Gallina 2022

Gallina Ecotek Lucchini, ecco la nuova entrata continental

11.02.2022
5 min
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La storia della Gallina Ecotek Lucchini Colosio viene da lontano, considerando che la squadra bresciana è sì al suo quarto anno di vita, ma nasce da precedenti esperienze. E’ anche vero però che questa è una stagione nuova, diversa, di rinascita vera e propria perché il team lombardo approda nel folto numero delle formazioni italiane continental, cambiando con questo un po’ tutta la sua impostazione. Si fa un salto di qualità, o meglio si chiede ai ragazzi di farlo, per cercare di salire quell’ultimo gradino che dovrà portarli fra i professionisti.

Gallina gruppo 2022
Da sinistra Tsarenko di spalle, Gatti, Granados, Tomasoni e patron Gallina (foto Rodella)
Gallina gruppo 2022
Da sinistra Gatti, Granados, Tomasoni e patron Gallina (foto Rodella)

E’ stato un salto che il responsabile del team Cesare Turchetti aspettava da tempo: «Io lo avrei fatto subito, ho immediatamente sposato l’idea della federazione, perché solo tramite il calendario continental puoi davvero far crescere i ragazzi: farli correre nei piccoli criterium, nelle gare regionali ti dà vittorie ma non serve a lungo termine, fare le corse a tappe, confrontarli con i pro’ consente invece di fare i giusti passi avanti. Il problema è la disponibilità economica: gli organizzatori ci invitano, ma ci chiedono migliaia di euro di spese e questo è un problema».

Perché il calendario Under 23 non era più sufficiente?

Perché c’è un altro modo di correre. Ma la differenza la vedi anche andando all’estero, e io ho sempre portato la mia squadra a fare esperienza fuori, soprattutto in Francia. Io poi sono convinto che, piuttosto che correre e vincere qualche gara di livello regionale, i ragazzi abbiano bisogno di mettersi alla prova ripetutamente, le corse a tappe di 5-6 giorni devono essere il loro pane quotidiano, così com’è per le formazioni estere.

Gallina Ecotek 2022
La Gallina Ecotek Lucchini è al suo quarto anno, ma è il primo come team continental (foto Rodella)
Gallina Ecotek 2022
La Gallina Ecotek Lucchini è al suo quarto anno, ma è il primo come team continental (foto Rodella)
C’è una diversa qualità?

Non parlerei tanto di qualità perché i nostri ragazzi non sono inferiori. E’ il modo di correre che cambia: all’estero appena si parte si va ventre a terra, può sembrare anche folle dal punto di vista tattico, ma poi vieni a sapere che molti team utilizzano magari quella stessa gara come allenamento, solo che hanno scombinato i piani di qualcun altro. Per questo sono esperienze formative, devi saperti sempre adattare.

Che cosa ti attendi dalla stagione?

Un team come il nostro 7-8 vittorie deve raggiungerle e penso che le raggiungeremo, ma a me piacerebbe molto che qualche nostro ragazzo riuscisse a fare il grande passo. Penso ad esempio a Di Felice, tornato da noi quest’anno e che è il più esperto. Vorrei che i risultati consentissero ai nostri di mettersi in luce e fargli trovare un ingaggio, in un ambiente dov’è sempre più difficile visto che si guarda direttamente agli juniores…

Gallina 2021
L’ammiraglia della Gallina Ecotek Lucchini è pronta a ripartire, previste molte gare estere
Gallina 2021
L’ammiraglia della Gallina Ecotek Lucchini è pronta a ripartire, previste molte gare estere

Diesse Raimondi, presentaci i ragazzi

Cesare Turchetti ha messo in piedi un team di 14 elementi che avranno in Nevio Millo e Giancarlo Raimondi i loro direttori sportivi. Quest’ultimo, arrivato dalla Beltrami («Prima gara con il nuovo team e subito una vittoria, non potevo essere accolto meglio» ricorda) ha subito accolto con molto favore la scelta di passare fra le continental: «Cambia innanzitutto il prestigio, ma anche l’economia che comporta una scelta del genere. Hai la possibilità di fare esperienze con i pro’ e ti accorgi subito che è tutta un’altra storia… Tra gli Under 23 fai gare di 160 chilometri ed è finita lì, ma quando corri con i pro’, ti accorgi che dopo 160 chilometri la gara entra nel vivo, prima hai passeggiato. Se non ti abitui, non avrai la possibilità di passare».

Quali sono stati in questi tre anni i momenti più belli?

Ce ne sono stati tanti, ma non posso non citare la Coppa San Geo di Filippo Tagliani nel 2018 e la Coppa Città di Brescia dell’anno prima con il bielorusso Shumov. Per un team come il nostro che viene proprio da Brescia, significa aver vinto mondiale ed europeo, aver fatto felici gli sponsor e tutto l’entourage che gira intorno alla squadra.

Gallina San Geo 2018
Il successo di Filippo Tagliani alla Coppa San Geo 2018, una perla per il team (foto Piton)
Gallina San Geo 2018
Il successo di Filippo Tagliani alla Coppa San Geo 2018, una perla per il team (foto Piton)
Chi sono le punte della squadra?

Abbiamo elementi più esperti, come Davide Bauce al primo anno Elite e il già citato Francesco Di Felice, che dopo la vittoria in una tappa al Giro del Friuli nel 2019 ci ha lasciato per due anni, ma ora è tornato per fare il definitivo salto di qualità. Io dico che è talmente forte che non so ancora se sia più velocista o scalatore. Poi ci sono Andrea Gatti, Walter Calzoni e Matteo Pongiluppi che ha un potenziale pazzesco, io dico che tutti loro possono regalarci grandi soddisfazioni. Inoltre avremo anche tre stranieri, l’ucraino Oleksandr Shchypak che è un ottimo scalatore, il colombiano Sergio Granados e l’altro ucraino Kyrylo Tsarenko.

Che cosa cambia per loro quando si troveranno a correre con i team professionistici?

Molto, soprattutto mentalmente, quando in corsa ti ritrovi con gente che eri abituato a vedere in Tv senti scattare qualcosa a livello mentale e devi essere bravo a non farti suggestionare, a fare il tuo. Noi correremo in casa ma anche all’estero, perché i ragazzi, soprattutto coloro che vengono dagli juniores (i bresciani Riccardo Perani e Nicolas Borsarini, il cremonese Riccardo Tomasoni, il trevigiano Lorenzo Ferroni, il mantovano Diego Ressi e il cuneese Domenico Cirlincione) dovranno abituarsi subito.

