Coppa del Mondo, cross Pontoni

Cross: scattata la Coppa, Pontoni ci parla dei suoi ragazzi

29.11.2025
6 min
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Domenica scorsa è iniziata la Coppa del Mondo di ciclocross: 12 tappe, da Tabor a Hoogerheide, passando anche per la Sardegna e la Spagna. Per l’Italia, quest’anno più che mai, almeno questa è la sensazione, è una challenge intrigante, soprattutto per le categorie giovanili. E ce lo spiega bene il commissario tecnico, Daniele Pontoni.

A Tabor, dominata da un Thibau Nys sempre più convincente e maturo, e da Lucinda Brand, i nostri giovani si sono comportati più che bene. Con Pontoni vogliamo capire cosa aspettarci da questa Coppa: quali tappe vedremo per i nostri ragazzi, dove potremo essere protagonisti e con quali ambizioni.

La rassegna di Middelkerke si era aperta con il bronzo di Nicole Azzetti fra le junior (qui insieme al cittì Pontoni)
Il cittì Pontoni con Nicole Azzetti a Middelkerke
La rassegna di Middelkerke si era aperta con il bronzo di Nicole Azzetti fra le junior (qui insieme al cittì Pontoni)
Il cittì Pontoni con Nicole Azzetti a Middelkerke
Quindi, Daniele: 12 tappe avvincenti. Cosa ti aspetti dai nostri in questa Coppa del Mondo?

Come apertura direi che siamo partiti molto bene, perché ottenere quattro podi nella stessa prova di Coppa del Mondo, considerando anche la categoria elite, è qualcosa che non era mai accaduto. Noi, come negli ultimi 4-5 anni seguiremo le sei prove riservate alle categorie Juniores (maschile e femminile) e under 23 maschile.

E quali sono queste tappe? Ricordiamolo…

Tabor, che si è appena corsa, poi Flamanville. Avremo il 21 e il 28 dicembre Koksijde e Dendermonde, per poi passare alle ultime due prove di gennaio, Benidorm e Hoogerheide, che sono due classiche vere e proprie. La categoria elite avrà un calendario doppio rispetto agli altri, ma per quanto ci riguarda quelle gare verranno affrontate dai club. Terremo comunque monitorata la situazione.

L’inizio a Tabor, ma più in generale tutta la stagione, non è stato affatto male…

Abbiamo cominciato facendo una rotazione ampia tra gli juniores: ne abbiamo convocati sei, dopo i quattro portati agli europei, più quattro donne. A Flamanville faremo ancora rotazione tra i ragazzi, dopodiché credo che manterremo un gruppo numeroso per le due prove in Belgio, prima di fare una selezione dopo i campionati Italiani, dove avremo le idee già più chiare su chi andrà al mondiale. Le aspettative sono buone: i ragazzi stanno tutti bene, il trend è positivo e lo sarà anche in futuro. Nelle prime due prove internazionali, gli europei e Tabor, ci siamo trovati in condizioni alle quali non siamo abituati, ma ne siamo usciti molto bene.

Il momento dell'attacco di Agostinacchio, Haverdings prova a tenere ma cederà poco dopo
Mattia Agostinacchio durante l’europeo. Pontoni e il suo staff avevano preparato bene la parte della corsa piedi
Il momento dell'attacco di Agostinacchio, Haverdings prova a tenere ma cederà poco dopo
Mattia Agostinacchio durante l’europeo. Pontoni e il suo staff avevano preparato bene la parte della corsa piedi
A cosa ti riferisci? Al terreno?

Mi riferisco alla sabbia di Middelkerke e alle temperature polari di Tabor, con diversi gradi sotto zero domenica mattina. I ragazzi hanno risposto bene anche sotto questo punto di vista. A Flamanville troveremo un terreno diverso, perché è prevista parecchia pioggia. Speriamo di arrivarci senza intoppi: avevamo programmato il volo per essere tranquilli, ma lo sciopero di ieri ci ha complicato un po’ le cose.

Hai già toccato un tema importante: i percorsi. Quali delle sei tappe vedi, sulla carta, più adatte ai nostri?

Sulla carta avrei sempre escluso i terreni sabbiosi, però i ragazzi hanno dimostrato negli ultimi anni di saperci fare: sono andati bene a Middelkerke e l’anno scorso a Zonhoven, dove Agostinacchio ha vinto e Pellizzotti ha fatto molto bene. Nonostante qualche problema in partenza, anche le ragazze avrebbero potuto ottenere di più. Temevo sempre queste trasferte, ora devo dire che non mi fanno più paura.

Una bella presa di fiducia e consapevolezza…

Sanno dove andranno a correre, sanno che tipologia di percorso troveranno, perché ormai li studiano su YouTube e arrivano preparati. Per Middelkerke abbiamo lavorato molto sulla corsa a piedi, che si è rivelata ancora più importante del previsto. E anche domenica il fattore meteo influirà molto. Si sta andando verso la pioggia, quindi ci sarà un terreno abbastanza insidioso. Però i percorsi li metterei in secondo piano

Perché?

L’importante è che i ragazzi arrivino pronti e chiaramente serve anche una dose di fortuna, perché se ti capita qualcosa durante la corsa, magari devi fare dei tratti a piedi o succede un guaio lontano dai box, può sempre influire sulla prestazione.

La sabbia, storicamente terreno ostico per gli azzurri, adesso non fa più paura
La sabbia, storicamente terreno ostico per gli azzurri, adesso non fa più paura
Piccolo passo indietro, ma restando sui percorsi: perché secondo te i ragazzi sono migliorati sulla sabbia? Ci avete lavorato? E’ una questione di materiali?

Indubbiamente questi ragazzi sanno andare molto bene, in maniera importante. L’equilibrio (fisico e mentale), il lavoro fatto su questo aspetto e il fatto di sapere per tempo come devono prepararsi ha aiutato molto. Loro seguono attentamente sia le indicazioni del team sia quelle che diamo noi. Quest’anno abbiamo fatto una riunione con tutti i ragazzi e con le loro squadre: avevamo già fornito un’infarinatura su come impostare la stagione e, insieme ai ragazzi del team performance, abbiamo dato delle linee guida generali per i macrocicli. In modo tale da arrivare agli appuntamenti importanti nel miglior modo possibile.

Un’impostazione corale, di sistema. Nonostante sia sempre più difficile, visto che l’età del richiamo della strada si abbassa sempre di più.

E’ il ciclismo moderno: bisogna fare di necessità virtù. Più andiamo avanti, più serve programmare tutto con largo anticipo: questo diventa fondamentale. Avere dei ragazzi che ti seguono facilita il lavoro, perché è più semplice per loro, e di conseguenza per noi, arrivare ai risultati.

Abbiamo parlato in generale, ma ti chiediamo un paio di nomi da cui ti aspetti davvero tanto…

Per quest’anno da Grigolini e Pezzo Rosola mi aspetto molto. Ma terrei d’occhio anche Dell’Olio e Cingolani per il futuro. Fare i nomi non è mai semplice, però spero che possa inserirsi anche qualcun altro.

La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
E tra le ragazze?

Giorgia Pellizotti nel primo anno ha mostrato cose molto interessanti. Lo stesso vale per Elisa Bianchi, che ha finalmente ottenuto un ottimo risultato in Coppa e potrebbe essere subito dietro di lei. Penso poi ad Azzetti: questo podio non è da sottovalutare. E abbiamo anche Peruta e Righetto.

E tra gli Under 23?

Abbiamo Viezzi e Agostinacchio: anche qui disponiamo di un doppio asso. E tra le donne c’è chiaramente Sara Casasola. Ma attenzione anche al bell’inizio di stagione di Lucia Bramati: se confermasse questi progressi sarebbe una grande notizia, anche perché è al primo anno di categoria.

Insomma: pochi (neanche tanto), ma buoni…

Tra le under 23 donne al momento abbiamo Elisa Ferri: non è da podio, ma è una ragazza che conosciamo da tanto tempo, l’ho seguita dal primo anno, e in ottica Team Relay è fondamentale. E’ l’atleta che ci può consentire di portare avanti anche questa specialità. In generale mi auguro che, magari nel periodo natalizio, possa ritrovarmi qualche ragazzo o ragazza a cui tengo particolarmente e che possa essere con noi. Ma chiaramente non dipende solo da me, bensì dai loro team.

Allenare i giovanissimi, l’esperienza virtuosa di Simone Tortato

26.11.2025
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Simone Tortato ha corso fino ai dilettanti, poi un infortunio l’ha fermato ad un passo dal professionismo. La passione però non è mai svanita e, dopo aver continuato a correre da amatore, quattro anni fa ha creato nel suo paese, Marcon in provincia di Venezia, una squadra di giovanissimi, i bambini dai 7 ai 12 anni.

Un’esperienza di ciclismo dal basso all’insegna del divertimento e dell’educazione, più che della competizione a tutti i costi.  Un’esperienza che è cresciuta di stagione in stagione dando a Tortato molte soddisfazioni, sia sportive che umane. L’abbiamo contattato per farci raccontare questa storia.

