Jumbo Visma: indecisi a Siena, spietati al Nord

05.03.2023
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Chiusa la Strade Bianche con la vittoria di Pidcock e le incomprensioni fra Benoot e Attila Valter, torniamo per un attimo allo scorso fine settimana. Infatti in Belgio si è aperta la stagione delle Classiche del Nord, tra pietre, muri, stradine e ventagli. E questa volta, a farla da padrona è stata la Jumbo Visma, con la vittoria di Van Baarle nella Omloop Het Nieuwsblad e quella di Tiesj Benoot a Kuurne.

Corse di casa

Nelle fila del team olandese c’era anche il nostro Edoardo Affini. E proprio dalla sua voce ci facciamo raccontare questo esordio di fuoco della Jumbo. 

«Come esordio – dice con una risata – quel fine settimana è andato molto bene, soprattutto se consideriamo che eravamo sette corridori su otto all’esordio stagionale. Tra le due formazioni è cambiato un solo uomo: Tim van Dijke alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne è stato sostituito da Per Strand Hagenes (campione del mondo juniores 2021, ora nel team development di cui ci aveva parlato Mattio, ndr). Siamo arrivati direttamente dal Teide, sul quale avevamo finito un bel blocco di lavoro. Dire che abbiamo lavorato bene sembra quasi superfluo ma è davvero così. La cosa bella di queste due corse è che abbiamo corso nel modo che ci eravamo prefissati nel meeting pre-gara».

I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad
I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad

Due modi di correre

Omloop sabato e domenica la Kuurne-Brussel-Kuurne, due corse diverse ma comunque dominate dalla Jumbo Visma. 

«L’idea – prosegue Affiniera quella di fare la corsa a modo nostro, in Belgio non è mai semplice serve anche fortuna. Basta una foratura o una scivolata nel momento sbagliato e tutto va in fumo. Io stesso sono riuscito a lavorare bene in entrambe le corse, anche la squadra era molto soddisfatta. Alla Omloop il team aveva intenzione di prendersi subito la responsabilità della corsa. Appena partita la fuga ci siamo messi a controllare, io avevo il compito di inseguire nella prima parte. Poi, nel momento in cui il percorso ce lo ha permesso, ho dato il via al ventaglio che ha condizionato la gara. Ci siamo messi a girare bene e siamo riusciti a rompere il gruppo».

«Alla Kuurne – spiega nuovamente – avevamo deciso di muoverci in maniera differente, viste anche le differenze tra i due percorsi. Non avevamo un velocista di riferimento, così abbiamo lasciato il pallino dell’inseguimento alle altre formazioni. Poi, nel momento in cui le condizioni del vento sono diventate favorevoli, ci siamo messi in azione. A meno 80 chilometri dall’arrivo, sul Le Bourliquet, tre miei compagni hanno dato il via all’azione decisiva. Si è formato il quintetto che è arrivato fino all’arrivo».

Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo
Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo

Rinforzi e obiettivi

Uno dei nomi nuovi della Jumbo Visma è quello di Dylan Van Baarle, il vincitore dell’ultima Parigi-Roubaix. Un innesto che fa capire l’intento della squadra: vincere. 

«La squadra era già forte – dice Affini – è innegabile, ma la Jumbo vuole vincere una monumento, questo è quello che manca (unendo i puntini si potrebbero definire “profetiche” le parole di Tom Boonen, ndr). Van Baarle è un acquisto volto a ciò, e direi che si è presentato nel migliore dei modi. Ora, capire quali saranno i focus sulle prossime corse nel Nord è difficile. Prima ci sono altre corse da fare e la prima Monumento della stagione: la Sanremo. Io alla partenza di Abbiategrasso dovrei esserci, così come alla Parigi-Nizza (iniziata oggi da La Verrière, ndr)».

«E’ chiaro – spiega riagganciandosi – che le punte per le Classiche come Fiandre e Roubaix saranno Van Aert, Van Baarle, Benoot e Laporte. Il rinforzo di Dylan ha anche un senso tattico, perché potremmo trovarci in superiorità numerica in alcune situazioni. Starà poi a loro e alla squadra capire come gestire quelle situazioni. Una cosa è certa: in quelle corse meglio avere un vantaggio numerico».

