Cassani e il Giro della Lunigiana del 1979: ricordi e aneddoti

15.12.2024
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Capita, nello scrollare tipico dei social, di imbattersi in qualcosa che richiami la nostra attenzione, che la catturi. In un pomeriggio invernale succede di vedere condivisa la lista partenti del Giro della Bassa Lunigiana del 1979. In quel gran susseguirsi di nomi che poi hanno scritto la storia di quel ciclismo c’era quello di Davide Cassani. Alla fine degli anni ‘70 era al suo secondo anno nella categoria juniores, in rampa di lancio per diventare un ciclista professionista. Era la quinta edizione di quella che ora è diventato l’attuale Giro della Lunigiana, ma già all’epoca meritava il soprannome di Corsa dei Futuri Campioni. 

«Il Giro della Bassa Lunigiana, come si chiamava ai tempi – racconta Cassani – l’ho corso due volte. La prima nel 1978, la seconda nell’anno successivo: il 1979. Ricordo che fu la mia prima esperienza in una gara a tappe e avevo la sensazione di essere diventato grande. In una tappa arrivai addirittura terzo, dietro Bontempi e Ciuti».

Davide Cassani in maglia di campione regionale Emilia-Romagna 1979
Davide Cassani, maglia campione regionale Emilia-Romagna 1979

Diventare grandi

Sono passati 46 anni da quella prima volta, ma l’aria che si respirava al Giro della Bassa Lunigiana era già di un ciclismo importante. Anche se si era lontani dal sentirsi arrivati tanta era la strada da fare prima di vedere il proprio nome tra quello dei professionisti. 

«Fu un primo assaggio di cosa volesse dire partecipare ad una corsa importante – continua Davide Cassani – perché si stava fuori a dormire, avevamo i massaggiatori al seguito. Insomma era a tutti gli effetti un appuntamento di grande importanza. Era la gara a tappe di riferimento della categoria, come lo è ora. L’emozione principale che ci muoveva era l’orgoglio di indossare la maglia della rappresentativa regionale, nel mio caso dell’Emilia-Romagna. Per un ragazzo di 17 o 18 anni era il massimo. Anche perché non tutti, me compreso, riuscivano a indossare la maglia della nazionale. Iniziavano a esserci appuntamenti importanti, come la Corsa della Pace e i mondiali, ma non erano di certo tanti come ora».

Davanti Maurizio Conti detto “Garibaldi” e alle sue spalle Davide Cassani
Davanti Maurizio Conti detto “Garibaldi” e alle sue spalle Davide Cassani
Che sensazioni provava un ragazzo nel partecipare al Giro della Bassa Lunigiana?

Quella di essere sulla strada giusta, correre in certi appuntamenti ti permetteva di sentire il profumo di un sogno. Per me partecipare a quella corsa era un obiettivo, sapevi di avere buone chance di passare dilettante. In quell’anno (il 1979, ndr) militavo in una delle squadre più forti e avevo vinto nove corse. Anche come rappresentativa dell’Emilia-Romagna eravamo tra i favoriti, con me correvano Giardini e Federico Longo. Due veri campioni dell’epoca. 

Sentivate crescere l’attenzione intorno a voi?

Sì. Anche perché il primo anno che partecipai (1978, ndr) ci chiamò, a inizio stagione, il responsabile del Comitato regionale per consegnarci una sorta di agenda da compilare. Dovevamo scrivere i chilometri fatti e rimandarli poi al Comitato a fine anno. Era il primo contatto con i vertici della Federazione.

Allora come oggi il Giro della Lunigiana è la gara a tappe di riferimento del panorama juniores (Foto Duz Image/Michele Bertoloni)
Allora come oggi il Giro della Lunigiana è la gara a tappe di riferimento del panorama juniores (Foto Duz Image/Michele Bertoloni)
Insomma, avevate capito l’importanza del momento…

Ti sentivi sotto osservazione, a 17 o 18 anni inizi a capire cosa puoi fare da grande. Comunque già a quell’epoca andare forte tra gli juniores era un bel segnale

Cosa ricordi della gara?

Avevamo una grande squadra. Con noi c’era anche un lombardo: Maurizio Conti, detto “Garibaldi”. Faceva parte della nostra rappresentativa regionale, ma per il resto dell’anno era un avversario. Ci scontravamo con lui e riusciva spesso a vincere. Ricordo anche che l’ultima tappa di quell’edizione, una cronoscalata su Monte Marcello, rischiò di saltare a causa di un incendio. Riuscirono a farla, ma in alcune zone era ancora presente sulla strada il liquido usato per domare le fiamme. 

Tanti juniores passano direttamente pro’, è il caso di Seixas che dal team U19 della Decathlon AG2R passa nel WT (Foto Duz Image/Michele Bertoloni)
Tanti juniores passano direttamente pro’, è il caso di Seixas che dal team U19 della Decathlon AG2R passa nel WT (Foto Duz Image/Michele Bertoloni)
Anche all’epoca il Giro della Lunigiana apriva uno spiraglio sul professionismo?

Era impensabile per uno junior passare professionista, i carichi di lavoro erano di gran lunga diversi. Ora questo accade con più frequenza perché i ragazzi sono allenati molto più preparati. Alcuni di loro, come accade alla Bardiani, fanno un buon calendario under 23. Penso però che certe scelte si debbano fare con attenzione. I devo team sono una risorsa preziosa, ma non aprono automaticamente le porte del professionismo.

Si deve ponderare bene la scelta…

Soprattutto perché il nostro primo anno da under 23 coincide con l’ultimo anno di scuola. Anche questo è un fattore da prendere in considerazione quando si decide cosa fare alla fine della categoria juniores. Magari potrebbe essere utile approdare in un devo team nell’anno successivo alla maturità.

L’onda lunga del Tour. In Emilia ora fanno i conti

06.10.2024
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A distanza di qualche mese dal passaggio della carovana del Tour de France sulle strade dell’Emilia Romagna, tre giorni di grande ciclismo che hanno smosso enormi interessi, la Regione ha tirato le somme di quanto avvenuto, sulla base di uno studio commissionato alla società specializzata SG Plus e all’Università degli Studi di Parma, che hanno analizzato ogni singolo aspetto di quanto avvenuto giungendo alla conclusione che economicamente è stato un vero successo considerando che per ogni euro speso ne sono stati guadagnati ben 24.

Giammaria Manghi e Davide Cassani alla presentazione dello studio analitico sugli effetti del Tour
Giammaria Manghi e Davide Cassani alla presentazione dello studio analitico sugli effetti del Tour

Oltre ogni aspettativa

Spulciando il compendio di numeri proposto si scopre che il Tour ha coinvolto 5 province (Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna, Bologna e Piacenza) e ben 29 Comuni. Altissima l’audience televisiva, con 150 milioni di spettatori per ben 185 ore di trasmissione, e altissima anche l’interazione sui social, oltre 14 milioni.

Sulla base di questi responsi, Davide Cassani, ex cittì oggi presidente dell’Apt Emilia Romagna ha espresso un certo stupore. Soprattutto considerando il totale dell’indotto economico scaturito dai tre giorni di gara: «Possiamo parlare di oltre 124 milioni di euro, un risultato che va oltre ogni più rosea aspettativa. Si sapeva che l’evento era una scossa per l’economia regionale. Mi fa piacere che quanto avvenuto confermi in maniera ancora più forte come la direzione che avevamo preso contattando l’Aso fosse quella giusta».

Pogacar e Vingegaard in azione nella seconda tappa, davanti a una folla enorme
Pogacar e Vingegaard in azione nella seconda tappa, davanti a una folla enorme

Sulla scia di grandi eventi sportivi

A Cassani fa eco Giammaria Manghi, sottosegretario alla Presidenza della Regione, che allarga il discorso: «In Emilia stiamo seguendo la strada dei grandi eventi sportivi da tempo: Formula 1, Coppa Davis, GP di motociclismo sono solamente alcuni esempi e il ciclismo è un cardine in questo campo. Noi continueremo su questa strada sulla base proprio di quanto visto con il Tour. Infatti la nostra agenda sportiva per il 2025 è già più ampia di quella di quest’anno.

