La tecnologia 3D di Selle Italia: parola a tecnico e corridore

26.07.2023
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La frontiera delle selle 3D sta avanzando velocemente e Selle Italia non poteva essere da meno. L’azienda veneta giusto qualche settimana fa in quel di Eurobike ci aveva mostrato i suoi gioielli con le caratteristiche 3D, stavolta andiamo più a fondo e lo facciamo con Enrico Andreola, product manager di Selle Italia, e Valerio Conti, il quale utilizza questa tipologia di sella.

Viaggio 3D

Enrico, come nasce dunque una sella Selle Italia 3D? Qual è il suo processo costruttivo?

La parte che richiede più tempo è quella della creazione della seduta, appunto la parte morbida, l’imbottitura. La capacità produttiva è ancora bassa, parliamo di tre imbottiture l’ora. Ma il mercato ci sta premiando e quindi stiamo implementando tale produzione. Poi ci sono altre fasi.

Quali?

Segue una sorta di post-processo dell’imbottitura che mira ad eliminare gli eccessi di resine. Successivamente si va avanti con la cottura in forno per stabilizzarne il materiale. E’ una cottura particolare, ai raggi UV, che fa sì che l’imbottitura diventi come la vediamo, altrimenti resterebbe “pastosa”. Per dare un’idea: se la si toccasse prima della cottura vi resterebbero le impronte digitali.

C’è poi l’assemblaggio…

E qui c’è il grande knowhow di Selle Italia, il nostro vero merito, ciò che ci differenzia per le selle 3D da tutti gli altri brand. Realizzare una sella 3D può essere molto facile se questa ha uno scafo piatto e la sua imbottitura è piatta, ma nel caso della Slr, il nostro cavallo di battaglia, ai lati ci sono parecchie incurvature. Ebbene, seguiamo anche quelle con l’imbottitura 3D. Ma noi, ed era un nostro dogma dettato dal Dna agonistico di Selle Italia, volevamo riprodurre la Slr: la sella da gara per eccellenza. Fatto questo il resto dell’assemblaggio di scafo e carrello è molto più tradizionale, ma sempre rispettando elevati standard di qualità produttiva.

Cosa vi chiedono i pro’? Voi supportate molte squadre…

Va fatta una premessa. Noi abbiamo presentato queste selle un anno fa ad Eurobike. Ne è seguita una pausa fisiologica prima di entrare in produzione. Nel frattempo alcuni atleti le provavano, specie nei training camp a Livigno. Abbiamo consegnato qualche decina di selle a dicembre, nei ritiri. Ma in quel momento molte “messe in sella” erano già fatte. Per farla breve, avevano queste selle 3D circa due atleti per team. Però i loro feedback sono stati subito positivi. Abbiamo relazioni molto strette con la Cofidis, la Tudor, la Alpecin e anche con la Corratec. Ora la stanno utilizzando Konyshev e Conti. Per il prossimo anno però saremo in grado di dare forniture molto più ampie a tutti i team.

La Watt 3D (non ancora in vendita) è la nuova sella per il triathlon e per la crono
La Watt 3D (non ancora in vendita) è la nuova sella per il triathlon e per la crono
Al Tour, proprio in Cofidis, ci hanno detto che questa sella è particolarmente apprezzata dalle donne: è così?

E’ vero e non è qualcosa che abbiamo fatto appositamente per le ragazze, ma tant’è. In particolare il gruppo delle donne di Cofidis lavora bene, con loro scambiamo dei feedback importanti. Sia con Slr che Novus siamo andati oltre le nostre aspettative per risolvere i tipici fastidi al soprassella, sia per lui che per lei.

Cosa vi chiedono gli atleti? Magari più leggerezza, più rigidità in punta (o meno)…

I loro feedback sono molto importanti per realizzare i tuning di rigidità delle imbottiture: il morbido-rigido dove serve, per capirci… Tendenzialmente loro vogliono selle rigide. Okay il comfort, ma alla fine visti i watt che scaricano e i chilometri che percorrono vogliono una sella che sia stabile e racing. Giusto ieri un corridore della Tudor, che già utilizzava una sella 3D ma di un altro marchio, mi ha detto: «Finalmente un sella 3D con un target da corsa». Spesso infatti queste selle sono morbide. Ma torno al discorso di prima, del riuscire a replicare la Slr. Va detto però che i tuning di rigidità dei pro’ sono un po’ diversi da quelli del mercato. Questi ultimi sono un po’ morbidi.

