L’anno d’oro di Scaroni con i consigli di “mastro” Ulissi

09.10.2025
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Alzi la mano il corridore che, convocato per i mondiali senza mai averne corso uno neppure da junior, avrebbe il coraggio di declinare l’invito perché ha in testa gli europei. Cristian Scaroni l’ha fatto, poi è andato in Francia e ha centrato il quarto posto, che poteva essere un bronzo se le gambe avessero retto per 50 metri ancora sull’attacco di Seixas.

Per questa sua determinazione e per la sensazione che i tasselli della carriera stiano andando finalmente dove devono, lo abbiamo chiamato e lo abbiamo coperto di domande. Non va dimenticato infatti che nel 2019 il bresciano è stato il primo italiano a diventare U23 all’estero, nel devo team della Groupama-Fdj. L’anno dopo è passato professionista nella Gazprom e proprio sul più bello la squadra è stata chiusa per le sanzioni del CIO alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Il suo approdo alla Astana ha ripreso il percorso di crescita che il brusco stop aveva interrotto.

Ci pensi che bel colpo sarebbe stato il bronzo agli europei?

Ci penso sì, ho l’amaro in bocca e mi sto sforzando di prendere il buono. Poi dietro quei due, Pogacar ed Evenepoel, sarebbe stato ancora più pesante. Però qualcuno doveva fare quarto ed è toccato a me…

Quello che ha raccontato Villa sulla tua scelta di non fare il mondiale ci ha colpito parecchio…

Diciamo che avevo corso a inizio stagione sul percorso degli europei. Era una corsa identica, un po’ meno dura, perché si faceva due volte in meno la salita lunga e, mi pare, quattro volte in meno lo strappo. Ne ho parlato sia con Mazzoleni. E dal momento in cui ho saputo che l’europeo si sarebbe fatto su quel tracciato, che rappresenta la sintesi perfetta delle mie caratteristiche, ho iniziato a pensarci seriamente. Avevo preso in considerazione anche il mondiale, però sapevo che se avessi corso in Rwanda, non sarei riuscito a preparare al meglio l’europeo. In più, per Kigali c’erano già Ciccone e Pellizzari.

Poi quando Pellizzari si è ammalato, Villa ha pensato a te.

Serviva un altro corridore che potesse fare da secondo leader insieme a Cicco. L’ipotesi del mondiale è saltata fuori a quel punto. Però parlando sia con Marco (Villa, ndr) sia con Mazzoleni, abbiamo ritenuto più opportuno restare sulla nostra linea e alla fine la scelta ha premiato.

Cristian Scaroni, XDS Astana, Giro di Romagna 2025
La vittoria al Giro di Romagna ha dato a Scaroni il polso della grande condizione trovata per gli europei
Cristian Scaroni, XDS Astana, Giro di Romagna 2025
La vittoria al Giro di Romagna ha dato a Scaroni il polso della grande condizione trovata per gli europei
Non hai vacillato nemmeno un po’ quando ti hanno proposto di andare al mondiale?

Un po’ sì, anche perché io non ho mai fatto un mondiale, né da junior né da dilettante. Ho letto anche alcune critiche, perché è brutto rifiutare una chiamata in nazionale. Ma l’ho fatto per portare qualcosa di migliore con quella stessa maglia azzurra. All’europeo sapevamo che non ci sarebbero stati altri leader, tanto che siamo partiti in cinque anziché sei. Quindi sì, un po’ ho vacillato.

Quando ha preso forma nella tua testa l’operazione europeo?

Da dopo il Giro d’Italia, anche se mi sono ammalato e non ho potuto fare le corse dopo fino ai tricolori. Ho fatto altura prima a Livigno a luglio. Poi ho fatto tre corse di un giorno in Spagna. Quindi la Arctic Race e poi sono ritornato immediatamente in altura sul Pordoi. In entrambi i casi sono rimasto per 18 giorni. Quando sono sceso, mi mancava magari un po’ di ritmo nelle gambe e così ho partecipato alle gare italiane, fra Toscana, Pantani e Romagna che ho vinto. Ogni giorno era sempre meglio e alla fine sono arrivato dove dovevo per l’europeo.

Cosa ricordi del momento in cui Seixas se ne è andato?

Eravamo tutti stremati, avendo fatto 110 chilometri in quattro. Poi Remco se ne è andato e noi in tre eravamo parecchio provati. Appena preso la salita, Ayuso si è staccato. Io già a metà mi stavo staccando, però con la forza d’orgoglio mi sono detto di tenere duro, perché sopra un po’ spianava e in quel momento ho fatto il primo fuori giri. Sono riuscito a respirare per due secondi e quando Seixas me l’ha ridata secca, ho provato a reagire. Ma a 50 metri dal GPM, mi sono seduto e mi si sono aperte le gambe. Un peccato, perché è scollinato 10 metri davanti a me, ma avevo dato davvero tutto. La grinta c’era ancora, le gambe sono mancate.

Trofeo Matteotti 2025, Cristian Scaroni parlotta con Diego Ulissi
Avere accanto Ulissi ha permesso a Scaroni di imparare a muoversi da leader: Diego è un maestro prezioso
Trofeo Matteotti 2025, Cristian Scaroni parlotta con Diego Ulissi
Avere accanto Ulissi ha permesso a Scaroni di imparare a muoversi da leader: Diego è un maestro prezioso
Abbiamo parlato spesso di un nuovo Scaroni, cambiato con il lavoro e la convinzione. La sensazione è che il 2025 sia stato un anno di svolta.

Tocca agli altri dirlo, ma come ripeto a tutti, il salto di qualità è stato quasi più mentale che fisico. L’arrivo di Bettiol e Ulissi ha portato una mentalità vincente. Soprattutto Diego, con cui ho fatto tantissime corse. E’ un leader, lo si vede, lo si percepisce. Però devi essere bravo a capirlo, a voler imparare da lui. E questa qualità mi ha permesso di fare il salto in qualità.

Si è notata anche una bella sfrontatezza nel correre alla pari con altri leader come Ayuso, che già avevi tenuto bene in salita al Laigueglia.

Ho acquisito consapevolezza, vedendo che ero lì a giocarmi le corse fin da subito. A Laigueglia, sapevo che Ayuso era più veloce di me, di conseguenza ho avuto la sfrontatezza di attaccarlo, nonostante stiamo parlando di un grandissimo campione. La mentalità che mi hanno impresso è di avere coraggio e non avere paura. Io sono un attaccante, ho dimostrato in più occasioni che non ho paura di attaccare da lontano. Alcune volte mi ha premiato, alcune volte mi ha penalizzato.

Convinzione significa anche essere abbastanza maturo da prenderti le responsabilità in gara?

E’ l’aggettivo giusto. Mi ritengo molto più maturo e questo mi permette di essere anche un po’ più leader. Sento di potermi esporre, dire le mie considerazioni anche all’interno di una situazione, di una corsa. Diciamo che negli anni sono maturato correndo e soprattutto avendo al fianco uomini di esperienza che mi hanno aiutato. Diciamo che la scelta di prendere Ulissi non è stata soltanto per lui e i punti che può portare, ma anche per dare un punto di riferimento a corridori più giovani.

GP Industria e Artigianato 2025, XDS Astana, Cristian Scaroni
Nelle corse di avvicinamento agli europei, Scaroni ha corso da leader, vincendo il Giro di Romagna
GP Industria e Artigianato 2025, XDS Astana, Cristian Scaroni
Nelle corse di avvicinamento agli europei, Scaroni ha corso da leader, vincendo il Giro di Romagna
Quindi alla fine in questo quarto posto c’è qualcosa di positivo?

La cosa che mi rimane di più è che ancora una volta, non che ne avessi bisogno, ho dimostrato a me stesso e a tutti gli altri che in certi tipi di percorso, se sto bene e ho preparato l’appuntamento, me la posso giocare con chiunque. Mi dispiace solo non aver portato la medaglia, però è andata così e bisogna prendere il buono che c’è. Quello che abbiamo fatto in nazionale è stato importante.

Simone Velasco, XDS Astana Team

La rincorsa dell’Astana: iniziata quando tutto sembrava perduto

09.10.2025
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Poche gare ancora e la stagione di Simone Velasco (e della XDS Astana Team) vedrà scorrere i titoli di coda. Oggi il Gran Piemonte, poi il Lombardia e infine le due corse in Veneto. Se tutto andrà come previsto, i giorni di gara del corridore bolognese saranno 77. Un carico importante che lo ha visto raccogliere quindici top 10 tra cui cinque podi. L’ultimo piazzamento di rilievo è arrivato alla Coppa Agostoni domenica scorsa, il 5 ottobre, alle spalle di Adam Yates e Carlos Canal. 

