De Marchi Giro 2021

De Marchi: «Avrei voluto esserci, all’Alpe di Mera…»

28.05.2021
2 min
Salva

Il Giro d’Italia di Alessandro De Marchi è già finito, dopo avergli riservato una vera montagna russa di emozioni, prima regalandogli la gioia immensa della maglia rosa vestita per due giorni, poi rendendolo protagonista di una terribile caduta alla tappa numero 12 costatagli il ricovero in ospedale con fratture multiple al costato. Il suo ritiro è stato una grave perdita per la corsa perché il “rosso di Buja” è uno che non passa mai inosservato.

Aiutante alla vigilia per Dan Martin, protagonista alla Israel Start-Up Nation che ha vissuto un Giro finora ben oltre la sufficienza a dispetto dei problemi del suo leader, De Marchi è uno dei più esperti nell’analizzare il ruolo del luogotenente in salita, un ruolo che nella tappa con arrivo all’Alpe di Mera avrà un peso fondamentale: «In tappe come queste il peso specifico di chi è al fianco del capitano è enorme ed è una grande responsabilità».

In sintesi quali sono i suoi compiti?

Dipende molto dalla strategia stabilita dal team e dalle intenzioni del capitano stesso: in certi casi può essere mandato in avanscoperta per fare da punto d’appoggio quando il leader andrà all’attacco, oppure può rimanere al suo fianco e tirarlo fin dove è possibile, facendo il ritmo o rispondendo ad attacchi dei suoi avversari. Può anche essere mandato lui stesso alla ricerca del risultato pieno, per costringere gli avversari a lavorare di più.

De Marchi Martin
De Marchi davanti a Martin: anche in maglia rosa il suo ruolo non era cambiato
De Marchi Martin
De Marchi a precedere Martin: anche in maglia rosa il suo ruolo non era cambiato
Tra queste eventualità qual è la più faticosa?

Probabilmente la fuga, ma è difficile dirlo in anticipo considerando che dipende molto dalla situazione di gara. Bisogna anche considerare l’altimetria della tappa, se è molto “esigente”…

Il ruolo cambia in base alla classifica?

Certamente, è in base ad essa che si decide se attaccare o difendersi. In quest’ultimo caso avere al fianco il luogotenente è un aspetto fondamentale, la storia del ciclismo è piena di esempi in tal senso.

Conosci le zone di questa tappa?

Personalmente no e mi spiace non averle potute scoprire in sella alla bicicletta. Mi dispiace perché mi ero avvicinato al Giro con la condizione in crescita e credo di averlo dimostrato, ma potevo ancora fare qualcosa d’importante, magari cogliere quel successo di tappa al quale ero andato vicino nel 2012, quando correvo nell’Androni, con meno responsabilità ma più alla garibaldina, con la forza della gioventù. Mi resta però il ricordo di quei due giorni in rosa che nessuno mi toglierà più…

Tafi 2020

Tafi: «La lunga distanza può cambiare la classifica»

27.05.2021
2 min
Salva

La tappa da Rovereto a Stradella, con i suoi 228 chilometri è la più lunga di quest’edizione del Giro d’Italia e si ha un bel dire che in fin dei conti non ci sono grandi asperità ed è una frazione di trasferimento. La distanza rappresenta sempre un’incognita, un qualcosa di diverso rispetto al solito. Non può essere affrontata alla leggera. Andrea Tafi, in base alla sua esperienza, ammonisce: «Quando raggiungi queste distanze sono tappe di valore assoluto che possono anche pesare sullo sviluppo generale della corsa rosa».

Che cosa possono comportare?

Pesano fortemente dal punto di vista psicologico soprattutto in base alla loro collocazione nel programma del Giro: se sono nella prima parte possono essere davvero frazioni di trasferimento, ma se sono nel finale come quest’anno possono anche presentare sorprese.

Come giudichi il chilometraggio di questa tappa?

