Casasola, il cross e le scelte necessarie: smettere o continuare?

13.11.2024
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In Belgio ci sono dieci gradi, come in Friuli. Ogni tanto piove e questo ha portato fango sui sentieri. Domenica a Niel ne hanno preso tanto, sorride Sara Casasola, arrivata quarta nel Superprestige vinto da Ceylin Alvarado (foto Instagram in apertura). Siamo di nuovo alla sua porta, avendo già parlato con lei pochi giorni fa della nuova squadra, per cercare di capire l’approccio degli atleti italiani al cross. Quando bici.PRO andò per la prima volta online era d’autunno nell’anno del Covid e il cross fu una delle prime specialità che seguimmo assiduamente. E proprio il gruppo delle ragazze era popolato da nomi che imparammo a conoscere. Francesca Baroni, Gaia Realini, Sara Casasola e Silvia Persico.

A distanza di quattro anni, Gaia Realini è passata in pianta stabile su strada. Francesca Baroni fece l’esperimento, andando anche bene, poi si è trasferita a sua volta in Belgio correndo quasi esclusivamente nel cross. Silvia Persico è stata dirottata su strada già dallo scorso inverno. Mentre Sara Casasola resiste nel cross, passando però nel frattempo nel gruppone Alpecin, che le consentirà di correre anche su strada. Il suo compagno Davide Toneatti, fresco di firma con l’Astana e fino agli U23 ottimo azzurro nel cross, ha appeso quella bici al chiodo.

Francesca Baroni, Sara Casasola, Lecce 2021
Campionati italiani di Lecce, gennaio 2021: vince Baroni, seconda Realini, terza Casasola che qui si congratula
Francesca Baroni, Sara Casasola, Lecce 2021
Campionati italiani di Lecce, gennaio 2021: vince Baroni, seconda Realini, terza Casasola che qui si congratula
Perché in Italia arrivi al punto che il cross devi lasciarlo? A un certo punto va fatta una scelta tecnica?

Diciamo che adesso dipende tanto dalle squadre. Io ho la fortuna di averne trovata una che mi fa fare entrambe le discipline, quindi ovviamente ho più libertà. Nella Lidl-Trek di Gaia (Realini, ndr) c’è chi continua a fare cross, però lì forse sta all’atleta decidere dove va meglio. Lei ha fatto delle stagioni su strada veramente impressionanti e penso che a quei livelli fare anche il cross sarebbe una limitazione. E’ andata forte nelle classiche, è andata forte nei Grandi Giri, è andata forte a fine stagione quindi non si può pretendere altro. Mentre nel caso di Silvia (Persico, ndr), probabilmente la decisione è stata dettata dalla squadra e anche dai risultati che ha fatto su strada. Parliamo di atlete che hanno fatto risultati a livello WorldTour. Nel mio caso, la squadra punta molto sul cross, essendo nel gruppo delle squadre migliori. Però mi lasceranno anche fare una bella attività su strada e questo è fra i motivi che mi hanno spinto a venire qui.

Puntando tanto sul cross sanno gestire meglio gli atleti?

La strada fa bene ed è anche bello farla ad alto livello, magari non per tutta la stagione. Non è facile conciliare entrambe le stagioni e può capitare che l’atleta sia costretto a fare delle scelte, come Gaia e Silvia. Non puoi arrivare dappertutto, altrimenti fai due anni forte su strada e nel cross e poi il terzo ti spegni e ti raccolgono con un cucchiaino. Purtroppo con il livello che c’è adesso, vai a tutta l’inverno, a tutta l’estate e non hai più una fase di riposo: non sono da biasimare gli atleti che preferiscono una disciplina all’altra. Ognuno ha le sue dinamiche, ognuno conosce le sue caratteristiche e dove può rendere meglio. Detto questo, è brutto veder smettere atleti che andavano forte nel cross. Ne parlavo dopo l’europeo, avere avuto anche Silvia davanti sarebbe stato bello. Sarebbero entrate in gioco dinamiche di squadra e sarebbe stato meglio essere in due a battagliare, piuttosto che da sola.

Hai mai avuto la tentazione di fare un anno solo su strada, mollando il cross?

Diciamo che finora non ho mai ottenuto su strada dei risultati che mi consentano di fare questo ragionamento. Però il prossimo anno farò gare differenti e vediamo come andrà con una squadra migliore a livello tecnico e di gestione. Per come sto andando ora nel cross, non è mia intenzione abbandonarlo.

Gennaio 2023, Casasola conquista il tricolore donne elite a Cremona. Ad applaudirla c’è Davide Toneatti
Gennaio 2023, Casasola conquista il tricolore donne elite a Cremona. Ad applaudirla c’è Davide Toneatti
Perché Davide Toneatti ha scelto di mollarlo?

Si è dispiaciuto per la scelta, perché nell’ultimo anno U23 è andato molto bene. Però è entrato in una squadra come l’Astana e, in quel caso, se non prendi la palla al balzo, non passi professionista. Nei maschi conciliare le due attività è ancora più difficile. Lui poi come caratteristiche fisiche è un po’ un diesel, quindi magari esce fuori meglio nelle gare lunghe, dure, logoranti. Nel cross andava forte, perché l’ultima volta ha quasi fatto il podio all’europeo, però sono valutazioni personali. E’ stata una scelta giusta, poi vedremo come andrà in questi anni, ma deve provare. Ha dovuto prendere una decisione immediata e in certi casi devi essere sveglio e buttarti. Se poi non andasse, ha sempre il tempo di tornare indietro e fare nuovamente il cross. E’ brutto da dire, sembra quasi che il cross sia lì e puoi farlo quando vuoi, però il livello su strada è alto e c’è tanta concorrenza.

Per gli uomini è più difficile?

Per noi è più semplice. Dopo il mondiale l’anno scorso c’è stato l’interesse di più di qualche squadra, che comunque mi avrebbero aiutato a conciliare entrambe le discipline. Nei maschi invece c’è Alpecin e poi quali altre squadre WorldTour fanno la doppia attività? Forse la Trek con un paio di atleti e la Visma con Van Aert e Van Empel. Adesso hanno preso qualche altra ragazza giovane, ma sempre di ragazze si tratta. Più che altro il problema negli uomini è che quelli che fanno attività WorldTour adesso stanno già preparando la strada e devono pedalare. Nelle donne c’è ancora lo spazio per fare il cross, staccare un attimo, rientrare e andare comunque forte. Penso alla Pieterse e la stessa Persico quando facevano ancora cross. Negli uomini ci sono più numeri, quindi se salti un mese perché hai fatto il cross, magari perdi il posto perché c’è un altro che va più forte di te. Mentre nelle donne, se una va forte nel cross, vuol dire che il motore ce l’ha e viene tenuta da conto anche su strada.

