Paladin, tanti piazzamenti e quel successo che manca

20.05.2023
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Sempre vicina, sempre lì a far capolino nella Top 10, ma la vittoria sembra non voler arrivare mai. Soraya Paladin prosegue la sua caccia nel dedalo delle corse spagnole del WorldTour, ora è alla Vuelta a Burgos e anche ieri ha centrato il piazzamento, ottava a 12” dalla Vollering che continua a collezionare successi in questa stagione magica. La veneta della Canyon Sram non si lamenta, cerca di portare pazienza, sicura che prima o poi verrà anche il suo turno.

In attesa della seduta di massaggio per preparare il weekend finale, l’atleta di Treviso fa un po’ il punto della situazione dopo una primavera intensa, considerando che ha collezionato 17 giorni di gara con oltre la metà conclusi entro le prime 10.

«Mi dispiace soprattutto per la tappa dell’Iztulia Women, la seconda dove ho chiuso alle spalle della Vollering, perché credo che con un po’ di fortuna in più si poteva anche centrare il risultato pieno. Mi ha tratto in inganno l’errore di percorso della Reusser che mi ha portato a partire troppo presto, se avessi lanciato la volata 100 metri più avanti forse l’olandese non mi riprendeva».

La volata persa contro la Vollering all’Itzulia. La veneta è stata tratta in inganno dalla Reusser, terza
La volata persa contro la Vollering all’Itzulia. La veneta è stata tratta in inganno dalla Reusser, terza
Avrebbe dato un senso maggiore a questa prima parte di stagione…

Sicuramente, anche se non è che possa lamentarmi vista la messe di risultati che sto portando a casa. Dimostro di esserci sempre. La campagna delle Ardenne era stata impegnativa, ma mi ha lasciato con le pile un po’ scariche, ho avuto bisogno di due settimane per ricaricarmi, per fortuna aver saltato la Vuelta è stata un aiuto.

In squadra ti danno fiducia?

Sì, anche se normalmente viene considerata la Niewiadoma come punta del team e io cerco di starle vicino e darle una mano, ma senza mettere da parte le mie ambizioni. In squadra il clima è abbastanza alto, anche se sappiamo di confrontarci con uno squadrone come quello della Sd Worx.

Al Nord la Paladin ha dato buoni segnali: quinta all’Amstel, nona a Liegi e alla Freccia del Brabante
Al Nord la Paladin ha dato buoni segnali: quinta all’Amstel, nona a Liegi e alla Freccia del Brabante
In carriera hai finora vinto 7 gare, ma il successo pieno manca dal Giro delle Marche 2019. Ti manca la vittoria?

Ci penso spesso, ma ci sono alcuni aspetti da considerare. Innanzitutto il livello medio si è alzato tantissimo da allora e essere sempre protagonista, essere lì a lottare nei finali di gara significa che comunque anche il mio livello è salito. E’ chiaro che vincere piacerebbe e ci spero tanto, ma contro gli squadroni di oggi non è semplice.

Accennavi alla Sd Worx. Non pensi che stia un po’ ammazzando le corse?

E’ una squadra costruita con tante campionesse, che rendono sempre la gara dura. Questo consente loro di scegliere sempre una tattica diversa, poter lanciare un attacco da lontano oppure aspettare. C’è molto tatticismo nelle corse, bisogna essere attente nello scegliere le mosse giuste da fare. Sono le più forti, ma non sono certo imbattibili, nel gruppo ci sono tante squadre forti e la nostra non è seconda a nessuna.

La Paladin a Burgos si sta ben disimpegnando, indossando la maglia roja di leader dei GPM
La Paladin a Burgos si sta ben disimpegnando, indossando la maglia roja di leader dei GPM
Ma tanti successi non vanno poi a scuotere gli equilibri e generare invidie?

Io non credo. C’è molto rispetto, quando hai a che fare con campionesse del genere. Noi pensiamo a fare la nostra parte sapendo che possiamo giocarcela con tutti. Bisogna correre in base ai propri punti di forza, non piegarsi a quel che fanno loro…

Nell’ambiente molti si lamentano della serie infinita di corse a tappe in Spagna, senza soluzione di continuità…

Sarebbe stato meglio un calendario più diluito, ma gli organizzatori scelgono in base alle proprie esigenze. Il problema è che attualmente i team sono ancora abbastanza stringati per tenere dietro a tutto, basta qualche infortunio che costringe le altre a veri tour de force. E’ un problema contemporaneo, io sono convinta che con il tempo si risolverà, per ora i roster sono ancora ridotti e nel compilare i calendari bisognerebbe tenerne conto.

La veneta è da anni un punto fermo della nazionale e punta a esserci anche a Glasgow
La veneta è da anni un punto fermo della nazionale e punta a esserci anche a Glasgow
Dopo Burgos che cosa ti aspetta?

Ci sarà la RideLondon e poi andrò in altura per preparare i Campionati Italiani e il Giro. Quelli sono passaggi obbligati, soprattutto se si vuole pensare a un’estate importante che possa valere anche una presenza ai mondiali. A dir la verità non mi pongo il problema della maglia azzurra sì o no: io faccio il mio e se i risultati arriveranno, la convocazione sarà una diretta conseguenza.

Il Tour è in programma?

Per ora non si sa, ci hanno detto che in Francia andrà chi è più in forma, per questo le prossime settimane saranno importanti e io voglio farmi trovare pronta.

Vuelta Femenina, dietro le olandesi spunta Realini

09.05.2023
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Chi meglio la conosce sa che, sul podio finale della Vuelta Femenina, Gaia Realini si è chiesta cosa ci facesse accanto a Van Vleuten e Vollering. Lei si è limitata a godersi il magnifico stupore, mentre gli altri hanno iniziato a ragionare sulla sua prestazione. Se a 21 anni hai la forza per tenere testa alla campionessa del mondo e all’astro nascente del ciclismo femminile, il terzo posto nella corsa spagnola significa qualcosa di importante.

«Ho pensato proprio a questo – sorride Realini col gusto di raccontarlo – cosa ci faccio qui? Non riesco a realizzare dove sono arrivata e dove posso arrivare. Proprio non lo so. La vittoria di tappa e il terzo posto sono stati inaspettati. Quando domenica sono arrivata al traguardo e ci siamo messi a guardare i distacchi, la ragazza che era lì con me mi fa: “Guarda che sei terza in generale!”. Le ho detto che non era possibile. Dopo le prime tappe ero a dir tanto cinquantesima. Poi sono diventata quindicesima e adesso sarei stata terza? Io ero incredula di tutto, lei prendeva i tempi e alla fine ha avuto ragione. Ai Lagos de Covadonga sono volati distacchi pesanti. Ma è stato davvero inaspettato…».

