Search

Technipes #inEmiliaRomagna, si respira aria nuova

20.02.2023
6 min
Salva

Dodici atleti: 6 under 23 e 6 elite. Il nuovo progetto riparte da loro. Siamo stati alla presentazione del Team Technipes #inEmiliaRomagna a Santarcangelo di Romagna. La percezione è che oltre al nome, l’aria da queste parti sia cambiata. Non in modo negativo, l’organico dello staff è rimasto lo stesso, ma si è decisamente allargato sotto tutti i punti di vista. Il progetto nato nel 2019 dall’impegno di APT Servizi Emilia Romagna e Consorzio Terrabici diventa continental e lo fa seriamente, con ambizioni chiare e corridori promettenti. 

Lo stesso focus  

La Regione Emilia Romagna rimane un polmone della squadra. Quest’anno sarà affiancata dall’azienda Technipes di Santarcangelo di Romagna. Il focus sarà lo stesso: far crescere i propri giovani grazie al confronto diretto con le grandi realtà del ciclismo italiano e internazionale.

«Il cicloturismo è uno dei settori maggiormente in crescita – ha detto Davide Cassani, Presidente APT Servizi Emilia-Romagna – eppure in Emilia-Romagna mancava una squadra di ambassador del territorio e che ne portassero in giro i colori con la propria attività. Così è nato il team U23 nel 2019, di cui sono stato l’ideatore, ma che vede un gruppo forte, con uno staff capace, che ha grande passione per questo sport e che lavora ogni giorno per rendere realtà questo progetto.

«Siamo partiti un passo alla volta – conclude l’ex cittì – ma il progetto e il team sono cresciuti man mano, vincendo in questi anni una tappa al Giro Giovani, indossando la maglia rosa, vestendo l’azzurro della nazionale U23 e portando un corridore, Tarozzi, al professionismo. Oggi, insieme a Technipes, a Bianchi e agli altri importanti partner, il progetto fa un ulteriore passo avanti».

Nuovi diesse e opportunità

Vi abbiamo già parlato dei nuovi diesse, Francesco Chicchi e Mario Chiesa. Due nomi con esperienza che si vanno ad aggiungere a quelli di Coppolillo, Calzoni e Contoli. Con loro il gruppo si rinforza anche di elementi del ciclismo dei professionisti, come il preparatore della Movistar Leonardo Piepoli, nel ruolo di consulente e collaboratore di Alessandro Malaguti.

Due fil rouge che accompagnano la squadra dalla sua nascita sono “Coppo” ed Emanuele Ansaloni. Il primo come timoniere, il secondo è il capitano non capitano, che ha vestito tutte le maglie di questa #inEmiliaRomagna.

«Oggi hai fatto bene – spiega Ansaloni – domani è un altro giorno. Coppolillo ti tiene sempre con i piedi per terra e motivato per il futuro. Il merito della squadra e della crescita è anche suo. E’ sempre stato un cuore pulsante del progetto fin dal 2019. Sul piatto ora abbiamo tutto quello che serve per andare nei professionisti. Certe squadre hanno meno e siamo noi che dobbiamo cercare di valorizzare questa opportunità. Lo stimolo in più quest’anno c’è perché correre con i pro’ ti fa capire com’è fatto il vero ciclismo. Poi si ha l’occasione di correre anche tra i dilettanti e cercare di fare la differenza per emergere. E questo è un po’ il “segreto” delle continental».

L’identikit della squadra

Un nome, una descrizione. Ansaloni apre la sua personalissima agenda..

Dapporto: «In un gruppo ristretto può dire la sua sempre. E’ stato in nazionale varie volte e sono sicuro che quest’anno può ambire alle vittorie che l’anno scorso sono mancate».

Collinelli: «Un passista giovane e molto veloce. Una garanzia per fare l’ultimo uomo, è bravo a farsi strada in gruppo, occhio da pistard. Una ruota veloce».

Montefiori: «Vice campione italiano a cronometro, non è più una sorpresa. I suoi obiettivi sono sicuramente internazionali».

Masoni: «E’ la definizione di uomo squadra ed è anche molto forte e attaccante». 

Umbri: «Veloce e molto potente, sono convinto che potrà fare bene. Un finisseur».

Nessler: «Ha fatto un finale di stagione importante. Il suo pane è la salita, in arrivi tortuosi ed esplosivi potrà dire la sua».

Petrelli: «Abbiamo corso insieme da juniores. Va sempre all’attacco e sa come muoversi per giocare le sue carte».

Sergiampietri: «Giovane, piccolo ma con un carattere deciso».

Innocenti: «E’ sempre stato una promessa. Un leone ferito e affamato per quello che gli è successo. Si vuole riscattare».

Monaco: «Ha avuto delle sfortune, va molto forte in salita e sarà la nostra chioccia con i pro’ avendo già esperienze. La sua missione principale sarà tornare in alto».

Forques: «E’ il nostro cavallo pazzo. Un ragazzo che fa squadra, solare e carismatico. Ha un bel motore, sarà una sorpresa per tutti perché viene dal triathlon e sarà la sua prima vera e propria stagione su strada». 

Qui Emanuele Ansaloni presente nella formazione di Faenza dal 2019
Qui Emanuele Ansaloni presente nella formazione di Faenza dal 2019

Le ambizioni di Ansaloni

Davide Cassani, durante la presentazione, lo ha interpellato per far capire che questa squadra ha un’anima e se c’è qualcuno che la rappresenta sotto il punto di vista di serietà, ambizioni e valori è proprio Ansaloni.

«Ansa è da troppo tempo con noi – dice Cassani – non perché non lo vogliamo. Un corridore come lui sarebbe prezioso in ogni squadra. Vogliamo che ci saluti perché vorrebbe dire essere diventato professionista».

«L’anno scorso – conclude Ansaloni – ho fatto quel terzo posto al campionato italiano su strada e non mi sono mai reso conto di aver sfiorato quella maglia. In primis, come è ovvio che sia, il mio obiettivo è quello di passare professionista. Voglio mettermi in evidenza nelle gare con i pro’ e proverò ad attaccare sempre per cercare di fare bene senza avere in mente il tutto o niente del risultato. Quando invece correrò tra i dilettanti, beh lì invece l’obiettivo è vincere».

Grand Depart da Firenze: il Tour, l’Italia e i giganti

21.12.2022
5 min
Salva

Il Tour de France 2024 partirà dall’Italia (foto Ansa in apertura), per quella che non sarà la classica Grand Depart dall’estero, ma una vera e propria incursione nella storia di un Paese che ciclisticamente non ha nulla da invidiare alla Francia e che avrà ancora negli occhi le magie del Giro d’Italia di poche settimane prima.

«Centoventi anni senza l’Italia – ha raccontato Christian Prudhomme – non si viene qui senza approfittare della vostra storia e del vostro territorio. La volontà è di fare un Tour diverso, che lascerà il segno e si correrà poco prima delle Olimpiadi di Parigi e che per questo si concluderà a Nizza. Sarà diverso grazia a voi, che nel cuore avete questo ciclismo romantico che piace tanto anche a noi».

Il percorso del Tour 2024 presenterà cinque partenze di tappa dall’Italia: dopo l’ultima, si torna in Francia
Il percorso del Tour 2024 presenterà cinque partenze di tappa dall’Italia: dopo l’ultima, si torna in Francia

Il Tour dei giganti

Il Tour de France 2024, che partirà da Firenze e nel primo giorno attraverserà gli Appennini per arrivare a Cesenatico, si riempirà la pancia della storia di giganti come Gino Bartali, Gastone Nencini e Marco Pantani. E quando il giorno dopo ripartirà alla volta di Bologna, attraverserà le strade di Vittorio Adorni ed Ercole Baldini. Prima di addentrarsi, andando verso il Piemonte al terzo giorno, nelle contrade silenziose e magiche che videro sbocciare il talento di Fausto Coppi. La Francia ha avuto grandi campioni, ma il Tour non verrà qui a mostrare le meraviglie del ciclismo, perché le conosciamo già. Eppure c’è da scommettere, conoscendo il loro modo di lavorare, che sapranno renderle ancora più splendenti.

