Mathieu ha già gli occhi di fuori (e le mani nude)

16.12.2022
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Gli occhi sono quelli “cattivi” della sua solita fame di vittoria. Sulla neve della Val di Sole Mathieu Van der Poel esegue il test come tutti i suoi colleghi e tutte le sue colleghe. Se ne va tranquillo, poi lo vedi che all’improvviso apre il gas.

Il rumore è più profondo, potente. Sbuffa e passa gli altri al doppio della velocità. Emblematica una rampa. Tutti si fermavano ad un terzo di questa, lui arrivava quasi fino in cima. Ha una grinta e una cattiveria che non ti aspetti. E, nota a margine, dopo due giri si è tolto anche i guanti.

Mathieu in Val di Sole

La Val di Sole oggi di sole ne ha visto ben poco. Nebbia, pioviggine, nevischio… ma almeno il freddo non è stato pungente. Si apre la seconda edizione del Ciclocross di Vermiglio, che mira a portare questa disciplina alle Olimpiadi invernali.

Mathieu è uno di coloro che ha girato di più e non si è curato troppo del setting. Appare già molto sicuro di sé. Si è voluto concentrare soprattutto sulla guida.

«In effetti – ha detto Van der Poel – il percorso è un po’ complicato. Ci sono molte sezioni difficili, ma spero che miglioreranno con i tanti passaggi. Non è facile individuare le buone linee, ma spero che con i passaggi si creino dei solchi. E allora sarà più facile».

E già questo è curioso. Sentendo infatti altri atleti e soprattutto atlete, tutti erano preoccupati proprio per questo: che la neve mollasse ancora di più. 

«E’ chiaro che è complicato per tutti. Nessuno è abituato a guidare in queste condizioni. Si potrebbe paragonare alla sabbia… ma non del tutto».

L’olandese ha inanellato non meno di cinque giri, alternando tratti tirati ad altri più lenti. Qui era appena partito e aveva ancora i guanti
L’olandese ha inanellato non meno di cinque giri, alternando tratti tirati ad altri più lenti. Qui era appena partito e aveva ancora i guanti

La gamba c’è

Fino a poche ore fa Van der Poel era in Spagna ad allenarsi. Poi è piombato qui.

«Io sto bene – dice Mathieu – vengo da un ottimo training camp in Spagna. Lì c’erano condizioni totalmente diverse, anche climatiche ma questo sbalzo di temperatura non mi preoccupa. E poi la corsa dura un’ora soltanto, la frequenza cardiaca sarà piuttosto alta e non sarà così facile prendere freddo. Un motivo in più per tenere aperto il gas!

«Non ho fatto nessun allenamento specifico per questa gara, anche perché sarebbe stato difficile farne… Le gambe buone saranno come sempre la cosa più importante».

Non ha fatto nessun allenamento specifico sulla neve chiaramente, ma qualche simulazione dello sforzo forse sì. E simulazione è proprio la parola più azzeccata.

Lo staff della sua AlpecinDeceuninck infatti ci ha rivelato che spessissimo Mathieu ricorre all’allenamento indoor per fare i suoi lavori specifici. «Evita – ci hanno detto – i pericoli del traffico e le interruzioni che può importi la strada e ti fa concentrare solo ed esclusivamente sul tuo sforzo». E anche sul motorhome ci sono delle piattaforme virtuali dove spesso fa scarico.

Tutto in divenire

Ai Laghetti di San Leonardo la condizione della neve è quella che detta legge. Oggi pomeriggio la coltre era davvero molle. Il fondo nei giorni precedenti era super duro. Faceva parecchio freddo, poi la nevicata della notte ha modificato il tutto.

La neve fresca è stata rimossa quasi tutta e in alcuni punti si è voluto andare anche oltre, facendo affiorare un po’ di terra, più che altro per rendere un filo, ma proprio un filo, più scorrevole la corsa ed evitare qualche tappo. Poi alcune tracce di terra si sono allargate tra i passaggi e la pioviggine.

I meccanici hanno lavorato ben coperti sulle bici. Quel po’ di terra ha creato qualche problemino sui pedali. Quel mix fango-neve-ghiaccio dopo le rampe era un po’ una scocciatura. Van der Poel che metteva il piede a terra proprio in cima evitava la parte scoperta. Una “botta” sulla pedivella, si scrollava la neve dalla scarpa e via ripartiva in sella… senza perdere tempo. Gi altri invece impiegavano di più per riagganciare lo scarpino.

Ma per la notte si attende qualche altro centimetro e l’organizzazione ha previsto un passaggio con i gatti. In pratica sarà un po’ tutto da rifare. Mentre domani dovrebbe splendere il sole.

Forza azzurri

Tra i nostri ci si attende parecchio da Silvia Persico e Gioele Bertolini.

«L’anno scorso la prova in Val di Sole è stata dura, soprattutto per la guida – ha detto la Persico – mi ero lasciata un po’ ingannare dalla copertura semiscorrevole, questa volta ho montato quella da fango e credo proprio che terrò questa. Però sto bene e vediamo».

«Passano con il gatto? E allora sarà un po’ tutto da rivedere – dice Bertolini mentre scioglie la gamba sui rulli – Ho visto provare tante gomme: scorrevoli, semi slick, da fango. Vedremo cosa scegliere dopo il test di domattina, più che altro in base alle condizioni meteo».

Non resta dunque che darsi appuntamento a domani: donne in gara alle 13 e uomini alle 14,30. C’è tanta attesa per Mathieu, inutile negarlo. Lui qui ha già vinto in mtb, ma il tifo è per gli azzurri. Viste le temperature, forse più dolci dell’anno scorso, magari si supererà la cornice dei 4.000 presenti a bordo pista.

Fra cross e strada, il piano di Arzeni per Silvia Persico

12.12.2022
4 min
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E per fortuna che Silvia Persico doveva partire piano nel ciclocross! Prime tre gare e prime tre vittorie per la campionessa italiana. La stessa Silvia (in apertura a Faè di Oderzo, foto Alessio Pederiva) ci aveva detto così nell’intervista di qualche settimana fa. E invece…  Tuttavia era stata onesta: ce lo conferma Davide “Capo” Arzeni.