Il viaggio di Gaia alla Vuelta è iniziato dopo il terzo posto alla Freccia Vallone e il settimo alla Liegi: altre anticipazioni di futuro da cogliere con discrezione e mettere da parte. Da qui a dire che sia andata in Spagna per puntare alla generale ce ne vuole, ma il bello del suo stupore è che le impedisce di porsi limiti.

Sei andata sapendo di stare così bene?

Sicuramente la preparazione era buona, però sono andata senza nessuna pretesa, con l’idea di godermi la mia prima Vuelta. Per imparare e mettermi a disposizione della squadra.

Prima Vuelta, ma avevi già esperienza di Giro d’Italia. Ci sono tante differenze?

Molta differenza non c’è stata, perché comunque le ragazze sono le stesse. Forse cambia il modo di correre, dato che in Spagna ci sono solo sette tappe e al Giro invece sono dieci. Con tre giorni in meno, si combatte subito, c’è più bagarre. Ci si risparmia meno.

Siete partite con il terzo posto nella cronosquadre.

Ce la siamo cavata benissimo. Poi sapevamo che la seconda e la terza tappa sarebbero state completamente piatte, senza aspettarci la batosta così dura per i ventagli nella terza. Abbiamo preso il buco, io per prima. Dietro di me Amanda Spratt ha bucato, quindi tutto il team è rimasto nel secondo gruppo. E’ stata una giornata difficile da mandar giù (a La Roda, il distacco della Trek-Segafredo all’arrivo è stato di 2’41”: lo stesso che sul podio la dividerà da Van Vleuten, ndr). 

Parlando a febbraio con Larrazabal, capo dei preparatori alla Trek, si ragionava sui ventagli e ci avvisò che quelli del UAE Tour in cui ti eri mossa benissimo fossero più semplici di quelli belgi o spagnoli…

Le strade erano molto più strette. Siamo sempre 150 ragazze, un conto è metterle su una strada immensa come quelle nel deserto, che di lato c’è la sabbia, altra cosa in Spagna, che a lato ci sono l’erba, le buche e le scarpate. Hai quasi paura, è molto più pericoloso.

Vos sugli scudi: prima vince la cronosquadre con la Jumbo-Visma, poi porta a casa la 3ª e la 4ª tappa
Vos sugli scudi: prima vince la cronosquadre con la Jumbo-Visma, poi porta a casa la 3ª e la 4ª tappa
Dal giorno dopo è scattata la rabbia?

Non abbiamo perso la concentrazione, siamo rimaste sempre noi stesse e super motivate. Sapevamo che la classifica si poteva comunque ribaltare nelle tappe di montagna. Ho dei rimorsi legati a quel giorno, però fino a un certo punto. Sono ancora giovane, devo imparare molto da questo lavoro. Non è scattata la rabbia, semplicemente sapevo che iniziavano le tappe adatte a me. Quindi testa bassa e non mollare. Non voltarsi indietro e guardare avanti. E alla fine, grazie anche al team e al bellissimo clima che c’è, abbiamo portato a casa un bellissimo risultato.

A Laredo ti sei trovata davanti con Van Vleuten, scatti e controscatti e poi l’hai battuta. Come è stato?

Mi sono vista al primo anno in una WorldTour insieme alla campionessa del mondo. Emozione tanta, ma nessuna pressione, perché ero fuori classifica, quindi non dovevo fare chissà cosa. Qualcuno mi ha criticato perché non ho dato mai il cambio, ma io non avevo pretese, non dovevo prendere io la maglia rossa, quindi non avevo niente da perdere. Poi in volata ce la siamo giocata e vedendo il fotofinish, ho vinto davvero per poco.

Van Vleuten ha fatto il forcing perché voleva guadagnare su Vollering, compreso l’attacco mentre Demi si era fermata per fare pipì. Tu cosa hai capito di questa storia?

Van Vleuten sa bene quello che vuole, è molto concentrata e la squadra la asseconda. Non so bene come siano andate le cose. Ho sentito dire che Vollering si è fermata per un pit stop e la Movistar si è messa davanti ad attaccare. Non lo vedo come una cosa molto rispettosa, non c’è stato un grande fair play. Tutti abbiamo necessità fisiologiche.

Van Vleuten ha detto che quello era il punto in cui avevano deciso da tempo di attaccare. Ha sbagliato Vollering a fermarsi proprio lì?

In quel punto c’era molto vento, era molto aperto. Si capiva che potesse succedere qualcosa, però è anche vero che stavamo andando piano, quindi forse Demi ha valutato di potersi fermare. Ma non so davvero bene come sia andata.

Si rivede anche Marta Cavalli: 10ª nell’ultima tappa e 13ª in classifica finale
Si rivede anche Marta Cavalli: 10ª nell’ultima tappa e 13ª in classifica finale
Il tuo calendario prevede anche il Giro d’Italia?

Sì e sarò a disposizione della squadra. Quello che mi diranno di fare si farà senza pretese né pressioni. Non mi sarei aspettata che a 21 anni mi sarei trovata così bene, ma bisogna rimanere sempre coi piedi a terra, perché oggi può andare bene e domani può andarti male. Tutto questo è il punto di partenza per migliorare. Ecco, io almeno la penso così.

Ancora Vollering, ma la “Longo” torna a farci sognare

23.04.2023
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Quando tutto sembrava perduto ecco violentissima l’azione della Trek-Segafredo. Un’azione che a quanto pare non è stata del tutto una sorpresa per il team di Elisa Longo Borghini. È stato grazie a questo forcing se la Liegi-Bastogne-Liegi Femme si è riaperta. È vero, alla fine ha vinto sempre un’atleta della SD Worx. Anzi non un’atleta, ma l’atleta: Demi Vollering.

Liegi Femmes partita alle 8,35 da Bastogne. «Difficile per noi e anche per lo staff. Alcuni dei nostri si sono svegliati alle 4»
Liegi Femmes partita alle 8,35 da Bastogne. «Difficile per noi e anche per lo staff. Alcuni dei nostri si sono svegliati alle 4», ha detto Longo Borghini

Fiato sospeso

Il rettilineo finale di Liegi sembra fermarsi. Da lontano, alle spalle dell’arrivo, si vedono spuntare dalla semicurva Elisa Longo Borghini e Demi Vollering. Vanno pianissimo, si controllano. Poi ecco che parte lo sprint. Le spalle delle due atlete si sfiorano. I caschi si abbassano. È un lungo testa a testa. Secondi che sembrano interminabili.