State anche lanciando la sella da crono…

Sì, la Watt. L’abbiamo presentata ad Eurobike. Sarà in consegna ad ottobre. Per lo sviluppo di questa sella ci siamo rivolti parecchio al grande triatleta Patrick Lange, ma anche ai ragazzi della Corratec, soprattutto da quando siamo subentrati come sponsor. E’ una sella diversa, molto più lavorata e sostenuta in punta, viste le grandi rotazioni del bacino che comportano certe posizioni. Con Novus abbiamo introdotto un nuovo reticolo dell’imbottitura, che ricordo noi disegniamo in casa: questo doppio reticolo morbido-duro ci consente di differenziare parecchio il tuning di rigidità nei vari punti della sella stessa.

La sella SLR 3D sulla bici di Valerio Conti (foto Instagram)
La sella SLR 3D sulla bici di Valerio Conti (foto Instagram)

Parola al corridore

E a seguire le parole di Andreola ecco quelle di uno dei corridori che lo stesso Andreola ha citato: Valerio Conti, in forza alla Corratec-Selle Italia, che non ha pensato troppo a montarla sulla sua bici. Ai ragazzi del team italiano hanno proposto queste selle e il laziale dopo averla testata non l’ha più tolta.

«Ho scelto questa sella – spiega Conti – un po’ prima del mio infortunio a maggio. A dire il vero non l’ho ancora utilizzata tantissimo in corsa, perché poi è lì che davvero la si mette sotto torchio, ma le sensazioni sono state subito ottimali.

«Io venivo da una classica Selle Italia Slr con la quale, ci tengo a dire, già mi trovavo bene e quella 3D che sto utilizzando adesso ha praticamente la stessa forma (riprendendo quanto detto da Andreola, ndr). Sostanzialmente è più morbida, si adatta perfettamente alle ossa ischiatiche e questo tende a dipanare la pressione in modo migliore. Non si hanno dei punti in cui preme di più».

Conti ha esaltato le qualità della tecnologia 3D quando si è a tutta in pianura
Conti ha esaltato le qualità della tecnologia 3D quando si è a tutta in pianura

Più stabili

Conti poi insiste molto su un aspetto che non ci aspettavamo, vale a dire sul movimento antero-posteriore.

«Questo “tessuto” superficiale, ammesso si possa chiamare così, fa sì che si sia più stabili sulla sella, che si scivoli di meno. C’è più grip. Si spinge un po’ di più in salita, ma soprattutto in pianura, quando si deve spingere forte, non si finisce in avanti e si mantiene pertanto un assetto più stabile».

Sempre in merito ai feedback, sia uomini che donne, esaltano la comodità e il non affaticamento del soprassella dopo tante ore, anche col caldo estremo di questi giorni. Un aspetto che è emerso anche in casa Selle Italia nella realizzazione della Watt. Se i pro’ infatti ci passano giusto il tempo di una gara contro il cronometro (al netto degli allenamenti), per i triatleti il discorso è ben diverso.

Miriam Vece, da Glasgow a Parigi per entrare nella storia

26.07.2023
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FIORENZUOLA – «Negli ultimi anni Miriam Vece è stata la portabandiera della velocità. Facciamo pure tutti gli scongiuri possibili ma, ranking alla mano, al 99 per cento è qualificata per Parigi sia nella velocità che nel keirin. E sarebbe un evento storico perché mai nessuna italiana aveva partecipato alle olimpiadi nelle discipline veloci». Così Ivan Quaranta ci introduce la sua conterranea cremasca durante gli appuntamenti pre-mondiale. La rassegna iridata di Glasgow produrrà anche gli ultimi posti a cinque cerchi per la pista.

E Miriam Vece come vive tutto questo momento? Staccare un biglietto per Parigi 2024 è un traguardo importante sia per lei che per tutto il movimento. Ogni volta che incontriamo Quaranta non si può fare a meno di constatare quanto la velocità italiana sia cresciuta rispetto all’ultima volta. La 26enne di Romanengo è nel pieno della maturazione psicofisica. E’ nella fase ideale in cui contemporaneamente può crescere ancora per raggiungere risultati di rilievo ed essere un riferimento per le più giovani. Ne abbiamo parlato con lei.

Miriam quanto è cambiata la velocità da quando eri junior?

Tanto, tra materiale e voglia di fare. Otto anni fa avevo anche la scuola e la maturità a cui pensare quindi non riuscivo a dedicarmi totalmente alla bici. Ora con tecnologia e attrezzature nuove ci sono tanti secondi che ballano nelle discipline veloci. Poi bisogna considerare un aspetto mentale. Era un’altra epoca per noi velocisti. Non avevamo tanti appoggi, eravamo quasi isolati, ti allenavi da solo. Ora c’è Ivan che ci aiuta, è un mondo completamente diverso. Siamo un gruppo di ragazzi giovani che ha tante motivazioni.

Come ti trovi con loro?

