Franzoi, rinunciare al ciclocross dà davvero dei benefici?

15.12.2023
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Mettere da parte il ciclocross è una buona idea? Qui non parliamo di scelte di vita che tanti corridori (soprattutto italiani, purtroppo…) prendono, ma anche di opzioni tecniche: questo inverno lascio da parte l’attività sui prati per concentrarmi meglio e prima sulla strada, in modo da ottenere risultati migliori. C’è chi ha fatto una scelta radicale, come Persico, chi invece una parziale, come i tre tenori, due dei quali però hanno già detto che ai mondiali non ci saranno.

Qualche giorno fa il saggio Martino Fruet aveva detto che spesso fare questa scelta netta non porta poi gli effetti sperati (se andiamo a guardare bene, il discorso fra stradisti e biker non cambia poi di molto). Noi abbiamo voluto saperne di più parlando con quello che forse è stato l’ultimo grande interprete azzurro della specialità sui prati, almeno a livello elite: Enrico Franzoi.

Franzoi oggi ha 41 anni, ma ancora corre nel gravel. Eccolo con la maglia iridata U23 del 2003 (foto Facebook)
Franzoi oggi ha 41 anni, ma ancora corre nel gravel. Eccolo con la maglia iridata U23 del 2003 (foto Facebook)
Tu hai mai operato un taglio così drastico?

No, sia perché amavo troppo il ciclocross che per me aveva un valore almeno identico alla strada, sia perché non lo ritenevo necessario, ma è vero che con l’intensificarsi dell’attività su strada dovevo fare delle scelte. Ricordo ad esempio il 2006: avevo chiuso la Vuelta e poi corso su strada ancora fino a metà ottobre. Tirai avanti nel ciclocross fino a inizio novembre, poi presi una lunga pausa tornando in gara durante le Feste e gli effetti furono molto buoni.

Solo nel ciclocross?

No, a lungo termine. Sui prati vinsi a gennaio il titolo italiano e conquistai il bronzo mondiale, poi su strada esordii un mese dopo e raggiunsi il mio vertice durante le classiche del Nord, con una fuga di 30 chilometri nelle fasi calde del Giro delle Fiandre e conquistando l’8° posto alla Roubaix.

Il veneto in maglia Lampre alla Roubaix 2007, corsa da protagonista e chiusa all’8° posto (foto Wikipedia)
Il veneto in maglia Lampre alla Roubaix 2007, corsa da protagonista e chiusa all’8° posto (foto Wikipedia)
Ti costò quella scelta?

Beh, io ero solito fare almeno 35 gare di ciclocross tra nazionali ed estere, proprio perché per me era un’attività primaria, ma poi su strada pagavo regolarmente pegno. In quel modo invece ebbi una gestione molto più mirata.

Quindi sei d’accordo con la scelta dei tre tenori di non abbandonare del tutto il ciclocross, ma di disputare poche selezionate gare…

Per me fanno bene vista l’attività e il prestigio su strada, ma va anche detto che le modalità di calendario sono molto cambiate da un po’ di anni, come è cambiato il movimento nel suo complesso. Un tempo chi faceva ciclocross e strada ad alto livello era visto come una mosca bianca soprattutto in confronto a chi abbinava l’attività invernale alla mtb, ora le proporzioni si sono invertite. Io comunque trovai quella formula indovinata, mi consentiva di recuperare sia d’inverno che nei mesi caldi, infatti dopo le classiche del Nord riprendevo con il Delfinato.

Van Aert ha esordito quest’anno con una vittoria nel cross di Essern. Poche però le sue gare di CX (foto Jacobs/Getty Images)
Van Aert ha esordito quest’anno con una vittoria nel cross di Essern. Poche però le sue gare di CX (foto Jacobs/Getty Images)
Van Aert sabato non sarà alla “sua” gara perché bloccato in Spagna al ritiro prestagionale. Era così anche per te?

Quando correvo io, si cominciò a seguire questa direttiva: a dicembre si va in ritiro e anche i ciclocrossisti devono attenersi. Noi eravamo i primi e devo dire che fu un’esperienza utile. Ricordo che andammo due settimane a Terracina e fu un periodo di grande lavoro, con molti chilometri nelle gambe. Ma quando tornai al ciclocross, vidi subito che andavo come una scheggia perché avevo acquisito una condizione fisica davvero invidiabile.

Noi viviamo nell’era della multidisciplina, i ragazzi più giovani amano differenziare, ma molti vogliono operare proprio quella scelta di prendersi un “inverno sabbatico”. Tu in base alla tua esperienza che cosa ne pensi?

Dipende dai ragazzi, da quello che ognuno si sente. A me non pesava fare la doppia attività, anzi io preferivo correre tanto e riconosco che quelle scelte, che poi mi avrebbero favorito, all’inizio le accolsi senza molto entusiasmo… Gareggiare mi faceva bene, era un modo per tenere vivo lo spirito agonistico.

Per la Persico un inverno senza ciclocross, dettato dalla preparazione che guarda anche alle Olimpiadi
Per la Persico un inverno senza ciclocross, dettato dalla preparazione che guarda anche alle Olimpiadi
Sono le stesse parole che ci ha confidato Federica Venturelli, che quest’anno per la prima volta salterà la stagione invernale…

Anche lei ha uno spiccato senso agonistico da nutrire. Lei fa molte attività, quest’anno cambia di categoria, è anche comprensibile che debbano essere prese misure nuove e diverse. Ripeto, io al cross ho sempre puntato parecchio e non avrei potuto rinunciarci in toto, anche se è capitato di ridurre i miei impegni. Ma qualche gara va bene per tenere il motore in funzione, fare qualche uscita estemporanea secondo me non fa male, anzi, lo fa persino Pogacar