Tortato giovanissimi
Tortato, (al centro) quattro anni fa ha deciso di dare un’opportunità ai giovanissimi del suo paese, Marcon in provincia di Venezia
Tortato giovanissimi
Tortato, (al centro) quattro anni fa ha deciso di dare un’opportunità ai giovanissimi del suo paese, Marcon in provincia di Venezia
Simone, come avete cominciato?

Siamo nati come una normale società amatoriale, l’ASD Velodrome Marcon, il prossimo anno sarà la nostra decima stagione. A fine 2022 un mio amico mi ha detto che a suo figlio della categoria giovanissimi sarebbe piaciuto iniziare col ciclismo, e se potevamo pensare a qualcosa, quello è stato il “LA” per iniziare. Il primo anno con quattro bambini, poi sempre di più. Avendo tanti amatori abbiamo contato sulla solidarietà, senza sponsor. Tutt’ora non abbiamo l’ammiraglia e dobbiamo fare nel nostro meglio con i genitori.

Un esperimento che però ha attecchito subito… dove vi allenate?

Dopo il primo anno con quattro bambini, l’anno scorso siamo arrivati ad una decina, e quest’anno a quindici. Le prime due stagioni andavamo ad allenarci in un bike park un po’ lontano, a circa 30 chilometri da Marcon, il nostro paese. Quest’anno per fortuna il Comune ci ha dato l’uso prioritario di un parco poco utilizzato, che stava diventando zona degradata. E noi in questo modo l’abbiamo valorizzato.

Tortato giovanissimi parco
Gli allenamenti dell’ASD Velodrome Marcon si svolgono in un parco della città, come anche alcune gare
Tortato giovanissimi parco
Gli allenamenti dell’ASD Velodrome Marcon si svolgono in un parco della città, come anche alcune gare
Quindi più mtb che strada, giusto?

Esatto, ci stiamo orientando più sulla mtb proprio per questo, perché non possiamo allenarci nei parcheggi pubblici, e in strada tanto meno. Abbiamo puntato fin da subito più sul gioco e sull’educazione che sulla competizione.

Cioè?

Abbiamo visto che per le famiglie è molto più semplice far venire i figli agli allenamenti due volte a settimane che alle gare, anche a livello logistico. Perché per venire al parco possono partire direttamente da casa in bici, invece alle gare magari c’è da organizzarsi una giornata intera. Quindi abbiamo deciso che per noi la competizione sarebbe diventata secondaria. Questo ha creato un ambiente più giocoso e attrattivo, anche perché nelle gare c’è già molto agonismo anche a tra i giovanissimi. Noi invece cerchiamo di andare solo agli eventi dove premiano tutti.

Tortato giovanissimi parco
A quell’età il ciclismo è un modo per ritrovarsi e stare assieme anche al di fuori della scuola, un’opportunità di socializzazione
Tortato giovanissimi parco
A quell’età il ciclismo è un modo per ritrovarsi e stare assieme anche al di fuori della scuola, un’opportunità di socializzazione
E questo funziona?

Assolutamente sì. Per esempio tra no non usiamo più la parola “ultimo”. L’ultimo è quello che non viene, che non partecipa, non chi arriva dopo gli altri. Se siamo in sette si va dal primo al settimo, in modo che nessuno si senta “ultimo”, ma parte di un gruppo. Anche perché poi comunque chi ha i numeri poi emerge lo stesso. Un altro esempio. Il figlio del mio amico di cui parlavo era predisposto a correre e vinceva comunque. Al punto che poi quando è passato esordiente, con un’altra squadra, ha vinto il campionato italiano. L’abilità di un allenatore è quella di adeguarsi a chi ha di fronte, deve assecondare le diverse caratteristiche dei ragazzi, specie a quell’età. Quando hai davanti molti bambini, tutti diversi, devi lavorare con queste due varianti, educative e di performance. In questo modo è possibile creare  un ambiente accogliente sia per il campioncino che per chi viene solo per la compagnia, e vengono tutti volentieri. 

Si sente dire spesso però che in questo modo si sfavoriscono i più meritevoli… 

Non è vero. Sono ormai quattro anni che alleno, e ho un bambino che è con noi fin dall’inizio ed è arrivato sempre ultimo. Ma continua a venire perché si diverte, ed è il mio orgoglio, anche più del campione italiano. Anche perché se lo perdi poi cosa fa? Magari qualcosa di meno educativo per lui. A quell’età i bambini devono sentirsi nella loro dimensione, che non vuol dire tarpare le ali ai più forti, anzi. E lo dico da agonista, da uno che ha corso in tutte le categorie fino ai dilettanti e a cui piace la competizione. 

Tortato giovanissimi bici
Circa una volta al mese i giovanissimi dell’ASD Velodrome Marcon vanno ad allenarsi al velodromo, con le bici da strada
Tortato giovanissimi bici
Circa una volta al mese i giovanissimi dell’ASD Velodrome Marcon vanno ad allenarsi al velodromo, con le bici da strada
Come si svolge un allenamento dei giovanissimi?

Abbiamo questo parco in cui abbiamo costruito un circuito, che è una modalità semplice e funzionale. In questo modo i ragazzini più performanti possono continuare a girare, e quelli che fanno più fatica possono fermarsi ogni tanto e riprendere quando se la sentono. Cosa che in strada non sarebbe possibile. Ora che siamo in paese intercettiamo i locali, perché ci siamo accorti che uno dei problemi più grossi, specie per le mamme, è quello di caricare la bici in bici in macchina. Invece poter partire da casa e venire direttamente in bici col bambino fa tutta la differenza del mondo. Ogni tanto li porto in pista a Portogruaro, dove c’è uno dei migliori velodromi italiani. Lì imparano altre tecniche di guida con le bici da strada.

Le bici le fornite voi?

Col tempo piano piano ne ho recuperate una decina, quindi sono della squadra e le forniamo noi. Altrimenti quasi nessuno la comprerebbe, anche perché poi dopo 2 anni devono cambiarla, quindi è fondamentale. Il problema più grosso è dove trovare i ricambi, e forse la Federazione dovrebbe prendere in considerazione questo problema. Perché la mtb ce l’hanno tutti, ma la bici da strada invece no. Dobbiamo trovare delle soluzioni per avvicinare sempre più bambini senza che diventi un costo proibitivo per le famiglie. Perché poi il talento lo tiri fuori dai grandi numeri, è più facile trovarlo tra 1000 che tra 100 o tra 10. Quello che vedo invece è che ci sono sempre meno squadre, meno gare.

Tortato giovanissimi bici
Il ciclismo tra i bambini, secondo Tortato, dovrebbe puntare più sull’inclusione che sull’agonismo, aprirsi ad ogni tipo di bici e livello di competenze
Tortato giovanissimi bici
Il ciclismo tra i bambini, secondo Tortato, dovrebbe puntare più sull’inclusione che sull’agonismo, aprirsi ad ogni tipo di bici e livello di competenze
Cosa dovrebbe fare secondo te la Federazione in questo senso?

Cercare di semplificare al massimo, magari facendo un passo indietro su alcune restrizioni. Adesso per far nascere un squadra occorrono delle bici con tutti i crismi, altrimenti è un problema. Noi come squadra abbiamo organizzato quest’estate il gioco-bimbi, un evento aperto ai bambini non tesserati, appoggiati alla sagra di paese. Abbiamo avuto 91 partecipanti, un grandissimo successo, al punto che tanti poi mi hanno chiamato per sapere come abbiamo fatto. Il segreto sia dare il più possibile l’accessibilità dal basso, dalle scuole, nelle sagre, fare in modo che sia uno sport più aperto. Dove anche se uno viene con la bici da casa va bene lo stesso. Invece una gara vera e propria, con le ammiraglie e le bici belle, magari è respingente per alcuni. Si deve ripartire dal ciclismo popolare. Noi non a caso siamo passati da 4 a 15 iscritti così, dando accessibilità.

Avete novità in serbo per il 2026?

Faremo quello che abbiamo fatto finora, ma cercando di migliorare ancora. Abbiamo già nuovi bambini che vogliono provare e genitori che si mettono a disposizione, cosa che per noi è un importante valore aggiunto. Anzi sono molto contento delle persone attorno a noi, perché c’è una grande sensibilità a riguardo, sposano la nostra filosofia. Poi quando i giovanissimi iniziano ad avere 11-12 anni cominciamo a metterci un po’ alla volta dell’agonismo per chi vuole. Ma da piccoli secondo me non serve a niente, anzi può essere controproducente.

Tortato giovanissimi
I numeri degli iscritti continuano a crescere, un segnale che il format funziona
Tortato giovanissimi
I numeri degli iscritti continuano a crescere, un segnale che il format funziona
Simone, ultima domanda. La soddisfazione più grande in questi anni?