Laporte? Doveva fare il gregario, è diventato un leader

01.12.2022
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Christophe Laporte è uno di quei corridori che a raggiungere il suo apice ci ha messo un po’ di più. A 29 anni è in qualche modo esploso e chissà non possa crescere ancora. Non è finito nel dimenticatoio, né è stato relegato a fare il gregario vita natural durante. Non che ci sia nulla di male, anzi. Ma un conto è esserlo perché si è davvero dei fenomeni in quel ruolo, vedi per esempio Salvatore Puccio, e un conto è perché non si è stati in grado di essere campioni.

Laporte è passato dalla Cofidis alla Jumbo-Visma. Era stato nel team francese per ben otto stagioni. Poi lo scorso inverno l’approdo alla corazzata olandese. Doveva essere il passistone che veniva ad aiutare Van Aert e invece si è mostrato un super corridore già nei primi ritiri. Un corridore in grado sia di vincere che di aiutare. E di essere presente con costanza nelle corse più importanti.

Quando ormai era sera, lo abbiamo “pizzicato” nel Service Course della Jumbo-Visma, mentre correva a ritirare i materiali nuovi o a fare le foto per questo o quello sponsor. Altissimo, magro, gentile… 

Laporte (classe 1992) ci ha messo poco ad ambientarsi nella nuova squadra. I compagni riconoscono il suo valore
Laporte (classe 1992) ci ha messo poco ad ambientarsi nella nuova squadra. I compagni riconoscono il suo valore
Christophe, una buona stagione per te: cinque vittorie e sempre nel vivo delle azioni più importanti della squadra. Cosa ne pensi?

E’ stata una gran bella stagione. Ho vinto solo una classica (la Binche-Chimay-Binche, ndr) ma ci sono andato molto vicino in altre. Spero di conquistarle negli anni prossimi.

Heijboer, il capo della performance, ha detto che sei un corridore completo e anche un uomo squadra…

E questo fa piacere. Ho sentito subito la fiducia della squadra. Quando sono arrivato ho trovato subito una gran bella atmosfera. Mi sono inserito presto, altrettanto rapidamente mi hanno dato l’opportunità di vincere e ci sono riuscito. Ho combinato bene le opportunità personali, con quelle di aiuto ai compagni. Speriamo di continuare così.

Hai notato delle differenze fra la mentalità francese e quella di una squadra olandese? Qui vediamo una grande organizzazione in tutto…

Non è facile fare un paragone tra le mie esperienze passate e la Jumbo-Visma. Sono due squadre parecchio differenti, ma di sicuro qui ho trovato un team super professionale, che non lascia nulla al caso. Una squadra perfezionista in tutti i settori e in tutti i dettagli. E tutto ciò funziona a quanto pare.

Da quando sei arrivato in Jumbo-Visma, hai cambiato qualcosa sul piano dell’alimentazione e della preparazione?

Il più grande cambiamento è stato di sicuro quello dell’allenamento e sì, poi anche sull’alimentazione ho rivisto qualcosa. Questa è stata differente sia in corsa che in fase di preparazione.

Van Aert e Laporte: arrivo in parata sul traguardo di Harelbeke. Il francese fu secondo. Tra i due è nato un rapporto di grande amicizia
Van Aert 1° e Laporte 2°: arrivo in parata ad Harelbeke. I due sono diventati grandi amici
In cosa l’approccio alla preparazione è stato differente?

Nella parte iniziale soprattutto. Non facciamo più tanti chilometri, ma parecchia intensità già nelle prime fasi. E poi è cambiato molto il discorso degli stage. Ne facciamo molti. E quando li facciamo ci si allena parecchio. In tre settimane di training camp ci si allena di più che a casa da soli. Si fanno più chilometri e più lavori differenti. Quindi quando sei a casa poi non fai così tanto. E se non sei a casa, sei alle corse.