Molto bene. Sono la più anziana, se così possiamo dire, visto che il più vecchio di loro ha 21 anni (ride, ndr). Vanno più veloce di me e per me sono un grande stimolo in allenamento, visto che sono spesso l’unica ragazza del gruppo. In pista cerco di seguirli e fare molte cose con loro. Rispetto a prima, penso che avere questo tipo di gruppo sia la differenza principale, poi a mio avviso ci va a ruota tutto il resto. Essere più serena di testa fa bene alla mia attività. Io sto bene con loro e ci tengo. I miei compagni hanno fiducia in me così come Marco e Ivan (rispettivamente il cittì Villa e Quaranta, ndr) che mi hanno supportata nei momenti più difficili come il mondiale dell’anno scorso dove è stato tutto in salita.

A certificare la tua considerazione internazionale ci sono state le partecipazioni anche alla UCI Track Champions League. Che effetto fa rappresentare l’Italia nella velocità?

Quello è un evento certamente spettacolare e di grande visibilità però faccio un discorso un po’ più ampio. Sono convinta che, se non nei prossimi due anni, per Los Angeles 2028 il nostro gruppo di giovani crescerà e riuscirà a far vedere che c’è anche l’Italia. Ora i ragazzi si scontrano con atleti forti ed esperti come Lavreysen o Hoogland. Però se continuiamo a lavorare così sono sicura che anche alla Champions League ci saranno più italiani nella velocità.

Miriam Vece correrà i mondiali di Glasgow per ottenere la certezza definitiva di essere a Parigi 2024
Miriam Vece correrà i mondiali di Glasgow per ottenere la certezza definitiva di essere a Parigi 2024
A proposito di grandi eventi, alle prossime olimpiadi ci sarai anche tu e non sarà una partecipazione qualunque per i nostri colori…

Se dovessimo chiudere oggi il ranking sarei dentro a Parigi ma come vedi sto toccando ferro (ride mentre con una mano è attaccata ad una transenna sciogliendo le gambe sui rulli, ndr). Battute a parte, sarò la prima donna italiana a partecipare nelle discipline veloci e sono orgogliosa. Riflettevo che è strano come una nazione come la nostra non abbia avuto nessuna atleta prima di me in una competizione così importante. Manca ancora un anno, incrocio le dita ma sto lavorando sodo per quell’obiettivo. Prima però c’è ancora Glasgow in cui voglio fare molto bene, uno step in più e in funzione di Parigi.

A che punto è la velocità italiana?

Sta crescendo e lo vedete anche voi. Per me è una questione di orgoglio sapere di avere compagne giovani come Beatrice e Carola (rispettivamente Bertolini e Ratti, ndr) che ambiscono a fare ciò che ho fatto io. Mi chiedono consigli, si ispirano a me, addirittura mi hanno chiesto di fare il team sprint con loro agli italiani. Vi dirò che spero che possa essere il primo di tanti da fare con le junior. Piuttosto, un problema potrebbe essere un altro…

Quale?

Parto dal mio caso personale ma vale per tutti. Nel mio piccolo ho raccolto risultati importanti ma in Italia, come sempre, si sa poco (sorride, ndr). Prima anche le discipline endurance erano poco seguite poi è arrivato l’oro di Elia a Rio 2016 e quello del quartetto a Tokyo. Anche a noi della velocità manca la medaglia del colore più bello per far capire a tutti il nostro valore. Già al mondiale ne basterebbe comunque una. Quello che facciamo non è da meno di quello che fanno gli altri. E’ vero che partire quasi da zero non ha aiutato a far parlare di noi, in termini di risultati. Con una medaglia qualcosa potrebbe cambiare ed utilizzo il condizionale apposta. L’anno scorso i ragazzi sono stati protagonisti agli europei U23. Bianchi ha vinto l’oro nel keirin davanti a Napolitano e nel chilometro. Hanno vinto il bronzo nel team sprint. Eppure siamo sempre lì, nessuno ne parla come dovrebbe o se lo ricorda.

Europei 2022, Miriam conquista il bronzo nei 500 metri
Europei 2022, Miriam conquista il bronzo nei 500 metri
Per la velocista Miriam Vece possono coesistere pista e strada?

Da junior penso che si possa fare velocità in pista e strada, dove magari non sei un fenomeno. Quando poi passi di categoria bisogna prendere una decisione. La scelta giusta forse non esiste. Devi fare quello che ti piace e devi essere realista con te stessa. Non bisogna impuntarsi come vedo in alcune ragazze che faticano su strada e la velocità non gli piace. Su strada si prendono più soldi ma il mondo della pista sta cambiando. La visibilità internazionale sta cambiando. La Champions League di cui parlavamo prima dà trentamila euro al vincitore, ad esempio. Di sicuro i corpi militari possono aiutare questo sviluppo con l’apertura di nuovi concorsi. Siamo partiti da poco ma loro stessi stanno vedendo che anche per noi ci sono già speranze per andare a Parigi e ancora di più per le prossime olimpiadi. E questo farà molto bene al nostro movimento.