Dove correrete e quali obiettivi ti poni?

Considerando la storia e la provenienza del nostro team, San Geo e Città di Brescia restano un riferimento, ma spero che sapranno distinguersi anche nelle gare principali, aspettiamo ad esempio l’invito alla Per Sempre Alfredo. Avremo molte occasioni per distinguerci, poi starà ai ragazzi farlo.

Garosio riparte dalle radici. Alla Biesse con Milesi e Nicoletti

07.02.2022
4 min
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Alla fine ce l’ha fatta. Andrea Garosio ha trovato una squadra e può continuare a fare il suo mestiere: correre in bici. Era ormai gennaio e quando tutto sembrava destinato a finire così, ecco arrivare la soluzione. Un soluzione “made in casa”, made in Brescia: il Team Biesse Carrera.

Andrea, dopo aver salutato la Bardiani Csf Faizanè, aveva continuato a pedalare. Si era persino comprato la bici, dopo aver riconsegnato la MCipollini al Greenteam. In fine dei conti, ci aveva detto: «Fino al 31 dicembre sono pur sempre un professionista».

Lo scalatore bresciano, classe 1993, è alla ricerca del riscatto
Lo scalatore bresciano, classe 1993, è alla ricerca del riscatto
E poi cosa è successo, Andrea?

E’ successo che io continuavo a cercare squadra, una professional. Poi quando mi sono aperto anche alle continental con il procuratore e i direttori sportivi abbiamo trovato questa soluzione. Ho valutato diverse opzioni e questa della Biesse secondo me era la migliore. E’ un progetto al cento per cento bresciano, con diesse bresciani, sponsor bresciani…

Bisognava cambiare insomma, dare una svolta anche nella vita, ripartire da casa, dalle radici: la Biesse Carrera è bresciana e tu sei bresciano…

Sì, esatto. Cercavo stimoli e chi mi desse fiducia. E adesso sono contento. In questo team sarò un po’ la chioccia. Anche se non sono vecchio! Posso portare ai ragazzi la mia esperienza fatta nel mondo dei pro’.

L’obiettivo è quello di tornare poi a livelli più alti, ai tuoi livelli?

Il mio motto è stato: faccio un passo indietro per farne due avanti. Qui mi danno il meglio per esprimermi. Ho trovato un ambiente davvero tranquillo, familiare, ma al tempo stesso preparato. Siamo stati in ritiro in Spagna per tre settimane. Cioè gli altri tre settimane, io li ho raggiunti un po’ dopo. Squadra piccola, insomma, ma fatta bene. I diesse, Marco Milesi e Dario Nicoletti, sanno davvero il fatto loro.

Garosio con Dario Nicoletti. Lui e Milesi guideranno i 13 ragazzi del Team Biesse Carrera
Garosio con Dario Nicoletti. Lui e Milesi guideranno i 13 ragazzi del Team Biesse Carrera
Beh, Milesi coi giovani ci sa fare…

Non lo conoscevo così a fondo. In passato ci si vedeva alle corse e ci si salutava, ma sapete, nella fretta non c’è mai stato modo di approfondire la conoscenza. Non mi sembra uno di quei diesse che appena sceso di bici “passa di là” e si trasforma. No, Marco si ricorda la vita del corridore. Capisce certe situazioni.

Facci un esempio di “certe situazioni”…

Se un giorno sei stanco perché hai lavorato molto e gli chiedi di fare un po’ meno ti viene incontro. O per esempio, l’altro giorno abbiamo sbagliato strada in allenamento e non si è incavolato. Ci ha fatto una risata su anche lui ed è finita lì.

Conosci già il tuo calendario? Il Coppi e Bartali, immaginiamo, sarà il tuo Giro d’Italia…

Il mio Giro sì! Partirò da Laigueglia, Per Sempre Alfredo, Coppi e Bartali e, se sarà confermato l’invito, andrò al Giro di Sicilia.

Che poi questa programmazione definita è quella che molti corridori di tante professional non hanno e finiscono per avere difficoltà. Di fatto ti devi sempre far trovare pronto, ma così facendo non sei mai al 101% e questo non va bene col ciclismo moderno…

Sicuramente rispetto all’anno scorso ho già un calendario più definito. Durante la stagione sapevo sempre all’ultimo quando sarei sceso in gara. Saperlo adesso invece mi rende più tranquillo. Prima, tante volte mi cambiavano programma all’ultimo minuto. Quest’anno potendo correre solo coi pro’ so già le gare che potrò fare. Vedrete che correrò più dell’anno scorso, almeno ad inizio stagione…

Garosio (a sinistra) in testa al gruppo. E’ già pronto a guidare i suoi giovani compagni
Garosio (a sinistra) in testa al gruppo. E’ già pronto a guidare i suoi giovani compagni
E facendo meno gare e anche un po’ più corte visto il calendario, cambia la tua preparazione?

Di base no, almeno rispetto alla scorsa stagione. Per esempio quando ho fatto il Giro d’Italia, ai tempi della Bahrain (2019, ndr), non sapevo che ci sarei andato. E poi avrei fatto il gregario, pertanto facevo meno lavori di qualità. Dall’anno scorso invece sono aumentati i lavori di qualità. Faccio più esplosività e infatti andavo meglio. E anche quest’anno ho continuato su questo filone e ho aumentato la parte in palestra. L’obiettivo è aumentare la forza.

E sul fronte dell’alimentazione?

La stessa. Negli anni ho imparato a conoscermi. Ecco, su questo aspetto e sull’allenamento, dò dei consigli ai ragazzi. Trovare il loro “mood” è il mio prossimo step per entrare in sintonia con loro.

Insomma, Andrea, responsabilità ma non pressione…

Esatto. Così mi piace. E poi io non sono vecchio, ho appena fatto 28 anni, ma cerco di immedesimarmi in loro. Di ricordarmi cosa mi passava nella testa alla loro età, degli errori che facevo…

Rivoluzione Beltrami TSA-Tre Colli, botta e risposta con Miodini

29.01.2022
5 min
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La Beltrami TSA-Tre Colli è una delle tredici continental che abbiamo in Italia. Tra l’altro siamo la Nazione al mondo che ne ha di più. Ma di certo la squadra emiliana è stata quella più rimaneggiata durante questo inverno. Ha cambiato tantissimi corridori e ha cambiato pelle, come vedremo con il suo diesse Roberto Miodini.