Sei cresciuto molto dicevamo, Christophe, hai dimostrato di essere un corridore di sostanza: quali sono i tuoi obiettivi per la prossima e per le prossime stagioni?

Il mio primo obiettivo è quello di conquistare una classica. Ho fatto due volte secondo l’anno passato (ad Harelbeke e alla Gand-Wevelgem, ndr) e vorrei finalmente vincere. E poi voglio ancora aiutare la squadra a raggiungere i suoi obiettivi. Non li abbiamo ancora raggiunti tutti. Noi vogliamo vincere.

Essere leader chiaramente fa piacere, ma vorresti esserlo sempre oppure ti fa piacere anche aiutare i compagni, visto che ne parli spesso?

Sono due cose che amo fare. Ho bisogno di essere il leader in alcune corse e avere la possibilità di vincere. Ma amo anche correre per i compagni, soprattutto in quelle corse che sono aperte. Perché è vero che abbiamo un leader, che è Wout (Van Aert, ndr), ma in certe gare possono esserci delle opportunità per ciascuno di noi. 

Hai nominato Van Aert: lui è un grandissimo corridore, ma è anche un buon maestro?

Penso che tutti possano apprendere da lui. E’ un “perfezionista professionale”, un pro’ al 100 per cento. Che sia forte fisicamente tutti lo sanno, ma io credo che sua vera forza sia mentale. Sa cosa deve fare, cosa serve e quando serve… 

Tour de France 2022, la vittoria di Chistophe a Cahors
Tour de France 2022, la vittoria di Chistophe a Cahors
Hai lavorato non solo per Van Aert, ma anche per Vingegaard e per Roglic: ci sono differenze tra i due? 

La più grande differenza fra i due è di carattere… credo. Primoz è più calmo e posato, vale a dire che si lascia più guidare e lascia fare più ai suoi compagni. Jonas invece è un po’ più “nervoso”, ma non con noi… forse perché è più giovane.

Christophe, un’ultima domanda. Tu, francese, hai vito una tappa al Tour dopo molto tempo: cosa c’era nella tua testa, nelle tue gambe, nel tuo cuore in quei momenti?

Eh, c’erano tante cose. La prima cosa era vincere il Tour con Jonas e quindi pensavo che tutto fosse sotto controllo sin lì. Dovevamo portarlo davanti nel finale. Poi quando questo aspetto era sistemato sapevo che avevo la possibilità di giocarmi le mie carte. Et voilà, ero davvero motivato quel giorno. Sapevo che poteva essere la mia ciliegina sulla torta dopo il Tour che aveva fatto la squadra. Non c’era miglior modo per festeggiare questo successo.

E’ vero che il giorno della tua vittoria è stato Van Aert a dire: «Oggi si lavora per Laporte»?

Sì, sì… sarebbe stato un arrivo adatto anche a Wout, ma il giorno dopo c’era la crono e lui voleva un po’ risparmiarsi. Ai -3 chilometri mi ha detto: «A Jonas ci penso io. Il lavoro di squadra per Jonas è fatto». E quindi potevo andare. Potevo stare tranquillo. E quando Wout ti dice così, questo di dà fiducia, ti dà morale. Quando si ha un’opportunità del genere è bene sfruttarla.

Christophe Laporte: un grande anno verso Parigi 2024

18.10.2022
5 min
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E’ un po’ il destino dei mondiali di ciclismo. Passano i giorni e ci si ricorda del vincitore, molto meno di chi lo ha accompagnato sul podio. Il fatto è che quello di Christophe Laporte è un secondo posto di spessore, definirlo il “primo dei battuti” come storicamente si fa nell’ambiente sarebbe riduttivo se non addirittura errato. Perché quel secondo posto, seppur lontano dal dominante Evenepoel, ha grandi significati che sfociano nel passato e nel futuro.