Il risultato è che appena i migliori U23 italiani passano professionisti, lasciano il cross e presto non avremo più atleti elite per europei e mondiali?

E’ una dinamica un po’ particolare. Agli europei abbiamo visto che i giovani italiani vanno forte, poi sta tutto alle società e nell’avere attorno le persone giuste. Trovare le squadre che ti fanno fare la multidisciplina. La mentalità si sta aprendo, però ci sono tante dinamiche ed è molto personale. Entrano in gioco anche i soldi. Uno potrebbe chiedersi: perché devo fare la fame a correre nel cross, quando a vent’anni posso prendere anche centomila euro nel WorldTour? E’ quello che ingolosisce i ragazzi e lo capisco pienamente.

La strada e la pista si svolgono nella stessa stagione, il cross d’inverno. Qui Venturelli, che li fa tutti e tre
La strada e la pista si svolgono nella stessa stagione, il cross d’inverno. Qui Venturelli, che li fa tutti e tre
Forse c’è un po’ più di elasticità nei confronti della pista.

Non so niente di pista a livello tecnico, ma forse è più facile da conciliare con la strada. Le gare sono sparpagliate durante la stagione e magari il corridore in condizione fa qualche richiamo specifico e può ugualmente vincere. Invece il cross ti porta via quattro mesi in cui sei focalizzato su quello e devi guardare a quello. Perdi volume, non stacchi perché noi corriamo nel periodo in cui gli altri staccano. E’ proprio il periodo della stagione che non ti aiuta a conciliare bene le due cose. Devi valutarla bene e per questo sono contenta di essere entrata in questo gruppo. Adesso si fa il cross. Poi si valuta come recuperare e quando entrare al meglio su strada. Non cercano di finirti, perché sanno che è impossibile fare due stagioni ad alto livello nello stesso anno. 

Essendo venuta in Belgio, hai cambiato qualcosa nella preparazione?

Più che gli allenamenti, ho cambiato coach. Me ne è stato assegnato uno della squadra, ma non ci sono grosse differenze da quello che facevo prima. Forse un po’ più di intensità, ma soprattutto nell’allenamento specifico di cross. Quando sono in Belgio, il mercoledì abbiamo sempre un allenamento di cross da un’ora e mezza, due ore. Fai solo quello, ti alleni in gruppo quindi anche l’intensità è più alta. E hai dei coach appositi che ti dicono cosa fare e come, che ti correggono. Anche quello secondo me aiuta tanto. Magari su strada fai più o meno gli stessi lavori, però l’allenamento di gruppo fa la differenza. Anche volendo, quando ero a casa facevo il mio allenamento di cross con ritmo gara, ma un conto è farlo da sola e un altro con le stesse ragazze con cui correrò la domenica.

Il terzo posto di Overijse, dietro Brand e Van Empel, è uno dei quattro podi già ottenuti da Casasola
Il terzo posto di Overijse, dietro Brand e Van Empel, è uno dei quattro podi già ottenuti da Casasola
Cambia tanto?

Già solo guardandole si impara qualcosa, ma è comunque un metodo che ti sprona ad andare di più, quindi migliori. E poi ci sono i coach che ti correggono e ti danno delle dritte. Ci si allena proprio tutti assieme, allenamenti con dieci maschi e dieci femmine. Per forza poi alzi l’asticella. Se trovi una che va più forte, magari provo a tenerle la ruota e a copiare le traiettorie. Se sei da solo, la tecnica di guida resta la stessa e non vedi i passaggi in cui puoi migliorare.

Prossime gare?

Sarà un inverno abbastanza impegnativo. Sto qua fino alla Coppa di Anversa, poi andiamo in training camp fino al 7 dicembre e da lì voliamo in Sardegna e facciamo la Coppa a Oristano. A quel punto finalmente torno a casa qualche giorno. Ma non mi lamento, sto facendo quello per cui sono venuta in Belgio e mi sta andando davvero bene.

EDITORIALE / La multidisciplina sta sparendo?

11.11.2024
4 min
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Davide Toneatti sarà promosso nella Astana Qazaqstan Team nel WorldTour. La vittoria di aprile e i piazzamenti di tutto l’anno hanno persuaso Vinokourov a dare fiducia al friulano, figlio della multidisciplina, che a 23 anni metterà il naso nel ciclismo dei grandissimi. La notizia è sicuramente positiva perché porta un altro azzurro di talento a giocare la sua carta in una squadra che dal 2025 sarà la più italiana di tutte, con corridori come Ulissi, Bettiol, Conci, Scaroni, Masnada, Fortunato, Malucelli, Ballerini, Velasco, Romele e Kajamini.

Quello che si può notare è che Toneatti taglierà definitivamente i ponti con il ciclocross, come già accaduto nel recente passato (al momento di salire di livello) con De Pretto, Olivo e Masciarelli. Non è detto che questo per lui sia una privazione: magari ne aveva le tasche piene e non vede l’ora di concentrarsi soltanto sulla strada. La stessa cosa tuttavia si è verificata con Silvia Persico e in parte con Federica Venturelli, frenata peraltro anche dal recupero da un infortunio. La multidisciplina è passata di moda? Oppure va bene finché l’atleta è giovane e poi bisogna scegliere? Oppure, ancora, la seconda specialità è una sorta di gabbia da cui il corridore non riesce a liberarsi se non quando diventa grande?

Fra le vittorie nel cross di Toneatti spiccano un tricolore e il mondiale nella staffetta
Fra le vittorie nel cross di Toneatti spiccano un tricolore e il mondiale nella staffetta

Strada e pista

Ha retto finora l’abbinamento fra strada e pista. Abbiamo letto nell’intervista a Luca Guercilena che, al momento di firmare con la Lidl-Trek, Milan ha inserito la clausola pista, peraltro ben accetta da parte del team. Un discorso simile ha funzionato alla Ineos Grenadiers con Ganna e Viviani, ma è stata evidente la disparità di trattamento fra i due. Il piemontese ha potuto seguire un bel calendario su strada, mentre Elia si è dovuto accontentare di quel che capitava.

E’ stato però chiaro che tutti, dal giorno dopo Olimpiadi e mondiali, sono stati richiamati in servizio. Soprattutto all’indomani di Parigi, questa necessità ha reso difficile la vita agli atleti che avrebbero avuto bisogno di recuperare e invece si sono ritrovati subito in gruppo.