«Quando abbiamo preso contatto con l’organizzazione del Tour – ricorda Manghi – avevamo fatto un’analisi spettrale per capire quanto potevamo aspettarci e il responso finale va oltre i preventivi. Ma io guardo anche altri fattori, non solo quello economico. Ad esempio quello riguardante le presenze: fra partenze e arrivi sono state calcolate ben 1.403.589 persone, compreso il percorso e a questi numeri io credo fermamente, perché mi rimarrà sempre negli occhi l’immagine dei 16 chilometri ininterrotti di folla all’uscita da Cesenatico per la seconda tappa. Qualcosa di clamoroso».

L’afflusso costante degli appassionati verso le località toccate dal percorso della Grande Boucle
L’afflusso costante degli appassionati verso le località toccate dal percorso della Grande Boucle

Un target avanti con l’età

A proposito delle presenze però Cassani mette in luce un dato relativo all’età: a fronte del 13,8 per cento di Under 30 c’è ben il 33,1 per cento di Over 60: «Il popolo del ciclismo è avanti con l’età, è anziano e non dobbiamo negarlo. Lo capiamo anche da coloro che guardano le corse in Tv o vengono ad assistere alle gare, dalle fasce d’età delle Granfondo o da quelle cicloturistiche. Il ciclismo è un prodotto che va svecchiato, promosso, diffuso presso le giovani generazioni senza aspettare il classico Sinner che faccia da traino. Noi dobbiamo investirci sopra ora, saper vendere il tanto di buono che propone».

Non è un caso però se tanto successo si sia riscosso proprio in Emilia: «La nostra regione ha due elementi fondamentali per il ciclismo – afferma Manghi – innanzitutto una forte identità storica che affonda le radici nel tempo, con campioni prodotti con continuità e un movimento di praticanti che è sempre stato diffuso. Poi anche la produzione di eventi con costanza: il Giro passa sempre per le nostre parti e il Giro dell’Emilia avete visto tutti che successo è stato e quale risonanza abbia avuto, una vera rivincita del mondiale appena svolto.

Durante le tappe anche scene curiose come quella legata allo spagnolo Aranburu
Il Tour spesso parte dall’estero. L’impatto italiano è stato quello più produttivo economicamente

Investimenti a pioggia sul ciclismo

«A proposito di mondiale, l’edizione del 2020 a Imola è stata un successo enorme. Al punto che decidemmo di tabellare tutto il tracciato e questo ha fatto sì che ogni domenica sia affrontato da tantissimi appassionati, che si mettono alla prova su quei tracciati. Lo stesso dicasi per le salite che hanno reso famosa la Novecolli e sono state affrontate anche dalla tappa del Tour. Noi vogliamo continuare a investire capitalizzando anche il patrimonio delle Granfondo, tutelando quelle storiche come Novecolli o Squali e proponendone sempre di nuove perché attirano tanti a conoscere la nostra realtà».

Tour ma non solo. Ora il Piemonte vuole rilanciare e l’anno prossimo ospiterà la partenza de La Vuelta. Sarà la stessa cosa? «Il Tour è uno dei 3-4 eventi più grandi al mondo – risponde Cassani – ma considerando il clamore che anche la Vuelta sa suscitare, credo che l’impatto sarà molto grande anche in quel caso. Questo è un segnale positivo, dimostra che c’è chi crede nel ciclismo e vuole investirci sopra, rientra in quel discorso di promozione dell’attività di cui parlavamo prima. Tante regioni devono fare la stessa cosa. Noi in Emilia continueremo sulla stessa strada, questo è sicuro…».

Davide Cassani e il Giro dell’Emilia, una storia d’amore

04.10.2024
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Archiviato il mondiale di Zurigo, il gotha del ciclismo mondiale si sposta in Italia dove domani, sabato 5 ottobre, si correrà la 107ª edizione del Giro dell’Emilia. L’ex CT Davide Cassani quella corsa l’ha vinta ben tre volte, con la doppietta 1990-1991 e poi nel 1995 (foto in apertura). Lo abbiamo raggiunto al telefono per farci raccontare qualche aneddoto sull’Emilia e sulla mitica salita del San Luca, che sabato i corridori affronteranno 5 volte.

Il Giro dell’Emilia partirà domattina alle 11,10 da Corso Mazzini a Vignola. Via ufficiale in località Due Ponti
Il Giro dell’Emilia partirà domattina alle 11,10 da Corso Mazzini a Vignola. Via ufficiale in località Due Ponti
Davide, domani si corre il Giro dell’Emilia, una corsa a cui tu sei particolarmente legato

Quella era proprio la mia corsa. L’ho vinta tre volte, poi un anno ho fatto secondo e un altro terzo. Vuoi per il percorso adatto a me, vuoi perché è vicino a casa, ma insomma ero sempre lì. Poi ai miei tempi non si arrivava in cima al San Luca, ma la salita si faceva lo stesso.

Parlavi delle tue vittorie, ce le racconti?

Quella del 1990 è stata certamente una delle più belle della mia vita. E’ stato un insieme meraviglioso di prime volte. Era la prima volta che mio figlio veniva a vedermi in gara, in più era il giorno del suo primo compleanno. E proprio quel giorno ho vinto per la prima volta la corsa di casa mia. Indimenticabile. L’anno dopo, nel ’91, ho battuto un giovanissimo Ivan Gotti. Allora si arrivava in via Indipendenza a Bologna, nel finale siamo rimasti solo io e lui e ho vinto in volata.

Mentre la terza?

Era il 1995 ed è stata molto particolare, perchè fu la mia ultima vittoria da corridore, pochi mesi prima di ritirarmi. Dovevo partire con la nazionale per i mondiali in Colombia, ma chiesi ad Alfredo Martini di poter spostare il mio volo di un giorno. Lui, con la sua saggezza, acconsentì. Quel giorno stavo talmente bene che dissi ai miei compagni di tenere la corsa fino ai 50 chilometri dall’arrivo, che poi ci avrei pensato io. E così è andata.

Il Giro dell’Emilia 2023 è stato di Roglic, che sul San Luca ha preceduto Pogacar e Simon Yates
Il Giro dell’Emilia 2023 è stato di Roglic, che sul San Luca ha preceduto Pogacar e Simon Yates
Veniamo ai giorni nostri. Come vedi la gara di sabato?

Sabato c’è un uomo da battere e sarà difficilissimo per tutti gli altri, viste le caratteristiche sue e del percorso. Penso proprio che possa vincere la sua prima corsa in maglia di campione del mondo.

Immagino che tu stia parlando di Pogacar. Quindi non vedi alternative?

Dopo quello a cui abbiamo assistito domenica a Zurigo la vedo dura, molto dura.

Però negli ultimi due anni non è mai sembrato al top in questa gara, ha perso da Mas e da Roglic. Quasi la prendesse come una rifinitura per il Lombardia. 

Ma tenete conto che non è mai stato così forte e solido come in questa stagione. Credo che possa divertirsi e farci divertire.

Va bene, allora facciamo un gioco. Cosa faresti se fossi il DS di uno dei suoi rivali? 

Bella domanda. Il problema è che può contare anche su una squadra fortissima a sua completa disposizione. Evenepoel o qualcun altro potrebbe anche cercare di anticipare, ma a quel punto lui potrebbe mettere i suoi a tirare e poi partire in contropiede in prima persona. Sempre che non decida di partire da lontano, o da lontanissimo, direttamente lui, magari a tre o quattro giri dalla fine. Con una corsa così di invenzioni se ne possono fare poche secondo me.

Nel 2022 è stato Enric Mas ad alzare le braccia, staccando Pogacar e un indomito Pozzovivo
Nel 2022 è stato Enric Mas ad alzare le braccia, staccando Pogacar e un indomito Pozzovivo
Sembri proprio escludere qualsiasi scenario che non sia la vittoria del neo campione del mondo.