Podio Agostoni 2025: Adam Yates, Carlos Canal Blanco, Simone Velasco
Per Velasco la Coppa Agostoni è stata la quinta gara a podio nel 2025
Podio Agostoni 2025: Adam Yates, Carlos Canal Blanco, Simone Velasco
Per Velasco la Coppa Agostoni è stata la quinta gara a podio nel 2025

Centellinare le energie

La XDS Astana, come tante altre squadre, ha deciso di insediare il proprio quartier generale a Malpensa per questo finale di stagione. 

«Siamo stati in un hotel vicino a Malpensa per tutta la settimana – racconta Velasco alla vigilia del Gran Piemonte – come noi altre squadre si sono spostate da queste parti. Ho deciso di rimanere qui anche io perché fare continuamente avanti e indietro da casa diventa impegnativo. Siamo a fine stagione e si devono centellinare le energie fisiche e mentali».

XDS Astana, ritiro
Il cambiamento è arrivato in occasione del primissimo ritiro, fatto addirittura a ottobre 2024
Come arrivi a queste ultime gare dopo il terzo posto dell’Agostoni?

Il fine settimana scorso è stato impegnativo, tra Giro dell’Emilia e Coppa Agostoni ci siamo dati da fare. Infatti ho deciso di non correre ieri alla Tre Valli e di riposare. Ieri (martedì, ndr) avevo proprio bisogno di stare fermo, oggi (mercoledì, ndr) mi sentivo leggermente meglio. La stagione è stata molto intensa, abbiamo corso molto per la questione dei punti e senza grandi stacchi. Alla fine credo di essermi fermato solamente una settimana a maggio per preparare il Tour de France

Proprio all’Agostoni parlavamo di di questa grande rimonta, nata con una riunione tra voi corridori un anno fa…

Vero. D’altronde sono dell’idea che certe situazioni o ti aiutano a legare o creano una spaccatura definitiva nel team. Noi siamo stati bravi a unirci e creare una squadra competitiva. Dopo le ultime gare del 2024 ci siamo trovati per un ritiro voluto dalla squadra, quattro giorni tutti insieme. Dovevamo provare le nuove bici, le misure dei kit da gara. In quei giorni sei già in off season, c’è meno stress. 

E ne è nata una riunione tra di voi?

Più che una singola riunione è stato un insieme di momenti passati insieme. Dopo i vari impegni della giornata la sera noi corridori uscivamo a fare un giro per stare insieme. C’erano già anche i nuovi, quindi era anche un modo per conoscerci. 

Che aria si respirava?

Di rivincita, l’obiettivo era di fare bene e far capire che le stagioni precedenti erano andate male per motivi non legati alla performance. Da questi momenti o tiri fuori una stagione bellissima o bruttissima.

Qual è il confine?

L’onestà tra compagni di squadra. Quando hai tanti corridori che vogliono fare bene c’è da essere onesti l’uno con l’altro e con se stessi. Bisogna sapersi mettere a disposizione del compagno e allo stesso tempo prendersi le proprie responsabilità quando serve. Questa annata molto positiva è nata dal gruppo.

Come si crea un team così unito?

Lo si fa tutti insieme, ognuno ha dato il suo contributo, a partire da chi era lì da qualche anno come Scaroni, Fortunato e il sottoscritto, sia da chi era appena arrivato: Bettiol, Ulissi, Teunissen, Gate. Si deve andare con i piedi di piombo senza fare proclami, ma con l’obiettivo di fare del nostro meglio. 

In che modo si sono calati i nuovi arrivati in questa sfida?

Con consapevolezza. Sapevano di arrivare da realtà differenti (come Ulissi e Bettiol, ndr) ma hanno subito capito dove fossero capitati e quale fosse l’obiettivo principale. Sono stati molto bravi ad adeguarsi, tutti. 

Tu sei il corridore che da più tempo è in Astana, hai preso in mano le redini?

Da veterano ho semplicemente detto quali fossero i pregi e i difetti di vivere una situazione come la nostra.

E quali erano?

Un difetto è che quando le cose vanno male, si crea dello stress perché si sente di dover raccogliere per forza qualcosa. Mentre il pregio di una situazione del genere è che nessuno ci aveva mai messo pressioni, quindi potevamo partire con il piede giusto senza stressarci. 

Una grande mano, oltre al lavoro di tutto il gruppo, ve l’ha data la grande stagione di Scaroni

Per lui è stata un’annata d’oro, una stagione difficile da fare soprattutto nell’anno giusto

Lorenzo Fortunato e Christian Scaroni sul traguardo di San Valentino Brentonico al Giro d’Italia
Lorenzo Fortunato e Christian Scaroni sul traguardo di San Valentino Brentonico al Giro d’Italia
Non è stato un caso.

Anche lui, come me, arriva da un ciclismo diverso rispetto a quello moderno. Non è stato sfruttato al massimo negli anni precedenti. Adesso è maturato e ha trovato la giusta dimensione, è aumentata la confidenza nei propri mezzi e ha espresso al massimo le sue potenzialità. 

Ultima domanda: hai qualche foto delle riunioni fatte a ottobre?

Mh… Non credo. Anzi, sicuramente non ne ho, perché in quei momenti mettevamo via i telefoni per restare concentrati. Altrimenti arriva la notifica, il messaggio, la chiamata. Avevamo bisogno di stare tra di noi. 

Campionati europei 2025, Drome et Ardeche, Diego Ulissi

Da Bettini a Villa, con Ulissi diamo i voti ai cittì azzurri

07.10.2025
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Dopo gli europei corsi bene in appoggio a Scaroni, leader di nazionale e compagno di squadra alla XDS-Astana, Diego Ulissi sta ricaricando le batterie a Lugano, prima del rush finale della stagione. I suoi 36 anni ne fanno un osservatore d’eccezione sulla nazionale: il cittì Villa è il quarto con cui ha lavorato, ma in precedenza aveva avuto modo di interagire anche con Alfredo Martini e Ballerini. I due mondiali vinti da junior lo avevano fatto entrare infatti nel giro azzurro e certi incontri non si dimenticano. Così gli abbiamo proposto un viaggio fra i suoi tecnici in nazionale. Partendo da Villa che lo ha convocato per gli europei e tornando poi indietro a Bettini, Cassani e Bennati.

Sopralluogo mondiali 2013 Firenze, Paolo Bettini, Diego Ulissi
Bettini fece debuttare Ulissi in nazionale a Firenze 2013, a 24 anni
Sopralluogo mondiali 2013 Firenze, Paolo Bettini, Diego Ulissi
Bettini fece debuttare Ulissi in nazionale a Firenze 2013, a 24 anni
Che nazionale hai trovato con Villa?

Marco lo conoscevo già, perché è stato sempre in ambito nazionale e mi è capitato di lavorarci spesso e nel corso degli anni. E’ veramente una grande persona, basta vedere quello che ha fatto in questi anni con la pista. Ha portato il suo progetto fino al tetto del mondo, per i risultati che hanno ottenuto. E’ una persona con cui a livello umano si lavora benissimo, parlo per me stesso. Mi ha reso partecipe già a giugno, dopo il Giro d’Italia, che gli serviva la mia esperienza accanto a diversi giovani per gli europei. E’ una persona con le idee ben chiare, ci si lavora benissimo.

Marco stesso ha ammesso che non avendo grande esperienza, si è appoggiato molto al gruppo. E il gruppo è stato coeso.

E’ normale che quando arrivi in un mondo diverso da quello cui eri abituato, bisogna affinare certi meccanismi. Però l’esperienza gli ha permesso di fare gruppo e comunicare bene con tutti e questo è cruciale per mettere armonia tra di noi. Dovendo fare gruppo in pochi giorni, non facendo ritiri o altro, la comunicazione e la giusta pianificazione sono importanti. In modo che ognuno sappia cosa deve fare e in pochi giorni si possano mettere a fuoco tutti i meccanismi. Devo dire che su questo aspetto ci sa fare molto.

