Poca crono, investimenti enormi. Cattai, ne vale la pena?

27.12.2021
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I chilometri a crono nei grandi Giri diminuiscono sempre di più. E’ una tendenza accertata. Vi diamo dei numeri. Nel prossimo Giro d’Italia i chilometri contro il tempo in totale saranno 26,3, vale a dire lo 0,77% dell’intero percorso. Percentuale “appena” più alta (appena in senso assoluto, perché è più del doppio) alla Vuelta: 1,6%, ma quasi la metà sono a squadre. Quella spagnola è pressoché la stessa percentuale di chilometri a cronometro del Tour de France. Di contro i marchi di bici, e le squadre, ci investono sempre di più. Tutto questo ha un senso? Ne abbiamo voluto parlare con Stefano Cattai, di BMC.

Stefano fa da ponte tra l’azienda e i team, non a caso la sua posizione è definita “technical liaison”, pertanto può darci ottime indicazioni in merito.

Cattai, technical liaison di Bmc. Stefano è stato professionista dal 1990 al 2001
Cattai, technical liaison di Bmc. Stefano è stato professionista dal 1990 al 2001

Investire e crederci

«Ognuno – dice Cattai – ha le proprie necessità, le proprie idee e le proprie strategie aziendali. E soprattutto ha i propri team di riferimento. In base a questo sa quanto valga la pena investire.

«Alla domanda se convenga o no investire a fronte di percentuali così piccole di cronometro, io comunque rispondo di sì. Ne vale il prestigio dell’azienda. E comunque sia un investimento del genere porta sempre ad un ritorno, pensando anche ai prodotti da mettere poi in commercio».

«Chiaramente ci sono dei distinguo da fare. Tu puoi investire, e anche tanto, sui materiali ma al tempo stesso devi avere un team che investa e creda nello sviluppo. Quando dico investa intendo non solo a livello economico, ma che dedichi del tempo a lavorare su quegli sviluppi.

«Per farla breve, io posso anche creare un telaio aerodinamico, ma poi serve il team che lavori sulla posizione del corridore. La sola “immagine” non basta a giustificare l’investimento per l’azienda».

A volte i progetti vanno a buon fine, altre volte sono lasciati morire. Anche questo è un costo marginale della ricerca e dello sviluppo
A volte i progetti vanno a buon fine, altre volte sono lasciati morire. Anche questo è un costo marginale della ricerca e dello sviluppo

I binari morti…

Certo però che investire, fare sviluppi e nuovi progetti ha un costo. E immaginiamo sia anche piuttosto elevato. Per esempio quanto costa l’evoluzione di un modello di bici esistente?

«Non posso dare una risposta precisa sul costo di uno sviluppo o di un nuovo progetto – riprende Cattai – E’ difficile da quantificare. Non si tratta solo di fare dei test, si tratta di prendere 2-3 ingegneri e farli lavorare solo su quello. E se lavorano solo su quello non portano avanti altro lavoro. Poi ci sono i passaggi in galleria del vento, l’acquisto di eventuali nuovi materiali… Non si può quantificare. Però, ripeto, ne vale la pena. A volte investo dieci e ottengo uno, a volte investo dieci ed ottengo cinque. Ma se si avessero risorse illimitate si investirebbe in continuazione. Quindi serve.

«E ancora: bisogna valutare su cosa stiamo investendo. Su un progetto specifico per le vendite o che mira alla prestazione?».

In effetti il discorso è molto complesso. A volte non ci rendiamo conto, ma lo stesso Cattai ci dice che per ogni nuovo progetto ci sono alle spalle non meno di 18-24 mesi di lavoro e se si tratta di progetti ex novo può capitare anche che vadano a morire.

Magari si parte con una determinata idea e poi strada facendo ci si rende conto che non è fattibile. In questo caso si sono “gettate” risorse economiche e temporali, ma in qualche modo in effetti ne è valsa la pena perché si è capito che non bisogna insistere su quella determinata via.

Miglioramenti “su carta” e reali

Ma se il Cattai tecnico e uomo di azienda la pensa in un modo, l’ex corridore cosa dice? Oggi parliamo spesso di dettagli, di preparazioni molto curate, ma tornando al discorso delle minime percentuali a cronometro nei grandi Giri, viene anche da chiedersi perché in allenamento un uomo di classifica debba stare tante ore su una bici da cronometro. Non sarebbe più redditizio per lui fare qualche salita in più o lavorare su qualche lacuna?

«Va vista in un’ottica diversa – spiega Cattai – Oggi quando cerchiamo di migliorare, in generale, parliamo sempre di piccole percentuali. Per esempio in azienda possiamo migliorare una ruota del 2%, ma questo non significa che poi la prestazione dell’atleta aumenterà del 2%. C’è un “pacchetto” da tenere in considerazione: le ruote, il telaio, la posizione del corridore, la scelta delle gomme… E magari a conti fatti quel miglioramento delle ruote si traduce in un miglioramento reale dello 0,1%, dico a caso. Però si è visto, soprattutto nel ciclismo di oggi, che si può vincere anche per pochi secondi».

Alla fine conta la testa

«Ma da ex corridore – conclude Cattai – dico che c’è una cosa da valutare ed è la mente. Nella testa dell’atleta conta molto sapere che c’è chi crede in lui, chi ci investe e soprattutto che sa di avere a disposizione i materiali migliori. Conta moltissimo, credetemi. L’atleta deve avere la consapevolezza che ciò che sta usando è il massimo».

«Cadel Evans per questo era un vero maniaco. Era molto interessato, non si stancava mai. Ed era anche “facile” spiegargli le nostre volontà. Anche se qualche volta aveva qualcosa da obiettare. In quel caso il nostro era quasi un lavoro da psicologi per convincerlo che quel materiale era buono (questo per dire quanto conti la testa, ndr). Marco Pinotti addirittura aveva un punto di vista da ingegnere. Anche Rohan Dennis era un grande lavoratore, molto metodico.