Il francese della Jumbo-Visma, approdato quest’anno nella corazzata olandese, è stato una delle grandi sorprese dell’anno, innanzitutto perché ha portato a casa qualcosa come 5 vittorie, poi perché ha saputo ritagliarsi uno spazio importante in una formazione, quella piena di big, che non era scontato. Nell’anno delle sfortune e delle difficoltà dell’ex iridato Alaphilippe, il quasi trentenne di La Seyne sur Mer si è sostituito al popolare LouLou mantenendo il ciclismo transalpino in prima pagina. Chiusa la stagione con la Parigi-Tours, Laporte si è sottoposto di buon grado alle nostre domande.

L’ultima vittoria della stagione, al Memorial Vandenbroucke. Per lui 5 successi e 12 Top 10
L’ultima vittoria della stagione, al Memorial Vandenbroucke. Per lui 5 successi e 12 Top 10
Come giudichi questo tuo primo anno alla Jumbo-Visma?

Decisamente positivo, oltre le mie aspettative. Ci sono stati molti momenti davvero speciali, credo di poter dire di aver lasciato il segno in generale in una stagione eccezionale per il mio team.

Molti pensavano al tuo arrivo che avresti fatto da supporto ai capitani, invece hai recitato un ruolo primario, soprattutto nelle corse in linea. Con che spirito sei entrato in squadra e che accoglienza hai trovato?

Tutto è nato al primo approccio con i dirigenti del team. Avevo chiesto espressamente se dovevo entrare come un semplice gregario o avrei avuto anche i miei spazi, era un fattore importante per la mia scelta considerando che non sono un ragazzino e ogni decisione non è detto abbia margini di cambiamenti. Questi spazi mi erano stati garantiti e alla fine mi sono stati dati anche oltre le mie speranze, ho avuto un ruolo centrale sia come finalizzatore, ma anche, anzi soprattutto in supporto ai capitani. Era importante per me poter puntare con decisione alle classiche e la squadra mi ha supportato nella maniera migliore.

Il francese con Vingegaard e Van Aert. Il clima nel team è per lui l’arma in più
Il francese con Vingegaard e Van Aert. Il clima nel team è per lui l’arma in più
Visti i risultati di questa stagione, hai mai pensato che in un altro team avresti avuto maggiore libertà, soprattutto nei grandi giri?

No, ho potuto avere le mie possibilità ma soprattutto ho potuto gioire dei successi dei compagni. Abbiamo lavorato bene tutti insieme. Poi vincere una tappa al Tour de France per un francese vale tantissimo.

Laporte è un grande interprete delle classiche, ma ha le caratteristiche per poter far bene anche nelle corse a tappe?

Stando alla Jumbo Visma non è un problema, le mie caratteristiche sono quelle di un corridore da corse di un giorno, abbiamo molti capitani per le gare a tappe come Roglic, Vingegaard, anche Van Aert, alla classifica pensano loro e io posso dare loro un aiuto, ma io sono contento degli spazi che mi sono ritagliato. Ci potranno anche essere occasioni per far bene, al Giro di Danimarca credo di averlo dimostrato, certamente non può essere il Tour de France, almeno non per la classifica. Credo comunque che posso ancora crescere e impratichirmi nella gestione del team per una breve corsa a tappe. Il mio obiettivo restano però le classiche. 

L’abbraccio con Van Aert all’arrivo di Cahors, Tour ’22. Una vittoria in “stile Laporte”
L’abbraccio con Van Aert all’arrivo di Cahors, Tour ’22. Una vittoria in “stile Laporte”
Torniamo a Wollongong: l’argento mondiale lo vedi come una medaglia guadagnata o un’occasione perduta?

Su questo non ho dubbi, una medaglia d’argento è una medaglia conquistata. Quando sali sul palco significa che hai vinto qualche cosa, al mondiale essere sul podio è un grande risultato, c’è stato solo un corridore che ha fatto meglio, tutto qua. Alla fine ero contento e credo che si sia visto.

Visti i tuoi risultati, ora molti in Francia sognano un tuo trionfo a Parigi 2024. Alle Olimpiadi ci stai pensando e che valore hanno per te?