Milan, Consonni e Ganna: tre stradisti… concessi dal WorldTour alla pista
Milan, Consonni e Ganna: tre stradisti… concessi dal WorldTour alla pista

Programmi e sponsor

Ciò che risulta evidente dalle dichiarazioni di Patrick Lefevere e in qualche misura dello stesso Guercilena è che la multidisciplina non abbia interessi commerciali per le squadre che pagano gli atleti. Nel cross se non altro possono correre con la bici e i materiali del team, con l’eccezione dell’abbigliamento che sarà quello della nazionale. Su pista invece, anche la bici è federale e piuttosto che celebrare la vittoria di un competitor, non si celebra il campione. Il prossimo azzurro che dovrà gestire la doppia attività sarà Stefano Viezzi, che da gennaio sarà al devo team della Alpecin-Deceuninck.

Va lassù e ce lo aveva fatto capire sin dalla Coppa del mondo di Benidorm dello scorso gennaio perché affascinato dalle imprese di Mathieu Van der Poel cui in parte somiglia. Forse in Belgio gli lasceranno spazio per il ciclocross: finché si è nei team di sviluppo non ha senso costringerli a scegliere. Poi, se e quando verrà il momento di passare professionista, si vedrà il livello raggiunto e si faranno valutazioni insieme, senza preclusioni a priori.

Cross e strada: multidisciplina che funziona. A gennaio Viezzi ha vinto il mondiale juniores a Tabor. Dal 2025 passa alla Alpecin
Cross e strada: multidisciplina che funziona. A gennaio Viezzi ha vinto il mondiale juniores a Tabor. Dal 2025 passa alla Alpecin

Il ruolo della Federazione

Come fa un ragazzo a inserire qualsiasi clausola se il suo potere contrattuale è ancora esiguo? Non deve essere lui a farlo, ma probabilmente il suo procuratore o la Federazione per cui è un elemento di grande interesse, soprattutto nella prospettiva dell’ingresso del cross nel programma olimpico. E’ vero che alla fine comanda la volontà dell’atleta, ma se in alcuni casi la rinuncia è un’imposizione, allora forse l’intervento federale potrebbe aiutare parecchio. Qui si parla di medaglie olimpiche, mondiali ed europee, non di sfide regionali.

L’alternativa è che la multidisciplina, in questo caso il cross, in Italia diventi una prerogativa giovanile, che ci vedrà brillare sempre meno nelle categorie elite. Bisognerà solo abituarsi al prurito di veder sparire i talenti su cui si potrebbe costruire tanto e che invece, per scelta o necessità, prenderanno strade diverse.

E se fosse Thibau Nys l’erede di Van Aert e Van der Poel?

08.11.2024
4 min
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Thibau Nys è ormai un campione a tutti gli effetti. Non è più solo il “figlio di Sven”. Il corridore della Lidl-Trek su strada e della Baloise-Trek-Lions nel ciclocross, in questo autunno, sembra aver compiuto un ulteriore salto di qualità. La vittoria al campionato europeo di Pontevedra è stata solo l’ennesima prova di questa crescita costante.

Una crescita che fa sorgere una domanda: fino a dove può arrivare Thibau Nys? Non è una domanda banale, perché tra Olanda e Belgio c’è chi inizia a definirlo il “terzo uomo”, l’erede di Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert, pensando anche al suo futuro su strada.

Niels Albert (classe 1986) è un ex crossista, due volte iridato ha smesso anzitempo nel 2014 per problemi al cuore (foto UCI)
Niels Albert (classe 1986) è un ex crossista, due volte iridato ha smesso anzitempo nel 2014 per problemi al cuore (foto UCI)

L’occhio dell’esperto

Questo confronto si è intensificato dopo che l’ex bi-campione mondiale di ciclocross, Niels Albert, ha rilasciato un’intervista a Het Laatste Nieuws. Albert si è detto impressionato dal modo in cui il giovane Nys ha gestito la gara spagnola e da come sia riuscito a fare la differenza. Ha quindi elogiato le sue doti tattiche e atletiche.


«Proprio come a Overijse – ha detto Albert – Thibau è stato economico nella sua gara. Si è gestito e ha sempre avuto tutto sotto controllo… per poi colpire magnificamente e spietatamente al momento giusto».

L’anno scorso, nelle gare di ciclocross in Belgio, abbiamo avuto modo di vedere Nys dal vivo, e senza dubbio ha un grande appeal. Tantissimi erano i tifosi. Lui, rispetto ad altri, ci è sembrato sempre molto tranquillo e disponibile, almeno fino alle fasi del riscaldamento, quando ha chiesto a un meccanico di spostare la sua bici nel retro del camper per trovare la giusta concentrazione. Poi, in pista, lo si è visto esprimere tutta la sua abilità di guida e la sua potenza.

Al Romandia Nys è persino andato in fuga: questo per dire che durante l’anno non ha corso solo di rimessa
Al Romandia Nys è persino andato in fuga: questo per dire che durante l’anno non ha corso solo di rimessa

L’importanza della strada

Ma forse quest’anno è ancora diverso. La ragione è legata all’attività su strada svolta quest’anno, che è andata crescendo rispetto alle stagioni precedenti, soprattutto per i risultati ottenuti.

Nei suoi 34 giorni di gara su strada del 2024, Nys ha vinto ben nove corse, quasi tutte nel WorldTour. L’anno precedente aveva ottenuto solo una vittoria, pur conquistando comunque buoni piazzamenti, ma aveva corso di più. Quest’anno ha gareggiato su strada dal Romandia alla Bretagne Classic, quindi da maggio a fine agosto. Ha osservato un periodo di riposo all’inizio, per staccare dalla stagione del ciclocross, e uno dopo, in vista della nuova stagione. Questa, ovviamente.

Nel 2023, invece, aveva proseguito subito dopo il ciclocross disputando alcune classiche minori nella Campagna del Nord e si era spinto fino a settembre, totalizzando 40 giorni di gara, pur con un’estate meno intensa.

Il momento in cui all’europeo di Pontevedra ha staccato lo spagnolo Orts
Il momento in cui all’europeo di Pontevedra ha staccato lo spagnolo Orts

Ancora Albert

Insomma, più strada anche per il ciclocross, a sostegno della teoria di Diego Bragato. E osservando attentamente i tempi di recupero, i tecnici ci hanno visto lungo.