«Il Tour ha aspettato troppo – prosegue Prudhomme – l’Italia è la culla del ciclismo romantico, patria di campioni immensi e attaccanti che i tifosi amano. Un Paese di immensa bellezza. L’Emilia Romagna aveva già salvato il mondiale nel 2020, permettendo a un francese, Julian Alaphilippe, di diventare campione del mondo. I percorsi saranno molto interessanti e suggestivi. Tutti i giorni sulle strade ci saranno elementi del Patrimonio dell’Umanità e la leggenda dei vostri grandi campioni».

La presentazione si è svolta nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio
La presentazione si è svolta nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio

Fra Cassani e Bonaccini

Alle spalle di tutto questo, un grande lavoro dietro le quinte, nato da uno scambio di battute tra Davide Cassani e Bonaccini, il presidente dell’Emilia Romagna.

«Avevamo fatto da poco la partenza del Giro – ricorda Davide – quando il presidente mi chiede: “E adesso? Che cosa possiamo fare?”. Io gli dissi che si poteva fare il Tour e lui mi chiese se fosse mai partito dall’Italia. Ovviamente sapeva benissimo che non era mai accaduto e così abbiamo cominciato a lavorarci. Prima pensando all’Emilia. Poi alla Toscana. Poi alla Toscana e all’Emilia e anche il Piemonte. C’è stato un grande gioco si squadra fra regioni che hanno individuato nel ciclismo un ottimo veicolo promozionale per il turismo. Ci abbiamo messo un po’ di tempo, ma alla fine ci siamo riusciti».

Da est a ovest

La prima tappa non sarà affatto tenera. «La prima partenza dall’Italia – dice Prudhomme – avverrà da una delle più belle regioni dell’Italia, la Toscana, con una tappa che attraverserà l’Italia da Est a Ovest. Una partenza difficile. Un percorso da ciclismo della leggenda. Voglio ringraziare infinitamente chi ha reso possibile questa magia. In Francia a volte ci chiedono perché il Tour de France parta dall’estero, ma a partire dal 29 giugno 2024 nessuno se lo chiederà più. Perché vedranno la passione degli italiani e la bellezza dei percorsi».

Una tappa vera

E proprio la prima tappa è motivo di riflessione per lo stesso Cassani. «Una tappa vera – dice – con salite vere e quasi 4.000 metri di dislivello. Il Barbotto e Perticara, che cono durissime e poi il giorno dopo la doppia scalata di San Luca. Quando sono state individuate le città, noi abbiamo proposto quello che ci sarebbe piaciuto fare. Abbiamo detto che dalla partenza all’arrivo c’erano varie soluzioni, poi sono stati loro a decidere. Ma Prudhomme conosce la storia del ciclismo e la cosa bella è questa. Con tre giorni di corsa valorizzeremo dei territori e renderemo omaggio a campioni che il mondo ci invidia».

Domani a Bologna saranno presentate le prime due tappe, il 23 dicembre a Torino si parlerà delle frazioni piemontesi. Poi sarà tempo di tuffarsi nelle Feste del Natale, cullando il pensiero di quel che sarà la prima Grand Departe dal suolo italiano. Un evento destinato a fare la storia.

Studente-atleta alto livello: dialogo fra scuola e sport

09.12.2022
4 min
Salva

Nella recente intervista con Davide Cassani è emerso come lo sport si sia evoluto e di conseguenza la figura dell’atleta. Lo studio e l’apprendimento sono un passaggio fondamentale per chi pratica attività sportiva, soprattutto da giovani. Dal 2018, direttamente dal Miur (Ministero Istruzione Università e Ricerca), è nato il progetto studente-atleta di alto livello. L’obiettivo è conciliare e tutelare la carriera scolastica e sportiva dei nostri ragazzi. Per comprendere meglio il funzionamento di questo progetto, ancora sperimentale si legge sul sito del Ministero, ci facciamo accompagnare virtualmente da Silvia Epis: Direttore Tecnico Nazionale Giovanile.

Silvia Epis insieme a Dario Igor Belletta alle Olimpiadi giovanili europee del 2020 (foto FCI)
Silvia Epis insieme a Dario Igor Belletta alle Olimpiadi giovanili europee del 2020 (foto FCI)

L’inizio di tutto

Cinque anni può essere considerato un periodo breve, ma nella politica e nel campo delle proposte e dei disegni di legge non lo è affatto. 

«Il motivo per il quale è nato questo progetto – racconta Silvia Epis – è semplice. Tutte le varie federazioni hanno riconosciuto che in Italia mancasse un’organizzazione che conciliasse l’attività scolastica con quella sportiva. Non sempre si riusciva a venire incontro ai ragazzi che praticavano sport ad un certo livello. I professori e gli Istituti scolastici si discostavano poco dal programma di studio, che molte volte aveva la massima concentrazione nel periodo di più intenso dell’attività agonista dei ragazzi. Soprattutto nel ciclismo, per non parlare della BMX, dove l’attività internazionale la fai da giovane.

«Si tratta di un progetto – prosegue Epis – che nel corso dei vari anni scolastici è cresciuto sempre più. Nel primo anno, 2018/2019, gli iscritti al programma erano 1.505, nell’ultimo 27.577. Questo è sinonimo che il progetto funziona. La regione con l’adesione maggiore è la Lombardia con il 18 per cento, poi ci sono Lazio ed Emilia Romagna. Tuttavia le percentuali sono ben distribuite, questo testimonia come il progetto sia ben radicato sull’intero territorio».

La selezione dei ragazzi è rigida, ma necessaria per creare un progetto funzionale (foto Scanferla)
La selezione dei ragazzi è rigida, ma necessaria per creare un progetto funzionale (foto Scanferla)

I criteri di selezione

Non è un programma aperto a tutti, per aderire bisogna rispettare determinati criteri di selezione che decretano se l’atleta si può considerare un “atleta di alto livello”. Per gli sport individuali, è possibile accedere se si è un atleta tra i primi 36 posti nella classifica federale di riferimento, per categoria o anno di nascita. 

Per il ciclismo sono prese in considerazione le seguenti classifiche: piazzamento nelle prime cinque posizioni ai campionati italiani (per specialità e categoria), piazzamento nelle prime cinque posizioni nei Circuiti Nazionali del Settore Fuoristrada e BMX e piazzamento nelle prime tre posizioni nei Campionati Regionali (per specialità e categoria). 

Ivan Toselli, dal 2023 junior di primo anno, ha la scuola al centro della crescita (foto Coppa d’Oro)
Ivan Toselli, dal 2023 junior di primo anno, ha la scuola al centro della crescita (foto Coppa d’Oro)

Come funziona?

In pratica come è organizzato il programma studente-atleta di alto livello? Come si coordina l’attività tra la scuola e società sportiva?

«Si nominano un tutor scolastico ed un tutor sportivo – spiega Epis – due figure che tra loro si confrontano cercando la migliore soluzione tra i vari impegni. A livello di POF (Piano di Offerta Formativa, ndr) non cambia nulla per lo studente. Gli obiettivi di apprendimento sono gli stessi dei compagni. Si tratta di coordinare, nella miglior maniera possibile, le due attività: quella sportiva e quella scolastica. Per esempio: se un ragazzo ogni domenica ha una gara, si eviterà di mettergli interrogazioni o verifiche il lunedì, per dargli la possibilità di recuperare. 

«Durante la settimana – riprende – per fare un altro esempio, soprattutto in inverno che le giornate si accorciano ci sono delle assenze giustificate per determinati allenamenti. Pensate ad un ragazzo che deve uscire in bici, se alle 17 è buio per forza di cose dovrà anticipare l’uscita da scuola. Si tratta di un dare e avere, perché lo studente poi è chiamato a recuperare le ore perse con maggiore studio individuale». 

I ragazzi hanno un’attività scolastica che si conforma al calendario delle corse (foto Rodella)
I ragazzi hanno un’attività scolastica che si conforma al calendario delle corse (foto Rodella)

Il riscontro

«Il progetto prosegue bene e bisogna ammettere che fosse davvero necessario – conclude Silvia Epis – prima del 2018 ogni federazione era indipendente. Questo causava grandi squilibri tra i vari sport, nel calcio, come nella ginnastica artistica i ragazzi venivano mandati in istituti privati o serali per conciliare meglio le due attività. Il costo per le famiglie era notevolmente più elevato, il progetto messo in piedi dal Ministero viene incontro a tutte le situazioni economiche e sociali. In più non crea sproporzionalità di trattamento tra una federazione e l’altra».