Sai, poi ogni gara fa storia a sé. Per esempio bisogna vedere quanto ha speso al mondiale, se quello sforzo magari gli è rimasto nelle gambe. Gli altri dovranno essere bravi nel caso a cogliere il momento, se mai dovesse manifestare qualche segnale di difficoltà. Ma ripeto: per come la vedo io, in una corsa così, con un corridore del genere, gli spazi per la fantasia sono abbastanza limitati.

Allora torniamo a te. Qual è il più bel ricordo che hai del San Luca?

Forse il più bello è la prima volta che ci sono stato con mio padre, da bambino. Mi ricordo che mi emozionò vedere dall’alto lo stadio del Bologna che è proprio lì sotto e capii subito che era un luogo magico. Poi ho visto arrivare il Giro d’Italia e il Tour, momenti in cui il San Luca è diventato a sua volta uno stadio. Uno stadio verticale e bellissimo che ha accolto migliaia e migliaia di persone da tutto il mondo. Come succederà di nuovo, per l’ennesima volta, anche domani.

Cassani: il Tour, Prudhomme, il Papa e un pensiero su Moscon

21.06.2024
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Dopo aver parlato con Gianni Moscon qualche giorno fa, una voce nella testa ci aveva consigliato di fare uno squillo a Davide Cassani. Il ricordo di quando anni fa il trentino ci aveva parlato dell’ex cittì come uno dei pochi con cui fosse riuscito a tirare fuori il meglio ci era rimasto attaccato addosso. Il quinto posto ai mondiali di Innsbruck e il quarto l’anno dopo ad Harrogate furono gli squilli di un Moscon ad altissimo livello. Nel 2021 le due vittorie al Tour of the Alps e quella di Lugano sono ancora le ultime di una carriera che sembrava destinata a ben altri palcoscenici. Invece qualcosa si è inceppato e abbiamo pensato di chiedere a Cassani quale fosse il suo approccio con l’atleta che andrà al Tour accanto a Remco Evenepoel.

Il fatto è che se chiami Cassani in questi giorni che conducono al Tour de France, rischi di restare a bocca aperta. Se ne parlava ieri ai tricolori crono con Francesco Pancani, che con Davide ha commentato il Giro, mentre per il Tour il romagnolo affiancherà Rizzato: come fa a mettere così tante cose nelle sue 24 ore? Per cui, prima di parlare di Moscon, sentite che cosa è venuto fuori…

Cassani, Prudhomme e il sindaco Nardella: è stato Davide il motore della partenza del Tour dall’Italia
Cassani, Prudhomme e il sindaco Nardella: è stato Davide il motore della partenza del Tour dall’Italia
Dove sei?

Ero a Bologna e ora sto scendendo a Roma. Domattina, questa è una bella cosa, siamo in udienza privata dal Papa con Prudhomme e Nardella, sindaco di Firenze, e altre 7-8 persone.

Prudhomme in Italia non se ne è persa una, è davvero bravo…

E’ impressionante, il numero uno. Per fare un esempio. L’altra settimana gli ho detto che quelli del museo di Bottecchia avrebbero veramente piacere di averlo. E lui ha detto subito di sì. Quindi lunedì mattina andremo anche a trovare Bottecchia nel Museo di Colle Umberto. Il 2 gennaio è andato da Coppi. E’ venuto all’apertura del calendario italiano alla Firenze Empoli. Domenica sarà al campionato italiano. E’ venuto al Ghisallo. E’ veramente una persona che sa fare il suo lavoro.

Torniamo a Moscon: che cosa ti pare della sua carriera?

Pensavo sinceramente che potesse fare qualcosina in più. Forse è stato anche un po’ sfortunato, per cui a questo punto il Tour per lui diventa un appuntamento importante. Il problema è che comunque in squadra c’è un certo Evenepoel, quindi dovrà lavorare per la squadra. Però sì, mi piacerebbe rivedere un Gianni Moscon motivato, con la voglia di fare. Non ho dubbi che il motore ci sia ancora, a volte però basta un granello di sabbia per andare a rompere questo meccanismo che è prezioso. Spero che abbia tutti gli elementi a posto per poter dare il meglio di se stesso.

Moscon ha partecipato a 5 mondiali con Cassani. Qui 4° ad Harrogate, con Trentin 2° dietro Pedersen
Moscon ha partecipato a 5 mondiali con Cassani. Qui 4° ad Harrogate, con Trentin 2° dietro Pedersen
Qual era la tua chiave d’accesso a questo meccanismo?

Io gli ho sempre dimostrato fiducia. Ero assolutamente convinto che avesse tutto quello che gli serviva per essere bravo. Stavo attento nel dargli l’importanza giusta e soprattutto l’attenzione. che meritava e lui questo l’ha sempre apprezzato.

Perché dice che adesso la sua dimensione è quella di tirare e che per vincere avrebbe bisogno di migliorarsi di un 10 per cento?

La carriera di qualsiasi atleta lo porta sempre a un leggero miglioramento. Se uno fa il corridore al 100 per cento, migliora per forza. Basta vedere i dati di qualche ultra trentenne, che comunque è riuscito a migliorarsi. Deve credere in se stesso, capire che è ancora forte e ricordarsi che ha ottenuto dei risultati. E capire che se fa quello che deve, può migliorarsi ancora. E’ un ciclismo esigente, molto esigente. Per emergere devi davvero non lasciare nulla al caso e quindi, come dico sempre, basta calare o migliorare del 2 per cento per passare dall’essere in crisi alla possibilità di vincere. Devi veramente guardare a tutto, dalle gocce d’olio che metti in un’insalata, ai 10 chilometri di allenamento in più o in meno.

A sentirlo, si ha la sensazione di uno che ha perso il treno e fa una fatica bestiale per rimettersi sul binario… 

L’importante è non abbattersi, perché se prendi come una sconfitta il fatto che questi vanno più forti, sei finito. Lui forse non era consapevole della forza che aveva e quindi alla fine è anche una questione mentale. Mi ricorda l’ultimo Gianni Bugno…

L’ultima vittoria di Moscon risale al Gp di Lugano del 2021: era il 27 giugno
L’ultima vittoria di Moscon risale al Gp di Lugano del 2021: era il 27 giugno
In cosa?

Anche Gianni a un certo punto preferiva tirare che mettersi davanti. Non riusciva a dire a se stesso quello che aveva fatto, dai due mondiali al Giro d’Italia. Invece devi farti forza su quanto di buono sei riuscito a fare e spazzare sia le remore. Gianni deve dire a se stesso: ho ancora qualche anno a disposizione e faccio tutto quello che è necessario per dare il meglio di me stesso.

Sei pronto per commentare il Tour?

Sì, sono pronto.

La Boucle sul tetto d’Europa. Cassani ci racconta la sua Bonette

09.06.2024
7 min
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Quest’anno il Tour de France scalerà Cime de la Bonette, la strada carreggiabile più alta d’Europa. Un valico infinito, lungo, assolato, a cavallo fra le Alpi Marittime e quelle della Savoia, che svetta a 2.802 metri di quota. Lassù l’aria è davvero fina.

Cime spoglie, se vogliamo anche “calde” tanto si è in alto. Il luogo è meraviglioso, suggestivo. Aquile e ciclisti, servono coraggio e polmoni d’acciaio. Il valico “naturale” è a quota 2.715 metri, con l’anello aggiuntivo si arriva a 2.802.

Quarto ed ultimo transito del Tour sulla Bonette nel 2008: primo fu il sudafricano John-Lee Augustyn
Quarto ed ultimo transito del Tour sulla Bonette nel 2008: primo fu il sudafricano John-Lee Augustyn

Quattro passaggi

Il Tour de France solo quattro volte sulla Bonette. Lo fece per la prima volta nel 1962. E il primo a transitarvi fu uno scalatore mitico, Federico Bahamontes. Lo spagnolo si ripetè due anni dopo. Poi si dovette attendere 29 anni perché la Grande Boucle vi ritornasse. Quella volta il primo a transitare sulla cima fu Robert Millar, ma i protagonisti di quel giorno furono due: Davide Cassani e Laurent Fignon. E non lo furono per vittorie altisonanti o scatti memorabili. No, la Bonette in qualche modo li mise all corde. E di brutto.