Di 13 corridori che avevano ne sono rimasti solo tre, Matteo Freddi, Andrea Piras e Thomas Pesenti. Una vera rivoluzione insomma. E proprio da qui iniziamo la nostra intervista.

Da sinistra: Roberto Miodini ed Enea Farinotti (foto Alberto Dellatana)
Da sinistra: Roberto Miodini ed Enea Farinotti (foto Alberto Dellatana)
Roberto, la Beltrami TSA–Tre Colli, ha cambiato tantissimi corridori. Come mai?

Perché una parte è andata via e perché abbiamo voluto rivedere alcune cose dei nostri corridori. La mia è una risposta politica! Volevamo che il numero dei nostri atleti scendesse un po’ e infatti adesso siamo 11. Una decisione presa perché con il Covid i tempi non sono facili e non sai cosa può succedere. E poi noi vogliamo fare bene una sola attività. Vogliamo correre da una sola parte e non su due fronti. Poi è capitato, e capiterà, che correremo da due parti ma di base meglio fare una gara sola e bene.

Risposta politica, ma cosa significa “rivedere alcune cose dei nostri corridori”?

Per esempio abbiamo scelto un ragazzo, Federico Ceolin, che viene dal ciclocross. E lui è un crossista puro, non un corridore che fa anche ciclocross. Sono scelte diverse, nuove per noi. Una scelta fatta anche perché c’è l’idea, ma non l’ufficialità, che il prossimo inverno la Beltrami TSA-Tre Colli faccia anche il cross.

Una bella apertura…

La stessa nell’aver preso Luca Cibrario. Lui aveva corso la Serenissima Gravel in azzurro. Si comportò bene e poiché crediamo che il settore possa avere uno sviluppo, ci siamo mossi anche in questa direzione. E poi altri atleti sono andati via di loro volontà. Tra chi voleva cambiare, chi voleva stare più vicino a casa, chi ha la scuola… Noi continental siamo una categoria border line tra il professionismo e il dilettantismo e tutte queste cose le dobbiamo valutare.

Insomma aria nuova…

Ad un certo punto rimetti in discussione tutto e così abbiamo intrapreso questo nuovo cammino. Poi può essere condivisibile o meno.

Lo scorso anno con voi c’era un diesse di grande spessore come Orlando Maini, come mai se ne è andato a metà anno?

Lui ha avuto l’offerta dell’Astana Qazaqstan Team e non ha mai nascosto la voglia di rientrare nel grande giro. E credo che abbiamo fatto un passo importante. Poi ognuno è libero di fare qualsiasi scelta. Se ci pensiamo bene è lo stesso discorso che c’è stato con Baroncini: ad un certo punto è voluto andare via ed è andato. Noi non teniamo nessuno controvoglia.

E questo cambia qualcosa per te, hai più margine di manovra come diesse, se così possiamo dire?

Sì e no, anche perché con Orlando eravamo alla pari, c’era una gestione condivisa. Non era come in certi team in cui c’è il diesse di prima e di seconda. Abbiamo sempre cercato di mantenere dei rapporti umani, che poi è così che dovrebbe essere in una continental, almeno per me.

Quindi, Roberto, oltre a te chi ci sarà?

C’è Enea Farinotti, direttore sportivo di lungo corso da queste parti in Emilia. Lui ha fatto già le prime tappe del Giro under 23 lo scorso anno. E poi, visto che faremo diverse gare in Est Europa, avremo l’appoggio di Ferenc Stubán, ex corridore ungherese.

Hai parlato di corse, che calendario ci dobbiamo aspettare dalla Beltrami TSA-Tre Colli?

Simile a quello degli altri anni. Avevamo anche preso delle informazioni per Besseges, ma poi le difficoltà relative al Covid ci hanno fermato e così inizieremo a fine febbraio alla San Geo. Faremo poi Laigueglia, la Coppi e Bartali, Larciano… Un calendario misto, fra dilettanti e professionisti. Alla fine non abbiamo scelto di fare la continental solo per averne la dicitura. Vogliamo portare i ragazzi in corse importanti.

Gravel e cross saranno due sbocchi per il team? Il meccanico Alessandro Brusa al lavoro per la Serenissima Gravel (foto Instagram)
Gravel e cross saranno due sbocchi per il team? Il meccanico Alessandro Brusa al lavoro per la Serenissima Gravel (foto Instagram)
Spiegaci meglio…

Perché vogliamo far fare ai ragazzi le giuste esperienze per crescere, portarli anche all’estero. L’esempio di Baroncini credo sia emblematico. Filippo è stato con noi due anni. Ha imparato a fare il corridore e al secondo anno non usciva mai dai primi cinque. Era chiaro che sarebbe stato il corridore della stagione successiva. Poi ha anche vinto il mondiale e ancora meglio. Ma è stato un bel passaggio per la sua crescita.

E’ questo il vostro obiettivo?

Noi vogliamo che chi esce da qui sappia fare il mestiere del corridore. E quando ci chiamano e ci dicono: «Sai che quel ragazzo che mi hai dato è bravo, sa fare il corridore», per noi è una vittoria. Sono questi i nostri successi, non ci importa vincere 40 corse. E’ anacronistico. Se volevamo vincere tante gare prendevamo 4-5 elite veloci, andavamo a fare i circuiti e il gioco era fatto.

Undici corridori, hai detto, i più giovani, Michael Vanni e Matteo Lovera, hanno 18 anni, il più “vecchio”, Luca Cibrario, ne ha 23: da chi dobbiamo aspettarci qualcosa? Magari al Giro U23? 

Per quel poco che ho imparato a conoscerli, visto che siamo una squadra tutta nuova, posso dire che tutti hanno delle buone potenzialità. Sarà difficile, molto difficile, soprattutto all’inizio della stagione fare bene e cogliere grandi risultati visto il calendario che facciamo, visto che correremo con la Ineos-Grenadiers! Ma credo che i ragazzi si porteranno dietro delle esperienze importanti e una buona gamba.

De Paolis: «La categoria under 23 è cambiata molto»

27.01.2022
4 min
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Si è parlato molte volte in questo periodo dell’argomento squadre continental e under 23 legato all’universo giovani ciclisti. Stefano Giuliani ci ha detto come gestisce la sua Giotti Victoria Savini-Due, squadra continental ma con ex professionisti in organico. Lo stesso ha fatto anche Matteo Provini della Petroli Firenze Hopplà, team under 23. Infine, chiamiamo a dire la sua anche Ivan De Paolis della Area Zero Proteam. Ivan ha fondato la squadra nel 2014, le cose sono cambiate negli anni, la sua è la più vecchia delle 13 continental italiane.