Monaco e Innocenti da Cassani: obiettivo riscatto

08.12.2022
5 min
Salva

Dal team Technipes#InEmiliaRomagna partono tante storie e inevitabilmente tutte si intrecciano, come nel migliore dei romanzi. Due di queste, tuttavia, ci hanno particolarmente “rapito”: quella di Alessandro Monaco e di Andrea Innocenti. Trame differenti che però condividono uno stesso obiettivo, quello di riscattarsi. O almeno provare a farlo. Monaco riparte dopo un finale di stagione che lo ha visto operarsi all’arteria iliaca. Di Innocenti, invece, vi abbiamo parlato di recente in due modi differenti

Entrambi i corridori, nel momento in cui ci siamo confrontati con loro, hanno detto di essere arrivati in questa squadra grazie al rapporto con Davide Cassani. L’ex cittì ha avuto modo di veder crescere i due ragazzi dalle categorie giovanili, prima che le vicissitudini di entrambi prendessero il sopravvento. 

Cassani ha voluto credere in Monaco ed Innocenti: due storie diverse ma stessa fame di riscatto
Cassani ha voluto credere in Monaco ed Innocenti: due storie diverse ma stessa fame di riscatto

L’occhio di Cassani su Monaco

Cassani risponde al telefono a metà mattinata, le parole escono ponderate dalla sua bocca, l’ex cittì ne conosce il peso e prima di rispondere aspetta sempre qualche istante. 

«Monaco – dice Cassaniha espresso ampiamente la volontà di riprovarci. Dal momento in cui si è accorto del problema alla gamba, ha detto di essere disposto a fare tutto il necessario per tornare ad alti livelli. Lo conosco da diversi anni, da quando correva negli juniores ed era uno dei più bravi, direi tra i migliori d’Italia. E’ stato anche tra i professionisti per due anni, di quel periodo so poco, però mi sento di dire che a volte la fretta porta a scartare certi elementi quando basterebbe aspettare un po’. La sua figura all’interno della squadra sarà importante, sarà uno dei più grandi, se non il più grande. Il calendario che ci aspetta, con tante corse all’estero, ci porta ad affidarci anche a ragazzi con la sua esperienza».

Per l’ex cittì anche il lato umano è importante. Lo studio aiuta a fare crescere l’atleta e viceversa: qui il giorno della laurea di Innocenti
Per l’ex cittì anche il lato umano è importante. Lo studio aiuta a fare crescere l’atleta e viceversa: qui il giorno della laurea di Innocenti

E poi su Innocenti

Per Innocenti il discorso è diverso ma parte sempre dallo stesso punto: la motivazione. E Andrea, per le parole dette e le impressioni lasciate anche al suo rientro, sembra averne parecchia. 

«L’arrivo di Innocenti – riprende Cassani – è legato al fatto che ritengo sia un corridore con numeri notevoli. Non voglio entrare nel merito della vicenda, ma un ragazzo così giovane che durante uno stop di 4 anni reagisce in questo modo merita attenzione. Si è sempre allenato cercando di tornare competitivo e riuscendoci, bisogna stare vicino a determinati ragazzi e sono contento che lo abbiamo preso. Il periodo di stop è lungo ma parliamo di un ragazzo del 1999, è giovane e merita di avere un’opportunità».

Monaco ha un grande bagaglio di esperienza da mettere a disposizione dei compagni
Monaco ha un grande bagaglio di esperienza da mettere a disposizione dei compagni

Il lato umano

Cassani abbiamo imparato a conoscerlo bene, è una persona che all’aspetto umano bada molto. Monaco ed Innocenti lo sanno e parte di questa opportunità passa proprio da questo aspetto. 

«Entrambi – conclude – hanno proseguito gli studi, penso che sia un lato fondamentale della vita che può accompagnare e aiutare l’attività sportiva. E’ finita l’epoca dei corridori con i paraocchi, bisogna essere sempre attenti a quello che succede nel mondo. Sono contento che entrambi abbiano deciso di puntare molto anche sull’istruzione nel tempo libero, senza perdersi in qualcosa di meno importante. La crescita dell’uomo deve andare di pari passo alla crescita sportiva».

Coppolillo non ha dubbi: Monaco e Innocenti hanno la motivazione giusta, l’occasione se la sono meritata
Coppolillo non ha dubbi: Monaco e Innocenti hanno la motivazione giusta, l’occasione se la sono meritata

Parla Coppolillo

Il discorso, ora passa anche attraverso le parole e la visione dei diesse. Parliamo con Michele Coppolillo che ha visto entrambi i ragazzi e, insieme a Cassani, ha deciso di dare loro questa occasione. Facciamoci raccontare cosa ha notato. 

«Quando ho fatto il colloquio con Monaco – dice “Coppo” – sono stato subito chiaro e lui lo è stato con me: non è qui per fare un altro anno e vedere, provare… E’ qui per dare il massimo e fare bene. L’età è un fattore, ma non è “invalidante”. Anche io sono passato professionista a 24 anni e ho fatto le mie dieci stagioni in gruppo. L’infortunio e la conseguente operazione non sono banali, ma le prime sensazioni che ci ha dato sono positive. Lo staff della nostra squadra è di alto livello e questo sarà un fattore determinante per aiutarlo a tornare al 100 per cento. Lui è un ragazzo molto determinato, d’altronde non fai questa operazione a 25 anni se non credi davvero in quello che fai.

«Di Innocenti – riprende con verve – ho avuto una bellissima impressione durante il nostro colloquio. La cosa che mi ha colpito di più è che non si è mai fermato in questi 4 anni, non è una cosa banale, ci vogliono gli stimoli e tanta fame. Lo conosco da quando era junior perché ai tempi ero diesse in una squadra di quella categoria e lo vedevo spesso. Il talento lo ha sempre avuto. Magari all’inizio farà fatica, soprattutto i primi mesi, ma poi dovrà tornare a regime. Anche per lui vale il discorso di Monaco, se sei qui è perché devi provarci con tutto te stesso. Innocenti, secondo me sarà una bella sorpresa, io lo spero e non sarebbe qui se non ci credessi davvero».

Cassani chiama Chiesa, super spalla per “Coppo”

18.11.2022
5 min
Salva

Con Coppolillo e Chicchi, di cui vi abbiamo raccontato di recente, sulla plancia della Technipes #InEmiliaRomagna salirà anche un direttore sportivo di grande esperienza come Mario Chiesa. Bresciano classe 1966 e professionista dal 1988 al 1997 con la Carrera e poi l’Asics-CGA, quando ha smesso di correre è stato direttore sportivo di grandi squadre, fra cui la Fassa Bortolo, la Liquigas e la Katusha. La sua ultima ammiraglia è stata quella della Iseo Rime-Carnovali, lasciata la scorsa stagione. Ultimamente era uno degli uomini RCS al Giro, fino alla chiamata di Cassani.

Al Giro d’Italia 1995 ha scortato Chiappucci, che chiuse al 4° posto
Al Giro d’Italia 1995 ha scortato Chiappucci, che chiuse al 4° posto

Lavorare per il futuro

Mario è un uomo di cuore. E quando la chiamata è arrivata dal collega di tante corse, l’istinto di rispondere allo scatto è stato superiore alle perplessità degli ultimi anni.

«Con Davide – racconta – ci eravamo sentiti l’anno scorso per la squadra che stava allestendo. Poi le cose non sono andate nel verso giusto, ma lui mi ha detto che avrebbe avuto piacere che gli dessi una mano nel fare qualcosa per il futuro con la continental. Ho accettato, senza voler essere di troppo. Sono tanti anni che c’è Coppolillo e hanno preso Chicchi. Magari posso dargli una mano con l’esperienza e le conoscenze per qualche corsa all’estero. Oppure magari una mano per la logistica, anche se la Roberta che se ne occupa è molto preparata…».