Prima di immergerci in questa storia però, ci sembra doveroso fare una piccola e interessante precisazione. Si fa la Bonette, ma nonostante la sua quota – chiaramente il punto più elevato del Tour – non sarà il Souvenir Henri Desgrange, in memoria dell’ideatore della Grande Boucle. Perché? Perché se c’è il Galibier, il Souvenir Desgrange si assegna lassù. Quella era infatti la scalata più amata dallo stesso Desgrange e il Tour lo affronterà nella quarta tappa, al rientro in Francia dopo la Grande Depart italiana.

Il Gpm della Cime de la Bonette a 2.802 metri di quota
Il Gpm della Cime de la Bonette a 2.802 metri di quota

La resa di Fignon

E’ il 15 luglio 1993 e un solleone spacca le pietre sulle strade del Tour. La corsa affronta la sua undicesima tappa, da Serre Chevalier ad Isola 2000: 179 chilometri e 5.339 metri di dislivello. Tra l’altro gli ultimi 120 chilometri sono identici a quelli che si faranno il prossimo 19 luglio.

«Fu una tappa importante – inizia a raccontare Cassani con la sua innata passione – perché quel giorno praticamente si è conclusa la carriera di un grande come Laurent Fignon. Proprio lassù, in cima alla Bonette, Laurent mise piede a terra e smise di correre. Quello fu il suo ultimo giorno di gara da professionista. Si ritirò da ultimo». 

Fignon era soprannominato il “Professore” per i suoi occhialini tondi, per i suoi pensieri profondi. Pensieri che non mancarono neanche quel giorno: «Volevo vivere un momento di tristezza e di grazia senza dividerlo con nessuno», disse Fignon.

Davide Cassani in maglia a pois durante quel Tour del 1993
Davide Cassani in maglia a pois durante quel Tour del 1993

Cassani a pois

«Io invece – riprende Cassani – indossavo indegnamente la maglia pois! E proprio per quel motivo andai in fuga. Il giorno prima avevamo fatto il Galibier ed ero arrivato con la mia normale mezz’ora di ritardo. Il giorno dopo c’erano da fare l’Izoard, il Vars, la Bonette e la scalata finale ad Isola 2000. Era una delle tappe più dure del Tour. Ed era, mi sembra, la prima o la seconda volta che la tappa veniva trasmessa in diretta totale, era una novità.

«In quegli anni si partiva ancora abbastanza piano, quindi la prima salita la facemmo a velocità cicloturistica ed è per quel motivo che riuscii ad andare a fare la volata per prendere qualche punto per la maglia a pois. Al primo Gpm arrivai terzo e poi ebbi la malsana idea di continuare. Staccai tutti nella discesa successiva. Se in salita soffrivo, in discesa ero abbastanza bravo».

Cassani quindi tira dritto e va in fuga. In fuga da solo in maglia a pois e in mondovisione. Spinge, va avanti, ma chiaramente non è la sua tappa. Davide aveva altre qualità, ma non certo quella di essere uno scalatore.

«Ho sempre sofferto le tappe con queste salite e infatti quando ero sul Var è arrivato Ferretti (il suo direttore sportivo, ndr). Appena è arrivato “Ferron” mi disse: “Davide ma cosa stai facendo?”. E io: “Sono in fuga”».

Il Gpm si trova dietro questo monte. Il colle naturale (2.715 m) è nella parte bassa della foto. Con questa appendice supera lo Stelvio (2.758 m)
Il Gpm si trova dietro questo monte. Il colle naturale (2.715 m) è nella parte bassa della foto. Con questa appendice supera lo Stelvio (2.758 m)

Via Crucis

Ferretti gli dice senza troppi giri di parole che è matto. Gli ricorda delle sue difficoltà in certe tappe. La trattativa tra i due va avanti. «Ferretti alla fine mi convince e mi dice: “Mi raccomando Davide vai piano che è lunga”». E lui lo prende in parola. Ma di pari passo le energie per chi come Cassani non è uno scalatore, iniziano a scemare.

«E infatti – va avanti Davide – comincia la Bonette… lunghissima, infinita. I francesi hanno fatto anche questa appendice di un paio di chilometri per rendere il passo più alto rispetto allo Stelvio. Non finisce mai. Vado su col mio passo. Mi raggiungono i primi, i secondi, i terzi… mi raggiungono tutti. Arrivo in cima già stremato con 20 minuti di ritardo.

«A quel punto però riesco comunque a restare con un gruppo abbastanza numeroso. Mi butto giù in discesa, cerco di mangiare, di recuperare, ma quando comincia l’ultima salita è come se andassi contro un muro. Non vado più avanti. Mi ritrovo da solo con Domenico Cavallo, che era sulla seconda ammiraglia, il quale mi tiene informato sul tempo massimo».

Sulla Cima una targa commemorativa della strada della Bonette, nata per collegare Nizza a Briancon
Sulla Cima una targa commemorativa della strada della Bonette, nata per collegare Nizza a Briancon

La volata con Abdu

La situazione si fa complicata. Le energie non ci sono più. La Bonette si fa sentire anche dopo. Isola 2000 è lunga e anche gli altri del gruppo con cui scendeva dalla Bonette sono scappati in avanti. Poi bisogna sapere che una volta il tempo massimo era molto meno “gentile” rispetto ad oggi.

«Cavallo mi fa: “Dai Davide, perché rischiamo”. Io gli dico di farmi attaccare alla macchina, ma lui replica secco di no: “Siamo soli, ci beccano sicuro e ci mandano a casa. Prova ad attaccarti alla macchina di un’altra squadra”. Solo che non c’erano altre macchine! Eravamo soli».

«Cavallo era collegato con Ferretti sull’arrivo. Quando arriviamo a 5 chilometri dall’arrivo sempre Cavallo mi dice che manca un quarto d’ora al tempo massimo. “Ma come un quarto d’ora? – replico io – Non ce la faccio ad andare a 20 all’ora”. Lui mi conforta e mi dice che l’ultimo chilometro è in leggera discesa.

«Ad un certo punto mi riprende Abdujaparov. Impauriti entrambi da questo muro del limite, ci mettiamo sotto. Arriviamo all’ultimo chilometro che mancano ancora tre minuti. Ce la possiamo fare. Quando la strada spiana, parte la volata. Abdu davanti e io a ruota. Sembriamo il primo e il secondo. Abbiamo lo stessa voglia di vincere quello sprint. Un volatone! Primo Abdujaparov, secondo io. In realtà penultimo ed ultimo a 25 secondi dal tempo massimo».

Il profilo della scalata alpina: 22,9 km e pendenza media del 6,8%
Il profilo della scalata alpina: 22,9 km e pendenza media del 6,8%

Bonette infinita

Se questo è il racconto romantico di quel giorno, c’è poi l’aspetto più tecnico de la Bonette. Certe salite e certe quote ti scavano dentro. E anche se le pendenze non sono impossibili ti svuotano, ti presentano il conto. 

«Oggi si sa tutto – continua Cassani – noi della Bonette conoscevamo solo la lunghezza e il dislivello, nulla di più. Avevamo ancora dei rapporti lunghi: 39×23, il 25 al massimo, ma era quasi considerato un’onta montarlo. Anche quello la rese dura. Sia andava via a 60-70 rpm, non di più».

«Sapevamo di questa Bonette, lunga. L’avevamo studiata dal Garibaldi. Non l’avevo mai fatta ed è stata veramente una Via Crucis. Sapevo però di questo anello aggiuntivo in cima. Sono sempre stato curioso, ero andato a spulciare qualcosa, anche se la passione per la storia mi è venuta dopo.

«Mentre non mi è venuta quella per le salite! Pensate che l’ho rifatta solo l’anno scorso, 30 anni dopo, ma senza fare l’anello aggiuntivo. Mi è bastato quel 1993: una volta e stop!».