Entrambi li abbiamo incontrati nel ritiro della loro futura squadra, con la quale però hanno già iniziato a lavorare, vale a dire il UAE Team Adq. Tecnico e atleta provengono da quella grande famiglia che è la Valcar Travel & Service e dalla relativa squadra di cross: la FAS Airport Services. Da anni si dividono fra strada e fuoristrada. Ma quest’anno con il WorldTour che incombe certi equilibri sono cambiati. O quantomeno stanno cambiando.

Davide Arzeni lavora con Silvia Persico da molte stagioni
Davide Arzeni lavora con Silvia Persico da molte stagioni
Davide, Silvia ci aveva detto che sarebbe partita più piano nel cross. Ci aveva detto che non pensava di andare subito forte e invece…

Non smentisco Silvia, perché in realtà è proprio così. Stiamo facendo una preparazione mirata più alla strada e agli appuntamenti importanti… della strada. Se vado a confrontare gli allenamenti dell’anno scorso con quelli attuali, non ci stiamo allenando meno… ci stiamo allenando molto meno. Poi c’è anche da dire che fino ad ora abbiamo corso comunque in Italia e il livello si sa non è stellare.

Il livello non alto, è vero, però ci sono ragazze che sono a pieno regime da due mesi…

In questi primi giorni di gare di Silvia, ciò che volevo era cercare un po’ di ritmo, ma ho visto qualcosa in più. Ho visto una Silvia che pur non essendo in condizione, ve lo garantisco, può essere già competitiva per entrare nelle prime dieci in Coppa del mondo. E’ una sorpresa perché, vi ripeto, la preparazione è davvero mirata alla strada e obiettivi che arriveranno più in là nella stagione. Tanto per rendere l’idea, l’anno scorso in questo periodo lavoravamo sulle ripetute 40”-20”… quest’anno non abbiamo fatto neanche un 20”-40”.

E allora possiamo dire che la Persico parte da un gradino più alto?

Silvia sta proseguendo la sua maturazione fisica e atletica. E lo vediamo anche dai test con gli altri coach del team. Sta mostrando di avere un motore di quelli importanti. Per ora le sta riuscendo tutto facile. 

Ieri l’atleta lombarda (classe 1997) ha vinto anche a Jesolo (foto Instagram)
Ieri l’atleta lombarda (classe 1997) ha vinto anche a Jesolo (foto Instagram)
Quanto è stato importante dunque il 2022 sia da un punto di vista fisico, relativo ai grandi Giri fatti, sia da un punto di vista mentale?

Certamente ha acquisito maggior consapevolezza mentale e poi credo che, nonostante sia stata ferma a lungo, abbia fatto il giusto riposo. La condizione attuale è frutto ancora del lavoro fatto fino a settembre, cioè quando ha chiuso la stagione con i mondiali. Se un’atleta comincia ad andare forte in queste gare così importanti, vuol dire che le gambe ci sono, ma anche la testa. Per correre a questi livelli significa che hai la consapevolezza di poter competere con le più forti al mondo. Vi dico un’altra cosa…

Vai!

Lei crede di poter competere per vincere addirittura il mondiale di ciclocross. Ci pensa… quantomeno pensa e punta a confermare il risultato dell’anno scorso, quando fu terza. 

E tu credi sia possibile?

Sì… ma come obiettivo intanto mi pongo l’italiano. Il prossimo sabato inizierà a confrontarsi anche con le più forti olandesi, belghe… E lì veramente inizieremo a vedere i valori in campo. O almeno come è messa Silvia rispetto a loro.

La Persico sta utilizzando un telaio Colnago con geometrie gravel… ma sembra essere super performante (foto Alessio Pederiva)
La Persico sta utilizzando un telaio Colnago con geometrie gravel… ma sembra essere super performante (foto Alessio Pederiva)
Quindi la Val di Sole sarà il vero termometro della sua condizione?

Direi di sì, perché comunque la ragazza che sta andando più forte è la Van Empel, che l’anno scorso tra l’altro ha vinto proprio in Val di Sole, e dovrebbe essere presente. In queste tre gare Silvia è veramente andata a fare allenamento: i primi allenamenti tirati. Ma ripeto, stiamo lavorando proprio in funzione della strada. Stiamo per esempio lavorando ancora tantissimo in palestra. 

E allora Davide, quali saranno i grandi obiettivi su strada? Vista come è andata la passata stagione possiamo immaginare siano le corse a tappe…

Il primo obiettivo è sicuramente il UAE Tour (9-12 febbraio, ndr) perché è la corsa di casa e qui ci tengono molto. Tra l’altro sarà qualche giorno dopo il mondiale di cross, quindi si presuppone che Silvia ci arriverà in condizione. Dopo questa gara, ci sarà ovviamente un periodo di stacco e questo ci porterà a cambiare in parte gli obiettivi per quanto riguarda le classiche del Nord. Mentre l’anno scorso abbiamo puntato di più sulle gare fiamminghe, quest’anno punteremo di più su quelle delle Ardenne. Silvia farà il giro delle Fiandre, ma con l’obiettivo di arrivare in condizione in corse come l’Amstel o la Liegi. E poi verrà tutto il resto.

Bertolini in Coppa, come Davide contro Golia

11.12.2022
5 min
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Gioele Bertolini è di fatto l’unico italiano (o quasi) che sta correndo con una certa costanza nella Coppa del mondo di ciclocross. Un impegno importante sotto tanti punti vista: muscolare, mentale, logistico.

Il corridore della Selle Italia Guerciotti riesce a raccogliere qualche punto e poi a fare bene, se non molto bene, in Italia dove il livello è inevitabilmente più basso. Che utilità hanno dunque queste trasferte se da noi si lotta per vincere e oltre confine si va per un piazzamento?

Quando si va in Coppa ci si scontra con i ben noti mostri sacri, ma anche gli altri atleti sono ad un livello altissimo
Quando si va in Coppa ci si scontra con i ben noti mostri sacri, ma anche gli altri atleti sono ad un livello altissimo
Gioele sei l’unico italiano in Coppa, come ci si sente? 

