Open House XPC Beltrami TSA: novità, workshop e tanto altro

27.11.2024
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Domenica 24 e lunedì 25 novembre, presso l’Experience Center di Beltrami TSA a Reggio Emilia, si è svolto l’attesissimo appuntamento con l’Open House XPC. L’evento, ormai un “classico” nel suo genere per gli operatori del settore e per gli appassionati, ha offerto e restituito a tutti coloro che hanno partecipato due giornate ricche di attività, novità e opportunità davvero uniche ed originali.  

La due giorni ha registrato la consueta, altissima partecipazione di negozianti della rete commerciale Beltrami e di appassionati curiosi di conoscere in anteprima alcune tra le principali novità di mercato 2025 proposte dai brand partecipanti. L’evento è stato arricchito da workshop esclusivi, tenuti da esperti e rappresentanti dei marchi, che hanno esplorato temi chiave come lo sviluppo di nuovi prodotti, le strategie nutrizionali e l’uso di materiali innovativi come i compositi in fibra di carbonio.  

Durante l’evento, i partecipanti hanno potuto approfittare di offerte esclusive e irripetibili, valide solo nei giorni della manifestazione. Inoltre, sono stati celebrati i negozi che hanno raggiunto i migliori risultati dell’anno, con riconoscimenti esclusivi che hanno sottolineato il valore e l’impegno dei professionisti del settore.  

Workshop e approfondimenti

Tra le sessioni più seguite, vale la pena mettere in evidenza quelle dedicate alle sospensioni RockShox MY25, che hanno illustrato l’evoluzione dell’idraulica dalle versioni Charger 2.1 alle più recenti 3.1, e al nuovo gruppo SRAM Red AXS XPLR. La spagnola Santa Madre ha invece guidato i partecipanti nella pianificazione di strategie nutrizionali ottimizzate per atleti, mentre Feedback Sports ha svelato il dietro le quinte dello sviluppo di un nuovo prodotto. Hutchinson ha presentato nuovi articoli attraverso dimostrazioni e “contest”, mentre CeramicSpeed ha approfondito le innovazioni OSPW e i vantaggi delle valvole Big Bore con trattamento ceramico.  

Non sono poi mancati – come consuetudine – momenti di intrattenimento per i più piccoli: nell’area esterna alla sede Beltrami sono state difatti organizzate gimkane ciclistiche, con premi e riconoscimenti per tutti i piccoli partecipanti. 

Sul fronte prettamente sportivo, l’evento ha ospitato le premiazioni di chiusura della stagione agonistica 2024 del Comitato Provinciale FCI di Reggio Emilia, accompagnate dall’assegnazione dei Beltrami TSA Awards.  

L’esperienza di Bruno Reverberi

Uno dei momenti più apprezzati dell’evento è stato senza dubbio il talk show con Bruno Reverberi, figura di spicco del mondo del ciclismo, che ha avuto l’opportunità di presentare il suo nuovo libro “I miei primi 80 anni”. Durante l’incontro, accanto a Reverberi, si sono distinti ospiti illustri come Francesco Casagrande, ex campione di ciclismo, e Davide Dal Fiume. La loro presenza ha arricchito la discussione, intrecciando racconti ed esperienze personali per creare un dialogo vibrante e stimolante, capace di unire passato, presente e futuro del ciclismo in un racconto affascinante e ricco di emozioni.

L’Open House XPC si è confermato come un appuntamento imperdibile per gli appassionati del settore, rappresentando una straordinaria occasione non solo per scoprire le ultime novità del mercato, ma anche per approfondire temi innovativi grazie a workshop e interventi di grande valore formativo. Oltre alla componente educativa, l’appuntamento si è distinto per il suo forte potenziale di intrattenimento e “networking”, offrendo ai partecipanti un ambiente unico in cui condividere la propria passione per il ciclismo. Un’iniziativa come sempre ben organizzata che ha saputo combinare in modo efficace formazione, divertimento e connessioni professionali, gettando le basi per un futuro 2025 ricco di nuovi progetti e stimolanti… opportunità.

Beltrami TSA

EDITORIALE / Under 23, davvero una categoria da estinguere?

25.11.2024
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A voler essere gentili, si potrebbe dire che da un certo punto in poi, non ci abbiamo più capito niente. Il ciclismo mondiale degli under 23 ha preso una direzione diversa, mentre noi abbiamo continuato per la nostra ritrovandoci da tutt’altra parte, senza che il navigatore ci abbia detto che eravamo sulla strada meno utile. Oppure, se lo ha detto, abbiamo creduto di poter fare senza e ora ci ritroviamo sull’orlo di un precipizio, al culmine di una strada senza uscita. Cosa fare?

In occasione dell’Open Day di Beltrami, Bruno Reverberi ha detto quello che nessuno voleva sentirsi dire, ma che rispecchia il nuovo corso del ciclismo. «Le squadre under 23 non hanno più senso di esistere, bisognerebbe eliminare la categoria e far correre i giovani tra i team devo del WorldTour e le continental…». Anche in questo, se vogliamo c’è un’inesattezza: i devo team infatti sono tutti under 23 e le continental italiane, ad eccezione di pochi atleti rimasti, appartengono alla stessa categoria. Resta il senso del messaggio: non servono più le squadre che fanno solo attività non professionistica, perché non offrono ai ragazzi le occasioni di formazione che invece ricevono altrove.

Bruno Reverberi si è espresso ieri contro i team italiani under 23, il cui calo è anche un effetto e non solo una causa
Bruno Reverberi si è espresso ieri contro i team italiani under 23, il cui calo è anche un effetto e non solo una causa

La Zalf che chiude

I presidenti che si sono susseguiti al comando del ciclismo italiano negli ultimi 20 anni hanno tirato a campare, come si fa quando si manda avanti un vecchio albergo pieno di storia, ma con i segni del tempo che lo rendono meno appetibile delle strutture moderne tutte elettronica e integrazione. Perché lo hanno fatto? Proviamo a capirlo.

Probabilmente perché non ne hanno mai visto davvero la necessità, pensando che l’acqua nel pozzo non sarebbe mai finita. Poi perché questo avrebbe significato radunare un quantitativo enorme di direttori sportivi che hanno superato i 65 anni, costringendoli ad aggiornamenti che non tutti avrebbero gradito. Forse perché mettersi contro le società che ogni volta sono chiamate a votarli avrebbe significato perdere consenso. Magari anche perché consapevoli che la natura locale degli sponsor italiani non consentirebbe grosse aperture. E quando ci si è rassegnati alla conversione in continental, dopo l’entusiasmo della prima ora, si sono fatti bastare la qualifica (e i contributi che ne derivavano), senza sincerarsi che i team facessero un’attività all’altezza.

Il risultato finale, uno dei risultati finali più eclatanti è che la gloriosa Zalf Desirée Fior, che del vecchio albergo pieno di gloria ha tutta la nobiltà e gli acciacchi, è arrivata al capolinea ed è stata costretta a chiudere i battenti. Perché andare avanti se anno dopo anno ci si è ritrovati sempre di più ai margini, senza il minimo spiraglio di poter tornare ai vertici?