La Technipes #InEmiliaRomagna è la squadra di Coppolillo, qui con Cantoni in rosa al Giro U23 del 2021
La Technipes #InEmiliaRomagna è la squadra di Coppolillo, qui con Cantoni in rosa al Giro U23 del 2021

Il cuore latino

Un passo indietro. La grande educazione. La capacità di osservare. Chiesa è prima di tutto una persona seria e si capisce che Cassani abbia pensato anche a lui nell’allestire la grande squadra per ora riposta in cassetto non ancora chiuso. 

«Io sono sempre abbastanza disponibile a mettermi in gioco in cose nuove – dice Chiesa – anche al di fuori del professionismo. Negli ultimi anni ho visto che non è più il mio ciclismo. E’ cambiato troppo e troppo velocemente. Forse mi penalizza anche il discorso della lingua, ma io sono latino. Ho cuore latino e ho sempre corso in squadre come famiglie. Questo era normale fino a 10 anni fa, ormai è impossibile in squadre di 70-80 persone. Le continental come la Technipes #InEmiliaRomagna sono squadre in cui c’è ancora un rapporto umano e familiare. Sono tutte persone della zona, si conoscono da lunga data con un grosso affiatamento». 

Nel 2016, Chiesa guidava la IAM Cycling, qui al Giro d’Italia. L’anno dopo passò al neonato Team Bahrain-Merida
Nel 2016, Chiesa guidava la IAM Cycling, qui al Giro d’Italia. L’anno dopo passò al neonato Team Bahrain-Merida

Il ruolo del direttore

Il Chiesa direttore sull’ammiraglia, in alcune occasioni e soprattutto nelle squadre più grandi, ha lasciato il posto al Chiesa dietro le quinte.

«Ho sempre fatto il lavoro… sporco – ammette – quello che fa andare bene o in malora una squadra. Il grande Giancarlo Ferretti mi ha indirizzato verso questo ruolo. La logistica e lo staff sono il cuore della squadra. Puoi avere anche il campione del mondo, ma se dietro non ci sono affiatamento e organizzazione, non vai lontano. Mi piace fare il direttore sportivo, ma oggi qual è il ruolo del direttore? E’ concentrato sulla corsa, su tutti i minimi particolari. Cose che servono, ma dal mio punto di vista serve di più l’affiatamento col corridore. Se vai a una corsa e sei l’estraneo di turno, perché arrivi e devi dirgli cosa deve fare senza conoscere la sua psicologia, certo che dopo si prendono i mental coach per far ragionare i corridori. Io penso che la figura principale sia quella del direttore sportivo, invece la stanno mettendo da parte».

Dal 2019, Chiesa ha affiancato Daniele Calosso alla Iseo Rime Carnovali
Dal 2019, Chiesa ha affiancato Daniele Calosso alla Iseo Rime Carnovali

Due anni fra gli U23

Ha lasciato la Iseo Rime non trovando più grandi sintonie, riparte da un’altra continental con gli stessi temi da affrontare. Giovani che passano presto, corridori che smettono a 22 anni.

«Qui tocchiamo un tasto dolente – dice – perché difendo la posizione della Federazione. Per me è giusto l’obbligo al dilettantismo almeno per i primi due anni, per far crescere al meglio i corridori. Evenepoel, Pogacar e Ayuso sono eccezioni. Non è giusto che manchi un regolamento internazionale. L’Italia è l’unica che propone questa norma, ma sbandierano il diritto al lavoro e li fanno passare da juniores. Tanti corridori vengono bruciati per questo, altri in compenso – faccio i primi nomi che mi vengono: Luca Coati e Matteo Zurlo – meriterebbero di passare e invece sono lì sgomitare e rischiano di smettere. Hanno una certa esperienza, li abbiamo visti e hanno il diritto di fare almeno due anni. Quanto ci ha messo ad arrivare Sonny Colbrelli? Io credo ancora che sei debba salire un gradino per volta, come per ogni cosa della vita». 

Giro d’Italia Under 23, la Colpack di Ayuso e Baroncini teneva banco anche a livello internazionale
Giro d’Italia Under 23, la Colpack di Ayuso e Baroncini teneva banco anche a livello internazionale

Il calendario giusto

Altro tema, altro giro di giostra: l’attività delle squadre italiane e le prospettive dei nostri corridori, dato che tornerà presto a far parte del loro ambiente.

«Mancano le corse a tappe – dice – forse ne inseriscono una nuova in Emilia e saliamo a quattro. La differenza è che tanti stranieri fanno il calendario del loro Paese e poi vengono in Italia. Il Val d’Aosta aveva 35 squadre e solo 4 italiane. Le nostre non vanno fuori. Un po’ non le invitano, un po’ per una questione di costi. Per andare all’estero, diciamo al Tour de Normandie, devi pagarti l’hotel e la trasferta, devi avere più staff per muovere i mezzi e ti trovi una spesa di minimo 8.000 euro, dipende da dove vai. Ci sono squadre che se lo possono permettere, altre che preferiscono correre il sabato e la domenica in Italia. Intendiamoci, abbiamo un buon calendario, ma non basta.

«Cresci se vai a correre con gente che ha due o tre anni più di te. Non è obbligatorio andare tra i professionisti, noi abbiamo fatto le richieste per corse di un certo livello. Vediamo se ci accettano. Corse dove incontri squadre che hanno corridori importanti. Guardate l’organico della FDJ, con i francesi, ma anche neozelandesi e inglesi. Come la Colpack di Ayuso, Baroncini e Verre. Quando hai atleti così, è normale che tutta la squadra vada super forte ed è competitiva anche all’estero. Purtroppo non tutti gli anni c’è un Baroncini».

Le lacrime, il cuore, il sorriso e l’addio di Colbrelli

15.11.2022
8 min
Salva

«E’ un momento molto importante – inizia Colbrelli – come avrete sentito e letto, sono qui per confermare il mio ritiro. Dopo tanti mesi a pensare e riflettere. Dopo aver parlato con la mia famiglia e vedere se valesse la pena continuare…».

La voce si strozza di colpo. Sonny guarda in alto. Il momento è arrivato, ma non è facile ammetterlo davanti alle tante persone accorse, almeno quanto lo è stato ammetterlo con se stesso. Giornalisti. Parenti. Addetti ai lavori. Una conferenza stampa a invito. E’ il pomeriggio del 15 novembre. L’anno scorso in questi stessi giorni, il bresciano era nella sede di Merida per celebrare la vittoria di Roubaix, oggi è in casa FSA per dire che è tutto finito.

Sonny raggiunge la scrivania alle 14,40. E’ rimasto a lungo in un ufficio a parlare con Cassani e altri amici, fra cui Luca Mazzanti
Sonny raggiunge la scrivania alle 14,40, dopo aver parlato a lungo con Cassani e altri amici, fra cui Luca Mazzanti

Salvataggio Cassani

Interviene Cassani, accanto a Sonny come amico più che come tecnico. E Davide prende il microfono, sollevando Sonny dal momento difficile. Racconta delle avventure in azzurro. Ripete le parole che in questi mesi tanti gli hanno sentito ripetere, quasi a scacciare anche lui la malinconia e lanciare un salvagente di speranza all’uomo seduto accanto a lui.

«Abbiamo fatto una chiacchierata – dice – prima di venire davanti a voi. Mi ha detto di non aver ancora metabolizzato quest’idea. Ha raggiunto tanto nella sua carriera e ora ha voluto questo incontro. Da tanto tempo non parlava. E’ una persona che ha seminato tanto e bene. E adesso – voltandosi verso Colbrelli – se hai finito di piangere, tocca di nuovo a te…».

La sala scoppia in una risata e un applauso. La commozione ha invaso i pensieri di tutti, ma questo non è il momento di deprimersi. Questo è il momento per guardare avanti. Le malinconie hanno già popolato e forse popoleranno ancora le sue notti. Avere un pensiero felice da coltivare sarà il balsamo migliore.

