose che era “tutto da scoprire”. Adesso però vogliamo sapere se le cose sono cambiate e soprattutto se sarà questa la sua stagione del riscatto. Ci sono più rabbia, più grinta o più timore nel voler tornare ai massimi livelli?

«Timore no – dice con sicurezza Konyshev – la squadra mi sta dando attenzioni, mi sento coccolato e voglio ripagare questa fiducia, sia per una questione personale che per il team appunto.

«Sono al terzo anno è vero, ma ho corso abbastanza poco e anche per questo la stagione che sta per iniziare è molto importante per me. Ho in programma il Saudi Tour e l’Oman e lì ci saranno diversi arrivi in volata nei quali potrò lavorare per Dylan Groenewegen».

«Quest’anno, infatti uno dei miei ruoli sarà quello di far parte del treno dei velocisti. Sarò l’ultimo o il penultimo uomo, questo poi dipenderà anche dall’andamento della singola gara e del momento. È un qualcosa che mi piace, senza contare che avrò l’opportunità di lavorare a fianco ad un corridore di spessore come Groenewegen.

«E’ un ruolo delicato e se la squadra me lo ha affidato è perché ha fiducia in me. E di questo sono davvero contento».

Il veronese a quanto pare tiene bene alle basse temperature! (foto Instagram)
Il veronese a quanto pare tiene bene alle basse temperature! (foto Instagram)

Obiettivi concreti

La scorsa stagione con Konyshev si parlò di miglioramenti, di fare bene, ma si restò nel generico, anche perché non aveva obiettivi ben precisi. Stavolta invece tutto è più chiaro. Avere un obiettivo concreto come fare l’apripista dovrebbe aiutare l’atleta nella sua preparazione (fisica e mentale).

«Sicuramente aiuta! L’anno scorso – dice Konyshev – dovevo crescere, quest’anno ho un ruolo ben più determinato. Speriamo che la stagione prosegua nel modo programmato e si possa essere costanti nel gareggiare. Intanto pensiamo a partire bene. Cogliere un buon risultato sarebbe importante. Penso poi alle classiche del Nord».

Konyshev infatti non sarà chiamato in causa “solo” come gregario. Per lui ci sarà un po’ più di spazio anche per le classiche del Nord, tanto più che non sembra essere un ragazzo che teme il freddo.

«In quelle classiche – riprende Konyshev – avrò un po’ di carta bianca e un buon risultato lassù, anche un buon piazzamento in una corsa importante, sarebbe davvero un bel segnale. Poi chiaramente sono corse imprevedibili, non sai mai cosa succede».

«Ho voglia di fare bene, di tornare al top. Ci sono tutti i presupposti perché tutto vada al meglio: la preparazione è stata buona, ho lavorato con costanza e anche i materiali sono davvero ottimi. Siamo passati a Giant e sentire che la tua bici va davvero bene anche a livello morale è un bell’aiuto. Insomma, non ci resta altro che iniziare a correre!».

I destini incrociati di Groenewegen e Jakobsen

31.07.2021
4 min
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Come in un romanzo. A distanza di un anno i destini di Dylan Groenewegen e Fabio Jakobsen sono tornati ad incrociarsi. 

Tour de Wallonie, seconda metà di luglio. Una corsa a tappe per velocisti e pesi massimi, tanto che il campione uscente era Arnaud Demare. La prima tappa va a Dylan Groenewegen. Il giorno dopo ecco che ad alzare le braccia al cielo è Fabio Jacobsen. Il quarto giorno il Jumbo concede il bis, il quinto ribatte il colpo il Deceuninck. Una coincidenza più che particolare. I due olandesi sono tornati a gareggiare insieme quasi ad un anno di distanza dal “fattaccio” (era il 5 agosto) e anche stavolta si sono rincorsi in qualche modo. In realtà si erano già incrociati al campionato nazionale, ma senza nessun acuto da parte di entrambi.