«E poi invece c’era anche chi era “artista”, come Gilbert, che viveva questa parte in modo molto più distaccato».

CeramicSpeed si aggiorna e migliora la performance

10.11.2021
3 min
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Dopo l’attesissimo lancio dello Shimano 9200, CeramicSpeed presenta il proprio sistema di pulegge pensato per il nuovo cambio della casa nipponica.

Il sistema oversized pulley wheel lo avevamo già visto sulle bici Wilier del team Astana nella stagione 2020. Nella stagione appena conclusa ci sono stati altri marchi che hanno deciso di adoperare questo accessorio: Factor e BMC (con il Team Qhubeka, ndr). Un sistema nato dalla necessità di avere un miglior scorrimento della catena si è rivelato molto utile ed efficace. Lo Shimano 9200 ha la novità di avere 12 velocità, un dettaglio non indifferente. CeramicSpeed ha sviluppato e perfezionato il suo sistema adattandolo al nuovo gruppo di casa Shimano.

Un sistema eccellente

Dotato di una torre di arresto integrata, per facilitare l’installazione e prolungarne la durata, il sistema di pulegge di CeramicSpeed è adatto a tutti. I cuscinetti sono installati a mano in ogni puleggia e sono garantiti per 4 anni, la garanzia diventa a vita quando si scelgono i cuscinetti rivestiti. La puleggia superiore ha 13 denti, mentre quella inferiore 19. I tecnici hanno studiato e capito come questo sia il numero ideale di denti per far funzionare al meglio il deragliatore posteriore.

La puleggia inferiore da 19 denti rende la curva della catena più dolce e permette al deragliatore di lavorare al meglio
La puleggia inferiore da 19 denti rende la curva della catena più dolce e permette al deragliatore di lavorare al meglio

Il motivo di questa scelta è legato anche ad un risparmio in termini di watt, grazie alle “curve” più morbide che la catena ha nel passaggio in queste pulegge. Si parla di un guadagno di 5 watt, uno scarto che può sembrare minimo ma che nel ciclismo moderno può davvero fare la differenza. Il sistema vecchio, CeramicSpeed 9100/9150 non è compatibile con il nuovo gruppo Shimano.

Il prezzo per acquistare il nuovo OSPW per Shimano 9200 è di 499 euro.

CeramicSpeed

Roadmachine X: la risposta su tutti i terreni di BMC

22.09.2021
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BMC è in costante evoluzione come le sue biciclette, al centro dell’innovazione questa volta c’è la Roadmachine X. Nata nel 2016 come bicicletta all-road che piano piano si è ritagliata un posto tra gli appassionati di questa disciplina. Performante in tutte le situazioni, dalla strada al gravel la Roadmachine X è una fedele compagna anche per viaggi di più giorni. I cosiddetti bikepakcing.

Dettaglio sul carro posteriore, con montati copertoni tubeless con sezione da 32 millimetri, i più adatti per attività all-road
Dettaglio sul carro posteriore, con montati copertoni tubeless con sezione da 32 millimetri, i più adatti per attività all-road

Le caratteristiche

Ormai i ciclisti amano divertirsi in tutte le condizioni e su qualsiasi strada o sentiero. È bello potersi allenare o semplicemente andare all’avventura senza mai scendere dal mezzo che tanto amiamo. BMC ci offre questa possibilità con la nuova Roadmachine X.

Il telaio BMC è premium carbon costruito con la miglior versione implementabile del TCC (Tuned Compliance Concept) che fornisce un’ottima prestazione su strada. Una particolarità del nuovo telaio è il carro posteriore con l’attacco ribassato sul tubo verticale. Questo disegno del carro posteriore permette alla bici di essere più aggressiva e stabile sui terreni sconnessi grazie ad una maggiore flessibilità verticale e rigidità laterale.

Il carro posteriore con un attacco leggermente ribassato permette una maggiore stabilità sui terreni dissestati ed una trasmissione della potenza senza eguali
Il carro posteriore con un attacco leggermente ribassato permette una maggiore stabilità sui terreni dissestati ed una trasmissione della potenza senza eguali

Estremamente regolabile

A testimonianza dell’impegno degli ingegneri e dei tecnici BMC la Roadmachine X è una bicicletta adattabile a qualsiasi esigenza del ciclista. La geometria endurance del telaio è studiata, come già detto, per la massima performance su ogni terreno: dai tornanti su strada agli imprevedibili sentieri off-road.

Le caratteristiche fisiche e tecniche dei ciclisti sono differenti e così BMC ha pensato bene di rendere modificabili alcune parti della bici. Una di queste è l’attacco manubrio che può essere più lungo o corto a seconda del tipo di attività che si va a fare. Un’altra parte adattabile è lo stack, ovvero l’altezza lo sterzo e il movimento centrale, serve per rendere più o meno aggressiva la geometria del telaio.

Da aprile 2022 sarà disponibile la Roadmachine two al prezzo di 4699€. La versione di alluminio, la Roadmachine X AL One sarà disponibile da maggio 2022 al prezzo di 2299€
Da aprile 2022 sarà disponibile la Roadmachine two al prezzo di 4699€. La versione di alluminio, la Roadmachine X AL One sarà disponibile da maggio 2022 al prezzo di 2299€

Componenti al top

La Roadmachine X monta il cambio 1X Wireless Sram XPLR che è il più leggero e performante per quanto riguarda il mondo all-road. Si è visto ormai come anche con il mono corona sia possibile sviluppare velocità anche su strada, questo grazie all’evoluzione dei gruppi che permettono lo stesso sviluppo metrico di quelli da strada.

Stefano Gennaioli, Product Marketing Manager di BMC Svizzera ha commentato: “Quando abbiamo progettato Roadmachine X, abbiamo voluto accontentare i requisiti di una nuova generazione di ciclisti, ormai alla continua ricerca di evoluzione e sviluppi tecnici. Dei corridori di resistenza e dalla voglia di esplorare, sempre alla ricerca di nuovi terreni più impegnativi. Siamo fiduciosi che l’ultima evoluzione della Roadmachine possa garantire tutto ciò.”