Dopo 43 anni si è interrotta la strada della Zalf Fior, con una cena di commiato a Castelfranco Veneto (photors.it)
Dopo 43 anni si è interrotta la strada della Zalf Fior, con una cena di commiato a Castelfranco Veneto (photors.it)

Il pasticcio del 1996

Come se ne esce? Reverberi ha una parte di ragione, ma non tutta. Anzi, il suo progetto giovani è per lui una necessità, ma anche una delle cause dello svuotamento della categoria under 23 italiana, assecondando le esigenze degli atleti e quelle dei loro procuratori che hanno una gran fretta di farli firmare. E allora perché non giocare una carta che finora pochi hanno azzardato, se non a sprazzi nei mesi dopo il Covid?

Il grosso gap fra i devo team e una squadra under 23 italiana è il livello dell’attività che svolgono. E se la scelta o la possibilità di andare a correre tra i professionisti riguarda le singole squadre, nulla o nessuno vieta di riqualificare le corse italiane.

L’UCI ha la sua responsabilità. Quando nel 1996 impose la categoria under 23, volendo a tutti i costi isolare i ventenni dagli elite, come prima disposizione impose il taglio dei chilometri di gara. E così classiche italiane per dilettanti, che si correvano da decenni sopra i 180 chilometri, divennero corsette per giovani corridori da tutelare. Preso atto che la misura non servì a risolvere i problemi più evidenti e che ormai un under 23 corre regolarmente tra i professionisti su distanze ben superiori ai 200 chilometri, forse è il caso di fare un passo indietro. Se non altro a livello italiano.

Il Palio del Recioto e il Giro del Belvedere richiamano devo team da tutta Europa. Ecco Nordhagen lo scorso aprile
Il Palio del Recioto e il Giro del Belvedere richiamano devo team da tutta Europa. Ecco Nordhagen lo scorso aprile

Il calendario che non c’è

Volendo dare un suggerimento al futuro presidente federale, fra i vari provvedimenti si potrebbe dirgli di mettere mano in modo incisivo al calendario. E se è vero che le internazionali venete di aprile sono piene dei devo team di tutta Europa, potrebbe offrire un sostegno cospicuo agli organizzatori delle classiche italiane di maggiore prestigio, supportandole nel passaggio alla qualifica di internazionali e mettendole nel calendario in modo che con un solo soggiorno, i team europei possano disputare almeno tre gare.

A quel punto, dotate di altimetrie e chilometraggi degni di attenzione, le nostre internazionali sarebbero di nuovo un richiamo per i team stranieri, tornando al contempo dei banchi di prova più attendibili anche per gli under 23 italiani. Lo scadimento dei nostri team, oltre a conduzioni superate e a volte supponenti, è anche l’effetto di un’attività insufficiente. Se per una settimana al mese fosse possibile creare un simile meccanismo, le cose cambierebbero. Le squadre avrebbero qualcosa da raccontare ai loro sponsor. E gli under 23 italiani non sarebbero costretti a saltare frettolosamente nel vuoto, avendo nel fallimento la sola alternativa al successo.

EDITORIALE / Bentornato Pozzovivo, meritavi più rispetto

26.02.2024
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Domenico Pozzovivo torna con la famiglia Reverberi per chiudere la carriera. Sembrava già da mesi la scelta più logica o comunque la più bella da raccontare, se qualcuno non riuscisse a vedere logica nel ritorno di un atleta che purtroppo negli ultimi anni non ha fatto passare occasione per finire in ospedale. Il fatto è che anche ai più scettici Domenico oppone test che parlano di 7 watt/kg davanti ai quali non ce la fa ad arrendersi.

Siamo felici per lui, che conosciamo da quando nel 2001 indossò la maglia della Zoccorinese iniziando a respirare il ciclismo dei piani alti. Il suo tecnico di allora, stupito per i numeri in salita, disse che il ragazzino della Basilicata fosse piuttosto indietro nello sviluppo e che lo avremmo visto davvero forte con qualche anno di ritardo rispetto ai coetanei. La sua longevità atletica si spiega anche così e con il duro lavoro cui Pozzovivo non si è mai sottratto. Forse per questo, pur felici, pensiamo che un uomo con la sua storia meritasse più rispetto.

Pozzovivo ha corso con Reverberi dal 2005 al 2012 (nella foto) quando vinse una tappa al Giro
Pozzovivo ha corso con Reverberi dal 2005 al 2012 (nella foto) quando vinse una tappa al Giro

Un posto in meno

Pozzovivo ha firmato il contratto pochi giorni fa e potrebbe debuttare alla Tirreno-Adriatico, inserendosi nella VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè di giovani che la famiglia Reverberi cresce da qualche anno fra alti e bassi. Facile immaginare, mettendosi nei loro panni, che uno di quei ragazzi sarà lasciato a casa per far correre l’esperto lucano con cui non ha condiviso neppure una colazione e un allenamento. Stesso discorso per il Giro d’Italia, che per molti costituisce il sogno di una vita.

Intendiamoci: in tutte le squadre il posto per le grandi corse va meritato e questo prevede anche togliersi il cappello davanti all’atleta più esperto che ti insegna il mestiere e va più forte di te. Ebbene, a Pozzovivo e ai suoi giovani compagni di classe il confronto è stato negato, in nome di una visione troppo rigida o forse persino avara.

Di questo tema abbiamo parlato più volte. Prima con Raimondo Scimone, che cura gli interessi del corridore. Poi con Roberto Reverberi, che prima o poi raccoglierà il testimone da suo padre Bruno. Inserire Pozzovivo in squadra da novembre avrebbe significato permettergli di conoscere i compagni e avrebbe offerto ai ragazzi più giovani il punto di vista sulla sua professionalità senza pari. Invece si è preferito tirarla per le lunghe, regalando a Pozzovivo l’ennesima partenza ad handicap della carriera. L’uomo è camaleontico e starà già messaggiando con i nuovi compagni, ma ancora una volta per cavarsela in una situazione di rincorsa.

Il contratto è dignitoso. I soldi non sono tanti, ma neppure pochi per una squadra che, malgrado le premesse, ha vissuto l’infelice sponsorizzazione con Green Project. E poi i soldi non sono tutto davanti a una sfida come quella di Domenico. Il rispetto però è un’altra cosa.