L’Area Zero Proteam è nata nel 2014, è la squadra continental più longeva d’Italia (foto Area Zero Proteam)
L’Area Zero Proteam è nata nel 2014, è la continental più longeva d’Italia (foto Area Zero Proteam)

Questione di numeri

«Nelle stagioni 2014 e 2015 correvamo solamente con i professionisti e l’età media dei nostri corridori era di 23 anni. Negli anni – spiega – questa si è abbassata notevolmente, basti pensare che nel 2020 era di 20,08, mentre la scorsa stagione di 20,83 (Ivan è un uomo ed un diesse molto attento ai numeri, ndr). Con l’abbassarsi dell’età media è cambiato anche il nostro approccio alle corse, dal 2016 in poi ho aperto il calendario a molte gare under 23».

Come mai?

I primi anni (2014 e 2015, ndr) lavoravamo anche con corridori di ritorno da sfortunate esperienze con le professional come Mosca (foto Area Zero Proteam in apertura) e Pasqualon. Con l’abbassarsi dell’età media, ci siamo accorti di come i ragazzi che affrontavano per la prima volta la categoria under 23 avessero bisogno di confrontarsi con i pari età.

Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon è stato il primo corridore rilanciato dall’Area Zero Proteam, nel 2014
Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon è stato il primo corridore rilanciato dall’Area Zero Proteam, nel 2014
Quindi avete aperto anche alle gare under 23.

Sì, nel 2016 ne ho messe solo 9 e tutte internazionali, come il Trofeo Piva o il Belvedere poi ho aperto anche a quelle regionali. Per un ragazzo di 20 anni non è possibile confrontarsi con i professionisti, rischi di non finire neanche la corsa. Ad onor del vero va detto che non ho sempre lavorato con corridori di primo piano…

Matteo Provini ha detto che questo modo di lavorare rischia di far sparire le squadre under 23…

Il vero cambio di rotta c’è stato quando Colpack Ballan e Zalf Euromobil Desirée Fior hanno fatto la squadra continental. Prima di quel momento i corridori non prendevano molto in considerazione questo genere di squadre. C’è modo e modo di fare le cose, noi abbiamo sempre fatto tutto in maniera graduale.

Jacopo Mosca è stato un altro corridore “rilanciato” da Ivan De Paolis, qui al Giro di Sicilia 2021
Jacopo Mosca è stato un altro corridore “rilanciato” da Ivan De Paolis, qui al Giro di Sicilia 2021
Prima ci si accorgeva se un corridore potesse fare questo lavoro nei dilettanti, ora lo si scopre tra i professionisti, infatti molti tornano indietro.

Le continental ora sono il termometro dello stato di salute del ciclismo italiano. Noi corriamo tre tipologie di gare: under 23, gare con squadre professional e gare con metà gruppo formato da WorldTour, come al Giro di Sicilia. In queste gare capisci se un corridore ha la stoffa e le qualità per fare bene tra i pro’.

Tu hai avuto tanti ragazzi nella tua squadra nel corso degli anni, cosa è cambiato maggiormente?

Devo dire che col passare del tempo è venuto sempre meno lo spirito di squadra, soprattutto nel 2020 e 2021. Infatti, nel ritiro che stiamo facendo in questi giorni ho optato per far stare i  ragazzi tutti insieme. 

Ci sono corridori che tornano nei dilettanti dopo brevi esperienze nel professionismo.

Mosca e Pasqualon sono quelli che ho avuto modo di vedere io, da quest’anno abbiamo preso anche Mattia Viel, reduce dall’esperienza in Androni (ora Drone Hopper Androni, ndr). Fa strano pensare che ha 26 anni e già stava per smettere. C’è da dire che la fretta ce l’ha imposta anche la società dove si vuole tutto e subito.

Mattia Viel dopo aver chiuso la sua esperienza all’Androni ha trovato spazio nella Area Zero Proteam, correrà su strada e gravel
Mattia Viel ha trovato spazio nella Area Zero Proteam, correrà su strada e gravel

Tutto e subito, con meno spirito di sacrificio

Si è sempre alla ricerca dei giovani campioni e questo porta corridori sempre più giovani tra i pro’. Sembra, però, che la vera fretta di cercare campioni ce l’abbiano le squadre professional, basti guardare l’esempio di Mosca e Pasqualon. Loro nelle professional sono stati scartati perché magari non erano dei corridori vincenti. Poi però una volta inseriti in un organico valido come quello di una squadra WorldTour sono diventati dei gregari di lusso.

«E’ una giusta considerazione – ci dice Ivan – anche se, a dire il vero, sono i ragazzi che non vogliono più fare i gregari. Sono pochi quelli che prendono in considerazione questo tipo di carriera, ma non possono vincere tutti e questo va ricordato. Nel ciclismo vince uno solo e la squadra forte si basa anche su gregari forti.

EDITORIALE / Juniores, U23, continental: il ciclismo all’italiana

24.01.2022
5 min
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C’è una gran confusione e ciò che stupisce è che chiunque venga interpellato offre della situazione un quadro differente. E’ tutto molto italiano, all’estero il problema neppure si pone. Il motivo è nella nostra storia secolare: lo stesso per cui a Roma non si può costruire una metropolitana senza incappare in ruderi che fermano i lavori e più in generale non si riesce a creare una rete di piste ciclabili, in città nate a misura di automobili. Nel ciclismo e nelle sue categorie è la stessa cosa. Si può scegliere di conservare oppure di buttare giù. Oppure semplicemente si può scegliere di fare le cose per bene.

«Le squadre continental in Italia – ha raccontato Matteo Provini – sono differenti dalle estere per un solo motivo: il numero di atleti pro’ che puoi tesserare. Da noi le continental ne possono avere al massimo due, all’estero non c’è un limite. Inizialmente queste squadre dovevano fare da cuscinetto tra il professionismo ed i dilettanti, un lavoro che svolge egregiamente la Giotti di Giuliani. Dovevano prendere corridori che per un motivo o per l’altro non erano riusciti a ritagliarsi lo spazio tra i pro’».