Anche Albert è d’accordo con Bragato: «Vincere un campionato europeo – riprende Albert – per uno come lui è positivo, ma non è stata una grande sorpresa. A mio avviso, Thibau ha fatto i suoi progressi più grandi la scorsa estate, correndo su strada e con quella serie di nove vittorie. Tuttavia, questo non lo pone ancora al livello di Van der Poel e Van Aert. Se però dovesse migliorare ancora nel ciclocross, per lui significherebbe arrivare al traguardo con Wout e Mathieu e batterli in volata, visto quanto è esplosivo».

Nys ha battutto gente veloce come Ulissi su uno strappo (in foto), ha vinto le classifiche generali e si è ben difeso in molte tappe dure
Nys ha battutto gente veloce come Ulissi su uno strappo (in foto), ha vinto le classifiche generali e si è ben difeso in molte tappe dure

Come Wout e Mathieu

E’ chiaro, però, che la strada intrapresa da Nys è quella dei suoi due illustri colleghi: competere ad altissimi livelli sia nel ciclocross che su strada. Le capacità tecniche, e sempre più anche quelle atletiche, ci sono tutte.

Inoltre, c’è un aspetto a nostro avviso molto importante. Thibau Nys si trova in una squadra, la Lidl-Trek, che crede nella doppia disciplina. Basti vedere lo spazio che hanno concesso a Milan e Consonni, ad esempio, per la pista, o come gestiscono Lucinda Brand nel ciclocross. Questo permette a Nys di pianificare con tranquillità e chiarezza, avendo a disposizione materiali sempre all’avanguardia. Una cosa meno scontata di quanto possa sembrare… almeno a certi livelli “siderali”.

Le emozioni di papà Franco: il primo tifoso della figlia Giorgia

06.11.2024
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Il sorriso che Giorgia Pellizotti ha strappato a suo padre Franco attraversa potente anche il telefono ed è come se lo avessimo davanti agli occhi. L’incredulità della giovane azzurra che è tornata dalla sua prima spedizione continentale con due medaglie in altrettante gare ve l’abbiamo raccontata. Ora tocca a Franco Pellizotti, suo padre e primo tifoso. La famiglia intera ha seguito Giorgia fino a Pontevedra, in Spagna, per la gara continentale.

«Noi siamo partiti da Venezia sabato mattina – racconta Franco – per atterrare a Madrid e prendere la macchina e arrivare fino al campo di gara. Giorgia, invece, ha viaggiato con la nazionale e sono volati prima a La Coruna e poi si sono spostati a Pontevedra. Lei e la figlia di Bramati hanno viaggiato insieme, noi l’abbiamo recuperata solamente ieri a casa del “Brama”. Nell’ora di macchina per tornare a casa, Giorgia non ha fatto altro che parlare dei giorni passati con la nazionale».

Qual è stato il primo argomento toccato?

Il gruppo. Per lei era tutto nuovo e la cosa che mi ha colpito maggiormente è stata la felicità che ha provato nello stare con il team azzurro. Sia con le ragazze che con i ragazzi. Sinceramente sentirla parlare così era la cosa cui tenevo di più. I risultati sono stati sorprendenti, non me li aspettavo. Ma da genitore sono ancora più contento di averla sentita felice e divertita dall’esperienza. 

Davvero non ti aspettavi queste medaglie?

A essere onesto dal team relay credevo sarebbero usciti con un podio, ma battere la Francia la vedevo complicata. Era la squadra più forte a mio modo di vedere, c’erano Célia Gery, Aubin Sparfel… Insomma tutte le prime linee. L’Italia aveva una squadra forte, ma mancava la Casasola. Invece hanno dimostrato di essere i più forti di tutti. 

Franco Pellizotti insieme agli altri due figli: Giacomo e Mia
Franco Pellizotti insieme agli altri due figli: Giacomo e Mia
Nella gara di domenica?

Non nascondo che da tempo la vedevo andare forte, ma scontrarsi in un contesto internazionale con ragazze di un anno più grandi non è facile. La prima corsa fatta nel 2024 è stata in Svizzera a fine settembre e lì c’era Anja Grossman, che poi ha vinto anche il titolo europeo. In quell’occasione Giorgia da lei aveva pagato più di un minuto, ma in un mese l’ho vista crescere tanto. Quando parlavamo dell’europeo sapevamo che fosse un appuntamento difficile, ma credevo in lei. Sapevo che non l’avrebbero staccata. 

Invece non era partita benissimo.

Nel primo giro e mezzo ha pagato una decina di secondi dal gruppo di testa, lì ci ero rimasto un attimo. Ho pensato: «Cavolo, siamo già fuori dai giochi». Giorgia al contrario non si è demoralizzata, è rimasta fredda ed ha avuto la grande capacità di tornare in corsa e giocarsi la medaglia. Con un atteggiamento più cattivo, in senso agonistico, magari sarebbe rimasta più fresca nel finale. E’ vero che la cattiveria agonistica ti viene anche dalla consapevolezza che acquisisci in questi contesti. 

Giorgia si scioglie nell’abbraccio del fratello Giacomo dopo la vittoria nel team relay
Giorgia si scioglie nell’abbraccio del fratello Giacomo dopo la vittoria nel team relay
Dove ti ha sorpreso?

Nella gestione della corsa. E’ sempre rimasta lucida e non si è mai fatta prendere dal panico. Sono arrivate due medaglie che erano distanti da quanto ci saremmo aspettati, diciamo che è riuscita a salire un bel gradino. 

Sei stato più genitore o tifoso?

Sono uno abbastanza silenzioso, di solito cerco di appartarmi e guardare la corsa da solo. Sapete se sto in mezzo alla folla poi la gente arriva, ti chiede. Preferisco mettermi in un punto tattico e isolato dove vedere bene la gara in più passaggi. Sto lì e incito Giorgia, senza darle consigli. Da questo punto di vista me ne guardo bene, c’è chi fa il suo lavoro e sa farlo: il cittì Pontoni e tutto lo staff, anche quello del team. Quando siamo via con la squadra, do una mano come qualsiasi genitore, lavo le bici, e me no sto in disparte. A Giorgia pensano i suoi tecnici. 

Pronti, via! La più piccola dei fratelli Pellizotti, Mia, pronta a sostenere sua sorella Giorgia
Pronti, via! La più piccola dei fratelli Pellizotti, Mia, pronta a sostenere sua sorella Giorgia
Com’è stato vivere quei due giorni di gara? 