Il fascino della maglia a pois. Ciccone sulle orme del Diablo

26.07.2023
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Ha ragione Giulio Ciccone a dire che la conquista della maglia a pois al Tour appena concluso è stato finora il momento più alto della sua carriera. Spesso nel ciclismo si è abituati a vedere solo chi vince, non si va a cercare fra le pieghe della corsa se non si è davvero appassionati, ma in questo caso è un po’ diverso perché quella maglia è un simbolo, profondamente amato dal pubblico francese. Tanto è vero che la dizione “maglia a pois” è ormai entrata nel gergo comune, a prescindere dalla lingua.

Il podio dei vincitori agli Champs Elysees, per Ciccone una enorme soddisfazione
Il podio dei vincitori agli Champs Elysees, per Ciccone una enorme soddisfazione

L’abruzzese, encomiabile nella sua caccia durata tutte e tre le settimane e maturata quasi in extremis, ha colto la vittoria numero 13 per un ciclista italiano in questa speciale classifica, entrando in un club esclusivo che contiene campionissimi come Bartali, Coppi, Nencini e Claudio Chiappucci, l’ultimo vincitore prima di lui. Il lombardo era riuscito nell’impresa due volte consecutive, nel 1991 e 1992, anno nel quale fece l’accoppiata con la classifica degli scalatori anche al Giro d’Italia. E il popolare Diablo ha potuto verificare sulla sua pelle come sia ben diversa la portata emozionale che quella maglia a palle rosse comporti rispetto al simbolo corrispettivo del Giro.

«In Francia vanno pazzi per questa maglia – ricorda Chiappucci – ma non è che la vedi solamente ai bordi delle strade del Tour, con tanti tifosi che la indossano per l’occasione. E’ qualcosa che poi noti tutto l’anno, nelle randonnée, nelle Granfondo, anche semplicemente in giro. Si vede che c’è una passione, un attaccamento particolare a questo che giustamente è considerato un simbolo».

Per Chiappucci due vittorie, nel 1991 e ’92 quando fu il miglior scalatore anche al Giro (foto Gazzetta)
Per Chiappucci due vittorie, nel 1991 e ’92 quando fu il miglior scalatore anche al Giro (foto Gazzetta)
Che valore ha in concreto?

Dipende sempre da chi la vince, ma basta andare a guardare l’albo d’oro per accorgersi che ci sono tutti grandi nomi, chi la conquista non lo fa mai per caso. Spesso la ottiene chi lotta per la classifica generale, anche se non è stato il caso di quest’anno, almeno nell’esito finale.

Perché c’è questa grande passione, quest’attenzione così particolare?

Perché i francesi amano l’attacco, amano il coraggio e per emergere in salita devi averne in gran quantità. Non è un caso se in entrambe le occasioni in cui ho conquistato la maglia ho vinto anche il premio della combattività. La gente si entusiasma, ricordo che quando passavo c’era un tifo indiavolato per me anche se non ero francese, proprio perché quella maglia significa qualcosa.

Passa l’abruzzese in maglia a pois: guardate quanti tifosi sono vestiti come lui…
Passa l’abruzzese in maglia a pois: guardate quanti tifosi sono vestiti come lui…
Spesso come sottolineavi la maglia va a chi è in lotta per la generale, non è un caso se prima di Ciccone nei tre anni precedenti ha premiato il vincitore del Tour. Ciccone però era fuori dalla lotta per la classifica, era favorito?

Non in assoluto, è vero però che se non sei in classifica hai più libertà, altrimenti in fuga non ti ci fanno andare e non conquisti punti. Quest’anno Vingegaard e Pogacar si sono disinteressati della classifica perché la corsa si era messa in un certo modo, ma non è diverso dal solito, nelle grandi corse a tappe c’è chi corre per la classifica, chi punta alle tappe e chi corre per altri traguardi, come ha fatto Giulio.

Che cosa serve per conquistare la maglia?

Parlo per esperienza personale, ricordo che dovevi essere sempre concentrato, ogni tappa di montagna dovevi esserci con la testa prima ancora che con le gambe. Serve una grande motivazione personale e la spinta della gente è molto importante per sostenerti. Io lottavo sempre per stare davanti, allora le tappe erano un po’ diverse da quelle di oggi perché la prima parte era abbastanza tranquilla, ora ti mettono le salite appena parti… Devi essere sempre sul pezzo, Ciccone è stato molto bravo in questo. Poi c’è un altro fattore che finora non abbiamo considerato…

Richard Virenque è il primatista di successi: 7 maglie a pois, tra il 1994 e il 2004 (foto Flickr)
Richard Virenque è il primatista di successi: 7 maglie a pois, tra il 1994 e il 2004 (foto Flickr)
Quale?

