Conti va all’Astana: grandi motivazioni, ma risalita dura

08.11.2021
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Conti va all’Astana. Lo aspettano Martinelli che l’ha fortemente voluto e Orlando Maini che l’ha guidato nei primi anni di professionismo e lo chiamava “il cinno” che in bolognese significa “il bimbo”. Conti va all’Astana perché lì dove stava non avrebbe tirato più fuori un ragno dal buco. E’ sempre difficile dire per quale motivo un ragazzo di talento perda inesorabilmente la strada, ma il suo è stato per un paio di anni di troppo il caso più lampante. E quando in certe squadre passa il concetto che forse ti sei un po’ adagiato, è un attimo ritrovarsi a tirare e poi basta.

«In realtà – dice il romano che vive a Monaco – non mi hanno mai limitato. Però è chiaro che quando vai a correre e in squadra hai gente come Ulissi, Hirschi, Pogacar e Rui Costa, ti tocca fare il gregario. E io lo ammetto che mi sono adagiato. Prima nel ruolo di gregario, che in squadra faceva anche comodo. Mentre negli ultimi due anni ho mollato la presa, mi sono lasciato andare. Era necessario cambiare…».

Il finale di stagione non è stato dei migliori, serviva voltare pagina
Il finale di stagione non è stato dei migliori, serviva voltare pagina

Novembre in Valpolicella

L’approccio è maturo, Valerio ha sale in zucca e alla fine, ambizioso com’è sempre stato, il primo a… rosicare per prestazioni non all’altezza era proprio lui. Voltare pagina era una necessità impellente e alla fine l’ha fatto. In questi giorni e per tutto il mese, Conti, la sua compagna e la figlia Lucrezia nata a Monaco il 4 settembre, si sono trasferiti in Valpolicella. Michela è di qui e da queste parti ci sono spazi superiori a quelli del piccolo appartamento monegasco. E mentre i nonni materni si godono la nipotina, il corridore di casa ha ripreso ad andare in palestra e sulla mountain bike.

Perché cambiare?

Perché dopo otto anni, sempre con le stesse persone e gli stessi programmi, gli stimoli erano calati. Cambiare squadra significa tornare un po’ indietro, avere qualcosa da dimostrare. Come quando sei neoprofessionista. Ritrovo Maini e già abbiamo iniziato a ridere, perché con lui il buon umore è assicurato. Sono tutti italiani e questa serie di cose mi sta riportando una bella motivazione. Conosco bene la nutrizionista, con cui lavoravo in passato. Mi piace poter parlare di tutto liberamente, relazionarmi con le persone sulla base delle sensazioni e non dei numeri. Anche alla Lampre era così, poi sono arrivati i soldi ed è cambiato tutto. Ma lo stesso, la risalita non sarà facile.

Si scioglie il terzetto: in Uae rimangono Formolo e Ulissi
Si scioglie il terzetto: in Uae rimangono Formolo e Ulissi
Cosa c’è di difficile?

Quando molli, tralasci tanti aspetti. C’è da lavorare su tutti i punti, dall’alimentazione alla palestra, passando per la bici e l’allenamento. Ma mentre negli ultimi tempi salivo sulla bici che ero già stanco mentalmente, ora ho voglia di allenarmi.

Cosa ti chiede l’Astana?

Martinelli mi conosce bene e mi ha voluto. Sa che la base è buona, perché ho corso per tanti anni nelle categorie giovanili con suo figlio Davide. Vogliono che adesso mi metta in luce, anche se i programmi si faranno in ritiro e da quello si capirà tanto. Ma se potessi esprimere un desiderio, mi piacerebbe correre qualche classica in più. In questi anni, avevo davanti così tanti campioni, ne ho fatte sempre poche. E poi il Giro, che per me resta speciale.

La maglia rosa del 2019 può essersi ritorta contro?

E’ stata una fase bellissima, che mi ha fatto capire tante cose, ma non penso che mi abbia cambiato, nel bene o nel male. Certo da quei giorni le aspettative sono state più alte, ma ora voglio rialzarmi e ripartire da lì.

La mano della piccola Lucrezia in quella di Valerio: il 4 settembre Conti è diventato papà (foto Instagram)
La mano della piccola Lucrezia in quella di Valerio: il 4 settembre Conti è diventato papà (foto Instagram)
Nel 2020 è mancato Antonio Fradusco tuo tecnico da ragazzino e tuo consigliere fisso…

Antonio mi dava sempre consigli, mi è stato accanto fino al 2019 e credo che quell’anno, il migliore da quando corro, sia stato per lui una grande soddisfazione. Mi scriveva tutti i giorni, era una presenza fissa e magari aver perso un riferimento così in qualche modo l’ho pagato. Non voglio trovarmi la scusa, si vive al presente, ma anche se Martinelli e Maini sono della stessa pasta, uno come Fradusco non lo troverò più.

Nel frattempo è arrivata una bambina.

Non dirò come tanti che mi ha stravolto la vita, ma è bellissimo rientrare a casa e capire che lei c’è. E ho la fortuna che Michela sia una mamma eccezionale. E’ una bellissima novità. E’ tutto bellissimo. Per questo nuovo inizio non potevo chiedere uno scenario migliore.