Il primo cittì che ti ha convocato da professionista è stato Bettini, due volte iridato, campione olimpico e via elencando…

Forse anche per il fatto che portava avanti tante idee di Ballerini, sopra ogni altra cosa la coesione del gruppo, era un cittì con le idee chiare. Su chi fossero i capitani e chi dovesse lavorare e chi fare il regista in corsa. “Betto” voleva un’impronta di gara all’attacco ed era esigente. Mi ricordo che lo facemmo sia mondiali di Valkenburg sia quelli di Firenze. Appena entrammo nel circuito di Firenze, che ancora pioveva, prendemmo in mano la situazione. Era lui che voleva questo e ci dirigeva. Sono appassionato di calcio e ogni cittì è come un allenatore: ciascuno ha la sua identità e il suo stile, anche in base ai corridori che ha a disposizione.

Campionati del mondo firenze 2013, casa di Alfredo Martini, visita della nazionale
Prima dei mondiali del 2013, Bettini portò gli azzurri a casa di Alfredo Martini, storico e indimenticato cittì azzurro dal 1975 al 1997
Campionati del mondo firenze 2013, casa di Alfredo Martini, visita della nazionale
Prima dei mondiali del 2013, Bettini portò gli azzurri a casa di Alfredo Martini, storico e indimenticato cittì azzurro dal 1975 al 1997
Firenze è stato il solo mondiale che hai corso in Italia, anzi in Toscana: che effetto ti fece?

Fu particolare correre così vicino a casa. Sicuramente ero molto giovane, c’era tantissima emozione. Ci ritrovammo in ritiro a Montecatini una settimana prima e io capitai in una grande camera tripla con Scarponi e Nocentini. Penso sia stata la settimana più bella di tutta la mia carriera, veramente. Si lavorava bene e mi sono veramente divertito tanto. Eravamo una nazionale forte, eravamo coesi l’uno con l’altro. E’ una delle settimane che ricordo più volentieri di tutta la mia carriera.

Un giorno, a proposito di cittì, andaste anche a trovare Alfredo Martini nella sua casa di Sesto Fiorentino. Ricordi qualcosa?

Penso di avere ancora delle foto salvate. Partimmo in allenamento e andammo direttamente a casa sua per salutarlo. Per me, un giovane di 24 anni che seguiva il ciclismo da sempre, fu straordinario. Mi ero anche documentato sulla storia precedente, che non ho potuto vivere. Fu un susseguirsi di emozioni.

L’anno dopo arrivò Cassani. Il primo mondiale con lui lo facesti a Richmond nel 2015.

Con Davide è stato un crescendo. Ha sempre seguito le gare, però arrivava da un altro tipo di lavoro e bisognava annusarsi e prendersi le misure. Si è messo in ammiraglia e i primi due anni si sono serviti di assestamento. Poi anche con lui abbiamo creato un grande gruppo. Si è ritrovato tutti i ragazzi del 1989 e del 1990 con cui si riusciva a fare bene perché eravamo molto uniti. Lui l’ha capito e ha ottenuto dei grandi risultati. Quattro europei vinti, un argento mondiale che era quasi oro e se Nibali non fosse caduto a Rio, magari ci scappava anche la medaglia olimpica. Davide cerca di capire e di farti capire se sei in forma, se veramente puoi essere utile per la squadra. Mi ha chiamato tantissime volte in causa, perché gli piaceva il modo in cui gestivo la gara. E poi, è sempre stato chiaro.

Diego Ulissi assieme a Davide Cassani
Con Cassani, Ulissi ha sempre avuto un rapporto franco e sincero. Con il cittì vinse la preolimpica 2019 a Tokyo
Con Cassani, Ulissi ha sempre avuto un rapporto franco e sincero. Con il cittì vinse la preolimpica 2019 a Tokyo
In che modo??

Mi ricordo una volta, era il 2016 e si puntava verso le Olimpiadi di Rio. Io quell’anno andavo forte perché ero nei primi dieci del ranking mondiale e avevo appena fatto un grande Giro d’Italia, con due tappe vinte. Davide aveva l’idea di portarmi, però doveva prendere delle decisioni. Mi chiamò a due settimane dalla partenza. Mi volle incontrare di persona, perché certe cose è diverso dirle guardandosi in faccia. Sicuramente meritavo di andare alle Olimpiadi però toccava a lui prendere la decisione e fu lo stesso per Tokyo. Con lui ho sempre avuto un rapporto diretto. Io gli dicevo quello che pensavo, lui mi diceva quello che pensava e siamo andati veramente d’accordo.

Resta il fatto che ti ha escluso dalla rosa di due Olimpiadi…

Per quello che è il mio carattere e quello che ho imparato nel corso degli anni, sia verso i cittì sia verso i direttori sportivi, ho cercato sempre di mettermi nei loro panni. Devono prendere delle decisioni e non possono accontentare tutti. Io pensavo di meritare entrambe le convocazioni, ma il suo lavoro di selezione non era facile. Prendiamo i mondiali di Richmond…

Con Ulissi capitano…

Senza sapere che tipo di corsa sarebbe venuta fuori. Senza gli strumenti tecnologici di oggi che ti permettono di capire una strada a distanza. Come fai le scelte se non puoi vedere il percorso? Dieci anni fa era più difficile…

Ulissi ha corso nella nazionale di Bennati soltanto lo scorso anno a Zurigo. E’ il quarto da destra

Ulissi ha corso nella nazionale di Bennati soltanto lo scorso anno a Zurigo. E’ il primo da destra

E poi Bennati, con cui hai corso lo scorso anno a Zurigo.

Mi voleva convocare anche per i mondiali in Australia, ma la squadra non mi mandò. Dissero che era una trasferta lunga e c’era già il discorso dei punti e con la UAE Emirates si lottava già per le posizioni di vertice. C’erano già diversi corridori che andavano e io ho dovuto accettare la decisione. Penso sia stata una delle scelte più sbagliate che ho fatto in carriera, perché alla maglia della nazionale non si dice di no mai e poi mai. Con “Benna” un mondiale l’ho anche corso…

A Bergen nel 2017?

Esatto! E ho sempre avuto una grandissima stima da corridore e poi da tecnico. Che cosa gli vuoi dire? Bisogna avere anche la fortuna poi di trovare le nazionali giuste e corridori adatti ai percorsi. Purtroppo miracoli non ne fa nessuno e l’anno scorso a Zurigo chi doveva fare la corsa forse non era nelle condizioni giuste e il percorso non era adattissimo ai nostri capitani. E’ stata una somma di cose.

Tornando a te, che esperienza è stata questo europeo?

Bella. Eravamo un numero ridotto di corridori, però siamo partiti subito con l’idea chiara che Scaroni era il nostro leader. Ruolo più che meritato per la stagione che ha fatto e il livello che ha dimostrato. Il mio compito era proprio quello di stare accanto a lui fino a che non esplodeva la gara, metterlo nelle condizioni giuste perché si potesse esprimere al meglio. L’avevo già fatto altre volte in questa stagione. I ragazzi si sono mossi bene, ci siamo mossi tutti bene.

Campionati europei 2025, Drome et Ardeche, Diego Ulissi
Agli europei 2025, il compito di Ulissi è stato quello di scortare Scaroni (alla sua ruota) fino alle fasi decisive di corsa
Campionati europei 2025, Drome et Ardeche, Diego Ulissi
Agli europei 2025, il compito di Ulissi è stato quello di scortare Scaroni (alla sua ruota) fino alle fasi decisive di corsa
A Scaroni sono mancati 50 metri sullo strappo, altrimenti ci giocavamo il bronzo…

Probabilmente è più veloce di Seixas e se la poteva giocare. Anni fa, quando sono passato io era impossibile vedere un 19enne che si giocava il podio in una competizione internazionale. Si può dire che è cambiato il mondo. Io a 19 anni, nonostante avessi vinto due mondiali, ero uno junior. Vedere invece gli allenamenti che fanno questi ragazzi, fa capire che sono già professionisti. Io non sono molto in linea con questa filosofia, però adesso funziona così…

Finale neutralizzato al Pologne. Milesi racconta l’occasione sfumata

06.08.2025
4 min
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WALBRZYCH (Polonia) – Succede di tutto negli ultimi 25 chilometri della terza tappa del Tour de Pologne, quella col maggior dislivello e per questo temuta dalla maggior parte del gruppo, leader compresi. Vince Ben Turner allo sprint, però i tempi vengono azzerati a causa di una grossa caduta.

Riviviamo il finale

Prima attaccano Ulissi e Milesi che si riportano sull’australiano O’Brien della Jayco-Alula, unico reduce della fuga di giornata. Qualche istante dopo finisce a terra la prima parte del gruppo che coinvolge tra i tanti Baroncini (che stava tirando), Vacek, la maglia gialla Lapeira e Haig. I primi due dovranno abbandonare la corsa.

