La scelta degli juniores. Inchiesta tra i diesse degli U23

25.06.2022
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Come scelgono i ragazzi di primo anno le squadre under 23? Al netto che i migliori juniores hanno la “strada spianata” e magari saltano direttamente fra i pro’, quali sono i criteri di scelta per gli altri ragazzi? Ne abbiamo parlato con alcuni direttori sportivi di squadre under 23 e continental, mettendo a confronto esigenze differenti.

Non bisogna però nascondersi dietro ad un dito: in questa scelta molto dipende dai procuratori e sostanzialmente dagli ordini d’arrivo. Perché, alla fine volenti o nolenti, si parte sempre da là. Ma resta in piedi il discorso tecnico. Vediamo come.

Per i ragazzi della Hopplà (continental) prima di entrare in squadra si passa dai test in Mapei Sport
Per i ragazzi della Hopplà (continental) prima di entrare in squadra si passa dai test in Mapei Sport

Basta plurivittoriosi

«Certo che guardiamo le classifiche – dice Matteo Provini, tecnico della Hopplà Petroli Firenze – ma guardiamo anche il modo di correre dei ragazzi. Qualche anno fa, per esempio, ho fatto l’errore di prendere un ragazzino che aveva accumulato molte vittorie, ma tutte nei circuiti, in volata. Poi nelle prime corse da under 23 si staccava sul primo cavalcavia. Da quel giorno non guardo solo chi vince, ma chi è nei primi dieci. Quando presi Ganna, non lo voleva nessuno, aveva fatto solo due piccole vittorie da juniores. Anche Konyshev non aveva vinto, ma vedevo che era sempre in fuga.

«Per me contano molto tre corse in particolare e sono: l’Internazionale di Solighetto, il Lunigiana e il Liberazione di Massa. Se si va a vedere, da qui sono sempre saltati fuori dei nomi importanti».

Ganna Chrono 2014
Un semisconosciuto Ganna alla partenza della Chrono des Champions 2014, vinta fra gli juniores
Ganna Chrono 2014
Un semisconosciuto Ganna alla partenza della Chrono des Champions 2014, vinta fra gli juniores

«Per il mio modo di fare – prosegue Provini – i plurivittoriosi con me non vanno sempre d’accordo. Hanno già l’impressione di essere dei campioni e non hanno voglia d’imparare.

«Quindi andiamo a contattare gli juniores di livello medio, dopodiché li sottoponiamo a dei test presso il centro Mapei. In base ai valori che danno questi test decidiamo se prenderli o no».

L’aspetto umano

Con Provini si cerca di capire se in qualche modo è valutabile anche l’aspetto umano.

«Qualche junior lo portiamo in ritiro con noi – sorride – e cerchiamo di capire chi sia la persona che stiamo ingaggiando. La prima è capire se hanno voglia di imparare e se ascoltano tutto quello che gli si dice.

«Il problema è che spesso – riflette – ci sono dietro di loro troppe persone, preparatore e famiglie, che li condizionano. Tante volte gli dici di fare una cosa, poi tornano a casa e fanno l’opposto. E così diventa difficile valutare per noi. Non si ha la piena padronanza dell’atleta. Per questo cerchiamo di scegliere chi ha piena fiducia nelle strutture della squadra».

Miodini della Beltrami-Tsa, squadra continental
Miodini della Beltrami-Tsa, squadra continental

Occhio ai punti

«Guardiamo anche le classifiche – spiega Roberto Miodini della Beltrami-Tsa – e le guardiamo perché se fai la continental i ragazzi devono avere dei punti. Senza punti ne possiamo prendere uno solo.

«Ma quando dico che guardiamo le classifiche, intendo che tengo l’occhio sui punteggi. Per forza di cose devo stare in quel range. Anche se sono consapevole che ci sono dei ragazzi che hanno pochi punti ma che sono, o possono essere, fortissimi. Magari non sono riusciti ad esprimersi perché ancora sono in fase di crescita, ma quelli io, ripeto, non li posso prendere. Se potessi, lo farei».