La maglia è una motivazione per salire sul podio. Essere lì, agli Champs Elysées, essere chiamato è una grande soddisfazione. E’ un palcoscenico mondiale eccezionale, unico nel mondo ciclistico e salirci per vestire quel simbolo ha un grande significato.

Molti hanno sottolineato come la vittoria di Ciccone abbia ridato un senso alla risicata spedizione italiana al Tour…

Sicuramente il successo dell’abruzzese ha permesso di lasciare un segno, ma certamente non è che possa cancellare dati estremamente negativi, come la mancanza di successi di tappa che si protrae negli anni o il primato stabilito in fatto di numeri di partecipazione, con soli 7 corridori. Senza dimenticare che non abbiamo un uomo per le corse a tappe. E’ un bel rebus, non facile da risolvere. Servono tempo, possibilità e un po’ di fortuna. I giovani ci sono ma molti li perdiamo per strada. Non è che si può cambiare tutto il sistema, ma bisogna ragionarci sopra.

Vingegaard alla Vuelta, cosa pensano Roglic ed Evenepoel?

26.07.2023
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Sarà rimasto peggio Roglic o Evenepoel? Garzelli sogghigna, per rispondere c’è comunque bisogno di sbilanciarsi. «Entrambi – dice – secondo me il fatto che alla Vuelta arrivi anche Vingegaard, per motivi diversi dà fastidio a entrambi».

Il Tour è finito da tre giorni. In Belgio impazzano i criterium, gli inviati resettano il cervello ed entrano in clima mondiali, ma la prospettiva della Vuelta con Roglic, Vingegaard ed Evenepoel tiene già alta la fiamma sotto la pentola. Probabilmente sono cose che capisci a fondo soltanto quando ci passi, ma non è difficile immaginare che l’annuncio del danese abbia colto di sorpresa i due campioni attesi alla sfida spagnola.

Garzelli ha commentato il Tour assieme ad Andrea De Luca. Il 16 luglio ha festeggiato i 50 anni (foto Instagram)
Garzelli ha commentato il Tour assieme ad Andrea De Luca. Il 16 luglio ha festeggiato i 50 anni (foto Instagram)

Motivazioni diverse

Magari il discorso di Remco è diverso: lui non è contento perché pensava di avere rivali già noti e… misurati, invece gli arriva fra capo e collo il vincitore del Tour. Mentre Roglic, che da giugno lavora per essere leader nella corsa già vinta per tre volte, si ritroverà allo stesso tavolo un ex gregario, ormai diventato capitano. Come successe a Simoni con l’arrivo di Cunego. Come quando Armstrong piombò in casa di Contador. E come quando al Giro del 2000 di Garzelli capitano, all’improvviso saltò fuori Pantani.

Stefano, qual è la ricetta perché la coppia funzioni?

E’ difficile che funzioni. Io sono sempre stato dell’idea che se vuoi vincere un grande Giro, devi andare con un capitano, altrimenti ogni volta si creano situazioni particolari. Nel mio caso, Marco arrivò all’ultimo momento. Insomma, era Marco Pantani e io ero un ragazzo giovane. Poi strada facendo la situazione si andò delineando, ma neppure allora fu troppo facile. Alla fine io sapevo bene che con Marco in corsa, non sarebbe stata la stessa cosa. Sia per me, sia per tutta la squadra. Non sarà facile per Roglic e Vingegaard.

Al Giro del 2000, Garzelli era il capitano, poi arrivò Pantani. Non fu facile, ma alla fine vinse Stefano
Al Giro del 2000, Garzelli era il capitano, poi arrivò Pantani. Non fu facile, ma alla fine vinse Stefano
Perché?

Perché nel ciclismo moderno è cambiato il modo di correre, si sta sempre tutti molto vicini. Però se ci sono situazioni particolari, devi stare vicino a due capitani, che magari per qualche necessità corrono in modo differente. Penso al Tour del 2022 nella tappa del pavé quando Vingegaard rimase senza bici e Roglic cadde. Insomma, la gestione si fa difficile. Diciamo che sarà bello vederli, sarà divertente…

Di solito in questi casi si dice che il polso della situazione deve averlo l’ammiraglia.

In teoria è così. Però se guardate, l’inizio del Tour per la Jumbo-Visma non è iniziato benissimo. C’erano anche lì due capitani – Vingegaard e Van Aert – sia pure con obiettivi differenti e già il secondo giorno Van Aert si è ritrovato senza appoggi. La situazione era complicata, Wout non era contentissimo. E anche se sono due corridori diversissimi, hanno rischiato comunque una piccola rottura iniziale, che per fortuna è stata subito chiarita.