Nel frattempo, i tre fuggitivi guadagnano subito un minuto di vantaggio, quando a 15 chilometri dalla fine la giuria decide di neutralizzare la corsa. La mancanza delle ambulanze necessarie già impegnate nel soccorrere i corridori contusi obbligano gli organizzatori a fermare tutto, come ci viene confermato in mixed zone da Czeslaw Lang, direttore del Tour de Pologne. Dopo un quarto d’ora di sosta, spiegazioni e mugugni, Ulissi, Milesi e O’Brien ripartono con lo stesso vantaggio, come vuole il regolamento, sul gruppo o ciò che ne resta.

I tre battistrada ci credono, anche se il loro margine cala vistosamente. Vengono ripresi in vista del triangolo rosso quando viene lanciata una volata molto anomala. L’inglese della Ineos Grenadiers esulta battendo Pello Bilbao e Bagioli, però dopo il traguardo gli umori dei due italiani in fuga non sono granché. Ulissi preferisce andare via subito, comprensibilmente, Milesi ci concede qualche minuto nonostante la delusione del mancato possibile risultato.

Ulissi e Milesi si riportano su O’Brien guadagnando subito sul gruppo. Ci credono, ma arriva la neutralizzazione
Ulissi e Milesi si riportano su O’Brien guadagnando subito sul gruppo. Ci credono, ma arriva la neutralizzazione

Sogno accarezzato

Lorenzo Milesi arriva al bus della Movistar col volto corrucciato, ma forse sapendo di essere sulla strada giusta per ritrovare un buon morale. Bisogna dire che già al termine della prima tappa era stato coinvolto in una caduta che lo aveva condizionato nella pedalata alla caviglia sinistra. Con lui ritorniamo in questi ultimi concitati chilometri.

«Nel finale abbiamo provato Diego ed io – racconta con rammarico – ed eravamo molto fiduciosi di arrivare in fondo. Poi hanno neutralizzato la gara. Dietro hanno potuto recuperare, con gente che si era staccata e poi ha iniziato a tirare quando siamo ripartiti. E’ diventato impossibile pensare di arrivare al traguardo. Comunque io ci ho creduto lo stesso, tirando forte, anche quando siamo ripartiti, perché sapevo di potermela giocare con Diego, ma alla fine è andata così. Sento che la gamba sinistra mi fa ancora male, ma almeno questa azione è stata una iniezione di fiducia mentale».

Turner vince la terza tappa del Pologne battendo Pello Bilbao e Bagioli. L’altra sua unica vittoria l’aveva ottenuta a febbraio 2023
Turner vince la terza tappa del Pologne battendo Pello Bilbao e Bagioli. L’altra sua unica vittoria l’aveva ottenuta a febbraio 2023

Forma in crescita

Milesi verso il traguardo di Walbrzych ha tentato l’azione giusta come già aveva fatto al Tour de Wallonie una settimana fa.

«Dopo un mese di altura – riprende il 23enne bergamasco – avevo trovato una buona condizione nella gara belga, dove è mancata solo la vittoria (un secondo e un terzo posto di tappa, ndr). Anche qua in Polonia sento di avere iniziato comunque col piede giusto, malgrado tutto. Ecco, diciamo che con queste botte muscolari, non c’è tempo di poter avere una giornata tranquilla perché ormai si è sempre a tutta, ovunque. Qua l’obiettivo era proprio quello di centrare una tappa e poi cercare di fare molto bene nella crono conclusiva.

«In squadra – sottolinea Milesi – mi trovo benissimo e lo immaginavo. Forse si aspettava qualcosa in più da me, però ora voglio rimediare. Come dicevo prima, sono proprio mancati i risultati. Ho iniziato la stagione tra cadute e influenze. Mi sono ritrovato ad inseguire la condizione minima per correre».

A 15 km dall’arrivo, dopo un quarto d’ora di sosta, si ripartirà con lo stesso vantaggio, ma l’azione dei tre verrà vanificata ai mille metri
A 15 km dall’arrivo, dopo un quarto d’ora di sosta, si ripartirà con lo stesso vantaggio, ma l’azione dei tre verrà vanificata ai mille metri

Mirino puntato

Contestualizzando tutto, Milesi può essere soddisfatto di come le gambe gli stiano girando in questo periodo. Con un pizzico di buona sorte in più può programmare ancora meglio i prossimi obiettivi.

«Diciamo che mi sto ritrovando – chiude – e mi piacerebbe vincere qualche gara in Italia, visto che farò quasi tutto il calendario delle nostre classiche fino al Lombardia. Vediamo di fare bene. Anche perché alla fine tutti gli anni si cresce in qualche fondamentale e scopri che devi migliore in qualcos’altro. Quindi viviamo giorno per giorno, scoprendo cosa dovrò fare anche in funzione del 2026».

La quarta tappa del Tour de Pologne dovrebbe essere la rivincita per i velocisti. Si parte da Rybnik e arriva a Cieszyn dopo 201 chilometri con l’ultimo “gpm” molto lontano dal traguardo. Mentre si chiude il truck della sala stampa, giungono notizie incoraggianti sui corridori caduti. Ne avevamo bisogno tutti.

Dieci domande a Ulissi e i suoi primi mesi alla XDS Astana

06.07.2025
5 min
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Diego Ulissi si sta godendo un po’ di meritato riposo nella sua Toscana al termine di una prima parte di stagione conclusa con il campionato italiano. Inizialmente il corridore del XDS Astana Team doveva essere al via anche del Tour of Austria il prossimo 9 luglio, ma alla fine si è optato per tirare il fiato. Abbiamo approfittato di questo suo momento di pausa per fare un punto sui primi mesi con il nuovo team.

«Vero – dice subito – il Tour of Austria era in programma, ma dopo il Giro d’Italia si è deciso di fare altre due corse, Gippingen e Giro dell’Appennino, per sfruttare la condizione. Le gambe stavano bene, infatti nella prima delle due ho chiuso all’ottavo posto, mentre nella seconda ho vinto». 

Al Giro dell’Appennino per Ulissi è arrivata la prima vittoria di tappa in maglia XDS Astana
Al Giro dell’Appennino per Ulissi è arrivata la prima vittoria di tappa in maglia XDS Astana
E’ la sedicesima stagione di fila nella quale trovi almeno un successo personale e la sensazione è che possa arrivare anche la diciassettesima.

Quando arrivi a una certa età – dice con un sorriso – non ci pensi a certe dinamiche. Questa stagione era iniziata con l’obiettivo di cercare risultati e fare tanti punti. Ne è scaturito un buon Giro d’Italia, a testimonianza che quando sono in condizione riesco ancora a dire la mia. Non nego che ogni anno diventa sempre più difficile, l’età avanza e riuscire a rimanere con i migliori è dura. Per la diciassettesima vedremo, ci pensiamo a dicembre. 

Come hai vissuto il cambio di squadra?

L’ambiente della XDS Astana mi ha dato grandi motivazioni e sono davvero felice di come sono andati questi primi mesi. Arrivato a una certa età servivano nuovi stimoli e obiettivi diversi. Qui c’era, e c’è ancora, questa sfida di lottare per ottenere punti e rimanere nel WorldTour. Ho accettato di buon grado e stiamo lottando. Dopo tanti anni in Lampre, che poi è diventata UAE, è normale che le strade si possano separare. Ci siamo lasciati bene.

Diego Ulissi (quinto da sinistra) è il road captain della XDS-Astana e la sua esperienza è importante per il team
Diego Ulissi (terzo da destra) è il road captain della XDS-Astana e la sua esperienza è importante per il team
Sei passato dalla formazione numero uno al mondo all’ultima.

Ora non lo siamo più (dice con una risata soddisfatta, ndr). Anzi nel 2025 siamo una di quelle che ha ottenuto maggiori risultati. Però quando sono arrivato in Astana non ho guardato al fatto di essere ultimi, ho guardato alla voglia di risollevarsi. Fino a pochi anni fa era uno dei team più forti al mondo. E’ il ciclismo e sono contento di dare una mano alla squadra per tornare dove merita, ma c’è ancora da fare. 

Si è parlato tanto dello spirito di squadra, che aria si respira?

Siamo felici, tutti stanno dando il loro contributo. A dicembre, nel primo ritiro, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito di essere davanti a una stagione difficile ma importante. 

Ulissi è tornato al Giro dopo un anno di assenza correndo da protagonista
Ulissi è tornato al Giro dopo un anno di assenza correndo da protagonista
Come hai vissuto questa sfida?