Al Giro del 2022, l’ultimo concluso e corso con la Intermarché, Pozzovivo si piazzò all’ottavo posto
Al Giro del 2022, l’ultimo concluso e corso con la Intermarché, Pozzovivo si piazzò all’ottavo posto

L’occasione sprecata

A Pellizzari e Pinarello avrebbe fatto un gran bene sentirlo parlare, osservarlo, allenarsi con lui in Spagna, anche se Pozzovivo non è il più grande dei chiacchieroni e nella sua carriera recente ha sempre preferito la vita dell’asceta a quella di gruppo. Coinvolgendolo per tempo, lo si sarebbe potuto investire della responsabilità di stare vicino ai più giovani e offrire loro un esempio. Con tutto il rispetto per i corridori coinvolti, la sua motivazione è ben superiore a quella di Modolo e Battaglin che negli ultimi tre anni sono rientrati nella squadra con esiti diversi da quelli sperati.

«Per una squadra come la nostra – ci rispose un mese fa Roberto Reverberi – averlo potrebbe essere utile. Potrebbe curare la classifica e permetterci di avere l’ammiraglia più avanti. Però con la politica dei giovani che ci siamo dati, non avrebbe senso prenderlo, anche se è un grande professionista e va ancora forte. Preferiamo dare spazio a un giovane, che magari trova il giorno giusto, si fa vedere e fa parlare di sé e della squadra».

La sensazione è che qualcuno in squadra ci credesse e qualcun altro no. Nel tira e molla è finito il corridore, che al momento di dare l’annuncio si trovava sul Teide senza alcuna certezza di avere ancora una maglia per il 2024 (in apertura, foto VF Group-Bardiani). La sua unica certezza era ed è sempre stata quella di essere ancora un corridore.

Pinazzi con Reverberi: i pro’ e il rebus della pista

25.07.2023
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Nonostante questa stagione non sia ancora finita, anzi non se ne veda nemmeno l’orizzonte, c’è chi lavora in vista del 2024. Una delle squadre che ha già lanciato lo sguardo al breve futuro è la Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè. I ragazzi di Bruno e Roberto Reverberi vedranno presto un nuovo compagno: Mattia Pinazzi (nella foto di apertura insieme a Bruno Reverberi). Parmense, classe 2001, che nelle ultime tre stagioni ha vestito la maglia dell’Arvedi. 

Nel 2023 Pinazzi ha iniziato la stagione su strada a gennaio in Argentina, con la Vuelta a San Juan
Nel 2023 Pinazzi ha iniziato la stagione su strada a gennaio in Argentina, con la Vuelta a San Juan

Continua il progetto giovani

Pinazzi è un altro giovane che arriva alla Green Project: una linea, quella dei Reverberi, che ha portato tanti ragazzi a vestire questa maglia. 

«E’ un ragazzo veloce – esordisce – in salita fa leggermente fatica, ma può migliorare tanto. Abbiamo dei corridori buoni tra i nostri, ma raccogliamo soltanto piazzamenti. Pinazzi è uno che può vincere, in questa stagione ha vinto due corsette di 110 chilometri. Alle quali ha poi aggiunto due bei successi (Vicenza-Bionde e Porto, ndr), gare lunghe insomma. Con i dilettanti che ci sono, abbiamo deciso di puntare su di lui, offrendogli un contratto di quattro anni. Vogliamo programmare le prossime stagioni con dei corridori che possono crescere e fare bene. Siamo da sempre legati ai giovani, da noi sono passati tanti corridori che si sono poi affermati: Ciccone, Battaglin, Modolo e Colbrelli».

Tra le quattro vittorie di quest’anno spicca la Vicenza-Bionde (foto Italiaciclismo)
Tra le quattro vittorie di quest’anno spicca la Vicenza-Bionde (foto Italiaciclismo)

Pistard e sprinter

Pinazzi, nel corso della stagione, ha colto quattro vittorie: le ultime due sono state la Vicenza-Bionde ed il Circuito del Porto. Gare dedicate alle ruote veloci. Non solo strada, anzi, Pinazzi è uno dei volti che costantemente vediamo sfrecciare sul parquet. Infatti nel suo palmares si contano anche molti successi su pista. All’ultimo anno da under 23 è arrivata la chiamata di Bruno Reverberi e proprio con lui parliamo dell’arrivo di Pinazzi. 

«Abbiamo visto – riprende Bruno Reverberi – che il binomio pista e strada funziona bene. Soprattutto per i velocisti. Si è avuto conferma di ciò dal grande Giro d’Italia fatto da Milan, e prima di lui dalla carriera di Viviani. Il problema sarà abbinare strada e pista al meglio, trovare il giusto equilibrio. Pinazzi è un nostro corridore, quindi prima andrà curata la strada. Su pista potrà correre, ma gli appuntamenti più importanti: mondiali, europei e corse internazionali. Il calendario lo decideremo noi, questo Pinazzi lo sa e ne abbiamo parlato: sì la pista, ma non sarà un pistard. L’attività al velodromo è importante, non va trascurata, insegna a guidare la bici e a lanciarsi nelle volate». 

Ai recenti campionati europei su pista, per juniores e U23, Pinazzi ha conquistato l’argento nel quartetto (foto Federciclismo)
Ai recenti campionati europei su pista, per juniores e U23, Pinazzi ha conquistato l’argento nel quartetto (foto Federciclismo)

Futuro incerto

La sensazione è quella che l’equilibrio tra strada e pista sarà difficile da trovare. Va bene partecipare alle competizioni più importanti sul parquet, ma la qualificazione passa anche dalle gare minori. Pinazzi in questi anni ha avuto molto spazio per mettersi in gioco, con meno frecce al suo arco riuscirà a mantenere il posto all’interno di un movimento in crescita? Nell’ultimo europeo su pista, chiuso due giorni fa ad Anadia, l’Italia ha portato a casa 22 medaglie, di cui 14 d’oro. 

«Fin dall’inizio di quest’anno – dice Pinazzi – volevo far bene su strada per passare professionista. Nel 2022 ho avuto anche la possibilità di entrare in un corpo militare, occasione non concretizzata per problemi esterni. Dopo la prima prova di Coppa del mondo ho vinto la Vicenza-Bionde ed il Circuito del Porto. Da lì sono arrivate le prime offerte, quella della Green Project è stata la più concreta. E’ una squadra forte ed attrezzata che mi potrà dare molto. Sarà diverso rispetto all’Arvedi, qui ogni volta che la pista chiamava andavo a correre. L’anno prossimo sarà più difficile, ma lo stesso Villa è favorevole. Ci ha sempre detto che fare bene su strada torna buono anche in pista, si vede da Ganna, Milan, Consonni e Viviani. Correre su strada dà un bel fondo, per questo fin dall’inizio del 2023 ho aumentato i chilometri, partendo da San Juan».

Pinazzi ha una forte impronta da pistard, dovrà adattarsi a correre su strada con maggior continuità (foto Federciclismo)
Pinazzi ha una forte impronta da pistard, dovrà adattarsi a correre su strada con maggior continuità (foto Federciclismo)

Calendario più semplice

Il tema principale sarà coordinare al meglio le due attività, tenere un piede in due scarpe non sarà semplice. Le esigenze sono alte da entrambe le parti, ma Pinazzi sembra fiducioso. 