«Sulla nostra scelta – prosegue – incide molto anche la tipologia di calendario che andiamo a fare. Se facessimo anche tante corse che per la maggior parte sono piatte, come i circuiti per gli under 23, magari prenderei anche delle ruote veloci. Ma facendo un calendario continental che è più duro, che prevede corse a tappe, è più utile prendere un ragazzo che sappia fare fatica. E’ più utile un passista scalatore… A me piace chi fa fatica, anche se spesso accumula pochi punti perché lavora per altri. Ed è un paradosso. Quando invece per noi sarebbe il profilo migliore.

«In tal senso è importante avere una rete di fiducia con i direttori sportivi delle squadre juniores, ma anche amici, gente esperta… Perché basarsi solo sul giudizio del diesse di quell’atleta non è totalmente giusto: lui cerca di piazzare il suo corridore».

Turchetti, seduto al centro, con i suoi ragazzi della Delio Gallina
Turchetti, seduto al centro, con i suoi ragazzi della Delio Gallina

Le conoscenze contano

E il discorso delle conoscenze di Miodini e della valutazione umana che in qualche modo faceva Provini si ritrovano anche in Cesare Turchetti, della  Delio Gallina – Ecotek Lucchini Colosio.

«Nella scelta dei ragazzi – dice il diesse bresciano – molto incidono anche le conoscenze. Ci sono dei direttori sportivi in cui ho più fiducia e parlo con loro, ma mi rifaccio anche ai rapporti con amici competenti per capire il corridore e la persona.

«Qui, alla fine tutti vogliono andare alla Colpack-Ballan o alla Zalf Euromobil. Fai fatica a prendere uno junior bravo. E sì che poi noi gli diamo tutto. Nel mio metodo è previsto parecchio tempo in ritiro, quindi c’è anche un certo impegno. Ma se il ragazzo non vuole stare con noi o ci sta con la testa di chi dopo un anno vuole andare via, non va bene. Non è il massimo per chi vuol investire su di lui e cerca di farlo crescere».

Carlo Franceschi, storico manager della Mastromarco Sensi-Nibali
Carlo Franceschi, storico manager della Mastromarco Sensi-Nibali

Si va sul campo

«Prima di tutto – spiega Carlo Franceschi della Mastromarco Sensi Nibali – valuto il suo rendimento nell’arco della stagione. Non tanto le vittorie, ma la capacità di rendere da inizio a fine annata. Anche se vince poco, ma arriva sempre nei primi dieci, sai che ci devi lavorare, ma altrettanto sai che ci puoi fare affidamento.

«Spesso chi ha tante vittorie sono i ragazzi che vincono i circuiti, ma poi tra gli under servono le caratteristiche di fondo e resistenza».

«Il corridore piccolo ha più difficoltà è vero, però anche qui conta la qualità. Pozzovivo, per esempio, è sempre stato competitivo. Anche da allievo. Io poi, anche per cercare di individuare questi ragazzi che sono più indietro nella crescita, durante la stagione ho il compito di andare a vedere qualche gara juniores. E se il piccolino si fa vedere e magari ti arriva nei dieci è un’ottima cosa.

«Ma anche qui bisogna valutare: è piccolo perché i suoi geni sono così (e lo scopri conoscendo i genitori) o perché non è ancora cresciuto? Solitamente lo vedi in faccia un ragazzino di 17 anni se e quanto ha sviluppato. E lo vedi a prescindere dalla statura.

Anche Franceschi riprende in parte il discorso di Turchetti.

«Con i corridori di fuori regione si va a conoscere la famiglia. Il ragazzo magari vorrebbe venire, ma i genitori non sono d’accordo o non sono convinti di mandarlo a vivere nel ritiro. Così non va bene, non vai da nessuna parte: queste incertezze si riflettono sul ragazzo. La Mastromarco è una famiglia e tutti devono essere sereni di starci».

Coppolillo, dirige i ragazzi della #inEmiliaRomagna
Coppolillo, dirige i ragazzi della #inEmiliaRomagna

Particolarità #inEmiliaRomagna

«Valutare i ragazzi non è facile – dice Michele Coppolillo della #inEmiliaRomagna – non guardiamo solo il risultato, ma anche altre cose. Nel nostro caso poi è anche più semplice la scelta, in quanto abbiamo sposato la politica di portare avanti i ragazzi dell’Emilia Romagna. Ma è chiaro che guardiamo anche oltre. Che risultati hanno ottenuto, che tipo di attività hanno svolto, quante gare hanno fatto…».