Sto solo solo tra i giganti! L’ambiente bene o male è sempre lo stesso. Certo, quando c’è qualche italiano ci si spalleggia un po’ di più. Fa sempre piacere parlare, provare il percorso con degli amici, perché alla fine siamo tutti amici, e aiutarsi. Da parte mia le uscite che ho fatto nel Nord Europa le ho sempre fatte con la mia compagna di squadra Sara (Casasola, ndr). Abbiamo fatto gruppetto anche con il Trinx Factory Team, che è la squadra che mi appoggia d’estate quando faccio Mtb. Lì c’è Luca Bramati che è anche il mio preparatore, sua figlia Lucia che corre. Mentre tra gli uomini sono praticamente solo.

Come sta andando questa stagione?

Sin qui le corse non sono andate tanto bene, anche perché partendo un po’ indietro è sempre una gran faticata in partenza. E lì basta veramente poco per perdere il treno giusto. Ed ecco che hai già buttato mezza gara. Risalire è difficile. Però devo dire che ad Anversa ho sentito che la mia gamba girava meglio.

E infatti qualche giorno fa hai vinto…

E voglio continuare su questa strada e continuare ad ottenere buoni risultati, anche sabato prossimo in Val di Sole. Lì ci sarà tanto tifo e ci saranno anche tante aspettative su di noi. Spero di non deludere i tifosi. 

Bertolini ha vinto a Faè di Oderzo merito anche delle “tirate di collo” in Coppa (@alessiopederiva_photo)
Bertolini ha vinto domenica scorsa a Faè di Oderzo, merito anche delle “tirate di collo” in Coppa (@alessiopederiva_photo)
Prima hai detto che ti appoggi anche alla Trinx e che provi il percorso con le ragazze, ma magari non è la stessa cosa che fare il giro con un Dorigoni che ha una potenza simile alla tua, la stessa velocità di entrata in curva, utilizza gli stessi rapporti… Sarebbe un confronto più indicativo?

Un po’ più indicativo sì, ma non così tanto. Diciamo che provando il giro con le ragazze, loro ne giovano di più perché io magari vedo cose che loro non vedono, riesco ad aiutarle nei tratti in cui fanno più fatica. Mentre io la traiettoria giusta devo individuarmela da solo. Però è anche vero che quando arrivi a un determinato livello devi saper fare da te. E poi – aggiunge – ogni tanto parlo e scherzo con qualche belga o olandese più simpatico!

Guardando il lato un po’ più romantico, diciamo così, quando parti da solo per andare in Belgio o in Olanda a lottare con i giganti e tu sei da solo, non ti scatta l’orgoglio del Davide contro Golia? 

Ormai ci ho fatto l’abitudine, sono anni che faccio così. E poi alcune tappe, come quelle più lontane per esempio, non le faccio. Considerate che anche a livello logistico sono trasferte impegnative. Sono difficili da gestire nel loro insieme. 

Analizzando i tuoi risultati in Coppa, viaggi tra la ventesima e la trentesima posizione, più o meno. Da fuori ci si può dire: “Fai queste grandi trasferte e poi fai fatica ad entrare nei primi 10”. Allora ci si chiede: servono davvero?

Io sono stato sempre dell’idea che quando un corridore in Italia vince deve uscire dai confini. Deve alzare il livello. Entrare nei primi 10 in Coppa è un grande risultato. Piuttosto, non capisco tanti atleti che in Italia arrivano decimi o quindicesimi e vogliono andare all’estero. Fare magari delle trasferte onerose, buttare via tempo ed energie. Io dico: prima cresci e fai i risultati in Italia, poi dopo vai all’estero. Perché se arrivi “esimo” in Italia e vai fuori rischi di non finire la gara e di non finirla molto presto. Perché il livello è veramente alto. Io mi ricordo di una gara che hanno finito in 16. Io ero stato uno degli ultimi a prendere l’80%. In 16 finiscono una corsa: questo ti fa pensare.

Quindi sei stato chiaro: serve…

Eccome. Ma bisogna anche essere realisti. Devi avere una buona base per andare lassù e non solo per la gara in sé stessa. Bisogna considerare che per andare in Belgio partiamo da soli. Dobbiamo prendere un volo, prendere una macchina e guidare delle ore per poi andare alla gara. Dobbiamo organizzare i pasti, il dormire. I belgi o gli olandesi partono sempre da casa. Il Belgio è grande come la Lombardia e alla fine da dove abitano in un’ora e mezza al massimo sono dappertutto.

Tutto è più facile…

Loro possono dire: «Corro, sabato poi torno a casa mia. Mangio, faccio quello che voglio, mi rilasso e la domenica corro». Oppure: «Dopo le prove torno a casa». E’ ben diverso partire dall’Italia il sabato o il venerdì sera per correre la domenica. Anche per questo loro fanno tutta la Coppa. Quegli atleti certi sbattimenti ce li hanno una o due volte l’anno. E’ ben diversa la situazione, lo stress, il viaggio…

Stregato dal Tour, Pidcock fa rotta (decisa) sulla strada

07.12.2022
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«Non ho il peso e la stessa potenza di quei due – dice Pidcock ammiccando all’indirizzo di Van Aert e Van der Poel – è difficile batterli in gare scorrevoli come le ultime. In più sto cominciando a spostare la mia attenzione sulle corse a tappe. Questo mi aiuterà in salita su strada, meno nel cross. Nonostante ciò, continuerò a provarci e la maglia iridata mi aiuterà a restare concentrato».

Il più piccolo dei tre tenori pesa solo 58 chili e a ben pensarci la sua è davvero la sfida di Davide contro due Golia. Nonostante ciò, andate a trovarlo uno che nel giro di un anno e mezzo ha vinto le Olimpiadi di mountain bike, il mondiale di ciclocross, la tappa dell’Alpe d’Huez al Tour de France e gli europei di mountain bike ad agosto. Pidcock ha 23 anni, Van Aert ne ha 28 e pesa 78 chili, Van der Poel 27 e ne pesa 75.

«Passare sull’Alpe d’Huez – ha detto Pidcock – è stato come attraversare di continuo un muro di suoni»
«Passare sull’Alpe d’Huez – ha detto Pidcock – è stato come attraversare di continuo un muro di suoni»
Andate bene le vacanze?