La Roadmachine X è disponibile fin da subito in sei taglie: 47, 51, 54, 56, 58 e 61). Il modello “One”, il top di gamma, sarà in vendita al prezzo di 5999€.

BMC

Una Coca con Hincapie, prima di ripartire

26.07.2021
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La storia di George Hincapie vale la trama di un film. Ed è per questo che mentre l’americano parla seduto a un tavolo in questo angolo caldo di Toscana, davanti agli occhi scorrono le immagini di una vita affascinante ma dura. Hincapie il gregario, figlio di colombiani emigrati in America. Scoperto per caso a Central Park da quel mecenate (marchigiano) della bici che si chiamava Fred Mengoni e portato alla Motorola appena un anno dopo l’arrivo di Armstrong che in un modo o nell’altro gli avrebbe cambiato la vita.

L’ottavo, il primo

Quando Evans l’ha chiamato per venire a Saturnia a festeggiare i 10 anni del Tour, George ha prenotato in men che non si dica. Ne aveva già vinti sette accanto al texano, ma di quel giallo restano soltanto le ombre, una dannata parentesi della storia con cui fare quotidianamente i conti. George i conti li chiuse nel settembre del 2012, giusto l’anno dopo il Tour con Evans, quando fu costretto a raccontare la sua versione della storia e questo gli valse sei mesi di sospensione e le vittorie dal 31 maggio 2004 al 31 luglio 2006. Aveva 39 anni, il ciclismo aveva poco altro da regalargli e così smise.

Uomo in affari

Ci ha sempre regalato la sua gentilezza, anche se con gli occhialoni e la barba ispida sembra un vero cow boy. Oggi gestisce un hotel cui ha dato il nome di Domestique, gregario, ai piedi della Blu Ridge Mountains in South Carolina: monti nella catena degli Appalachi resi celebri da alcune canzoni di John Denver. Le stanze di quell’hotel portano il nome di alcune delle località che lo hanno visto sudare su una bici. Bordeaux, Courchevel, Aubisque, Aspin, La Madeleine, Galibier, Azet, Chartres, Colombiere, Lombarde, Portillon, Dijon, Tourmalet. E anche l’ospitalità, fra campi da golf e tour in bicicletta, è la somma delle esperienze in giro per il mondo.

Accanto al suo ultimo capitano, Hincapie sulle strade etrusche di Saturnia
Accanto al suo ultimo capitano, Hincapie sulle strade etrusche di Saturnia

In più ha una linea di abbigliamento fondata nel 2002 con suo fratello Rich, con cui vestì anche la BMC di allora, e coordina l’organizzazione di tre Gran Fondo che portano il suo nome: in South Carolina, in Pensylvania e in Tennessee.

La nuova vita

Da quel passato ha preso le distanze e anzi si è fatto portavoce di un diverso modo di fare ciclismo, quello giusto e certamente sano.

«Io e Cadel – ricorda – abbiamo fatto un pezzetto di storia insieme. Siamo partiti da quella che sembrava una piccola squadra e quello che abbiamo fatto è stato davvero importante nella mia carriera. Non potevo dire di no. Naturalmente l’ho fatto per tutto il gruppo, è bastato rivedere il video l’altra sera in cui si raccontava quel Tour. Mi ha chiamato a giugno, dicendomi che si sarebbe potuto fare qualcosa del genere, ma non aveva le idee chiare. I dettagli li ho saputi la settimana scorsa…».

Un sorso di vino prima di ripartire: per Hincapie ora il ciclismo è relax
Un sorso di vino prima di ripartire: per Hincapie ora il ciclismo è relax

Gregario e leader

La magia di quella BMC è qualcosa di cui abbiamo parlato spesso con i corridori che ne facevano parte e accettarono a malincuore di disperdersi, quando con la morte del fondatore Andy Rihs fu chiaro che il team avrebbe cessato di esistere.

«La grande forza di quel team – racconta – fu prima di tutto Andy Rihs, molto appassionato di sport. Poi Jim Ochowitz, un grande boss, e John Lelangue, un grande direttore sportivo. A quel punto della mia carriera avevo bisogno di un ruolo diverso, al servizio di un capitano. Quando diventi un professionista, ti rendi conto che il talento può portarti lontano, ma non basta. Ti rendi conto che tutti a quel livello sono straordinariamente bravi e la vera differenza è mentale. Nasce tutto dal tuo desiderio di lavorare, la disciplina sul lavoro. Queste sono le cose che fanno la differenza. E per me arrivare nella squadra di Cadel significava accettare anche più responsabilità, mi sono goduto quella piccola parte della mia carriera».

Verso l’ignoto

Il ciclismo oggi è un’altra cosa, ma non solo per l’impressionante mole dei controlli messa in atto proprio dopo quel dannato periodo americano, ma anche per cosa significa essere in gruppo.

«E’ un altro mondo – dice – noi eravamo pronti per qualsiasi cosa succedesse sulla strada, ci conoscevamo bene come squadra e andavamo spesso verso l’ignoto. Sulle mappe non c’era scritto se le strade fossero strette oppure molto ripide. Potevi aver fatto il sopralluogo e ricordare qualcosa, ma nessuno sapeva tutto nei dettagli e la bravura stava nel reagire e nel gestire le situazioni. Invece adesso sanno tutti esattamente ciò che sta per accadere e secondo me tanta tecnologia aumenta lo stress e tutto diventa più pericoloso. Vedo i corridori combattere sempre per tenere la testa. Ma resta bello. Sono ancora contento di guardarlo in televisione».

Sosta per fare qualche foto: Evans, Bookwalter e Hincapie
Sosta per fare qualche foto: Evans, Bookwalter e Hincapie

Back home

George rientrerà oggi negli Stati Uniti, proprio nel momento in cui ha iniziato a fare pace con il fuso orario. Si è goduto ogni attimo con il sorriso sul volto, chiedendosi se e quando si vedranno ancora. E’ stato già tanto aver potuto volare nonostante il Covid.