E’ importante, in un grande Giro ci può stare ma peserà sulle gambe dei corridori: quando vai su queste distanze l’altimetria perde importanza, la lunghezza diventa un elemento distintivo, anche se è chiaro che la tappa va valutata anche in base alla classifica e se presenta qualche asperità, questa diventa un ulteriore aspetto tattico da considerare. Certamente poi conta molto come viene interpretata la frazione, più battaglia c’è, più la media oraria si alza e più fatica si accumula nei muscoli.

Tafi Giro 1999
Tafi davanti al gruppo al Giro d’Italia ’99: il toscano concluse quell’edizione, come nel ’95
Tafi Giro 1999
Tafi davanti al gruppo al Giro d’Italia ’99: il toscano concluse quell’edizione, come nel ’95
Quale sarebbe la sua collocazione ideale?

A metà Giro, nella seconda settimana avrebbe meno impatto. D’altronde bisogna considerare anche le esigenze degli organizzatori che devono tenere conto di mille cose, soprattutto cercando di evitare trasferimenti troppo lunghi verso gli hotel. Io comunque credo che tappe simili in un grande Giro abbiano pieno diritto di cittadinanza.

Che cosa aspettarci quindi?

Al momento della partenza, la classifica è ormai delineata a grandi misure, certamente questo influirà sull’aspetto tattico, qualcuno potrebbe cercare di sfruttare la fatica accumulata dagli altri per guadagnare spazio: quando si arriva all’ultima settimana non è solo la squadra della maglia rosa che ha interesse a controllare la gara, ci sono anche i team dei velocisti che vorrebbero arrivare alla volata, ma anche quelli di corridori con ambizioni di classifica che potrebbero scegliere di movimentare la corsa. E’ questo il bello del ciclismo.

Battaglin Dorelan 2021

Battaglin: «Il caldo si tollera, con il freddo si soffre…»

26.05.2021
3 min
Salva

Lo aveva promesso, aspettava solamente l’occasione giusta per andare in fuga e quando Enrico Battaglin ha un obiettivo in mente fa di tutto per portarlo a termine. Il corridore della Bardiani CSF Faizané è uno dei più esperti della carovana anche se ha 32 anni, è quindi nel pieno della maturità. Eppure di chilometri ne sono passati sotto la sua bici…

Battaglin sa bene come interpretare un grande Giro e quindi anche tenere a bada un fattore spesso poco considerato, ma che può avere un grande peso, a volte addirittura decisivo: il clima. Come ci si gestisce se la giornata sarà calda o fredda? E’ chiaro che si parte dalle previsioni meteorologiche: «Rispetto a quando ho iniziato sono molto più precise, sai di ora in ora e di luogo in luogo come sarà il clima e quindi ci si adegua di conseguenza».

Come ci si regola nella scelta del materiale da portarsi dietro?

La squadra predispone sempre alcuni punti d’incontro con massaggiatori e addetti, dove puoi ritirare il necessario soprattutto se fa freddo. Io però sono abituato ad avere con me mantellina e guanti in anticipo perché se comincia a piovere tutti si riversano in fondo al gruppo per ritirare il necessario dalle ammiraglie e si crea molta confusione, pericolosa confusione…

Peggio il caldo o il freddo?

Sicuramente quest’ultimo, il caldo non aiuta la prestazione, ma quando ci sono acqua e freddo è durissima. A maggio una giornata di clima gelido può capitare, anzi puoi trovare gli estremi opposti nel corso della stessa edizione. A settembre-ottobre si è visto che c’è più uniformità. Poi è chiaro che per le Alpi il discorso è a parte, lì sai che troverai sempre temperature basse.

Gavia 2014 Dorelan
Il passaggio fra due muri di neve nel 2014, la tappa con arrivo a Val Martello. Vinse Quintana
Gavia 2014 Dorelan
Il passaggio fra due muri di neve nel 2014, la tappa con arrivo a Val Martello. Vinse Quintana
Qual è stata la giornata peggiore vissuta al Giro?