Anche il Giro è transitato quassù: era il 2016
Anche il Giro è transitato quassù: era il 2016

Tetto d’Europa

I numeri ufficiali del Tour dicono di una scalata di 22,9 chilometri al 6,8 per cento di pendenza media e massima del 10 in qualche breve tratto, per un dislivello che sfiora i 1.600 metri.

«Almeno – spiega Davide – è una scalata regolare. La sua difficoltà maggiore è quella di essere interminabile e chiaramente perché si arriva a 2.800 metri di quota. E questa si fa sentire, anche perché i chilometri sopra i 2.000 metri sono parecchi (12 per la precisione, ndr). E tornando alla mia scalata io soffrivo anche l’altura. Mi ricordo che ai mondiali in Colombia non andavo avanti».

Sarà un bel momento quello de La Bonette, il prossimo 19 luglio. E dopo questo racconto di Davide Cassani potremo godercelo ancora di più, non lasciandoci catturare “solo” da quel numerone: 2.802.

Cassani? E’ sempre uguale: chiama ancora nel cuore della notte

20.05.2024
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LIVIGNO – Francesco Pancani è già in Val Gardena. Dovendo lavorare al traguardo della tappa di domani, il contingente di RAI Sport si è spostato ieri dopo l’arrivo e sta trascorrendo il giorno di riposo ai piedi delle Dolomiti. E mentre a Livigno il cielo si fa facendo grigio, da quella parte di mondo la giornata è tersa. Domani però dovrebbe essere brutto come qua, tanto che secondo alcune voci si starebbe ragionando di non fare neppure l’Umbrail Pass: speriamo non sia così. Parliamo con il commentatore toscano per raccontare il ritorno di Davide Cassani ai microfoni della tivù di Stato. La collaborazione, pur rinfrescata con alcune presenze, si era interrotta nel 2014 (la foto di apertura è del Giro 2011). Da allora Cassani ha fatto il tecnico della nazionale e il Presidente del Turismo dell’Emilia Romagna, si susurrava persino che stesse per costruire una squadra pro’, ha portato il Tour in Italia. Per questo Pancani è rimasto un po’ sorpreso quando Auro Bulbarelli, direttore di Rai Sport, ha tirato fuori il nome del romagnolo.

«Ne avevamo parlato con il direttore a inizio anno – conferma Pancani – e inizialmente mi ha stupito perché non pensavo che Davide avesse il tempo per farlo, visti i suoi tanti impegni. Questo si può dire: l’ho saputo prima che gli venisse proposto. E a quel punto ero sicuro che se avesse avuto la possibilità di organizzarsi, avrebbe detto di sì. E’ sempre stato molto legato all’azienda, l’ha fatto per tanti anni. Conosce tutti, conosce me, ero sicuro non ci sarebbero stati problemi».

Cassani torna ai microfoni Rai dopo essere stato fra gli artefici del via del Tour dall’Italia: a luglio avrà il piacere di raccontarlo
Cassani torna ai microfoni Rai dopo essere stato fra gli artefici del via del Tour dall’Italia: a luglio avrà il piacere di raccontarlo
Che effetto ha fatto ritrovarsi per la prima volta in cabina con lui?

Come se l’avessi lasciato il giorno prima. C’è sempre stato un grandissimo rapporto anche a livello personale. Se c’è una persona nel ciclismo cui devo dire grazie, quello è proprio lui, perché mi ha aiutato tantissimo quando ho cominciato nel 2010. C’è sempre stato un bellissimo rapporto, per cui siamo entrati subito in sintonia. Ce lo dicevamo nelle prime tappe: sembrava che avessimo smesso il giorno prima, invece erano dieci anni che non lavoravamo insieme. Nonostante questo c’è sempre stato anche il piacere di sentirsi, di chiacchierare di cose extra ciclismo, come fra veri amici.

Nel frattempo a livello tecnologico è cambiato qualcosa? Davide ha avuto bisogno di aggiornarsi su pulsanti, monitor, cuffie?

No, su questo il problema non c’è mai stato, perché lui con pulsanti e pulsantini è sempre stato un disastro. Me l’aveva detto anche Auro quando mi passò il testimone: «Guarda, occhio, perché col “Cassa” è un disastro». E in quello non è cambiato. Infatti lui ha la cuffia col filo lungo e la cassettina con tutti i pulsanti ce l’ha molto distante e la manovro io. Se si aspetta lui, si fa dei danni.

Nel frattempo sono molto cambiate anche le figure degli opinionisti, che sono diventati estremamente più tecnici. Qual è la risposta di Davide, su cosa fa leva?

Passione, curiosità e competenza, innanzitutto la passione e la curiosità. Un anno abbiamo fatto insieme tutte le ricognizioni e per aiutarlo nel montaggio e nella preparazione, rimasi con lui. Rimasi allibito dalla sua curiosità. Dovunque andassimo, che fosse un Comitato di tappa o una Pro Loco, era continuamente a chiedere e informarsi. Devo dire che anche in questo mi ha insegnato tanto, perché secondo me la curiosità è la base del giornalismo. Adesso cerca di fare la persona saggia e anziana, ma è uno che vive tutt’ora in bicicletta. Quindi se c’è qualcosa di nuovo, qualche innovazione, qualche modifica, lui la sa di sicuro perché passa le giornate in sella.

Nel 2014 Cassani è diventato tecnico della nazionale: qui al debutto di Ponferrada con Bennati, suo successore
Nel 2014 Cassani è diventato tecnico della nazionale: qui al debutto di Ponferrada con Bennati, suo successore
A livello di riscontri di pubblico, tramite numeri e social, come è stata accolta dal pubblico?

Bene, molto bene, anche se io non sono un grandissimo fanatico né dei social né dei dati Auditel.

Forse gli si può imputare un eccesso di realismo: per lui la fuga è sempre spacciata…

Secondo me lui deve dire quello che pensa, fa bene. Ieri per esempio, quando è partito Pogacar, ha detto subito che avrebbe vinto anche questa tappa. C’era ancora Quintana a 40 secondi e così gli ho fatto il gesto di aspettare un momento. Invece a sua volta ha ricambiato il gesto e ha ripetuto che avrebbe vinto Pogacar. E infatti ha vinto lui.

E’ come se vi foste lasciati ieri, ma nel tempo di cronaca avete dovuto riprendere il passo?

No, tutto a posto. Anche in questo secondo me Davide è bravissimo, così come era bravissimo Silvio Martinello, altra persona con cui ho sempre avuto un rapporto molto stretto e molto particolare. Hanno la dote, che secondo me non la impari, di avere i tempi televisivi. Quindi siccome in postazione hai 300 segnali che ti arrivano in cuffia, fra la pubblicità da lanciare, la linea alla moto, la linea al Processo e tutto il resto, a volte occorre cambiare le cose in un battito d’occhio. Per cui chiudo le cuffie sia a Davide sia a Fabio Genovesi, per evitare che vadano in confusione, ma se c’è da chiudere un discorso in tre secondi oppure prolungarlo di 15, con Davide non abbiamo problemi.

Uscito di scena Cassani, nel 2015 in postazione passò Silvio Martinello
Uscito di scena Cassani, nel 2015 in postazione passò Silvio Martinello
Quindi il gran traffico in cuffia ce l’hai solo tu?

Esatto e vi garantisco che è veramente un gran casino. C’è radio corsa, oppure la regia che preme il pulsante sbagliato e manda a noi i messaggi destinati magari a Rizzato sulla moto, quindi i segnali in cuffia sono davvero da perdere la testa. Però è una questione di abitudine.

Rispetto al primo Davide che aveva il suo quaderno e il computer, quello di oggi ha soltanto il telefono…

Ha due telefoni e un tablet. Quindi non ha il computerone come prima, ma ne ha tre piccoli e il risultato comunque è lo stesso. Ha sempre tutto, tutto sotto controllo. Un’altra cosa fantastica di Davide è che lui condivide tutto.

Cioè?