Innanzitutto è stato bello perché siamo stati tutti insieme. Un anno fa abbiamo fatto la scelta di comprare un camper per seguire Giorgia nelle varie gare. Il mio off season è il ciclocross e mi piace davvero molto. Le nostre ferie sono condite dal fango dei tracciati. E’ davvero un’esperienza bellissima, che viviamo con molta serenità. Riusciamo anche a fare i turisti. Coincidenza vuole che sia stato a Pontevedra anche in un giorno di riposo della Vuelta quest’estate, solo che non ero riuscito a vederla. Nei giorni scorsi la sera siamo andati a visitare la cittadina, abbiamo mangiato fuori. Insomma, ci siamo divertiti.

Ripensa a quando avete preso il camper per seguire Giorgia ad ora, come rivivi questo anno?

E’ stata fantastico. A dicembre del 2023, come le avevo promesso, siamo andati a fare dieci giorni in Belgio, nella terra del ciclocross. Ha disputato due gare e poi siamo stati a vedere la corsa in notturna a Diegem. Sono state delle ferie atipiche, ma davvero molto belle per tutti noi. A gennaio eravamo andati anche a vedere i mondiali di Tabor, durante le premiazioni Giorgia mi ha detto: «Chissà se un giorno salirò su un podio così». 

Un anno dopo lo ha fatto…

Per due volte! E in una di queste ha anche sentito l’inno di Mameli. Mi ha confessato che è stata la prima volta in cui ha pianto per una vittoria. Il gruppo è stato incredibile, con un legame davvero forte. Ogni volta che qualcuno di loro saliva sul podio, gli altri erano sotto a festeggiare. Da genitore, ma anche da diesse, quella del gruppo è la soddisfazione più grande che mi porto a casa, senza ombra di dubbio.

«Strada fondamentale per il cross», parola di Franzoi

30.10.2024
6 min
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Quella che è da poco iniziata si prospetta come una stagione particolare per il ciclocross italiano: nessuno stradista professionista o under 23 di livello ci sarà. Il che potrebbe non essere il massimo. Anche l’altro giorno Diego Bragato, tecnico della performance della Federciclismo, aveva rinnovato il concetto di quanto fosse importante fare la doppia attività, strada e cross, proprio come lo è stata per la pista. E abbiamo visto i risultati che poi sono arrivati.

La tendenza invece qui è opposta: dopo Davide De Pretto, Bryan Olivo, Silvia Persico, anche Luca Paletti ha detto basta col cross. E ci fermiamo qui.

Purtroppo è un concetto che fa fatica a radicarsi in Italia. La pista per ora resta un’eccezione come ne ha parlato anche il nostro direttore nell’editoriale di un paio di settimane fa. Un concetto che abbiamo approfondito con Enrico Franzoi, uno dei crossisti azzurri più importanti dell’era recente. Enrico ha colto i suoi migliori risultati nel cross proprio quando correva con le maggiori squadre italiane: Saeco, Lampre, Liquigas…

Anche negli anni alla Liquigas, Franzoi ha fatto tante di cross, vincendo anche il titolo nazionale
Anche negli anni alla Liquigas, Franzoi ha fatto tante di cross, vincendo anche il titolo nazionale
Enrico, dicevamo, doppia attività, strada e cross: cosa ne pensi?

Io sono d’accordo, serve la doppia attività. Parlo soprattutto in base alla mia esperienza: mi sono trovato bene in carriera a fare bene sia la strada che il cross. Mi serviva tanto correre su strada. Infatti, i risultati più belli che ho ottenuto nel cross sono arrivati grazie alle molte gare su strada.

Chiaro…

Era una cosa che facevano tutti all’epoca, sia i belgi che i corridori di altre Nazioni. Anche noi italiani, alla fine: all’epoca c’erano quasi più stradisti che facevano cross che biker. Un po’ l’inverso di oggi in Italia. Insomma, la cultura di fare la stagione su strada per preparare il cross era abbastanza viva.

E poi cosa è successo?

Negli anni successivi è cambiata un po’ la mentalità. Sono aumentati i biker rispetto agli stradisti. Infatti, sono andato in Belgio a correre (alla BKCP, ndr) dove si correva su strada per preparare al meglio la stagione del cross.

Paletti quest’anno si è confrontato di più con i pro’, ma per fare il salto di qualità farà solo strada (anche nella preparazione)
Paletti quest’anno si è confrontato di più con i pro’, ma per fare il salto di qualità farà solo strada (anche nella preparazione)
Da ex crossista, pensi che la strada sia importante per il ciclocross? Oggi si parla tanto di watt, di potenza… Per la pista, Bragato e Villa hanno sempre parlato dell’enorme base aerobica che dà la strada per fare determinati lavori: è questo il motivo?

Secondo me sì, perché il cross è più simile alla strada che alla mountain bike. Anche se si va fuoristrada, la tipologia di pedalata e lo sforzo fisico sono più simili alla strada. E io ho fatto anche mountain bike, quindi conosco le differenze. Per preparare una stagione di cross, la mountain bike è ottima, specie per la tecnica…

Ma…

Ma, dal punto di vista atletico, la strada, come detto, dà di più. Certo, se parliamo di percorsi molto tecnici, come le gimkane, magari la strada perde di efficacia. Ma per i cross in Belgio o quelli della mia epoca, la strada andava benissimo. Più il circuito è lineare, più la strada è utile.

Secondo te, questi super campioni – i soliti, Van der Poel, Van Aert, Pidcock – fanno la differenza perché sono loro a essere forti, o anche perché fanno strada?

Innanzitutto perché sono loro che sono forti, ma di certo le corse di alto livello – Giro, Delfinato, Tour, Sanremo… – li aiutano parecchio. Personalmente posso tranquillamente dividere la mia carriera in due: quando ho corso su strada e quando sono andato in mountain bike. Ho notato una grande differenza, soprattutto quando andavo all’estero. Sì, andavo bene, ma spesso avevo alti e bassi, non ero costante. Correndo costantemente su strada, rimanevo sempre con i primi. Mi ricordo benissimo quando ho iniziato a fare i grandi Giri: ho sentito un enorme beneficio, come un incremento di potenza… A questo si aggiunge la costanza di correre con i migliori e crescere continuamente. C’è poco da fare.