Far crescere i nostri

Ma quando mai? Le continental di seconda generazione (in apertura il CT Friuli) sono nate per dare un respiro e uno spessore maggiore alle squadre under 23 che per anni si erano arenate in una dimensione provinciale e in alcuni casi asfittica. Un’esigenza diventata urgente a fronte dei continui schiaffi che gli italiani prendevano nei contesti internazionali.

Questo non succedeva, tranne sporadiche eccezioni, perché gli azzurri corressero contro professionisti fatti e finiti, ma perché i coetanei delle continental straniere passavano l’anno misurandosi contro i professionisti. Dire che questo in prospettiva sia un bene è ancora un punto di domanda, ma di certo al momento di spingere sulle continental nessuno ha mai parlato di professionisti. Le poche squadre che continuavano e continuano a tesserarli galleggiano in un limbo strano. Le prime, nate ormai tanti anni fa, erano il modo di inseguire un professionismo a basso costo. Oggi la squadra di Giuliani si trova al centro del guado. Ha scelto da anni l’affiliazione in Romania per poter tesserare i professionisti che vuole e svolge il suo compito di restituire (forse) al ciclismo corridori che hanno smarrito la via, ma non lavora poi troppo nel senso dell’individuazione e lo sviluppo del talento.

La Colpack ha continuato in un calendario U23, ma ha proposto anche diverse esperienze tra i pro’
La Colpack ha continuato in un calendario U23, ma ha proposto anche diverse esperienze tra i pro’

Qualità o quantità?

Si può fare del gran ciclismo anche senza essere continental, questo deve essere chiaro. Fare però del gran ciclismo proponendo il confronto con i professionisti alza l’asticella. E questo, nel rispetto degli atleti, è innegabile. Secondo noi far debuttare un U23 di primo anno a Laigueglia e Larciano non è cosa corretta.

«Ci sono delle continental meno attrezzate di noi – prosegue Provini, diesse della Petroli Firenze – che vanno alle gare senza meccanico o massaggiatore. Noi ai ritiri abbiamo tutto lo staff al completo: massaggiatori, diesse, preparatori ed anche uno chef».

Questo è vero. Lo stesso Ruggero Cazzaniga, vicepresidente della FCI e primo sostenitore della spinta continental, si è reso conto che il numero di tali squadre probabilmente sia cresciuto troppo senza che ce ne sia la qualità. Si cresce bene anche nelle squadre under 23, a patto però che si lavori nel modo giusto, smettendo di propugnare teorie di allenamento e alimentazione ferme agli anni 80. Sarà anche per questo che i manager delle squadre pro’ vanno a fare… la spesa negli juniores?

Anche la Zalf Fior è infine diventata continental: la squadra nel 2021 alla Per Sempre Alfredo
Anche la Zalf Fior è infine diventata continental

La malattia juniores

«Siamo appena tornati dalla Spagna dove abbiamo fatto il giro di atleti e team manager – ci scrive un procuratore – sono tutti d’accordo sulla malattia degli juniores. Però continuano a farlo e a prenderli. Non guardano nemmeno bene chi siano, basta che siano juniores. Perché sennò magari arriva qualcun altro e li fa firmare».

Cosa c’è dietro questa… malattia, oltre all’ansia di pescare il nuovo Evenepoel? C’è probabilmente la sensazione che, fatte salve poche realtà, in queste squadre under 23, siano esse continental o vecchia maniera, i corridori vengano gestiti senza prospettive ben definite. L’attività possibile con i professionisti in Italia è risicata e ben poche di queste squadre hanno il budget e l’intenzione di andare all’estero. La continental ben fatta accelera i tempi, altrimenti non dà particolari vantaggi. Certo, si potrebbe far firmare il ragazzo in anticipo e concordarne la gestione, ma questo è un tasto che difficilmente (purtroppo) si riesce a suonare.

Pogacar, qui terzo agli europei 2016 juniores ha corso per due anni in un continental slovena prima di andare alla UAE
Pogacar, qui terzo agli europei 2016 juniores ha corso per due anni in un continental slovena prima di andare alla UAE

Il rischio di arenarsi

Le parole di Lorenzo Germani sul fatto che in Francia i corridori della continental siano assunti come professionisti sgombra il quadro da ogni dubbio. Chiaro che avere dietro un team WorldTour semplifichi parecchio la vita, ma quanti di coloro che oggi gestiscono una continental sarebbero in grado di garantire questo tipo di assunzione?

Basterebbe imporre delle regole chiare per scremarne il numero. E poi lavorare in modo serio. La Lotto Soudal Development non è continental, eppure fa un gran bel ciclismo. Anche Provini fa degnamente la sua parte. Possiamo dire la stessa cosa per tutti? Oppure se ci mettessimo a scavare prima o poi troveremmo qualche rudere e saremmo costretti a fermarci?

Intanto siamo ripartiti dalla Spagna con la vittoria di Lonardi, grande velocista fra gli under 23 e poi lasciato scivolare verso l’uscita nei tre anni successivi. La Eolo-Kometa ci ha creduto. Chissà cosa penseranno quelli che lo avevano già archiviato…

Provini: «Le squadre U23 spariranno e la FCI non ci tutela»

22.01.2022
4 min
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Continua il nostro viaggio tra i dilettanti, le parole di Oscar Gatto in una nostra recente intervista ci hanno fornito un bello spunto: «Un secondo problema sono le squadre continental – aveva detto Oscar – ce ne sono davvero tante ed accelerano anche loro il processo di crescita dei giovani».

Pensandoci bene le squadre continental sono tante e portano via corridori a quelle under 23, ma dove finiremo? La domanda la poniamo a Matteo Provini, diesse della Petroli Firenze Hopplà.

«Le squadre continental in Italia sono differenti dalle estere per un solo motivo: il numero di atleti pro’ che puoi tesserare. Da noi le continental ne possono avere al massimo due, all’estero non c’è un limite. Inizialmente queste squadre dovevano fare da cuscinetto tra il professionismo ed i dilettanti, un lavoro che svolge egregiamente la Giotti di Giuliani. Dovevano prendere corridori che per un motivo o per l’altro non erano riusciti a ritagliarsi lo spazio tra i pro’».

Matteo Provini con Orlando Maini, in una foto del 2018 quando erano entrambi alla Petroli Firenze-Hopplà (foto Scanferla)
Provini in una foto del 2018 con la… maglia Petroli Firenze-Hopplà (foto Scanferla)
Ora però sono tante ed hanno molti corridori, anche under 23.