L’anno scorso ho avuto tre esordienti selezionati dal Veneto per i campionati italiani che avevano corso con me. Quindi vuol dire che anche a livello tecnico facciamo bene. Ma cerco sempre di concentrarmi sul singolo, sulle sue necessità, che sono uniche e particolari. Non a caso ho avuto due grandi soddisfazioni in questi anni. Aver vinto i campionati italiani e avere ancora con me quel bambino che è sempre arrivato ultimo. Una bellissima sintesi del mio modo di allenare i più giovani.

Giacomo Notari, debriefing

Debriefing di fine stagione: con i giovani tanto dialogo, vero Notari?

18.11.2025
6 min
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Questo è il momento dell’off-season e per i preparatori è l’ora dei debriefing. Si tirano le somme di ciò che l’atleta ha fatto nel corso dell’anno: dati, numeri, lavori specifici ben riusciti e altri meno. Ma quando di mezzo c’è un ragazzo, come cambia questo debriefing? E com’è il confronto?

Con Giacomo Notari, coach della UAE Emirates Gen Z, cerchiamo di capire in che direzione si muove questa fase, soprattutto rispetto al confronto con la stagione precedente. Cosa valuta Notari? Da cosa parte? (In apertura foto Instagram)

Notari, debriefing
Giacomo Notari è il preparatore della UAE Team Emirates Gen Z. E’ con lui che parliamo di debriefing con i giovani
Notari, debriefing
Giacomo Notari è il preparatore della UAE Team Emirates Gen Z. E’ con lui che parliamo di debriefing con i giovani
Giacomo, dunque, cosa guardi in questo debriefing annuale?

Prima di tutto vorrei dire che non lo faccio solo con chi già c’era, ma anche con i nuovi che arriveranno, perché è un momento per conoscerli. Con i “vecchi”, invece, si valuta cosa è stato fatto bene e cosa si poteva fare meglio.

E cosa si fa in questo debriefing?

In linea generale, sebbene io sia un preparatore e quindi abituato a lavorare tanto con numeri, sigle e dati, quando faccio questi debriefing parlo molto. Cerco di capire cosa si aspettano da loro stessi, cosa pensano di aver fatto bene e dove ritengono di dover migliorare. Non cosa hanno sbagliato, ma dove credono di poter crescere. Con i nuovi cerco di capire che tipo di corridori pensano di essere, per farmi un’idea. Dopo, avendo i dati, qualcosa si capisce, ma è importante anche sapere che immagine hanno di sé, perché sono ancora in una fase in cui qualcosa può cambiare. La impronto più come un dialogo, anche psicologico: siamo focalizzati sui numeri, ma in gara non vince chi ha il wattaggio più alto. Essendo uno sport di situazione, contano il saper stare a ruota, prendere posizione, leggere la corsa, capire quando è il momento giusto. Poi è chiaro che un po’ si guardano anche i numeri.

Come?

Si guarda in particolare il volume di ore settimanali, ma è difficile contestualizzarlo. Uno può aver fatto 20 ore, ma cosa vuol dire? Potevano essere 20 ore in Z1, in Z2 o con molta intensità. Per questo preferisco parlare, capire come sono soliti allenarsi, se fanno palestra, se piace loro farla, se pensano che sia utile.

gruppo UAE GEN Z, allenamento debriefing
Ore di lavoro, test, FTP: ma nel debriefing di Notari resta centrale il dialogo con i ragazzi
gruppo UAE GEN Z, allenamento debriefing
Ore di lavoro, test, FTP: ma nel debriefing di Notari resta centrale il dialogo con i ragazzi
Ma la crescita fisiologica come la valuti?

Certamente valuto anche questo aspetto, ma non necessariamente il fatto che abbia migliorato la FTP mi dice che abbia corso più forte dell’anno precedente. Tendenzialmente le migliori prestazioni le fanno in condizioni di freschezza, mentre in gara l’azione vincente nasce dalla fatica. Quindi sarebbe utile vedere quanto migliorano dopo un certo carico di lavoro, misurato in kilojoule.

Perché?

Perché le gare si vincono in condizioni di fatica. A volte facciamo test proprio in fatica: creiamo affaticamento con salite a intensità alta e poi facciamo eseguire una prova massimale, per vedere quanto perde rispetto a quando è fresco. Non posso concentrarmi solo sui 12′, 15′ o 20′ in freschezza. Il mio scopo è migliorare la “durability”: arrivare meno stanchi alla fine. Quando parlo con loro mi interessa capire che volumi erano soliti fare, come arrivavano a fine gara, cosa soffrivano di più. Quelli sono i punti deboli su cui lavorare e che possono determinare il calo nel finale.

Tratti soprattutto under 23, quindi ragazzi di 18-19 anni in crescita. Quanto migliora un ragazzo per semplice sviluppo fisico?

E’ difficile quantificare perché ognuno ha fasi di crescita diverse, però tendenzialmente un miglioramento c’è. Tra i 17 e i 23 anni sono in un’età d’oro: non hanno i problemi di chi ne ha 26 o 27. Vivono in casa, non devono fare la spesa o fronteggiare responsabilità pesanti. L’unico stress è la scuola. Se togliessimo anche quello, avrebbero tutto il giorno per allenarsi e andrebbero ancora più forte.

Tattiche di corsa, pressioni, abilità in gruppo: anche questo conta… e i numeri non lo dicono (foto La Presse)
Tattiche di corsa, pressioni, abilità in gruppo: anche questo conta… e i numeri non lo dicono (foto La Presse)
Un aspetto semplice ma non banale…

A 26-27 anni sei prestativo, ma hai anche stress: casa, famiglia, figli, spese… E’ quindi difficile quantificare la crescita perché ci sono fattori esterni e quelli fisiologici che vanno di pari passo con lo sviluppo individuale.

Hai detto “parlo molto con loro”. E loro cosa ti chiedono? E come capisci, dalle loro risposte, che stanno maturando?

Tendenzialmente cerco di capire i punti di forza e quelli di debolezza. Guardando i dati e la curva di potenza capisco dove sono forti o carenti, ma voglio che lo dicano anche loro. Io dai numeri vedo solo la parte prestativa, ma magari il loro limite è altro.

Tipo?

Ad esempio che non sono bravi a stare in gruppo o che hanno problemi in discesa, cose che da TrainingPeaks non emergono. In squadra abbiamo anche una psicologa: una volta un ragazzo aveva paura in discesa per via di una caduta. Abbiamo lavorato con lei e poi lo abbiamo affidato a un coach specifico proprio per la discesa che gli ha spiegato ingresso in curva, velocità, staccata, traiettoria… Queste cose non le vedi dai computerini. Siamo troppo fossilizzati sui numeri, ma c’è tutto un contesto attorno che fa tanta differenza.

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Il francese Fabries, la soddisfazione maggiore di Notari per questo suo 2025 (foto Instagram)
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Il francese Fabries, la soddisfazione maggiore di Notari per questo suo 2025 (foto Instagram)
Bello questo aspetto del dialogo nel debriefing…

Oggi i ragazzi sanno moltissimo di nutrizione e allenamento. Su internet possono raccogliere un’infinità di informazioni, ma questo gli crea stress: vogliono controllare tutto, quando ci sono persone che possono farlo per loro. Questo gli toglie stress.

Qual è stata la soddisfazione più grande dell’anno? Il miglioramento che ti ha dato più gioia?

Non abbiamo vinto tanto, ma neanche poco. La vittoria a tutti i costi non è ciò che cerchiamo. In UAE abbiamo la fortuna di poter far crescere i ragazzi: se sono con noi è perché crediamo in loro. Preferiamo farli maturare pensando al futuro. La soddisfazione più grande è arrivata da un corridore francese, Ugo Fabriès.

Raccontaci…

Praticamente non aveva mai vinto una corsa. Sapevamo che numericamente era forte, ma credeva poco in sé stesso. Ha fatto delle buone gare e a fine stagione ha vinto il campionato nazionale, correndo da solo, senza compagni. Meritava. Era uno che si è sempre fatto in quattro per i compagni: una volta Pericas ebbe un problema nel momento peggiore e lui, anziché giocarsi la corsa, si staccò dal gruppetto per riportarlo davanti. Sono contento che il titolo nazionale gli abbia consentito di restare in squadra e che potrò averlo anche il prossimo anno.

Fabio Aru Academy

Torniamo alla Fabio Aru Academy: come vanno le cose?

17.11.2025
5 min
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Fabio Aru Academy: vi ricordate? Ne parlammo quasi due anni fa, proprio quando l’ex professionista sardo lanciò questo ambizioso e lodevole progetto nella sua terra d’origine. E’ un’iniziativa nata per dare un futuro al ciclismo isolano, offrendo ai giovani una struttura stabile e un percorso formativo completo. Oggi, a distanza di questo lasso di tempo, vediamo come stanno andando le cose. E perché è così importante insistere anche laddove fare ciclismo non è semplice né naturale, benché il territorio paradossalmente lo consentirebbe meglio che altrove, con meno traffico e un clima ideale.