La prospettiva frontale inganna e non si capisce chi sia davanti. Però è Demi Vollering stessa a risolvere i dubbi. Prima si pone davanti ad Elisa e poi alza le braccia al cielo. «Oggi ho perso in volata – ha detto immediatamente dopo l’arrivo Elisa Longo Borghini – ma voglio batterla».

Come a Huy, qualche metro dopo la linea, Demi si mette le mani sul volto. Ha realizzato una tripletta magnifica sulle Ardenne e soprattutto ha mostrato una superiorità netta. E’ in totale controllo di tutto in questo momento.

«Sono felice. Abbiamo una super squadra. Devo ringraziare Marlene (Reusser, ndr). Io sto bene, sono sempre tranquilla. Questa notte ho riposato bene e sapevo che potevo essere veloce anche nel finale».

Momento cruciale della gara. Nel falsopiano prima della planata su Liegi Vollering rintuzza da dietro e scappa via con Longo Borghini
Momento cruciale della gara. Nel falsopiano prima della planata su Liegi Vollering rintuzza da dietro e scappa via con Longo Borghini

La fatica giusta

Più che le parole a colpirci è la grinta con la quale Elisa ha detto quella frase: “La batterò”. Solo pochi giorni fa l’avevamo lasciata sul Muro d’Huy contenta a metà. «Non riesco a far fatica ci aveva detto. Dopo il Covid mi manca ancora qualcosa».

Eppure Elisa non ci era sembrata sfinita. Sembrava che la fatica fatta alla Freccia Vallone fosse costruttiva, che potesse portare dei benefici. E così è stato.

«Sì, dopo la Freccia ho detto che stavo ancora lottando con il mio recupero post Covid. Ci sono giorni in cui mi sento meglio di altri. Oggi mi sono sentita davvero bene. Ma ho ancora degli alti e bassi e non so come mi sveglierò domani. Oggi però sono felice».

Podio di squadra

«Il team – va avanti Elisa – ha svolto un ottimo lavoro con Amanda Spratt in fuga. Lei doveva attaccare da lontano. Lizzie Deignan ci posiziona sempre molto bene e anche Ina Teutenberg ci ha spiegato la corsa in modo preciso. Poi ancora Amanda e Shirin Van Anrooij mi hanno aiutato a prendere un po’ di margine prima della Roche aux Faucons. Ho preferito fare così perché io non ho ancora il cambio di ritmo necessario. In questo modo l’ho potuta prendere un po’ più di passo».

Tutto secondo i programmi dunque, almeno fino allo sprint. Una volata a due è sempre particolare ed è facile poi ripensarci su.

«Forse l’ho interpretata un po’ male – spiega Longo Borghini – forse dovevo metterle più pressione nel finale, ma poi sapete quando sei lì, dopo tanti mesi che non vinci, dopo che la squadra ha lavorato tanto vorresti restituire il favore, almeno con un podio», come a dire che doveva collaborare meno.

«Riguardo allo sprint, ho cercato di arrivare fino ai 150 metri. Sapevo che il vento veniva da destra e volevo stare nel lato coperto del vento, ma poi lei è più veloce».

La fuga di giornata. Spratt (prima) e Reusser (terza) le pedine fondamentali nell’economia della corsa
La fuga di giornata. Spratt (prima) e Reusser (terza) le pedine fondamentali nell’economia della corsa

Super Trek, rischio Sd Worx

Dicevamo di una grande azione della Trek-Segafredo. Un’azione potente. Violenta. Decisiva. A 32 chilometri dall’arrivo Marlen Reusser aveva 1’40” di vantaggio. Un abisso. La corsa sembrava chiusa. Merito della Trek-Segafredo dunque se si è riaperta, ma c’è stato forse anche un errore tattico della SD Worx.

«Noi non abbiamo mai avuto la sensazione che la corsa fosse in pericolo – ha detto Gaia Realini – abbiamo sempre controllato. Sapevamo che tutto si sarebbe deciso sull’ultima salita. E prima di quella abbiamo tirato tantissimo. Oggi eravamo tutte per Elisa».

Ma la stessa Longo Borghini ha detto che dietro non si sarebbero mosse finché davanti ci fosse stata la loro compagna Amanda Spratt. E sulla Redoute abbiamo pensato che forse Reusser avesse sbagliato ad affondare il colpo in quel modo. In quel momento il vantaggio era sul filo del minuto.

Se fosse scappata con la sola Spratt, l’unica che per tre quarti di scalata aveva retto il suo passo, di certo Sd Worx e Trek-Segafredo, appunto le squadre più forti, non si sarebbero mosse.

Non solo, Reussuer era palesemente più forte di Spratt, poteva staccarla più avanti e approfittare poi delle sue doti di cronoman. A quel punto anche un movimento della Trek-Segafredo sarebbe stato tardivo.

Con i se e con i ma, non si va da nessuna parte: è vero. Ma questa tattica ha rischiato fortemente di essere un boomerang per il team olandese. Poi okay, c’è Vollering che ha sistemato tutto e bene così per loro. E per noi… che ci godiamo il podio di Elisa.

Vollering a mani basse. Ma dietro spunta a tutta Realini

19.04.2023
7 min
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«Gli ultimi 800 metri sono talmente ripidi che questo muro ti guarda in faccia». Così parla del mitico Muro d’Huy, Gaia Realini. La portacolori della Trek-Segafredo è alla prima esperienza nelle corse del Nord e ha subito colto un podio.

La Freccia Vallone Donne se l’è presa – quasi da programma – Demi Vollering. Troppo più forte, troppo più in condizione in questo momento. Questa mattina vi avevamo proposto l’intervista con Elena Cecchini. Ebbene quel che ha detto la friulana si è verificato: sia il successo di Demi, sia il rilancio della Trek-Segafredo.

Vollering dominatrice

Nel fresco mattino di Huy, ad un’orario insolito, prende il via la Freccia Vallone Donne. La corsa si rivela un filo meno combattuta di quel che ci si poteva attendere. Forse proprio in virtù dell’orario alquanto mattutino.