«Torno al mio piccolo hotel in South Carolina – dice – e alla mia linea di abbigliamento che mi porta in giro per il Paese. Ho molto da fare. Ho tre Gran Fondo, sono ancora coinvolto nel ciclismo. Ma a Cadel non potevo dire proprio di no».

La prossima Gran Fondo si correrà il 23 ottobre a Greenville, nel South Carolina, sulle strade in cui era solito prepararsi per il Tour. George sembra ancora in gran forma. A vederlo passare sulla sua BMC in un paio di inquadrature è parso di riconoscere il corridore che nel 2011 aiutò il suo capitano a vincere il Tour de France. E di quello negli annali resterà per sempre la traccia.

Con Evans, 10 anni dopo il Tour. Amici, vino, ricordi e bici

25.07.2021
10 min
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Ieri, ma dieci anni fa, Cadel Evans vinceva il Tour de France. Lo aveva sfiorato. Nel 2007 e nel 2008 era arrivato secondo. Nel 2010 lo aveva finito correndo con un braccio rotto, perdendo per questo la maglia gialla. Il 2011 fu speciale, un otto volante. Sembrò colare a picco dopo la vittoria di Andy Schleck sul Galibier, ma nella crono di Grenoble, 24 ore prima della fine, mise nei pedali le delusioni degli anni precedenti e le fatiche di tutta la vita e volò a prendersi la maglia gialla.

«Secondo me avrebbe potuto vincere anche la crono – racconta John Lelangue, allora sull’ammiraglia della BMC – ma avrebbe rischiato di cadere. Arrivò 7 secondi dietro Martin, ma non gli dissi che era così vicino, altrimenti in discesa avrebbe provato a vincere rischiando però di perdere il Tour».

Saturnia, casa BMC

Ieri e oggi, dieci anni dopo, Cadel Evans ha raccolto a Saturnia i compagni di allora per festeggiare quella maglia gialla. Mancano soltanto Santaromita, Schar che è a Tokyo e Burghardt che sta per avere un bambino. Gli altri sono tutti qui, compresi John Lelangue (oggi team manager alla Lotto Soudal) e il massaggiatore di sempre David Bombeke. Hincapie è venuto apposta dagli Stati Uniti, Quinziato dalla Spagna. Tutti qui per stringersi attorno al capitano di allora, nel segno di un’amicizia che è ancora tutta qua.

Cadel è sempre Cadel. La differenza è qualche ruga in più sul volto e quel filo di barba che tutto sommato sa di vacanza. Si aggira per l’enorme hall del Resort delle Terme con i figli Aidan e Blake e la compagna Stefania (foto di apertura). Quando poi viene a sedersi, il suo tono di voce è lo stesso della prima volta, nel lontanissimo 2002 in cui perse la maglia rosa a Passo Coe. Il passare del tempo lo riconosci da questo e devi esserne grato.

Già passati 10 anni dal Tour…

Non mi ero reso conto fino ad adesso, ma davvero sono passati. Eppure che ogni volta che lo dico, tutti rispondono: «Già 10 anni?».

Il Tour cambia le cose?

Il Tour cambia la vita. Avevo già avuto delle vittorie che mi avevano cambiato la carriera, ma il Tour proprio mi ha cambiato la vita. Più del mondiale. Dalla mia prospettiva, il mondiale cambia la tua posizione nel mondo del ciclismo, ma il Tour de France cambia tutto. Lo hanno visto tutti, anche negli altri sport e in tanti mondi lontani. E’ una cosa enorme.

Da cosa si capiva che potesse essere la volta buona?

Per due volte ero stato secondo per meno di un minuto. Nel 2010 eravamo messi benissimo, ma ho avuto una piccola caduta, ho finito la tappa, ho preso la maglia gialla e ho scoperto di avere la frattura del braccio. Ero il leader e ho continuato, ma lo finii lontanissimo. Avevo due minuti di vantaggio su Contador, già lì senza la caduta mancava poco. Anche nel 2007 e nel 2008 con più fortuna potevo fare di più. Ero vicino, ma lontano.

Ci hai sempre creduto, però…

Ho continuato a credere in me stesso e ad insistere, anche se forse ormai la gente aveva dubbi. Io no li ho mai avuti, ma le squadre e il ciclismo in generale, in quel tempo lì… Sarei stato il più anziano vincitore del Tour nel dopoguerra, anche i numeri iniziavano a dire che diventava difficile. Ho continuato a insistere e poi avevo questa squadra dietro di me…

Ecco, la squadra: perché fu così magica quelle BMC?

Al primo incontro che feci con Jim Ochowitz, manager della squadra, abbiamo parlato, abbiamo messo in chiaro le cose che erano successe, perché non avessi vinto. Lui mi ascoltò e disse: «Tu hai bisogno di una squadra che creda in te». E io gli dissi di sì, che chiedevo solo quello e da lì abbiamo cominciato. E’ stata un’ottima opportunità per la mia carriera, la migliore visti i risultati.

Scegliesti tu gli uomini per quel Tour?

Lo facemmo insieme ai direttori sportivi. Sapevamo da prima chi meritava di andare. Una cosa bella che si era creata fra di noi è che nessuno era sotto pressione per dimostrare il suo valore, ma al contempo nessuno voleva essere l’anello debole della catena e tutti si impegnavano al massimo. Parlavo stamattina con Quinziato e quel venerdì di 10 anni fa, a tre giorni dalla fine, aveva il dubbio che saremmo riusciti a vincere il Tour. E me lo ha raccontato solo adesso, 10 anni dopo…

Fu un anno magico per tutti.

Era una squadra, per la fortuna del ciclismo, con un appassionato come Andy Rihs (il proprietario della Bmc, scomparso nel 2018, ndr) che investiva tanto. Devo ringraziarlo per l’opportunità che mi ha dato. Ma ribadisco questa cosa: nessuno voleva essere l’anello debole e questo ha creato la forza tra di noi. Avevamo avuto una bella stagione, dalla Tirreno al Romandia, solo il Delfinato così e così. Quella forza tra noi si è trasformata in una bella amicizia, tanto che siamo ancora qua, felicissimi.