Con l’ottica che nulla va lasciato al caso. Anche le gare più piccole sono importanti e si deve lottare tutto l’anno. Devo dire che anche alla UAE Emirates vivevamo così la stagione, infatti erano e sono la squadra numero uno al mondo. Lottavamo per vincere tutto e ho cercato di trasmettere questa mentalità.

Sei tornato anche a correre in gare di primo piano.

L’anno scorso mi era mancato solamente un Grande Giro, le Classiche le avevo corse. Ci tenevo a correre il Giro d’Italia, lo avrei meritato. Quest’anno mi sono ripresentato al via e ho corso un Giro bellissimo. L’ho affrontato diversamente, sono tornato con ambizioni personali e maggiore libertà muovendomi bene. Ho anche preso la maglia rosa in Toscana. 

Il toscano ha indossato anche la maglia rosa per un giorno sugli sterrati di casa
Il toscano ha indossato anche la maglia rosa per un giorno sugli sterrati di casa
L’anno scorso ti era mancata questa libertà?

Ho sempre avuto lo stesso approccio alle gare, ovvero quello che deve avere un corridore di esperienza. La stagione scorsa ho comunque raccolto dei buoni risultati, ho fatto secondo in classifica generale al Polonia, ho vinto il Tour of Austria, ho fatto secondo in Repubblica Ceca. Ho sempre sostenuto che avere una squadra forte intorno sia un vantaggio. Quando posso aiuto e quando tocca a me sfrutto l’occasione. 

Al campionato italiano ha fatto secondo un tuo ex-compagno di squadra, Covi, lo hai sentito?

Siamo molto amici e spesso ci alleniamo insieme. Sì, ci ho parlato. Quando arrivi secondo c’è sempre quell’amaro in bocca difficile da buttare giù. Covi quest’anno è tornato a dimostrare il suo valore, ha già vinto e questo è importante. Poi chiaro che un campionato italiano è un’altra cosa, ma bisogna dare merito a Conca dell’azione e di come ha corso. 

Ulissi e Covi sono stati compagni di squadra al UAE Team Emirates e sono rimasti grandi amici
Ulissi e Covi sono stati compagni di squadra al UAE Team Emirates e sono rimasti grandi amici
Anche Covi sta vivendo una situazione simile alla tua in UAE, visto che è al secondo anno in cui corre un calendario di secondo piano…

Sono due situazioni diverse. Io sono a fine carriera, lui è ancora giovane. Entrano in gioco due situazioni differenti. Secondo me al momento questo calendario gli fa bene. Arriva da due stagioni difficili e sta trovando continuità. Poi fa tanti punti, fattore determinante nel ciclismo moderno. 

Tu quando ripartirai?

Dalle corse in Spagna di fine luglio. Poi sarò al Tour de Pologne e alle classiche del calendario italiano di fine stagione.

Il viaggio in rosa di Ulissi, tornato per un giorno bambino

20.05.2025
5 min
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«Ma vi dico – fa Ulissi con la solita arguzia – da una parte mi hanno fatto prendere la maglia rosa nel giorno sbagliato. Dall’altra però devo dire che è stato il giorno giusto, perché arrivavo in Toscana. Quindi da una parte bene e da quell’altra un po’ meno, no? Però è stata veramente una bella emozione e del tutto inaspettata. Ero lì che pensavo alla tappa, poi è arrivata l’opportunità…».

Il Giro d’Italia va veloce e a volte rischia di scrollarsi di dosso con troppa fretta dei pezzi importanti di vita. La maglia rosa di Diego Ulissi, come quella di De Marchi quattro anni fa, è un frammento che sarebbe un peccato lasciar scivolare troppo indietro. Era il sogno del ragazzino passato professionista sedici anni fa e si è avverato quasi per caso in un giorno di primavera sulle strade marchigiane di Castelraimondo, dopo 113 chilometri di fuga. E’ durato poco: la tappa di Siena ha spostato le inquadrature altrove, ma i ricordi restano. Diego racconta, noi prendiamo appunti.

Forse qualche volta ci eri arrivato vicino…

Nel 2016 c’ero arrivato a 20 secondi. Il Giro era partito con la crono di Apeldoorn in Olanda e quando siamo arrivati a Praia a Mare, vinsi la tappa e mi ritrovai terzo a 20 secondi da Dumoulin. Ma quando l’ho avuta, quando mi è arrivata, è stata una bella emozione. Sono cresciuto guardando il Giro d’Italia. I ricordi delle prime gare che vedevo sin da piccolissimo coi miei nonni e il resto della famiglia sono del Giro di Italia. Quindi ritrovarsi a vestire il simbolo del primato è stato qualcosa di molto forte.

Come è stato vestirsi la mattina per la tappa?

Mi guardavo allo specchio, con il mio body rosa e anche il casco. Cercavo di essere impeccabile, ma sapevo che l’avrei indossato solo quel giorno. Perché potessi tenerla, doveva venire una tappa di studio, che nel ciclismo attuale è impossibile. Sapevo che si sarebbero fatti la guerra. Il problema grosso è che avevo speso tantissimo il giorno prima, mi sentivo stanco…

E’ vero che la gente riconosce di più la maglia rosa? Ti chiamavano più del solito durante la tappa?

E’ davvero così e forse per il fatto che si entrava in Toscana, ho sentito un grande affetto da parte delle persone. Però l’emozione più grande l’ho avuta quando me l’hanno consegnata sul podio.

A Siena hai riconosciuto i tuoi tifosi?

Sì, c’era tanta gente che conoscevo. Tifosi partiti da Donoratico e dalle mie zone. In Toscana ho dato i primissimi colpi di pedale, è la mia terra, ci sono cresciuto.

Van Aert ha trovato ad accoglierlo sua moglie e i figli: Arianna era a Siena?

No, volete ridere? Arianna era venuta al Giro, ma è ripartita il giorno prima. Ha fatto in tempo a vedere che avevo preso la maglia rosa, ma quando l’ho chiamata appena arrivato sul bus, era già in viaggio. Diciamo che non era previsto.

In effetti ci hanno raccontato del silenzio in attesa che arrivasse il gruppo…

Prima di tutto non mi ricordavo esattamente il ritardo che avevo dalla maglia rosa Roglic, quindi non sapevo bene quale fosse il limite del gruppo. Per questo mi sono affidato ai ragazzi che ti devono portare sul palco e guardavo loro. Erano lì e aspettavano che arrivasse la conferma via radio, poi mi hanno fatto una specie di countdown. E quando ho visto che il tempo era scaduto e il gruppo ancora non arrivava, ho capito di aver preso la maglia rosa ed è stato bello.

In Piazza del Campo, 42° a 5’10” assieme a Fortunato, il saluto di Ulissi al pubblico e alla rosa
In Piazza del Campo, 42° a 5’10” assieme a Fortunato, il saluto di Ulissi al pubblico e alla rosa
Vuoi dire che sei a posto e il tuo Giro potrebbe finire qui?

No, neanche un po’, mi conoscete. Sapete che quando parto, soprattutto in una gara importante come il Giro d’Italia, io punto a vincere. L’altro giorno ero in fuga per cercare la vittoria di tappa, per cui adesso l’obiettivo mio e di tutta la squadra è cercare l’occasione giusta per giocarsela. Sono immensamente felice dell’obiettivo raggiunto, di aver vestito la maglia rosa. Però, insomma, ci sono ancora tanti giorni davanti. Le gambe ci sono, quindi bisogna provarci.

Plapp vince, Ulissi bacia la rosa. Emozioni a non finire

17.05.2025
7 min
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CASTELRAIMONDO – Continuava a voltarsi indietro. Silenzioso. Uno sguardo al cronometro, un sorso della bevanda per il recupero, un altro sguardo al cronometro. Silenzio. «Quanto avevo di distacco, ditemelo». Ancora silenzio. Poi un urlo… Forte, di gioia. Diego Ulissi è la nuova maglia rosa del Giro d’Italia.

La tappa va a Luke Plapp, cronoman che, appena rimasto da solo, si è capito subito che non lo avrebbero più ripreso. Secondo Andrea Vendrame, uno dei protagonisti della fuga, Plapp è stato bravissimo: «Si vedeva nettamente che era quello che ne aveva di più. E’ andato forte, forte per davvero. Io ci ho provato. Ho dato una mano a Fortunato, che è un grande amico, per i punti della maglia. Spero mi ricambierà».