Vi anticipiamo subito che la crescita c’è ed è costante. I ragazzi dell’Aru Academy vanno forte, non solo in gara, ma nell’attività quotidiana su strada, in Mtb e nel cross. E’ questo l’aspetto che più conta.

Aru con Federico Balconi (Zerosbatti) e gli esponenti di Luna Rossa (tra cui si riconosce Simion) nella base della nota imbarcazione
Aru con Federico Balconi (Zerosbatti) e gli esponenti di Luna Rossa (tra cui si riconosce Simion) nella base della nota imbarcazione
E dunque Fabio, come procedono i lavori della tua Academy?

La base è sempre a Villacidro. Abbiamo le squadre da G1 ad allievi. L’attività la svolgiamo prevalentemente nel nostro territorio e in tutta la Sardegna, anche se quest’anno siamo andati sulla terraferma. Infatti con dieci bambini siamo stati al Meeting Nazionale dei Giovanissimi a Viareggio. Portiamo avanti con decisione anche il progetto scuole: così facendo abbiamo messo in sella 2.600 bambini.

Cioè?

Con i nostri tecnici, i caschi Specialized e le nostre bici andiamo nelle scuole e facciamo provare i ragazzi: li mettiamo in sella e li avviamo al ciclismo. Non solo: con l’aiuto di Zerosbatti e Imago Mundi cerchiamo di proporre la bici non soltanto come mezzo sportivo o agonistico, ma come stile di vita sano e strumento per la mobilità sostenibile. Abbiamo anche fatto degli incontri alla base di Luna Rossa a Cagliari. C’erano tanti enti: e’ stato un bel risultato, che ha riscosso attenzione anche a livello nazionale.

Tra progetti con le scuole ed eventi promozionali, in due anni la Fabio Aru Academy ha messo in bici 2.600 bambini
Tra progetti con le scuole ed eventi promozionali, in due anni la Fabio Aru Academy ha messo in bici 2.600 bambini
Una vera attività promozionale…

Esatto. Ma secondo me noi corridori del passato dobbiamo farlo. Anche perché se vogliamo i campioni del domani, da qualche parte bisogna iniziare. Penso per esempio anche a Sbaragli, che tempo fa ha postato la foto della sua squadra a Castiglion Fiorentino, mi pare… Dobbiamo fare qualcosa per l’attività giovanile.

Invece, Fabio, qual è lo stato dell’attività agonistica in Sardegna? In poche parole: le gare ci sono?

Alla fine le gare per giovanissimi, esordienti e anche allievi ci sono. Il problema semmai è il livello, perché restando solo in Sardegna inevitabilmente è più basso. Per questo ogni tanto è vitale andare fuori regione. Serve un confronto più ampio.

Chiaro, altrimenti resta un “circuito chiuso”…

Esatto. Per chi vive in Lombardia, Toscana, Veneto… con 200-300 chilometri, ma anche molto meno, hai un raggio enorme di possibilità e di confronto. Per noi è tutto più complesso e costoso: dobbiamo prendere un aereo o una nave, prenotare un hotel, imbarcare i mezzi e impiegare molto tempo. Non sarebbe sostenibile farlo sempre. Tuttavia, grazie al supporto di alcune aziende, ogni tanto ci riusciamo. Servirebbero più fondi. Stiamo lottando da tre anni per provare a perseguire obiettivi più grandi.

Sono dieci le persone dello staff che supportano la Fabio Aru Academy
Sono dieci le persone dello staff che supportano la Fabio Aru Academy
E quali sono?

Provare ad alzare il livello del confronto. Ma vorrei ricordare che la Fabio Aru Academy non punta solo a creare campioni. Una nostra prerogativa è il rispetto delle regole, l’educazione. Preferisco avere bravi bambini, prima ancora di piccoli corridori che vincono. Che siano composti e che la bici per loro sia una scuola di vita.

Tu non vivi in Sardegna: ogni quanto vai a trovare la tua Academy?

Una decina di volte l’anno. Mi piace seguire i ragazzi. Però devo dire che ho un bel team: una squadra di dieci persone tra direttori sportivi e collaboratori che li seguono in allenamento, gli stanno vicino e mantengono le nostre strutture.

Cosa intendi per strutture?

Abbiamo un percorso di ciclocross di due chilometri e mezzo, uno di MTB cross country di cinque chilometri e una piccola pista dove facciamo anche delle gimkane.

Presenti anche tante bambine. Si corre su strada, in MTB e nel cross
Presenti anche tante bambine. Si corre su strada, in MTB e nel cross
Torniamo alle gare in Sardegna: quanti partenti ci sono mediamente?

Varia. Ci sono gare con 150 giovanissimi ed altre con 60-70. Noi organizziamo tre-quattro gare l’anno. Quest’anno, per esempio, abbiamo allestito il campionato regionale di MTB e al via c’erano 150 ragazzi nelle varie categorie. E’ vero: qualche anno fa erano di più, ma questi sono i numeri.

Ma questo non è un problema solo della Sardegna, Fabio…

A Villacidro, per esempio, nelle gare giovanissimi da G1 a G6 abbiamo avuto 117 partenti. In altre ce ne sono 40-50. E man mano che si sale di categoria sono ancora meno: tra chi lascia, chi prova e poi cambia, chi non prosegue.

Il vero spartiacque per un ragazzo che vuole fare ciclismo agonistico arriva sempre prima. Siamo ormai agli juniores… tu come la vedi?

Di certo oggi fare l’allievo è molto diverso rispetto a quando correvo io. I primi lavori specifici li ho fatti da junior. Oggi iniziano dagli esordienti con certi lavori e qualche test. E’ chiaro che il mondo va avanti, ma non metterei una regola unica per questo spartiacque. Ognuno ha il suo sviluppo e le sue tempistiche. Io, per esempio, sono cresciuto dopo i miei coetanei: se non avessi avuto pazienza, avrei smesso.

E per i più grandicelli ecco i primi test
E per i più grandicelli ecco i primi test
Dunque è possibile fare lo junior in Sardegna?

No, è molto difficile. Torniamo al discorso del livello del confronto. In quella categoria serve misurarsi la domenica con altri ragazzi. Io l’ho fatto viaggiando, ma alla base ci deve essere la consapevolezza da parte del ragazzo (e della sua famiglia aggiungiamo noi, ndr) di un grande impegno, una predisposizione al viaggio e al sacrificio. Potresti anche fare la preparazione invernale sull’isola, anzi dal punto di vista climatico sarebbe perfetta, ma poi devi viaggiare.

Trittico Rosa, la nuova sfida dell’UC Giorgione

21.08.2025
5 min
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Nel fine settimana del 29-31 agosto in provincia di Treviso andrà in scena la prima edizione del Trittico Rosa della Marca Trevigiana. Si tratta di una tre giorni dedicata al ciclismo giovanile femminile, organizzata da una squadra, l’UC Giorgione, che ha come Presidente il campione del mondo Alessandro Ballan e come Team Manager Enrico Bonsembiante.

Una scelta che sembra controcorrente in un momento in cui le competizioni giovanili, specie tra le juniores, sono sempre meno. Ma anche perché, solitamente, c’è chi organizza le gare e chi le corre. In questo caso invece un team ha deciso di impegnarsi in prima persona per dare la possibilità a ragazze di tutta Italia (e non solo) di cimentarsi in una piccola corsa a tappe. Abbiamo raggiunto Bonsembiante (nella foto in apertura) al telefono per farci raccontare com’è nata quest’idea, come si svolgerà e quali sono state le difficoltà che hanno incontrato.

Alessandro Ballan all’ultimo Cycling Stars Criterium, assiema a Pellizzari e Del Toro (foto Poci’s Pix)
Alessandro Ballan all’ultimo Cycling Stars Criterium, assiema a Pellizzari e Del Toro (foto Poci’s Pix)
Enrico, com’è nata l’idea di passare da dirigente di una squadra ad organizzatore di una gara? 

L’idea era quella di metterci del nostro come UC Giorgione, perché per primi vediamo sempre meno corse in Italia, soprattutto per le Juniores. Da molti anni assieme ad Alessandro Ballan organizziamo il Cycling Stars Criterium, quindi abbiamo voluto mettere a disposizione la nostra esperienza per organizzare una gara per le ragazze.

Qualcosa di simile non c’è in Italia?

C’è qualcosa di simile a Comano Terme, realizzato da organizzatori molto capaci. Io e Alessandro abbiamo preso spunto da lì, portandolo però naturalmente nel nostro territorio, da sempre terra di grande ciclismo, in città come Castelfranco Veneto e Mosnigo. E scegliendo un fine settimana in cui non c’erano altre competizioni in Italia.