Nel finale sembra quasi che ad essere decisiva possa essere la penultima cote, quella di Cherave. Scappano via in quattro, ma poi il Muro è il Muro e nessuna tira con convinzione. Si presentano sotto l’impennata finale, tra fumi di barbecue e bicchieroni di birra di chi è a bordo strada, una ventina di atlete. Ci sono tre italiane: Gaia Realini, appunto, la sua compagna Elisa Longo Borghini e Silvia Persico.

Vollering anticipa un po’. «Era questo ciò che voleva fare», ci confida la Cecchini dopo l’arrivo. Voleva togliersi dai guai, impostare il suo ritmo. E comunque ne aveva molta di più. 

E dietro? Dietro Niewiadoma sembra tenere e le altre non si muovono. Eppure c’è quello scricciolo bianco, azzurro e nero che si vede pedalare bene. Che danza sui pedali. E infatti dopo la terribile “S” al 20 per cento eccola che esce come una freccia. L’abruzzese rimonta veloce ed è terza.

Demi Vollering (classe 1996) vince la Freccia Vallone. Ora la Liegi, sapendo di essere super marcata come ha detto dopo l’arrivo
Demi Vollering (classe 1996) vince la Freccia Vallone. Ora la Liegi, sapendo di essere super marcata come ha detto dopo l’arrivo
Gaia, anche Longo Borghini ci ha detto che eri leader oggi. Come si reagisce di fronte a queste responsabilità? Si dorme la sera prima?

Sì, sì! Da quando sono arrivata in questa squadra c’è la pressione, ma la pressione giusta. Quella buona. Credono in me, nelle mie potenzialità. Mi hanno detto: «Tu domani sarai leader, si farà la corsa per te». Io all’inizio ho detto: «No, ma dai, sono nuova. Sono giovane, sono inesperta del mestiere. Non datemi questa responsabilità». Ma tutte le altre mi hanno detto che avevo fatto vedere buone potenzialità in salita e quindi si sarebbe corso per me.

E per fortuna! 

Le ragazze hanno fatto un gran lavoro. E’ indescrivibile quello che sono riuscite a fare per me. Mi hanno tenuto sempre coperta. Ho avuto un problema al penultimo giro, ho bucato e sono rientrsata grazie a loro che mi erano vicine. Ho sprecato il minimo delle energie e sono riuscita a finalizzare quello che è stato fatto. 

All’arrivo le tue compagne erano davvero contente. Ti hanno abbracciato e chiesto come fosse andata, Elisa Longo Borghini prima di tutte. Che consigli ti ha dato?

Elisa mi è stata molto vicina (in conferenza stampa Gaia ha aggiunto anche quanto sia felice di essere compagna di colei che è stata un suo mito, un riferimento che vedeva alla tv, ndr), ma anche le altre ragazze. Devo un grande, grande grazie a “Lizzie” Deignan.

Perché?

Era alla prima gara, al rientro sei mesi dopo la gravidanza. Lei mi ha guidato in tutto e per tutto. Si girava in continuazione per cercarmi e io cercavo lei. Davvero un bel feeling. Ma ripeto, anche con le altre ragazze.

A fine corsa l’abbraccio con Elisa Longo Borghini. In generale abbiamo notato grande solidarietà fra le italiane, specie tra le più giovani
A fine corsa l’abbraccio con Elisa Longo Borghini
Che impressione ti ha fatto il Muro d’Huy?

Eravamo venuti a provarlo la settimana scorsa e diciamo che in questi 800 metri finali hai la strada davanti agli occhi. Però il Muro mi piace, è duro e ho capito che in fondo mi sarei potuta giocare le mie carte.

Ci racconti come lo hai approcciato? Abbiamo visto che Vollering lo ha anticipato, non hai pensato di seguirla?

Lei ha accelerato fin dall’inizio, però ieri riguardando anche le gare degli anni passati, Elisa Longo Borghini mi ha consigliato di non prenderlo subito di petto, perché poi piano, piano quelle che lo aggrediscono fin da subito spesso rimbalzano (si veda giusto Niewiadoma, da 2ª a 11ª, ndr). E così mi ha detto: «Prendilo del tuo passo. Cerca il tuo ritmo. Non strafare fin dall’inizio». Io così ho fatto. E infatti sono riuscita a recuperare la terza ragazza proprio negli ultimi 100 metri.

Quindi eri in spinta fino alla fine?

Sì, in spinta. La gamba era buona e sono contenta per questo. Non posso che godermi questo terzo posto per me e per la mia squadra.

Guardiamola invece dall’altro lato: cosa ti manca per chiudere questo gap?

L’esperienza – replica diretta Realini – sicuramente l’esperienza incide tanto. Ma piano piano, sia io sia il mio allenatore e tutta la squadra ci arriveremo.

Rimpianti? Anche no

Prima di chiudere il capitolo Freccia Donne, merita una considerazione il fatto che Gaia Realini abbia finito il Muro in crescendo, ancora in spinta. Questo è un punto per noi fondamentale, specie in ottica futura.

Ma partiamo da oggi. Se si arriva in cima con tanta forza, è anche lecito chiedersi se invece si poteva dare di più. La risposta sta nel mezzo. Gaia è una scalatrice pura e forse potrebbe averlo preso un po’ più di petto rispetto a quel che le aveva suggerito Longo Borghini, ma sette secondi (tanto ha preso dalla Vollering), non sono pochi. Di certo non avrebbe vinto. Anche perché l’atleta della Sd Workx nonostante abbia anticipato ha guadagnato costantemente, poco, ma costantemente per tutto il muro.

Poi perché serve esperienza, come ha ribadito Gaia stessa. Bene dunque ha fatto Elisa Longo Borghini a suggerirle di andare di passo. Magari spingere anche solo 20 watt in più per 5 secondi prima avrebbe cambiato l’esito della sua scalata.

E poi la verità è che le misure, quelle vere, le può capire solo la protagonista. E’ lei e solo lei che può dosare lo sforzo in base alla distanza e quel che ha in corpo. E questo, specie da queste parti, lo si fa solo con l’esperienza. E di solito chi finisce il muro in spinta di solito la Freccia Vallone la vince. Chiedete a Valverde.

Persico super al Brabante. Rivincita e SD Worx battuta

13.04.2023
5 min
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Nell’hotel in cui alloggia la UAE Team ADQ la cena va per le lunghe. La squadra ha appena trascorso una giornata piena di emozioni e forse non fa troppo caso all’attesa. La favolosa vittoria di Silvia Persico alla Freccia del Brabante è ancora negli occhi di tutti e il morale è alto.