La caduta al Giro di Polonia. I destini dei due iniziano a incrociarsi
La caduta al Giro di Polonia. I destini dei due iniziano a incrociarsi

Il fattaccio

Ricordiamolo il fattaccio. Giro di Polonia. Su un arrivo che già si sapeva essere pericoloso, l’olandese in volata commette una scorrettezza. Dylan stringe verso la transenna Fabio che cade rovinosamente a terra. A terra ci finisce anche il corridore della Jumbo-Visma. Il problema è che quello della Deceuninck-Quick Step prima di toccare l’asfalto tocca (toccare è un eufemismo) le transenne e il cielo. Schizza talmente veloce che comunque la vittoria è sua.

Subito divampa la polemica e i fucili sono tutti puntati sul Groenewegen, il “cattivo”, l’orco. Lui si rompe clavicola e riporta varie contusioni. Jakobsen finisce in coma, ha fratture multiple ovunque e persino sul volto, perde i denti. Lefevere, team manager della Deceuninck, vuole denunciare Groenenwegen.

Col tempo le polemiche non si smorzano poi tanto. Sembra, che Jakobsen volesse anche tendere una mano verso il rivale, ma che proprio Lefevere volesse tenere alta la tensione anche in ottica di un risarcimento. Groenewegn è squalificato dall’Uci, si dichiara colpevole. In pochi però puntano il dito sul perché le transenne si siano aperte, perché non erano state messe a norma. Perché Groenewegen avrà anche sbagliato, ma alla fine non ha fatto una scorrettezza più cattiva di tante altre che si sono viste in passato. Di certo gli effetti su Jakobsen gli hanno remato contro. Alla fine anche i colleghi velocisti, pur ammettendo che non sia un simpaticone, dicono che non è un ragazzo cattivo. E per vincere non ha bisogno di certi gesti.

Fine di un incubo per Groenewegen, la 1ª tappa del Wallonie è sua
Fine di un incubo per Groenewegen, la 1ª tappa del Wallonie è sua

Il ritorno di Dylan…

Ma torniamo al presente. Quel giorno ad Heron, dopo 185 chilometri di su e giù, Dylan mette in fila tutti. 

«È un grande sollievo sapere che adesso sto bene e che so ancora vincere –  disse Groenewegen – Ho attraversato un lungo momento molto difficile. In più ho corso pensando a mio nonno, scomparso da pochissimo. La squadra è stata molto importante perché mi ha aiutato oggi e anche nei quei mesi meno belli».

«Avevo ripreso a correre al Giro d’Italia e oltre a soffrire molto per mancanza di ritmo, nelle prime gare, ma anche nelle prime uscite in bici dopo l’infortunio, pensavo all’incidente tutto il giorno e tutto il giorno risentivo il rumore di quella caduta. E’ stato uno shock».

E 24 ore dopo, eccolo “gioire” per il successo di Jakobsen. «Fabio merita questa vittoria. Vederlo vincere è un sollievo, provo ammirazione per lui. Sono felice di poter correre di nuovo contro». I destini sono ufficialmente incrociati adesso.

Jakobsen vince la 2ª tappa del Wallonie e torna anche lui al successo
Jakobsen vince la 2ª tappa del Wallonie e torna anche lui al successo

E quello di Fabio

E Jakobsen? Come accennato Fabio è stato meno “caloroso” rispetto all’olandese. Almeno in pubblico. Vuoi perché veramente non abbia digerito la cosa (e sarebbe più che comprensibile), vuoi perché queste sono le direttive del team, ma ha teso meno la mano rispetto a Groenewegen.

«Non ho parole per descrivere questo momento – ha dichiarato l’atleta della Deceuninck dopo il suo successo – Non so quanta gente devo ringraziare: medici, fidanzata, famiglia, squadra, amici… Questa vittoria è anche loro. Sono contento di essere tornato velocista».

Jakobsen era rientrato alle gare e questa era la prima volta che ritrovava in corsa Groenewegen. In realtà la seconda, un primo approccio c’era stato al campionato nazionale olandese. 

Entrambi hanno sottolineato il fatto di aver ritrovato lo sprinter che era in loro. Segno che anche questi mostri di potenza hanno le loro insicurezze, le loro fragilità. 

Adesso si attende una volata tra i due, un testa a testa. Quello sì che sarebbe la vera chiusura del cerchio. Magari già oggi nella Heylen Vastgoed Heistse Pijl, ennesima gara belga per ruote veloci… e destini incrociati.