Ricordi tutto di quel Tour?

L’ho raccontato così tante volte (ride, ndr) che purtroppo ho dimenticato poco. Ti metti lì, scrivi libri, vai su internet… Ricordo tutto molto bene. Nel mio Paese non si riesce a capire cosa fosse successo.

Che cosa?

Per il pubblico australiano è stato il successo sportivo più importante nella storia. Per questo le curiosità, le domande, le analisi… Io non sapevo neanche che tutta l’Australia guardasse la televisione e che tutti ancora oggi si ricordano dov’erano il giorno della cronometro di Grenoble. Una cosa incredibile. Hugh Jackman (l’interprpete di Wolverine, ndr) era lì sui Campi Elisi a guardare il podio. Un uomo di Hollywood, lì per me. Il primo ministro mi chiamava. Io non sapevo, ma l’Australia era dietro di me a seguirmi con speranza. Mai con pressione, ma sempre con speranza.

Un brindisi con Evans a metà percorso: occasione da non perdere
Un brindisi con Evans a metà percorso: occasione da non perdere
Ti manca tutto ciò? Ti è pesato smettere? 

Sinceramente sono tornato dal Tour 2012 e ho scoperto che stavo male. Sapevo di non poter rientrare a un buon livello, avrei dovuto faticare di più con meno possibilità. Lavori di più e non arrivi neanche e a un certo livello… Così ho pensato che ero via da casa da 17 anni per correre, facendo tanti sacrifici. Il mio obiettivo di carriera era dare tutto, ma per non avere rimorsi il giorno che fosse finita l’opportunità di essere ciclista.

Così è andata?

Nell’ultima corsa ho fatto la volata per il quinto posto. Era la mia corsa, la Cadel Evans Great Ocean Road. Ho passato il traguardo e ho detto: «Ho dato tutto». Avevo i crampi, avevo dato il massimo e per questo smettere non è stato troppo pesante. Sarò per sempre grato per la fortuna di aver fatto questa carriera, ma era arrivato il momento di dire basta. Sono quello che sono per il ciclismo. Mi ha dato l’opportunità di viaggiare, incontrare persone, esperienze sportive.

Come è nata l’idea di questa riunione?

All’inizio volevo farla nella mia corsa in Australia, ma negli ultimi mesi (sorride amaro, ndr) sono cambiate un po’ di cose per tutti. Allora ho cercato di fare qualcosa per ricordare. E’ nato da BMC Italia grazie a Orso Francardo, poi sono arrivati Andrea e Karin qui a Saturnia con Saturnia Bike. Non sono venuti tutti, ma ci siamo ritrovati come in un ritiro di squadra, ma su misura a come siamo adesso. Ieri abbiamo fatto una pedalata fra di noi, tranquilli. Sosta alla cantina, bicchiere di vino, spuntino, degustazione di cibo toscano. Ma anche con la voglia di essere insieme in bici, che è parte della nostra storia personale.

Vi siete sempre tenuti in contatto?

C’è sempre stato un bel rapporto fra quasi tutti i corridori. Ci frequentiamo, vado spesso da George (Hincapie, ndr) in vacanza con la famiglia. Morabito lo vedo spesso, facciamo insieme piccoli eventi in Svizzera. Poi sento spesso Brent (Bookwalter, ndr), Quinziato ogni tanto. 

Cosa ti pare del ciclismo di oggi?

Lo vedo da fuori. Ci sono novità interessanti, nuove corse. Su certe cose si sta reinventando. Però per quel che riguarda questi ultimi tempi con la pandemia, non invidio niente ai corridori. Uno stress incredibile. Il livello della preparazione dei corridori al Tour de France è pari a quella che una volta faceva il leader. L’ottavo della squadra è come il capitano di 10 anni fa, se non di più. I sacrifici sono sempre di più e magari anche per questo vengono fuori più giovani, che hanno l’entusiasmo di reggerli. Ogni periodo ha le sue caratteristiche e adesso sta cambiando, è una variazione continua.

Da sinistra, Bookwalter, Moinard, Evans, Hincapie, Quinziato, Morabito. Dietro Karin Bernardi, Gurayev e un assessore di Saturnia
Da sinistra, Bookwalter, Moinard, Evans, Hincapie, Quinziato, Morabito. Dietro Karin Bernardi, Gurayev e un assessore di Saturnia
Nel 2022 si farà nuovamente la tua corsa?

Speriamo, non vado in Australia da un anno e mezzo e con i vaccini non sono messi tanto bene. Dipende dalle decisioni del Governo, ma la voglia di farla c’è ancora. Sarebbe tornare alla normalità, come l’abbiamo conosciuta prima della pandemia.

Grazie Cadel.

Grazie a voi, speriamo di ricominciare a vederci più spesso.

BMC timemachine Road Nizzolo

Come è nata la grafica della BMC di Nizzolo

17.05.2021
4 min
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Giacomo Nizzolo si è presentato al via del Giro d’Italia con una BMC Timemachine Road con una grafica personalizzata (nell’immagine di apertura, Photo Credits James Startt), che celebra la sua vittoria al campionato italiano e al campionato europeo conquistati entrambi nel 2020. Ma per capire come sia nata questa veste grafica abbiamo parlato con Simone Toccafondi, Responsabile BMC Racing Strada.

«L’idea della bici con quei colori – aveva detto per primo Nizzolo nei primi giorni della corsa rosa – nasce da una mia indicazione. I grafici di Bmc avevano fatto delle proposte e sono stati bravi a fare la sintesi con le mie idee». 

Espressione della personalità

Dietro la grafica personalizzata della BMC Timemachine Road di Nizzolo non c’è solo una semplice azione di marketing, ma è l’espressione della personalità del corridore.
«Abbiamo dei bravissimi grafici – inizia a dirci Simone Toccafondi – che sono capaci ad ascoltare le parole e i sentimenti del corridore e a trasformarle in qualcosa di reale».