Sono diventate uno specchio per le allodole, promettono di correre con i pro’ ma quante gare fanno effettivamente con loro? Vi rispondo io: poche. Che senso ha fare due gare con i pro’ ed il resto della stagione a fare gare con i dilettanti, cosa imparano i ragazzi?

Si pensa di avere più occasioni per mettersi in mostra…

Se uno va forte lo fa anche alla Petroli Firenze Hopplà. Io ho lanciato più di venti corridori nel professionismo: Vlasov, Sobrero, Ganna, Marezcko… e tutti si sono messi in mostra con una squadra under 23. E’ diverso se una squadra WorldTour fa la continental.

Il team Petroli Firenze-Hopplà festeggia la vittoria di Nencini alla Firenze-Empoli
Il team Petroli Firenze-Hopplà festeggia la vittoria di Nencini alla Firenze-Empoli
Come mai?

Perché loro prendono corridori che ritengono interessanti, ma non ancora pronti a correre con i pro’ e li fanno crescere in una squadra strutturata. Ci sono delle continental meno attrezzate di noi, che vanno alle gare senza meccanico o massaggiatore. Noi ai ritiri abbiamo tutto lo staff al completo: massaggiatori, diesse, preparatori ed anche uno chef.

Non tutte le squadre under 23 però sono così attrezzate…

Vero, e qui si deve fare un’autocritica. Non ci si può lamentare che ti rubano i corridori e poi ci si presenta con lo stesso staff di 20 anni fa.

Le squadre continental saranno anche uno specchio per le allodole ma qualcuno ce le ha fatte diventare.

Infatti io non ce l’ho con loro, chi ha una squadra è un imprenditore e deve seguire le leggi del mercato. Ci dovrebbe essere qualcuno che dall’alto tenga tutto in ordine: la Federazione Ma qui al posto che progredire si è tornati indietro.

Spiegati meglio.

La nostra squadra quest’anno in classifica nazionale era quarta, ci sono 13 continental, sono finite tutte dietro. Ci dovrebbe essere più meritocrazia, anche perché i ragazzi sono attratti dal nome e dicono «Vado in tale squadra perché vinco». Bisogna anche ricordarsi che sono i corridori a vincere, non le squadre. Un’altra cosa: una volta per passare pro’ c’era una graduatoria e passavano corridori con 150-160 punti, ora passano ragazzi con 40.

La colpa però è di chi permette tutto questo: procuratori, squadre, Federazione, anche i genitori…

Si va a cercare il fenomeno negli junior facendolo passare pro,’ ma come fai a scommettere su un ragazzo così giovane? Però lui giustamente vuole andare in quelle squadre perché è attirato dal nome, dovrebbe essere chi gli sta accanto a consigliarlo in maniera saggia.

Luca Pacioni, Matteo Provini
Matteo Provini con Luca Pacioni che quest’anno è rimasto senza squadra (foto Scanferla)
Luca Pacioni, Matteo Provini
Matteo Provini con Luca Pacioni che quest’anno è rimasto senza squadra (foto Scanferla)
La saggezza è un lusso di questi tempi.

Vero. Di questo passo le squadre under 23 rischiano di sparire, e dove andranno a prendere i corridori le continental?

Ci siamo già risposti prima a questa domanda, tra gli junior…

Ditemi voi se questo è il modo di far lavorare i ragazzi. Poi tra gli junior ci sono troppe variabili: lo sviluppo, la scuola… Che ne sappiamo se un corridore fa più fatica ad emergere da junior perché pensa a finire bene la scuola?

Così rischiamo che i ragazzi trascurino la scuola per concentrarsi sulla bici e la fanno diventare un lavoro, ma a 17 anni il ciclismo dovrebbe essere un divertimento.

Ritornare alle classifiche per decidere quali corridori possono passare pro’ sarebbe la soluzione?

In realtà io metterei anche una classifica per le squadre, come fa l’UCI per le WorldTour, se non ottieni risultati rischi di perdere la categoria, vedi la Cofidis. Non è giusto che si possa creare la squadra continental solamente pagando, si dovrebbe meritare tale titolo.

Dalla Valle e Monaco: alla Giotti Victoria per ritrovarsi

14.01.2022
4 min
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«Io sono un Bastian contrario nel ciclismo, ho le mie idee e nessuno me le toglie». A parlare è Stefano Giuliani, diesse e non solo della Giotti Victoria. Il suo è un team continental “atipico”, così lo definisce. La personalità non gli manca, chi lo conosce bene lo sa.

«Ho un mio modo di vedere e di intendere il ciclismo, non piace a tutti, ma a me sì. Anche con i corridori ho un rapporto diverso. Sulla bici non ci sono alibi o scusanti, anche io sono stato corridore, è una categoria che tende a nascondersi dietro a tante scuse…»

Il Team Giotti Victoria al via del Trofeo Laigueglia del 2020 (foto Scanferla)
Team Giotti Victoria al via del Trofeo Laigueglia 2020 (foto Scanferla)
Partiamo dal principio, come mai vi ritenete un team atipico?

Puntiamo su un calendario di corse internazionali legate alla categoria elite. Non disputiamo gare under 23, è una cosa che non ci interessa.

Come mai?

Io arrivo da tanti anni di esperienza nel professionismo, sono sempre stato abituato a lavorare in un certo ambiente, non riuscirei a rendere allo stesso modo. Mi piace lavorare con i corridori che hanno qualcosa da dimostrare, che vogliono rilanciarsi, con gente che ha fame.

E’ nata con questo intento la squadra?

Le situazioni che hanno contribuito alla nascita di questa squadra sono tante e delle più disparate. Volevo fare un team mio dove applicare i metodi che ritengo più giusti. Abbiamo sempre avuto corridori più grandi o maturi, ma con una caratteristica di base: la voglia di rivincita.

Stefano Giuliani ha sempre avuto una personalità esuberante
Stefano Giuliani ha sempre avuto una personalità esuberante
Come Dalla Valle e Monaco?

C’è da fare una premessa importante: noi non cerchiamo nessuno, sono i corridori a chiedermi di venire qui. Sono uno che parla apertamente e non si nasconde dietro false promesse per accaparrarsi il giovane di turno.

Come si allestisce la squadra?

Prima cosa conosco i corridori, ci parlo e faccio subito capire come si lavora qui. Io non obbligo nessuno a restare o a fare le cose, sono molto aperto, faccio correre i ragazzi come meglio credono. Devono essere loro a capire che l’unione fa la forza e che a volte è meglio aiutare un compagno che cercare un risultato. Siamo una squadra piccola che lotta con le grandi, bisogna remare tutti dalla stessa parte e chi non lo fa può scendere dalla barca, questo i miei corridori lo sanno.