Quella del 2014, la scalata di Stelvio e Gavia – ricorda Battaglin – già alla partenza avevamo la pioggia, via via che andammo avanti trovammo la neve sui passi, fu davvero tremendo. Lì la mantellina non basta, servono manicotti e antivento, anche un paio uno sopra l’altro per cercare di proteggersi il più possibile. In quelle condizioni si è davvero tutti sulla stressa barca, a condividere il destino.

Il clima può essere un fattore nella strategia di squadra?

Sì, magari non per sorprendere qualcuno perché come detto le previsioni sono accurate e in possesso di tutti, ma si sa che c’è chi tollera meglio un certo clima e chi un altro.

Tu che cosa preferisci e che cosa ti aspetti ancora dal Giro?

Io mi adatto a qualsiasi tempo e credo di averlo dimostrato. Il Giro è ancora lungo e potrebbero saltar fuori altre possibilità per andare in fuga. Certo mai come quest’anno hanno tutti voglia di provarci, all’inizio è sempre una battaglia per entrare in quella giusta e io non mi tiro certo indietro.

Pallini Nibali Dorelan

Quando le gambe parlano al massaggiatore…

25.05.2021
2 min
Salva

L’appuntamento con il massaggiatore è un aspetto irrinunciabile nella giornata di un corridore al Giro d’Italia. Ogni giorno ci si ritrova al pomeriggio affidando alle altrui mani esperte il proprio fisico, per rimetterlo a posto dopo le fatiche della tappa del giorno e prepararlo per quella successiva. Ogni giorno la stessa storia, ogni giorno una storia diversa, come spiega il massaggiatore della Trek Segafredo Michele Pallini: «Dipende da com’è andata la tappa, che cosa prevedeva, quanto è stata impegnativa per il singolo soggetto. Non si può mai dire prima che cosa ci troveremo sotto le mani…».

Quanto dura una seduta di massaggi?

Può variare da 45 minuti fino anche a un’ora e mezza, dipende molto dall’affaticamento muscolare e dai problemi che il corridore lamenta soprattutto nelle zone della schiena e del collo, ad esempio con Vincenzo Nibali (nella foto d’apertura, ndr) c’è la necessità di un lavoro specifico sul polso infortunato che richiede tempo e delicatezza.

Quanto massaggiatori agiscono in seno alla squadra?

Dipende, normalmente si prevedono un massaggiatore ogni due corridori, ma per il capitano c’è a volte una persona specifica. Comunque più di un paio di corridori al giorno è difficile farne, anche perché a comandare sono i tempi: calcolando che si arriva alle 17, i massaggi iniziano in albergo almeno due ore dopo e quindi tocca dividere i corridori in due gruppi.

Massaggi dorelan
I massaggi sono una fase fondamentale del dopo tappa, qualche volta anche prima del via
Massaggi dorelan
I massaggi sono una fase fondamentale del dopo tappa, qualche volta anche prima del via
A quel punto come gestite i tempi?

Un primo gruppo andrà ai massaggi mentre gli altri ceneranno, poi si invertiranno le parti. Non si finisce di regola prima delle 22 quando va bene e questo incide per il recupero dei corridori. Per noi è ordinaria amministrazione, le nostre giornate non hanno soste…

Durante i massaggi si parla?

Dipende dal corridore e soprattutto da com’è andata la giornata. A me piace avere un feedback dai corridori, sapere che cosa è successo da loro, ma a dir la verità a me parlano le gambe, massaggiando i muscoli ho la percezione di com’è andata, di come sta il corridore. Se la dolenzia non è eccessiva significa che il ragazzo sta bene ed è in forma, poi molto dipende dal collo e dalla schiena. Vista qual è la situazione si consulta se necessario il medio o l’osteopata per verificare il da farsi.