Gazzoli azzera tutto, va in vacanza e si prepara per l’Astana

28.10.2021
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Spesso scorrendo indietro nell’archivio di Bettini, si ripescano spicchi di memoria che per un motivo o per l’altro erano finiti nell’ombra. Così navigando nelle pagine di Michele Gazzoli, è capitato di soffermarsi a guardare le immagini di quando era junior e nel 2017 trasformava in oro tutto ciò che toccava. L’europeo su strada a Herning. L’europeo in pista ad Anadia. E poi il bronzo ai mondiali strada di Bergen, con una clavicola rotta. Così oggi che il ragazzo bresciano si affaccia nel WorldTour e a Montecatini ha già preso contatto con i nuovi compagni dell’Astana, andare a scoprire cosa sia rimasto di quella magia è venuto quasi spontaneo. A capo di una stagione iniziata tardi, che poteva rivelarsi un buco nell’acqua e invece lo ha portato nella dimensione che tutti sognano e solo pochi raggiungono.

Ventidue anni, le statistiche parlano di un metro e 80 per 76 chili. I capelli sempre da marine, come quando lo vedemmo la prima volta. Passista veloce, che un tempo si pensò fosse addirittura un velocista, nel tempo si è portato a casa anche vittorie pesanti. Come il Del Rosso e Ponsacco nel 2020. Il Liberazione che ha dato la svolta e il Città di Empoli nel 2021, impreziosito con il quarto posto ai mondiali di Leuven, vinti dall’amico (e compagno in Colpack-Ballan) Filippo Baroncini.

A Leuven con Baroncini, a capo di una stagione fenomenale tra gli under 23
A Leuven con Baroncini, a capo di una stagione fenomenale tra gli under 23
Cosa c’è ancora di quel Gazzoli che quattro anni fa trasformava in oro quasi tutto ciò che toccava?

Sono simile, migliorato in alcuni aspetti. Sapevo anche allora che non c’è niente di facile, perché nella vita è così. Non mi sono perso d’animo neppure quest’anno, quando ho vissuto un inverno veramente duro e mi sono reso conto che sarebbe stata una stagione difficile. Ho cominciato ad allenarmi con continuità a marzo, con 12 giorni di preparazione per la prima corsa. Quando non hai la base, trovi una condizione che regge al massimo per due settimane e poi devi ricominciare. Nonostante questo, mi sono tolto le mie belle soddisfazioni.

L’accordo con Astana è saltato fuori alla fine o viene da prima?

Abbiamo preso gli accordi a giugno, direttamente con Vinokourov. Questo mi ha permesso di correre tutto l’anno tranquillo e mi dà la garanzia che continuerò a lavorare con Maurizio Mazzoleni, con cui ho un ottimo rapporto. Essendo l’uomo del no-stress, parleremo di programmi per l’inverno a novembre dopo le ferie. Parto domenica per le Canarie con il mio amico Matteo Furlan, che quest’anno ha corso con la Iseo-Rime.

Hai fatto due anni nella Kometa di Basso e ora due in Colpack, pensi che ti servirà un adattamento più breve rispetto ad altri?

Non mi sento avanti in nulla. L’unica cosa che posso dire è che in questo ultimo anno alla Colpack ho fatto tanta esperienza correndo tanto e bene. L’obiettivo di arrivare nel WorldTour credo sia il sogno di tutti, ma per arrivare al grande ciclismo dei meritartelo. E’ un mondo in cui vige la meritocrazia. Era il mio sogno anche nel 2017, ma io sono uno che vive giorno per giorno. Anzi, mezza giornata per mezza giornata. Sono sempre con i piedi per terra, non ero nessuno ieri, non sono nessuno oggi.

Fino a giugno hai corso con Ayuso, poi lui è passato diretto nel WorldTour. Cosa ne pensi?

Ognuno fa le sue scelte, io per conto mio posso dire che mi sono divertito tanto e sono contento del percorso che ho scelto. Sono contento di aver trovato Baroncini, con cui si è creato un ottimo rapporto che proseguirà anche ora che saremo rivali. Magari penso che se fossi stato junior oggi con i miei risultati di allora, mi avrebbero proposto di passare direttamente, ma io credo che tre anni da under 23 vadano comunque fatti. Di quei primi anni con Basso, mi tengo stretto il rapporto con Ivan che è un mio amico e il bel legame che si era stabilito con i compagni.

Come è stato il primo assaggio di Astana a Montecatini?

Non mi aspettavo un ambiente così bello e così affiatato. Il fatto che si parli italiano mi piace molto, così come l’attenzione per i dettagli. E’ proprio un bel salto ed è giusto così.

Che cosa vuoi dire?

Che è normale e ci sta che al passaggio da una continental alla WorldTour si percepisca una differenza di dimensione, sarebbe grave se così non fosse. La Colpack-Ballan è una super continental, che forse dà anche più di quel che serve, ma è giusto che si rimanga a bocca aperta salendo al massimo livello.

Il Gran Premio della Liberazione del 25 aprile ha segnato la svolta dopo l’inizio di stagione frenato dal Covid
Il Gran Premio della Liberazione del 25 aprile ha segnato la svolta dopo l’inizio di stagione frenato dal Covid
In squadra è tornato un signore che in carriera, oltre a tutto il resto, ha vinto due Giri e un Tour…

Io Nibali lo guardavo in televisione e adesso me lo trovavo accanto a tavola oppure a parlare del più e del meno prendendo il caffè. E’ davvero una persona a modo, sono molto contento che ci sia, penso sia un privilegio correre con lui.