Sono andato con Bethany negli Stati Uniti, lontano dalle corse e dall’iPhone. Ho fatto tutte le cose che normalmente non posso fare. Uscire, mangiare bene. L’anno scorso non ho toccato una bicicletta per tre settimane e mezzo ed ero annoiato a morte. Questa volta invece sono stato davvero bene. Siamo andati anche con lo zaino e la tenda sulle montagne di Andorra. E’ stato davvero rigenerante.

Quando hai ricominciato ad allenarti?

In modo specifico a metà ottobre. Ho iniziato a preparare il cross dopo la vacanza in California. Laggiù ho fatto qualche giretto, ma senza intensità. Era solo un esercizio per giocare e tenersi in forma.

Al Tour of Britain per Pidcock due podi di tappa e il secondo posto finale
Al Tour of Britain per Pidcock due podi di tappa e il secondo posto finale
Sei riuscito a seguire qualche cross? Ad esempio l’europeo di Namur?

Non ho visto molte gare, ma quella sì. Mi piace Namur e piace anche a Michael Vanthourenhout che lì aveva vinto anche la Coppa del mondo e non a caso. Questa volta è stato semplicemente impressionante. Visto come andava negli ultimi giri? E’ stato super eccitante e non ha commesso un solo errore. Invece Iserbyt… Con lui non si sa mai, dipende da che parte del letto si alza.

Adesso è tempo del duello con gli altri due, ma il 25 febbraio ci sarà il primo scontro su strada alla Omloop Het Nieuwsblad. Come si fa a gestire la condizione?

La stagione su strada per me è molto più importante, anche quest’anno mi sento così. Per cui non so se arriverò fino al mondiale cross di Hoogerheide a casa di Van der Poel. Il 5 febbraio è molto avanti. E se raggiungi il massimo per quel giorno e poi ti devi preparare per le classiche…

Tifosi di Pidcock al Tour of Britain. E se fosse lui il prossimo uomo Ineos per il Tour?
Tifosi di Pidcock al Tour of Britain. E se fosse lui il prossimo uomo Ineos per il Tour?
Pensi che lascerai il cross?

Sto pensando di continuare a farlo, un massimo di dieci o quindici corse. Penso che sia utile anche mentalmente. La testa fa tanto. Ho chiuso su strada ai primi di settembre, stanco soprattutto di testa. Ho saltato il mondiale di Mtb per una caduta. Avrei voluto smettere lì, invece sono andato al Tour of Britain e alla fine sono arrivato secondo. Ma concentrarsi sul mondiale strada dopo la batosta di Les Gets non era alla mia portata e mi sono fermato.

Perché la strada è più importante del cross?

Nel 2023 voglio mettermi alla prova nelle classiche di primavera. Voglio vincere. L’anno scorso ho giocato un ruolo importante nelle vittorie della squadra. Kwiatkowski ha vinto l’Amstel Gold Race, Sheffield il Brabante. Abbiamo corso in modo fantastico, anche se le cose non sono andate come avrei voluto. Rispetto a Jumbo Visma e Quick-Step, abbiamo una squadra giovane e con meno esperienza, ma possiamo infilarci fra loro.

Agli europei di Monaco, per Pidcock il titolo continentale della mountain bike, dopo l’oro olimpico
Agli europei di Monaco, per Pidcock il titolo continentale della mountain bike, dopo l’oro olimpico
Cosa ricordi del primo Tour?

Un’esperienza fantastica. L’Alpe è stato come attraversare continuamente un muro di suoni. Da bambino pensavo che non ci fosse un vero divertimento in una corsa del genere, che erano solo tre settimane di stress. Ora posso dire che il Tour è stato la gara migliore che abbia mai corso. Per la velocità e l’intensità. Per capire quanto sia difficile, devi prima averne corso uno. Se dipendesse solo da me, farei il Tour ogni anno. Mi piacerebbe essere di nuovo lì la prossima estate. Ora so cosa aspettarmi. Con una preparazione un po’ migliore, può diventare un’altra esperienza. Non vincerò il Tour, ma forse tra qualche anno potrò giocarmelo.

Ai mondiali di Glasgow ci sarà la prova su strada il 6 agosto e la mountain bike il 12. Come si fa?

Mi piacerebbe esserci, almeno nel cross country. Anche se la scorsa estate mi ha insegnato che non è facile passare dalla strada alla mountain bike, mi piacerebbe conquistare una buona posizione di partenza per Parigi 2024. Voglio difendere il mio titolo olimpico.

Un anno dopo, parlando ancora con Aru di Baroncini

03.12.2022
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Leggendo il pezzo di ieri in cui Filippo Baroncini (gs_ph.oto in apertura) raccontava la sua prima gara di ciclocross, la memoria è tornata a quel giorno di fine 2021 in cui l’allora campione del mondo degli U23 si ritrovò a pedalare sui Monti Sibillini accanto a Fabio Aru, fresco di ritiro. Baroncini indossava la maglia iridata con le insegne della Colpack-Ballan, Aru quella del Team Qhubeka-Assos con cui aveva chiuso la carriera dedicandosi anche lui al cross nei mesi prima del debutto su strada.

Aru e Baroncini si conobbero sulle strade di #NoiConVoi2021 e da lì iniziò lo scambio di consigli
Aru e Baroncini si conobbero sulle strade di #NoiConVoi2021 e da lì iniziò lo scambio di consigli

L’idea giusta

Fabio è in Sardegna per delle cose da fare nella sua Academy di ciclismo e domattina rientrerà a casa. Però intanto, avendo letto del debutto di Baroncini nel cross e della sua idea di correre domani a Vittorio Veneto (Filippo è iscritto nella categoria Uomini Open con il numero 46) , gli abbiamo chiesto un parere ricordando quella loro uscita e perché Baroncini quanto a statura e peso (1,88 per 74 chili) ricorda da vicino Van Aert (1,90 per 78 chili) anche nell’attitudine.

«Forse del cross avevamo anche parlato quella volta – ricorda il sardo – ma non ricordo bene. Di sicuro è qualcosa che gli servirà molto, sia all’inizio di stagione sia alle classiche. Vittorio Veneto è una gara durissima. Io l’ho vinto quando ero under 23, mentre non l’ho fatto nel 2021. Ero stato a San Fior e in Friuli. Comunque per un ragazzo di 22 anni come lui fare cross in inverno non è male, ma di certo è un po’ inusuale».

