I primi nomi e la MBH Bank prende forma: il progetto di Bevilacqua

28.08.2025
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Notizie che escono a strappi, per assecondare strategie di comunicazione più o meno efficaci. Così ad esempio per raccontarvi la storia di Fiorelli alla Visma-Lease a Bike abbiamo dovuto attendere più di un mese e altri articoli sono pronti in attesa del semaforo verde. La nascita della professional MBH Bank-Ballan-CSB è un work in progress che ogni giorno si arricchisce di nuovi tasselli. Martedì ad esempio è uscita la notizia dell’ingaggio di Masnada, Persico e Fancellu, come durante l’estate era filtrato il ritorno di Fabio Felline. Doppio ritorno per lui: in gruppo dopo un ritiro di cui era poco convinto e nel gruppo di Villa d’Almè da cui era arrivato al professionismo.

La MBH Bank-Ballan-CSB sarà una professional affiliata in Ungheria, che ha dovuto pedalare in salita per due anni prima di vedere la luce. Lo scopo di Antonio Bevilacqua e del suo team è sempre stato dall’inizio quello di portare al professionismo i giovani cresciuti nella continental, recuperando semmai qualcuno di quelli che, usciti dal loro vivaio, fosse in scadenza di contratto. Ne parliamo con Bevilacqua, per un primo punto che immancabilmente si aggiornerà nelle prossime settimane.

Antonio, finalmente si parte?

Dovevamo farlo già dallo scorso anno, però non c’erano i tempi giusti. Abbiamo fatto le cose più con calma e adesso partiamo. L’intenzione era sempre di continuare con una realtà giovane, come abbiamo sempre fatto e inserendo qualche corridore di esperienza, possibilmente fra quelli che hanno già corso con noi.

Avevate un elenco oppure avete visto chi c’era sul mercato?

Abbiamo cercato chi era in scadenza di contratto, tenendo anche conto delle nostre possibilità. Non possiamo pretendere di prendere Ganna e Consonni, oppure Ciccone. Il momento è difficile, il sistema dei punti rende tutto complicato, ma cercheremo di entrare in punta di piedi e di crescere piano piano.

Persico è giovane ed ha i suoi margini, Masnada ha attraversato stagioni difficili, che cosa ti aspetti?

Fausto ha avuto sempre dei problemi. Soprattutto quelli al sottosella, ma si è operato e adesso è a posto. Per noi sarà un faro, in più abita vicino a noi ed è un bravissimo ragazzo. Sicuramente sarà fondamentale anche in corsa per i giovani. Questo è l’obiettivo. Col tipo di corse che faremo, potrebbe anche essere competitivo, ne sono sicuro.

Quest’anno Persico corre nella Wagner Bazin WB, nel 2024 con la Bingoal aveva vinto al Tour of Qinghai Lake
Quest’anno Persico corre nella Wagner Bazin WB, nel 2024 con la Bingoal aveva vinto al Tour of Qinghai Lake
Ci sarà anche Felline: è utile, avendo una squadra giovane, avere qualcuno che sappia come muoversi?

E’ importante, anche se qualche corsa l’abbiamo già fatta anche noi. Il nostro sarà un calendario un po’ diverso, non andremo a fare il Delfinato, il Giro di Svizzera o la Terreno-Adriatico, quindi il prossimo anno sarà un primo passo per crescere. E’ un’esperienza nuova, qualcosa che io ho già vissuto, però intanto partiamo e vediamo di affrontare questo salto nel migliore dei modi.

Alcuni fra i vostri attuali under 23 passeranno nella nuova squadra?

Stiamo vedendo, però la maggior parte sì. L’obiettivo era quello di portare per primi loro. Nespoli a dire la verità è stato richiesto anche da un’altra squadra, ma confido che rimanga. Come lui c’è Bracalente e anche Chesini e Masciarelli, che ha vinto il Liberazione e si è meritato l’occasione. La nostra realtà è giovane, sono ragazzi di valore e quindi gli diamo la possibilità di continuare. Ovviamente avremo anche 4-5 ungheresi, perché lo scopo dello sponsor è far crescere anche loro. In tutto dovremmo arrivare a 20 corridori.

Quale livello hanno questi ragazzi ungheresi?

Ne abbiamo uno giovane, molto forte, che ha fatto quinto al Liberazione e si chiama Takács Zsombor Tamás. Lui ha numeri veramente buoni. Fa cross e mountain bike, sono sicuro che possa fare qualcosa di buono. Ce ne sono altri due buonini che seguiremo proprio per sviluppare il ciclismo ungherese. Si era provato anche a prendere qualche grosso nome come Attila Valter, ma i tempi non sarebbero stati maturi e abbiamo preferito fare un passo per volta.

La vittoria al Liberazione – dedicata al papà di Gianluca Valoti – vale un posto anche per Masciarelli (foto Simone Lombi)
La vittoria al Liberazione – dedicata al papà di Gianluca Valoti – vale un posto anche per Masciarelli (foto Simone Lombi)
Continuerete con le biciclette Cinelli?

Stiamo definendo, ma probabilmente sarà così. Siamo insieme da cinque anni, ci hanno trattato sempre bene e vogliono crescere. Stiamo definendo proprio in questi giorni.

Ci saranno altri professionisti che potrebbero entrare in ballo?

Onestamente penso di sì, ma ci siamo imposti di aspettare. Sono sicuro che fra un po’ di tempo ci sarà qualche nome di peso che avrà la curiosità di venire a vedere. La fusione fra Intermarché e Lotto o il futuro della Arkea provocherà degli assestamenti e magari arriverà qualche bel nome che potremo prendere. Abbiamo parlato anche con Verre, poi ci siamo fermati. Non abbiamo dieci posti da riempire, saranno cinque, per cui vale la pena aspettare ancora un po’.

Cosa ricordi del tuo primo anno fra i professionisti con il Team Colpack assieme a Stanga?

Che andammo al Giro e vincemmo una tappa, lottando anche con le unghie. Adesso è tutto diverso, ma ci tengo a dire che abbiamo sempre lavorato bene. Saremo un bel gruppo, con Valoti, Di Leo, Martinelli, Miozzo e il sottoscritto in ammiraglia e un altro forse in arrivo. Abbiamo gli allenatori e la nutrizionista. Sarà un’avventura e noi ci proviamo, ma con un’accortezza.

Bevilacqua assieme a Davide Martinelli: con Di Leo e Miozzo formano la struttura tecnica della MBH Bank-Ballan-CSB
Bevilacqua assieme a Davide Martinelli: con Di Leo e Miozzo formano la struttura tecnica della MBH Bank-Ballan-CSB
Quale?

A livello mentale vorrei che almeno all’inizio fosse una squadra come una volta, in cui il clima sia familiare e il rapporto umano. Non voglio comunicare con le mail e non vedere mai i corridori. Faremo il nostro calendario, che sarà popolato spero delle corse italiane, quelle che abbiamo già fatto. Il Giro d’Abruzzo, il Coppi e Bartali, la Milano-Torino. Adesso faremo il Toscana, Peccioli, l’Emilia. C’è tutto quello che serve, ma magari conviene che ci risentiamo. Vedrete che qualcosa di nuovo verrà fuori di sicuro.

Boaro e il Fancellu ritrovato: nessuna magia, solo lavoro e passione

25.08.2025
6 min
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«Io penso che in tutte le squadre dove si lavora con passione – dice Boaro – le cose vengano da sole. A ottobre saranno due anni che ho smesso e cerco di dare tranquillità ai ragazzi perché so cosa vuol dire correre, ricordo la tensione e lo stress. Invece Alberto ha alle spalle un’incredibile esperienza sul piano dell’organizzazione e aiuta tantissimo anche quello. La simbiosi fra noi due rende questa squadra quello che è».