Plapp, De Marchi, il destino…

Certo, la maglia rosa sulle spalle di un italiano mancava da quattro Giri e quasi 90 tappe. L’ultimo a portarla è stato Alessandro De Marchi, compagno di squadra proprio di Plapp alla Jayco-AlUla. Magari con la sua azione l’australiano ha costretto gli altri a tirare forte e ha aiutato, indirettamente, Ulissi a prenderla. Chissà. Ci piace pensare che ci sia un piccolo zampino anche di De Marchi, che qui al Giro non c’è: tagliato fuori dalla squadra all’ultimo minuto.

«Questa mattina – racconta Plapp – l’obiettivo era andare in fuga e pensavo potesse essere una tappa perfetta per me. Dopo la caduta nella crono di Tirana ho faticato un po’, mi fa ancora male il polso, ma la squadra ha sempre creduto in me. Nel finale ho avuto crampi alla gamba sinistra ma ho deciso di spingere. Questa vittoria la voglio dedicare a tutti. Per me è importante vincere con questo team: volevo portare in giro la cultura australiana nel mondo. Era il team che desideravo sin da bambino».

«De Marchi? E’ stato con noi l’anno scorso qui al Giro ed è stato bello viverlo con lui. E’ un corridore di grande esperienza. Ho saputo che non avrebbe fatto il Giro quando lo avete saputo voi. Che dire? Avrà la possibilità di essere al Tour o alla Vuelta. Spero di tornare a correre presto con lui».

Luke Plapp si prende Castelraimondo dopo un assolo di 45 km
Luke Plapp si prende Castelraimondo dopo un assolo di 45 km

E’ festa XDS

La festa esplode nel clan della XDS-Astana. Sappiamo le difficoltà che stanno attraversando: i punteggi, la rivoluzione in corso all’interno del team. E questa maglia rosa è un premio per tutti.
E’ stato bellissimo, per esempio, vedere come Lorenzo Fortunato, appena arrivato al traguardo, sia subito andato da Ulissi per chiedergli se l’avesse presa.

Un grande abbraccio glielo ha dato anche Fausto Masnada. «E’ stata una tappa molto difficile – racconta Masnada con un sorriso largo – Strano a dirsi, ma questa mattina sul bus, durante la riunione, avevamo deciso che Fortunato e Ulissi dovevano entrare nella fuga e tutti abbiamo lavorato perché ci riuscissero. E credetemi, non è stato affatto facile, perché per due ore siamo andati a velocità folli. Però una volta entrati nella fuga abbiamo capito che poteva essere la loro, la nostra, giornata».

«Dietro non si capiva bene cosa volesse fare la Red Bull-Bora, se tenere la maglia o no. Anche perché essendo una fuga composta da corridori molto forti, era difficile da controllare. Alla fine però possiamo dire che questa sera si festeggerà la maglia rosa… Quando ho saputo che l’aveva presa? Proprio sull’arrivo, a cento metri per la precisione. Io passo e lo speaker annuncia la maglia di Diego!».

Ulissi in rosa

Finalmente Diego Ulissi arriva in conferenza stampa. E’ davvero sereno, soddisfatto, orgoglioso… e anche un filo emozionato. Con la XDS-Astana è venuto per fare “casino”, per provarci come ha sempre fatto. Perché otto tappe al Giro non le vinci così, specie se non sei uno sprinter… con tutto il rispetto per i velocisti.

«Oggi – inizia a raccontare Ulissi, riallacciandosi senza saperlo alle parole di Masnada – poteva essere proprio il giorno giusto per fare qualcosa di buono. Tutti i compagni hanno fatto un grande lavoro per far sì che io e Lorenzo fossimo presenti nella fuga. Riguardo alla tappa bisogna solo dire che Plapp è stato superiore. Ma io sono contento di come sono andato. Il percorso era esigente e sono rimasto con i migliori. Francamente non avevo idea dei vantaggi, la radio non funzionava bene e mi dicevano di andare a tutta. Sapevo che stavo lottando sui secondi. Poi – e Ulissi sorride – la gente a bordo strada ha iniziato a urlarmi che mi stavo giocando la maglia. E’ stato incredibile».

Ma cosa vuol dire la maglia rosa per un corridore, specie per un italiano? Tanto, forse tutto. «Forse la radio non funzionava bene davvero. E sì, sono esperto, ma credo che alla fine non mi dicessero più i distacchi per non destabilizzarmi, per non deconcentrarmi. Magari inizi a farti dei pensieri… Non so, ma credo sia stata la scelta giusta da parte dell’ammiraglia».

«Non sono uno che si fa prendere dai sentimenti spesso, però quando ho visto la maglia rosa con la scritta XDS-Astana mi sono emozionato. A 36 anni ripercorri tutta la tua carriera. Mi sono levato belle soddisfazioni. Ho superato momenti difficili. Ho pensato alla mia famiglia. In questi 16 anni ho costruito una bellissima famiglia con tre bambine. E ancora i miei genitori, i miei nonni, tutti i sacrifici che hanno fatto fin da quando ero piccolino, per portarmi alle corse… Sì, mi sono emozionato pensando a loro».

L’incontro fugace nel dietro le quinte. Un cinque, un sorriso e una bottigliona!
L’incontro fugace neldietro le quinte. Un cinque, un sorriso e una bottigliona!

Tante gioie e un sassolino

Questa maglia rosa è un premio alla carriera, dunque. Ulissi mancava al Giro d’Italia da due anni. La UAE Team Emirates non lo aveva convocato nel 2024: altre tattiche, altri obiettivi. Conquistarla a 36 anni non è cosa da poco, specie in questo ciclismo sempre più estremo, in cui l’età dei vincenti si è decisamente abbassata.

«Con l’età non è facile rimanere a grandi livelli – spiega il toscano – ma ho grandi motivazioni. Ho anche cambiato squadra per questo: per cercare di vivere giornate come questa. In UAE in questi anni hanno fatto altre scelte, come mandarmi in Ungheria a caccia di punti in concomitanza della corsa rosa, ma credo che dopo tanti anni in quel gruppo, praticamente tutti quelli della mia carriera, e con quello che avevo fatto, correre e vincere un Giro d’Italia al fianco di Tadej me lo sarei meritato. E l’anno scorso per me è stata una stagione importante, nel senso che non sono andato piano. Ho fatto moltissimi punti e ho chiuso tra i primi venti al mondo».

La conferenza termina ed Ulissi si alza e se ne va. Altre procedure post arrivo lo attendono. A un certo punto spunta da dietro una transenna. Lui in rosa, l’addetto stampa Yuri Belezeko con una bottiglia di spumante…

«Domani? Con la maglia rosa sulle spalle bisogna dare tutto. Certo, sarà una tappa particolare e complicata e servirà anche un po’ di fortuna. Ma lotterò. E poi arrivare in Toscana in rosa… Intanto penso a dormire bene stanotte!». Cosa che forse non sarà così facile… per fortuna.

La posizione tutta avanti è figlia della palestra. Ecco perché

01.02.2025
6 min
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Tornato da Calpe, dove aveva fatto un mini giro sulla bici di Velasco che ha le sue stesse misure, Filippo Lorenzon ha continuato a raccontare per giorni il modo in cui il bolognese pedali con tutto il corpo buttato in avanti. La famosa posizione di una volta per cui, stando in sella, la piega del manubrio dovesse coprire la vista del mozzo anteriore, è andata a farsi benedire. La faccia è sopra al mozzo, la piega resta indietro (in apertura, Rafal Majka in azione all’AlUla Tour). Guidare la bici è nervoso e complicato.

E’ la tendenza di tutti i corridori, al pari delle leve curvate verso l’interno. E siccome lo stupore del collega continuava a risuonarci nella testa, abbiamo pensato di sentire uno che della ricerca della miglior posizione in sella ha fatto la sua ragione di vita e il suo mestiere. Alessandro Mariano, genovese, che negli anni ha messo in sella decine di professionisti e che da qualche anno collabora con il Fisioradi Medical Center di Pesaro.

«Quando vengono da me gli amatori – sorride – si lamentano perché metto i corridori in una posizione diversa dalla loro. E io gli rispondo che quelli sono professionisti e so anche che gli sto facendo un po’ male. Però è il loro lavoro e può capitare che a fine carriera dovranno farsi operare alle ginocchia, come il camionista da grande soffrirà di ernia discale».

Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano è il biomeccanico di riferimento del Fisioradi Medical Center di Pesaro
Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano è il biomeccanico di riferimento del Fisioradi Medical Center di Pesaro
La posizione del corridore deve essere efficace o anche comoda?