Il valore del successo della 25enne bergamasca appare subito maggiore perché ottenuto battendo un’atleta della SD Worx, lo stesso team che l’aveva messa nella morsa al Fiandre. Stavolta Persico si prende la rivincita con una prestazione di qualità e un po’ lontana dalla sua indole. Si mette alle spalle Demi Vollering, una che arrivava da due vittorie e un secondo posto su quattro gare disputate. Sul traguardo di Overijse si materializzano una serie di spunti. Ce li appuntiamo e li sottoponiamo a Silvia.

Persico esulta. La Freccia del Brabante è sua grazie a sangue freddo e volata di rimonta
Persico esulta. La Freccia del Brabante è sua grazie a sangue freddo e volata di rimonta
Che tipo di corsa è stata?

E’ stata dura per il brutto tempo. Nell’ultimo giro e mezzo è pure peggiorato, con tanta pioggia. La strada era un po’ scivolosa. Tatticamente era stato deciso che sarei stata io la capitana. Sarei dovuta stare tranquilla fino a pochi chilometri dalla fine o quando si fosse mossa la SD Worx. Prima di allora hanno lavorato molto le giovani Ivanchenko e Piergiovanni, poi sono entrate in azione Sofia, Olivia e Mikayla (rispettivamente Bertizzolo, Baril e Harvey, ndr). Le ringrazio tutte perché sono state fantastiche nell’aiutarmi durante tutta la corsa. E ringrazio anche lo staff che si fa sempre in quattro per noi.

A quel punto toccava a te farti trovare pronta…

Sì e ci sono riuscita. A circa 15 chilometri dalla fine siamo rimaste in cinque, tra cui Reusser, Chabbey e Van Anrooij. Ai meno otto sono rientrate anche Vollering e Lippert. La SD Worx era in superiorità numerica, ma ho notato che non c’era molto accordo, né fra loro due né in generale fra noi di testa. Anzi, credo che se ci fossero stati altri 3-4 chilometri probabilmente il gruppo delle inseguitrici ci avrebbe ripreso visto che hanno chiuso a 25 secondi da noi.

Era una situazione simile agli ultimi chilometri del Fiandre?

Sì, anche se là ero da sola in mezzo a tre di loro. Qui ho cercato di non ripetere gli stessi errori. Sapevo di essere in buona condizione, ma non avevo gambe al top. Stavolta il difficile non è stato seguire le atlete della SD Worx quanto invece stare calma e capire cosa poteva essere meglio per me. Di solito sono una generosa, che tende a sprecare. Questa volta mi sono sentita forte nella testa e contemporaneamente sembrava che Demi (Vollering, ndr) non fosse brillante come al solito. Così ho avuto qualche sicurezza in più.

Vittoria di qualità per Persico al Brabante. Vollering e Lippert sono alle spalle
Vittoria di qualità per Persico al Brabante. Vollering e Lippert sono alle spalle
Poi hai impostato la tua solita volata di rimonta.

Non potevo fare altro (sorride, ndr). Ho sì uno spunto veloce, ma non lungo. Dopo un chilometro di salita, ci siamo trovate il vento contro nel rettilineo finale. Reusser tirava, ma non sembrava per preparare un attacco di Vollering e quando Demi è partita, l’ho sfruttata come riferimento e sono uscita negli ultimissimi metri. D’altronde sapevamo che la corsa si sarebbe potuta decidere anche così. Diciamo che volevo rifarmi della delusione del Fiandre e ce l’ho fatta.

La notizia è che la SD Worx si può battere. Questa gara ti ha detto come si può fare?

Loro finora hanno vinto quasi dappertutto, sono uno squadrone. Senza nulla togliere alle altre o anche a noi stesse, la SD Worx resta la squadra da battere, soprattutto perché nelle fasi che contano sono sempre in superiorità numerica. La differenza spesso la fanno lì. Però abbiamo visto che correndo in altre maniere, magari non sempre in difesa, possiamo batterle. Bisogna trovare e provare il giusto mix tra il restare tranquilli come ho fatto io e il contrattacco. E magari inventarsi qualcosa d’altro.

Fuga decisiva. Ci sono anche Vollering, Reusser, Lippert, Chabbey e Van Anrooij. Persico resta calma e non spreca
Fuga decisiva. Ci sono anche Vollering, Reusser, Lippert, Chabbey e Van Anrooij. Persico resta calma e non spreca
Che sapore ha questa vittoria per Silvia Persico?

Naturalmente sono felicissima e spero che sia l’inizio di tante altre. Mi ha fatto piacere il messaggio di congratulazioni del cittì Sangalli. Ripenso che un anno fa in questi giorni dovevo ancora vincere la prima mia gara internazionale (il GP Liberazione, ndr) e rifletto sul salto che ho fatto in tutto questo lungo periodo. Adesso sono in una nuova dimensione qua alla UAE, ma non mi sento arrivata. Sono ambiziosa e voglio migliorare sempre di più. Questa vittoria alla Freccia del Brabante mi dà tanto morale. Spero che come squadra potremo fare bene anche nelle prossime gare.

Quali saranno?

Correrò Amstel, Freccia Vallone e Liegi. Poi andrò a fare la Vuelta in Spagna. Qui sulle Ardenne abbiamo cambiato il gruppo, sono arrivate le scalatrici. Ci serve un po’ di rodaggio, ma sono convinta che già durante le ricognizioni che faremo ci integreremo al meglio. Anche perché io finora ho corso solo otto gare. Per me il trittico che sta per arrivare è tutto nuovo visto che la mia unica partecipazione all’Amstel nel 2018 è durata pochissimi chilometri causa caduta. La mia intenzione è quella di replicare gli ultimissimi festeggiamenti.

Persico, un bel Fiandre. «Ma ora penso alle Ardenne»

07.04.2023
5 min
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L’azione di Lotte Kopecky sull’Oude Kwaremont, che ha deciso il Giro delle Fiandre, è stata potenza pura. La campionessa belga si è tolta dalle ruote l’unica atleta che era riuscita a rimanere con lei: Silvia Persico. La bergamasca del UAE Team ADQ ha chiuso poi quarta sul traguardo di Oudenaarde, seconda delle italiane, dietro a Elisa Longo Borghini.