Come un posto magico, in cui entri zoppicando per uscirne di nuovo in forma, il JCL Team Ukyo di Alberto Volpi e di Emanuele Boaro (sull’ammiraglia) occupa ormai un posto importante nel gruppo. Il rilancio di Malucelli, come pure di Carboni e Pesenti e la rinascita di Fancellu confermano che fra queste mura qualcosa di diverso accada. E il pretesto per parlarne è proprio l’intervista di qualche giorno fa con il comasco arrivato terzo al Czeh Tour, con cui dare il seguito a quella realizzata con lo stesso Boaro al Tour of the Alps: come stanno procedendo le cose?

Manuele Boaro, classe 1987, è stato pro’ dal 2011 al 2023. Dal 2024 è tecnico al JCL Team Ukyo
Manuele Boaro, classe 1987, è stato pro’ dal 2011 al 2023. Dal 2024 è tecnico al JCL Team Ukyo
Hai detto di ricordare bene lo stress delle WorldTour, credi che per i giovani a volte sia troppo?

Abbiamo preso ragazzi che non sono più neanche tanto giovani, perché adesso la tendenza è farli firmare a 18, 19, 20 anni. Abbiamo recuperato qualcuno che, tra virgolette, è stato scartato. Fancellu sembrava fosse all’ultima spiaggia e qui ha trovato la serenità e la tranquillità che nelle grandi squadre è difficile. Anche se, vi dirò, stiamo lavorando veramente come una WorldTour. Nei programmi, con i preparatori e i nutrizionisti, alla fine non ci manca niente. Abbiamo poco personale, il nostro budget non è altissimo, ma questo non significa che non si possa lavorare bene.

Come si fa?

Bisogna trovare le persone giuste e i corridori motivati. Con Alberto abbiamo fatto la scelta di cercare delle persone come Fancellu che abbiano voglia di entrare nel nostro progetto e rimettersi in gioco. Alessandro il prossimo anno andrà alla MBH Bank e ne siamo contenti. La nostra squadra deve essere un trampolino, come l’anno scorso per Malucelli con l’Astana, per Carboni alla Unibet e Pesenti che dopo il devo team della Soudal potrebbe andare alla squadra di Basso. Per noi è motivo di vanto e infatti abbiamo tante richieste di corridori WorldTour o professional. E anche qui dovremo essere bravi a scegliere.

Fancellu, come Carboni e Malucelli, sono atleti di qualità che forse non sono stati accolti o non sono stati in grado di inserirsi bene nel professionismo…

Ho la fortuna di avere 12 corridori e così posso sentirli ogni tre giorni, mentre nelle squadre WorldTour si fa fatica. Guardo la mia esperienza. Quando sono a casa, lavoro H24. Quando sono alle corse, lavoro ancora di più perché c’è il personale da seguire. Ai ragazzi lo dico sempre: «Correte finché potete, perché quando smetterete sarà molto più dura». Io non riesco più ad andare in bici, lo stress aumenta. Però, come dico a tutti, ho scoperto un lavoro bellissimo e spero di farlo veramente per tanti anni.

Le fatiche del Giro d’Abruzzo e i primi piazzamenti hanno dato la scossa a Fancellu che da lì ha preso il volo
Le fatiche del Giro d’Abruzzo e i primi piazzamenti hanno dato la scossa a Fancellu che da lì ha preso il volo
Questa squadra potrebbe lanciare anche Boaro come tecnico?

L’anno scorso ha fatto il corso UCI, che serve per lavorare nelle squadre WorldTour. Purtroppo di solito gli squadroni hanno un gruppo di tecnici consolidato da anni, quindi è difficile entrare. Ma Alberto lo sa e mi ha anche detto che se dovesse arrivare una WorldTour, non sarebbe lui a stopparmi. Io cerco di fare il mio. Stiamo avendo bellissimi risultati. In Repubblica Ceca abbiamo chiuso dietro due WorldTour, ma fino all’ultima tappa eravamo davanti alla Visma. Questo fa capire che stiamo lavorando nella giusta direzione e dobbiamo continuare.

Qual è stata la svolta di Fancellu?

Nessuna magia. Io penso che bisogna parlare coi ragazzi, gli dico sempre di chiamarmi, qualsiasi cosa succeda. Un problema a casa, un problema con la macchina. La comunicazione secondo me è importantissima. Vengo dalla scuola di Bjarne, dove tutto era organizzato nei minimi dettagli e secondo me questo porta i risultati (Boaro ha corso con Riis dal 2011 al 2016, ndr). Fancellu sembra sbadato, però è anche molto pignolo nel suo lavoro. Paga da sé le alture. Di recente è andato a Sierra Nevada e prima era stato a Livigno. Noi purtroppo non possiamo garantirglielo, ma ha investito anche su questo. E’ già un segnale che il ragazzo tiene a quello che fa. Noi da parte nostra cerchiamo di non mettergli tanto stress.

In che senso?

Nel senso che lui è il leader delle corse a tappe, ma non gli diremo mai che deve vincere. Partiamo per la corsa e vediamo cosa succede. Abbiamo cercato di dargli tranquillità. Gli abbiamo detto: «Le qualità le hai: divertiti in bici, cerca di fare quello che ti viene bene». Inutile dire in partenza che la squadra lavorerà per lui. Ma se come in Repubblica Ceca, sarà secondo nella generale, è ovvio che la squadra sarà al suo fianco. Serve a togliere pressione e le risposte arrivano. Al campionato italiano è arrivato nei 15, all’AlUla Tour di inizio stagione si è mosso bene nei ventagli e ha fatto 10° in classifica generale. Ha vinto il Giro del Giappone. Io penso che la Q36.5 si sia pentita di aver lasciato andare.

Lo scorso anno Fancellu era alla Q36.5: il cambio di passo del 2025 è stato davvero notevole
Lo scorso anno Fancellu era alla Q36.5: il cambio di passo del 2025 è stato davvero notevole
Ne avete parlato?

No, lui non parla molto delle squadre passate. Del resto ci diciamo sempre di guardare il futuro e di non pensare al passato. Gli ripeto che devono divertirsi, perché il tempo va veloce e il ciclismo sta cambiando velocemente. Mi ricordo che quando si ritirò, Tosatto mi disse: «Eh, vedrai che il tempo passa in fretta!». Infatti sono già passati 10 anni e anche se ti senti sempre giovane, bisogna far capire ai ragazzi che a 25 anni non riesci quasi più a passare e a 36 sei vecchio. Se invece lavori bene, divertendoti, fai come Malucelli che è arrivato al WorldTour a trent’anni. Fancellu ha avuto la proposta dalla MBH Bank e ha firmato, perché il mercato è difficile. Ma secondo me avrebbe potuto aspettare un po’. Tante squadre hanno gli occhi su di noi per capire chi vada forte.

Chi c’è oltre a lui?

Prendiamo Raccani, per esempio. Anche lui ha avuto una buona stagione. Al Giro del Giappone è arrivato secondo dietro Fancellu, ma se davanti non avesse avuto un compagno, magari l’avrebbe vinto lui.

Il terzo posto al Tzcech Tour che peso ha?

E’ un risultato che fa veramente piacere, perché dimostra che abbiamo lavorato nella direzione giusta. Dico ai ragazzi che non bisogna montarsi la testa, ma di crederci. Lo faccio dalla macchina e anche la sera nel giro delle camere.