Comodo è un concetto relativo, quando ti abitui è comodo tutto. Se invece andiamo a vedere il benessere, con questo tipo di posizione sovraccarichi tanto le articolazioni. E quindi bisogna trovare un equilibrio tra non fargli male e portarli il più vicino possibile al massimo della performance. E’ cambiato tutto, come per le pedivelle corte

Una moda?

Se Pogacar montava le 200, montavano tutti le 200. Non è che sia sbagliato accorciarle, ma non vanno bene per tutti. Nel 2023 seguivo Fortunato, poi è arrivato in Astana e gli hanno detto che avrebbe dovuto attenersi alle loro indicazioni. Quest’anno invece è tornato, perché arrivando Bettiol e Ulissi, che seguo da sempre, anche lui si è fatto forza. E mi ha detto di aver provato le pedivelle più corte, ma che in salita non la muoveva più. Perché ha caratteristiche diverse, c’è anche una questione di fibre muscolari. Per chi ha la frequenza molto elevata, la pedivella corta va bene. Ma se non è elevatissima, non serve a niente, anzi…

L’assetto tutto sull’anteriore incide nella guida e sulla sicurezza?

Sicuramente il peso è tutto sulla ruota anteriore e di conseguenza la bici è un po’ meno guidabile, però il professionista riesce comunque a farlo bene. Il fatto che si cada di più dipende un po’ da quello, ma soprattutto dalla velocità, dallo stato delle strade e dal fatto che fanno passare gente troppo giovane, che non ha l’esperienza giusta. Una volta passavi professionista che avevi fatto due o tre anni da under 23, adesso passi direttamente dagli juniores: una categoria in cui l’imperativo non è più imparare, ma limare.

Velasco pedala con il corpo proiettato verso l’avantreno, sfruttando quadricipite e gluteo (foto XDS-Astana)
Velasco pedala con il corpo proiettato verso l’avantreno, sfruttando quadricipite e gluteo (foto XDS-Astana)
Il sovraccarico alle ginocchia è inevitabile o si potrebbe avere una posizione ugualmente redditizia, però meno estrema? Si guadagna tanto con queste posizioni estreme?

Come aerodinamica, non guadagni così tanto, in realtà. Diciamo che è più una conseguenza di un altro cambiamento, di cui mi accorgo facendo la posizione e non guardando solo l’aspetto scheletrico, ma anche quello muscolare. Vedo che è cambiato il tipo di preparazione, la muscolatura è diversa. Gente che io seguo da una vita, parliamo ad esempio di Ulissi con cui lavoro da quando ha vinto i due mondiali da junior. Negli anni è cambiato muscolarmente, quindi il fatto di averlo avanzato è la conseguenza del lavoro su alcuni distretti muscolari. Non avrebbe senso lavorarci e non usarli.

Parliamo di lavoro in palestra?

La preparazione è cambiata a monte. Una volta la palestra non si faceva come si fa adesso, semmai era limitata all’inizio di stagione e poi ai momenti di scarico. Adesso c’è gente che la fa tutto l’anno e non è sbagliato, però questo implica un cambiamento muscolare. Se rafforzi i quadricipiti e poi non li usi, perché lavorare con la pressa? Allora cambi la posizione, avanzi per sfruttare i quadricipiti, ma non riesci a lavorare con gli altri. Il bicipite femorale non dico che lo isoli, ma dai la precedenza al quadricipite, che è il muscolo più forte che abbiamo. Solo che pedalando così avanzato, la cartilagine rotulea soffre e con gli anni può dare problemi.

Il discorso delle leve girate è collegato a quest’ultimo aspetto?

E’ una conseguenza, ti appoggi meglio. Ricordate gli Spinaci, le appendici manubrio che poi furono vietate? Li hanno rifatti, si è scoperta l’acqua calda. Secondo me è giusto tenere le leve piegate così e non condivido il discorso di certi regolamenti, per cui vieti una posizione per impedire che l’amatore si faccia male adottandola. Come mettere il limite di piega in Moto GP. Le leve girate servono per avere un appoggio, perché stando così avanti non è facilissimo impugnare la parte bassa del manubrio. E anche il fatto della limitazione ha trovato l’eccezione. Si misura da fine piega, ma loro hanno iniziato a fare i manubri larghi sotto come nel gravel e le leve le girano lo stesso come preferiscono. Fatta la legge, trovato l’inganno…

I tanti lavori di forza in palestra hanno cambiato la morfologia dell’atleta: la posizione in sella va di seguito
I tanti lavori di forza in palestra hanno cambiato la morfologia dell’atleta: la posizione in sella va di seguito
A fronte di questi cambiamenti di assetto, qualcuno ha mai chiesto di cambiare la geometria del telaio?

Di quelli che ho, viste le bici in commercio che hanno tutte la stessa geometria, nessuno ha chiesto una cosa del genere.

Quindi in tutto questo il discorso, l’aerodinamica c’entra ma fino a un certo punto?

Diciamo che essendo più raccolto hai un po’ meno turbolenze, però sei anche più alto. Secondo me è più un discorso muscolare che aerodinamico. E poi comunque, sembra che il ciclismo l’abbiano inventato adesso. Ma se alle medie di una volta, quelle di Gotti e Cipollini, trovaste il modo di togliere le resistenze di bici più pesanti, ruote che scorrevano meno, abbigliamento che svolazzava e un’alimentazione completamente diversa, vedrete che la prestazione dell’uomo non risulterebbe così inferiore.

Visto che segui Ulissi da quando era junior, anche lui negli anni ha cambiato posizione?

Sì e di parecchio. Un po’ perché non esiste la posizione della vita e un po’ perché anche lui sta assecondando le ultime tendenze. Anche Diego è cambiato muscolarmente per effetto della preparazione, ma non è estremo. Se lo mettessi come certi altri, non andrebbe avanti. Anche perché comunque non è un ragazzino e ricondizionare uno che è professionista da 15 anni non è facile. In più Diego ha una muscolatura importante, quindi è più difficile da modificare rispetto a uno più esile.

Anche Ulissi sta assecondando il cambiamento, ma con molta più gradualità
Anche Ulissi sta assecondando il cambiamento, ma con molta più gradualità
Non esiste la posizione della vita?

Volendo essere pignoli, ci sarebbe da rivederla anche nella terza settimana di un Grande Giro, perché tanti giorni di corsa ti danno un diverso adattamento. Invece al massimo durante un Giro si può modificare la posizione sulla bici da crono, se la crono è l’ultima tappa. Nel 2012 a Purito Rodriguez cambiammo tutto alla vigilia dell’ultima tappa a cronometro. Non vinse il Giro per appena 16 secondi, ma fece la crono della vita. E vi posso giurare che era messo in bici in modo davvero sovversivo.

Nella nuova Astana, Ulissi ritrova l’entusiasmo e il Giro

08.01.2025
7 min
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Immagina una volata a due, Ulissi contro Pogacar: come la gestisci? Diego scoppia a ridere, è l’ultima domanda di una lunga conversazione sui giorni nuovi con la XDS-Astana. «Bella domanda! Essere lì con Tadej a fare la volata – dice – sarebbe già una bella vittoria, ma bisogna vedere quante gambe mi rimarrebbero. Tadej è estremamente veloce. E’ il corridore più forte al mondo, nonostante anche io abbia un bel picco di velocità. Insomma, sarebbe una volata persa…».

Mancano pochi giorni alla ripartenza per il secondo ritiro in Spagna, che Ulissi raggiungerà con qualche giorno di ritardo per l’influenza dei giorni scorsi. Le Feste le hanno passate tutti insieme a Lugano. Viola è nata da appena due mesi e non era il caso di farla viaggiare, perciò questa volta il viaggio è toccato ai nonni. Il toscano è di buon umore – la bimba sta bene, mangia e soprattutto dorme – e lui può concentrarsi sugli allenamenti e la nuova squadra.

Diego Ulissi, classe 1989, è stato dal 2010 al 2024 nello stesso gruppo: prima Lampre, poi UAE
Diego Ulissi, classe 1989, è stato dal 2010 al 2024 nello stesso gruppo: prima Lampre, poi UAE
Com’è ricominciare da capo in un ambiente tutto nuovo?

Proprio da capo, non direi. Un po’ di esperienza ce l’ho, ho cambiato ambiente, ma conosco tutti ed è stato facile inserirsi. Abbiamo fatto le riunioni di routine che si fanno in tutte le squadre. Poi ci siamo conosciuti con gli allenamenti, passando tutta la giornata insieme. La routine di tutti i giorni è perfetta per conoscersi bene.