«Secondo me sarà più semplice – dice – il calendario under 23 non aiuta a coordinare le due attività. Ogni settimana c’è una gara, quindi non hai un vero momento di “riposo”. Tra i professionisti è diverso, ci sono più corse a tappe, quindi si può programmare al meglio il tutto. La pista è un’attività che dà tanto, ma allo stesso tempo va curata, soprattutto un’attività importante come il quartetto. Da gennaio avrò il calendario per le corse su strada e da lì programmerò anche la stagione su pista».

Con chi firma Pozzovivo? Forse prenderlo è un affare

19.01.2023
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A chi farebbe comodo Pozzovivo in squadra? La domanda è un osso che mastichiamo da qualche giorno, da quando è parso chiaro che fra i grandi ancora senza contratto, ufficializzato Cavendish all’Astana Qazaqstan Team, Domenico rischia di essere il più difficile da piazzare.

A questo punto, ci sarà anche chi gli suggerirà la pensione, ma la volontà di certi atleti vale più delle sensazioni di chi li osserva, soprattutto se sentono di voler ancora dimostrare qualcosa. Anche perché le prestazioni offerte dal lucano in questi ultimi anni sono state ben più lusinghiere rispetto a quelle di atleti più celebrati.

Al Giro dell’Emilia, Pozzovivo terzo dietro i due più forti in salita: Pogacar e Mas, che ha vinto
Al Giro dell’Emilia, Pozzovivo terzo dietro i due più forti in salita: Pogacar e Mas, che ha vinto

Quali squadre

Squadre WorldTour che abbiano ancora posti liberi ci sono. La Ag2R, la Bahrain Victorious, la stessa Intermarché e la Jumbo Visma, la Soudal Quick Step e la Trek-Segafredo. Volendo essere realisti è chiaro che forse soltanto la Intermarché potrebbe avere un vantaggio dall’ingaggio di Domenico, non avendo l’uomo di classifica per il Giro d’Italia. Ci sarebbe stato un posto anche alla Astana, ma assieme a Cavendish è arrivato Cees Bol e i corridori sono saliti a quota 30.

Subito sotto, la Israel e la Lotto si trovano nella stessa posizione (la squadra belga, vista la rimodulazione dei punti UCI potrebbe tornare sui suoi passi e venire al Giro). Perché non ragionare della Eolo-Kometa che avrebbe qualcuno da affiancare a Fortunato o della Q36,5 del suo mentore Ryder Douglas che lo avrebbe voluto ancora con sé e del suo amico Nibali di cui (con Lello Ferrara) anima il canale su Twitch?

Infine la Green Project Bardiani, la squadra in cui Pozzovivo è passato professionista e che con lui sulle strade del Giro potrebbe avere un’altra carta da giocare, da affiancare al rischioso cercare gloria in qualche fuga. Pare che Reverberi non voglia più corridori troppo maturi, forse deluso dalla recente esperienza con Battaglin e Modolo, ma probabilmente Pozzovivo è una storia diversa.

Pozzovivo, classe 1982, ha concluso per 7 volte il Giro nella top 10. Nel 2012, sopra, ha vinto la tappa di Lago Laceno
Pozzovivo, classe 1982, ha concluso per 7 volte il Giro nella top 10. Nel 2012, sopra, ha vinto la tappa di Lago Laceno

Il bottino dei punti

In questo momento, Domenico probabilmente è fuori in bici, come ogni giorno da trent’anni. Lo scorso anno firmò il contratto con la Intermarché-Wanty-Gobert nel giorno di San Valentino, per questo la speranza di trovare squadra arde forte. Quando si accasò alla NTT che sarebbe poi diventata Qhubeka, firmò a Natale, ancora in ripresa dall’infortunio di agosto, quando fu investito da un’auto. «Mi hai venduto che ero zoppo – disse lo scorso anno al suo manager – perché non dovresti piazzarmi ora che sono sano?».

E il 2022 gli ha dato ragione, con una serie di risultati che renderebbero fiero qualsiasi corridore più giovane di lui. Miglior italiano alla Freccia Vallone, 8° al Giro d’Italia (in cui perse quasi 5 minuti nella caduta del Mortirolo per problemi meccanici), 9° allo Svizzera, 5° all’Agostoni, 3° al Giro dell’Emilia dietro Mas e Pogacar.

Alla fine dell’anno, il suo apporto al bottino della squadra ammontava a 714 punti: sesto nel ranking interno. Kristoff, che ne ha portati a casa 2.124 se ne è andato, come lui Hermans (1.007 punti) e Pasqualon (514).

Un dato è palese: lo scorso anno un corridore con quei punti se lo sarebbero conteso. Ora che il triennio è appena ripartito – benedetto cinismo dello sport professionistico – se ne può fare a meno con più leggerezza.

Crono di Verona del Giro 2022, chiuso in 8ª posizione: risultato che parla di un atleta altamente efficiente
Crono di Verona del Giro 2022, chiuso in 8ª posizione: risultato che parla di un atleta altamente efficiente

Numeri da ragazzino

Domenico ha compiuto 40 anni il 30 novembre e la sensazione, se fosse per lui, è che il viaggio potrebbe proseguire ben oltre quest’anno. Alla ripresa degli allenamenti a novembre, nonostante la stagione sia finita male con la caduta del Lombardia, in un test fatto senza neppure crederci troppo ha letto un valore di 6,3 watt/kg. In una delle interviste dello scorso anno, fu lui ad aprirci il mondo sulla necessità per i corridori più maturi di andare a cercare margini di miglioramento in attenzioni mai avute prima. Chi ci è riuscito è ancora lì che combatte, altri si sono fermati.

Alla Intermarché, che in teoria lo avrebbe voluto confermare, nel frattempo è arrivato Bonifazio, portando in dote i suoi 449 punti, a conferma del fatto che a questo giro i punti non si guardano.

Abbiamo evitato di chiamare Pozzovivo per non fargli sempre le stesse domande, cui non ha risposte da dare, se non ribadire la sua ferrea volontà di andare avanti. Nonostante i dubbi legati all’età e alle cadute e nonostante sia chiaro che le pretese non possano più essere quelle dei tempi migliori, più passa il tempo e più sembra assurdo che uno così non trovi un ingaggio.

Insieme a Mazzanti nel buio e la (nuova) luce di Sonny

26.11.2022
6 min
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«Credo che Sonny – racconta Mazzanti – vorrebbe soprattutto svegliarsi da questo incubo. Sono convinto che da un certo punto in avanti si aspettasse di dover smettere, ma abbia aspettato sino in fondo per esserne certo e ufficializzarlo. E’ stata l’unica volta che non gli ho dato consigli. Mi sono limitato a dirgli che per me contava più il Colbrelli uomo del corridore. Lui ha ascoltato, ma prima di dire la parola fine ha voluto riflettere bene».