Raccani ha vinto due corse: riuscirà anche lui a rilanciarsi in una squadra più grande? (foto JCL Team Ukyo)
Raccani ha vinto due corse: riuscirà anche lui a rilanciarsi in una squadra più grande? (foto JCL Team Ukyo)
Visti i risultati, sapete già quali corridori arriveranno l’anno prossimo?

Al momento abbiamo tantissime richieste, però Alberto dice che vanno confermati quelli che già abbiamo con noi. Capiti i dettagli di chi parte e di chi resta, in base a quelli che confermeremo si vedrà cosa fare. Essendo una squadra giapponese, se prendiamo cinque italiani, abbiamo l’obbligo di avere sei giapponesi. Si occupa Volpi di questi aspetti. Abbiamo una chat in cui condividiamo le idee, ma sappiamo che sarebbe sbagliato avere troppa fretta. Meglio fare dei colpi mirati, anche per capire chi davvero abbia voglia di rimettersi in gioco.

Fancellu è sbocciato. Per la Ukyo un’altra scommessa vinta

22.08.2025
5 min
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Ripercorrere il passato di Alessandro Fancellu era come leggere la trasposizione ciclistica di “Aspettando Godot”. Così almeno fino a quest’anno. Poi c’è stato un “click” che ha iniziato a cambiare il verso della storia: il passaggio al Team Ukyo. Il comasco ha iniziato a mettersi in mostra, a vincere, in contesti certamente modesti rispetto al massimo livello toccato negli anni della Eolo Kometa come nella toccata e fuga alla Q36.5. Ma all’ultimo Czech Tour, con presenze WorldTour di altissimo livello, Fancellu con il suo terzo posto ha dimostrato di essere finalmente sbocciato, a 25 anni, dimostrando che anche nel ciclismo di oggi che punta tutto sui giovanissimi, saper investire e aspettare paga.

Il lariano ha corso quest’anno 40 giorni, con l’ottimo bilancio di 2 vittorie e 14 top 10
Il lariano ha corso quest’anno 40 giorni, con l’ottimo bilancio di 2 vittorie e 14 top 10

Il podio finale dietro i due talentuosi belgi Lecerf e Uijtdebroeks ha dato a Fancellu una nuova consapevolezza di sé, che si coglie parlandoci e partendo proprio dalla corsa della sua rinascita.

«E’ stata una bella gara. Sapevo che c’era gente importante al via – racconta – formazioni WT al massimo livello. Uijtdebroeks era il favorito numero 1, anche se poi alla fine non ha vinto, ma tutti facevano corsa su di lui. Erano quattro tappe ben disegnate: la prima prevedeva un arrivo in volata con un finale tecnico e dove ci sono stati dei buchi dov’era facile perdere terreno. Poi c’era la seconda e la quarta che erano i due arrivi in salita e la terza che era un’altra tappa di pianura, quindi diciamo che non c’era un attimo di tregua».

La vittoria di Lecerf a Dlouhé Strane con la sagoma rossa di Fancellu, unico a reggere il suo attacco, alle spalle
La vittoria di Lecerf a Dlouhé Strane con la sagoma rossa di Fancellu, unico a reggere il suo attacco, alle spalle
Tu hai concluso al terzo posto. Com’è stata la tua prestazione?

Sono soddisfatto. L’unità vera pecca è stata la seconda tappa, il primo arrivo in salita, dove ho cercato di attaccare ai -5. Me la sentivo, ma è stata una mossa poco furba perché era ancora lunga andare all’arrivo. Quando ho visto che non guadagnavo ho un attimo mollato per avere un po’ di gamba, ma nel finale ho sbagliato a impostare la volata perché avrei dovuto essere davanti alla prima curva, invece mi sono fatto anticipare da Lecerf. Ma sono cose che noti solo dopo, sul momento devi solo decidere.

L’ultimo giorno eravate tre racchiusi in 9 secondi…

Uijtdebroeks ha fatto un attacco davvero forte. Io e Lecerf gli abbiamo risposto, ma ci ha staccato di ruota. Alla fine però ha pagato il suo stesso attacco, all’ultimo chilometro ha perso tanto, gli siamo rientrati e io in volata ho pagato dazio, ma sinceramente non potevo fare più di quello che ho fatto.

Il Team Ukyo sta rilanciando Fancellu come ha fatto con Malucelli, Carboni e altri italiani
Il Team Ukyo sta rilanciando Fancellu come ha fatto con Malucelli, Carboni e altri italiani
Vista la partecipazione anche di squadre del WorldTour, questo terzo posto hai la sensazione che valga anche più della vittoria al Giro del Giappone che hai ottenuto quest’anno?

Sicuramente. Senza nulla togliere alla fine a quella gara perché vincere non è mai facile, ma aver vissuto un confronto testa a testa con corridori che poi sono competitivi anche nelle corse più importanti del WorldTour sicuramente ha un valore superiore. Siamo arrivati sempre assieme, quindi sono stato al loro livello e sono molto soddisfatto di questo.

Come ti trovi nella squadra giapponese? C’è la sensazione che finalmente hai trovato l’ambiente giusto per realizzare quelle speranze che avevi destato nelle categorie giovanili…

Mi trovo bene, alla fine è una squadra più piccola rispetto anche a molte continental europee. Ma ci sono dietro persone hanno vissuto nel ciclismo da anni come Volpi e Boaro e fanno la differenza. Hanno una vera competenza e riescono a fare grandi cose pur con un budget risicato. Sono persone molto molto qualificate e questo aiuta.

Il comasco in trionfo al Giro del Giappone, prima gara a tappe conquistata (foto organizzatori)
Il comasco in trionfo al Giro del Giappone, prima gara a tappe conquistata (foto organizzatori)
Finora in 40 giorni di gara hai due vittorie e ben 14 top 10. Ci sono altri corridori che facevano parte del team giapponese, ad esempio lo scorso anno, che poi hanno trovato posto in formazioni del World Tour. Comincia qualche squadra a bussare alla tua porta?

Non nego che qualche contatto comincia a esserci, vedremo con il procuratore, ma qualcosa si sta muovendo e sicuramente la prestazione della scorsa settimana in Cechia ha aiutato molto. Ora però bisogna continuare, poi si vedrà.

Pensi che questa esperienza ti stia un po’ cambiando, rendendo un po’ più consapevole delle tue possibilità?

Sì, senza dubbio. Sono maturato sia dal punto di vista fisico, ma anche come comportamento, come visione generale del mondo che mi circonda. Ho maggiore consapevolezza di quel che posso fare. Ora il nostro calendario non è ricchissimo, ma qualche bella corsa sicuramente ce l’abbiamo. Spero ad esempio che avremo l’invito alla Bernocchi e all’Agostoni che per me sono corse di casa, si passa dove mi alleno e conto di fare molto bene lì.

Nel team giapponese Fancellu ha trovato una nuova consapevolezza, risvegliando l’interesse di qualche team WT
Nel team giapponese Fancellu ha trovato una nuova consapevolezza, risvegliando l’interesse di qualche team WT
Proprio legandoci al fatto che tanti corridori italiani passano dal Team Ukyo per rilanciarsi in ottica WorldTour, vedi ad esempio Malucelli, lo consiglieresti anche ad altri corridori italiani, anche se è una squadra continental?

Sì, decisamente, penso che sia una buona squadra dove sei seguito con tanta attenzione proprio perché sono pochi i corridori nel roster, Volpi li sceglie con cura perché ci crede e te lo fa vedere. In tante squadre dove l’organico è più ampio si finisce che si viene messi in secondo piano. Cogli la fiducia che viene riposta in ogni corridore e penso che sia una delle cose che poi ti aiuta a tirar fuori il massimo.