Le ragazze dell’UC Giorgione sono esordienti e allieve: il Trittico Rosa offrirà loro una possibilità in più di gareggiare (foto Poci’s Pix)
Le ragazze dell’UC Giorgione sono esordienti e allieve: il Trittico Rosa offrirà loro una possibilità in più di gareggiare (foto Poci’s Pix)
Quindi avere deciso di organizzare non una semplice gara, ma addirittura una tre giorni

E’ una cosa particolare perché è una tre giorni completamente dedicata al ciclismo giovanile femminile, le categorie esordienti, allieve e juniores, cioè ragazze dai 12 ai 17 anni. Inizieremo la sera di venerdì 29 agosto a Castelfranco Veneto, con un circuito cittadino, che varrà anche per la classifica finale dei tre giorni.

In che senso classifica finale?

L’abbiamo pensata come una piccola corsa a tappe, quindi qualcosa di ancora più raro per ragazze di quest’età, un’opportunità in più. Sabato 30 poi ci sposteremo a Mosnigo di Moriago della Battaglia, sopra il Montello, dove ci sarà una cronometro, pianeggiante ma tecnica, che sarà anche valida per il campionato provinciale di Treviso.

Le ragazze dell’UC Giorgione in parata. La storica squadra trevigiana è rinata tutta al femminile nel 2024 con la presidenza di Ballan (foto Poci’s Pix)
Le ragazze dell’UC Giorgione in parata. La storica squadra trevigiana è rinata tutta al femminile nel 2024 con la presidenza di Ballan (foto Poci’s Pix)
L’evento però sarà aperto a ragazze da tutta Italia, giusto?

Assolutamente. Anzi, abbiamo già ricevuto iscrizioni anche dall’estero. Per esempio avremo la nazionale ucraina juniores, e squadre da tutta Italia con diverse ragazze di altri Paesi. E’ ancora presto per dire quante atlete ci saranno in tutto, ma ci aspettiamo almeno un centinaio di iscritte per ogni categoria, forse di più.

Questa ottima risposta testimonia il gran bisogno che c’è di gare del genere 

Sì perché di eventi simili ce ne sono pochi non solo in Italia, ma in tutta Europa. Il clou del Trittico sarà infine domenica 31 con la gara in linea. Le esordienti ripeteranno 10 volte un circuito di 4 chilometri, mentre alle allieve si aggiungerà un circuito più impegnativo sulle colline del Prosecco. Le juniores disputeranno invece una gara più lunga e selettiva, ripetendo 5 volte il circuito collinare di 19 chilometri. La gara di domenica sarà anche il primo Memorial Angelo e Gino Presti, un omaggio a due persone molto importanti per il ciclismo giovanile trevigiano. 

Giorgia Timis, Esordiente 2° anno, quest’anno ha vinto il Gran Premio Primavera di Maser (foto UC Giorgione)
Giorgia Timis, Esordiente 2° anno, quest’anno ha vinto il Gran Premio Primavera di Maser (foto UC Giorgione)
Chi sono?

Angelo Presti è stato uno storico organizzatore delle corse che si svolgevano a Mosnigo, oltre che direttore di corsa. Il figlio Angelo jr ci ha dato una grossa mano nell’organizzazione del Trittico, quindi ci è sembrato giusto dedicare l’evento clou alla memoria del padre.

A proposito di organizzazione, voi siete ormai rodati con il Cycling Stars Criterium. Questa però è una cosa diversa, avete trovato difficoltà?  

Non è facile, né a livello economico né burocratico. Bisogna trovare molti volontari e non è semplice. Per esempio per la gara di domenica dobbiamo coprire 65 punti tra incroci e uscite di strade laterali. Poi c’è la logistica, per tre giorni devi montare e smontare la partenza e l’arrivo. Insomma ci sono molte più cose a cui pensare rispetto al Criterium.  Per questo ci tengo a ringraziare Giorgio Dal Bò, presidente della sezione trevigiana della Federciclismo. Assieme a sua figlia Virginia ci sta aiutando moltissimo soprattutto dal punto di vista burocratico. E’ giusto sottolineare quando qualcuno si spende per realizzare qualcosa di bello e difficile nel proprio territorio, anche perché eventi del genere sono possibili solo grazie alla collaborazione di molte persone.

L’UC Giorgione con Longo Borghini e Wiebes al Cycling Stars Criterium 2025 (foto Poci’s Pix)
L’UC Giorgione con Longo Borghini e Wiebes al Cycling Stars Criterium 2025 (foto Poci’s Pix)
Hai parlato del fatto che arriveranno più di 300 atlete. Assieme ai vari staff e, immaginiamo, ai genitori, si tratta di un gran bel numero. Dove alloggeranno tutte queste persone?

Abbiamo diversi hotel e agriturismi convenzionati nella zona e li indirizziamo lì. Infatti, oltre a dare la possibilità alle giovani ragazze di gareggiare in una piccola corsa a tappa, il Trittico vuole anche creare un importante indotto su tutto il territorio.

La cura per il ciclismo. Vanotti parte dal suo progetto

18.07.2025
6 min
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L’analisi che ha messo a confronto ciclismo e atletica, le ricette che hanno portato la “regina degli sport” a svettare nel panorama sportivo italiano riapplicabili al mondo delle due ruote, hanno destato molto rumore nel sonnacchioso ambiente ciclistico. Nessuno nega più che il ciclismo italiano viva un momento buio, certamente non all’altezza della sua tradizione, ma l’establishment fatica ad aggiornarsi e vede le proposte di ”cura” come un fastidio, un disturbo al normale tran tran. Fra questi sicuramente non c’è Alessandro Vanotti.

Storico aiutante di Vincenzo Nibali in molte delle sue imprese, Vanotti oggi ha lanciato un proprio progetto dedicato al ciclismo giovanile che sembra rispecchiare abbastanza fedelmente quei dettami che nell’atletica sono stati seguiti riportandola in auge dopo molte stagioni di zero assoluto. Le sue idee, dopo aver letto l’articolo, prendono spunto proprio dalla “tesi”, il giudicare la vittoria tricolore di Filippo Conca come un momento negativo.

Alessandro Vanotti, storico gregario di Nibali, ha al suo attivo ben 19 grandi giri
Alessandro Vanotti, storico gregario di Nibali, ha al suo attivo ben 19 grandi giri

«Io non la penso così, credo anzi che sia stata una ventata di novità, il premio a un progetto, quello dello Swatt Club, che dovrebbe solo essere incoraggiato perché propone qualcosa di nuovo. E’ un ciclismo visto dai giovani, che fa i conti con un mondo che sta profondamente cambiando. In completa evoluzione, con una nuova mentalità, un diverso modo di vivere il ciclismo, mettendosi agonisticamente in gioco in maniera diversa. E’ preparazione applicata a un obiettivo e perché questo nuovo modello di vedere il ciclismo non va accettato? E’ vero, siamo a un punto basso, dobbiamo rimboccarci le maniche sapendo che per lunghe stagioni non vinceremo, ma dobbiamo investire sul futuro».

Importante è l’insegnamento del mestiere, di quel che il ciclismo significa al di là dei successi
Importante è l’insegnamento del mestiere, di quel che il ciclismo significa al di là dei successi
Perché allora c’è tanta ritrosia verso nuove idee?

Perché rimaniamo preda di idee vecchie e diatribe che non portano nulla, come quella tra Fci e Lega. Guardiamo avanti, guardiamo a noi, le istituzioni invece di litigare dovrebbero aiutare strutture innovative come quella dello Swatt Club e anche la mia. Perché c’è un tessuto culturale da ricostruire. Io con il mio progetto giovanile sono andato dagli sponsor, Santini in primis, facendo presente che da me non troveranno vittorie, non troveranno titoli sui media, ma troveranno serietà, dedizione, soprattutto un lavoro che porterà frutti. E questi frutti non saranno solo corridori professionisti perché in quest’ambiente emerge solo chi davvero ce la fa, uno su mille come diceva la canzone. Ma per il resto forgeremo tanti uomini che saranno poi i dirigenti delle aziende di domani perché lo sport è scuola di vita. Daremo un futuro, ciclistico e non solo.

Le aziende accettano, si adeguano?

Se sai che il progetto è valido, che porterà risultati ciclistici ma non solo, sì. Ma serve calma, soprattutto non correre dietro ai facili entusiasmi, serve soprattutto insegnare che cos’è il ciclismo, che cosa c’è dietro una vittoria. Io su un foglio bianco ho creato un progetto giovanile come quello dell’atletica, mi sono fatto la squadra da me come volevo io, senza interferenze. Ho creato lo staff con la gente che dico io, siamo in 15 e alla fine si decide collegialmente, non c’è un capo assoluto e soprattutto ci coinvolgiamo tutti ma giriamo tutti, non sono sempre gli stessi a seguire i ragazzi. Ma so già che è un progetto a lungo termine, ci vogliono minimo 10 anni per avere risultati.

I giovani che passano per il suo team acquisiscono anche competenze tecniche, utili per il loro futuro
I giovani che passano per il suo team acquisiscono anche competenze tecniche, utili per il loro futuro
Che cosa bisogna insegnare ai ragazzini?