«Tutto sommato – ci racconta mentre sta andando a fare i massaggi – sono felice del mio quarto posto. Per i primi due giorni dopo la corsa ero leggermente amareggiata, poi mi è passata, alla fine ho dato tutto quello che avevo».

Dopo il Koppenberg si sono avvantaggiate in quattro, in ordine: Reusser, Kopecky, Persico e Wiebes
Dopo il Koppenberg si sono avvantaggiate in quattro, in ordine: Reusser, Kopecky, Persico e Wiebes

Koppenberg primo punto chiave

Sulle pietre del Koppenberg la corsa delle donne si è accesa. Persico e tre atlete della SD Worx, tra cui Lotte Kopecky, si sono avvantaggiate, complice una caduta nelle prime posizioni che ha causato un rallentamento in gruppo. 

«Lo avevamo già visto dalla ricognizione – ci confida – che il Koppenberg sarebbe stato un punto chiave della corsa. Abbiamo provato a farlo a piedi, capendo fin da subito che ripartire su quelle pendenze sarebbe stato difficilissimo. L’obiettivo, concordato con i diesse nelle riunioni pre gara, era prenderlo nelle prime posizioni. Chiara (Consonni, ndr) mi ha dato una grande mano nel tratto di pianura che precedeva il Koppenberg.

«E’ uno dei Muri più impegnativi del Fiandre, lungo, con pendenze toste, anche se lontano dal traguardo risulta decisivo. Per molte delle mie compagne rappresentava una finish line, il posto nel quale terminare il loro lavoro. Dalla tattica prestabilita saremmo dovute rimanere in tre della UAE ADQ: Bastianelli, Consonni ed io. Chiara però quel giorno non si sentiva bene e così si è messa a nostra disposizione».

Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Wiebes e Kopecky
Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Wiebes e Kopecky

Fra tre fuochi

«Sul Koppenberg – afferma – è successo quello che avevamo pensato in partenza. Una mezza caduta in testa al gruppo ha messo in croce le altre. Così davanti, oltre a me, sono rimaste tre atlete della SD Worx: Kopecky, Wiebes e Reusser.

Persico all’inizio ha collaborato con le compagne di fuga, senza farsi intimorire. L’occasione era ghiotta e mettere più secondi possibili con le inseguitrici era fondamentale

«Anche dalla macchina – continua Silvia Persico – mi hanno detto di collaborare. E’ stata la mossa giusta a mio modo di vedere, non sono rimasta passiva a subire il ritmo delle avversarie, ma mi sono data da fare. Certo, sarebbe stato meglio non essere in mezzo ad atlete della stessa squadra, ma è andata così. Sono dell’idea che anche se mi fossi messa a ruota, non sarebbe cambiato nulla. In quell’azione non ho sprecato tante energie, ho sempre cercato di andare il più regolare possibile. Una volta sul Taaienberg – prosegue la bergamasca – si è staccata Wiebes. Ho respirato un po’ e siamo andate via ancora del nostro passo».

Le inseguitrici hanno agganciato la Persico solamente sul Paterberg
Le inseguitrici hanno agganciato la Persico solamente sul Paterberg

Oude Kwaremont: il giudice

Sulla strada verso l’Oude Kwaremont dal trio di testa si è staccata anche Reusser, e così si è formato il duo Persico/Kopecky. Le inseguitrici non riuscivano a guadagnare terreno, complici la fatica ed il poco accordo. Lotte Kopecky ha preso in testa il penultimo muro, l’Oude Kwaremont, ed ha imposto il suo ritmo. Silvia Persico ha tentato di tenere il passo, ma la pedalata della belga era più incisiva. 

«Kopecky – conferma Persico – ha avuto una marcia in più sull’Oude Kwaremont. Lo avevo visto già dai Muri precedenti, ma in quel caso ero riuscita a rimanere agganciata perché lo sforzo era di breve durata. La differenza in quei due chilometri è stata tanta, le mie gambe non hanno retto. Kopecky ha fatto la differenza proprio dove serviva molta forza, non ho potuto fare nulla. Una volta staccata ho deciso di andare su regolare e di aspettare il gruppetto dietro di me, che mi ha raggiunto solamente sul Paterberg».

In volata la bergamasca è stata anticipata da Vollering e Longo Borghini: quarto posto finale
In volata la bergamasca ha concluso quarta, dietro a Vollering e Longo Borghini

Volata beffarda

La volata del gruppetto è stata vinta da Demi Vollering che ha coronato una grande giornata per la SD Worx. Una doppietta come quella delle Strade Bianche, ma questa volta a posizioni invertite. Alle spalle dell’olandese si è piazzata Elisa Longo Borghini, per Silvia Persico è arrivato un quarto posto, con qualche rammarico, forse. 

«Non è stata la mia migliore volata – ammette – ma ero davvero poco lucida. Sarebbe stato meglio battezzare la ruota della Vollering. In più, ho fatto un errore di valutazione nel lanciare lo sprint e sono partita troppo tardi, per saltare la Longo mi sarebbero serviti due o tre metri in più di strada. Tuttavia, il rettilineo di Oudenaarde è difficile da interpretare, perché la strada scende leggermente ma poi spiana. Ti invoglia a partire ma poi rischi di rimanere piantata nel mezzo. Alla fine mi sono confrontata anche con Arzeni ed entrambi ci siamo ritenuti soddisfatti. La corsa è stata studiata e gestita nel migliore dei modi. Ora mi aspettano un po’ di giorni di allenamento a casa e poi ripartirò in vista delle Ardenne».

Vince Kopecky, ma la Longo rinasce… allo sprint

02.04.2023
5 min
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Mentre Lotte Kopecky festeggia una vittoria preparata nei dettagli, in un angolo Elisa Longo Borghini batte i denti per il freddo e si chiede come sia stato possibile arrivare terza, dopo tutto quello che ha passato per il Covid e per giunta in uno sprint di gruppo.

La gara delle donne si è conclusa all’imbrunire, per la scelta un po’ balorda (questa volta) degli organizzatori di farle partire alle 13 e arrivare ben oltre la gara degli uomini, quando il pubblico ha già cominciato a sfollare. Perché?

Kopecky come Pogacar

La belga del Team SD Worx è emersa da due riunioni tattiche nello stesso stile di quella di un’ora celebrata alla vigilia della Strade Bianche. Questa volta ne sono servite due: una ieri sera e una stamattina.