Doppietta in Giappone, Volpi rilancia Fancellu e Raccani

05.06.2025
5 min
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Primo, Alessandro Fancellu. Secondo, Simone Raccani. Il JCL Team UKYO ha sbancato il Tour of Japan e per tutto lo staff è stato il compimento di un lavoro. Certo, non parliamo di una prova WorldTour, ma il general manager Alberto Volpi chiude con una semplice constatazione ogni obiezione riguardante il livello della gara: «Il nostro è un team giapponese e per noi, a cominciare dalla proprietà, è come il Giro d’Italia per un team italiano o il Tour per un’equipe francese. Ci si gioca tutto, a cominciare dal prestigio».

Fancellu festeggiato sul podio. Vittoria con 21″ su Raccani e 1’09” sull’australiano Dyball (foto team)
Fancellu festeggiato sul podio. Vittoria con 21″ su Raccani e 1’09” sull’australiano Dyball (foto team)

Dominio per tutta la settimana

Appena tornato dal Sol Levante, ancora con i postumi del jet lag, Volpi fa il punto di un’edizione dominata dalla squadra e che rappresenta un po’ uno spartiacque verso il futuro: «Eravamo chiamati a fare il meglio e l’abbiamo onorata come meglio non potevamo. Tre vittorie di tappa con i due italiani più il nostro eritreo Zeray, doppietta in classifica. C’era differenza alla base fra noi e gli altri? Forse, ma quella differenza devi anche metterla per iscritto».

Come vi eravate organizzati per la corsa nipponica? «Noi avevamo fatto una squadra basandoci sull’esperienza del 2024 perché il percorso non era cambiato, stesse tappe. Nella seconda abbiamo quindi attaccato tutto il giorno puntando su Fancellu, lo stesso il quarto giorno con Raccani. Poi c’era la tappa del Monte Fuji e lì abbiamo seguito due direttive. Da una parte proteggere i due primi della classifica, dall’altra lasciare strada libera a Zeray che sapevamo poteva fare la differenza. Alla fine abbiamo fatto bottino pieno».

A Inabe assolo di Fancellu che tiene a 4″ il danese Bregnhoy e ipoteca la corsa (foto team)
A Inabe assolo di Fancellu che tiene a 4″ il danese Bregnhoy e ipoteca la corsa (foto team)

Nessuna scelta dai box…

E’ chiaro però che una situazione del genere, con due uomini della stessa squadra davanti a tutti, imponeva delle scelte per la frazione decisiva. C’era una strategia su chi dovesse essere il vincitore? «Una strategia sì, ma non sul vincitore. Mi spiego meglio: la tappa finale del Monte Fuji aveva molte incognite. Al mattino ci siamo interrogati su che cosa era meglio fare e abbiamo detto chiaramente che la strada avrebbe deciso il vincitore fra i due. Per noi era una situazione ideale perché nel malaugurato caso uno dei due avesse ceduto, l’altro era pronto a subentrare, mentre Zeray poteva puntare alla tappa. Non abbiamo assolutamente dato disposizioni sulla classifica, abbiamo detto invece che doveva vincere semplicemente chi aveva più gambe. Alla fine se la sono giocata, Fancellu ha chiuso 2° a 6”, Raccani 4° a 36”».

Per Alessandro Fancellu questa vittoria era un colpo di spugna su tutto quel che gli è successo da quando è passato pro’? «Diciamo che, a prescindere dalla vittoria finale, lo vedo più sereno di quando è arrivato da noi. Evidentemente aveva bisogno di un ambiente accogliente, fiducioso nei suoi confronti. D’altro canto nel nostro team ci sono tutte le necessarie figure di riferimento e Alessandro ha trovato il giusto supporto, anche a livello psicologico».

Vittoria per Simone Raccani nella quarta tappa lasciando a 2″ l’inglese Stewart (foto team)
Vittoria per Simone Raccani nella quarta tappa lasciando a 2″ l’inglese Stewart (foto team)

L’importanza dell’ambiente

Volpi ha parole dolci sul comasco anche mettendo a frutto la sua enorme esperienza da corridore: «Che avesse i mezzi lo sappiamo tutti, ma non è che bastino quelli per emergere da pro’, devi anche ambientarti, trovare le basi. In questi 3-4 anni pur essendo stato in team importanti non riusciva a esprimersi. Qui ha un ambiente più attento alle sue esigenze, ma così è stato per Malucelli, Carboni, Pesenti, tutti corridori che ora sono nel WorldTour e Alessandro sa che può seguire la stessa strada, se fa bene».

Per Raccani il discorso è un po’ diverso: «Per certi versi più semplice. Quando ha fatto lo stage alla Quick Step si è fratturato l’omero e questo lo ha bloccato. E’ passato alla Polti ma non aveva ancora recuperato e poi passando alla Zalf che pure era una squadra con una tradizione enorme si è sentito retrocesso. Aveva bisogno di fiducia, di tirare fuori quel che ha dentro, anche con un calendario appropriato. Io vedo che settimana dopo settimana sta crescendo, per lui vale lo stesso discorso futuribile fatto per Fancellu».

L’eritreo Nahom Zeray ha completato la festa conquistando la tappa del Monte Fuji (foto team)
L’eritreo Nahom Zeray ha completato la festa conquistando la tappa del Monte Fuji (foto team)

Una commistione che funziona

Considerando i risultati, è possibile un allargamento della rosa italiana? «Domanda delicata. Noi siamo un team giapponese nato per far crescere i ragazzi locali. Appena sono arrivato, ho chiarito subito che dovevamo procedere su due direzioni: accogliere e far crescere i migliori talenti giapponesi ,ma affiancarli a gente europea esperta e in grado di portare risultati, perché solo questa commistione poteva garantire un futuro al team. Quindi abbiamo bisogno di figure che garantiscano un rendimento nelle gare europee, oltre che in quelle asiatiche che hanno un livello giocoforza inferiore».

E allora come procede la ricerca di giovani giapponesi, il livello generale sta crescendo? «Il problema in quel caso non è trovare ragazzi talentuosi perché in una base di praticanti molto, ma molto ampia i talenti ci sono. Non tutti però sono pronti a fare una scommessa su loro stessi, trasferirsi per lunghi tempi in Europa, visto che prevediamo almeno due lunghi periodi di gare nel corso della stagione, stazionando in Brianza a primavera e poi ad agosto-settembre. Per noi trovare ragazzi che accettano è la sfida più importante…».

Boaro: «Fancellu da noi cerca la spinta per rilanciarsi»

25.04.2025
5 min
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MEZZOLOMBARDO – Tirare una riga e ripartire da zero, questo è ciò che ha fatto Alessandro Fancellu con la JCL Team UKYO. La formazione continental giapponese negli ultimi due anni è diventata un nido dal quale alcuni corridori sono stati in grado di rilanciarsi. L’edizione 2025 rappresenta la seconda partecipazione di questa formazione al Tour of the Alps, segno di un calendario di alto livello nonostante i gradi di continental. Il JCL Team UKYO ha preso parte a diverse corse a tappe importanti, con in macchina la figura di Manuele Boaro. Il ruolo da diesse si addice particolarmente al suo carattere, ride e scherza con i ragazzi ma le idee sono chiare. Così come il lavoro da fare. 