Siete anche usciti in bici?

No, niente bici. Abbiamo giusto valutato del nuovo materiale, fatto il bike fitting per le misure dei telai e preso quelle del vestiario. Poi abbiamo fatto le riunioni con i direttori sportivi, corridore per corridore. E poi ho conosciuto anche la nutrizionista. All’alimentazione ci sto attento, ma quando tornerò dalle vacanze andrò a parlarle. Questo viaggio è il regalo che mi faccio per il 2021. Poi sarà tempo di ricominciare.

Federico Borselli

Gli aneddoti del bus. Borselli ricorda…

26.11.2020
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Quando si pensa ad un Giro d’Italia, ad una corsa o a un training camp si pensa quasi sempre solo ai corridori. Ma i personaggi che fanno parte del circus per metterli “in pista” sono tanti. Massaggiatori, medici, cuochi, ds… Uno di loro è Federico Borselli, storico autista del bus Astana, un toscanaccio Doc, dal sorriso sempre sul volto. Uno di quelli che ti ispira fiducia anche se non lo conosci.

Questo mestiere gli è capitato quasi per caso. Iniziò con la squadra di Franco Gini, la Mercatone Uno Medeghini. A fare il suo nome al compianto tecnico toscano fu un suo amico e ds, Bruno Vicino.

«Non è che vi serve un autista – racconta Borselli – chiesi a Bruno mentre eravamo in Mtb. Accadde che l’autista di Gini s’infortunò, Franco mi chiamò e così tutto ebbe inizio».

Sui suoi bus ne sono passati di campioni. Cipollini, Gotti, Bartoli, Cunego, Casagrande… fino ai più recenti Nibali, Aru e Fuglsang.

«Con tutti loro sono andato sempre d’accordo. La mia fortuna credo sia dovuta anche al mio carattere. Tutti mi hanno dato grandi soddisfazioni, ma se proprio devo scegliere allora dico Cipollini, Simoni e Nibali».

Federico Borselli
Federico Borselli con Mario Cipollini alla Saeco
Federico Borselli
Federico Borselli con Mario Cipollini alla Saeco

Cipollini in Irlanda

«Nel 1998 il Tour parte dall’Irlanda. Cipollini cade e sta arrivando al bus tutto sbucciato, praticamente era nudo. Una folla immensa con tanti ragazzini gli corre incontro. Io sono al suo fianco. Mario spaventato per istinto tira su la bici e io altrettanto per istinto faccio per prendergliela. Lui si volta e mi dice secco: non farlo mai più. Al che replico: Mario, vai sul bus. Passarono due giorni di silenzio. Al terzo giorno mi venne vicino e mi fece: allora Fede come va? Io bene e tu? Ci chiarimmo. Lui mi disse che non se lo aspettava e io gli dissi che volevo proteggerlo. Se poco poco avesse colpito un bambino con la bici sai che caos sarebbe scoppiato?

«Un altro momento con Mario che ricordo fu pochi giorni prima del mondiale di Zolder. Eravamo nello spiazzo dell’hotel, sapete quello di Piva su in Belgio. Una mattina prima di un allenamento scende, mi guarda e fa: quest’anno il mondiale lo vinco io. Mi colpì la sua sicurezza, la determinazione con cui lo disse. Una sicurezza che poi trasmetteva anche anche ai compagni e allo staff. E infatti andò tutto secondo programma. In riunione disse fermamente: voi lavorate tutti per me, io mi prendo tutte le responsabilità

«Mario era così: con lui non esisteva né A né C. Se aveva detto B, quello doveva essere. Punto. Però sapeva riconoscere il tuo lavoro. Lui come altri».

Eh sì perché chi guida il bus non fa solo quello. Deve aiutare i meccanici, sistemare il frigo secondo le esigenze dei singoli atleti, pensare alla manutenzione dei mezzi…

Simoni e… la pipì

«Ah Gibo ce l’ho nel cuore. E’ come un fratello. Tu potevi fare mille gare con lui, ma poi arrivavi a 10 giorni dal Giro e cambiava. All’improvviso diventava concentrato, come un cavallo coi paraocchi. C’era solo il Giro. Alla prima tappa si presentava sempre con due valigie: una per i vestiti e una con tutti i pezzi per la bici. Un maniaco. Lì dentro c’erano: guaine superleggere, attacchi manubrio fatti appositamente per lui, viti in titanio… Se gli spostavi qualcosa di un millimetro se ne accorgeva. Oggi la bici non va bene, ti diceva. Era peggio di Cipollini! Erano terribili in tal senso».

Però con Simoni i ricordi sono anche più tristi. Come quella volta che lo squalificarono dal Giro d’Italia e Borselli dovette riportarlo via dalla partenza di Campobasso. Era il 2002.

«Se avesse avuto un carattere meno burbero ne avrebbe vinti cinque di Giri. Magari non lo avrebbero squalificato, né altre squadre ci avrebbero corso contro, quando lo perse per 28” da Savoldelli. La mattina della squalifica stavamo scendendo verso l’Adriatico. Volle venire con me. Dietro di noi ci saranno state 100 macchine, quasi tutti giornalisti. Mi chiede, allora: ma ci stanno seguendo? Io gli risposi di sì. Mi disse: facciamo una cosa, accosta, scendo e faccio finta di fare la pipì. E così quando mi fermai in una piazzola tutti vennero lì e restarono meravigliati. Non se l’aspettavano. Però arrivati in hotel fu triste. Lo vennero a prendere per riportarlo a casa e io piansi».