Filippo Agostinacchio (in foto, primo a Jesolo) e il suo compagno Samuele Scappini, sono gli unici elite di vertice che corrono anche su strada
Filippo Agostinacchio (in foto, primo a Jesolo) e il suo compagno Samuele Scappini, sono gli unici elite di vertice che corrono anche su strada
Per fare questo, però, Enrico, serve anche una squadra che creda nel progetto. Una squadra che ti permetta di gestire con criterio le due attività…

Certamente. All’epoca si può dire che sia stato quasi il primo a farlo a un certo livello, ma anche allora sono stato io a insistere per fare il cross. Non c’era questa abitudine così radicata da noi, almeno per squadre di un certo livello. Non è stato facile e, paradossalmente, quando andavo bene sia su strada che nel cross, in squadra c’erano problemi. Ma io ci credevo e insistevo.

Quando iniziavi a preparare la stagione del cross?

Io correvo a piedi quasi tutto l’anno. Ma, a dire il vero, non facevo una preparazione specifica come magari qualcuno fa ora. Adattavo il mio allenamento su strada e poi iniziavo l’altra attività. Ovviamente, la mancanza di qualche allenamento tecnico si sentiva, ma veniva compensata dal grande volume di lavoro intenso che svolgevo nella stagione su strada. Poi bisogna considerare un’altra cosa.

Quale?

Sono sempre stato un passista veloce, con un fisico robusto, ipertrofico, che per entrare in forma aveva bisogno di molte gare. Più gareggiavo, meglio mi sentivo. Questo era perfetto per conciliare le due attività. Ci sono stati anni in cui ho fatto anche la crono iridata (under 23, ndr) a ottobre e la settimana dopo ero già al ciclocross.

Iserbyt (qui al Baloise Belgium Tour) quest’anno ha messo nel sacco 30 giorni di gara su strada (foto Instagram)
Iserbyt (qui al Baloise Belgium Tour) quest’anno ha messo nel sacco 30 giorni di gara su strada (foto Instagram)
Come impostavi una tua stagione standard?

Facevo tutta la campagna del Nord, fino alla Roubaix (nella foto di apertura, ndr), Parigi-Nizza compresa. Poi riprendevo al Delfinato, poiché ero sempre in lizza per il Tour, anche se non l’ho mai fatto. Poi facevo il Giro d’Austria o qualche altra corsa a tappe e continuavo fino a fine stagione, iniziando subito con il cross.

Oggi sarebbe impensabile visti i tempi di recupero, riposo, carico… Sei passato anche dalla Vuelta…

Spesso, e poi tiravo dritto. I primi anni da professionista ho tirato avanti così: 30 cross e tantissime giornate di corsa su strada. Ho fatto due o tre anni così. Poi ho dovuto dosare gli sforzi e a novembre mi riposavo. Riprendevo poco prima di Natale e tiravo fino alla fine della stagione del cross. Facevo le prime prove di Coppa del Mondo per prendere punti.

Pensi che oggi, visto il livello attuale, la strada sia ancora importante per il crossista?

Per me la strada non è solo importante, è fondamentale. Ho corso anche con una squadra belga che faceva cross, ma in estate si correva su strada, anche in competizioni di secondo piano. Anche per loro, quella era la preparazione migliore.

Quindi un Iserbyt della situazione, la strada la fa…

E tanta, direi… Almeno una trentina di corse sicuro.

A tutta strada, Paletti mette da parte il ciclocross

16.10.2024
4 min
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MIRI (Malesia) – La stagione del ciclocross è iniziata e subito i grandi, ad ogni livello e di ogni Nazione, se le sono date. Tra di loro però quest’anno non vedremo Luca Paletti. La speranza azzurra del ciclocross si dedicherà in modo più specifico alla strada.

Paletti fa parte del progetto giovani della VF Group-Bardiani e chiaramente il focus del team dei Reverberi è l’attività su strada. Okay il cross, ma fino ad un certo punto.

Abbiamo intercettato Paletti in Malesia, durante il Tour de Langkawi. Era in buona condizione e si è messo a disposizione dei compagni, in particolare del velocista, Mattia Pinazzi.

Luca Paletti (classe 2004) quest’anno ha fatto 61 giorni di corsa, 10 in più dell’anno scorso e con più corse a tappe
Luca Paletti (classe 2004) quest’anno ha fatto 61 giorni di corsa, 10 in più dell’anno scorso e con più corse a tappe

Alti e bassi

Mentre il monsone imperversava e ci si riparava sotto ad uno stand, Paletti ha raccontato la sua annata, la seconda da professionista.

«E’ stata una stagione ricca di corse – ha detto il classe 2004 – ho fatto più gare dell’anno scorso. La prima parte di stagione è andata come volevo. Ho ottenuto qualche buon piazzamento al Giro d’Italia Next Gen e quindi sono contento.
«Dopo è stata una stagione un po’ in calo, ma piena di esperienze. Ho fatto gare e viaggi bellissimi. Ho fatto più competizioni con i professionisti, con i grandi del gruppo».

E qui un po’ Paletti ci sorprende. L’emiliano sostiene che tutte queste differenze tra le gare under 23 e quelle con i pro’ lui non le ha notate.

«Diciamo che anche negli under ormai non si scherza più. E non si scherza anche perché nelle gare che facevamo c’erano tutti i devo team delle WorldTour e sembrava di correre una gara di quel livello. Se proprio dovessi dire una differenza, direi che qui tra i pro’ bisogna limare un po’ di più perché vanno un pelo più forte. Ma alla fine è qualcosa che viene da sé. Sei quasi costretto a farlo. Mentre il caos in gruppo ormai è lo stesso, anche perché tra i professionisti c’è tanta gente giovane e giovanissima».

L’emiliano era una buona speranza per la nazionale di Pontoni
L’emiliano era una buona speranza per la nazionale di Pontoni

Stop cross

Paletti è un corridore potente. Non è ancora tiratissimo, la gamba non è super definita e non manca qualche brufolo giovanile sul volto. Insomma, si vede che ha ampi margini. In tal senso il tempo è dalla sua – ricordiamo che ha compiuto 20 anni a giugno – ma in questo ciclismo che corre, come ci diceva anche il suo direttore sportivo, Alessandro Donati, occorre cambiare marcia. E occorre cambiarla anche con relativa fretta. Per questo niente cross.

«Quest’anno penso di non fare gare di ciclocross. E’ una decisione presa insieme alla squadra: proviamo a fare un’annata con un inverno di riposo vero. Un riposo che servirà per prepararmi bene per la stagione successiva su strada.

«Ho deciso così non tanto perché ho sentito il peso della stagione del cross l’anno scorso, ma perché voglio concentrami di più sulla strada. E soprattutto voglio impostare per la prima volta una vera preparazione specifica per la strada, con il riposo, la ripresa…».