«Non mi aspettavo di vincere così – dice – ma non c’è un modo migliore per farlo. Prima io e seconda Demi Vollering: possiamo parlare di una giornata perfetta. I chilometri finali sono stati i più difficili, pieni di vento contrario. Non ero affatto fiduciosa quando ho attaccato e se devo dirvi come ho fatto a resistere… Non lo so!».

Gli uomini partono da Bruges, le donne da Oudenaarde, peccato per gli orari un po’ balordi
Gli uomini partono da Bruges, le donne da Oudenaarde, peccato per gli orari un po’ balordi

Si sprinta per la Longo

Elisa Longo Borghini al confronto ha meno certezze granitiche, se non quella di avere una tempra veramente tosta. Dopo dieci giorni a trascinarsi dentro casa con ogni possibile dolore fisico, il rientro alla Dwars door Vlaanderen aveva già lasciato intuire qualcosa, ma la prova di oggi è davvero sbalorditiva.

«Non me lo sarei mai aspettata – dice – e quando il gruppo si è spezzato in due, ho detto che avrei aiutato Shirin Van Anrooij (la vincitrice del Trofeo Binda, ndr). Ho fatto un grande sforzo con Lucinda Brand per cercare di riprendere la fuga e quando negli ultimi 10 chilometri mi hanno detto che puntavano su di me per lo sprint, quasi mi cade il mondo addosso. L’ho fatto per ricambiare la fiducia della squadra. Dovevo finire il lavoro nel miglior modo possibile».

Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Vollering e Kopecky
Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Vollering e Kopecky

Gli sprint con Mosca

La Longo di prima si sarebbe rassegnata al quarto posto, quella di adesso non si arrende e parla da campionessa, con una consapevolezza forse nuova. A tratti si commuove, come se avesse vinto. E a pensarci, in qualche modo si può davvero parlare di una vittoria.

«Si vede che tutti gli sprint al cartello che faccio con Jacopo – sorride – stanno dando i loro frutti. E’ davvero strano avere compagne di squadra che mi cercano per lo sprint, soprattutto perché abbiamo ragazze più veloci di me. Per questo voglio ringraziare tutti nel team per la fiducia, soprattutto sapendo che vengo da un periodo così strano. Si sono presi cura di me e per questo voglio ringraziare il mio direttore sportivo Ina Teutenberg e tutti quelli che lavorano nell’ombra, come i massaggiatori, i meccanici e anche l’addetto stampa (che è vicino a lei e sorride, ndr).

Mentalità vincente

La reazione più bella, Elisa ce l’ha parlando dell’inseguimento alle due ragazze della SD Worx che erano allo scoperto con Silvia Persico: gran bella prova anche la sua.

«E’ stato durissimo inseguirle – ammette – posso mostrarvi i miei dati per farvi vedere quanto è stato difficile. A un certo punto non devi pensare sempre a queste ragazze come a delle creature imbattibili, altrimenti perdi la gara. Ultimamente ho guardato molte gare in televisione e sembrava che ogni volta che erano loro in prima fila, il gruppo si arrendesse, come se non ci fosse possibilità. Invece noi siamo la Trek-Segafredo e dobbiamo fare la nostra gara. Facciamo la nostra gara, ci atteniamo al piano, proviamo a recuperare i primi e proviamo anche a vincere la gara.

«Detto questo, mi sono sentita davvero male tutto il giorno, non avrei mai pensato di poter fare un podio. Ho dato un altro grande shock al sistema, come è già successo nei giorni scorsi. Ma forse è il modo migliore per giocarsi le gare. La Roubaix? E’ un’altra corsa. Lo so che l’ho vinta, ma si corre sabato e questa volta inizierò a pensarci solo da venerdì…».

Waregem, Consonni a denti stretti sui muri

30.03.2023
4 min
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Quando si è resa conto che Demi Vollering fosse ormai imprendibile, Chiara Consonni si è concentrata sul suo sprint e ha portato a casa il secondo posto nella Dwars door Vlaanderen. Lo scorso anno l’aveva vinta, ma il livello questa volta era decisamente diverso. La bergamasca del UAE Team ADQ ha lottato con le unghie su tutti i muri per rimanere agganciata e alla fine assieme alla compagna Gasparrini è entrata nell’azione che ha deciso la corsa e dalla quale a circa 10 chilometri dall’arrivo è partita Vollering.

Elisa Longo Borghini al rientro dopo il Covid, chiude all’11° posto
Elisa Longo Borghini al rientro dopo il Covid, chiude all’11° posto

Voglia di vincere

Una doccia per rimettersi in sesto, poi bastano pochi minuti perché Chiara ritrovi il suo smalto. Per un carattere positivo come il suo, il secondo posto è motivo per essere allegri, anche se la voglia di vincere inizia a essere una febbre da scacciare quanto prima.

«Sono contenta – dice Consonni – anche se è venuta una corsa un po’ diversa dallo scorso anno. Siamo andate forte e c’erano atlete di qualità superiore. Una corsa meno controllata e quando si è trattato di inseguire Vollering, ero ormai sola. E’ rientrata Gasparrini, ma aveva già fatto così tanto che non poteva dare di più. Pensavo semmai a una mano da parte della Movistar, ma non si sono mosse».

Sfortuna alla Gand: Consonni ne porta ancora i segni sul ginocchio destro
Sfortuna alla Gand: Consonni ne porta ancora i segni sul ginocchio destro

A denti stretti sui muri

Alla Gand-Wevelgem la sfortuna l’ha fatta da padrona per colpa del maltempo e di condizioni che il gruppo delle ragazze mal digerisce. Ieri a Waregem, in una giornata asciutta, c’è voluto un grande assolo di Demi Vollering per impedirle di sprintare per la vittoria.

«Sto bene da circa un mese – prosegue Chiara – ma ho avuto anche sfortuna. Alla Gand stavo benissimo, ma pioveva e molte ragazze sono cadute, perché fra noi se piove su queste strade, sono dolori. Oggi al confronto (ieri, ndr) è stata una corsa tranquilla, con la solita bagarre prima dei muri, ma poche cadute. Correre in una WorldTour significa che magari quelle delle altre squadre vengono a chiederti una mano quando c’è da inseguire una fuga, mentre prima alla Valcar ci lasciavano tranquille. Devo ringraziare le mie compagne per avermi portata ai muri sempre in ottima posizione. Abbiamo corso con compiti diversi, fra Marta (Bastianelli, ndr) e me. Io mi concentro sugli sprint di gruppo, lei su quelli un po’ più ristretti. Per come sto andando, mi chiedo che cosa potrò fare al Fiandre. Adesso il gioco è tenere duro sui muri e poi rientrare. Vediamo se sarà possibile anche domenica, altrimenti non avrò problemi a mettermi a disposizione della squadra».