Borselli
Borselli (con la maglia autografata dagli azzurri di Zolder) e Ballerini
Federico Borselli
Borselli (con la maglia autografata dagli azzurri di Zolder) e Ballerini

A Nibali niente coppa!

«Che periodo quello. In quell’Astana c’era un gruppo unico e con tanti di quei campioni… Vincenzo è una persona bellissima. Mai una parola fuori posto, sempre posato anche quando le cose non andavano bene. Con lui si rideva e si scherzava sempre e poi quando arrivava Scarponi, ancora peggio. L’anno del suo secondo Giro fui l’unico a dirgli: Vincenzo credici. Vincenzo il Giro non è chiuso. Il dottor Magni può testimoniare. E Nibali mi rispondeva: eh tu la fai facile, ho 5′ di ritardo. E insistevo: oh le gambe come fanno male a te, fanno male anche agli altri. Dai tutto e via…

«Ero con lui sul podio di Torino e quando scendemmo gli dissi: questo, il Trofeo Senza Fine, lo prendo io. Ma che dici? Mi rispose spiazzato. Sì, sì, viene via con me. Me lo portai persino a letto. Organizzai una cena con degli amici con questo trofeo a tavola, lo feci vedere a dei ragazzini… Quattro giorni dopo, mentre dalla Svizzera viaggiava verso casa dei suoceri, Nibali mi chiamò, uscì dall’autostrada a Barberino del Mugello e gli restituii la sua coppa. Fu molto carino a permettere tutto ciò».

Borselli
La targa di Scarponi, sempre presente sul bus dell’Astana
borselli
La targa di Scarponi, sempre presente sul bus dell’Astana

Scarponi nel cuore

Federico è stato autista della nazionale per quattro anni, ha visto campioni, sul bus si è ritrovato vip e vallette, amici, ha portato persino 35 persone tutte insieme ad una festa organizzata da Cannondale, ma quando poi gli parli di Michele Scarponi senti quasi che gli si rompe la voce dalla commozione. E’ lui che mette la targa della crono con su il nome Scarponi davanti al parabrezza del bus.

«Ho perso i miei genitori: beh Michele è molto vicino a loro. Manca a me e a tutto l’ambiente. Gli volevano bene tutti. Il suo posto era nel sedile alla mia destra. Si sedeva e mi diceva: allora Fede, come stanno i morti? Riferendosi ai corridori. E lui come lo vedi? Riferendosi a Nibali. Allora io che stavo al gioco ribattevo: eh, mica tanto bene. Allora – ribatteva – mi sa che dovrò stargli vicino pure oggi. E così ogni volta a scherzare…

«Anche con lui fu indimenticabile il Giro del 2016. Ricordate che si era fermato verso Sant’Anna di Vinadio per aiutare Vincenzo? La mattina dopo il ribaltone gli chiesi davanti a Nibali: scusa Michele ma sei partito prima ieri? E lui: sai com’è con questi corridori… mi sono fermato a fare merenda, li ho aspettati e sono ripartito. Io avevo assistito alla riunione e sapevo come avrebbero dovuto correre. Quel giorno prima di andare in partenza Scarpa mi fa: oggi li faccio dannare, ci si diverte!».

Stacco improvviso: giusto o sbagliato?

30.10.2020
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Il Giro d’Italia che finisce il 25 ottobre, la Vuelta a novembre inoltrato. Lo stacco all’improvviso. E all’orizzonte una stagione nuova che già chiama. Dal tutto al niente. Come reagisce il fisico dei corridori? E’ giusto terminare l’attività di colpo? Oppure non fa niente?

Attenzione per muscoli e peso

«Lo stacco – dice Claudio Cucinotta, uno dei preparatori dell’Astana – è certamente necessario. I ragazzi lo faranno anche se si è corso fino a poco fa (o si sta correndo ancora).

«Noi consigliamo un riduzione graduale dello sforzo. E’ sufficiente una settimana con tre, quattro di uscite di due tre ore, fatte in tranquillità per accompagnare muscoli ed organismo vero il riposo. Quindi basta uscire un giorno sì e uno no. E’ importante non fermarsi all’improvviso per due motivi principali. Il primo è che soprattutto se si viene da una gara dispendiosa come il Giro il metabolismo ha bisogno di energie, si ha lo stimolo della fame e si rischia di prendere molto peso (tanto più se si è rilassati con la testa, ndr). La seconda riguarda i muscoli. E’ bene osservare delle uscite di defaticamento per mandarlo a riposo in uno stato migliore, più elastico. In questo modo può recuperare meglio».

Claudio Cucinotta (classe 1982) ex corridore e ora preparatore
Claudio Cucinotta, ex corridore e ora preparatore

Lo stacco resta necessario 

Qualcuno ha ipotizzato che i corridori potessero tirare dritto, o comunque modificare radicalmente la loro preparazione invernale, in quanto avendo finito più tardi partivano da una base più alta e magari potevano già fare certi lavori o eliminare la parte della palestra.

«Nonostante le incertezze sui calendario 2021 lo stacco ci sarà. Noi per esempio – dice Cucinotta – non faremo il ritiro di dicembre, ma ne faremo uno solo a gennaio, covid permettendo.