In prima fila i genitori di Sonny, la moglie Adelina e i figli, oltre al fratello Tomas. Subito dietro giornalisti e addetti ai lavori
In prima fila i genitori di Sonny, la moglie Adelina e i figli, oltre al fratello Tomas. Subito dietro giornalisti e addetti ai lavori

La chiamata con Eriksen

«Dopo quel 21 marzo – riprende Sonny rinfrancato – la mia vita è cambiata. Capisci quello che è successo e devi essere realista. Non tornerai mai più a fare la vita di prima. E’ stato difficile guardare le corse, ma il giorno dopo ero già col mio telefono a vedere Bauhaus che faceva secondo al Catalunya. La bici mi ha dato tanto e mi ha tolto tanto, ma ultimamente mi ha fatto capire che la vita è una sola.

«Non sono Van der Poel o Evenepoel, ci ho messo 32 anni per arrivare al mio livello migliore e sul più bello mi tocca smettere. Ho fatto tanti esami. Ho usato come riferimento Eriksen (il calciatore danese dell’Inter rianimato in campo durante la partita fra Danimarca e Finlandia agli europei 2020, ndr). Tramite alcuni amici, ho trovato il suo numero. Gli ho mandato un messaggio e mi ha chiesto se poteva richiamarmi dopo la doccia, perché aveva appena finito l’allenamento. Abbiamo parlato, ma ho capito che il ciclismo non è il calcio. E se mi succedesse di nuovo in una discesa, potrei farmi molto più male. Perciò smetto. Spero di dare ancora tanto al ciclismo. Ringrazio la squadra, che mi ha tranquillizzato per il futuro…».

Miholjevic, al tavolo con Marra, Colbrelli e Cassani, ha raccontato l’importanza di Sonny per il team
Miholjevic, al tavolo con Marra, Colbrelli e Cassani, ha raccontato l’importanza di Sonny per il team

L’abbraccio di Miholjevic

Accanto a lui c’è Miholjevic, il team manager del Team Bahrain Victorious. E’ un tipo tosto Vladimir, di poche parole. Più tosto adesso da manager che quando era corridore, eppure anche lui è commosso. Non è solo un momento di Colbrelli, in qualche modo è il momento della sua squadra.

«Abbiamo conosciuto Sonny – dice – quando arrivò dalla Bardiani. Era un ragazzo fortissimo, con un grande potenziale e lo stesso entusiasmo dei suoi bimbi qua davanti. Siamo riusciti a incanalare le sue forze e abbiamo fatto la gioia della nostra squadra e del ciclismo italiano, con la vittoria della Roubaix, la classica più bella. Il Catalunya è stato uno choc anche per noi. Anche noi che abbiamo smesso per età non abbiamo metabolizzato facilmente il fatto di non essere più corridori, per Sonny sarà ancora più dura».

Due anni con il team

«Abbiamo pensato di aver perso qualcosa – prosegue Miholjevic – invece ora pensiamo di aver in qualche modo guadagnato. Avreste dovuto vederlo nel bus, motivare la squadra con le sue parole spontanee. Per questo abbiamo prima sentito l’obbligo di stare accanto a lui e alla sua famiglia. Ora però sappiamo quale potenziale abbiamo in mano, con uno che ha vinto la corsa più importante per la squadra. Sonny scenderà con noi nella… miniera (sorride, ndr) che lavora dietro le quinte. Abbiamo 28 corridori e 68 persone. Diventerà una persona più completa. Nel frattempo i bambini crescerano e Tommaso (dice ridendo mentre indica il figlio di Sonny, ndr) comincerà a vincere le corse. Sarà con noi per altri due anni».

Dopo le lacrime delle prime parole, Colbrelli è parso commosso a tratti, ma sempre più consapevole
Dopo le lacrime delle prime parole, Colbrelli è parso commosso a tratti, ma sempre più consapevole

Il ciclismo dei giovani

Scorrono le immagini delle vittorie. Poi viene presentato il logo con il cobra e il nome Sonny Colbrelli, disegnato da Johnny Mole per una linea di 71 bici Merida volute da Sonny, perché 71 era il numero sulla maglia nella Roubaix vinta. Intervengono Claudio Marra, il padrone di casa, che gli consegna un premio. Interviene Dario Acquaroli, per Merida Italy. E intervengono anche due pezzi grossi di Merida Europe: il direttore del marketing Andreas Rottler e il general manager Wolfgang Renner. E Sonny, già più disteso parla del progetto e della sua idea di lavorare per il ciclismo dei bambini.

«Quando ero piccolo – dice – avevo una pista in cui pedalare al sicuro. Ora nella zona di Brescia vedo i bimbi nel parcheggio di un supermercato e mi mette tanta tristezza vederli in mezzo ai vetri. Vorrei fare qualcosa, non so quando. Dipende da quanto mi farà lavorare Miholjevic (ride a sua volta, ndr). Un impianto in cui possano provare tutte le specialità e poi semmai scegliere. I più giovani bisogna farli innamorare del ciclismo, non proporglielo come un’ossessione».

Claudio Marra ha premiato Colbrelli con una targa che vale anche come promessa di collaborazione futura
Claudio Marra ha premiato Colbrelli con una targa che vale anche come promessa di collaborazione futura

I pensieri pericolosi

Poi prende una pausa di silenzio. Di colpo Colbrelli torna Sonny, il ragazzo che sognava di diventare campione sulla sua bicicletta e di colpo vengono avanti i fantasmi delle prime notti.

«Ho pensato di togliermi il defibrillatore – dice davanti a tutti e poi approfondirà a quattr’occhi – fare due anni al top e poi di rimetterlo. L’ho pensato subito, quando ho scoperto che è removibile. In bici senti magari di poter fare quello che facevi prima, ma poi hai paura di spingerti al massimo. E allora penso che comunque non sarei più il Sonny di una volta. Hai paura, non vai allo sfinimento. Non doveva succedere quel giorno, non era il mio turno. Sono stato fortunato. Di 10 persone che hanno avuto un arresto cardiaco come quello, 8 non sono qui a parlarne. Bisogna essere forti e intraprendere una cuova carriera.

«Ho capito di non essere più un corridore quando è arrivata la mail con l’organico della squadra e il mio nome non era più nella lista. Ma se ho fatto un cambio di marcia lo devo a Paola, la mia mental coach. Mi ha fatto capire quanto valgo e che sono più forte di quanto pensassi. Ho capito che posso fare cose importanti anche non essendo più un corridore. Ora la vedo così, magari domani mi chiudo nei miei silenzi. Non è facile. Potrebbe esserci il rimpianto del Fiandre e di non aver fatto sempre la vita che ho imparato negli ultimi tempi, ma non è questo il tempo dei rimpianti».

Notevole l’afflusso dei media. La decisione di Colbrelli era già nota, ma quasi tutti hanno voluto essere presenti per raccontarlo
Notevole l’afflusso dei media. La decisione di Colbrelli era già nota, ma quasi tutti hanno voluto essere presenti per raccontarlo

Il futuro è già una vittoria

Il futuro è con la squadra e con i suoi sponsor. Con i giovani da osservare e i materiali da provare. Poi forse il futuro passerà attraverso una tessera da direttore sportivo. Zero elucubrazioni su soluzioni ardite per aggirare il divieto di correre. Ancora una volta Sonny è l’uomo maturo che nel 2021 ha fatto sognare l’Italia del ciclismo.

«Non ero solo un corridore – sorride – come ha detto Miholjevic. Mi mancheranno i miei compagni e il mio posto sul bus. Con Caruso ci sentiamo sempre. Mi ha detto: “Sonny, sono con te”. Ci facciamo delle grandi risate. Mi mancherà anche il diesse che la sera porta il numero da attaccare sulla maglia. Non mi mancheranno quelle giornate di fatica a 40 gradi a chiedersi chi me l’ha fatto fare. Però adesso che lo dico, invece mi mancano. Bisogna pensare al bello…».

Immancabile la foto con la bici, Merida Reacto, che lo ha condotto alla conquista della Roubaix
Immancabile la foto con la bici, Merida Reacto, che lo ha condotto alla conquista della Roubaix

I figli che crescono

«Ora vado in bici per divertirmi, mentre prima avevo l’assillo dei lavori e del peso. Ora la sosta al bar è prolungata. Mi godo la bici come mi diceva tanta gente, che per loro è il modo di scaricarsi la mente dopo giornate impegnative. E’ così davvero. Prima cominciavo la giornata dicendo: “Sonny, alzati, vestiti e vai ad allenarti”. Ora mi alzo e mi dico: “Sonny, alzati, vestiti e prepara la colazione ai bambini”. Parto subito con quattro caffè, ma è una cosa bella, perché noi corridori vediamo i figli crescere nel telefono.