Perché andare a lottare con i più grandi?

Come detto prima: a me piace recuperare i corridori che si sono “persi” o che vogliono dimostrare al mondo che valgono. Sono uno che ama le sfide, a volte mi fermo e penso ma chi me lo fa fare. La risposta è un po’ di sana follia e tanta, anzi, tantissima passione. Il ciclismo oggi è un po’ impazzito, non è possibile che a 23 anni un corridore smetta, e qui rispondo alla domanda di prima: perché Monaco e Dalla Valle.

Ritiene quindi che si stia esagerando nella ricerca dei talenti?

I corridori giovani quando vincono da junior o under 23 si sentono tutti dei fenomeni, poi ti scontri con la realtà e fa male. Da me i corridori non vengono trattati come campioni, ma come degli esseri umani… A volte sono rigido ma cerco di essere sempre un buon diesse, una figura paterna quando serve.

Quindi loro due, Monaco e Della Valle, li ritiene validi?

Sì, altrimenti non sarebbero qui. Dalla Valle ha fatto uno stage con una WorldTour (UAE Emirates, ndr) e poi due anni con una professional (Bardiani, ndr). Fa strano pensare non abbia trovato una squadra… Monaco, invece, ha corso poco nel 2020, poi ha preso il covid la scorsa stagione, ma alla Adriatica Ionica Race era andato forte e così dopo due giorni di colloquio qui a Pescara ho capito che avrebbe fatto al caso nostro.

Stefano Giuliani prima di fondare il team Giotti Victoria è stato diesse della Nippo Vini Fantini, qui al Giro d’Italia 2015
Giuliani prima di fondare il team Giotti Victoria è stato diesse della Nippo
Un calendario ampio ed internazionale come si costruisce?

E’ sempre più complicato, la cancellazione delle corse ha obbligato le squadre WorldTour a ripiegare su altre gare e per le professional o le continental c’è sempre meno spazio. Trovare gli sponsor è, anche questo, un lavoro difficile. Le aziende hanno altri problemi, poi le squadre WorldTour hanno alzato ancor di più l’asticella.

Più investimenti per loro vuol dire farne di più anche per gli altri per rimanere al passo.

E’ evidente, prima le squadre continental o professional se la cavavano con un budget più ristretto. La forbice si sta allargando, è come nel calcio, le prime 6-7 squadre hanno un budget e fanno un certo tipo di lavoro, le altre si arrangiano.

Rebellin pronto a ripartire: «Forse per l’ultima volta»

12.01.2022
4 min
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A che età si smette di correre in bici? C’è chi lascia prima dei 35 anni, svuotato della passione e dai mille impegni: ritiri, gare, eventi… Chi superati i 30 riscopre una seconda giovinezza e trova energie nascoste per rilanciarsi. C’è un corridore, però, che la passione non l’ha persa mai e neanche la voglia di rimettersi in sella. E’ Davide Rebellin, che si appresta ad iniziare un’altra stagione: la voglia non manca, nonostante la sfortuna ne abbia condizionato l’inizio. A settembre, infatti, Davide ha subìto un grave infortunio al Memorial Pantani (foto di apertura): frattura esposta di tibia e perone, “sistemata” con due placche e qualche vite.

Davide Rebellin, 50 anni è alla sua seconda stagione alla Work Service
Davide Rebellin, 50 anni è alla sua seconda stagione alla Work Service
Ciao Davide, come stai?

Bene, il recupero procede abbastanza rapidamente, domani (giovedì, ndr) ho una radiografia che mi dirà se sono pronto a riprendere l’attività agonistica a pieno.

Eri tornato quasi subito a pedalare…

Sì, sotto parere medico avevo iniziato a fare qualche sgambata già dopo una quarantina di giorni dall’infortunio. Ho ancora qualche problema con la mobilità della caviglia, la pedalata non è “rotonda” come dovrebbe essere.

Con i nuovi compagni ti sei già allenato?

Purtroppo non ancora, ci siamo visti qualche giorno fa per la consegna dei materiali e per le visite mediche. Loro si sono allenati insieme a Padova un paio di giorni ma ho preferito evitare.

Nicola Venchiarutti, Genting Highlands, Tour de Langkawi 2020
Nicola Venchiarutti torna in una continental dopo due anni passati all’Androni
Nicola Venchiarutti, Genting Highlands, Tour de Langkawi 2020
Nicola Venchiarutti torna in una continental dopo due anni passati all’Androni
Perché?

A causa della caviglia, ho un po’ di timore ad allenarmi in gruppo perché non posso appoggiarla a terra mentre pedalo. Stare in gruppo vorrebbe dire esporsi a dei rischi in quanto non puoi controllare tutto, ho deciso di allenarmi da solo in questo periodo, mi sento più sicuro.

Compagni e diesse ci hanno detto che Mallorca sarà il primo ritiro stagionale con delle gare annesse, ci sarai?

Al ritiro sicuramente, mi piace stare accanto ai miei compagni, anche dopo l’infortunio li ho seguiti spesso alle corse. Per dire che mi allenerò con loro devo aspettare ancora qualche radiografia di controllo. Di correre, ahimé, se ne parlerà ad aprile o maggio.

In squadra quest’anno sarete due ex professionisti: tu e Nicola Venchiarutti, due carriere differenti, come gli obiettivi stagionali.

Vero, Nicola l’ho conosciuto, ma ci ho parlato poco…

Lui arriva dall’Androni, ora Drone Hopper, dopo due stagioni non facili. Vorrà sicuramente riconquistare il mondo dei pro’, che consigli ti sentiresti di dargli?

Innanzitutto, penso abbia fatto bene a prendersi una seconda occasione. Deve crederci, partendo con grinta e coraggio, il calendario c’è e le occasioni di conseguenza. Alla fine, la Work Service fa un calendario quasi paragonabile ad una squadra professional, anche come struttura societaria. Qui “bussano” tanti ragazzi in cerca di una seconda occasione, spesso scrivono e chiedono direttamente a me.

Sanno che sei una figura importante all’interno della squadra…

Sì, quello che dico ha un peso. Certamente non decido io, però qualche consiglio mi sento di darlo. Anche perché non potrò mica correre in eterno.