Al mattino prima della tappa si procede con un massaggio supplementare?

Può capitare, in base alle condizioni del corridore, ma spesso è più necessaria l’azione dell’osteopata e l’applicazione di bende e di quei particolari cerotti del kinesio taping. L’importante è essere sempre disponibili per le più piccole esigenze dell’atleta.

Martinelli Dorelan

Martinelli: «Non ci sono più i tapponi di una volta…»

24.05.2021
2 min
Salva

E’ chiaro che un Giro d’Italia è strettamente legato nel suo sviluppo ai tapponi alpini, che hanno sempre avuto un peso determinante nella sua classifica. In base a loro si costruiscono le strategie, i tifosi prendono le ferie per affollarsi ai bordi delle strade posizionandosi anche giorni prima. Il fascino di questi eventi è rimasto intatto, anche se il loro peso specifico varia col passare del tempo, soprattutto la loro interpretazione.

Giuseppe Martinelli, attuale direttore sportivo dell’Astana, di tapponi ne ha affrontati tanti, guidando anche grandi campioni a grandi imprese. Nel parlare della Sacile-Cortina d’Ampezzo tiene innanzitutto a chiarire un punto: «Dipende molto da dove queste tappe sono collocate: se posizioni la frazione dello Stelvio dopo due tappe già molto impegnative, difficilmente avverrà qualcosa d’importante».

Una grande tappa alpina è sempre decisiva?

Dipende, innanzitutto da qual è la classifica e come la corsa si sta evolvendo, poi da quello che, in relazione alla situazione di classifica e a quel che ci sarà dopo, intenderanno fare i favoriti. Una tappa davvero dura può fare grosse differenze, ma dipende molto da quel che avviene nelle prime salite, se s’intende davvero rendere la corsa difficile sin dalle prime battute.

Fedaia Dorelan
Le grandi salite non sempre fanno selezione, anche se il Fedaia resta davvero impegnativo
Fedaia Dorelan
Le grandi salite non sempre fanno selezione, anche se il Fedaia resta davvero impegnativo
Si dice che nel ciclismo attuale salite come Pordoi e Giau non fanno più molto male…

Non è così, dipende da quando le affronti – sentenzia Martinelli – se li trovi nella prima parte e rendi la corsa dura, puoi incidere tantissimo. Teniamo conto poi che i percorsi sono una cosa, la corsa è un’altra, la sua evoluzione è sempre qualcosa di imponderabile. Una tappa che alla vigilia poteva sembrare interlocutoria, magari farà sfracelli in classifica…

Che tipo di tappa è allora quella con arrivo a Cortina?

Potrebbe non fare grandi differenze perché c’è spazio dall’ultima salita in poi per ricomporre almeno piccole parti del gruppo, ridurre o magari annullare i distacchi dei favoriti. Poi molto influisce la lunghezza e ovviamente il meteo. Le tappe brevi sono più esplosive e se non sei in giornata giusta puoi incassare distacchi pesanti.

Allora, Martinelli, quando una salita lunga può far male?

Se si formano delle alleanze, magari generate da comuni intenti, allora si attacca da lontano in un gruppo abbastanza numeroso e allora puoi anche contare i minuti di distacco, alla fine… Il Fedaia, ad esempio, è un passo fra i più selettivi ma se lo affronti lontano dal traguardo, c’è poi la distanza utile per ricomporre il gruppo. Solitamente ormai nelle tappe lunghe e con tante salite, si preferisce non farsi del male fino all’ultima.

Viviani Cofidis Dorelan

Viviani: «La vittoria ha ogni volta un sapore diverso»

23.05.2021
2 min
Salva

Da Grado a Gorizia, una tappa per velocisti? E’ vero che in questo Giro, di tradizionale e scontato non c’è nulla, ma è anche vero che alcune frazioni potrebbero cambiare gli scenari per alcuni corridori. Elia Viviani (Cofidis) ci pensa da tempo: «Ho provato il percorso ed è sicuramente una tappa giusta e sulla quale il nostro team deve puntare. Non è detto che si finisca allo sprint compatto, ma proprio per questo bisogna rimanere sul chi vive e magari entrare nella fuga giusta, anche chi come me verrebbe dato per abbonato alla volata».