Le tensioni fra Van Aert e Vingegaard al Tour si sono sciolte a Cauterets. La vittoria di Pogacar ha unito la Jumbo-Visma
Le tensioni fra Van Aert e Vingegaard al Tour si sono sciolte a Cauterets. La vittoria di Pogacar ha unito la Jumbo-Visma
Sono bocconi faticosi da mandare giù…

Infatti alla fine rimane sempre qualche piccola spina. Non è semplice, ci sono otto corridori, due fanno i capitani… Vedremo alla Vuelta! Chiaramente loro sono superiori. Io penso che Vingegaard, anche con una condizione inferiore a quella del Tour, può vincere la Vuelta.

C’è da capire quanto la sua presenza possa infastidire Roglic…

Io penso che un po’ sia scocciato. Loro vogliono entrare nella storia, vincere Giro, Tour e Vuelta nella stessa stagione, quindi forse per questo motivo hanno deciso di portare anche Vingegaard. E Jonas è coraggioso, è bello vedere che viene alla Vuelta e si mette in gioco nuovamente. Ha solo da perdere. Ha già fatto una stagione straordinaria: tranne la Parigi-Nizza, in cui è arrivato secondo, ha vinto tutte le corse cui è andato. Io credo che il suo obiettivo sia diventare il numero uno al mondo a fine 2023 e con la Vuelta e magari il Lombardia, potrebbe riuscirci. 

Alla Vuelta Roglic ritroverà Thomas e la sorpresa inaspettata del compagno Vingegaard (foto Instagram/Ineos Grenadiers)
Alla Vuelta Roglic ritroverà Thomas e la sorpresa inaspettata del compagno Vingegaard (foto Instagram/Ineos Grenadiers)
Anche perché ha detto: vado in Spagna a fare il capitano…

Assolutamente. Roglic ha vinto il Giro, lo ha gestito bene, però sarà una Vuelta durissima, la più dura degli ultimi quarant’anni. Gli organizzatori hanno approfittato del fatto che i mondiali ci saranno già stati, per disegnare una Vuelta spettacolare, per scalatori. Gli altri anni avevano un occhio di riguardo nei confronti degli uomini per il mondiale, questa volta invece nessuna pietà. E Vingegaard, come pure Pogacar, sono di un altro pianeta.

Pensi che Roglic pretenderà che Vingegaard lo aiuti?

Ora il capitano è Jonas, poco da dire: ha vinto il Tour. Il livello del Giro era più basso rispetto al Tour e la dimostrazione è stata comunque anche il Tour dell’anno scorso. Erano partiti alla pari e alla fine ha vinto Vingegaard, anche per la caduta di Roglic. Il danese va in Spagna da capitano, poi sarà la strada semmai a dire cose diverse.

Evenepoel ha vinto la Vuelta 2022, su un percorso non particolarmente impegnativo. Quest’anno sarà molto più dura
Evenepoel ha vinto la Vuelta 2022, su un percorso non particolarmente impegnativo. Quest’anno sarà molto più dura
Invece con Evenepoel come la mettiamo?

L’anno corso ha vinto la Vuelta, ma una Vuelta di due settimane, perché la terza era veramente facile. Dopo Sierra Nevada, che era la quindicesima tappa, il resto scorreva via facile, con Navacerrada e salite pedalabili. Lui ha vinto la crono di Alicante, però a Sierra de la Pandera è andato in crisi, anche perché era caduto due giorni prima. Insomma, eravamo tutti a chiederci quando incontrerà Pogacar al Tour e si ritrova con Vingegaard alla Vuelta. Quest’anno sarà un bel banco di prova.

Nella mischia… Le volate “francesi” con Mozzato

25.07.2023
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Luca Mozzato è stato uno dei sette italiani al via del Tour de France e uno dei sei ad arrivare a Parigi. Dopo la Grande Boucle, il veneto della Arkea-Samsic è rimasto nella Ville Lumiere per godersi il meritato premio gironzolando con la sua compagna, Giorgia.

All’ombra della Tour Eiffel e con le sensazioni ancora calde, ci è sembrato un buon momento per tornare sul capitolo volate con lui. Cosa ha visto Luca? Philipsen è stato davvero il più forte? Mozzato le volate le ha disputate quasi tutte. E’ arrivato anche una volta quarto e una settimo, quindi era ben inserito nei meccanismi della mischia.

Luca Mozzato con la sua Giorgia sui Campi Elisi. Il veneto aveva appena concluso il suo secondo Tour
Luca Mozzato con la sua Giorgia sui Campi Elisi. Il veneto aveva appena concluso il suo secondo Tour
Luca, cosa ti è sembrato dunque di questo Tour?