Le braccia al cielo

L’anno scorso, le ragazze di Arzeni avevano trascorso le vigilie e i dopo gara del Nord in una villetta affittata per l’occasione. Il passaggio nella sfera UAE ha fatto riscrivere le abitudini, per cui si alloggia in un hotel accanto a una stazione di servizio e si cerca di far passare il tempo in questo modo più asettico e, dicono, più professionale.

«In squadra si stanno creando ottimi rapporti – spiega Consonni – siamo unite e piano piano impariamo a conoscerci, anche se ovviamente non siamo ai livelli della Valcar, perché lì eravamo insieme da cinque anni. E poi corro con Marta, che per me è un idolo. In più con il supporto di Arzeni, le cose vanno benissimo. Incredibilmente sento che vado più forte dell’anno scorso, senza saper dire come mai. Magari in queste corse è un fatto di esperienza, dato che anche io comincio a diventare grande. Al UAE Tour invece ho fatto qualche bella volata e mi sono resa conto che il livello delle velociste è molto alto. Ora invece mi aspettano Fiandre, Scheldeprijs e Roubaix. Non so se saranno l’occasione per alzare le braccia al cielo, ma ammetto che non vedo l’ora».

Vollering-Kopecky: capolavoro (e pasticcio sfiorato)

04.03.2023
5 min
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Elena Cecchini il finale della Strade Bianche l’ha sentito alla radio, ma non aveva capito che Kopecky e Vollering fossero arrivate insieme. Dopo il tanto parlare del mattino, questa non era la soluzione più attesa. La friulana è spuntata a colazione raccontando di non aver mai assistito a una riunione così lunga, necessaria per mettere d’accordo le due leader del Team SD Worx. Così adesso, con Piazza del Campo davanti a sé e quattro ore di corsa alle spalle, Elena racconta.

«E’ stata una riunione impegnativa – sorride – un’ora di riunione non capita mai. Però Danny (Danny Stam, tecnico del team, ndr) continuava ad assicurarsi che oggi loro due collaborassero, una cosa che poi è sempre accaduta. Quindi probabilmente lui è un po’ psicologo, forse aveva previsto un finale del genere».

Cecchini sul traguardo ha raccontato della riunione di stamattina in casa SD Worx
Cecchini sul traguardo ha raccontato della riunione di stamattina in casa SD Worx

Una riunione lunghissima

C’era una strategia. Demi Vollering avrebbe dovuto anticipare e Kopecky, che si sentiva particolarmente forte, avrebbe potuto attendere il finale nel gruppetto in cui si fosse trovata. L’imprevisto è stato la presenza di Kristen Faulkner in testa.

Vollering ha attaccato, con l’imprevisto di quel cavallo tra i piedi che avrebbe potuto combinare un bel guaio. Ma quando su di lei si è riportata Kopecky e le due sono andate via insieme nella scia della fuggitiva, la sensazione è stata che a quel punto l’olandese tirasse per la belga. E invece no.

«Le cose – prosegue Cecchini, 64ª al traguardo – sono andate come si era detto, almeno per come sentivo in radio. Ero ancora lì quando Demi ha attaccato ed è riuscita ad andare da sola, però non sapevo che fossero arrivate insieme. Pensavo fosse arrivata prima Demi e poi Lotte. Però sono contenta perché alla fine Demi se lo merita. Non so se si siano accordate per finire così. Nella riunione hanno parlato entrambe ed entrambe ci tenevano a far bene. Avere più leader nella stessa gara è una cosa che capita spesso in questa squadra. E’ bello andare d’accordo. Nello scorso fine settimana scorsa è toccato a Lotte (prima alla Het Nieuwsblad, ndr), oggi è toccato a Demi. Chissà, magari un giorno capiterà anche a me…».

Confuse e felici

Demi Vollering sorride. Dopo l’arrivo guardando in faccia lei e la compagna Kopecky, era venuto di pensare che potessero essere reciprocamente furibonde. Ora invece il suo racconto parla di stupore e imbarazzo.

«Eravamo entrambe confuse – dice – io pensavo di tirare la volata per lei, lei di farlo per me. Ci siamo abbracciate, ma non conoscevamo il risultato e nessuna di noi sapeva se festeggiare. Ci siamo parlate sotto la tenda, prima di cambiarci per il podio e Lotte era davvero contenta per me. Mi ha detto: “Allora, hai vinto davvero tu!!”. Lei è una delle atlete più forti del mondo, una persona incredibile, che lotta su ogni traguardo. Fra noi non ci sono tensioni e l’ammiraglia non aveva preferenze (Danny Stam ha detto a entrambe di fare la propria corsa, ndr)».

Nessun pasticcio

Il problema sono i giornalisti belgi, che vogliono farle dire che in qualche modo hanno combinato un pasticcio, ma Demi fronteggia bene le domande e risponde col sorriso.

«Non so se esista un modo giusto per arrivare insieme – dice – io credo che sia stato molto bello, non vedo perché dire che abbiamo sbagliato. Il nostro ciclismo è battaglia fino alla riga e non abbiamo parlato fra noi su come arrivare. Io mi sentivo forte e ho perso molto tempo a causa di quel cavallo. E’ stato molto pericoloso, sono stata contenta quando è arrivata Lotte, ho pensato che in due sarebbe stato meglio. Abbiamo potuto respirare e dividerci il lavoro. Ero sicura che avremmo ripreso Faulkner, forse ci sarei riuscita anche da sola, senza il cavallo. Ma in due è stato più semplice, anche se non è stato un videogame».

Dedica e lacrime

Un solo momento ha turbato la gioia di Demi Vollering ed è quando le viene chiesto se la sua ex compagna di squadra Chantal Van den Broeck-Blaak, prima a Siena nel 2021, le abbia dato i consigli giusti per vincere. L’olandese, campionessa del mondo nel 2017, a novembre ha annunciato di essere in attesa di un bambino e per questo è ferma. E a questo punto Demi Vollering piange.

«Chantal è molto importante per me – spiega con la voce rotta – perché mi ha fatto credere che io potessi vincere questa corsa. Mi ha detto che dipendeva da me. E’ anche la mia allenatrice, mi ha dato grande fiducia. Parte di questa vittoria è anche sua».