Il tubo orizzontale con il tricolore e il nome del campione milanese
Il tubo orizzontale con il tricolore e il nome del campione milanese (Photo Credits James Startt)
Il tubo orizzontale con il tricolore e il nome del campione milanese
Il tubo orizzontale con il tricolore e il nome del campione milanese (Photo Credits James Startt)

Unire i successi di Nizzolo

In pratica la grafica della bici del campione europeo non è una semplice operazione di marketing, ma c’è stato un lavoro di confronto fra il corridore milanese e i grafici di BMC.
«Il nostro capo reparto grafico, Adrian Nobs, aveva in passato lavorato a grafiche particolari con Greg Van Avermaet. La sua capacità è quella di saper applicare i feedback dei corridori e trasformarli in grafica – e poi continua Toccafondi – con Nizzolo è stato facile perché aveva già un’idea chiara, che era quella di unire i successi del campionato italiano con quello europeo».

Giacomo Nizzolo in azione con la sua Timemachine Road al Giro d'Italia
Giacomo Nizzolo in azione al Giro d’Italia
Giacomo Nizzolo in azione con la sua Timemachine Road al Giro d'Italia
Giacomo Nizzolo in azione con la sua Timemachine Road al Giro d’Italia

Azzurro Italia

Da questa idea e con la capacità di Nobs è iniziata, sin dal primo ritiro stagionale, una serie di scambi di idee e di bozzetti fra Giacomo Nizzolo e i grafici di BMC, con il contributo dello stesso Simone Toccafondi e di Stefano Cattai, l’uomo di collegamento fra BMC e il Team Qhubeka-Assos.
«C’è stata una serie di mail con dei bozzetti e i feedback di Nizzolo, finché non siamo arrivati all’ok del corridore. Il punto di partenza è stato il tricolore fino ad arrivare alla bandiera europea. La cosa molto importante è lo sfondo azzurro che vuole rappresentare l’Italia».

BMC Nizzolo Azzurro
L’azzurro è un omaggio all’Italia (Photo Credits James Startt)
BMC Nizzolo Azzurro
L’azzurro è un omaggio al classico colore delle nostre nazionali (Photo Credits James Startt)

Una spinta in più

Una bicicletta con una grafica personalizzata deve avere un’anima e un significato che siano importanti per il corridore.
«Per noi è importante che ci sia il coinvolgimento del corridore – ci spiega Toccafondi – perché è lui che ci pedala e le grafiche devono rappresentare la sua personalità e devono contribuire a dargli anche una spinta morale. Con Giacomo Nizzolo siamo molto contenti, perché con questo progetto ha dimostrato a pieno la sua personalità».

Nella zona del tubo sterzo si incontrano il tricolore e l'azzurro
Nella zona del tubo sterzo si incontrano il tricolore e l’azzurro (Photo Credits James Startt)
Nella zona del tubo sterzo si incontrano il tricolore e l'azzurro
Nella zona del tubo sterzo si incontrano il tricolore e l’azzurro (Photo Credits James Startt)

L’orgoglio di BMC

Ma il piacere non è solo per il corridore che ci pedala sopra: «Per noi di BMC è un orgoglio vedere rappresentate delle vittorie così importanti su una nostra bicicletta, anche perché sono state conseguite sulla Timemachine».

sella bici Nizzolo
Anche la sella riprende il trionfo europeo (Photo Credits James Startt)
Sella bici Nizzolo
Anche la sella ha una grafica che celebra il trionfo europeo (Photo Credits James Startt)

Serie limitata?

Abbiamo chiesto a Simone Toccafondi se hanno pensato di realizzare una serie di telai con la grafica di Nizzolo.
«Non nascondo che ne abbiamo parlato, l’idea potrebbe essere di fare una serie limitata. Però non è così semplice da organizzare. Stiamo valutando la fattibilità. Per ora non c’è nulla, ma vedremo»

Evans, ritorno a Montalcino: «Il mio ricordo più bello!»

06.05.2021
4 min
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Si capì subito che sarebbe stata una tappa fradicia d’acqua e fango, ma nessuno al via di quella tappa del 2010 era in grado di dare una dimensione alla lordura in cui i corridori si trovarono mettendo le ruote sul primo sterrato. Nibali era in maglia rosa, dopo la cronosquadre di Cuneo che aveva premiato la Liquigas, ma dopo i primi chilometri verso Montalcino i colori mutarono tutti in un grigio compatto. Il gruppo invece finì in brandelli. Anche la maglia iridata di Cadel Evans cambiò subito aspetto, mentre l’indole del guerriero australiano venne fuori di prepotenza.

Cadel Evans, sul podio della sua corsa in Australia, con Viviani che la vinse nel 2019
Cadel Evans, sul podio della sua corsa in Australia, con Viviani che la vinse nel 2019

Un intreccio di storie

Nella storia di quel giorno si intrecciarono le parabole di uomini destinati a entrare nei cuori. La scivolata di Scarponi, che tirò giù Nibali. Chi poteva immaginare che di lì a cinque anni, Michele avrebbe scortato il siciliano verso la maglia gialla e poi alla seconda rosa con quel gesto di impagabile fedeltà in Piemonte? La vittoria di Evans, campione del mondo destinato all’ennesima beffa al Giro e poi al Tour, alla vigilia del 2011 che gli avrebbe consegnato finalmente la maglia gialla. E la resurrezione di Basso, che di lì a poco avrebbe riconquistato la rosa dopo la squalifica e la faticosa rincorsa. Ma Evans quel giorno…

Nibali è in rosa ma cade. Arriverà a 2′ da Evans, Basso a 2’05”
Nibali è in rosa ma cade. Arriverà a 2′ da Evans, Basso a 2’05”

«Ho ancora le foto a casa – sorride – fu la mia vittoria più bella, più del mondiale e del Tour. Per vari motivi. Prima sul piano personale, perché quel giorno dovetti attingere a tutte le esperienze della mia carriera e concentrarle in una sola tappa. E poi fu indimenticabile per lo spettacolo che offrì. Sterrato. Brutto tempo. Cadute. Una corsa senza schemi. Una tappa che ha prodotto così tanti ricordi, che ancora adesso in certi giorni quando sono in bici, mi capita di pensarci».