«Per la ripresa forte o piano, questo dipende da quando si torna a correre e da quando si vuole andare forte. Alla fine chi ha fatto il Giro ha chiuso la stagione un settimana o due più tardi del solito. Semmai cambiano di più i discorsi per coloro che stanno facendo la Vuelta. Io credo che gli uomini da grandi Giri non cambino nulla. Il primo è il Giro ed è in primavera».

Stesso metodo, risultati diversi

Questa stagione ci ha regalato tante prestazioni inattese. Il lockdown e il calendario hanno creato molte sorprese, anche con stesse metodologie di allenamento.

«Un buono stacco resta necessario. C’è da azzerare una stagione particolare. Pensiamo ai Groupama-Fdj. Lo hanno scelto di fermarsi, di non toccare neanche i rulli per un mese. Pinot non andava e Demare invece ha mostrato una forza e una freschezza incredibili. Eppure avevano fatto la stessa cosa».

Promoz Roglic, Richard Carapaz, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020

Il russo riaccende i motori, Roglic risale

28.10.2020
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Roglic che vince, Carapaz che si difende, Daniel Martin che fa terzo per la terza volta (una per fortuna l’ha anche vinta) e quarto il nome che non ti aspetti: quello di Alexander Vlasov, il russo.

Lo avevamo lasciato al Giro d’Italia, senza neanche poterlo salutare, per il ritiro nella seconda tappa. Per l’Astana che il giorno prima aveva perso Lopez nella caduta della crono, era stata una mazzata peggiore della precedente. Ma il russo stava male sul serio e quando si è presentato alla Vuelta, avendo recuperato le forze, si è visto che la qualità non è sparita. E che al Giro si sarebbe magari aggiunto alla banda dei ragazzini che ha sbaragliato le strade d’Italia.

Alexander Vlasov, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Alexander Vlasov, russo di 24 anni: attacco a 1,5 chilometri dall’arrivo che fa ben sperare
Alexander Vlasov, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Il russo Vlasov, attacco che fa ben sperare

Roglic, il ritorno

Di Primoz avevamo detto in avvio di corsa: non doveva neanche farla la Vuelta. Poi, uscito infastidito dal Tour e vincitore della Liegi, si è ricordato che in Spagna sarebbe partito con il numero uno e si è presentato al via da Irun e ha vinto. Di come invece abbia perso la maglia ad Aramon Formigal, pasticciando come Hindley sullo Stelvio nel mettere la mantellina, abbiamo pure raccontato. Ma la vendetta è un piatto da consumarsi freddo e pensando al weekend in arrivo (con i Lagos de Somiedo di sabato e l’Angliru di domenica), Carapaz che conduce ancora la Vuelta con 13 secondi di vantaggio potrebbe non essere poi così tranquillo.

«Il ritmo è decollato dopo la penultima salita – ha detto Roglic – conoscevo solo l’ultima salita dal road book e si è rivelata molto difficile. Avevo buone gambe e ho colto l’occasione per recuperare secondi importanti sui miei avversari. Vincere è bello. Le prossime due tappe sono relativamente piatte, ma il weekend sarà duro. Procediamo giorno per giorno e cerchiamo di restare concentrati».

Vlasov cresce

Altro che stringere i denti al Giro. Vlasov stava male e lo conferma, ma conferma anche che la forma sta tornando e magari l’idea di un piazzamento nei dieci non è peregrina.

«E’ dispiaciuto anche a me andare via dal Giro – racconta dopo 130 chilometri di trasferimento, i massaggi e il trattamento dall’osteopata – ma ero un cencio. Devo aver preso un virus intestinale, perché sono stato male per una settimana, senza poter neppure mangiare. Ho perso peso. A chi dice che avrei potuto stringere i denti, rispondo che non andavo avanti. Peccato solo che il primo giorno ho perso 4’31”. Non stavo bene. Era la prima corsa dopo la malattia e ho trovato subito percorso duro e ritmo alto. Sull’ultima salita, ad Arrate, sono andato in crisi, altrimenti ora sarebbe diverso.

«Non sto andando male però, la condizione torna e spero di arrivare ai livelli dell’estate in cui ho vinto l’Emilia e prima sul Ventoux. Oggi però ho attaccato a un chilometro e mezzo dall’arrivo. E sebbene salissi bene, quando Roglic e Carapaz sono partiti, mi hanno passato forte. Voglio recuperare le forze, perché vedendo che al Giro hanno vinto ragazzi della mia età, ho tanto rammarico. Ho pensato che li conosco e spesso ho duellato con loro. Sarei stato di appoggio per Fuglsang, ma avrei avuto libertà. Qui alla Vuelta sono capitano, speriamo che fra sabato e domenica possa tornare in una posizione migliore».

E sulle voci per cui potrebbe lasciare l’Astana?

«Ho il contratto – risponde – sto bene qua».

Primoz Roglic, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Roglic riallaccia il filo con la vittoria e si avvicina alla testa della corsa
Primoz Roglic, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Roglic conquista l’Alto del Moncalvillo

E Martin cosa fa?

Un altro terzo posto, per l’irlandese che ha detto di essere entusiasta all’idea che il prossimo anno con la sua maglia correrà Chris Froome, che a sua volta tira, fatica e migliora.