Un Tour davvero duro, velocissimo e stressante come al solito. Man mano che passavano le tappe ognuno trovava il “suo posto” in gruppo, nel senso che sapevi poi con chi eri quando si accelerava. Personalmente mi sentivo sempre un po’ meglio e abbiamo finito con qualche risultato buono. Magari è mancata la super giornata.

Dei velocisti che movimenti hai visto?

Beh, c’è stato un dominio quasi assoluto della Alpecin-Deceuninck di Jasper Philipsen. Lui è del mio stesso anno, il 1998, e lo reputo ancora abbastanza giovane: ha vinto quattro volate di gruppo di fila. E’ stato impressionante e soprattutto sembrava avesse sempre la situazione sotto controllo nonostante il livello degli sprinter fosse altissimo. Però la squadra, tutta, lavorava bene per lui. Si vedeva da come si muovevano che il treno era ben organizzato. E poi Van der Poel come ultimo uomo…

Ecco, hai toccato un tasto importante. Cosa ti è sembrato di Mathieu in quel ruolo?

Sicuramente ci hanno lavorato. Storicamente le squadre olandesi e belghe hanno esperienza in tal senso. C lavorano spesso e hanno il personale adatto per farlo perché hanno tante corse veloci da quelle parti. Se a tutto questo aggiungi un ultimo uomo con quella gamba tutto diventa più facile.

Jasper Philipsen in maglia verde è stato il miglior sprinter di questa Grande Boucle. Mozzato (maglia rossa) si è buttato spesso nella mischia
Jasper Philipsen in maglia verde è stato il miglior sprinter di questa Grande Boucle. Mozzato (maglia rossa) si è buttato spesso nella mischia
La differenza Philipsen l’ha fatta anche grazie a lui, vero?

Eh sì. Un conto è avere un uomo che in certi frangenti ti fa 150 metri con la velocità alta e ti porta fuori con i tempi giusti e un conto è averne uno che fa le stesse cose per 300 metri a velocità supersoniche. Ma non è facile. Serve una gamba da fuoriclasse.

Il giorno dello sprint nell’autodromo è stato impressionante: Philipsen e VdP erano davvero indietro. Lo ha portato fuori benissimo. A quanto sarà andato?

Almeno a 70 all’ora. Il percorso era anche tecnico, ma era comunque velocissimo.

E quanta tranquillità dà al velocista una situazione simile?

Direi parecchia tranquillità. A ruota di Van der Poel chiudi gli occhi e ti fidi, risparmi energie nervose. In questo Tour è sembrato il Morkov dei tempi migliori.

In gruppo voi velocisti parlavate dei vostri sprint?

I velocisti, specie al Tour, non hanno poi tutto questo tempo per parlare. Anche quando per noi ci sono tappe più tranquille ci dobbiamo impegnare per non staccarci in salita. E alla fine non c’è abbastanza fiato per tenere una lunga conversazione. Vi faccio l’esempio dell’anno scorso con Alberto Dainese. Eravamo all’ultima tappa e lui mi fa?: «Certo Luca che sono tre settimane che siamo a un metro di distanza tutti giorni e solo oggi troviamo il tempo per fare due chiacchiere».

Pedersen, qui in coda con l’86, era secondo Mozzato uno degli sprinter più forti e completi. E infatti è stato l’unico a battere Philipsen
Pedersen, qui in coda con l’86, era secondo Mozzato uno degli sprinter più forti e completi. E infatti è stato l’unico a battere Philipsen
C’è un velocista, oltre Philipsen, che ti ha colpito? E perché?

Direi Mads Pedersen. Lui è fortissimo e ogni giorno era dentro la corsa: quando doveva fare la volata e metteva la squadra a lavorare per lui, quando cercava di andare davanti perché poteva arrivare un drappello, quando nel finale doveva aiutare i compagni in salita (il pensiero va a Ciccone, ndr). Veramente la sua presenza in gruppo era costante.

E lo percepivano anche gli altri?

Io credo proprio di sì. Anche in squadra quando ne parlavamo erano tutti d’accordo col dire quanto andasse forte.

E invece qualcuno che ha reso meno?

Vedendoli in corsa mi sarei aspettato di più da Ewan e Jakobsen. Ewan, soprattutto nelle prime tappe e sui Pirenei era sempre davanti, pimpante. E pensavamo facesse molto di più in volata. Jakobsen invece dopo quello che aveva fatto l’anno scorso credevo brillasse di più. Ma anche lì: sbagli la prima volata, poi cadi e le cose si complicano.

Ewan ha pagato l’assenza di Jacopo Guarnieri, ritiratosi dopo poche tappe?

Penso di sì e anche un bel po’. Un uomo che ti porta fuori come lui si sente quando ti viene a mancare, specie nella volate caotiche del Tour. Che poi è il discorso che facevamo con VdP prima: ad uno così gli dai carta bianca e lo segui, cosa che è molto più facile che saltare da una ruota all’altra.