Assolutamente sì, sono un obiettivo primario. Partecipare alle Olimpiadi è il sogno di tutti, figuriamoci poterlo fare a Parigi per un francese come me. Ci sto pensando e so che posso far bene. Per ora il mio pensiero è guadagnarmi la selezione, ma poi certamente partirò con un preciso obiettivo in mente, trasformare un sogno in realtà, perché è quella corsa che può contraddistinguere un’intera carriera, è la più importante di tutte.

Laporte con Evenepoel e Matthews. Ai mondiali ha vinto lo sprint dei battuti a 2’21” da Remco
Laporte con Evenepoel e Matthews. Ai mondiali ha vinto lo sprint dei battuti a 2’21” da Remco
La Francia ha vissuto nel ciclismo su strada una lunghissima crisi, ora con te, Alaphilippe e molti altri è tornata protagonista: che cosa è cambiato?

Non parlerei proprio di crisi nel ciclismo su strada perché nel corso degli anni ci sono sempre stati corridori molto buoni. Forse non siamo il Belgio che vive di ciclismo, ma se guardate bene ora abbiamo una bella generazione di campioni. Molti però vedono solo il fatto che siamo tutti orientati verso le classiche e non ci sono grandi specialisti per i giri di tre settimane. Il Tour de France manca ai nostri corridori da decenni e questo pesa. Le cose però sono convinto che stiano cambiando, dagli junior stanno uscendo fuori autentici talenti per le corse a tappe e quindi il ricambio non mancherà. Il ciclismo francese ha davanti a sé un gran bel futuro e io nonostante i miei 29 anni voglio farne parte.

Laporte 2022

La nuova vita di Laporte, promosso sul campo…

30.03.2022
5 min
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Si ha un bel dire che quando finisci secondo in una classica come la Gand-Wevelgem, è un grande risultato. Christophe Laporte non ci ha dormito per tutta la notte e quello sprint l’ha rivissuto nella testa centinaia di volte. Il ciclismo non è come gli altri sport: se arrivi secondo sei solo stato battuto, senza storie (Olimpiadi a parte, è chiaro…). Sui giornali e in televisione, anche nei giorni dopo non si fa che parlare di Biniam Girmay e delle nuove frontiere del ciclismo, ma come sarebbero andate le cose se quella volata l’avesse condotta con un po’ più di giudizio?

«Mi sentivo in grado di vincere – raccontava al traguardo ai giornalisti del suo Paese – anche se sapevo che uno sprint a 4 è sempre rischioso. All’ultimo chilometro mi sono però ritrovato avanti, in testa e nessuno voleva passare. Impostare la volata così è molto difficile, soprattutto se devi controllare gli altri. Girmay è stato velocissimo, io con quel vento pensavo che partire ai 250 metri dal traguardo fosse un azzardo, pensavo di poterlo rimontare, ma andava troppo forte. Quel che soprattutto mi fa arrabbiare (ma il termine usato è stato un altro… ndr) è non aver onorato il grande lavoro del team».

Laporte famiglia 2022
La delusione del francese a Wevelgem, davanti a moglie e figlio
Laporte famiglia 2022
La delusione del francese a Wevelgem, davanti a moglie e figlio

Migliori risultati, maggiori delusioni…

A chi gli faceva notare che proprio alla Gand Laporte ha sempre ottenuto i suoi migliori risultati nella Campagna del Nord (è stato quarto nel 2018), il francese della regione del Var ha risposto un po’ stizzito: «Non è la gara più adatta a me se poi ai migliori risultati corrispondono anche le maggiori delusioni». A conferma che alla fine conta solo chi vince…

Parlava del team e non potrebbe essere altrimenti. La sua carriera, da quando è approdato nello scorso autunno alla Jumbo Visma è cambiata totalmente, anzi si potrebbe dire che Laporte sia finora il corridore che ha fatto vedere il maggior salto di qualità in questo periodo e considerando che parliamo di un ciclista di 29 anni non è poco. Probabilmente neanche lui stesso pensava che un simile cambio avrebbe rappresentato tanto, ma i prodromi c’erano tutti, sin dal suo approccio.