Kappaò all’Aquila

Cadel vive ancora a Mendrisio e quando parte in bici, praticamente ogni giorno, la memoria va per forza al mondiale, dato che il circuito iridato del 2009 era già prima ed è ancora oggi il giardino dei suoi allenamenti. Il ciclismo c’è ancora, essendo un ambassador di Bmc. E difficilmente si perde le corse che contano. Il 19 maggio, quando il Giro tornerà proprio sugli sterrati di Montalcino, l’asutraliano sarà in Toscana con Bmc per un giro celebrativo. Partiranno da Saturnia, dove Andrea Gurayev ha allestito un hub per l’azienda svizzera in Toscana, e pedaleranno con l’amministratore delegato in persona fino al traguardo di tappa. Dove probabilmente Cadel sarà coinvolto nelle premiazioni.

Scarponi sarà quinto al traguardo a 1’01” da Evans
Scarponi sarà quinto al traguardo a 1’01” da Evans

«Quel giorno – sorride – pensai seriamente che finalmente avrei potuto vincere il Giro. Il giorno prima ero 16° in classifica, la sera mi ritrovai secondo dietro Vinokourov. Fu una bella botta per tanti corridori. Invece nella famosa tappa dell’Aquila mi svegliai con la febbre, partì la fuga e arrivai con 11 minuti. Giro addio. Anche se poi arrivai ancora secondo sullo Zoncolan e nella cronoscalata (Plan de Corones, ndr) e strappai il quinto posto finale».

La scuola del cross

Tra i suoi impegni c’è anche la corsa in Australia, la Cadel Evans Great Ocean Road, disputata per la prima volta nel 2015, che tornerà nel 2022 causa Covid. Fa un certo effetto parlare con lui e ricordare i suoi trascorsi da mountain biker, autentica mosca bianca in quegli anni, mentre oggi la regola vede campioni incrociare bici e strade diverse.

Cadel attacca e porta con sé Vinokourov. VIncerà con 2″ su Cunego e il kazako
Cadel attacca e porta con sé Vinokourov. VIncerà con 2″ su Cunego e il kazako

«Continuo ad andare in bici ogni giorno – dice – anche se non ho la forma per vincere una tappa al Giro. Se la vivi con passione da quando sei ragazzo, non c’è pericolo che ti stanchi di allenarti. Ho sempre creduto alla scuola della mountain bike, per quello che mi ha insegnato nei primi anni di carriera e che proprio quel giorno a Montalcino mi permise di fare la differenza. Io ero comodissimo in quella situazione e immagino che oggi lo sarebbero anche Sagan oppure, se ci fossero, Van de Poel e Pidcock. Forse non è per caso che già da un po’ di anni i talenti vengano fuori dal ciclocross e dalla mountain bike. Perché insegnano delle abilità diverse, quelle di cui c’è bisogno per saper fronteggiare ogni situazione».

Tu pedali, loro ti pagano: con Imatra lo shopping in bici

27.04.2021
3 min
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Tu pedali, loro ti pagano. Non è lo slogan di una squadra di professionisti, ma il meccanismo che c’è alla base di Imatra, l’app sviluppata da Imatra Sport Innovation, start-up fondata da due spagnoli e un italiano, che il mondo del ciclismo ben conosce: Simone Toccafondi. Toscano, residente da un pezzo a San Sebastian, Simone è stato a lungo il braccio destro di Mike Sinyard per i team Specialized, mentre da un paio di stagioni collabora con Bmc come figura di raccordo fra l’azienda e i gruppi sportivi. Imatra è il progetto cui sta lavorando con due amici, di cui parlavamo da qualche mese e in cui ovviamente crede molto.

Io pedalo, tu mi paghi?

Esatto. L’obiettivo è pagare i ciclisti in base ai chilometri che fanno, con una moneta virtuale che abbiamo chiamato Imatra Coin che potranno spendere in un Market Place in cui troveranno offerte da parte delle aziende, del settore e non solo, che hanno già scelto e che sceglieranno di aderire al progetto. Una valuta che cresce in rapporto all’attività fisica.

Un breve video in inglese spiega la filosofia e il funzionamento di Imatra
Come avviene il calcolo dei chilometri?

Un algoritmo esegue il calcolo metrico delle distanze normalizzate, nelle quale per ora si tiene conto di distanza, altimetria e pendenza. Tuttavia stiamo già lavorando con Alessandro Pezzoli del Politecnico di Torino per introdurre altri parametri che possano includere più partecipanti. L’idea è quella di democratizzare il rendimento in base alla disponibilità di tempo, a prescindere dal proprio livello di prestazione. Non tutti possono uscire per 4 ore tutti i giorni, ma non per questo non avranno accesso a tutti i vantaggi.

Dove si scarica Imatra?

Per ora è su Apple Store, ma stiamo lavorando per sbarcare su Android, che detiene il 75 per cento del mercato. Da fine giugno si attiveranno le offerte, per ora con 10-11 aziende.

Perché un’azienda aderisce a Imatra?

Perché è interessata al mercato globale e trova così il modo di intercettare clienti da ogni parte del mondo. Un domani, la proposta potrebbe però interessare anche ai negozianti o alle Pubbliche Amministrazioni, ad esempio per quelle che spingono sul cicloturismo o il bike sharing. Siamo in trattativa con San Sebastian, ad esempio, perché si possa pagare il noleggio bici con Imatra Coin e parliamo della stessa società che gestisce il parco bici di Madrid e Valencia e sta trattando per sbarcare a Berlino.

Quindi più pedalo e più guadagno e poi accedo alla scontistica sulla piattaforma.

Esatto, funziona così.