Pomeriggio di quasi inverno, dieci giorni spaccati dopo l’annuncio di Milano, ma sembra una vita. E’ tutto ancora da digerire bene, ma intanto con Luca Mazzanti facciamo un viaggio nel mondo di Sonny Colbrelli, per leggerne la storia attraverso gli occhi di chi l’ha sempre rappresentato come atleta.

Nel 2010 Colbrelli vince a Sona e poi va in stage con la Colnago-CSF, dove passerà dal 1° agosto 2011
Nel 2010 Colbrelli vince a Sona e poi va in stage con la Colnago-CSF, dove passerà dal 1° agosto 2011

Colbrelli fu il suo primo assistito. “Mazza” ci pensa e ricorda quando, ancora corridore, nel 2007 fondò con due soci GL Promotion, l’agenzia di procura per atleti, in cui ancora lavora. Il bolognese, che vive da un po’ a Milano, non immaginava che avrebbe corso ancora per sei stagioni. Ma approfittando del fatto che all’epoca era ancora alla Ceramica Panaria di Reverberi, gli parlò del bresciano che all’epoca era ancora uno junior. Il primo contratto da professionista di Colbrelli porta la data del 2013 e prese forma così, dopo le tre stagioni alla Zalf Fior. Nel frattempo Mazzanti smise di correre e la coppia iniziò a lavorare insieme.

Quattro anni con Reverberi prima di spiccare il volo…

Sonny ha sempre avuto mercato, ma credo che il primo salto di qualità lo fece nel 2014 (in apertura i due sono insieme al Giro di quell’anno, ndr). Mi permisi di consigliarlo tecnicamente, perché mi ero accorto che il peso era un problema. Dimagrì un po’ e cominciarono ad arrivare le vittorie. L’anno dopo invece non andò un granché. Questa cosa del peso diventò un eccesso, ne perse troppo ed ebbe anche una mononucleosi. Anno storto, ma nel 2016 era nuovamente a posto e cominciò a vincere. E a quel punto si fece il salto nel WorldTour con il Team Bahrain-Merida appena nato.

Nel 2016 vince la Tre Valli. E’ più esile e meno strutturato fisicamente: l’anno dopo Sonny firma con il Bahrain
Nel 2016 vince la Tre Valli. E’ più esile e meno strutturato fisicamente: l’anno dopo Sonny firma con il Bahrain
E da lì non se ne è più andato.

Sonny ha corso soltanto in due squadre, perché se si trovava bene e il team era soddisfatto, non aveva necessità di cambiare. Le proposte non gli sono mai mancate, ma con il Bahrain ha sposato un progetto, ci ha creduto ed è rimasto.

Quale progetto?

Vedendo il livello che aveva raggiunto, cercammo una squadra in cui potesse continuare a correre da leader nelle sue corse, come aveva imparato nella professional di Reverberi. La squadra chiaramente era incentrata su Nibali, ma nelle classiche a Sonny fu permesso di correre da punta. Ha continuato nel suo percorso di crescita, non come succede oggi, che i nostri vanno fuori con incarichi che non ci piacciono per niente. Ci ha messo un po’ per consacrarsi e capire come poteva fare, ma è arrivato.

Giro delle Fiandre 2017, Colbrelli è appena arrivato nel WorldTour, ma corre da leader
Giro delle Fiandre 2017, Colbrelli è appena arrivato nel WorldTour, ma corre da leader
Quando c’è stato secondo te il vero salto di qualità?

Ho sempre avuto la certezza che sarebbe arrivato. Aveva vinto la Coppa d’Oro, aveva vinto da junior e da U23. Non tutti hanno gli stessi tempi e forse neanche lui credeva tanto nelle sue possibilità. E quando nel 2020 sembrava che la sua carriera fosse avviata a restare nel mezzo, ha iniziato a farsi seguire da Paola Pagani, la sua mental coach. Lei un po’ l’ha motivato, un po’ gli ha insegnato a raggiungere gli obiettivi. Sta di fatto che il 2021 è stato l’anno che tutti ricordiamo.

Cosa ricordi di quel 21 marzo?

Ero a casa e avevo il televisore rotto. Per questo ho guardato l’arrivo nello smartphone e dopo la volata l’ho messo in tasca e sono uscito per andare al centro commerciale. Solo che mentre andavo, sono cominciati i messaggi e le chiamate per sapere come stesse Sonny. Ho preso il telefono per capire qualcosa. Ho chiamato Miholjevic, che però non era in Spagna. Poi Pellizotti, che era lì. Sul momento, grande paura. Appena è stato possibile, sono andato in Spagna con la moglie Adelina e il padre, ma quando siamo arrivati, sapevamo già che stava bene. A quel punto si pensava già che potesse tornare a correre. Invece era appena iniziato un anno difficile, una cosa così non la voleva nessuno. Ma devo dire che ha avuto una reazione che stupisce anche me.

Il 2021 è l’anno magico: arrivano il tricolore, gli europei e la Roubaix, che mancava in Italia dal 1999 di Tafi
Il 2021 è l’anno magico: arrivano il tricolore, gli europei e la Roubaix, che mancava in Italia dal 1999 di Tafi
Facciamo un passo indietro: come era uscito dal 2021?

Chi lo conosce sa che è sempre stato professionale. Per cui, esaurite le feste e le premiazioni, ha cominciato la stagione. Sfortuna ha voluto che ha preso l’influenza e alla fine non ha fatto un grande inverno. Eppure alla Het Nieuwsblad arrivò secondo dietro Van Aert e quel giorno ci fece capire che, pur non essendo al top, stava davanti con quei corridori. Ecco perché il rimpianto è grande. In Sonny vedevo la mentalità e la sicurezza dei grandi. Saltò la Sanremo e andò al Catalunya proprio per salvare le altre classiche…

Tornato dall’ospedale in Spagna, è sparito…

C’era un po’ il colpo da assorbire e un po’ la privacy. Tutti volevano sapere cose che non sapeva neanche lui. L’obiettivo era tornare a correre. Ha fatto tutti gli accertamenti e tutti i percorsi. E’ stato fatto quel che si doveva, ma alla fine la decisione spettava a lui. Sono stati giorni più o meno belli, ma con l’aiuto dei tifosi, della famiglia e della squadra che gli ha dato la stranquillità economica, è riuscito a ragionare con calma.

A Colbrelli è stato assegnato il ruolo di ambassador per la sua squadra: starà a lui definire l’ambito esatto
A Colbrelli è stato assegnato il ruolo di ambassador per la sua squadra: starà a lui definire l’ambito esatto
Come lo vedi in questo nuovo ruolo?

Ci sarà da capire. E’ un incarico molto ampio, da ambassador e supporto tecnico. C’è da vedere cosa farà, perché la ferita è molto fresca, c’è da capire come ragiona e quale sarà il suo stato d’animo. Sono convinto che la squadra non farà nulla che lo metta in difficoltà. Può anche darsi che ragionando serenamente, trovi subito il ruolo che gli piace, la veste in cui si troverà meglio. Ma dire che se ne sia fatta una ragione forse è un azzardo. Non credo che certe cose si possano metabolizzare tanto in fretta.