Laporte Jumbo 2022
Laporte è stato accolto con molto calore: Van Aert e Roglic gliel’hanno dimostrato alla Parigi-Nizza
Laporte Jumbo 2022
Laporte è stato accolto con molto calore: Van Aert e Roglic gliel’hanno dimostrato alla Parigi-Nizza

Un cambio alle radici

A dicembre, per la firma del contratto Laporte è stato chiamato nella sede della società e si è ritrovato in una stanza con un diesse e un preparatore. Pensava fosse un incontro di routine, invece si è trovato a parlare per tre ore e mezza. Un colloquio chiarificatore, nel quale Christophe si è messo a nudo, perché volevano conoscere le sue aspettative, i suoi timori, soprattutto quel che era disposto a sacrificare: «Noi possiamo cambiare tutto nella tua storia ciclistica, ma tu lo vuoi veramente?». Laporte ha detto sì, e lo hanno preso in parola.

Sin dal primo stage, un’occasione più per conoscersi che con reali aspettative tecniche. Viaggio a Tenerife, con l’obiettivo di fare gruppo. «E’ stata dura – ha raccontato in seguito Laporte – è stato un cambio brutale perché io sento molto la mancanza della mia famiglia, di Marion e del piccolo Marlo, quando sono tanti giorni mi deprimo, ma era questo che veniva inteso nel discorso iniziale, servono grandi sacrifici per arrivare al traguardo».

Laporte Nizza 2022
Laporte è nato a La Seyne sur Mer l’11-12-1992. Pro’ dal 2014, vanta 22 vittorie
Laporte Nizza 2022
Laporte è nato a La Seyne sur Mer l’11-12-1992. Pro’ dal 2014, vanta 22 vittorie

Che sofferenza i ritiri…

Figurarsi poi al ritiro prestagionale di 3 settimane. Quel che Laporte non aveva preventivato e che ha di fatto cambiato le sue prospettive è stato però da una parte l’atteggiamento della squadra, dall’altro le aspettative riposte su di lui: «E’ una squadra fortissima, dove nulla è lasciato al caso, ma dove ti chiedono di lavorare duro, sempre. Quel ritiro di 3 settimane in altura, e chi l’aveva mai fatto? Ma i frutti sono evidenti».

Si diceva delle aspettative. Quando lo hanno chiamato, Laporte pensava di entrare in una formazione talmente forte da essere uno dei tanti al servizio dei campioni: Roglic per le corse a tappe (anzi per “la” corsa, il Tour che per lo sloveno ha capito essere un chiodo fisso), Van Aert per le classiche e Vingegaard come talento rampante. Invece no, pian piano ha capito che arrivava in squadra con molte attese, quasi come un capitano, almeno in alcune gare, una vera alternativa ai leader.

Laporte Argentina 2020
Il francese alla Vuelta San Juan 2020, da cui è iniziato un anno molto sfortunato
Laporte Argentina 2020
Il francese alla Vuelta San Juan 2020, da cui è iniziato un anno molto sfortunato

L’importanza del divertirsi

Lo hanno accolto con grande entusiasmo e quell’arrivo in parata nella prima tappa della Parigi-Nizza, con Van Aert e Roglic a fargli da valletti, è stato il degno regalo di benvenuto: «Quando eravamo in prossimità dell’ultimo chilometro, mi hanno detto che sarei stato io a vincere. Non ci credevo, è stato davvero un bel gesto».

Chissà, forse anche una ricompensa dopo periodi difficili. Basti pensare al 2020: l’anno era iniziato in Argentina con una brutta caduta, polso rotto e avvio di stagione gettato via. Neanche il tempo di liberarsi del tutore ed ecco che scattava il lockdown. Praticamente impossibile raggiungere la miglior forma in quell’annata così strana. Aveva anche un po’ perso gli stimoli e per il transalpino la spinta psicologica è fondamentale.

«Io vinco solo quando mi diverto – ha spiegato – è fondamentale. Per me le classiche sono centrali nella stagione insieme al Tour, ma posso emergere solo se sento dentro di me il giusto feeling, se sento che sto facendo la cosa giusta nel giusto modo. E in questa squadra mi diverto molto. Salvo domenica scorsa…».