Manuele Boaro, a destra in foto, alla partenza della seconda tappa del Tour of the Alps
Manuele Boaro, a destra in foto, alla partenza della seconda tappa del Tour of the Alps

Al posto giusto

Il talento di Fancellu sembrava essere destinato a realtà differenti, con un destino scritto nelle grandi corse a tappe con una carriera tutta da scrivere. Purtroppo alcuni passaggi nel suo percorso sono mancati, dopo gli anni con la Eolo-Kometa, ora Polti VisitMalta, si era pensato che cambiare aria potesse essere utile. L’esperienza alla Q36.5, durata una sola stagione, non ha portato ai risultati sperati. Nonostante l’inizio promettente al Tour of Antalya i risultati poi non sono arrivati.

«Quando vieni da una WorldTour, una professional come nel caso di Fancellu e “cadi” giù capisci che magari è l’ultima spiaggia». Boaro parla dal piccolo piazzale che raccoglie i bus prima della partenza. «Probabilmente lui nel corso della sua carriera è stato anche sfortunato. Qui da noi sa che non c’è quella pressione. Vero che si parte per vincere ma a volte ci si dimentica che i ragazzi giovani vanno ascoltati e seguiti. Nel nostro piccolo lavoriamo bene, come una formazione WorldTour perché a livello di programmazione, nutrizione e allenamenti siamo molto validi. Non mancano nemmeno i risultati. Comunque lo scorso anno avevamo in squadra Malucelli, Carboni e Pesenti. Il primo ora è nel WolrdTour, il secondo in una professional e Pesenti nel devo team della Soudal».

Fancellu è arrivato alla JCL Team UKYO dopo tre stagioni alla Eolo-Kometa e una alla Q36.5 Pro Cycling
Fancellu è arrivato alla JCL Team UKYO dopo tre stagioni alla Eolo-Kometa e una alla Q36.5 Pro Cycling
Chi arriva sa di avere una buona chance per rilanciarsi…

Qualche corridore che pensa di venire qui e di ributtarsi nella mischia. I tre che ho citato prima sono venuti qui motivati e con voglia di fare. Lo stesso Fancellu sta dimostrando di andare bene, anche perché abbiamo costruito un programma adatto alle sue caratteristiche. 

Appena arrivato cosa avete fatto con Fancellu?

Alberto (Volpi, ndr) ci parlava da qualche mese, poi la Q36.5 non lo ha confermato e la cosa si è concretizzata. Da quel momento abbiamo cercato di capire quali fossero le sue esigenze e ambizioni. Lui è uno scalatore, quindi ci siamo concentrati sulle corse vicine alle sue caratteristiche. Come in ogni squadra, capita di chiedere un sacrificio. Ora lui era al Tour of the Alps, arrivava però dal Giro d’Abruzzo e poteva essere stanco. 

Al Giro d’Abruzzo Fancellu ha vestito la maglia di miglior giovane al termine della prima tappa
Al Giro d’Abruzzo Fancellu ha vestito la maglia di miglior giovane al termine della prima tappa
Ha bisogno di serenità dopo qualche stagione complicata?

Tutti gli atleti hanno bisogno di tranquillità. Un corridore ha bisogno anche di garanzie, tante volte vediamo fare delle prestazioni monstre a ragazzi in scadenza di contratto. Si dovrebbe cercare di non aggiungere preoccupazione al lavoro. 

Come vedi questa stagione per Fancellu?

Deve essere un passaggio. Ha i numeri e le caratteristiche per correre in una formazione professional o WorldTour. Da noi deve trovare lo slancio per tornare su. 

Nella prima corsa di stagione Fancellu ha colto un ottimo ottavo posto nella classifica generale del AlUla Tour
Nella prima corsa di stagione Fancellu ha colto un ottimo ottavo posto nella classifica generale del AlUla Tour
Qual è lo step intermedio che può dargli questa squadra?

Quando si tocca il fondo si capisce che dopo questa chance si va a lavorare. Quindi uno arriva a pensare a quello che vuole davvero. Fancellu si sta impegnando e si comporta da vero professionista. Secondo me ha capito cosa deve fare. Magari in altre squadre si era un po’ perso. Ha subito tanto la pressione del dopo Remco (Evenepoel, ndr) perché a quel mondiale juniores aveva fatto terzo. 

La pressione non è facile da gestire. 

Magari l’ha vissuta un po’ male perché anche lui ha aspettative su se stesso. E’ un ragazzo che si butta giù facilmente, la cosa da capire è che nel ciclismo un giorno stai bene e quello dopo può succedere qualcosa. Anche qui al Tour of the Alps sapevamo sarebbe stato difficile visto che arrivava dal Giro d’Abruzzo. Nessuno di noi si aspettava il risultato. 

Il calendario dello scalatore lombardo è disegnato in base alle sue caratteristiche
Il calendario dello scalatore lombardo è disegnato in base alle sue caratteristiche
Al JCL Team UKYO ha trovato un riferimento come te…

Il primo giorno ho guardato Fancellu e gli ho detto: «Io sono qui». Sono a disposizione tutti i giorni e tutte le ore. Non c’è solo l’allenamento e il lavoro, ma anche il rapporto con il ragazzo. Loro devono aprirsi e sapere che tutto si può risolvere. 

Un fattore più mentale che di prestazione?

Il ciclismo ora è così, sono controllati e seguiti al 100 per cento. Serve però avere il supporto umano, come andare in camera e fare una battuta o anche a tavola. Questo è l’obiettivo di squadra quando si va alle corse, stare lontani da casa è difficile ed è importante avere un ambiente sereno. Lo dicevano a me i miei “vecchietti” e lo dico io a loro: «La carriera passa veloce e quando si scende dalla bici cambia il mondo». Siamo fortunati a fare questo lavoro e dobbiamo farlo durare il più possibile e godercelo.

Boaro: com’è cambiato il Team JCL Ukyo per il 2025?

17.02.2025
5 min
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Manuele Boaro, diesse del Team JCL Ukyo ci risponde di ritorno dal Tour of Oman. E’ il giorno dopo l’ultima tappa, quella che ha consegnato la vittoria a Simon Yates. Frazione nella quale il corridore del UAE Team Emirates-XGR ha strappato la maglia di leader a David Gaudu sull’ultima salita a disposizione. La formazione continental giapponese ha colto invece un dodicesimo posto finale con Zeray, atleta appena arrivato dal devo team della Q36.5 Pro Cycling. Il giovane africano non è l’unico nuovo innesto per la squadra guidata da Alberto Volpi, tra ottobre e dicembre la rosa si è rinnovata parecchio.

JCL Ukyo alla partenza del Tour of Oman
JCL Ukyo alla partenza del Tour of Oman

Continuità

Il JCL Team Ukyo, complice la sua struttura per metà italiana, visto il lavoro svolto da Volpi e Boaro, ha rilanciato tre atleti che per altrettanti motivi erano alla ricerca di una spinta per tornare a mettere la testa fuori dall’acqua. Prima Malucelli è approdato alla XDS Astana Team, poi Pesenti è stato prelevato dal devo team della Soudal Quick-Step. Infine, è partito anche Carboni, arrivato alla professional olandese Unibet Tietema Rocket. Ora la curiosità intorno a questa nuova realtà è alta, soprattutto perché sono arrivati tanti altri ragazzi pronti per seguire le orme di chi li ha preceduti.

«Il gruppo cresce – ci racconta Boaro mentre in macchina viaggia verso casa – per qualcuno dei ragazzi era la prima corsa della stagione. Ci sono stati dei ricambi importanti a livello di rosa e ne siamo felici, perché abbiamo perso dei validi corridori, ma ne sono arrivati altri. Insieme ad Alberto (Volpi, ndr) ci siamo impegnati nel prendere ragazzi sui quali credere».