Questi giorni per Viviani sono speciali, un Giro nato con qualche delusione di troppo, ma nel corso del quale è arrivata la notizia della nomina a portabandiera per la prossima spedizione olimpica, un onore mai capitato a un ciclista italiano. Un premio per i suoi successi, soprattutto quello di Rio e Viviani è un corridore che sa dare il giusto significato alla vittoria: «Lo senti dal mattino, certe volte, che è il giorno giusto, senti le gambe pronte, ti sale dentro la determinazione a completare l’opera».

Che cosa si prova nel tagliare il traguardo prima di tutti?

E’ difficile da spiegare, tutto avviene in pochi attimi, passi il traguardo e realizzi quello che hai fatto, hai quella sensazione incredibile con l’adrenalina a mille. E’ uno sfogo incredibile, ma il bello della vittoria non si esaurisce lì.

Viviani europeo
Per Viviani un oro olimpico e ben 8 europei, fra cui quello su strada nel 2019
Viviani europeo
Per Viviani un oro olimpico e ben 8 europei, fra cui quello su strada nel 2019
Perché?

A me piacciono le sensazioni successive, salire sul podio, il viaggio in pullman ripensando a quel che è successo, la festa in hotel. Quell’ebbrezza dopo l’arrivo è fantastica ma effimera, dopo è più bello perché dura di più.

E’ diversa la vittoria su strada e su pista?

Da questo punto di vista no, almeno per la mia esperienza di sprinter, credo però che per chi va in fuga e arriva da solo è un insieme di emozioni diverso, nel quale pian piano la paura di essere ripreso fa posto alla consapevolezza di essere irraggiungibile.

La vittoria è qualcosa di personale?

Mai. Non si vince senza squadra, anche la fuga dello scalatore è il risultato di un lavoro corale. Anche nelle volate più caotiche, anche dove il treno si sfalda e si riforma, è sempre un lavoro d’equipe che porta al risultato.

Simoni Dorelan 2003

Simoni: «Oggi lo Zoncolan fa meno paura»

22.05.2021
2 min
Salva

Una volta il Monte Zoncolan, arrivo della tappa con partenza da Cittadella, avrebbe fatto davvero paura, come la facevano le salite con punte di pendenza superiori al 20%. Le cose però sono un po’ cambiate, vuoi per l’evoluzione della tecnica (ossia i rapporti da utilizzare), vuoi anche per il diverso modo di interpretare i grandi Giri, vuoi soprattutto per il semplice trascorrere del tempo, come spiega Gilberto Simoni, due volte vincitore del Giro d’Italia

Il trentino è testimone di questo profondo cambiamento in atto: «Il fatto è che le pendenze più aspre non fanno più paura come ai miei tempi…».

Perché?

L’evoluzione tecnica è pesata molto: già quando correvo io iniziò a diffondersi la tripla, ma non era molto amata dai corridori. Il cambio vero c’è stato con l’avvento delle Compact e delle 12 velocità. Fino al 2005 si saliva sullo Zoncolan con 9 rapporti, mettevi davanti il 39 e dietro dal 25 in su. Ogni dente poteva risultare determinante, oggi sicuramente è un po’ più facile il lavoro dei corridori.

Pantani Zoncolan 2003
Un’immagine storica della grande tappa del 2003, con Pantani davanti a Simoni
Pantani Zoncolan 2003
Un’immagine storica della grande tappa del 2003, con Pantani davanti a Simoni
Questo influisce psicologicamente nell’affrontare una salita simile al Giro d’Italia?