Green Project Agency, sogno Giro: il ciclismo è meglio del calcio

14.09.2022
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La sala riunioni del Grand Hotel Savoia di Cortina d’Ampezzo si trasforma ben presto in un ambiente colloquiale poco prima di andare a pranzo. Il motivo dell’evento indetto dalla Bardiani-Csf-Faizanè era rimasto pressoché segreto a tutti e la vigilia per noi si era trasformata in una sorta di toto-conferenza.

I protagonisti, appena si accomodano e malgrado l’importanza del ritrovo, tolgono subito il tipico alone di formalità e danno l’annuncio con estrema chiarezza. Anche perché persone come Bruno e Roberto Reverberi sono sempre andate dritti al punto, senza troppi giri di parole.

La conferenza stampa dell’annuncio dell’ingresso di Green Project Agency come main sponsor dal 2023 (foto Bardiani Csf Faizanè)
L’annuncio di Green Project Agency come main sponsor dal 2023 (foto Bardiani Csf Faizanè)

L’annuncio

Seduto al tavolo in mezzo a loro c’è Tommaso Giuliano, giovane imprenditore veneziano e titolare della Green Project Agency. Giusto il tempo di una veloce introduzione ed ecco l’annuncio. A partire dal 2023 e per i successivi cinque anni la sua azienda sarà il main sponsor del team professional dei Reverberi. Il nuovo nome sarà Green Project Bardiani Csf Faizanè, quasi una liturgia da ripetere per chi dovrà parlare dei risultati della squadra ma nel ciclismo funziona così da sempre.

«Si è presentata una occasione irripetibile per noi – spiega Bruno Reverberi – e con questo acccordo ora possiamo permetterci di trattenere o andare a prendere i migliori giovani italiani, senza che debbano emigrare all’estero. Siamo onorati di aver suscitato l’interesse di una azienda come la Green Project Agency e la ringraziamo per la fiducia che ci ha dato subito. Così come ringrazio le ditte Bardiani, Csf e Faizanè che, nonostante l’ingresso del nuovo sponsor, non hanno fatto alcun passo indietro, garantendoci la stessa attuale partecipazione anche per il futuro.

«Lo sapete, noi non promettiamo nulla, ma faremo conoscere il nuovo marchio a tutti con vittorie e andando sempre in fuga. D’altronde noi non retrocediamo mica in serie B (lo dice ridendo, ndr)».

Due generazioni a confronto. L’ottantenne Bruno Reverberi e il trentunenne Tommaso Giuliano
Due generazioni a confronto. L’ottantenne Bruno Reverberi e il trentunenne Tommaso Giuliano

Dal Venezia al Giro

La stoccata del boss di Cavriago è riferita alla sponsorizzazione della Green Project Agency sulle maglie del Venezia Calcio durante la scorsa stagione e chiusa con la retrocessione della formazione lagunare. E proprio da qui, a fine conferenza e dopo le foto di rito, partiamo con la nostra chiacchierata con Tommaso Giuliano.

Che esperienza è stata col calcio?

Da piccolo ci ho giocato ed è uno sport che crea molte emozioni in un ragazzo, perché è lo sport nazionale. Però è una passione che resta in campo. Mi aspettavo un’altra cosa, devo essere sincero. Sono rimasto un po’ deluso, ma soprattutto sono rimasto scioccato letteralmente di come non si possa avere una possibilità di fare qualcosa senza tirare fuori milioni di euro. Il calcio è solo economia, partendo da un certo budget in avanti. Se sei nelle prime quattro guardano la maglia ovunque, se sei l’ultima in classifica resti geolocalizzato nella regione al massimo di quella squadra. Diciamo che nel calcio ci sono sponsor già consolidati, mentre noi siamo una realtà più adatta al ciclismo professionistico.

L’avvicinamento al ciclismo com’è avvenuto?

Mi sono appassionato grazie a mio padre ormai tantissimi anni fa, non c’è un reale motivo. Vi confesso che in un certo senso sono onorato di poter parlare con voi addetti ai lavori. Da quando ho aperto l’azienda, ho sempre fatto fare dei completini per i ciclisti, fondando un piccolissima società amatoriale con tutti gli amici. Ogni anno faccio una divisa nuova. Il calcio ti unisce per 90 minuti, il ciclismo lo fa tutti i giorni per più ore al giorno, condividendo fatica e soddisfazione nel pedalare assieme.

Che differenze hai notato tra questi due mondi?

Sono due sport diversi nel loro insieme. Nel calcio due squadre sono rivali fino ad arrivare ad odiarsi. In bici hai tanti avversari, ma a fine gara, torna tutto come prima. Il calcio ti chiude in un campo. Il ciclismo ti può portare a coprire tutti e 1800 chilometri dell’Italia. Il ciclismo dopo che lo hai provato una volta da semplice amatore, diventa una passione che ti porti dietro per tutta la vita. Nel calcio non tutti possono giocare a San Siro, in bici tutti possono fare il Passo Giau. Nel calcio si resta focalizzati agli undici giocatori.

Hai detto che hai cominciato in uno scantinato. Avresti mai immaginato di fare un annuncio come questo?

Un po’ no e un po’ sì. Ho iniziato a lavorare per un’azienda di San Donà di Piave che vendeva impianti fotovoltaici. E’ fallita col crollo degli incentivi del GSE (Gestore Servizi Energetici, ndr) e io non ho voluto perdere quei pochi anni di esperienza che avevo accumulato. In questo settore ci credevo e ci credo. Mio padre mi ha messo a disposizione la sua taverna che io ho allestito ad ufficio. Ho ripreso in mano la lista dei clienti andando a proporre, porta a porta, assistenza a quegli impianti. Ho lavorato sulla fidelizzazione dei clienti. Da lì, poco per volta, è nato questo business.

Che tipo di azienda è la vostra?

Siamo circa in 300 in tutto. Nasciamo nel 2016 con lo scopo di rendere più efficienti tutte le abitazioni con tutte le energie rinnovabili che si possono conoscere ed incentivate dallo Stato. Siamo cresciuti lentamente col fine di lasciare un segno nelle case degli italiani. Stiamo diventando una bella realtà, ci stiamo allargando, ma sempre in maniera graduale. Inutile fare salti troppo lunghi perché bisogna poi essere pronti per eventuale frenate da parte dello Stato. Nonostante la chiusura della cessione dei crediti, che per noi del rinnovabile sono un punto forte, abbiamo comunque raddoppiato il fatturato e siamo solidi.