Alessandro Fancellu, a sinistra, è una delle punte del team continental giapponese
Alessandro Fancellu, a sinistra, è una delle punte del team continental giapponese
Come sono stati scelti?

Abbiamo cercato di guardare le caratteristiche tecniche e atletiche. Ci sono arrivate tantissime richieste durante la pausa di fine stagione, anche da corridori di formazioni WorldTour. E’ una cosa che ci fa sicuramente piacere. Ci siamo affidati a corridori giovani e con voglia di fare. I nuovi arrivati hanno tutti un’età compresa tra i 22 e i 25 anni. Secondo me sono ragazzi con qualcosa da dire.

Quali?

A mio modo di vedere Alessandro Fancellu è quello con maggiori garanzie a livello atletico. Garibbo, invece, penso abbia ancora tanto da esprimere e arriva da una stagione sfortunata. Raccani e D’Amato sono giovani, ma hanno tanto margine e su di loro puntiamo tanto. Sarà difficile replicare quanto fatto nel 2024, servirà ricreare un rapporto di fiducia reciproco.

Avete cercato di sostituire i corridori italiani con un rapporto uno a uno?

Siamo andati verso atleti con le stesse caratteristiche, o comunque simili. D’Amato è il nostro uomo più veloce, che non ha paura di buttarsi nella mischia. Con il nostro calendario potrà dire la sua. Penso che Raccani e Garibbo siano state le scelte giuste per sostituire Pesenti e Carboni.

Degli altri che ci dici?

L’arrivo di Zeray è stata una buona occasione colta al momento giusto. Lui sarebbe dovuto andare nella formazione principale della Q36.5 Pro Cycling, ma l’arrivo di Pidcock gli ha tolto spazio. Le sue qualità in salita ci potranno tornare molto utili.

Nahom Zeray, atleta eritreo classe 2002 arriva dal devo team della Q36.5 Pro Cycling
Nahom Zeray, atleta eritreo classe 2002 arriva dal devo team della Q36.5 Pro Cycling
Una rosa divisa a metà visto che ci sono sei ragazzi giapponesi.

Il progetto è di farli crescere per portarli a competere in gare di alto livello con la maglia della nazionale, come Olimpiadi e mondiali. Non sarà facile coordinare il tutto anche perché vogliamo portare i corridori a fare lo stesso numero di corse e coordinare gli impegni tra il calendario italiano e quello asiatico non sarà facile. Non vogliamo che a fine anno ci siano atleti con settanta giorni di gara e altri con trenta, non è la nostra filosofia.

Le prestazioni della scorsa stagione hanno accesso i riflettori sulla vostra realtà.

Se i tuoi corridori vengono selezionati e scelti da una formazione WorldTour vuol dire che lavoriamo bene. Ci notano e questo non può fare altro che piacere. Non nascondo che noi stessi abbiamo delle ambizioni, ad esempio nel 2026 vorremmo diventare una professional. E’ una cosa che si capirà nei prossimi mesi, però i ragazzi che sono qui hanno una bella chance. Non è stato semplice chiudere la rosa a dodici corridori e dover dire tanti “no” a dicembre. Avere così tante richieste è un segnale positivo, vuol dire che stiamo lavorando bene, d’altronde Alberto Volpi arriva dal WorldTour e ha portato con sé quel modo di fare.

Il vostro è un calendario di livello…

In Europa riusciamo a ritagliarci spazio, quest’anno saremo al via del Tour of the Alps per la seconda stagione consecutiva. Faremo, come già fatto nel 2024, anche una buona parte del calendario asiatico. Non dimentichiamoci che la squadra è giapponese, e abbiamo con noi anche il campione nazionale Marino Kobayashi.

La casa in Brianza è rimasta?

Sì, sarà di appoggio per i ragazzi asiatici, così che potranno rimanere in Italia e allenarsi per le gare europee.

Bisacce piene, morale alto: Volpi rilancia la corsa all’oro

03.12.2024
7 min
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Con Carboni, Malucelli e Pesenti che hanno cambiato squadra, il JCL Team Ukyo riparte per la nuova stagione forte dei risultati del 2024 e la sensazione di aver trovato la chiave per farlo ancora. Alberto Volpi racconta e attraverso le sue parole la nuova squadra prende forma. Il comunicato diffuso ieri ha reso noti i nomi dei quattro italiani selezionati per la prossima stagione. D’Amato, Fancellu, Garibbo e Raccani saranno la spina dorsale italiana della continental giapponese, che nel 2024 ha conquistato 16 corse.

Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
La squadra ha fatto la sua parte, anche abbondantemente…

Sì, anche io sono contento, con tutta onestà. Quando ti aspetti delle cose belle che poi non arrivano, dici di essere moderatamente insoddisfatto. Mentre io devo dire il contrario. Avevo previsto di fare bene, ma siamo andati meglio delle previsioni. E’ la legge della compensazione, a volte i corridori ti stupiscono. Però quello che è stato è stato, adesso dobbiamo guardare avanti e cercare di fare ancora bene. E’ la nostra condanna (sorride, ndr).

Ti aspettavi che l’anima europea e quella giapponese si integrassero così bene?

Lo staff e i corridori sono veramente di buona qualità umana. Quando hai questo ingrediente, è solo questione di tempo, aspettare che si conoscano e si mettano insieme. Poi è chiaro che avevo anche tre italiani – due su tre molto esperti – che ci hanno messo del loro. Hanno trovato terreno molto fertile nei ragazzi giapponesi, quindi non è stato difficile che si integrassero. In realtà non mi ero neanche posto il problema dell’integrazione, è venuto tutto naturale.

Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Avevi tre italiani, hanno ottenuto i migliori risultati, ma sono andati via…

Abbiamo cominciato una trattativa dall’inizio di luglio. Avevano delle richieste importanti da altre squadre che io non potevo soddisfare in termini economici. Come in tutte le aziende, ho dovuto fare i conti con il budget e mi è molto dispiaciuto non poterli riconfermare. Credo sia stato giusto che abbiano colto le occasioni. Sono venuti da noi con la voglia di rivalutarsi e rilanciarsi e ci sono riusciti in pieno. Hanno dato tanto, noi gli siamo stati vicini ed era giusto che proseguissero la loro strada. Quando inizialmente in Giappone ho detto che sarebbero andati via, anche Malucelli che aveva vinto tanto, è certamente dispiaciuto, ma hanno riconosciuto che avessimo fatto delle scelte giuste. Anche questo è un motivo di orgoglio. Perdere delle persone di valore non è così sempre negativo, vuol dire che hai dato loro qualcosa di importante.

Che cosa ha rappresentato per la squadra giapponese aver vinto il Giro del Giappone con Carboni?

E’ stato un ottimo risultato. Subito prima, abbiamo vinto con Atsushi il Tour de Kumanu, la gara di preparazione. Vincere con un ragazzo giapponese a me fa super piacere, perché la matrice della squadra è chiara. Per cui i ragazzi europei servono per dare più qualità e questo l’hanno fatto. La mission sarebbe quella di portare fuori l’Arashiro del futuro. C’è da lavorare, però quando vince un corridore giapponese puoi essere davvero soddisfatto.

Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Come si rimpiazzano gli europei che sono partiti?

Adesso è complicato. Vivo in questo ambiente da tantissimi anni. Le cose sono cambiate per via delle varie categorie e degli sviluppi che ci sono stati nelle squadre WorldTour, che hanno integrato nella loro galassia anche i team di sviluppo. Noi siamo una continental un po’ anomala, ci vedono quasi come una professional perché riusciamo a partecipare a gare di livello. Per questo ci dicono che abbiamo un buon appeal, ma nonostante ciò è sempre più difficile trovare corridori giovani di un certo livello, perché se li accaparrano tutti i devo team, a partire da Redbull e Visma.