Secondo me è una regola fondamentale per lavorare bene con un commentatore tecnico, lo facevo anche prima quando seguivo la pallavolo. Non bisogna essere gelosi di quello che uno trova. Se io trovo una notizia, una curiosità, una cosa che può arricchire la telecronaca, non devo dirla per forza io. Secondo me la cosa carina è che ci siano ritmo e scambio di voci. In questo per esempio Davide è fantastico. Prima della tappa, arriva e snocciola 250 cose che lo hanno colpito. Oppure mi chiama a mezzanotte e mezza per dirmi che l’indomani si potrebbe dire una cosa e non riesci a fargli capire che potrebbe dirtela anche il giorno dopo. Ha sempre fatto così, a testimonianza appunto della sua grandissima passione e della voglia di condividere tutto. Anche per questo secondo me ci troviamo bene, perché ridiamo, scherziamo. E poi (ride, ndr), per fortuna è uno che non se la prende…

Technipes #inEmiliaRomagna, il 2024 alla ricerca di trionfi

09.03.2024
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SANTARCANGELO DI ROMAGNA – Ci troviamo nell’entroterra romagnolo, per la precisione presso l’Azienda Agricola La Collina dei Poeti, un luogo che incarna a pieno l’amore per questa terra e vive le due ruote tutto l’anno. Qui il team Technipes #inEmiliaRomagna ha presentato la squadra per il 2024. Sei anni sono passati dalla sua creazione, nata a Faenza per l’intuizione di Davide Cassani e l’attuale presidente Gianni Carapia. Sei anni ricchi di successi che hanno portato al professionismo due atleti come Manuele Tarozzi e Alessandro Monaco.

Un anno fa la squadra ha fatto il suo esordio nel mondo delle continental e quest’anno è pronta a rilanciarsi a caccia di vittorie, più qualitative e convincenti. Su queste colline il poeta Tonino Guerra disse “l’ottimismo è il profumo della vita”. Dalle parole pronunciate da autorità, sponsor e tecnici quest’oggi il mantra pare proprio lo stesso. Dal giorno uno Michele Coppolillo ha diretto i ragazzi e oggi è pronto a rilanciare la squadra con un organico più che raddoppiato, con volontà di vittoria ben chiare. 

Il diesse Michele Coppolillo ha speso parole di ottimismo per il 2024
Il diesse Michele Coppolillo ha speso parole di ottimismo per il 2024
Cos’è stata la Technipes #inEmiliaRomagna fino ad oggi?

Siamo nati dall’intuizione di Davide Cassani, perché mancava qualcosa sul territorio regionale. Abbiamo deciso prima di tutto di dare la possibilità ai nostri corridori emiliano romagnoli di restare in regione e di non dover per forza emigrare fuori. Da lì il progetto è cresciuto negli anni e abbiamo raccolto dei risultati importanti tra cui anche una tappa al Giro d’Italia Giovani nel 2021. L’anno scorso abbiamo deciso di fare il salto nelle Continental, questo ci ha portato a fare un’attività più strutturata e ad alzare ancora di più l’asticella con anche appuntamenti di spessore in Italia e all’estero. Con l’obiettivo di fare crescere sempre di più i ragazzi. E’ cambiato un po’ tutto e siamo diventati più grandi.

Durante la presentazione il presidente Gianni Carapia ha detto che quest’anno i corridori ve li siete scelti…

In questi anni abbiamo seminato bene, abbiamo avuto modo anche di avere ragazzi che hanno scelto il mondo del lavoro, hanno capito che per alzare l’asticella bisogna confrontarsi con quelli più bravi, e alla fine questo per noi è un vanto. Non è per tutti la vita del ciclista. Abbiamo anche portato ragazzi al professionismo. Però detto questo vogliamo migliorare, vogliamo alzare ancora l’asticella facendo un’attività ancora più strutturata e con dei corridori di spessore, promettenti.

Dalle sue parole si è capito che c’è stato un investimento oneroso. Su 14 che siete solo Ansaloni è rimasto in squadra…

Sì, abbiamo sicuramente investito tanto su questo 2024. Oltre ai corridori abbiamo stilato un calendario importante che ci porti a confrontarci con i professionisti. Alzare l’asticella ha un costo che si traduce in personale, materiali e trasferte. 

Sentendo le parole dello sponsor Technipes pronunciate dal suo presidente Raffaele Barosi, questo’anno le vittorie devono essere al centro del progetto. Cosa ne pensi?

La vittoria è l’obiettivo di tutti. Io penso che se tu lavori bene i risultati vengono di conseguenza. Il fatto di mandare avanti questo progetto. Di fare una buona attività, e di crescere, richiede numeri. Ma come dico sempre e quest’anno più che mai, non è la quantità ma la qualità. Vogliamo portare la nostra maglia sui podi più importanti e non accontentarci. 

Nel suo intervento Davide Cassani ha detto che il sogno dei ragazzi è quello di passare professionisti. Il vostro sogno qual è?

Il mio sogno, e io dico sempre questa cosa, è vedere un corridore che passa e riesce a raggiungere il suo sogno, cioè quello di diventare professionista. Io penso che noi vinciamo quando il nostro corridore fra sette, otto, dieci anni arriva là, fa una carriera tra i professionisti, ha realizzato il suo sogno e ha fatto di questo anche il suo lavoro. Perché le vittorie in sé, pagano ma relativamente. Vedere Tarozzi lì a giocarsi le corse con la maglia Bardiani è un successo per il nostro progetto perchè so che porta avanti i nostri valori.

Come detto, ci sono tanti nomi nuovi quest’anno. C’è qualcuno da cui ti aspetti un po’ di più?

Come si può constatare dalle date di nascita abbiamo una squadra composta principalmente da giovani. Su 14 abbiamo 10 under 23, questo vuol dire che ci siamo rivoluzionati e puntiamo molto su di loro. Per fare un esempio Ludovico Crescioli, ha fatto molto bene e pensiamo che quest’anno possa fare il salto definitivo. Mentre per gli elite, non mi piace dire che siano all’ultima spiaggia, perché alla fine il ciclismo moderno purtroppo è molto accelerato, nel senso che se hai 20/21 anni e non passi, diventi già una seconda scelta. Noi abbiamo dato un’ulteriore occasione a questi ragazzi, come Innocenti, Garibbo e Cavallo, corridori fortissimi. Per questo faremo un’attività che gli darà l’occasione di correre in mezzo ai professionisti per mettersi in mostra e di avere ancora qualche chance. Come ha detto anche prima Bruno Reverberi (intervenuto durante la conferenza, ndr), una volta si passava a 24 o 25 anni e si maturava ancora più in là. Ovvio, il ciclismo è cambiato, si matura prima, però bisogna capire anche il percorso del ragazzo che ha avuto prima, se ha avuto un problema o meno. Secondo me a 23 anni, a 24 non si è finiti, bisogna dargli un’ulteriore chance.

La squadra a febbraio è stata in ritiro a Calpe
La squadra a febbraio è stata in ritiro a Calpe
A novembre c’è stato il trentennale della Mercatone Uno, dove tu ovviamente eri presente. Quella squadra che ha fatto la storia del ciclismo italiano era una realtà “piccola” nata dalla volontà di Romano Cenni di creare una squadra nella sua regione. Cosa porti di quel mondo lì all’interno di questo team?

Sono cambiati veramente i tempi. E’ cambiato il ciclismo, è cambiato tutto. Mentre vent’anni fa, tra virgolette con poco si riusciva a far tanto, con un gruppo che anche a detta di Beppe Martinello, era una squadra sulla carta anche debole ma che riusciva a raccogliere risultati enormi. Eravamo una famiglia e la nostra forza veniva proprio da lì. Abbiamo avuto la fortuna di essere un tutti per uno, per Marco Pantani. Però io credo che quel cameratismo, quell’amicizia sana, il sapore di famiglia sia la chiave per raggiungere risultati importanti.  

L’AD della Technipes Raffare Barosi in chiusura della presentazione ha parlato di un numero di vittorie su cui avete posto l’obiettivo. Qual’è?