Tra te e Bruno c’è una bella differenza di età, ma sembra esserci molta sintonia…

Assolutamente sì. Siamo complementari e simili. Credo molto che green e ciclismo sia un binomio vincente. Sono ambizioso, ma resto comunque con i piedi per terra, facendo il passo successivo solo se posso farlo. Ho una filosofia uguale a quella di Bruno Reverberi. Se guadagno un milione, il trenta per cento lo investo e il resto lo tengo per il futuro e per l’azienda. Devo pensare che ho ragazzi che sono con me dall’inizio e finora nessuno è andato via per andare a lavorare altrove. Credo molto nei giovani, è giusto che vengano pagati bene. E’ giusto che facciano le loro otto ore senza straordinari. Ora siamo un’azienda più grande, ma il mio percorso viene dal commerciale.

Nel piazzale del Grand Hotel Savoia di Cortina è stata presentata anche l’ammiraglia con la nuova brandizzazione
Nel piazzale del Grand Hotel Savoia di Cortina è stata presentata anche l’ammiraglia con la nuova brandizzazione
Che obiettivi vi siete prefissati?

Intanto devo dire che sarà davvero una grande emozione vedere il nome della propria azienda partecipare ad una manifestazione prestigiosa e grande come il Giro d’Italia. Vorremo dare un senso a tutti i giorni dell’anno. Al WorldTour non dobbiamo per forza arrivarci e adesso non bisogna pensarci. Vogliamo partire con calma. Cinque anni sono stati fatti apposta per crearci un’immagine e ampliare il nostro business. E poi dare la possibilità alla squadra di migliorare la propria rosa di corridori. Il sogno sarebbe poter vincere il Giro d’Italia. Ma ne ho un altro. Portare Pogacar da noi. Lui è sloveno, noi veneziani. Siamo vicini di casa, magari lo diventiamo ancora di più.

La via Rossato per i più giovani: «Non ci sono solo gli olandesi»

27.08.2022
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In partenza per una trasferta nel Nord Europa, in questo gran parlare di giovani e l’ambiente ideale per farli crescere, Mirko Rossato accetta il confronto ed entra nel merito della gestione dei suoi ragazzi. Il tecnico del gruppo dei giovani alla Bardiani-CSF-Faizané non vede infatti grosse differenze tra la filosofia che anima la sua squadra e quella della Jumbo Visma Development di cui ci ha parlato stamattina Robbert De Groot.

«Andiamo a correre sui muri e sul pavé – sorride Rossato – per fare esperienza con spirito aggressivo. Ho detto a Bruno (Reverberi, ndr) che avremmo avuto due possibilità. Il Giro del Friuli, in cui qualche risultato magari si portava a casa. E poi il Flanders Tomorrow Tour, in cui prenderemo certamente qualche bella legnata. Lui mi ha detto di scegliere liberamente e io ho deciso per il Belgio. Muri, pavé e una crono, come la vecchia De Panne. Le legnate fanno crescere, ma qualcuna l’abbiamo anche data. Abbiamo vinto quattro corse e fatto i nostri piazzamenti…».

La vittoria di Marcellusi al Trofeo Piva è una delle quattro centrate quest’anno dai giovani della Bardiani-CSF
La vittoria di Marcellusi al Trofeo Piva è una delle quattro centrate quest’anno dai giovani della Bardiani-CSF
Ecco, parliamo di farli crescere. Come sta andando l’esperienza Bardiani?

Il progetto è bello, sto facendo quello che devo e ringrazio i Reverberi per avermi lasciato carta bianca. L’obiettivo è portare questi ragazzi al livello e al modo di correre che serve per essere professionisti. Di fatto lo sono già, ma al contempo hanno tanta strada da fare. L’attività è su misura per loro, come fanno alla Jumbo Visma. Non credo che Pinarello, Pellizzari e Bonilla avrebbero fatto esperienze simili con le altre continental.

Le legnate fanno crescere? 

La prima regola è che le corse si finiscono, anche a un quarto d’ora dal primo. Si devono abituare fisicamente e mentalmente a distanze e tempi di gara superiori. Se da junior facevi al massimo 120 chilometri, a Capodarco ne fai 180 e guai se ti fermi. E poi voglio che corrano sempre davanti. Per gestire i giovani si usano bastone e carota, ma per queste due regole c’è solo il bastone.

Alessio Martinelli è uno dei ragazzi di maggior talento del team. In questi giorni è al Tour de l’Avenir
Alessio Martinelli è uno dei ragazzi di maggior talento del team. In questi giorni è al Tour de l’Avenir
Quanto conta il risultato in questa prospettiva?

Se anche non si vince, guardo l’approccio, il modo di correre, gli stimoli che hanno. Sono in questo ambiente da 25 anni e ho visto tanti corridori, ormai ho capito come funziona. Il nostro obiettivo è dare alla squadra dei corridori pronti. In quest’ottica non conta che vincano, ma che sappiano come muoversi e corrano bene.

Nelle continental europee fanno gare a tappe e periodi di allenamento.

Ho studiato come si muovono, bisogna sempre imparare dagli altri, quando è utile. I nostri ragazzi a fine anno avranno fatto 42-45 giorni di corsa. Non sono tanti, ma neanche pochi, visto il livello. Di certo, non serve più fare 70-80 giorni, dal martedì alla domenica, come mi capitava quando avevo la squadra di dilettanti. E’ più utile fare 10 giorni di stacco e preparazione fra una corsa e l’altra, che sfinirli senza senso. Ci scontriamo sempre con le migliori squadre U23 d’Europa e questo ci fa vedere come siamo messi e cosa ci serve per migliorare…

Pinarello e Pellizzari sono due tra i più giovani, ora impegnati con Rossato nella trasferta al Flanders Tomorrow Tour
Pinarello e Pellizzari sono due tra i più giovani, ora impegnati nella trasferta al Flanders Tomorrow Tour
E cosa ci serve?

Da noi il velocista fa solo corse piatte e le vince, lo scalatore corre solo in salita. Oggi una corsa per velocisti ha come minimo 2.000 metri di dislivello e se non lavori per farli migliorare, le volate neanche le fanno. Un corridore com’ero io, oggi non vedrebbe l’arrivo. Stando a certe logiche non dovrei neanche portare Pinarello e Pellizzari in Belgio, perché troveranno solo strappi e pavé, ma devono essere capaci di fare tutto. Perché da professionisti si troveranno a farci i conti. Altrimenti perché all’estero vengono fuori e da noi no?

Cosa vedi negli junior che arrivano da voi?

Più che altro cosa vedo negli junior fuori di qui. In tutta Europa, fanno 3-4 corse a tappe all’anno, qua fanno il Lunigiana a fine stagione. Abbiamo mille regolamenti. Poi è vero che logisticamente l’Italia è lontana dal Nord Europa, ma anche gli juniores all’estero si confrontano sempre con avversari diversi, noi abbiamo sempre i soliti. E quando cresci? Non è sufficiente.

Questo succede anche fra gli under 23…

Quando parlo con Amadori, mi dice sempre di portarli a correre fuori. Altrimenti nelle corse internazionali importanti, ci troviamo in difficoltà.