E questo punto di vista ci può stare. Alla fine anche Donati spiegava come il cross, almeno arrivati a questa età, può darti sì qualcosa in più all’inizio della stagione, ma poi il conto arriva. E arriva perché forse mancano determinate basi. E vale anche il contrario. Per assurdo sarebbe meglio fare qualche gara di cross appena terminata la stagione su strada, sfruttando la buona condizione. Ma poi a che fine?

Paletti quest’anno si è confrontato di più con i pro’, ma per fare il salto di qualità farà solo strada (anche nella preparazione)
Paletti quest’anno si è confrontato di più con i pro’, ma per fare il salto di qualità farà solo strada (anche nella preparazione)

Rovescio della medaglia

Se il discorso della preparazione e del recupero tiene, e anche bene, c’è poi il discorso dei fuorigiri che ti dà una disciplina come il cross. Un discorso che nel corso dell’anno tante volte abbiamo chiamato in causa con la nostra ciclocrossista numero uno, Silvia Persico. Mancheranno queste sparate anche a Paletti?

«Io – dice Luca – credo che più che le sgasate, mi mancherà un po’ di abilità in bici. Le sgasate tra gare e allenamenti puoi riprodurle. E per questo credo che se anche non farò gare di ciclocorss qualche allenamento con quella bici lo farò. Magari nel giorno di scarico inforcherò la bici da ciclocross e mi divertirò a guidare e a tenere vive certe sensazioni».

Alé molto attiva nel cross: c’è l’accordo con la Crelan-Corendon

14.10.2024
3 min
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Nelle settimane in cui la stagione del cross si appresta ad entrare letteralmente nel vivo, Alé, brand veronese specializzato nella produzione di abbigliamento tecnico per il ciclismo, ha annunciato una nuova collaborazione come partner tecnico della squadra belga “di specialità” Crelan-Corendon. Questa partnership, che si estenderà per le stagioni 2025, 2026 e 2027, vedrà Alé fornire abbigliamento da gara di alta qualità ai dodici membri della squadra.

Il team Crelan-Corendon è un’importante formazione internazionale di ciclocross, parte del gruppo Ciclismo Mundial, gestito dai fratelli Roodhooft. La rosa della squadra è composta da nove ciclisti d’élite – cinque uomini e quattro donne – oltre a tre atleti della categoria Under 23, di cui due uomini e una donna. Tra i nomi di spicco figurano Sanne Cant, campionessa belga in carica e tre volte campionessa mondiale, Sara Casasola, attuale campionessa italiana, e Laurens Sweeck, ex campione belga U23. Questi atleti avranno a disposizione l’innovativa linea PR-S 2.0 di Alé: una collezione creata per soddisfare le esigenze dei ciclisti professionisti, garantendo prestazioni elevate, traspirabilità, comfort e resistenza agli elementi come fango e sporco, tipici delle gare di ciclocross.

Sara Casasola e Sanne Cant rispettivamente campionessa italiana e belga di ciclocross
Sara Casasola e Sanne Cant rispettivamente campionessa italiana e belga di ciclocross

Partnership triennale

«Siamo molto orgogliosi di vestire la Crelan-Corendon – ha commentato Alessia Piccolo, CEO di APG, l’azienda proprietaria del marchio Alé – senza dubbio una delle più promettenti nel panorama del ciclocross. Questa disciplina è una delle più impegnative nel mondo del ciclismo, e l’abbigliamento gioca un ruolo cruciale nelle performance, e per questo abbiamo sviluppato capi estremamente tecnici, pensati per rispondere alle necessità specifiche degli atleti sia quando sono in sella sia nelle fasi di corsa a piedi. Il nostro obiettivo è permettere agli atleti di concentrarsi completamente sulla loro prestazione, garantendo comfort e sicurezza».

L’accordo siglato tra Alé e il team Crelan-Coredon ha durata triennale
L’accordo siglato tra Alé e il team Crelan-Coredon ha durata triennale

«Siamo entusiasti di avere Alé al nostro fianco – ha ribattuto Thomas Sneyers, Operational Manager di Crelan-Corendon – il loro abbigliamento, già utilizzato da cinque squadre WorldTour, tre maschili e due femminili, rappresenta un’eccellenza nel settore. Siamo convinti che la nostra collaborazione porterà i kit ad un livello ancora più alto, grazie ai feedback specifici dei nostri atleti. E l’accordo a lungo termine è una testimonianza della fiducia reciproca tra le due parti».

Alé Cycling

Van Rysel lancia RCX II Pro “North Star”, nuova stella del cx

07.10.2024
5 min
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Van Rysel ha appena presentato la RCX II Pro “North Star” Edition, una bici da ciclocross costruita per essere la più performante del brand dell’universo Decathlon. Si tratta di un’edizione limitata in soli 100 esemplari e pensata per le competizioni, con telaio in carbonio ad altissimo modulo, tubolari e una livrea studiata per non passare inosservata.

Linea aggressiva: Van Rysel è sin dagli inizi una presenza significativa nel cross
Linea aggressiva: Van Rysel è sin dagli inizi una presenza significativa nel cross

Telaio e forcella ad altissimo modulo

Per costruire la bici da cx più “cattiva” della loro storia, gli sviluppatori di Van Rysel hanno utilizzato sia per il telaio che per la forcella le fibre di carbonio Super High Modulus. Questo materiale ha permesso di aumentare la rigidità, soprattutto nelle zone più sollecitate come la scatola del movimento centrale, caratteristica fondamentale per un mezzo da competizione. Il tutto con un aumento di peso di soli 66 grammi rispetto al precedente modello RCR II, che si avvaleva del “semplice” carbonio ad alto modulo.

Un’altra miglioria rispetto al passato è l’introduzione del manubrio Zipp SL70 in carbonio e del reggisella ZIPP SL Speed in carbonio, per un peso totale della bici che si attesta a 7,35 kg in taglia M (senza pedali, naturalmente). Il passaggio cavi è invece per ora ancora semi-integrato, in attesa che Van Rysel lanci un vero e proprio cockpit integrato.

Colorazione “stellare”

Un’edizione limitata si caratterizza anche per i dettagli estetici. La RCX II Pro “North Star” vuole essere un lampo di luce nell’oscurità, un nuovo punto di riferimento nel firmamento delle corse nel fango.

La parte anteriore del telaio è verniciata in un grigio-argento molto brillante, che mano a mano va a sfumare fino a diventare nero inchiostro nel posteriore. I loghi sul telaio, sulla forcella e sui cerchi sono riflettenti, per evidenziare ancora di più l’effetto di brillantezza.