Vogliamo migliorare le 7 vittorie dell’anno scorso e ho già detto tutto. Ma tanto i numeri come le parole, li porta via il vento. 

A conferma di tutto ciò, su quanto sia importante il come e la qualità della vittoria e non il numero, dalla Collina dei Poeti risulta facile citare frasi come: «Quando stacchi tutti e arrivi da solo, la vittoria ha il sapore del trionfo». A pronunciarla non fu un poeta emerito ma bensì un ragazzo che le poesie le scriveva con le sue imprese, Marco Pantani. 

Ulissi e il suo record: sempre vincente da 14 anni

07.12.2023
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La notizia lo ha colto abbastanza di sorpresa. Diego Ulissi è il ciclista in attività con la maggior costanza di successi nel corso degli anni: il toscano vince almeno una gara da ben 14 stagioni. Alle sue spalle in questa speciale classifica, due mammasantissima dello sprint come il norvegese Kristoff (13) e il francese Démare (12). Un titolo di merito non da poco per il corridore del UAE Team Emirates, che ha da poco ripreso la preparazione per presentarsi già tirato a lucido per il primo ritiro prestagionale.

Proprio sul ruolo dei suoi “contendenti” al record, Ulissi mette l’accento: «Sapevo lo scorso anno che io e Sagan condividevamo questo piccolo privilegio, ma poi sinceramente non ci ho più pensato. Fa piacere, soprattutto precedendo due campioni dello sprint che indubbiamente hanno più occasioni di me per vincere. Io, per le mie caratteristiche, devo sempre costruirmi i successi e non è mai facile».

Ulissi davanti a Kristoff. Compagni alla Uae dal 2018 al 2021, ora rivali per un primato statistico
Ulissi davanti a Kristoff. Compagni alla Uae dal 2018 al 2021, ora rivali per un primato statistico
Che cosa rappresenta questo record?

Credo che sia la miglior dimostrazione della mia costanza di rendimento, cosa non semplice se spalmata su 14 anni nei quali il ciclismo è molto cambiato. Vale ancor di più considerando che io sono un passista-scalatore, che riesce a vincere quando la corsa si mette in un certo modo. Se si fa selezione, si rimane in pochi a lottare per la vittoria. Inoltre non sono un capitano unico, spesso devo anche lavorare per gli altri e questo significa che bisogna sfruttare le occasioni che la stagione ti pone davanti.

Proviamo a ripercorrere alcune tappe di questo record, iniziando naturalmente dalla prima vittoria: il Gran Premio Industria e Commercio a Prato del 2010.

La prima vittoria non si può certamente scordare, nella mia mente è come se la gara si fosse corsa ieri. Anche perché alla fine rimanemmo in tre a giocarci il successo e battei un uomo che ha segnato la prima parte della mia carriera: Michele Scarponi. A fine stagione diventammo compagni di team e fra noi si instaurò subito un profondo feeling, che dalla vita quotidiana si trasferì ben presto anche nelle corse. Infatti mi volle con lui al Giro nonostante la mia giovane età e lo ripagai vincendo per la prima volta alla corsa rosa.

Il primo successo dei 46 di Ulissi, a Prato battendo Scarponi e Proni
Il primo successo dei 46 di Ulissi, a Prato battendo Scarponi e Proni
Quella vittoria, nella tappa di Tirano, arrivò per il declassamento di Giovanni Visconti. Quel successo ha un sapore diverso per questo motivo?

No, perché dovrebbe? Intanto fui bravo ad essere lì a giocarmi la vittoria, in una frazione dove era praticamente scritto che la fuga sarebbe arrivata al traguardo. Era la tappa più lunga di quel Giro e i big pensavano alla classifica, volevano rifiatare un giorno in vista di quelli che sarebbero stati decisivi. La selezione fu continua, rimanemmo io, Visconti e Lastras, ossia ero con due corridori sulla carta più veloci. Giovanni sbagliò a impostare lo sprint, tutto qui…

E’ stata la prima ma non l’unica…

In totale ne ho portate a casa ben 8, un bel bottino. Ricordo in particolare quelle del 2014, quando vinsi a Viggiano battendo un gruppo abbastanza folto con Evans che mi arrivò a 1” e ripetendomi tre giorni più tardi a Montecopiolo superando in uno sprint a due il croato Kiserlovski. Erano vere battaglie quelle, diciamo che nell’ideale classifica delle mie vittorie, quelle sono entrambe piuttosto in alto.

La vittoria di Viggiano al Giro, particolarmente amata dal corridore di Donoratico
La vittoria di Viggiano al Giro, particolarmente amata dal corridore di Donoratico
Non sei stato parimenti fortunato negli altri grandi Giri.

Non ho avuto molte occasioni, considerando che la Vuelta l’ho disputata solo nel 2013 e il Tour nel 2017. Curiosamente però entrambe le volte sono arrivato a un passo dal successo di tappa. In Spagna fui secondo alla frazione di Alto de Naranco, ma quel giorno c’era un Joaquim Rodriguez davvero indomabile, che vinse per 11”. In Francia avevo indovinato la fuga vincente, ma fu bravo Bauke Mollema ad anticipare tutti. Fu un’occasione persa. Se mi riguardo indietro non ho grandi rammarichi nella mia carriera, ma quella volta mi dispiacque un po’…

Pochi ci badano, eppure le gare che fungono da test generale per le Olimpiadi hanno sempre un valore particolare e tu ti aggiudicasti quella di Tokyo nel 2019. Eppure ai Giochi non ci sei andato…

Lo so, ma non posso dire nulla di negativo sulle scelte che fece Cassani. Partiamo dal 2019, da quella bellissima trasferta, dove corremmo davvero bene tanto è vero che vinsi battendo Formolo. L’anno dopo doveva essere l’anno olimpico, è chiaro che nella convocazione ci speravo tanto e anche con ambizioni, ma fu l’anno del Covid, con tutta l’attività rivoluzionata. Per me fu un anno davvero eccezionale, con 5 vittorie tra cui la classifica del Giro del Lussemburgo e altre due tappe al Giro. A fine stagione ero numero 8 del ranking Uci.

Con Cassani il toscano ha sempre avuto un rapporto franco e sincero. Con il cittì vinse la preolimpica 2019
Con Cassani il toscano ha sempre avuto un rapporto franco e sincero. Con il cittì vinse la preolimpica 2019
E poi?

Poi d’inverno mi scoprirono la miocardite, fui costretto a fermarmi a lungo e quando ripresi, ritrovai la forma molto tardi. Cassani fu onesto con me, non poteva aspettarmi. D’altronde abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, non per niente ho potuto correre ben 5 mondiali.

In totale le vittorie sono 46, spalmate su 14 anni di attività. Quanto è cambiato il ciclismo nel frattempo?

Moltissimo e per certi versi aggiungere nuove “perle” è sempre più difficile. Intanto perché se da una parte il calendario si è gonfiato, dall’altro anche le squadre sono più numerose e più ricche internamente. I giorni di gara non sono poi tantissimi e fra questi emergono poche occasioni per puntare al risultato pieno. Bisogna essere bravi a farsi trovare pronti per sfruttare l’opportunità. Se devo guardarmi indietro, diciamo che ho saputo ragionare bene.

La tappa della Vuelta 2013: Ulissi vince lo sprint per il secondo posto, Rodriguez ormai è già arrivato… (foto Wikipedia)
La tappa della Vuelta 2013: Ulissi vince lo sprint per il secondo posto, Rodriguez ormai è già arrivato… (foto Wikipedia)
Ora ti aspetta un’altra stagione, proverai ad allungare la serie?

Se l’occasione capita, spero di esserci, si lavora per quello ma certamente non è un’idea fissa. A me interessa onorare l’impegno che ho con il mio team, ormai sono alla soglia dei 35 anni e voglio dimostrare che sono ancora competitivo, utile alla squadra sia come supporto che come leader quando toccherà a me. Ci proverò, questo è certo…

Grandi eventi e turismo: ecco i numeri dell’Emilia-Romagna

21.11.2023
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I grandi eventi sportivi come “motore” di una crescita dei flussi turistici. Un collegamento importante che, se ben sfruttato, è in grado di generare risultati davvero molto, molto interessanti. Come succede in Emilia Romagna.