Fabio Aru, Montodino 2020
Alla vigilia della sua ultima stagione da pro’, Aru cercò (e trovò) entusiasmo e gamba nel ciclocross
Fabio Aru, Montodino 2020
Alla vigilia della sua ultima stagione da pro’, Aru cercò (e trovò) entusiasmo e gamba nel ciclocross
Perché inusuale?

Solitamente si parte da piccolini, poi da under 23 ti fanno smettere. Però la trovo un’ottima alternativa. Se piove o c’è tempo brutto, invece di andare su strada, l’alternativa di fare ciclocross o mountain bike è molto valida. Quando è freddo, le velocità più basse possono salvarti, oltre ad eliminare i problemi della strada. In meno tempo, fai un allenamento super, invece su strada servono sempre tante ore e poi magari fa freddo.

Baroncini avrà dei benefici?

Il cross è un’ottima alternativa alla strada. Magari non puoi fare la stagione da ottobre a febbraio, però fare un po’ di cross a fine novembre e dicembre, qualche gara può funzionare. Quando l’ho fatto l’anno scorso, mi accorsi di avere un colpo di pedale molto più pronto. A maggior ragione quando inizi su strada e inizi a fare un po’ più di endurance, hai la gamba già molto più pronta. Alla fine, anche chi fa pista ha gli stessi benefici. Comunque sia, sono sforzi brevi e intensi, che su strada tornano bene. 

Quindi una fase di preparazione?

Tutto sommato, Filippo ha le caratteristiche fisiche di un Van Aert e magari se le corse cui punterà diventano quelle, come capacità muscolare e cardiaca, avrà dei giovamenti. Gli uomini delle classiche ormai partono a tutta. Le gare sono diventate sempre più esigenti già da inizio stagione, a gennaio ci si deve presentare già con dei valori molto importanti. Perciò il cross ti permette di mantenere il motore sempre bello attivo e in spinta. Il giusto numero di gare: vedo che anche i big, Van der Poel e Van Aert, ormai fanno un calendario limitato.

Baroncini ha raccontato di aver tenuto la stessa altezza di sella della strada e di aver sofferto con le gomme…

Solitamente io ero sempre un centimetro scarso più basso e uno più corto. Nel fuoristrada sei sempre un pelino più basso, però magari lui si trova bene così. Un consiglio che posso dargli è di curare la pressione delle gomme. Quando facevo cross 15 anni fa, avevo imparato a scegliere in base ai percorsi e al mio peso. L’anno scorso invece ho sbagliato completamente le prime 2-3 gare perché gonfiavo troppo alto. Facevo 1,7-1,8, su percorsi dove potevo andare a 1,3-1,4 per il peso che avevo, che era a 62-63 chili. Serve avere lo strumento per misurarla con precisione, la semplice pompa non basta.

Oggi Aru è testimonial di Specialized ed Ekoi: qui con i bimbi della sua Academy in Sardegna
Oggi Aru è testimonial di Specialized ed Ekoi: qui con i bimbi della sua Academy in Sardegna
Come va in Sardegna con la tua Academy?

Stiamo definendo delle cose per il prossimo anno. Però intanto c’è questo circuito da ciclocross che è chiuso tutto l’anno, completamente tracciato e a nostra disposizione. Ce lo dà il Comune nella zona industriale del mio paese e lì dentro si possono allenare quando vogliono. I tre direttori della Academy fanno anche la manutenzione, perché sono tuttofare e appassionati. Con i piccoli c’è bisogno di questo.

Baroncini e il ciclocross: amore a prima vista

02.12.2022
5 min
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Filippo Baroncini è tornato in corsa, questa volta però non su strade asfaltate ma su percorsi infangati (foto di apertura gs_ph.oto). Il corridore della Trek Segafredo, infatti, nel weekend ha corso al Memorial Amedeo Severini. Un’esperienza diversa per lui che, dopo un lungo stop causato dalla frattura di clavicola e polso, torna a mettere il numero sulla schiena. 

«E’ stato un inverno un po’ così – racconta Baroncini appena alzata la cornetta – non ho praticamente fatto vacanze. Un po’ dopo l’infortunio mi era andata via la voglia. I primi giorni della pausa li ho passati dal fisioterapista a recuperare. Ora mi sto allenando molto e sono volenteroso di ripartire».

La stagione su strada di Baroncini si è interrotta ad agosto, per lui una lunga pausa dalle corse
La stagione su strada di Baroncini si è interrotta ad agosto, per lui una lunga pausa dalle corse

La “pazza” idea

Così in questo inverno di poca pausa e tanto recupero il corridore di Massa Lombarda ha deciso di fare una nuova esperienza. 

«Ho buttato lì l’idea alla squadra – ci dice – più che altro per avere un po’ di motivazione e per sfogarmi, dopo il secondo infortunio in stagione ne avevo bisogno. Loro hanno risposto che sarebbe stata un’ottima idea. Sono sempre stato incuriosito da questo mondo, è una disciplina che tanti corridori forti praticano e così ho pensato “magari qualche riscontro positivo lo trovo pure io”. Serviva per avere un po’ di gamba e di ritmo gara, perché la mia stagione ripartirà molto presto: dall’Australia. Poi sono tornato ad attaccare il numero sulla schiena, e devo dire che è sempre una bella esperienza. Pensate che il mio team di supporto erano mio papà e la mia fidanzata».

Ad un certo punto l’idea: ripartire dal ciclocross, per fare un po’ di fatica (gs_ph.oto)
Ad un certo punto l’idea: ripartire dal ciclocross, per fare un po’ di fatica (gs_ph.oto)

Una bella esperienza

Baroncini non ci ha messo molto a trovare la voglia di lanciarsi in questa nuova disciplina, è bastato poco: un po’ di fango, delle ruote grasse e tanta voglia di sperimentare. 