Chi sono i tuoi soci?

Due baschi. Un ingegnere senior che lavora alla parte tecnica, l’altro che viene dal mondo banking. Entrambi praticanti a buon livello e con assiduità. Per tutti e tre l’idea è quella di restituire qualcosa al ciclismo. Nel mio caso, avendolo sempre vissuto nel mondo agonistico, la molla è stato rendersi conto che la bicicletta è molto di più.

La schermata sintetizza i chilometri percorsi e la valuta virtuale guadagnata
La schermata sintetizza i chilometri percorsi e la valuta virtuale guadagnata
Che cosa significa Imatra?

E’ una cittadina della Finlandia, ma ad essere onesti il nome scelto inizialmente non era questo. Avevamo fatto tutto perché si chiamasse Blue Room, che però al momento di fare sul serio ci è stato sconsigliato, perché come nel ciclismo il blu è il colore di Shimano, nel mondo dell’informatica è quello di Microsoft. A quel punto, rovistando in un cassetto, trovai una scatola di occhiali che si chiamavano Imatra. Li produceva Safilo, che ai tempi sponsorizzava Valentino Rossi. Il nome ci piacque, il marchio era decaduto e ce lo siamo preso noi.

Come farai con Bmc?

Continuerò a lavorare con loro, sono un’azienda fantastica con cui mi trovo molto bene. Ma quando ho firmato, Imatra era già in divenire, per cui il mio è un contratto da consulente. Continueremo a vederci alle corse. Sarò al Romandia e poi ci vedremo al Giro.

BMC Teammachine SLR 01

Le svizzere BMC di Van Avermaet e Jungels

20.04.2021
3 min
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Una delle novità della nuova stagione è il cambio di biciclette avvenuto per il Team AG2R Citroen La Mondiale. Oltre ad aver visto l’addio di Romain Bardet e l’arrivo di corridori come Greg Van Avermaet e Bob Jungels, la formazione transalpina ha deciso di puntare sulle biciclette BMC e più precisamente su: Teammachine SLR01, Timemachine Road e Timemachine.

La più versatile

Abbiamo già visto che il campione olimpico Van Avermaet ama usare la più versatile Teammachine SLR01. In effetti questa bicicletta nasce per essere competitiva su tutti i terreni, grazie a diversi fattori come la grande rigidità torsionale della zona del movimento centrale, dovuta a un’area di contatto più ampia con il tubo obliquo e una lavorazione del carbonio specifica per questa parte del telaio. Oltre che rigida la Teammachine SLR01 fornisce anche un buon grado di comfort grazie alla tecnologia Tuned Compliance Concept (TCC), che permette di trovare il giusto compromesso fra rigidità e comfort. Attraverso una stesura specifica dei vari fogli di carbonio si ottiene un maggiore assorbimento delle vibrazioni verticali e si ottimizza così il comfort del corridore e l’aderenza della bicicletta al terreno.

Portaborraccia aero

Oltre alla rigidità e al comfort, i tecnici BMC hanno lavorato sull’aerodinamica utilizzando il manubrio integrato in carbonio (ICS) che nasconde tutti i cavi e fornisce grande rigidità. Il reggisella è a forma di D con la coda tagliata. Il sistema Aerocore integra nel tubo obliquo e in quello verticale i due portaborraccia in carbonio in modo da essere più aerodinamici.

BMC Timemachine Road
La Timemachine Road con le ruote Campagnolo Bora
BMC Timemachine road
L’aerodinamica Timemachine Road con le ruote Campagnolo Bora One

Ruote italiane

Per quanto riguarda le ruote, i corridori del team francese hanno a disposizione tutta la gamma di Campagnolo Bora WTO e Bora Ultra Disc. Nell’immagine di apertura vediamo la Teammachine SLR01 con le Bora WTO 45 in carbonio con un profilo di 45 millimetri con un design del cerchio aerodinamico. Il canale interno di 19 millimetri permette di montare pneumatici larghi fino a 28 millimetri.

Tutta aerodinamica

Passando alla Timemachine Road, possiamo dire che siamo in presenza di una bicicletta dalle qualità aerodinamiche molto evolute. Oltre ad usufruire della tecnologia TCC come la Teammachine SLR01, questo modello è frutto di vari studi che hanno portato ad avere dei profili dei tubi che massimizzano l’efficienza aerodinamica in condizioni ambientali reali. L’Integrated Cockpit System (ICS) Aero Stem della Timemachine Road è composto da un attacco e da un manubrio progettati per ridurre al minimo il drag. Anche per la Timemachine Road troviamo la massima integrazione dei portaborraccia con i tubi obliquo e verticale.

BMC Timemachine
La Timemachine permette un ampio range di regolazioni
BMC Timemachine
La Timemachine permette un ampio range di regolazioni della posizione in sella

In posizione perfetta

Per le prove contro il tempo entra in azione la Timemachine con le sue linee estremamente aerodinamiche. I corridori dell’AG2R Citroen utilizzano la versione con i freni tradizionali. Questa bicicletta da cronometro vanta la VMax Technology che permette di avere un’ampia gamma di regolazioni per quanto riguarda la posizione in sella del corridore. Le ruote sono sempre di Campagnolo con la lenticolare Bora Ultra al posteriore e la Bora WTO 80 all’anteriore.

Pirelli P Zero Velo
Pirelli rifornisce la squadra francese
Pirelli P Zero Velo
Pirelli rifornisce la squadra francese con il P Zero Velo e con il Cinturato

La scheda tecnica

GruppoCampagnolo Super Record Eps
RuoteCampagnolo WTO e Bora Ultra
PneumaticiPirelli
ManubrioBMC
Sella Fizik
ReggisellaBMC
PedaliLook

Le selle sono di Prologo

Le BMC dell’AG2R Citroen sono montate con il gruppo Campagnolo Super Record Eps, pedali Look Keo Blade Ceramic, selle Fizik, portaborraccia e borracce Elite e pneumatici Pirelli P Zero per le gare e Cinturato per gli allenamenti.