«E per il resto – conclude – ho davanti tutta la vita e tanti progetti. L’importante è che sono qui e che non tutti possono dire che la loro ultima vittoria è stata una Roubaix. Ma vi dico subito che c’è già il mio erede. Si chiama Jonathan Milan, abbiamo visto tutti di che pasta è fatto. E magari avermi accanto lassù lo aiuterà a crescere un po’ più in fretta».

Dopo la conferenza stampa, Colbrelli ha concesso qualche minuto ai giornalisti presenti. Qui con bici.PRO
Dopo la conferenza stampa, Colbrelli ha concesso qualche minuto ai giornalisti presenti. Qui con bici.PRO

Sorride. Si alza. Si presta ad altre interviste. Sky va in diretta. Ci sono Rai e Mediaset. Ci sono Eurosport e la Gazzetta. C’è la sala stampa degna di un grande campione. C’è soprattutto il senso consapevole di una seconda occasione. E davanti alla vita, tutto il resto si ferma. Buona vita, Sonny. Ci vediamo alle corse.

Innocenti, una storia di caduta e resurrezione

13.11.2022
8 min
Salva

«A un certo punto ho cominciato a fare il pizzaiolo, per dare un senso alle giornate. Volevo ricomprarmi la bici senza chiedere soldi ai miei. Mi serviva perché volevo tornare a correre. Io non sono un dopato – scandisce bene Innocenti – non sono mai stato al limite. Se fossi stato così, non avrei avuto questa voglia di tornare. Dicevano tutti che mi avrebbero dato sei mesi al massimo, per questo quando sono arrivati i 4 anni è stata dura. Sono il tempo di un liceo, una carriera da under 23. Una vita. Ho pensato tante volte al tempo che passava. Per un mese non sono riuscito a dormire. Parlavano di me come di un talento. Avevo fatto tanti sacrifici. Poi piano piano è cresciuta la consapevolezza. Sono giovane. Dovevo cercare di andare avanti».

Le parole di Toni

Seano, giorno di San Martino. Le colline intorno brulicano di reti e olive da cogliere e biciclette in lenta processione su tutte le salite. Andrea Innocenti, classe 1999, ci ha dato appuntamento in un bar baciato dal sole, in questo strano autunno che continua a sembrare primavera. Ha con sé Sancho, uno dei suoi tre cani. Ha la faccia a posto, difficile tradurre la sensazione in parole e sperare di essere creduti.

Qualche settimana fa, parlando con Pino Toni di atleti dal motore importante (immaginando o sognando di trovare prima o poi un erede per Nibali), il preparatore toscano disse poche parole.

«Ne ho visti solo due, ultimamente. Uno è Andrea Piccolo. L’altro è Andrea Innocenti, peccato per quello che gli è successo…».

Il 2017 è il suo anno migliore da junior, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)
Il 2017 è il suo anno migliore da junior, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)

Controllo a sorpresa

La storia, in breve, poi si va avanti. Andrea Innocenti, uno dei talenti più solidi della sua classe, viene trovato positivo al testosterone in un controllo fuori competizione durante un ritiro della nazionale. I Carera, suoi procuratori, lo indirizzano verso un noto avvocato.

La prima udienza (per la prima infrazione della vita) dura un quarto d’ora. Non gli permettono di dire nulla, ma ugualmente il conto è salato: 4 anni di squalifica. L’avvocato a quel punto rilascia un’intervista dicendo che era tutto pilotato. La conseguenza (a quel punto abbastanza scontata) è che nel secondo grado, la squalifica è confermata e così pure al Tas, anche se le prove scientifiche sono a favore dell’imputato. In più, arriva la beffa. L’avvocato non avrebbe notificato che Andrea nel frattempo si è autosospeso, così la squalifica parte due mesi più avanti. Quattro anni e due mesi.

A Bergamo, nel processo penale legato alla positività, il ragazzino viene rappresentato da altri professionisti e viene assolto. Per lo Stato italiano, non c’è stato doping.

Agosto 2017, Innocenti vince il Trofeo Maionchi davanti ad Aleotti e Baroncini (foto Instagram)
Agosto 2017, Innocenti vince il Trofeo Maionchi davanti ad Aleotti e Baroncini (foto Instagram)

La chiamata di Cassani

Davide Cassani è un signore e di ciclismo ne sa tanto. E con disarmante semplicità dice che se a 19 anni risulti positivo in un controllo antidoping, la colpa non può essere solo tua e non vai lasciato da solo. Per questo l’allora tecnico della nazionale, vuole incontrarlo. I due parlano poco dopo la squalifica. E ora che i 4 anni sono passati e dopo che Andrea è rientrato per poche corse nel 2022 con la Park Pre Racing Team di Francesco Ghiarè, Davide gli ha aperto le porte della Technipes-InEmiliaRomagna. La storia può ricominciare.

Chi eri?

Un buono junior. Avevo vinto il Lunigiana ed ero passato dilettante con la Maltinti. Sono stato al funerale di Renzo, era davvero una brava persona. Mi sarebbe piaciuto rientrare con loro per gratitudine verso Renzo e per l’amicizia con Leonardo Scarselli, che è stato tecnico e soprattutto amico.

Pino Toni dice di aver visto solo due motori al livello di una carriera alla Nibali: Andrea Piccolo e Andrea Innocenti.

Parlavano bene di me, ricordo bene. E Pino mi aveva visto da junior e poi anche al primo anno da U23. Facevo tanti sacrifici e le cose andavano bene. Finita la maturità sarei dovuto andare in ritiro con Cioni, che ai tempi mi seguiva.

Nel 2018, dopo due grandi anni da junior, Innocenti va alla Maltinti: qui con Renzo e il ds Scarselli (foto Instagram)
Nel 2018, dopo due grandi anni da junior, Innocenti va alla Maltinti: qui con Renzo e il ds Scarselli (foto Instagram)
Invece un giorno torni a casa da un allenamento e cosa succede?

Era un periodo brutto. Mio padre aveva fatto un incidente in moto, era messo male. Quel giorno però ero contento, perché tornava a casa. Avevo appena fatto la terza prova della maturità, entrai a casa e capii che qualcosa non andava. Mia madre piangeva. Era da poco morto mio zio, pensai che avessero trovato qualcosa a papà. Invece mi guardarono e mi chiesero se avessi qualche problema e se volessi parlarne. Mi dissero che non potevo più correre, che ero risultato positivo. Io neanche ricordavo di averlo fatto quel controllo, erano passati due mesi…

Come reagisti?

I primi mesi furono i più duri. Mia madre lavora in una multinazionale americana, è sempre piena di cose da fare. E con mio padre allettato e io quasi alla depressione, a un certo punto mi scossi e piano piano iniziai a dare nuovamente una mano in casa. Nel frattempo in giro e sui social leggevo cose dette senza sapere niente. Dopo un po’ ricominciai anche ad andare in bici e appunto dopo 15 giorni mi misi a fare il pizzaiolo e a studiare.

Studiare?

Sognavo di fare il veterinario. Da ragazzino, dicevo che presto avrei smesso di correre e avrei studiato per quello. Poi invece da allievo scattò la passione del ciclismo e mi iscrissi a Giurisprudenza. Uscivo dal Liceo Scientifico Sportivo e avevo studiato Diritto. Mi piaceva e così cominciai a preparare Diritto romano. Solo che era il periodo della prima sentenza e a leggere quelle cose mi veniva la nausea, così smisi di studiare. I miei genitori per un po’ non dissero nulla. Poi mi parlarono: «Se vuoi correre ancora, ti appoggiamo. Però nel frattempo o studi o ti trovi un lavoro». E così mi iscrissi a Scienze Motorie. Due anni e mezzo per dare gli esami. Poi il tirocinio tutto insieme. E a giugno 2021 mi sono laureato.