«Un’altra tappa davvero impegnativa – dice prendendo fiato – quando la fuga è andata non mi aspettavo di lottare per la vittoria di tappa, ma ovviamente Ineos-Grenadiers e Movistar hanno idee diverse e il ritmo è stato alto per tutto il giorno. Sull’ultima salita mi sentivo bene e ho deciso di mettere alla prova gli altri. Ho pagato un po’ lo sforzo alla fine e quando Roglic ha attaccato nell’ultimo chilometro non ho avuto gambe per rispondere. Ho dato tutto quello che avevo…».

Lombardi, parola d’ordine equilibrio

19.10.2020
3 min
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Erica Lombardi è la dietista dell’Astana. Cura l’alimentazione del team insieme al nutrizionista Marchel Hesseling. Nel team turchese che si sta giocando il Giro d’Italia con Jakob Fuglsang cerchiamo di capire come si lavora sotto il puto di vista della giovane e preparatissima dietista toscana.

Come si gestisce un corridore?

Il corpo umano è come una macchina: i grassi sono l’olio del motore, le proteine servono per il telaio e i carboidrati sono la benzina. A me sta il compito di trovare la benzina giusta. Noi vogliamo dare un preciso imprinting alimentare. Dobbiamo essere bravi a sfruttare al meglio la capacità lipidica e quella glicolitica. Durante un Giro d’Italia niente è inventato, tutto è già testato. 

Una borraccia per Fuglsang subito dopo l’arrivo. Il recupero parte da lì
Una borraccia dopo l’arrivo. Si recupera sin da subito
Cosa intendi?

Nei training camp proviamo le diverse situazioni di gara che si possono incontrare. Ci regoliamo sulle esigenze che ci possono essere giorno per giorno. Se c’è una tappa dura mangeranno in un certo modo. Se è più corta e facile in un altro. E soprattutto siamo molto attenti alle caratteristiche dei cibi, cercando quello che può essere più efficiente. Una mela è diversa da una pera. Le caratteristiche dell’una sono meglio per questa o quella tappa. Non si lascia nulla al caso.

Neanche prima del via di una crono?

Come detto ogni cosa è provata. La scienza della nutrizione ha fatto passi da giganti. Sfruttarla al massimo è il nostro “doping naturale”. E ci crediamo molto. Non si guarda solo alle calorie. Per una crono possiamo dire che di certo riduciamo fibre e cibi integrali.

Perché?

Perché servono tanti zuccheri pronti per uno sforzo così intenso e le fibre, che vengono soprattutto dalle verdure, rallentano l’assorbimento degli zuccheri. Trattengono acqua. E lo stesso vale per i grassi: la glicemia si abbassa.

La pasta e il riso sono la fonte primaria di carboidrati
Pasta e riso fonte primaria di carboidrati
Parola d’ordine equilibrio, quindi?

Esatto. In Astana siamo per l’equilibrio. Nessuna dieta strana, niente chetoni. Crediamo ancora nei carboidrati, per dirla semplice. Io ascolto molto i ragazzi. Spesso la quadra si trova proprio in base alle loro sensazioni. Sta a me coglierle. Se sono io ad imporre le mie conoscenze e non li ascolto sbaglio io. Se loro non ascoltano me, sbagliano loro. Lo scambio d’informazioni è importante. Per esempio, la “dieta” prevede che il corridore deve mangiare 200 grammi di pasta, ma magari lui ha più fame o al contrario ha già la pancia gonfia. E quella quantità è sbagliata.

E sono attenti?

In generale sì. Ormai si fidano. E sono anche contenti di avere vicino una figura come la mia. I più scrupolosi sono gli scalatori. Loro guardano anche il grammo. Sono attenti soprattutto nel pasto più importante, cioè quello subito dopo la tappa. Lì, ognuno ha la sua vaschetta (personalizzata) e va a rimpinguare le scorte di glicogeno. Per ripristinarle completamente servono 48 ore, ma noi non le abbiamo chiaramente. Per questo mangiare bene nella scelta e nelle quantità di cibo è fondamentale.

Voi tendete anche ad ascoltarle i corridori quindi?

Siamo una squadra. In teoria anche noi dovremmo sapere le tattiche e non solo le altimetrie o i chilometraggi della corsa, perché a seconda di come si corre ci sarà un diverso dispendio energetico. Se si pensa che cambiamo le verdure a seconda della tappa si può intuire come le esigenze di uno scalatore siano diverse da quelle di un velocista.

Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020

Piancavallo gela il ciclismo dei numeri

18.10.2020
4 min
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Martinelli davanti al pullman dell’Astana sulla cima di Piancavallo si ferma volentieri a parlare, poco più avanti Slongo ha appena detto la sua davanti a quello della Trek-Segafredo. I due, che hanno in comune anni di lavoro con Nibali, questa volta sono su posizioni opposte.

Giovani e vecchi

Di colpo è come se il solco fra corridori giovane e più esperti venga scavato dall’assuefazione alla tecnologia. Tanto sembrano smaliziati e aggressivi i primi, quanto bloccati sui numeri gli altri. Oppure certe volte semplicemente i numeri sono l’alibi più utile?