Bisogna far capire a loro il senso di appartenenza alla squadra. Lo spirito di sacrificio. Soprattutto che ci sono tante cose da imparare prima di andare forte in bici. Fare una squadra significa lavorare 7 giorni su 7. Alzarti alle 5 del mattino per caricare il furgone per la gara.

L’errore che probabilmente molti fanno nel ciclismo giovanile è inseguire subito il risultato per appagare gli sponsor. Questo veniva fatto anche 10 anni fa nell’atletica e si scopriva che poi quei ragazzi che vincevano magari da junior o da under 23, poi sparivano. Come li si accompagna ai massimi livelli, non li si disperde?

E’ un problema di cultura. Di appoggio a un progetto umano prima ancora che sportivo. Quel famoso uno su mille non lo troverai se appunto non ci sono i “mille” che vengono messi in condizione di crescere, di diventare uomini. Ma se sai che fra loro ci sarà, forse, un campione, ci saranno altri che andranno a lavorare nella tua o in altre aziende perché avranno imparato qualcosa d’importante. Partiamo da questo. Dallo spirito, dall’obiettivo, l’abnegazione per la maglia, lo spirito di sacrificio, l’etica. Bisogna trovare il giusto equilibrio e noi formeremo questi ragazzi. Ci sarà un piano B per loro se non passeranno professionisti.

La struttura di Vanotti punta innanzitutto alla crescita valoriale dei ragazzi, per farne uomini, e poi, forse, campioni
La struttura di Vanotti punta innanzitutto alla crescita valoriale dei ragazzi, per farne uomini, e poi, forse, campioni
Ma nell’ambiente secondo te c’è abbastanza pazienza?

Non lo so, certamente siamo in un’epoca dove il ciclismo giovanile è alle soglie dell’abbandono, non lo sponsorizza più nessuno. Quindi a monte deve esserci un progetto. Sapendo di lavorare in un mondo in continua evoluzione. E poi liberiamoci dal troppo stress, ce n’è molto di più di quando correvo io. Sono ragazzini, basta con tutte queste pressioni, anche da parte dei genitori. E’ ovvio che i miei ragazzi li cresco per fare il risultato. La performance. Ma con calma, perché lavorando bene arriva. Bisogna essere più smart, integrare il ciclismo alla semplicità, rendersi conto (come ha fatto la nuova riforma dello sport che io approvo) che il mondo dello sport è una professione, non può più affidarsi al volontariato.

C’è anche un problema secondo te di aggiornamento dei tecnici rispetto a quello che emerge dall’estero?

Sì, per questo serve una nuova generazione, più pronta a raccogliere gli impulsi. Noi abbiamo un buco generazionale enorme anche a livello tecnico, per troppi anni si è andati avanti con gente di generazioni passate ma dietro non arrivava nessuno. Ora paghiamo dazio. Con me sono tutti giovani e tutti si aggiornano di continuo. Perché il ciclismo cambia a vista d’occhio. Anche la multidisciplina, ad esempio, è un bene se la si sa fare, ma far correre i ragazzi sempre, oggi nel ciclocross, domani in mtb, dopodomani su strada non va sempre bene, non si può correre sempre. Usiamo criterio. Bisogna rispettare la crescita muscolo-scheletrica, il suo sviluppo, parliamo di ragazzini.

Vanotti è convinto che per avere risultati servirà molto tempo, come per l’atletica…
Vanotti è convinto che per avere risultati servirà molto tempo, come per l’atletica…
Ci sarà da aspettare per rivivere i tuoi tempi?

Sicuramente, ma se sapremo farlo, il ciclismo italiano tornerà quello che era. Ma è tempo di agire, ora, lavorando in profondità. Oggi comandano i Pogacar e i Van der Poel, noi guardiamo. Facciamo in modo che siano loro a guardarci un domani, perché non possiamo aver dimenticato che cos’è il ciclismo, quel che ha dato al nostro Paese. Ma dobbiamo darci una mossa, ora…

Il ciclismo negli autodromi. Sicurezza su, costi giù

09.02.2025
5 min
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Il ciclismo negli autodromi, spettacolo, costi più bassi e soprattutto tanta più sicurezza. E quanto serve di questi tempi… Può essere una grande soluzione per team e organizzatori. Pensiamo infatti alle gare, ma anche agli allenamenti. Abbiamo fatto una ricerca e attualmente in Italia ci sono 15-16 autodromi fruibili: sparsi dal Nord al Sud, da Monza a Racalmuto. In questo computo abbiamo tenuto conto di quelli la cui lunghezza è superiore ai 2.000 metri. Altrimenti diventano kartodromi, la lista si allungherebbe a dismisura e per esigenze tecniche andrebbero bene al massimo per i giovanissimi.


Ne abbiamo parlato con Marco Selleri, di ExtraGiro. Selleri di autodromi, quello di Imola in particolare, se ne intende. Ci ha organizzato diversi eventi, su tutti il mondiale del 2020, quello del Covid per intenderci. Marco non si limita a parlare solo degli autodromi, ma porta avanti l’idea del circuito, anche su strada. Chiaramente in località con determinate caratteristiche, che preveda la chiusura di pochi bivi. Ma per questo serve l’aiuto della politica: gli Enti del territorio da una parte, la Federciclismo dall’altra.

Selleri è un organizzatore di lungo corso: le sue perle? Il mondiale 2020 e il Giro Giovani
Selleri è un organizzatore di lungo corso: le sue perle? Il mondiale 2020 e il Giro Giovani
Marco il ciclismo negli autodromi: un tema alquanto vasto. Tu e la tua ExtraGiro nel 2020 avete iniziato a lavorarci a stretto giro…

Quella è stata una scelta dettata dalla necessità. Durante il Covid, la ripresa delle gare è stata più semplice negli autodromi, perché erano ambienti delimitabili e si potevano rispettare i protocolli sanitari con maggiore facilità. Però non è un’idea nuova: già negli anni 2000, a Imola si corse una cronometro del Giro delle Pesche Nettarine. Andando ancora più indietro, nel 1968, Nino Ceroni vi portò il mondiale.

Imola e il ciclismo insomma: un bel connubio…

L’autodromo di Imola si presta particolarmente bene perché ha saliscendi che lo rendono impegnativo. Circa 50 metri di dislivello a tornata e una pendenza massima del 10 per cento, e un asfalto con grip elevato, pensato per le corse automobilistiche. E poi è anche uno spettacolo per chi viene ad assistere alla gara che può vedere più passaggi (e volendo ci sarebbero anche i maxischermi, ndr).

Quali sono i principali vantaggi di una corsa in autodromo?

Il primo aspetto è la sicurezza. Un autodromo elimina il pericolo del traffico aperto e riduce drasticamente il numero di persone e mezzi necessari per garantire il regolare svolgimento di una corsa. Un altro punto a favore è il risparmio economico: servono meno moto di scorta, meno personale a terra e meno auto al seguito.

In Italia gli autodromi e kartodromi sono oltre 100. A questi si aggiungono una decina di piste test di vari brand o enti di ricerca, che sono di più complicato accesso
In Italia gli autodromi e kartodromi sono oltre 100. A questi si aggiungono una decina di piste test di vari brand o enti di ricerca, che sono di più complicato accesso
Di che numeri parliamo, rispetto appunto ad una corsa su strada?

Se parliamo di una corsa su un circuito di cinque chilometri, in strada servirebbero almeno sei-sette scorte tecniche, mentre in autodromo basta una sola moto. Se fosse una corsa in linea, il risparmio sarebbe ancora maggiore: una gara su strada richiede circa 150 persone a terra e 15-16 scorte tecniche in moto. Se considerate che il concetto di volontario è praticamente sparito si fa presto a capire che il risparmio di aggira sui 4/5 della spesa.

Si parla molto di sicurezza, tanto più dopo i recenti fatti di cronaca: gli autodromi possono essere utili anche per il ciclismo giovanile? Sono una risorsa per il movimento…

Assolutamente sì. A Imola, ad esempio, ogni anno si tiene un evento giovanile, il GP Fabbi Imola che coinvolge più di 800 ragazzi tra giovanissimi e allievi. Gli autodromi sarebbero perfetti per ospitare non solo gare, ma anche allenamenti in totale sicurezza. Il problema è che gli autodromi sono spesso occupati da eventi motoristici e trovare spazio per il ciclismo non è semplice. Alcuni, come Imola, aprono ai ciclisti in orari serali, ma servirebbe un accordo strutturato a livello federale per rendere questi spazi più accessibili. Ma si potrebbe estendere l’idea anche a circuiti su strada

Cioè?