«Ricordiamoci che tra gli juniores si è in una fase di crescita importante. E non tutti hanno sviluppato allo stesso modo. Abbiamo degli esempi in casa. Noi abbiamo preso corridori che da juniores non avevano mai vinto e poi da under 23 lo hanno fatto. Penso a Dapporto. La maturazione a quell’età è molto differente. E non si dovrebbe avere fretta.

«Lo scalatore, che solitamente è più piccolo, oggi fa fatica ad emergere. Fa più fatica in pianura. Le medie sono cambiate e magari arrivano sotto le salite già stanchi. Anche per questo collaboriamo con le società. Parliamo costantemente. Cerchiamo di avere un giudizio complessivo».

Coden, a sinistra, con i ragazzi della squadra Interregionale al Giro. Lui è il diesse della Campana Imballaggi
Coden con i ragazzi della squadra Interregionale al Giro. Lui è il diesse della Campana Imballaggi

Crescita in casa

«Noi – spiega Alessandro Coden della Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino – siamo un team nato nel 2011 e abbiamo anche la squadra juniores. Non avendo grosse pressioni dagli sponsor, portiamo i ragazzi più avanti possibile, tanto che abbiamo creato la categoria under 23 da un paio di anni. Per noi quindi si tratta di un cammino. Anche se non manca un occhio rivolto ai ragazzi di altre squadre.

«Su cosa mi baso per prendere gli altri? Guardo il rendimento nella sua regolarità. I suoi piazzamenti. E lavoriamo per farlo crescere. Qualche corridore buono lo abbiamo avuto anche noi: Zambanini, che ora è alla Bahrain Victorious, e Colnaghi alla Bardiani Csf Faizanè. Ci abbiamo creduto e adesso cercheremo di fare crescere qualche altro ragazzo».

Team Interregionale: la mista italiana guidata da Coden

21.06.2022
4 min
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Al Giro d’Italia U23 non c’erano solo le grandi squadre continental o under 23, ma anche un piccolo team di verde acqua vestito. Una maglia neutra, tra l’altro non priva di fascino, senza sponsor. Era quella del Team Interregionale. 

Questa era l’unica squadra composta da sei atleti. Sei ragazzi italiani: due della Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino (Francesco Parravano e Lorenzo Elipanni), due della Arvedi (Mattia Pinazzi e Niccolò Galli) e due della Viris Vigevano (Lorenzo e Francesco Galimberti).

Alla fine l’Interregionale è stata la terza squadra U23 dopo Eolo-Kometa e Lotto-Soudal
Alla fine l’Interregionale è stata la terza squadra U23 dopo Eolo-Kometa e Lotto-Soudal

Parola a Coden

A guidarli è stato il diesse della Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino, Alessandro Coden. Con lui abbiamo cercato di capire come è nata questa “iniziativa”. 

«Inizialmente – spiega Coden – dovevamo fare il Giro come team noi della Campana Imballaggi. Poi l’organizzazione ha cambiato alcune cose e siamo rimasti fuori. Così abbiamo trovato questa soluzione con atleti di altre società. Ci siamo consultati tra noi e anche con Amadori.

«Alcuni nomi nostri e altri suggeriti dalla Fci, soprattutto per quel che riguarda i due della Viris. Sappiamo cosa gli è successo qualche settimana fa…».

Il riferimento è alla tragica morte del loro diesse, Stefano Martolini.

L’Interregionale, benché squadra inedita, e nata quasi per caso, si è ben comportata. Alla fine, sei su sei sono arrivati a Pinerolo e ad un certo punto erano anche ben messi nella classifica a squadre, tanto da essere il terzo team italiano.

«Aver portato tutti e sei i ragazzi alla fine è motivo di soddisfazione – dice Coden – siamo stati sedicesimi nella classifica a squadre mettendo dietro team ben più attrezzati di noi».