Jakob Fuglsang, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fuglsang a Piancavallo nel gruppetto di Nibali a 1’36”
Jakob Fuglsang, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fuglsang a Piancavallo con Nibali a 1’36”

«Questa generazione di giovani – dice Martinelli – va più forte e non ha paura di menare. Sento invece corridori più anziani che continuano a parlare e snocciolare valori. C’è solo da menare e semmai guardare i numeri la sera. Si va tanto forte. Oggi abbiamo detto a Felline di tirare a 420 watt. Lui ha fatto 7 chilometri a 430 watt e quando è calato a 415, lo hanno subito passato. Ed erano in 25. C’è ancora da scalare lo Stelvio e da quello che ho visto oggi, non so quanti ci arriveranno. Nibali l’ho visto come ho visto il mio. Quando accelerano, non hanno numeri sufficientemente alti e si staccano. Quando a Fuglsang ho detto di stringere i denti, ha detto che non ne aveva».

Il tempo passa

Slongo a quei numeri li legge per spiegare il passo falso di Nibali, che ha pagato 1’36” a Geoghegan Hart e Kelderman. La sensazione che già ieri non fosse brillante nella crono è tornata quando Vincenzo, asfissiato dal ritmo frenetico della Sunweb, si è rialzato a circa 7 chilometri dall’arrivo e si è attaccato alla borraccia.

«Per la corsa è andato male – ha detto il suo allenatoreper i suoi valori è andato discretamente. Il ritmo di Sunweb era così forte che ha dovuto mollare. Kelderman è uno dei pochi che ha la squadra compatta. Sicuramente diventa l’uomo faro ».

Domenico Pozzovivo, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fra i corridori esperti in difficoltà, anche Pozzovivo, 12° a 1’54”
Domenico Pozzovivo, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Anche Pozzovivo in difficoltà: 12° a 1’54”

Quel che si fatica a capire è se il miglior Nibali di oggi sia tanto lontano dal Nibali degli anni d’oro.

«Se prendo la crono di San Marino dell’anno scorso in cui andò bene – ha spiegato Slongo – o quella di Logroño alla Vuelta del 2017 in cui arrivò terzo e fu vinta da Froome, come wattaggi medi siamo in quei valori. Anche oggi penso che Vincenzo sui 20 minuti abbia fatto uno dei suoi best della stagione. Siamo in linea con un Nibali competitivo nei grandi Giri, ma va dato atto che attualmente c’è chi va più forte. Non so se sia da attribuire a un corridore vecchio, anche se per me ha ancora tanto da dare. I valori sono quelli di un bellissimo Nibali».

La terza settimana

L’ammissione, sia pure solo accennata dopo l’arrivo di Piancavallo, lascia riflettere. In questi momenti si deve aver fede nella possibilità di riscatto. Nibali venne già dato per spacciato nel 2016 dopo la tappa di Andalo, poi però la storia andò diversamente. I quattro anni passati nel frattempo non sono una distanza banale, ma Slongo non molla la presa

«Il morale non è male – ha detto – perché Vincenzo è nei suoi valori e per questo proveremo a inventarci qualcosa. E’ un Giro dove i primi sono ad un altissimo livello, bisognerà aspettare per vedere se qualcuno va in crisi. Sfrutteremo il lavoro degli altri e cercheremo fino alla fine di cogliere l’attimo, come è nel nostro stile. Il Giro per i primi 7-8 è tutto aperto, con le tappe che ci aspettano. Nella terza settimana può succedere che qualcuno vada in crisi. Noi non possiamo migliorare più di tanto, la nostra forza negli anni è stata la costanza. Perché non pensare che Vincenzo rimanga uguale e gli altri invece scendano?».

La speranza non muore per prima e con il riposo che bussa, coltivarla può essere un utile esercizio. Poi però, quando si tornerà a combattere, dimenticarsi dei numeri potrebbe essere un altro esercizio su cui applicarsi.

Fuglsang adesso è nei guai

17.10.2020
3 min
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Il sole tiepido di Valdobbiadene diventa ancora più freddo per Jakob Fuglsang. Il danese doveva ricominciare la sua rimonta proprio oggi, nei 34 chilometri contro il tempo. Invece tra gli uomini di classifica è quello che ne esce con le ossa più rotte.

Oddio, anche Nibali non è andato benissimo. Il siciliano è stato 19” più veloce di lui. Ma a pensare che si aspettavano il contrario, stasera in casa Astana non ci sarà un grande clima.

Fuglsang è alla sua seconda partecipazione al Giro. Nel 2016 lavorò proprio per Nibali.
Fuglsang è al suo secondo Giro d’Italia

Ritmo subito basso

Già nel dopo tappa, in una stradina che s’inerpicava tra i vicoli di Valdobbiadene, il suo staff si muoveva in modo frenetico. Il team manager Vinokourov aveva lo sguardo più serio del solito. Alexandr Shefer, un dei direttori sportivi, non poteva far altro che allargare le braccia.

«Cosa è successo? Una giornata no – dice il tecnico kazako – Poca potenza. Non andava avanti. Dobbiamo ancora analizzare la tappa, ma c’è poco da dire. Sin da subito il ritmo non è stato buono. E’ partito così così. Non aveva le gambe sulla salita».

Eppure sullo strappo di Ca’ del Poggio Fuglsang non era sembrato così in difficoltà. Addirittura aveva rifilato 16” a Nibali e qualche altro secondo agli altri diretti rivali. Forse però proprio quella rampa lo aveva definitivamente logorato. 

La mattina era stato l’unico del suo team a provare il percorso. I rapporti scelti: 58-42 all’anteriore 11-32 al posteriore. Tutto secondo programma. In un attimo, prima della partenza lo avevamo visto rifinire il riscaldamento in sella. Era serio e concentrato.