«Volevo divertirmi – riprende – e così è stato, ed è arrivato anche un bel risultato (terzo posto finale nella categoria open uomini, ndr). Si tratta di un bel modo di fare ritmo gara anche se non ad alte velocità, alla fine è stata un’ora intensa con una frequenza cardiaca molto alta, dove si stimola la soglia. In inverno è difficile mantenere dei ritmi alti in allenamento su strada a causa del freddo che abbassa la frequenza cardiaca».

In questa sua avventura lo hanno accompagnato il padre e la fidanzata (gs_ph.oto)
In questa sua avventura lo hanno accompagnato il padre e la fidanzata (gs_ph.oto)

Tecnica fai da te

Come anticipato dallo stesso Filippo, la sua squadra a supporto erano il padre a la fidanzata, nessun meccanico o tecnico al seguito. Allora viene da chiedersi come abbia fatto a prepararsi per questa sfida. 

«Ho usato la stessa bici del team Trek Baloise, la nostra squadra di ciclocross – continua nel racconto Baroncini – come telaio è molto simile all’Emonda. Il manubrio è un po’ più alto, per mantenere una guidabilità migliore e decisa. Nel cercare la posizione giusta sulla sella ho cercato di mantenermi il più vicino possibile a quella che uso su strada. Non ho avuto molto tempo per provarla, ma me la sono cavata bene, anche se devo dire che il livello non era altissimo. Però direi che mi è venuta voglia di riprovare in futuro, anche perché il risultato sicuramente mi ha dato motivazione, se mi avessero doppiato magari avrei desistito (dice ridendo, ndr)».

L’atmosfera del ciclocross lo ha stregato, in futuro potrebbe correre di nuovo (gs_ph.oto)
L’atmosfera del ciclocross lo ha stregato, in futuro potrebbe correre di nuovo (gs_ph.oto)

Qualche difficoltà

L’esperienza di Filippo è andata bene, ma qualcosa da registrare ci sarà per forza. Come il ritmo gara o qualche scelta tecnica. 

«La gara mi è volata – spiega – avrei quasi fatto un’altra ora di corsa probabilmente. Anche se sono andato a tutta dall’inizio alla fine, questo vuol dire che gli allenamenti fatti finora stanno dando i loro frutti. Ho preso la mano solo negli ultimi giri. Non sono riuscito a restare con i primi solo perché ci sono state un po’ di cadute all’inizio che mi hanno fatto perdere le ruote. Le difficoltà maggiori le ho avute nei tratti di contropendenza, quando dovevo salire e scendere dalla bici. Non sono molto rapido a trovare subito i pedali ed agganciarli e più di qualche volta ho perso dei secondi preziosi. 

«Un’altra difficoltà è stata nella scelta degli pneumatici. Appena visto il percorso ho pensato di mettere quelli più tassellati, però man mano che passavano i giri mi accorgevo che non sollevavo fango. Dopo la gara, dei ragazzi mi hanno detto che avevo proprio sbagliato scelta, infatti pattinavo molto sulle curve, non avevo presa. La pressione dei copertoni l’ho azzeccata invece, è già un primo passo. Dal punto di vista della guida è una disciplina molto utile e divertente, impari a muovere la bici in condizioni critiche. Io avevo già un po’ di esperienza dalla mtb, quindi non ero proprio un neofita».

Per Baroncini qualche difficoltà nella scelta dei copertoni giusti, ma la pressione è ok (gs_ph.oto)
Per Baroncini qualche difficoltà nella scelta dei copertoni giusti, ma la pressione è ok (gs_ph.oto)

Il tifo

Il ciclocross è tecnica, sentieri sterrati ma anche tanta gente e un ambiente caloroso, come si è trovato il corridore della Trek in questo nuovo ambiente?

«C’era un gran pubblico – conclude – con tanta gente sempre contenta e che faceva un gran chiasso. Sono tutti molto socievoli, ad un certo punto ho avuto anche un incidente meccanico (si è rotta la catena, ndr) e mi sono messo a correre con la gente che mi parlava e mi incitava. In più tra la fine della corsa e le premiazioni, c’è stato anche un rinfresco e si sono creati tanti gruppi. Domenica, mi sono iscritto alla gara che ci sarà a Vittorio Veneto, se il tempo non sarà troppo brutto parteciperò. E’ un’internazionale, quindi ci sarà un livello più alto. Insomma, mi sono proprio appassionato. Una cosa è certa: se avessi scoperto il ciclocross prima lo avrei praticato sicuramente di più». 

La Val di Sole bussa e Samparisi ci riporta sulla neve

01.12.2022
5 min
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Ci siamo quasi. Dopo il grande successo dello scorso anno, si avvicina di gran passo la data della Coppa del mondo di Ciclocross In Val di Sole a Vermiglio. La tappa della neve per intenderci, quella che lo scorso anno alla sua prima edizione ha regalato uno show memorabile fatto di derapate, campioni, freddo, cadute, neve e tensione agonistica. Ieri c’è stata presentazione ufficiale della gara, ribattezzata “snowcross”, organizzata da Grandi Eventi Val di Sole e Flanders Classics, in programma per il prossimo 17 dicembre.

Sono attesi i campioni e le campionesse di tutto il mondo: da Mathieu Van der Poel a Fem Van Empel, da Tom Pidcock a Ceylin Del Carmen Alvarado. Ma anche i nostri ragazzi, come per esempio Nicolas Samparisi, uno dei sette italiani riusciti ad andare a punti nella passata edizione. Il corridore della KTM Alchemist Powered by Brenta Brakes ci parla della gara e del percorso trentino.

Nicolas, com’è dunque correre sulla neve?

Strano! Sicuramente è il terreno che più si modifica. All’inizio è molto battuto e compatto. E’ scivoloso, ma scorrevole. Man mano che si va avanti, con i passaggi la neve un po’ si scioglie e soprattutto si sfalda. Diventa molto simile alla sabbia e la cosa più difficile è mantenere la traiettoria.

Immaginiamo che una gara sulla neve sia più dura e di conseguenza anche più lenta: per te quanti chilometri in meno si fanno nel corso dell’ora di gara? Ammesso sia quantificabile…

Alla fine credo che la differenza non sia poi così tanta e che si possa paragonare ad una gara con molto fango. I primi giri sono veloci nel complesso. Entri più piano in curva, ma appunto restano veloci. Poi si va più piano, come fosse una gara bagnata su fango.