Sicuramente, puoi scegliere dal 32 al 39 davanti e anche dietro le possibilità sono molte, soprattutto per prendere il tuo passo e faticare di meno. Ricordo che quando salivamo e la benzina finiva, non riuscivi più a procedere di agilità e iniziavi a zigzagare. Erano però momenti di grande fascino, cercavi di supplire con lo stato d’animo alle forze che mancavano, mettevi tutto te stesso.

Oggi non è così?

La fatica è sempre fatica, questo è chiaro, è uguale per tutti, solo che salite del genere influiscono meno. All’arrivo penso che vedremo una decina di corridori con distacchi inferiori al minuto, questo fa capire che non siamo più di fronte a salite decisive come prima. Una salita così dura farebbe più male in mezzo alla tappa, se qualcuno decide di attaccare e di rendere la frazione selettiva ancor prima della salita finale. Si rischia di andare fuori soglia e quando avviene a grande distanza dal traguardo accumuli minuti.

In una tappa simile è questione solo di gambe o anche di strategia?

La strategia conta tantissimo, diciamo anzi che ormai corse del genere sono affrontate ragionandoci sopra con ampio anticipo, non si agisce più d’istinto. Di una cosa però sono sicuro: lo spettacolo non mancherà, una tappa simile è sempre incerta e affascinante, dal difficilissimo pronostico.

Nibali Dorelan

Nibali e Dorelan ReActive, un’accoppiata vincente

21.05.2021
3 min
Salva

Il corridore italiano più famoso nel ciclismo contemporaneo è da oltre un anno il testimonial ideale di Dorelan ReActive: Vincenzo Nibali ha stretto un accordo biennale con l’azienda romagnola. Una scelta legata alla volontà di dimostrare che anche il sonno notturno è un elemento importante nella performance di un atleta e quindi è necessario dotarsi degli strumenti di maggior qualità disponibili sul mercato.

Il campione della Trek-Segafredo, arrivato al Giro d’Italia attraverso vie più tortuose di quanto preventivato considerando il recente infortunio al polso, nella sua ripresa ha sfruttato anche le possibilità derivategli dall’utilizzo di prodotti Dorelan ReActive come materassi e cuscini uguali a quelli di casa e posti in ogni camera d’albergo della squadra lungo il percorso della corsa rosa.

Quanto è importante nella prestazione di un corridore in un grande Giro avere un buon riposo notturno e quindi strumenti di qualità come materassi e cuscini?

Conta tantissimo. Per un corridore che guarda alla classifica generale è direi essenziale. Nell’economia di una corsa di tre settimane, bisogna risparmiare ogni energia. Ma soprattutto bisogna recuperarne il più possibile nell’arco di tempo che intercorre fra quando tagli il traguardo e ti rimetti in linea di partenza. Materassi e cuscini sono “accessori” che fanno la differenza. Non ho mai avuto grandi problemi a dormire e riposare in carriera, ma da quando ho potuto apprezzare la qualità di certi prodotti, il mio riposo ne ha giovato.

Nibali Giro 2021
Le incombenze quotidiane sono a scapito del riposo, per questo poi bisogna recuperare
Nibali Giro 2021
Le incombenze quotidiane sono a scapito del riposo, per questo poi bisogna recuperare
Nella tua esperienza hai trovato grandi differenze nelle sistemazioni in albergo fra l’Italia e gli altri Paesi europei, sempre in relazione ai grandi Giri?

Ad inizio carriera sì, specialmente quando alloggiavo in hotel piccoli, a conduzione familiare. Ogni Paese ha i suoi “gusti”, per così dire. Negli ultimi anni le sistemazioni sono cambiate, siamo alloggiati molto spesso in hotel internazionali, con standard comuni tra Paesi. Quando posso, però, io cerco di mantenere sempre i miei standard di riposo con i miei accessori preferiti.

Quando è iniziata la tua collaborazione con Dorelan ReActive e che cosa hai apprezzato in particolare?