In alcune zone si sta già lavorando in questa direzione. Ad esempio, il circuito dei Coralli a Faenza, un tracciato di otto chilometri, potrebbe essere chiuso al traffico un pomeriggio a settimana per gli allenamenti. Creare delle vere e proprie palestre di allenamento per il ciclismo giovanile sarebbe fondamentale per la crescita del movimento. Per farlo però serve la collaborazione delle amministrazioni locali e della Federazione. Studiando le esigenze dei cittadini e degli agricoltori si potrebbero individuare fasce orarie in cui chiudere temporaneamente il traffico senza creare disagi. Una volta a settimana si può fare… se si vuole.

Un’immagine del mondiale 2020: il gruppo aggredisce le curve dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola
Un’immagine del mondiale 2020: il gruppo aggredisce le curve dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola
Marco hai detto che non è semplice trovare spazio negli autodromi: perché?

Il costo di gestione degli autodromi è molto alto. Restiamo su Imola. Quando case come Pirelli, Ferrari, Lamborghini… ci svolgono i loro test, l’impianto viene affittate per circa 30.000 euro al giorno. Per il ciclismo la cifra richiesta è molto più bassa, intorno ai 3.000 euro.

Ci sono meno esigenze, è chiaro, ma questo lo rende meno appetibile per chi gestisce l’autodromo…

Questo rende difficile per i gestori destinare tempo e spazio alle biciclette. Imola lavora sempre. Quest’anno per esempio ci arriva il Giro Women, ma la sera prima c’è il concerto di Max Pezzali. Pertanto deve esserci qualcuno che nella notte pulisce tutto. E dopo il Giro Women ci sarà un altro concerto. Al termine di ogni evento c’è sempre un ispettore di pista o un manutentore che verifica pulizia e stato dell’impianto. E questi sono costi.

Almeno Imola lavora sempre e comunque sono sempre cosi più bassi rispetto alla strada…

Quello sì. Test, gare, eventi, la Formula 1 (che però al contrario è un costo)… Per questo dico che in mezzo a tanti eventi e di fronte e certi costi, servirebbe un intervento politico per agevolare l’accesso del ciclismo negli autodromi. Si potrebbero riservare almeno quattro ore a settimana nei mesi tra aprile e ottobre. Ma perché ciò accada, è necessario che le amministrazioni locali abbiano una reale sensibilità verso il ciclismo. Purtroppo, i sindaci che hanno a cuore questo sport sono ancora pochi.

Il ciclismo di Simone Boifava: neo presidente della Biesse-Carrera

01.12.2024
5 min
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Il team Biesse-Carrera vede arrivare una nuova figura che prenderà il ruolo di presidente: si tratta di Simone Boifava. Figlio di Davide Boifava, ex ciclista professionista che ha corso dal 1969 al 1978 e che ha scritto pagine indimenticabili di storia del ciclismo italiano. Una volta terminata la carriera sui pedali, Boifava è passato infatti in ammiraglia. Sotto i suoi occhi sono passati alcuni fra i più grandi nomi del ciclismo, da Visentini a Roche, poi Chiappucci e Pantani, Bartoli e Bettini. Il fatto che suo figlio Simone abbia deciso di entrare nel mondo del ciclismo ha aperto una serie di curiosità e domande a riguardo (a destra nella foto di apertura). 

A sinistra Simone Boifava con al suo fianco papà Davide
A sinistra Simone Boifava con al suo fianco papà Davide

Di padre in figlio

Innanzitutto che cosa si ricorda del ciclismo vissuto in prima persona da papà Davide. Per poi capire quali sono le sue ambizioni e i suoi obiettivi come presidente di una delle società italiane maggiormente strutturate. 

«Ho avuto la fortuna – dice Simone Boifava – di aver vissuto quell’epoca dal vivo. Mio padre ci ha sempre portati con sé nelle varie gare, quando la scuola ce lo permetteva. In quegli anni io ero tra il bambino e l’adolescente, un periodo della vita nel quale si costruiscono gran parte dei ricordi. Il primo che mi viene in mente legato al ciclismo sono le vittorie di Pantani e Chiappucci in maglia Carrera. Se penso a quel periodo mi pervade una grande gioia e altrettanta emozione. Ho avuto la fortuna di toccare con mano cosa vuol dire vivere una squadra di ciclismo, ma non mi era mai passato per la mente di poter diventare un giorno presidente di un team».

Chiappucci e Pantani in maglia Carrera Jeans con il team manager Davide Boifava
Chiappucci e Pantani in maglia Carrera Jeans con il team manager Davide Boifava
Delle gare vissute accanto a tuo padre cosa ti ha colpito maggiormente?

L’atmosfera all’interno della squadra: meccanici, massaggiatori, diesse, tutti erano amici e si viveva un clima sereno. E’ un ambiente che mi è sempre piaciuto frequentare e vivere in prima persona. Sicuramente il ruolo svolto da mio padre in un certo senso mi ha stregato e contagiato. Ero in una posizione privilegiata, anche se lui non era uno che amava raccontarsi. Tuttavia assaporare quei momenti mi ha sicuramente aiutato a raccogliere emozioni e conservarle nel cassetto della memoria. 

Per quanti riguarda i successi sportivi hai qualche ricordo?

Quelle che mi sono rimaste più impresse sono le imprese di Chiappucci: la sua vittoria alla Sanremo nel 1991 e le sue galoppate al Giro e al Tour de France. Poi non posso non citare Marco Pantani, di lui ricordo i successi al Giro nel 1994 a Merano e nella tappa del Mortirolo. Anche la Liegi di Bartoli del 1998 è un qualcosa che mi è rimasto dentro

Simone Boifava si è innamorato del ciclismo grazie alle gesta di Marco Pantani quando correva in maglia Carrera
Simone Boifava si è innamorato del ciclismo grazie alle gesta di Marco Pantani
Eppure mai avresti pensato di far parte di questo mondo, cosa ti ha convinto a cambiare idea?

Bella domanda! (ride, ndr). Negli ultimi anni ho sempre lavorato a stretto contatto con il ciclismo essendo parte dell’azienda Carrera, che fornisce le bici al team continental. Tuttavia sono mondi tanto diversi. Poi qualche mese fa la Biesse-Carrera ha cambiato un po’ a livello societario e Bruno Bindoni, presidente della Biesse il principale sponsor del team, mi ha proposto di entrare alla guida della squadra. 

Perché hai accettato?

Le condizioni della sfida sono interessanti e affascinanti. Quello che mi ha spinto è stato il piacere di provare a cimentarmi in una nuova avventura, ma anche la consapevolezza di avere uno staff solido e valido. I diesse del team continental, Milesi e Nicoletti, ma anche Renato Galli, amministratore della società e diesse degli juniores. Un’altra figura di riferimento per me è Gabriele Scalmana, del G.S. Gavardo, squadra storica che nella quale ho corso e che continua a supportarci. Molti degli sponsor di quel team ci hanno poi seguito alla Biesse Carrera. 

Simone Boifava potrà contare sull’apporto di grandi tecnici: qui Nicoletti e Milesi, i diesse della continental
Simone Boifava potrà contare sull’apporto di grandi tecnici: qui Nicoletti e Milesi, i diesse della continental
La vostra è una squadra grande, che prende tutte le categorie giovanili.

In maglia Biesse-Carrera un ragazzo può partire dai giovanissimi e arrivare nella continental. Anche a livello femminile abbiamo una struttura solida e che dona continuità. Il nostro obiettivo è di prendere i ragazzi, fin dai piccoli, e farli crescere. Creare un filo conduttore che li porti a restare da noi. Nel 2025 tre ragazzi del team juniores passeranno nella formazione continental e per noi è un bel traguardo. 

Come si colloca una formazione come la vostra in questo ciclismo giovanile?

Questo sport ha attraversato una fase di grosso cambiamento. I team WorldTour negli anni, con l’avvento dei devo team, hanno svuotato i vivai delle formazioni nazionali. In una rincorsa perversa alla ricerca di giovani fenomeni. 

La Biesse-Carrera ha un vivaio che parte dalle prime categorie giovanili
La Biesse-Carrera ha un vivaio che parte dalle prime categorie giovanili
Anche voi state cercando un approccio legato ai giovani?

A livello del team continental siamo concentrati maggiormente sui ragazzi under 23. Anche se nel 2025 ci saranno due eccezioni: rimarrà con noi Tommaso Dati e dalla Zalf arriva Federico Iacomoni. Loro due saranno gli unici atleti elite. Siamo una squadra che ha un vivaio forte e strutturato, quindi ci puntiamo molto. 

Che obiettivi vi date per il 2025?

Dividerei questa domanda in due. Il primo è crescere dei ragazzi e dare loro una scuola di vita. Lo sport, dopo la scuola, è il secondo luogo dove si forma la personalità di un giovane. Ci si allena insieme, si passa tanto tempo a stretto contatto, tutto questo sviluppa la personalità di ognuno di loro. Sta a noi dare gli insegnamenti giusti. L’altro obiettivo è quello agonistico, siamo un team continental e gli sponsor ci chiedono anche questo. Vorremo riuscire a raccogliere qualche vittoria in più, alla fine lo sport vive anche di competizione.