Sono stati presentati ufficialmente al Grand Hotel di Rimini i risultati di una ricerca sugli effetti economici e reputazionali generati dai grandi eventi sportivi. L’analisi è stata condotta dal Centro studi SG Plus, in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma e su iniziativa della stessa Regione Emilia-Romagna. Il coordinamento è stato del capo segreteria politica della Presidenza Giammaria Manghi. I risultati sono stati illustrati alla presenza del Ministro per lo Sport Andrea Abodi, del Governatore Stefano Bonaccini e dell’Assessore regionale al Turismo Andrea Corsini.

Fra i protagonisti non poteva mancare Davide Cassani, motore del turismo regionale
Fra i protagonisti non poteva mancare Davide Cassani, motore del turismo regionale

Sport Valley: sport e territorio

La ricerca ha preso in esame ben 81 eventi in grado di generare un indotto pari a 150 milioni di euro, a fronte di un investimento della Regione di 8,3 milioni. Ciascun euro investito è stato dunque in grado di produrne ben 18. Le presenze complessive sono state oltre un milione. Si sono considerate le giornate di permanenza sul territorio di atleti, spettatori, staff, giudici di gara e giornalisti moltiplicandole per la durata del soggiorno. Gli effetti da un punto di vista prettamente “reputazionale” della promozione sono stati invece valutati in oltre 31 milioni di euro.

Lo sport fa bene dunque anche al territorio: e questa ricerca è stata in grado di confermarlo in maniera molto puntuale. Forte di questi numeri, l’Emilia-Romagna qualifica il proprio territorio – da Piacenza a Rimini – come Sport Valley italiana.

Lo sport traina il turismo

«I grandi avvenimenti sportivi – ha dichiarato il Ministro Abodi – sono un’opportunità, di carattere sociale ed economica, per le città e le regioni che li ospitano e per l’intera Nazione. Se ben gestiti, come testimoniano la Ryder Cup di golf a Roma e le Finali Atp di tennis a Torino, rappresentano uno straordinario volano per lo sviluppo dei territori. Essi contribuiscono inoltre alla crescita del PIL locale ma non solo. Aiutano difatti anche a destagionalizzare e a diversificare il turismo. Favoriscono il miglioramento dei luoghi di sport nei quali avviene la competizione, promuovendone anche le bellezze e le piacevolezze. Lo vediamo dai numeri delle necessarie valutazioni d’impatto, che valgono molto di più di tante parole. E testimoniano per giunta il valore aggiunto generato dagli eventi sportivi, grandi o piccoli che siano.

«Fondamentali sono anche la programmazione e la collaborazione, tanto più si sale di livello negli eventi, tra organizzatori, enti locali e territoriali e Governo nazionale. Solo così si può garantire una regia, nel rispetto delle autonomie. E si può centrare l’obiettivo di ottimizzare i risultati e dare un senso alle risorse finanziarie pubbliche che contribuiscono alla loro realizzazione».

Arriva il Tour

Come precedentemente anticipato, all’incontro ha partecipato anche il Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.

«Abbiamo la conferma – ha commentato il Governatore – che lo sport può essere anche uno straordinario strumento per promuovere il territorio. Il ritorno sarà altrettanto importante sul piano economico, turistico e della reputazione. La scelta fatta da questa Regione di investire sui grandi eventi è stata lungimirante e ne siamo davvero molto orgogliosi. Una scelta che intendiamo confermare, rafforzando la collaborazione già oggi molto positiva con gli Enti locali, le Federazioni e l’associazionismo sportivo, il CONI, il Ministero. Lo sport come opportunità per dare visibilità a un territorio, dunque. Oggi più che mai, pensando anche alla Romagna così duramente colpita dall’alluvione che il prossimo anno ospiterà alcuni appuntamenti di assoluto rilievo. La Grande partenza del Tour de France e l’Open d’Italia di golf a Cervia. Oltre naturalmente ad appuntamenti consolidati come la Formula 1 a Imola, la MotoGp a Misano, la Coppa Davis a Casalecchio di Reno. Il prossimo 2024 sarà davvero un anno che ricorderemo per la nostra Sport Valley».

«Lo sporta – ha aggiunto l’assessore Corsini – è sempre più un fondamentale strumento di attrattività turistica. La nostra regione si conferma una meta privilegiata, dalla Riviera all’Appennino, con numeri in costante crescita. E questo anche grazie ad un’offerta diversificata. Pensiamo ad esempio ai bike hotel e ad una macchina dell’accoglienza in grado di intercettare e rispondere a davvero tutte le esigenze. Sport e turismo sono legati in un binomio oramai indissolubile su cui vogliamo continuare a investire».

Il Presidente Bonaccini ha rivendicato la bontà dell’intuizione del Tour in Italia
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I numeri dell’indagine

Su oltre 100 eventi sportivi promossi e organizzati dall’Emilia-Romagna nel 2022, l’indagine ne ha presi in esame 81. Manifestazioni nazionali, internazionali e a larga partecipazione, che si sono svolte su tutto il territorio e lungo l’intero arco dell’anno. Atleti e squadre, spettatori e accompagnatori, staff, giudici di gara, media. Per ciascuna di queste voci è stato valutato l’impatto economico diretto sul territorio, considerando le spese sostenute per il pernottamento e per il soggiorno. La voce più significativa è stata quella relativa agli spettatori, con oltre 620.000 mila presenze ed una ricaduta di quasi 66,5 milioni di euro. Al secondo posto gli atleti (100.000 quelli arrivati da tutto il mondo) in grado di “lasciare” sul territorio ben 33,7 milioni di euro.

Oltre 4.100 sono stati i membri degli staff per 4,2 notti di soggiorno medio ed una spesa di oltre 1,2 milioni di euro. A questi vanno affiancati i quasi 2.000 giudici di gara che si sono fermati per 3,9 notti garantendo al territorio oltre 900 mila euro. E poi i media, con oltre 1.400 le presenze di giornalisti e operatori accreditati. La spesa è stata di quasi 700.000 euro (2,8 notti il loro soggiorno medio).

Riolo Terme è stata ferita dall’alluvione, ma si sta risollevando anche grazie allo sport
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L’effetto dei media

L’indagine ha calcolato anche la ricaduta sul territorio, in termini promozionali e reputazionali, dell’attività di comunicazione che ha accompagnato gli eventi sportivi. Essa è stata valutata in oltre 32,7 milioni di euro, considerando articoli su stampa, web, servizi e trasmissioni televisive, attività sui social network.

Infine, le spese per l’organizzazione delle manifestazioni: a partire da quelle per l’adeguamento di impianti e attrezzature. I benefici per il territorio, quelli per la gestione degli impianti, il personale e i servizi assommano a un totale di 14,3 milioni di euro.

Comanda il ciclismo

Gli eventi considerati hanno interessato tutto il territorio regionale lungo quasi l’intero arco dell’anno (oltre il 90%), ovviamente con una maggiore concentrazione nel periodo estivo.

Caratteristica comune è stata la “multidisciplinarietà”, considerando le oltre 24 discipline sportive diverse analizzate. La più presente è stata il ciclismo, protagonista di ben 17 eventi, mentre sono 66 quelli che hanno interessato le discipline olimpiche. Da un punto di vista organizzativo, 21 sono stati gli appuntamenti organizzati da Federazioni e Leghe, 12 da Enti di promozione sportiva, 22 da associazioni sportive e 26 da organizzazioni private.

Diversificata è stata anche la provenienza di atleti e spettatori. Nel primo caso il 31,8 per cento dei partecipanti è arrivato dall’estero, il 58,8 è stato nazionale e il 9,4 per cento è stato regionale. Nel secondo caso invece le percentuali sono state rispettivamente del 9,9 per cento, del 37,7 e del 52,4.