Quindi come si fa?

E’ un lavoro lungo, hai le amicizie, qualche valutazione fatta con dei test che permettono di individuare se il motore ha una certa portata, ma non sono tutto. Basarsi solo sui numeri non è la ricetta gusta. Possono pure avere un buon motore, ma se li porti su strada e non sanno stare in gruppo e far fruttare le loro doti oppure usare la testa, non vanno lontano. I numeri devono coincidere con la vera identità del corridore, altrimenti rischi che ti aspetti tanto e non ti danno niente.

Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Su cosa avete puntato per fare le vostre scelte?

Abbiamo deciso di avere fiducia nei giovani, sapendo che hanno bisogno del loro tempo. Aleotti, per fare l’esempio di un corridore che cresce in uno squadrone, sta venendo fuori gradualmente e con sostanza: non sono tutti come Evenepoel. Ne abbiamo cercati alcuni che per caratteristiche e voglia di dimostrare, possono fare il salto di qualità. Devi lavorare solo su quello, perché il giovane fenomeno ha addosso gli occhi dei procuratori. I ragazzi che sono andati via avevano le loro motivazioni forti e quelle fanno la differenza. Pesenti ad esempio…

Cosa avete visto in lui?

Thomas veniva dalla Beltrami, me ne avevano parlato bene, però non aveva ancora fatto corse di alto livello tecnico. Qui si è integrato bene anche nelle gare più toste e si è guadagnato un posto nel devo team della Soudal. Malucelli ha sempre vinto, era il più affidabile sotto il profilo del rendimento e sapevamo che in certi contesti poteva fare egregiamente la sua parte. Carboni veniva da un periodo difficile, ma si vedeva che avesse dentro qualcosa. Bisognava avere un po’ più di pazienza e fortuna e sperare che tirasse nuovamente fuori le sue qualità, cosa che ha puntualmente fatto. Si è sempre fatto trovare pronto nelle gare in cui era leader e ha lavorato molto bene con il gruppo giapponese.

La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
Ci sono quattro nuovi italiani. 

Simone Raccani viene dalla Zalf. Due anni fa era stato preso dalla Quick Step come stagista a Burgos, ma è caduto e si è rotto un gomito. E’ andato alla Eolo-Kometa, invece l’anno scorso è tornato dilettante. Non tutti sono pronti per il salto a vent’anni, ma resta che ha fatto dei buoni risultati in salita. D’Amato viene dalla Biesse-Carrera, è un buon corridore, anche molto veloce. Non quanto Malucelli: si avvicina di più alle qualità di un Colbrelli, fatte tutte le distinzioni possibili. Poi abbiamo Garibbo, che arriva dalla Technipes, la squadra di Cassani, e quanto ai punteggi è stato uno dei più bravi dilettanti del 2024. Infine Fancellu, che arriva dalla Q36.5.

Una scommessa come quella su Carboni?

La squadra non lo ha confermato, ma resta un ragazzo che da junior si piazzò terzo al mondiale vinto da Evenepoel, è stato quinto a un Tour de l’Avenir, per cui un po’ di qualità le ha, vediamo se riusciamo noi a regolare la centralina. Ne ho parlato con Zanatta per un mese e mezzo, dato che ho cominciato a pensare a lui ad agosto. Ci sentiamo spesso e Stefano ci ha lavorato tanto. Mi ha detto che gli darebbe ancora una chance, per cui alla fine abbiamo deciso di crederci.

Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Questo è il quadro?

Ci sono altri nomi in arrivo, ma li sveleremo nei prossimi giorni. Il ciclismo è cambiato anche in questo, non è come prima che si diceva tutto subito, anche la comunicazione ha i suoi tempi. Per il resto i materiali restano gli stessi, le bici Factor, le ruote Shimano e le gomme Vittoria. Iniziamo fiduciosi, perché abbiamo visto che il nostro metodo di lavoro funziona. Gli anni non sono mai tutti uguali, lavoreremo perché anche questa sia un’ottima stagione.

Fancellu: «Il talento di Evenepoel non è mai stato un segreto»

01.08.2024
5 min
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Il recente exploit di Remco Evenepoel, che ha conquistato il terzo posto al Tour de France e l’oro olimpico a cronometro pochi giorni dopo, merita di essere celebrato ancor più di quanto è stato fatto. Il campione belga ci ha abituato bene, ma queste prestazioni vanno oltre quanto fatto vedere fino ad ora e lo consacrano tra i grandi. Il nome di Evenepoel gira da tempo nel ciclismo ed è salito alla ribalta quando era uno junior. Di fatto è stato lui l’atleta che ha aperto la caccia ai giovani, una ricerca forsennata che ne ha portati alla luce molti, ma ne ha offuscati altrettanti. E Alessandro Fancellu lo sa bene.

I due hanno avuto un percorso simile fino alla fine del 2018, ultimo anno da juniores (in apertura la foto del podio al mondiale di Innsbruck di quell’anno). Poi da lì in poi le strade si sono divise. Ora Fancellu ha ritrovato continuità grazie al Q36.5 Pro Cycling Team dopo anni difficili pieni di stop e problemi fisici. Il giovane lombardo si prepara ad un finale di stagione ricco di impegni per ritagliarsi lo spazio che vuole e può meritarsi

La corsa all’oro

Fancellu, da junior, si è scontrato spesso con il belga e nel 2018 i confronti sono stati ripetuti e tirati, dal Giro della Lunigiana in cui Evenepoel vinse tutte le tappe tranne una e poi agli europei e ai mondiali. Che cosa ricorda di Evenepoel lo scalatore di Como?

«Quello che sta facendo ora Evenepoel – dice Fancellu, il quale ora è in ritiro a Sestriere per preparare il finale di stagione – non è una sorpresa. Già da juniores, quando veniva alle gare, si vedeva che faceva un altro sport rispetto a noi. Ricordo che al campionato europeo era scattato dopo pochi chilometri ed era arrivato da solo al traguardo. Il ritardo del secondo? Quasi dieci minuti. (9’44” sullo svizzero Balmer, ndr). E’ partito da solo e lo hanno rivisto solamente all’arrivo, un numero incredibile. L’azione più bella che gli ho visto fare dal vivo è stato quello del mondiale di Innsbruck. Era caduto e aveva due minuti di svantaggio, ci ha ripresi e ce ne ha dati altri due».

Sguardo affamato

Il volto di Evenepoel, magro e sempre più delineato, nasconde negli occhi una fame di vittoria incredibile e impareggiabile. Ha dentro di sé un fuoco che lo spinge sempre a fare un passo in avanti, a cercare la vittoria e lo spettacolo. Non importa quanto lontano sia il traguardo. 

«Questo tratto distintivo – spiega Fancellu – lo ha sempre avuto. Ricordo che al Giro della Lunigiana del 2018 aveva perso la cronoscalata nella seconda semitappa. Aveva pagato un secondo a Karel Vacek. Il giorno dopo si è presentato al via della tappa con gli occhi in fiamme. A 50 chilometri dall’arrivo è partito e non lo abbiamo visto più, eppure dietro spingevamo parecchio per chiudere. Le stesse azioni che ha riproposto alla Liegi, in entrambe le vittorie ottenute e alla Clasica San Sebastian. Non gli interessa quanto manca, lui attacca e si toglie tutti di ruota. Alla Liegi dello scorso anno Pidcock era rimasto con lui inizialmente, ma poi aveva pagato dazio. Seguirlo è impossibile. E’ capace di fare 50, 60 o 70 chilometri da solo a velocità impossibili, una caratteristica che lo porta ad essere un cronoman eccezionale».