Chi è ora il tuo allenatore?

E’ arrivato quest’anno, si chiama Helmut Dollinger, è austriaco. Ci siamo parlati per la prima volta quando ci siamo trovati a ottobre. Abbiamo iniziato il percorso insieme e mi sto trovando veramente bene. Non è che ho rivoluzionato più di tanto quello che stavo facendo, anche perché la vera rivoluzone a livello atletico è stata fatta nel corso degli ultimi anni. Adesso è più una questione di mantenere i cambiamenti che ci sono stati in questi anni.

Formolo ci ha raccontato che nel primo anno alla Movistar ha pagato il fatto di non essere seguito com’era alla UAE Emirates: pensi che potresti avere lo stesso problema?

Bisogna sapersi adattare alle persone, capire quali sono le loro esigenze. Magari ci sono preparatori che vogliono avere tutti i giorni il feedback del lavoro, qualcuno cui invece basta averlo due o tre volte a settimana. Vedendo che mi so gestire bene, mi hanno sempre lasciato abbastanza tranquillo. Sono uno che non ama sentirsi il fiato sul collo, però da quello che ho visto in questi primi mesi ho trovato una squadra super professionale che non lascia niente al caso. Questo è sicuro.

Hai anche trovato tanti italiani, molti di più rispetto a quelli rimasti alla UAE, che effetto fa?

Un bell’effetto. Mi ricorda gli anni alla Lampre, dove veramente avevo trovato il mio ambiente e ci stavo da Dio. Ritrovare un bel gruppo di italiani fa un certo effetto e alla fine anche i ragazzi stranieri si inseriscono alla grande, proprio perché il gruppo italiano è forte e coeso e permette a tutti di amalgamarsi.

Velasco e Scaroni sono solo due dei 12 italiani (su 30 corridori in totale) della Astana
Velasco e Scaroni sono solo due dei 12 italiani (su 30 corridori in totale) della Astana
Ti hanno detto cosa si aspettano da Diego Ulissi?

In pratica quello che già facevo e che continuerò a fare. Cercando di mettere insieme più punti possibili e aiutando anche i giovani, visto che ce ne sono tanti.

La differenza è che di là i punti servivano per essere primi al mondo, qui per evitare la retrocessione…

Innanzitutto per fare le cose fatte bene, è meglio non mettersi troppa pressione, altrimenti parti già col piede sbagliato. Questa è una cosa che ho imparato negli anni e l’ho sempre fatto. L’importante è lavorare bene, dare il 100 per cento. E visto che un po’ di esperienza sulle spalle ce l’ho, ho imparato ad affrontare qualsiasi gara, anche la più piccola, allo stesso modo. Concentrato, cercando di fare il massimo. Quando si arriverà a fine anno, si tireranno le somme.

Ti è stato chiesto a quali gare vorresti partecipare? Come è nato il tuo calendario?

Abbiamo condiviso, ci siamo confrontati. Tornerò a fare un Grande Giro, cosa che l’anno scorso non mi è stato permesso di fare. E poi più o meno sarà il calendario che facevo tutti gli anni, senza grandi stravolgimenti. Non partirò dall’Australia, probabilmente partirò dalle gare a Mallorca.

Grande Giro: stiamo parlando del Giro d’Italia?

Ma certo! E’ la gara in cui mi sono espresso meglio. L’anno scorso hanno deciso che facessi un altro tipo di stagione. E quando è stata presa la decisione, mi sono concentrato sul mio programma, quindi al Giro dopo un po’ ho smesso di pensarci. E comunque negli anni precedenti, mettendo da parte le mie ambizioni personali, sono stato di grande aiuto per miei compagni. Quindi ci tenevo a farlo anche solamente per aiutare la squadra, ma è stato deciso che facessi un altro calendario per fare più punti possibili. Visto che l’anno prima eravamo stati tutto l’anno testa a testa fino all’ultima gara con la Jumbo, si ipotizzava che sarebbe stato lo stesso. Invece è venuta fuori una stagione dominata e magari, col senno di poi, potevo andare tranquillamente al Giro d’Italia. Tanto Tadej lo avrebbe vinto ugualmente.

Diego Ulissi ha vinto 8 tappe al Giro d’Italia: qui a Monselice nel 2020, davanti ad Almeida in rosa
Diego Ulissi ha vinto 8 tappe al Giro d’Italia: qui a Monselice nel 2020, davanti ad Almeida in rosa
Ad aprile parteciperai a qualche classica del Nord?

Sì, dovrei fare le Ardenne. Magari non l’Amstel, ma probabilmente la Freccia e la Liegi. Dopo ci sarà il Giro e poi vediamo, speriamo che tutto fili liscio a livello di salute. Purtroppo ho già dovuto interrompere la preparazione, per questa influenza.

Quando un corridore esperto come te cambia squadra si porta dietro qualche esperienza dalla squadra precedente?

Qualcosa mi hanno chiesto, soprattutto i compagni. Ma questo ambiente è una novità anche per me e servono mesi per capire le persone che hai di fronte. I meccanismi li conosci bene solo gareggiando, ma sto ripetendo ai più giovani che l’atteggiamento è quello di andare alle gare mentalizzati, senza pensare che l’appuntamento più importante sia tutto, ma considerando importanti tutte le gare che andiamo a fare.

Una regola d’oro…

Il solo modo perché i ragazzi crescano. In più, i regolamenti, le promozioni e le retrocessioni sono diventati importantissimi e non si può lasciare niente al caso. Però ci sono persone veramente preparate che guidano la squadra, cui ho poco da insegnare. Basta vedere lo storico, fino a qualche anno fa l’Astana è stata una delle più forti al mondo, quindi ho poco da insegnargli.

Hai un direttore sportivo di riferimento?

Sì, Zanini. Lo conoscevo già, ci stavamo simpatici da anni, ci siamo ritrovati ed è stata una grande gioia. Ci sentiamo periodicamente, ci confrontiamo, è veramente una grande persona.

Come ti trovi con la nuova bicicletta?

Bene. E’ molto rigida, aerodinamica, quindi le prime sensazioni sicuramente sono estremamente positive. E’ una grande azienda, sanno fare le biciclette. 

Andrai in altura durante l’anno?

Al momento non ce l’ho in programma, forse ad aprile, prima delle Ardenne, ma non so. Non sono un grande amante dei ritiri, preferisco correre. Anche perché ho fatto altura in passato e non ho mai trovato grandi risultati. Per quello che devo fare io, non serve poi a molto.

Qual è secondo te il più grosso cambiamento di questo ciclismo moderno?

L’alimentazione sì, ma anche i lavori e la preparazione in se stessa. I ritmi di allenamento sono totalmente cambiati, almeno per quanto mi riguarda. Faccio molti meno lavori al medio, prediligendo la Z2 e la soglia. In più è cambiata tantissimo l’alimentazione. Si assumono molti più carboidrati, perché per stare a regimi più alti, bisogna assumere più carboidrati, sennò rimani in mezzo alla strada. Da quando sono passato, era il 2010, è cambiato tutto.

Che effetto ti ha fatto metterti davanti allo specchio con una maglia diversa?

Bello perché è stato un cambiamento che ho preso in maniera positiva. E’ una cosa che ho voluto io e mi vedo bene con quella maglia indosso, anche se i bellissimi momenti che ho passato in UAE non li dimenticherò mai. Non posso che ringraziarli, sono rimasto in ottimi rapporti con tutti. Li sento settimanalmente, compagni, anche ragazzi dello staff e tutto gli altri.

Una tappa, la classifica a punti e la generale al Giro d’Austria nel 2024 di Ulissi (foto EXPA/Groder)
Una tappa, la classifica a punti e la generale al Giro d’Austria nel 2024 di Ulissi (foto EXPA/Groder)
Hai 35 anni, qual è secondo te il punto di forza di Diego Ulissi?

L’anno scorso ho dimostrato di essere ancora competitivo e costante nei risultati durante la stagione. Vuol dire che vado ancora bene e questo grazie al fatto che ho cambiato le mie idee di lavoro, le idee di preparazione e tutto il resto. Sono riuscito stare un al passo con i tempi, accettando il cambiamento di questo sport. Sto ancora bene, quindi spero di fare gli ultimi anni della carriera ed essere ancora competitivo, per cercare di dare una mano a chi investito su di me.