Ruote e tubolari, puro stile cross

A riprova della vocazione agonistica, RCX II PRO North Star è equipaggiata con ruote e tubolari di alta gamma. Le ruote sono le DUKE Baccara X-Machine in carbonio per tubolari, specifiche per il cx. Hanno un canale largo 27,6 mm che permette una migliore stabilità dei tubolari in tutti i terreni e le condizioni. 

I tubolari poi sono un punto di riferimento del mondo del ciclocross, i Dugast Typhoon da 33 mm, con la carcassa in cotone 100%, bassa resistenza al rotolamento e una grande manovrabilità in curva.

Trasmissione e prezzo 

La RCX II PRO North Star è montata con il gruppo SRAM Force AXS a 12v, con monocorona da 40 e pacco pignoni 10-33, una scala piuttosto ridotta che dimostra ancora una volta che si tratta di un mezzo da gara.

La scelta di non montare un gruppo top di gamma – seppur wireless affidabile come il Force AXS – è probabilmente dovuta alla volontà di mantenere il prezzo più competitivo possibile, in pieno stile Val Rysel. La RCX II PRO North Star è disponibile già da ora nel sito dell’azienda a 5.499 euro.

Van Rysel

Decathlon

Viezzi: la prova sulle strada del Lunigiana e il futuro nel cross

12.09.2024
5 min
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MARINA DI MASSA – Il primo confronto di alto livello su strada per Stefano Viezzi è stato il Giro della Lunigiana (in apertura foto Duz Image / Michele Bertoloni). In realtà il campione del mondo juniores di ciclocross aveva in programma l’Eroica Juniores, ma una caduta alla prima tappa gli ha impedito di proseguire. La ripresa da quell’infortunio è stata lenta ma progressiva e ha portato a una condizione solida. Tanto che Rino De Candido, tecnico regionale del Friuli Venezia Giulia, lo ha convocato per il Lunigiana e lui alla prima tappa si è messo in mostra con una fuga coraggiosa. 

«Mi sono sentito di provarci fin da subito – racconta – sapevo che il percorso del Lunigiana sarebbe stato tosto. Ma volevo provarci e mettermi in mostra, come fatto nella prima tappa. L’ultima salita non era nelle mie caratteristiche, ma sono arrivato a giocarmi il podio. Il riscontro direi che è positivo. Anche perché erano presenti i corridori che saranno protagonisti al mondiale. 

Stefano Viezzi al Lunigiana ha avuto il suo primo confronto in una corsa internazionale
Stefano Viezzi al Lunigiana ha avuto il suo primo confronto in una corsa internazionale

Qualche novità

Viezzi rispetto al 2023 ha cambiato un po’ di cose, passando dal team Tiepolo alla Work Service Team Coratti. Una squadra nuova ma gli stessi, ambiziosi, obiettivi. 

«Con la Work – spiega – mi sono trovato subito bene: bici, disponibilità dei tecnici e dei compagni. Visto l’impegno del ciclocross mi sono aggregato tardi, la squadra aveva già fatto due ritiri, però mi sono adattato bene. La caduta all’Eroica, con la conseguente frattura della clavicola, mi ha impedito di fare la stagione che avrei voluto. Mi sarebbe piaciuto mettere insieme più gare, però è andata così».

Il friulano è andato spesso all’attacco, conquistando il settimo posto finale (foto Duz Image / Michele Bertoloni)
Il friulano è andato spesso all’attacco, conquistando il settimo posto finale (foto Duz Image / Michele Bertoloni)
Che aspettative avevi per il Giro della Lunigiana?

Non tantissime ad essere sincero. Comunque non mi sentivo a un livello basso. Prima di partire con la Rappresentativa del Friuli avevo chiesto alla Work di fare un paio di gare per riprendere il ritmo e mi hanno accontentato. La risposta è stata positiva. 

Passare dal correre un’ora a essere presente in gare da tre ore com’è stato?

Ho avuto sensazioni sempre positive. Per fare ciò mi sono allenato tanto sul fondo a inizio stagione, quando ho ripreso a correre su strada. Appena smesso con il cross mi sono fermato un attimo per rifiatare e poi ho messo subito chilometri nelle gambe. Alle prime gare un po’ ho sofferto, ma piano piano mi sono sentito sempre meglio

Nonostante tu abbia corso poco su strada hai vinto, come ti senti?

Vincere è sempre bello, ma è stata anche una piccola conferma di quanto fatto sul cross. Anche guardando a Seixas mi sento di dire che se sei forte nel cross puoi essere competitivo anche su strada. E’ una bella conferma. 

Il confronto in una corsa internazionale ti mancava, com’è stato?

Magari dopo una caduta, qualcuno ha paura di stare in gruppo o si sente meno sicuro: io questo blocco mentale non ce l’ho. Quindi non ci sono stati problemi, poi si sa che correndo con ragazzi stranieri il regime si alza un po’.

La Dynatek di Viezzi con l’adesivo che celebra il successo iridato nel cross
La Dynatek di Viezzi con l’adesivo che celebra il successo iridato nel cross
Viste le tue caratteristiche fisiche a quali gare guardi con maggiore interesse?

Magari di gare qualche classica che spero di fare già dalla prossima categoria, da under 23. Corse vallonate, dove le pendenze non arrivano in doppia cifra. 

A proposito, arriverà il cambio di categoria anche nel cross, hai già un programma?

Le gare per me inizieranno a ottobre, poi ci sarà l’europeo i primi di novembre. Le altre gare importanti del calendario saranno da dicembre in avanti, sicuramente arriverò con una forma migliore di quella che ho ora. Arriverò nella massima condizione per il mondiale, che sarà a febbraio, ma essendo stato fermo così tanto in estate sto ancora… ricarburando. Non farò pause a settembre. 

Il ciclocross rimarrà un’attività importante nella stagione di Viezzi, anche quando passerà under 23
Il ciclocross rimarrà un’attività importante nella stagione di Viezzi, anche quando passerà under 23
Hai già qualche contatto con qualche squadra per il passaggio a under 23?

Sì. Non tutte le squadre lasciano spazio al ciclocross, ma ci sono realtà che riescono a far coincidere tutto. Vorrei fare sempre cross e strada.

Magari in team già attrezzati, come la Visma o la Alpecin?

Chiaro che quelle sarebbero le migliori opzioni per me, ma anche gli altri devo team sono ben attrezzati per fare tutte e due le discipline. Ho dei contatt, non ho ancora preso la scelta definitiva.