Una rimonta difficile

Ma poi è successo quel che non ci aspettava. Lui il favorito nella lotta con Nibali che cede. Mentre la nuova generazione, McNulty, Almeida… viaggia forte.

Forse quel che pesa non sono solo le gambe, ma la pressione. La querelle sulle sue dichiarazioni riguardo al Sud Italia, smentite anche al Processo alla Tappa, il dualismo con lo Squalo. Forse…

Il danese spesso si è trovato ad inseguire per forature o noie meccaniche
Il danese ha avuto diverse noie meccaniche

«No, Jakob ieri sera era tranquillo – riprende Shefer – ha dormito bene, ha fatto la sua ricognizione. Ci aspettavamo un tempo di 30 secondi migliore di quello di Nibali, Majka, questa gente qua. Lui non è un cronoman ma le aspettative erano maggiori. Però dai, adesso inizia la terza settimana. Si può recuperare».

Nulla è perduto

Sta di fatto che dopo l’arrivo, forse proprio i volti di Nibali e Fuglsang sembravano i più provati. Pozzovivo è arrivato piuttosto “fresco”. E anche Kelderman si è mostrato subito lucido. 

Chi la vede meno nera è colui che con i numeri del danese ci lavora, il preparatore Maurizio Mazzoleni.

«Alla fine Jakob ha fatto una crono in linea con gli altri. Certo, se pensiamo che già partiva dietro e che dovevamo recuperare qualcosa non è andata benissimo, ma questa era la prestazione che mi aspettavo. E poi questa crono va sommata con l’arrivo di domani a Piancavallo. Vediamo domani».

I due “vecchietti” dovranno dare fondo a tutta la loro esperienza per battere la concorrenza. Da domani Fuglsang, senza veri uomini per la salita (ha perso Lopez e Vlasov), dovrà iniziare a recuperare i 4’08” che lo separano dalla vetta. Ha poche ore per riordinare gambe e idee.

Martinelli: «L’Astana vivrà alla giornata»

05.10.2020
2 min
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Sembra tutto fin troppo facile. O forse fin troppo difficile. L’Astana di Jakob Fulgsang ha perso i suoi due scudieri più importanti per la salita e non solo. Nella prima tappa, infatti, Miguel Angel Lopez si è schiantato in discesa durante la cronometro. Nella seconda, Aleskander Vlasov ha abbandonato il gruppo dopo pochi chilometri per problemi allo stomaco.

Al tempo stesso però, già dopo il primo arrivo sull’Etna, questo Giro sembra un testa a testa tra Vincenzo Nibali e proprio Jakob Fulgsang.

Rimboccarsi le maniche

«Nei grandi Giri succede anche di perdere due corridori in poche ore di gara. No, non li abbiamo rimpiazzati quei due per la salita. Due corridori così sono insostituibili. Non ho uomini con quelle qualità e quelle caratteristiche», spiega subito col suo modo schietto Giuseppe Martinelli. Il direttore sportivo dei turchesi, capisce subito dove vogliamo andare a parare e ci spiega come dovrà correrà l’Astana.

«Avete visto? Anche oggi quando la Mitchelton-Scott è andata a tirare noi non abbiamo collaborato. Sarà così ancora per molto tempo. Saremo costretti a sfruttare il lavoro delle altre squadre. Noi siamo in difficoltà. Fuglsang se la dovrà cavare da solo in salita. Servirà tutta la sua esperienza. Contestualmente gli altri ragazzi cercheranno di tirare fuori il meglio di quel che hanno».

Vlasov
Vlasov nella crono di Monreale. Il russo si è ritirato nella seconda tappa.
Vlasov si è ritirato nella seconda tappa.

Occhio alle sorprese

Martinelli di situazioni come queste ne ha vissute tante in carriera, ribaltando spesso situazioni di svantaggio a suo favore. Saprà cavarsela anche stavolta? Di certo il tecnico bresciano non nasconde la sua preoccupazione.

«Testa a testa Jakob-Vincenzo? Magari! Ma è presto per dirlo. Il Giro è lungo e credo sarà il Giro delle sorprese. Il fatto che Thomas e Yates oggi siano saltati renderà ancora più incontrollabile la corsa. Ho paura di una fuga bidone, una di quelle con dentro 20 corridori in qualche tappa intermedia complicata da controllare. Se se ne va via una fuga così chi chiude? Giusto la Trek-Segafredo. Per noi, strategicamente cambia tutto. Dovremo correre alla giornata. Per fortuna abbiamo ancora in nostro leader».

L’inesperienza di Vlasov

Per alcuni il russo poteva essere più di un gregario. Poteva essere una seconda punta. Una soluzione tattica in più per “Martino” e la sua Astana. Ma i problemi di stomaco che lo affliggevano già dal sabato sera e che non gli hanno consentito di mangiare sono stati più forti.

«Vlasov è un ragazzo giovane», conclude Martinelli.« Ha vinto il Giro U23, stava andando forte e mi aspettavo grandi così. Ieri, quando si è ritirato avrei fatto di tutto per portarlo al traguardo, ma proprio non ce la faceva. E’ giovane e forse neanche lui si è reso conto quanto fosse importante la sua presenza. Bisognava finire la tappa e poi vedere cosa succedeva il giorno dopo».