La qualità, senza dubbio. Dorelan mi ha fatto comprendere la differenza tra un buon riposo e un riposo eccellente. E non a parole, ma con i fatti. Da quel momento ho dotato casa mia solo di prodotti Dorelan ReActive per il riposo.

Tutta la parte extra corsa per un capitano che punta alla classifica, ossia gli impegni di fine tappa con i media, i trasferimenti verso l’hotel, le tempistiche legate a massaggi e cena che chiaramente riducono il tempo dedicato al riposo, quanto influiscono secondo te sulla prestazione?

Senza dubbio sono aspetti a cui non puoi fare a meno ma che bisogna imparare a gestire, altrimenti rischi di pagarli caro nell’arco delle tre settimane. Ogni momento che si intervalla, deve essere dedicato al recupero. Alimentarsi, idratarsi, evitare di stare in piedi e poi, nel trasferimento all’hotel, bisogna riuscire a dormire. Gli impegni ci sono, ma vanno ridotti al minimo indispensabile per dare spazio al riposo.

Davide Cassani nuovo ct, Alfredo Martini

Cassani, un tuffo nella storia del Giro d’Italia

20.05.2021
2 min
Salva

La tappa del Giro da Siena a Bagno di Romagna non è come tutte le altre, non può esserlo. Stiamo parlando di un tributo a due personaggi che hanno fatto la storia del ciclismo, ma che per molti versi sono stati parte integrante del Paese a prescindere dalla loro attività. Gino Bartali è un’icona assoluta, corridore che ha riempito le pagine dei giornali prima e dopo la guerra, protagonista con Coppi di quello che probabilmente è stato il più grande dualismo della storia dello sport.

Alfredo Martini, che con Bartali correva, ha poi influito in maniera decisa nel corso degli anni sul mondo del ciclismo con la sua saggezza, ricoprendo per molte stagioni il ruolo di Commissario tecnico della nazionale, ruolo che ora è sulle spalle di quello che molti considerano il suo erede designato, Davide Cassani: «Per me è la più grande delle gratificazioni essere avvicinato a lui, è il personaggio al quale mi ispiro».

Che cosa hanno significato questi due nomi?

Sono la storia del ciclismo tutto, questa tappa rappresenta un tuffo nel passato del quale c’è sempre bisogno. E’ un doveroso riconoscimento verso chi ha dato tantissimo al nostro sport non solo con le vittorie o con le corse, ma per il modo di porsi.

Bartali Berzin
Gino Bartali insieme a Eugeni Berzin: era il Giro 1994, vinto proprio dal russo
Bartali Berzin
Gino Bartali insieme a Eugeni Berzin: era il Giro 1994, vinto proprio dal russo
Che ricordo hai di Bartali?

Quando correvo era presente molto spesso alle nostre corse ed era entusiasmante vedere quanto la gente lo amava. Si fermava spesso a parlare con noi corridori, ci conosceva tutti, era molto piacevole scambiare battute con lui. Aveva un carisma enorme, eppure non lo faceva pesare e neanche ti accorgevi che stavi parlando con un pezzo di storia d’Italia.

E se parliamo di Martini?

E’ il Maestro. Una persona dalla straordinaria cultura e non parlo solo di ciclismo perché aveva la saggezza tipica dell’uomo che ha vissuto tanto, profondamente, che aveva studiato alla scuola della vita. Aveva una conoscenza straordinaria delle persone. La mia più grande soddisfazione è essere stato indicato da lui per il ruolo che attualmente ricopro.

Sono personaggi attuali o testimonianze di un ciclismo passato?

Le epoche sono diverse, ma quella che non è minimamente cambiata è la fatica che si fa in bicicletta, allora come oggi. I loro esempi non ci lasceranno mai e dedicare loro una tappa è un doveroso omaggio perché se il Giro d’Italia è oggi quello che è lo deve anche a loro…