E’ il 2020, due anni di squalifica alle spalle, ne restano due: Innocenti si allena e studia (foto Instagram)
E’ il 2020, due anni di squalifica alle spalle, ne restano due: Innocenti si allena e studia (foto Instagram)
Prima gara al Giro del Friuli, quattro anni e due mesi dopo. Che effetto ti ha fatto?

Mi hanno chiamato in tanti, chiedendomi se fossi emozionato. Io ero tranquillo. Tornavo a fare la mia vita. Ero convinto di andare forte, ma forse sono partito con troppo entusiasmo, perché a fine stagione ci sono arrivato sfinito. A Ghiarè ho chiesto di farle tutte, volevo tanta fatica per sbloccare il motore. Ma al Del Rosso non ero fresco come al Giro del Friuli. Non mi sarei mai aspettato di arrivare 10° sullo Zoncolan. Una salita così lunga in gara non l’avevo mai fatta. Non l’ho preso davanti solo perché mi sono staccato in discesa. La discesa dopo 4 anni può essere un problema (sorride, ndr).

Come ti sei allenato in questi 4 anni?

Il mio programma prevedeva due picchi di condizione all’anno. Il primo per i giorni della Firenze-Empoli, da tenere fino a giugno. Poi 15-20 giorni per recuperare, magari in altura, e si ripartiva con un altro picco da portare fino a ottobre. Inverno da corridore e poi si ricominciava.

La leggenda dice che hai fuso due motorini di tuo padre nel simulare la gara…

Uno era vecchio, l’altro no. E’ vero (sorride, ndr). Facevamo dei bei giri dietro moto, con distanze e andature da gara. La prima ora da solo, poi da Poggio a Caiano si faceva forte il San Baronto, di lì Lamporecchio, andavamo fino a Empoli e dopo 4 ore si faceva forte la salita di Vitolini. E se stavo bene, anche Seano a tutta. Questo una volta ogni due settimane. Nell’altra settimana, andavo con la bici da crono che mi ero comprato (i dati di allenamento parlano di sessioni da 10 chilometri a 7 watt/kg). E la domenica distanze blande di 6 ore in Z2 e Z1.

Il 3 giugno 2021 arriva la laurea in Scienze Motorie: il cammino prosegue (foto Instagram)
Il 3 giugno 2021 arriva la laurea in Scienze Motorie: il cammino prosegue (foto Instagram)
Cosa ti aspetti?

A casa sono tutti contenti. Forse mi mancherà un po’ il ritmo, ma sono convinto che tornerò quello che ero. Sono motivato. Quest’anno c’era poco tempo, ora posso fare un vero periodo di riposo e ricominciare al pari con gli altri.

Dove si erano fermati i tuoi sogni?

Non si sono mai fermati, ma fino al primo anno da junior (4 vittorie, ndr) facevo fatica a capire che corridore fossi. Con un po’ di impegno, vincevo anche le volate. L’anno successivo (9 vittorie, fra cui le classifiche finali del Lunigiana e della Ain Bugey Valromey in Francia), ho iniziato a pensare di essere più adatto per le corse a tappe. Sono andato benino e credo che il mio terreno possa essere quello. So andare in salita, pur non essendo uno scalatore di 56 chili e vado bene a crono. Il mio obiettivo sarà specializzarmi in questo.

Correrai con la squadra di Coppolillo e Cassani…

Michele l’ho conosciuto subito, è davvero una bella persona. Il fatto che Cassani mi abbia dato fiducia, l’ho trovato molto importante. Davide è stato una delle poche persone che mi ha chiamato dopo il controllo. Volle vedermi per capire cosa fosse successo. Per me già quello fu gratificante, fino al giorno prima mi volevano tutti bene e poi sparirono. Il fatto che mi abbia richiamato dopo 4 anni è un punto in più. Spero di poter ripagare la squadra per la fiducia.

Durante il periodo giù dalla bici, uscite in mountain bike o passeggiate con i suoi cani: ne ha 3 (foto Instagram)
Durante il periodo giù dalla bici, uscite in mountain bike o passeggiate con i suoi cani: ne ha 3 (foto Instagram)
Come ti ha accolto il gruppo?

I miei coetanei e compagni di nazionale ormai sono tutti professionisti oppure hanno smesso. I compagni alla ParkPre mi facevano vedere i commenti sui social di qualche… sciocchino. Ma non puoi ascoltare tutti e ognuno è libero di pensare come vuole. Io voglio solo riprendere la mia strada. E sono certo che qualcosa di buono verrà di sicuro… 

Che cosa successe in quel controllo?

La verità? Non lo so. Per il Tas mi sono sottoposto al test del capello con una luminare del campo e non venne fuori nulla. Io non ho preso niente, l’ipotesi più probabile è uno scambio di farmaci con qualcosa che avevamo in casa. Ma non sto neanche a dirlo, perché non ho prove per sostenerlo. Non lo so. So però che non mi sono dopato.

Si ricomincia con un ritiro a ridosso di Natale, quando i corridori della Technipes-#InEmiliaRomagna riceveranno bici e programma. Nel frattempo Innocenti ha preso ad allenarsi con Paolo Alberati e Maurizio Fondriest. Quattro anni sono tanti, ma non sono stati anni di ruggine. E comunque sia andata quel giorno, la lezione è stata imparata. La seconda occasione è ampiamente meritata.

Sidi illustra a EICMA la nuova “vision” aziendale

12.11.2022
3 min
Salva

Sidi Sport, storico brand italiano specializzato nella produzione e nella vendita di calzature per il ciclismo e per il motociclismo, è quest’anno tornato in fiera ad EICMA approfittando della straordinaria vetrina rappresentata dalla stessa rassegna expo milanese per tracciare i primi obiettivi a seguito della recente acquisizione dell’azienda da parte di Italmobiliare.

Nel corso di una partecipata conferenza stampa, moderata da Vera Spadini, volto noto delle telecronache di motociclismo, sono stati presentati Davide Rossetti, il nuovo CEO di Sidi, e Davide Cassani, ex ciclista professionista ed ex commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo, chiamato adesso a portare la propria esperienza in ambito ciclistico anche all’interno del consiglio di amministrazione dell’azienda.

Davide Cassani con Davide Rossetti, nuovo CEO di Sidi
Davide Cassani con Davide Rossetti, nuovo CEO di Sidi

Valorizzare il Made in Italy

«La missione che si è data Italmobiliare – ha dichiarato Carlo Pesenti, il Consigliere Delegato di Italmobiliare – è quella di portare l’Italia nel mondo, e proprio per questo investiamo nei migliori marchi del Made in Italy con l’obiettivo di valorizzarli a livello globale, attraverso una crescita sostenibile e improntata alla creazione di valore nel tempo. Da appassionato e da investitore, quando si è prospettata l’opportunità di questa acquisizione non nascondo di essermi emozionato.

«Noi siamo investitori, ma investiamo sempre con una visione un po’ speciale, perché siamo prima di tutto imprenditori. È con questo spirito che ci siamo approcciati a Sidi e che siamo qui oggi a presentare la nostra visione. Il primo passo è stato senza dubbio cercare di costruire una squadra, e oggi è l’occasione giusta per presentare Davide Rossetti, quale nuovo CEO, e Davide Cassani che entrerà ufficialmente nel nostro organico come componente del Consiglio di Amministrazione».

Le Shot 2 nella ultima colorazione Abisso
Le Shot 2 nella ultima colorazione Abisso

Davide Rossetti nuovo CEO

«Da anni lavoro sul territorio di Montebelluna – ha aggiunto da parte sua Davide Rossetti – e per me assumere la guida di Sidi è uno straordinario privilegio. Sidi è un marchio di assoluto valore, uno dei pochi a realizzare ancora internamente i propri prodotti. Il nostro obiettivo per il futuro sarà quello di rafforzare ulteriormente ricerca e sviluppo, continuando a lavorare quotidianamente con atleti e piloti, sia del motociclismo che del mondo del ciclismo, che rappresentano da sempre uno dei nostri asset principali.

«Aziende come Sidi vivono per e con il prodotto, e sicuramente continueremo in questa direzione per ampliare la gamma, portare nuovi prodotti sul mercato, e conferire una dimensione sempre più internazionale al brand, preservando l’enorme valore dell’italianità».