Alcuni gesti hanno portato il pubblico ad assegnargli il titolo di “spaccone”
Alcuni gesti hanno portato il pubblico ad assegnargli il titolo di “spaccone”

Gesti estremi

Evenepoel lo abbiamo conosciuto da acerbo forse, quando ogni vittoria era seguita da una celebrazione evidente. Quasi fastidiosa per chi al ciclismo associa una maggiore timidezza e umiltà.

«A volte passa da arrogante, anche in passato è stato così – continua Fancellu – ma questa idea non corrisponde alla realtà. Non gli piace perdere e questo lo abbiamo capito fin da subito. Al Tour sarà stato felice del podio, ma non crediate che si accontenti. Il suo passare da arrogante in corsa non è mai andato di pari passo con la persona. Ci ho parlato e non mi ha dato questa impressione. Io userei il termine esuberante, d’altronde quando hai uno strapotere così evidente ti viene da fare tutto». 

In vista del Tour Evenpoel ha limato molto il peso, avvicinandosi a quello degli scalatori puri
In vista del Tour Evenpoel ha limato molto il peso, avvicinandosi a quello degli scalatori puri

Cambiamenti fisici

Fisicamente l’ex campione del mondo di Wollongong sembra non essere mai cambiato. La sua più grande trasformazione è arrivata con la partecipazione al recente Tour de France, prima del quale ha limato molto il peso

«Quando era junior – ricorda ancora Fancellu – aveva un fisico molto più formato. Arrivava dal calcio e muscolarmente era impostato diversamente, le forme erano ben pronunciate. Con il passare degli anni il suo fisico ha subito delle modifiche che lo hanno portato ad essere quello che è ora. Al Lunigiana lo guardavo e vedevo due gambe grosse, enormi. Infatti era forte, ma negli strappi brevi era ancora giocabile. Nel falsopiano invece, con un po’ di vento contro, non lo prendevi mai. E per fortuna che all’epoca (nel 2018, ndr) gli juniores avevano ancora il blocco dei rapporti. Altrimenti avrebbe dominato ancora di più le gare. In pianura a 50 all’ora era costretto a fermarsi, più forte di così non poteva andare. Con i rapporti liberi avrebbe messo il 54×11 e lo avremmo rivisto solamente una volta tagliato il traguardo. Evenepoel le stigmate del campione le ha sempre avute, così come la mentalità».

Fancellu al Delfinato: la sua prima corsa a tappe WorldTour

10.06.2024
4 min
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Il Giro del Delfinato concluso ieri è stata la prima corsa a tappe di categoria WorldTour per Alessandro Fancellu. Il corridore della Q36.5 Pro Cycling ha vissuto questa sua prima esperienza come un modo per crescere, imparare e per confrontarsi con i migliori corridori al mondo. Nella breve corsa a tappe francese, infatti, erano presenti molti dei protagonisti del prossimo Tour de France. A partire dal vincitore Primoz Roglic.

«E’ andata come da previsioni – dice da casa il comasco – è la corsa di più alto livello dopo il Tour de France. Lo ha dimostrato giorno dopo giorno, far risultato o semplicemente mettersi in mostra è impegnativo. Ma se riesci a fare qualcosa è perché te lo sei meritato e lo hai conquistato lottando

Eccolo a colloquio con Fortunato: il corridore dell’Astana, uscito dal Giro d’Italia, ha provato a tenere duro
Eccolo a colloquio con Fortunato: il corridore dell’Astana, uscito dal Giro d’Italia, ha provato a tenere duro
Da cosa si era capito che sarebbe stato complicato?

Direi fin da subito, dal primo arrivo in salita nella seconda tappa. Sono rimasto con i migliori e forse c’è un po’ di rammarico per non essere riuscito a fare la volata. Ma all’ultimo chilometro ero davvero senza gambe.

Ritmo elevato?

La salita l’abbiamo affrontata a ritmi folli (per percorrere i dieci chilometri finali del Col de la Loge il gruppo ha impiegato 18 minuti, velocità media 36 chilometri orari, ndr). La solidità dei corridori la si capisce dal fatto che in quella tappa con un arrivo in salita, anche se non estremamente impegnativo, siamo arrivati in 50

Fancellu nella sesta tappa ha visto muoversi corridori di primo piano e si è unito alla fuga
Fancellu nella sesta tappa ha visto muoversi corridori di primo piano e si è unito alla fuga
Non si staccava nessuno…

Peggio! Rimanevano attaccati anche i velocisti, quella tappa l’ha vinta Magnus Cort e Pedersen è rimasto con noi fino all’ultimo. 

Una bella misura per capire il tuo livello rispetto ai più forti al mondo.

L’idea era quella di capire quanto realmente vanno forte, è importante confrontarsi con i corridori di massimo livello. Il Delfinato e il Giro di Svizzera per la nostra squadra sono le corse più importanti in calendario. Partecipare è una bella esperienza e un onore, bisogna cercare di mettersi in mostra. Per far capire che l’invito è meritato.

Tu ci hai provato.

Entrare in una fuga è difficilissimo, ci va solamente gente con tante gambe e una super condizione. Io nelle prime quattro tappe non ci ho provato, sapevo che il terreno giusto sarebbe arrivato alla fine della corsa. Così dopo la frazione della maxi caduta ho provato ad andare in fuga. 

Ancora la sesta tappa, dopo essere stato ripreso ha provato a tenere duro ma ha pagato 13 minuti
Ancora la sesta tappa, dopo essere stato ripreso ha provato a tenere duro ma ha pagato 13 minuti
A proposito, vista da dentro com’è stata quella caduta?

Abbastanza terribile, fortunatamente sono riuscito a evitarla. Ne ho viste un po’ di cadute così: velocità alta, in discesa e appena tocchi i freni voli. Io non ho frenato e sono rimasto in piedi, facendo un po’ di slalom tra corridori a terra e bici. 

Difficile arrivare al traguardo contro corridori così?

La fuga non è mai arrivata alla fine. Segno di quanto si andasse forte e di come fossero pronti e preparati i migliori. 

In salita hai anche provato a tenere.

In tutte le tappe, era una prova per me stesso, per capire il livello. Il giorno in cui sono andato in fuga stavo bene e una volta ripreso ho provato a restare con i primi. La tappa dopo la condizione era ancora buona e sono rimasto con con i migliori staccandomi quando eravamo rimasti in 20. Non era tanto per un’ambizione di classifica ma proprio per capirmi, conoscermi. Sono rimasto soddisfatto, i primi 7-8 sono ingiocabili ma gli altri sono lì.

Nel 2024 il comasco ha corso anche per la prima volta al Nord, un’esperienza unica
Nel 2024 il comasco ha corso anche per la prima volta al Nord, un’esperienza unica
Questa è una stagione che ti sta dando anche tanta continuità…

Sì e ne sono molto felice. Sto facendo tante corse e alcune importanti, come le Classiche delle Ardenne. E’ stato il mio esordio in quel mondo e mi è piaciuto molto. Ho avuto un bel blocco di gare in primavera e questo mi ha permesso di essere più costante rispetto al passato. 

Appuntamenti così di alto livello ti servono per poter essere competitivo in altri appuntamenti?

Sicuramente. Ora farò un po’ di riposo e andrò direttamente al campionato italiano. Sono lista per il Giro di Slovacchia e a luglio correrò al Sazka Tour.