Il gruppo dei giovani della Bardiani-CSF è nato quest’anno ed è stato affidato a Mirko Rossato
Il gruppo dei giovani della Bardiani-CSF è nato quest’anno ed è stato affidato a Mirko Rossato
Avete preso tre ottimi juniores come Scalco, Paletti e Conforti: come avete vinto la concorrenza degli squadroni?

Secondo me sono i più forti della categoria e con le caratteristiche che ci servono per le corse impegnative cui partecipiamo. Ne ho parlato con Reverberi, poi è stato lui a parlare con i loro procuratori. Abbiamo proposto il nostro progetto e penso che il prossimo anno avrò una bella squadretta di 8-9 corridori, in cui i più grandi come Martinelli potranno provare a salire un altro gradino, come quest’anno Marcellusi e Tolio.

Non troppo diverso da quello che fanno in Olanda, insomma…

Facciamo come loro ed è il nostro obiettivo. Siamo l’unica squadra professional in Europa ad avere dentro un gruppo di U23, che prendono uno stipendio certamente al minimo, ma ben più alto di quello che prenderebbero nelle continental. All’inizio c’era scetticismo, per cui l’obiettivo è farci vedere affinché si capisca che il progetto è serio. Questo è il primo anno, sono convinto che nei prossimi due si vedranno i frutti. Quando passano dagli juniores, hanno bisogno di un paio di stagioni per farsi le ossa.

Battaglin, vocazione gregario ricordando la Jumbo

11.08.2022
5 min
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Dopo una primavera senza capo né coda, Enrico Battaglin inizia a riconoscere qualche sensazione giusta. In realtà, avverte, è un po’ che si sente bene.

«Ma se vi basate su Procyclingstats – sorride – allora potrebbe sembrare che è un disastro. Non guardate i piazzamenti, perché dalla Adriatica Ionica Race ho lavorato per la squadra e poi anche ai campionati italiani. Ho risolto i problemi fisici. Invece quel sito è odioso. Ci sono tutti i risultati e a basarsi su quelli, potrebbe sembrare che io sia ridotto davvero male».

Ripartenza al Sazka Tour

Il lungo stop dopo il Sibiu Cycling Tour è finito e il 4 agosto il vicentino è ripartito dal Sazka Tour e fa rotta ora sul Tour du Limousin che inizia il 16. Nel frattempo ha riposato, ha lavorato a suo dire bene e ha seguito le dirette del Tour de France, in cui la sua ex squadra ha fatto il bello e il cattivo tempo. E la cosa genera curiosità, dato che Enrico approdò nella allora LottoNL-Jumbo nel 2016, quando il progetto era ancora agli albori.

Si poteva pensare che sarebbero arrivati così in alto?

Rispetto ai miei tempi, vedo che il personale è cambiato, ma la dirigenza è la stessa. Avevano dichiarato di voler fare il podio al Tour entro il 2021-2022 e ci sono riusciti. Ai tempi l’uomo era Kruijswijk, dopo quello che aveva fatto al Giro. Poi sono arrivati Roglic e Groenewegen. Abbiamo iniziato a vincere corse come i Paesi Baschi e facemmo bene anche al Giro del 2018. Si poteva immaginare la crescita, ma è stato Van Aert a favorire il salto di qualità.

Alla Adriatica Ionica Race, Battaglin ha svolto un lavoro oscuro per Zana, che ha poi vinto
Alla Adriatica Ionica Race, Battaglin ha svolto un lavoro oscuro per Zana, che ha poi vinto
La squadra brilla per l’attenzione ai dettagli: era così anche allora?

Non era tutto esasperato come ora, era un ciclismo diverso. Però mi ricordo che avevamo lo chef, ci seguivano in ogni cosa. I materassi alle corse uguali a quelli che avevamo a casa. Direi che la ricerca esasperata del dettaglio è iniziata nel 2019. Le bici leggerissime. Lo studio sui carboidrati. I ritiri ripetuti. L’abbigliamento. Investono molto sui dettagli e i risultati si vedono.

Oggi sono il riferimento per tutti…

Ma sono partiti da una base comune a molti. Credo che oltre allo studio, abbia influito il livello dei corridori. Di Roglic si poteva immaginare, di Van Aert e Vingegaard no davvero. Idem per Kooij, il velocista giovane. Ragazzi venuti fuori a vent’anni, con i watt e la testa di corridori già esperti e subito capaci di fare risultato.

Al Tour of Norway ha aiutato Fiorelli nelle volate, come pure a Sibiu quando è arrivata la vittoria
Al Tour of Norway ha aiutato Fiorelli nelle volate, come pure a Sibiu quando è arrivata la vittoria
Pozzovivo ha detto che chi non è riuscito ad adeguarsi a questa… impennata delle prestazioni, si è trovato in difficoltà. A te è successo?

Ho parlato con “Pozzo” al Sazka Tour. Il problema è che tutti hanno alzato il loro livello. Saranno gli allenamenti o le bici, i ragazzi hanno uno standard così alto che quello che facevamo una volta non basta più. Serve curare il dettaglio per colmare il gap. In più cresce il livello di stress, perché sei sempre alla ricerca del limite. Per questo non credo a carriere lunghe. Anche per i leader…

Cioè?

Quando sono passato, i veri capitani puntavano ai loro obiettivi e nel resto delle corse lavoravano o lasciavano spazio. Adesso anche loro sono sempre al 110 per cento. C’è un livello assurdo in ogni corsa, non solo al Tour.

E tu come stai?

Abbastanza bene. Ho ripreso in Repubblica Ceca lavorando per Zana e Fiorelli. Sono quello che viene usato prima, perché ho fondo ed esperienza, ma spero al Limousin di avere qualche chance anche per me. Sono in scadenza di contratto e vorrei fare qualche risultato per rimanere o trovare comunque una sistemazione. Credo che l’inizio di stagione sia stato una sofferenza, ma alla Adriatica Ionica Race abbiamo corso proprio bene come squadra e abbiamo vinto. Da maggio le cose vanno bene, speriamo di andare avanti così sino a fine anno.

Al Sazka Tour in Repubblica Ceca il suo nome è stato un bel richiamo per i tifosi
Al Sazka Tour in Repubblica Ceca il suo nome è stato un bel richiamo per i tifosi
Reverberi non sembrava molto contento di te e di Modolo…

Ma Bruno è così. Quando investe, vorrebbe subito un ritorno. E’ stato un inizio anno difficile, ma quando mi sono rimesso, penso abbia visto che mi sono dato da fare per la squadra. Il lavoro di gruppo è decisivo, non puoi sperare che siano gli altri a cavarti d’impaccio. Serve correre per un paio di corridori, con il gruppo al loro servizio. Non è vero quello che si dice…

Che cosa si dice?

Che ho perso smalto e che non mi alleno. Il fatto è che con gli anni sono andato a spegnermi. Faccio fatica a battagliare con i primi. Stare davanti è sempre più difficile. Non posso aspettare i finali, per cui aiuto gli altri. E se prendo la fuga giusta, magari lo spunto per giocarmela lo trovo ancora…