I mezzi (ammiraglie, camper e furgone) li ha messi la Campana Imballaggi di Coden
I mezzi (ammiraglie, camper e furgone) li ha messi la Campana Imballaggi di Coden

Come un vero team

La cosa bella è stato vedere come hanno corso. Abbastanza compatti e comunque non da “cani sciolti”. Si correva per colui che era più adatto a quella tappa.

«L’amalgama? Alla fine non è stato così complicato trovarla – riprende Coden – Questi ragazzi già si conoscevano in quanto corrono contro quasi tutte le domeniche. Però c’è stato sin da subito un buon feeling, tanto che sembrava fosse una squadra vera. Sono stati molto bravi».

«Si faceva la riunione e si correva per un obiettivo. Fortunatamente ho avuto libertà dai rispettivi diesse dei team di appartenenza. Non mi hanno mai detto: “Perché non lo hai fatto correre così”. Perché non hai fatto questo o quello…”

«Massimo Rabbaglio dell’Arvedi mi ha dato carta bianca».

«Nella prima tappa per esempio, che era piatta, abbiamo fatto di tutto per portare in buona posizione Mattia Pinazzi. Agli 80 metri era ancora in testa, ma poi ha visto che non ce l’avrebbe fatta a vincere e ha mollato.

«Da quel che mi dicono è un po’ il suo modo di fare. Se non lotta per la vittoria lascia stare. Non corre per fare terzo, sesto o settimo».

L’ammiraglia del Team Interregionale era piuttosto carica!
L’ammiraglia del Team Interregionale era piuttosto carica!

Quante ruote

Ma allestire una squadra mista non è facile neanche dal punto di vista della logistica. Pensiamo solo a tre bici diverse (due per team), gruppi, gomme… Ognuno con le sue specifiche.

«Eh – sorride Coden – non è stato facilissimo, però fortunatamente i ragazzi avevano tutti lo stesso gruppo, lo Shimano Ultegra. I miei e gli Arvedi avevano l’elettronico, mentre i Viris quello meccanico. 

«Tutti sono venuti con due bici: quella che usavano in corsa più una di scorta. L’unico problema è che noi eravamo gli unici col freno a disco e in ammiraglia bisognava mettere un bel po’ di ruote. Il meccanico doveva stare con le antenne dritte più del solito, dovendo scegliere la ruota giusta in caso d’intervento».

Di certo qualche polemica non è mancata dietro la nascita di questo Team Interregionale ma, fatte le debite proporzioni, un po’ come si è visto per la Gazprom è stata un’iniziativa volta ad aiutare qualche ragazzo che era rimasto fuori dal Giro U23.

Certo, i posti erano solo sei, ma è stato pur sempre un bel gesto di collaborazione fra le parti. Una volta tanto prendiamo solo il buono della storia. E il buono è che, ripetiamo, sei ragazzi non sono rimasti casa.

Un velocista in squadra. Coden e l’esperienza con Bianchi

12.11.2021
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Qualche giorno fa abbiamo “scoperto” il difficile mondo velocista italiano, grazie all’esperienza di Matteo Bianchi. Ebbene, continuiamo questo viaggio con Alessandro Coden, allenatore e diesse di Matteo alla Campana Imballaggi.

Alessandro è un vero appassionato. Supportare un ragazzo che di fatto non corre mai nella tua squadra non è cosa da poco. 

Coden e Bianchi ai mondiali juniores 2019 in Germania
Coden e Bianchi ai mondiali juniores 2019 in Germania

Quella tirata d’orecchie 

«Matteo – racconta Coden – è con noi da quando era al primo anno juniores. Alla Campana Imballaggi infatti abbiamo sia gli juniores che i dilettanti. Dopo due mesi lo cacciai via perché non era molto dedito al lavoro, diciamo così… Dopo due giorni tornò piangendo. Lo ripresi. Fu una lezione. Ma gli servì.

«Oggi è un atleta molto serio ed è educato. Come del resto tutti i nostri ragazzi. Però lui ascolta e non fa come altri che ti dicono sì, ma poi fanno di testa loro. Matteo si fida di chi ha avuto fiducia in lui».