E’ stato presentato il percorso, hai notato delle differenze?

Di base sarà come quello dell’anno scorso. Fu un percorso molto bello, che riscosse successo e non richiedeva modifiche sostanziali. E’ stata una gara importantissima per il movimento, un vero spot per portare il ciclocross alle Olimpiadi e quest’anno la partecipazione sarà ancora maggiore.

Lo scorso anno Samparisi ha difeso i colori della nazionale (foto Previsdomini, anche in apertura)
Lo scorso anno Samparisi ha difeso i colori della nazionale (foto Previsdomini, anche in apertura)
Quanto conta l’esperienza del 2021? 

Quando ero junior, correvo spesso in Belgio e non era così raro trovare la neve, ora non capita più e quell’esperienza serve a poco sinceramente. Anche perché resta una gara unica, fine a se stessa. Di certo è un’emozione insolita. E’ un po’ come correre a Koksijde… circuito interamente su sabbia.

Tecnicamente sai già cosa ti aspetta, i setup… ci vai più preparato?

Sicuramente chi ha corso in Val di Sole l’anno scorso sa cosa serve. Io so a cosa vado incontro. Ho idea per esempio di partire con una gomma e di finire con un’altra. So anche come vestirmi: più pesante. L’anno passato ero partito con il body felpato della nazionale e i gambali: quest’anno in caso di freddo mi vestirò di più. Soprattutto starò più attento a mani e piedi perché fu davvero freddo. Sono piccole che cose che messe tutte insieme possono fare la differenza.

Hai detto che partiresti con una gomma e finiresti con un’altra. Quindi prevedi il cambio di bici a metà gara?

Esatto, una gomma più tassellata all’inizio quando con il fondo compatto può esserci più grip e una da sabbia nella seconda parte. Come accennavo, in Val di Sole la vera fatica emerge nella seconda parte di gara. Quando il terreno è smosso e tanto farinoso, che tu abbia una gomma scorrevole o una da fango conta meno. Semmai conta più la mescola. Lo scorso anno per esempio Van Aert utilizzò quella verde ideale per le basse temperature. Ricordo invece che Pidcock fece molte prove: iniziò con quella da fango, poi passò a quella da sabbia, ritornò su quella da fango e infine provò anche la “mille punte” (quella da sabbia, ndr).

Per il resto, Nicolas, come ci arrivi a questo evento? Come sta andando la tua stagione?

Direi bene. Ho iniziato con una vittoria e questo ti dà morale, ti fa capire che stai lavorando nella direzione giusta. E so che devo lavorare tanto… tanto. Ho finito la stagione in mtb ad ottobre inoltrato e ho fatto fatica all’inizio ad abituarmi all’esplosività del cross. Mi ci vorrà ancora un mesetto buono per arrivare a certi livelli. 

L’obiettivo dunque è essere al top per gennaio, quando si avvicina il campionato italiano?

Esatto, quello è il mio obiettivo principale della stagione di ciclocross.

Pidcock e Ferrand-Prévot: scelta vincente di Challenge

29.11.2022
3 min
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La stagione del ciclocross sta sempre più entrando nella sua fase “calda” con le prove di Coppa del mondo che si succedono quasi ogni weekend e che ci porteranno diritto alla prova iridata di Hooghereide, in programma a inizio febbraio. Tra i protagonisti del circus del ciclocross spiccano sicuramente i nomi di Tom Pidcock e Pauline Ferrand-Prévot.

L’asso britannico e la campionessa francese da quest’anno militano nella stessa formazione, la Ineos Grenadiers. Il team guidato da Sir David Brailsford ha di recente esteso la propria partnership per la disciplina del ciclocross con Challenge Tires a conferma di una collaborazione che ha dato lo scorso anno a entrambe le parti grandi soddisfazioni, a cominciare dal titolo di campione del mondo conquistato a Fayetteville da Pidcock.

Il massimo successo per Challenge e Pidcock è stato il campionato del mondo di ciclocross conquistato dal britannico
Il massimo successo per Challenge e Pidcock è stato il campionato del mondo di ciclocross conquistato dal britannico

Un motto vincente

In casa Challenge esiste un motto che guida quotidianamente il lavoro di progettazione e sviluppo di ogni singolo prodotto: “le gomme vincono le gare”. Una conferma a questo motto arriva sicuramente dallo stesso Pidcock. Il campione britannico è da sempre un grande estimatore degli pneumatici Challenge, avendoli utilizzati nel corso di tutta la sua carriera nel ciclocross. Anche grazie alla qualità dei prodotti Challenge Pidcock ha conquistato il titolo di Campione del Mondo nelle categorie Junior, U23 ed Elite. Qualcosa di davvero straordinario.

«Nelle corse – ha dichiarato Pidcock – devi avere pneumatici di cui ti puoi fidare perché ti aiutano a continuare a spingere oltre i tuoi limiti, avendo il grip di cui hai bisogno in tutte le condizioni».

Con i prodotti Challenge Pidcock ha vinto su tutti i terreni delle gare di ciclocross
Con i prodotti Challenge Pidcock ha vinto su tutti i terreni delle gare di ciclocross

Arriva Pauline

Come dicevamo all’inizio, quest’anno il team Ineos Grenadiers si è arricchito di una nuova stella. Si tratta di Pauline Ferrand-Prévot. Per quei pochi che non la conoscono, basta consultare Wilkipedia dove viene presentata come “atleta multidisciplinare, nel 2014 si è laureata campionessa del mondo in linea su strada, mentre nel 2015 ha vinto il titolo mondiale di ciclocross e quello di cross country, diventando così la prima atleta della storia a detenere il titolo mondiale Elite nelle tre specialità. Nel 2019, nel 2020 e nel 2022 ha vinto nuovamente il titolo mondiale di cross country, nel 2019 e nel 2022 ha vinto il titolo mondiale di marathon, e nel 2022 ha vinto anche i titoli mondiali di cross country short track e di gravel, arrivando dunque a detenere, a fine 2022, quattro maglie iridate in altrettante specialità”.