Davide Rebellin tornerà alle gare probabilmente tra aprile e maggio per entrare in condizione nella seconda metà della stagione
Davide Rebellin tornerà alle gare probabilmente tra aprile e maggio
La tua carriera si avvicina alla conclusione?

Questa, molto probabilmente, sarà la mia ultima stagione. Doveva esserlo la scorsa ma non mi andava di lasciare dopo un infortunio.

La Work ha una struttura paragonabile ad una professional, si è mai pensato al salto di categoria?

Secondo me è una cosa che si sta costruendo a poco a poco. Prima hanno messo delle solide basi con un team continental di tutto rispetto. Diventare professional sarebbe bello, servirebbe sicuramente un secondo sponsor, magari italiano…

E tu ti vedresti nei panni di diesse?

No, in questo ruolo non mi ci vedo, mi piace di più dare consigli… Forse sono più adatto ad un ruolo manageriale o solamente da “consigliere”.

Work Service, tanti corridori e ambizioni. E il calendario?

04.01.2022
4 min
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Coordinare una squadra non è un lavoro semplice, bisogna far combaciare le esigenze del team, degli sponsor e degli atleti. Ciò su cui una squadra basa il proprio lavoro ed imposta gli obiettivi della stagione è il calendario. La Work Service è una continental che ha sempre avuto un calendario di primo piano con molte gare in Italia ed all’estero (in apertura nella foto Scanferla).

Per diversi motivi quest’anno nella squadra del presidente Levorato ci sono tanti corridori che hanno bisogno ed anche voglia di mettersi in mostra. Alcuni li abbiamo incontrati: Plebani, Lucca e Venchiarutti. Ilario Contessa ci spiega come si coordinano gli impegni del suo team e non è affatto semplice.

Work Service 2020
La Work Service ha un calendario ampio, dove inserisce corse regionali per dare spazio agli under 23 (foto Scanferla)
Work Service 2020
Il calendario della Work ha anche gare regionali per far correre e crescere gli under 23 (foto Scanferla)
Innanzitutto, come si prepara il calendario delle corse?

Nel nostro caso si parte dalle gare con i professionisti, una volta inserite si passa alle corse 1.2 come il Trofeo Piva o la Popolarissima. Solo all’ultimo, per completare il calendario senza lasciare buchi, si inseriscono le gare nazionali e regionali under 23.

Un lavoro complicato…

Certamente nello stilare il calendario si è dato più spazio alle gare elite che a quelle under 23 vista la profondità della nostra rosa. Infatti in squadra abbiamo 8 corridori elite e 9 under 23. Noi crediamo che la forza di una squadra sia sì il gruppo, ma anche la varietà di persone che ci sono all’interno.

Considerando anche le diverse esigenze dei corridori che avete in squadra.

Sono tante e vanno gestite tutte con la stessa importanza: dal corridore che è al primo anno negli under 23 all’ex professionista come Venchiarutti che vuole riscattarsi. Fino ad arrivare ad un elite che si vuole giocare le ultime chance per passare di categoria.

Nicola Venchiarutti è il secondo ex pro’ nella rosa del team Work Service, l’altro è Davide Rebellin
Venchiarutti è il secondo ex pro’ nella rosa del team Work Service, l’altro è Rebellin
Come si incastrano queste esigenze?

Si parte tutti dallo stesso punto, la condizione. A fine gennaio andremo a Mallorca per fare un po’ di gare tutte ravvicinate. Approfitteremo per fare un ritiro e lavorare tutti insieme, poi 10-11 corridori si alterneranno per correre mentre gli altri, cioè quelli che riterremo più indietro di condizione, si alleneranno.

Il calendario è ampio, ma le corse di rilevanza internazionale sono poche, come si trova l’equilibrio?

Qui dovremo essere bravi noi diesse a motivare i ragazzi e far capire che bisogna lavorare per la squadra. Come giustamente sottolineate, gli obiettivi dei corridori sono diversi. Proprio per questo magari verranno raggiunti in momenti distinti della stagione e ci potremo concentrare sui ragazzi che ancor dovranno cercare di imporsi. E’ ovvio che la volontà di tutti è mettersi in mostra, ma in una squadra esiste anche la meritocrazia e i risultati si ottengono con applicazione in allenamento e dedizione al progetto prima ancora di guardare gli interessi personali.

Senza dimenticare gli under 23 che se meritevoli vanno fatti correre…

L’equilibrio è delicato, ma solo con corridori ambiziosi e forti una squadra riesce ad essere competitiva. Abbiamo due o tre ragazzi interessanti, ovviamente partiranno da corse di categoria, ma non è detto che non possano fare anche gare tra i pro’. Uno degli appuntamenti più importanti per gli under sarà il Giro d’Italia, non sono ancora stati distribuiti gli inviti, ma siamo fiduciosi.

Ci hai detto che la forza è nel gruppo, come si crea una squadra unita?

Stiamo facendo molti incontri, alcuni in giornata o anche di due o tre giorni consecutivi. La mattina ci alleniamo, cosa fondamentale per conoscersi e per capire come si muovono i corridori quando sono in gruppo insieme. Nel pomeriggio invece, si passano dei momenti tra di noi, si parla di tutto, ma anche del calendario e degli impegni futuri.

Ilario Contessa vuole costruire un gruppo affiatato e coeso dove tutti i corridori possano mettersi in mostra (foto Scanferla)
Ilario Contessa vuole costruire un gruppo affiatato e coeso(foto Scanferla)
Si vedono ormai tanti corridori tornare nelle continental dopo una parentesi con i pro’, come si lavora con questi ragazzi?

Immagino vi stiate riferendo a Venchiarutti… Il lavoro da fare è mentale, si deve ridare sicurezza e tranquillità. La voglia Nicola ce l’ha, ha dimostrato di averla anche dai primi colloqui fatti.

Lui arriva dalla Androni, una squadra che ha un rapporto diretto con voi. Credi sia possibile per un corridore ritornare tra i pro’ una volta uscito dal giro?

Tutto è possibile, Ballan è passato professionista a 25 anni e ha vinto un mondiale. Certo che se iniziamo a considerare un ragazzo di 23-24 anni vecchio non li aiutiamo. E’ una moda o forse il futuro, non lo so. C’è da dire che anche io ho sperimentato questa sensazione sulla mia pelle.

In che senso?

Quando io sono passato under, i corridori che entravano nel mondo del professionismo erano gli elite. Poi è arrivata la generazione tra l’85 e l’86 e anche molti di loro sono passati professionisti giovani…