«E chissà per quale gioco del destino, ne ho un ‘altro di ragazzo, Mattia Predomo, che ha fatto la stessa cosa. Anche lui è della zona di Laives, Bolzano. Anche lui non mostrava molta serietà. E anche lui l’ho mandato via. Dopo una settimana è tornato. E la cosa bella è che anche Mattia ha fatto terzo al mondiale juniores!».

Bianchi impegnato in un test qualche anno fa
Bianchi impegnato in un test qualche anno fa

Fra test e strada

E a proposito di fiducia, Coden è anche colui che segue la preparazione di Bianchi. Una preparazione particolare e macchinosa che richiede una certa organizzazione del lavoro, fra strada, pista (anzi piste, ndr) e palestra.

«Io e il preparatore Antonio Freschi seguiamo Matteo. Antonio fa le tabelle, le fa anche ai nostri stradisti. Insieme le discutiamo e poi io seguo Matteo. Ogni due mesi facciamo dei test. Li facciamo su ciclomulino o su strada.  

«Matteo va in pista una o due volte a settimana: a Montichiari, a Mori o a Bassano del Grappa. Ma non bisogna pensare che un atleta come lui, un velocista, non abbia bisogno del fondo. Altroché… Specie ad inizio stagione fa quello che che fanno gli stradisti. Magari non fa 5-6 ore come loro, si ferma a quattro ore al massimo. Però poi fa anche dietro motore, le volate fuori scia… In una settimana esce tre volte su strada, due su pista e tre, quattro volte va in palestra. A volte esce su strada dopo la palestra proprio per fare trasformazione. 

«Man mano che si avvicinano le gare aumenta il lavoro in pista e diminuisce, fino a sparire, quello su strada. Per me Matteo è un chilometrista vero. Non a caso ai mondiali juniores tre anni fa ha preso un bronzo».

Per Coden Bianchi è un chilometrista, ma l’azzurro è molto bravo anche nel keirin
Per Coden Bianchi è un chilometrista, ma l’azzurro è molto bravo anche nel keirin

Investimento di passione

Fiducia, impegno, lavoro, ma poi la realtà è che di fatto mantenere un velocista è un costo, anzi un costo doppio, per una squadra. Ogni atleta incide sui conti di un team, ma almeno correndo e mostrando al pubblico la maglia in qualche modo “ripaga” l’investimento. Un pistard, tanto più velocista che non ha gare (in Italia), in pratica non lo si vede mai.

«Tutto vero – spiega Coden – però quando fai questa scelta sai a cosa vai incontro. Adesso Matteo è nell’Esercito. Lo si potrebbe vedere con la nostra maglia almeno ai campionati italiani, ma deve utilizzare quella dell’Esercito. Lo supporti con i materiali, lo alleni, lo segui nella preparazione… e sì: è un costo doppio. Però lo fai, perché ci tieni».

«Io sono un ex pistard. Sono stato un velocista. Ho fatto quinto ai mondiali di Mosca del 1989 e nel 1988 ho vinto una tappa della Coppa Europa. Quindi prendo un velocista è perché è un qualcosa che ho dentro. Non solo, ma è un qualcosa che porto avanti già da un po’ e che continuerò a fare proprio per supportare questi ragazzi».

Il centro UCI ad Aigle: oltre al velodromo e alla foresteria ci sono anche una pump track e una pista per Bmx
Il centro UCI ad Aigle: oltre al velodromo e alla foresteria ci sono anche una pump track e una pista per Bmx

Verso Aigle

Una bella storia di sport e di passione quella di Coden. Il diesse si rivede in questi atleti, ma ammette anche che in passato per certi aspetti le cose erano migliori. Forse è per questo che porta avanti questa “missione”.

«Molto è cambiato da allora – dice Coden – sono migliorati i materiali, noi certi tempi con quei rapporti dell’epoca proprio non potevamo farli, ma sono peggiorate altre cose, almeno in Italia. Una volta il settore della velocità era più supportato e seguito.

«Noi stiamo facendo di tutto per poter mandare Bianchi al centro UCI di Aigle. Telefonate su telefonate, email… non dico tutti i giorni ma quasi. E’ un grosso impegno ma sembra che ci siamo riusciti, visto che a gennaio Bianchi dovrebbe andare in Svizzera».