Pauline Ferrand-Prevot è l’ultimo acquisto del team Ineos
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Sviluppo continuo

Challenge Tires e Ineos Grenadiers sono oggi accumunate da un obiettivo comune: il miglioramento continuo dei prodotti a disposizione del team per quel che concerne il ciclocross. L’innesto nella squadra di una fuoriclasse come Ferrand-Prévot non fa altro che confermare come la Ineos Grenadiers voglia crescere sempre più nel settore del fuoristrada.

Concludiamo con il pensiero dell’Athletes Manager di Challenge Tires: «E’ stato fantastico seguire Tom Pidcock dall’inizio della sua carriera e siamo lieti di continuare la nostra collaborazione con il team e di contribuire al loro successo. L’ingresso di Pauline nel team è un’aggiunta gradita e aumenta ulteriormente il nostro livello grazie all’opportunità di lavorare con atleti così talentuosi».

Challenge

Fra strada e cross, Silvia Persico al lavoro sulla forza

21.11.2022
5 min
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L’ultimo impegno su strada della stagione di Silvia Persico è stato il mondiale di Wollongong, il 24 settembre. Quel giorno la portacolori della Valcar Travel&Service, in procinto di passare alla UAE Adq, si è fermata dopo un’annata tanto intensa quanto ricca di soddisfazioni.

Per Silvia 55 giorni gara, 3 vittorie, l’ottimo piazzamento al Tour de France Femmes (quinta) e il bronzo proprio al mondiale. Stagione che a sua volta era stata preceduta da un’ottima chiusura nel ciclocross, ancora con un bronzo iridato.

Ebbene ora che il ciclocross per lei sta ricominciando, come si sta preparando? Come ha lavorato? Le direttrici a quanto pare sono due: sfruttare l’immensa base che le ha dato la stagione su strada e lavorare sulla forza.

Silvia, parliamo della tua preparazione: come ti sei traghettata dalla fine della strada alla ripresa con il cross?

Dopo l’ultima gara su strada ho fatto un mese di stop. Andavo a camminare e facevo qualche corsetta, mentre proprio non ho più voluto vedere la bici! Poi quando sono andata negli Emirati Arabi Uniti per il camp con la nuova squadra ho ripreso a fare qualche pedalata, ma molto, molto easy. Di fatto ho ripreso con la bici quando sono tornata, il 24 ottobre.

Giusto un mese dopo il mondiale…

Esatto. Non è stato facile ricominciare e non lo è ancora, in quanto non mi sono ripresa del tutto. E’ stata davvero una stagione dispendiosa sia dal punto vista mentale che fisico. E infatti adesso quando esco e faccio il confronto con qualche mese fa dico: «Aiuto!». Ma sono tranquilla…

Come stai lavorando?

Mi sto concentrando molto sulla forza. Speriamo che possa partire bene questa stagione di ciclocross, ma come ho già detto più volte non credo che sarà al livello dell’anno scorso, perché avevo cominciato molto prima. Però cercherò di prendermi il titolo italiano e di confermarmi al meglio di ciò che posso fare.

Hai detto di aver fatto un mese di stop, quando invece hai ripreso la bici hai ripreso anche la palestra?

Sì, sì…  Ho iniziato con palestra anche prima della bici. Già quando ero al camp negli Emirati, la mattina facevo sempre qualche esercizio. Poi da quando vado in bici, la faccio due volte a settimana.

Per Silvia Persico delle belle camminate dopo lo stacco dalla strada (foto Instagram)
Per Silvia Persico delle belle camminate dopo lo stacco dalla strada (foto Instagram)
Silvia, quando parli di palestra ed esercizi intendi solo core zone, stability o anche pesi?

Anche pesi. Gli esercizi più importanti sono gli squat: squat normale e squat bulgaro che sarebbe quello monopodalico. Sto insistendo parecchio sugli esercizi monopodalici perché puoi differenziare i carichi e io sto lavorando molto con la gamba sinistra perché spingo meno. In questo modo cerco di compensare. Per quanto riguarda questo lavoro a secco, Enrico Campolunghi mi ha dato le tabelle, mentre Giovanni Gilberti e Paride Piantoni mi seguono appunto in palestra a Cazzago San Martino.

La bici da cross la prendi spesso?

Non molto a dire il vero. La uso quando devo fare degli allenamenti specifici di cross o se devo fare un giretto tranquillo di scarico. Uso più la bici da strada.

Dopo parecchi mesi che non la usi non senti il bisogno di riprenderla per ritrovare il feeling giusto, rispolverare la tecnica…

Sicuramente dopo 7-8 mesi qualcosa di tecnica mi manca, ma per adesso è più importante concentrarsi su altri aspetti come quello della forza. E poi correndo si ritrova la tecnica. Io riprenderò le gare il 26 novembre (sabato prossimo, ndr) a Genova.

Anche se sta preparando il cross, Persico fa più chilometri (e lavori specifici) con la bici da strada (foto Instagram)
Anche se sta preparando il cross, Persico fa più chilometri (e lavori specifici) con la bici da strada (foto Instagram)
Visto che parliamo di un’attività che al massimo dura un’ora, che tipo di lavori fai?

Lavori in salita soprattutto. Per ora poca intensità, ma più lavori di forza. Quindi SFR, partenze da ferma, sprint in progressione. 

Quanto dura una seduta in bici in questa tua fase?

Su strada faccio più o meno tre ore. 

Ti alleni mai facendo la doppia seduta: mattina palestra e pomeriggio bici?

Non mi piace molto fare la doppia attività, però quando faccio il lavoro a secco prima di andare in palestra, corro a piedi per una ventina di minuti, faccio appunto palestra e a seguire vado un’oretta in bici. Un’oretta molto tranquilla.

Visto che stai curando molto la forza, osservi qualche accorgimento particolare in merito all’alimentazione?

Non troppo, ma ci sto attenta. Io sono seguita da Erica Lombardi. Mi trovo molto bene con lei. Inizialmente ci sentivamo tutti i giorni. Io le davo il programma giornaliero e lei la mattina mi scriveva cosa mangiare, ora invece seguo un suo protocollo. Si mangia sempre in modo equilibrato, i carboidrati non mancano, ma quando lavoro sulla forza ci si sbilancia leggermente sulle proteine.