Il weekend da tuttofare del signor Mosca, innamorato del ciclismo

29.07.2024
7 min
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Il fine settimana di Jacopo Mosca a Osasco, il suo paese natale, è stato indaffarato come poche volte in vita sua. Mentre la moglie Elisa era a Parigi per la cronometro, il piemontese della Lidl-Trek è tornato a casa per dare man forte a suo padre nell’organizzazione di un weekend di gare dai giovanissimi agli allievi, uomini e donne. Fino allo scorso anno si era chiamata Giornata Azzurra, da quest’anno si è unito il Trofeo Rosa (in apertura, immagine Wild Emotions). Quando lo sentiamo, dopo aver fatto con lui il punto già da venerdì, il suo tono di voce è quello di un uomo al settimo cielo.

«Sono stati davvero due giorni molto belli – dice – anche e soprattutto perché in Piemonte non abbiamo grandi numeri di tesserati nelle categorie giovanili. Alla fine sono partiti 70 allievi su 90 iscritti. Poi c’erano 45 allievi e 45 allieve. E non so dire quanti giovanissimi, perché hanno tante categorie e di solito sono un bel gruppone. In tutto ci sono stati 340 partecipanti e devo dire che è stato veramente bello. Soprattutto quello che ho visto è stato che tanta gente veniva a complimentarsi per la manifestazione, per la possibilità di far correre i ragazzi. E allora ti dici: cavolo, allora stiamo facendo qualcosa di bello…».

Jacopo Mosca è stato organizzatore, volontario e qualsiasi cosa servisse fare (foto Wild Emotions)
Jacopo Mosca è stato organizzatore, volontario e qualsiasi cosa servisse fare (foto Wild Emotions)
Qual è stato il tuo ruolo in tutto questo?

Ho fatto di tutto. Ieri mattina alle 6,45 ero con mio fratello e un altro volontario dell’Alpina a pulire le strade, letteralmente a passare la scopa nelle curve e montare materassi in quelle pericolose. Credo di aver portato la mia esperienza. I volontari infatti pulirebbero solo l’interno, io invece ho spazzato anche l’esterno. Gli ho spiegato che se uno vuole recuperare posizioni e prende la traiettoria più larga, finisce nell’asfalto sporco. Sono delle piccolezze che avevo notato anche il primo anno, in cui avevamo fatto solo la gara per i giovanissimi. Di fatto io ho seguito la gara solo nel 2021, mentre quest’anno c’ero perché a differenza di 2022 e 2023, non andrò al Polonia.

Facciamo un passo indietro: come è nata questa idea?

Mi venne nel 2021, quando ero infortunato dopo la caduta al campionato italiano di Imola. Mi avevano invitato a presenziare a una gara nella zona di Alba, all’interno del parco sponsorizzato da Diego Rosa qualche anno fa. Così parlando, ho detto a mio papà: «Sai quanto costa organizzare una gara di giovanissimi?». Ho chiesto agli organizzatori e visto che non si parla di cifre clamorose, ho detto: «Facciamolo!». E siamo partiti dai giovanissimi. Poi nello stesso anno abbiamo fatto la squadra dei bambini e da allora abbiamo cominciato. Ogni anno aggiungiamo un pezzo, così quest’anno sono arrivate le ragazze.

Da quest’anno anche gare femminili. Per i percorsi, il consiglio di Paolo Longo Borghini (foto Wild Emotions)
Da quest’anno anche gare femminili. Per i percorsi, il consiglio di Paolo Longo Borghini (foto Wild Emotions)
Quanto è difficile organizzare tante gare?

La nostra grande fortuna è che con la società dei bambini ci siamo appoggiati al GSR Alpina. E’ una società storica della zona, che cura la Gran Fondo Sestriere e dell’Assietta di mountain bike. E poi facevano una gara di dilettanti, il Trofeo Valli del Chisone, che era loro. Da allora in poi avevano fatto solo attività amatoriale e quando io gli ho proposto di fare i bambini, hanno accolto l’idea alla grande. Tanto è che adesso la società si chiama GSR Alpina-Jacopo Mosca Fan’s Club, dove il fans club è il mio papà. I ragazzi dell’Alpina sono bravissimi, la mia unica raccomandazione è stato di non lesinare sul tema della sicurezza.

Tema di cui parlavamo poco fa..

Esatto. Per la gara dei giovanissimi, abbiamo i materassi e segnalazioni per un chilometro di gara, che è sicuramente molto di più dello standard. Per me questa era una cosa fondamentale, perché se faccio qualcosa legata al mio nome, deve essere fatta bene. In realtà, ho sempre pensato di fare qualcosa per il ciclismo dalle mie parti. La società in cui ho cominciato ha chiuso, io sono stato il loro ultimo corridore. Adesso fanno qualcosina in piccolo per la mountain bike, è la società dove ha iniziato anche Avondetto, il campione eruopeo. Mi piaceva l’idea di far cominciare i bambini e avevamo organizzato il lancio di una scuola di ciclismo, con la prima riunione fissata all’8 marzo del 2020. Il giorno in cui scattò il primo lockdown. Dal 2022 abbiamo tesserato i ragazzi per fare le gare, senza mettergli pressioni. Vedi i bambini correre e poi dopo la gara giocare fra loro e poi vedi i genitori che non sapevano cosa fosse fare ciclismo e adesso invece hanno preso la bici anche loro.

Anche Elisa ha scelto di fare qualcosa di simile, no?

La motivazione è la stessa. Ho sempre pensato che noi corridori alla fine prendiamo tanto dal ciclismo e potremmo dare indietro altrettanto. Il ciclismo mi ha dato tanto ed è bello che in qualche modo io possa rendere anche solo in minima parte quel che ho ricevuto. E con questo ho contagiato anche Elisa, che aveva già avuto l’idea. Poi per tracciare i percorsi delle ragazze ho chiesto consiglio a suo fratello Paolo, visto che la figlia ormai ha l’età giusta.

I tuoi rapporti con i ragazzi sono di semplice organizzatore o ti capita anche di parlarci?

Sanno sicuramente chi sono e chi c’è dietro, però magari lo sanno meglio i genitori che seguono le corse in tivù. Capita che alcuni di loro mi ringrazino per l’opportunità. Ci sono tante brave persone e anche quelli che ci lasciano perché vorrebbero che i loro figli a 9 anni si allenassero, ma questo non rientra nella nostra filosofia. Li porta fuori mio papà, che ha fatto i corsi federali. Lui conosceva il ciclismo solo perché c’ero io e mi ha portato in giro alle gare. Nei giovanissimi io non voglio parlare di allenamento. I bambini devono andare in bici, imparare a farlo bene senza stress di alcun tipo. E grazie alla Alpina, con Ermanno Granero, Luca Diabrando e mio padre Walter Mosca, si riesce a seguirli.

Vittoria in parata fra gli allievi: si vede che la categoria è in crescita (foto Wild Emotions)
Vittoria in parata fra gli allievi: si vede che la categoria è in crescita (foto Wild Emotions)
Avete avuto giornate calde come ovunque in questa stagione?

Caldissime, perché purtroppo Osasco non è famosa per essere fresca d’estate, essendo un paesino di campagna in piedi nelle montagne. Per fortuna nella piazza ci sono un po’ di alberi, dove i ragazzi e le ragazze sono riusciti a ripararsi. Abbiamo dato il pranzo a tutti i corridori e ad un accompagnatore. Poi c’era la Pro Loco del paese che ha allestito un bar sotto il tendone, in cui davano acqua. E il gestore di uno dei due bar del paese, perché l’altro ha tenuto chiuso, è stato l’uomo più contento del mondo.

Uno aperto e l’altro chiuso?

Nei paesi capita. Lo scorso anno che avevamo meno ragazzi, il proprietario del bar aperto la sera venne con due bottiglie offrendoci da bere per il guadagno di due mesi in due giorni. Magari all’inizio era stato scettico perché chiudevamo il centro, poi ha capito e continuava a chiederci se e quando l’avremmo rifatta ancora.

Qual è stata la tua soddisfazione?

Sono veramente soddisfatto di aver visto il paese in cui sono cresciuto, pieno di ciclismo. E stato un po’ come averci portato il mio mondo.

Che cosa ti sembra del livello degli allievi, dato che qualcuno di loro il prossimo anno potrebbe correre tra i pro’?

I primi che sono arrivati andavano veramente forte. Erano della stessa squadra e sono arrivati in parata. Sono andati a tutta, più veloci della media più alta. E poi hanno un equipaggiamento molto buono, non più come una volta che avevano bici rimediate. Però se pensi che da un po’ arrivano fra i professionisti degli juniores che fanno i numeri, è palese che anche da allievi tanto piano non possano andare.

Come procede la tua preparazione?

Oggi ho fatto quattro ore dopo due giorni senza bici. Non farò il Giro di Polonia, ma andrò a San Sebastian. Insomma, è già tempo di ricominciare…