Non solo ciclismo, Sidi è anche “tanto” motociclismo
Non solo ciclismo, Sidi è anche “tanto” motociclismo

«Nel mondo delle due ruote – ha poi dichiarato Cassani – servono competenza, investimenti e passione, ed il bello per me è stato ritrovare tutto questo nei vertici di Italmobiliare. Sono assolutamente entusiasta di far parte di questa nuova sfida per Sidi. Conosco questa azienda da sempre, ricordo quando Sidi fece la prima tacchetta, togliendo i chiodi e offrendo qualcosa di modulabile, con Moser come primo utilizzatore.

«Carapaz ha vinto le Olimpiadi con Sidi ai piedi, e Colbrelli sia un Europeo che la Paris-Roubaix. Personalmente nel 1985 ero al Tour de France e usavo delle altre scarpe, non mi trovavo bene e nel giorno di riposo sono andato a comprarmi un paio di Sidi. Quindi il mio ruolo è esattamente questo: assicurare e cercare di accrescere quell’unione di competenza, professionalità e passione che sono gli elementi caratterizzanti di Itamobiliare, di Sidi e del mio personale percorso».

Sidi

Tour of the Alps, qualità e sicurezza: scelte azzeccate

05.11.2022
7 min
Salva

Quello che è andato in scena ieri a Milano, durante la presentazione del Tour of the Alps 2023, è stato il confronto fra due modi di intendere il ciclismo. Alla presenza di Mauro Vegni, organizzatore del Giro d’Italia, il tema è venuto fuori da sé. Poi è rimasto sotto traccia, forse perché non era quella la sede idonea per un approfondimento.

Il Tour of the Alps – si legge nel comunicato ufficiale – ha infatti affermato un proprio modo di interpretare il ciclismo. Salite, dislivelli importanti ma senza altitudini estreme, brevi chilometraggi e trasferimenti ridotti al minimo. Così si può sintetizzare la “Formula TotA”, premiata dall’apprezzamento di campioni e squadre – prova ne sia il nutrito contingente World Tour schierato al via anno dopo anno – oltre che dall’entusiasmo di un pubblico sempre più vasto e internazionale.

Rohregger, Evangelista, Rossini, Giacomo Santini, Pichler: il motore operativo del Tour of the Alps
Rohregger, Evangelista, Rossini, Giacomo Santini, Pichler: il motore operativo del Tour of the Alps

La formula ToTa

Il Tour of the Alps partirà il 17 aprile 2023 dall’Austria e si concluderà il 21 in Alto Adige. Le cinque tappe propongono un modello moderno e avvincente, in cui lo spettacolo e i corridori sono prepotentemente al centro della scena. Lunghezza media delle tappe di 150,52 chilometri: la più breve di 127,5 mentre la più lunga ne misura 165,2. Ciascuna tappa del Tour of the Alps parte a metà mattinata, per concludersi nel primo pomeriggio. Una volta anche il Giro faceva così. Poi le esigenze televisive hanno fatto passare in secondo piano le esigenze degli atleti. Per cui le tappe partono all’ora di pranzo e si concludono sul far della sera, con tutte le problematiche connesse.

«Credo che per una corsa di una settimana – ha spiegato Giuseppe Saronni – la formula tecnica del Tour of the Alps rappresenti la soluzione ideale. C’è brillantezza, c’è spettacolo tutti i giorni. Il Tour of the Alps propone percorsi da ciclismo moderno. E’ corsa per scalatori, non c’è dubbio, e gli atleti la affronteranno con intensità dall’inizio alla fine».

Qualità e quantità

Probabilmente la modernità non c’entra affatto: il ciclismo è ciclismo e basta. Tuttavia è un dato di fatto che la progressiva riduzione delle distanze di gara negli ultimi tempi abbia prodotto lo spettacolo maggiore. Un orientamento nato dalla Vuelta, che non ha però rinunciato ai suoi tanti arrivi in salita, poi ripreso dal Tour. La tappa più spettacolare dell’ultima edizione, quella del Granon e del crollo di Pogacar, misurava appena 151,7 chilometri. Anche nella prossima edizione le tappe più brevi saranno quelle con l’arrivo in salita.

«Il Tour of the Alps – ha detto Davide Cassani, presente in sala – ha trovato una forte identità, grazie ai percorsi impegnativi che contraddistinguono i territori. A questa gara non si arriva per prepararsi, ma per vincere. L’inizio della prima tappa non sarà morbido e già da qui si potrà capire chi potrebbe essere il favorito della gara. In generale le corse rispetto a un tempo sono molto più spettacolari e questo perché si punta maggiormente alla qualità, rispetto alla quantità. Bisogna puntare a offrire corse che siano belle da vedere, proprio come il Tour of the Alps».

Tivù, croce e delizia

Le tre settimane dei grandi Giri non si toccano e così pure i tapponi, su questo siamo d’accordo. Eppure le tappe troppo lunghe sembrano noiose, al punto di chiedersi se i corridori di una volta fossero davvero più battaglieri. La risposta probabilmente è no, tanto che le tappe leggendarie ricorrono in un numero limitato di racconti e il resto rimane nelle statistiche.

Quel che fa la differenza è la copertura televisiva. La diretta integrale mostra anche i momenti di presunta… fiacca, risulta soporifera e costringe i cronisti spesso a vere maratone. Ne abbiamo davvero bisogno? Quei chilometri sono alla base del cumulo di fatica che nei finali avvantaggia i corridori più solidi, ma non sono spettacolari. Si ha modo finalmente di apprezzare il lavoro dei gregari, ma lo spettacolo della corsa è quello dei finali. Né si può pretendere che si vada a tutta dalla partenza all’arrivo nel nome dello spettacolo.

E’ corretto che la televisione diventi la discriminante per la modifica dei percorsi e della loro lunghezza? E’ corretto che costringa gli atleti a barbari orari di corsa? Si comprende il costo dei diritti, ma la risposta è no.

Secondo Vegni sono le grandi distanze fra Nord e Sud a costringere il Giro a tappe molto lunghe
Secondo Vegni sono le grandi distanze fra Nord e Sud a costringere il Giro a tappe molto lunghe

«Per quello che propone dal punto di vista tecnico – ha commentato Mauro Vegni – il Tour of the Alps mette in luce i corridori veri e anche coloro che potranno pensare di presentarsi con ambizioni al Giro d’Italia qualche settimana dopo. Un identikit del prossimo vincitore? Sarà un campione assoluto, un grande scalatore. Quanto al Giro, l’esigenza di tappe più lunghe deriva dal fatto che l’Italia è allungata al centro del Mediterraneo. Per coprire il più elevato numero di regioni, non si possono fare tappe troppo brevi».

Le tappe di montagna del prossimo Giro sono tutte intorno ai 200 chilometri. Non sarà questo spauracchio a indurre i corridori a condotte meno garibaldine, in attesa dell’ultima salita?

Obiettivo sicurezza

E così il Tour of the Alps si gode il momento e va avanti nel segno della sua filosofia. Al suo fianco, Trentino Marketing e la partnership entusiasta con gli omologhi del Sud Tirolo e del Tirolo Austriaco, orgogliosi di dare la partenza alla corsa.

«Intendiamo proseguire – ha detto Maurizio Evangelista, General Manager (foto di apertura) – su una direzione tecnica che incarna la modernità del ciclismo. Il ciclismo di oggi è decisamente più spettacolare rispetto a quello del passato e si è spostata anche l’asse della carriera di un corridore. Ci saranno sempre più atleti precoci ed è giusto dar loro grandi sfide con le quali confrontarsi».

«Fra i capisaldi per noi – ha proseguito – c’è il tema della sicurezza. All’interno del nostro team organizzativo, è presente un nucleo tecnico che lavora tutto l’anno su questa tematica».

Fra le note più toccanti della presentazione, c’è stato l’intervento di Sonny Colbrelli. Il video ha mostrato un uomo ancora alle prese con una scelta di vita importante e dolorosa, ma sempre innamorato pazzo della bici e del ciclismo. Sonny in Trentino ha vinto il suo titolo europeo e nel raccontarlo aveva gli occhi lucidi. Probabilmente, neanche noi siamo pronti a restare senza di lui.