Alpecin-Decunick compatta attorno a Philipsen. Vdp apripista? Super
Alpecin-Decunick compatta attorno a Philipsen. Vdp apripista? Super
E restando sui movimenti in gruppo degli sprinter, le squadre quando e come si mettevano in moto?

Era soprattutto la Alpecin a prendere in mano la situazione, sia perché dopo le prime volate Jasper aveva dimostrato di essere il più forte, e quindi toccava a loro, e sia perché molte squadre dei velocisti erano metà per gli uomini di classifica e metà appunto per il velocista. Penso per esempio alla Jayco-AlUla: per Gronenwegen e Simon Yates. La Alpecin invece era compatta per Philipsen e da loro ci si aspettavano sempre le prime mosse.

Ultima domanda Luca, nella tappa che ha vinto Asgreen cosa è successo?

Sono andati via al chilometro zero, ma vedendo chi c’era dentro il gruppo non gli ha mai lasciato troppo spazio. Li abbiamo tenuti sempre a un minuto, un minuto e mezzo e questo ha anche messo il gruppo stesso in una situazione di comfort, come a dire: «Tanto li andiamo a prendere quando vogliamo, sono 180 chilometri che sono fuori e spesso anche col vento contro». E invece noi dietro andavamo a 60 all’ora, ma loro davanti andavano a 58.

Quindi sono stati bravi loro…

Bravi loro, non è stato il gruppo che ha sbagliato. E poi l’ago della bilancia è stato il rientro sulla fuga di Eenkhoorn. A quel punto la Lotto-Dstny ne aveva due e sono stati bravi a sacrificarne uno, Campenaerts. Victor ha tirato sempre e quindi non hanno avuto neanche quel tentennamento, che in questi casi c’è ad un paio di chilometri dall’arrivo, quando uno tira ma si tiene qualcosa per la volata. Non hanno perso neanche quel tempo. Noi dietro non potevamo andare a 70 all’ora per 30 chilometri. E la riprova è che tanti uomini dei team che hanno tirato alla fine sono arrivati con 4′-5′ di ritardo.

Pinazzi con Reverberi: i pro’ e il rebus della pista

25.07.2023
5 min
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Nonostante questa stagione non sia ancora finita, anzi non se ne veda nemmeno l’orizzonte, c’è chi lavora in vista del 2024. Una delle squadre che ha già lanciato lo sguardo al breve futuro è la Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè. I ragazzi di Bruno e Roberto Reverberi vedranno presto un nuovo compagno: Mattia Pinazzi (nella foto di apertura insieme a Bruno Reverberi). Parmense, classe 2001, che nelle ultime tre stagioni ha vestito la maglia dell’Arvedi. 

Nel 2023 Pinazzi ha iniziato la stagione su strada a gennaio in Argentina, con la Vuelta a San Juan
Nel 2023 Pinazzi ha iniziato la stagione su strada a gennaio in Argentina, con la Vuelta a San Juan

Continua il progetto giovani

Pinazzi è un altro giovane che arriva alla Green Project: una linea, quella dei Reverberi, che ha portato tanti ragazzi a vestire questa maglia. 

«E’ un ragazzo veloce – esordisce – in salita fa leggermente fatica, ma può migliorare tanto. Abbiamo dei corridori buoni tra i nostri, ma raccogliamo soltanto piazzamenti. Pinazzi è uno che può vincere, in questa stagione ha vinto due corsette di 110 chilometri. Alle quali ha poi aggiunto due bei successi (Vicenza-Bionde e Porto, ndr), gare lunghe insomma. Con i dilettanti che ci sono, abbiamo deciso di puntare su di lui, offrendogli un contratto di quattro anni. Vogliamo programmare le prossime stagioni con dei corridori che possono crescere e fare bene. Siamo da sempre legati ai giovani, da noi sono passati tanti corridori che si sono poi affermati: Ciccone, Battaglin, Modolo e Colbrelli».

Tra le quattro vittorie di quest’anno spicca la Vicenza-Bionde (foto Italiaciclismo)
Tra le quattro vittorie di quest’anno spicca la Vicenza-Bionde (foto Italiaciclismo)

Pistard e sprinter

Pinazzi, nel corso della stagione, ha colto quattro vittorie: le ultime due sono state la Vicenza-Bionde ed il Circuito del Porto. Gare dedicate alle ruote veloci. Non solo strada, anzi, Pinazzi è uno dei volti che costantemente vediamo sfrecciare sul parquet. Infatti nel suo palmares si contano anche molti successi su pista. All’ultimo anno da under 23 è arrivata la chiamata di Bruno Reverberi e proprio con lui parliamo dell’arrivo di Pinazzi. 

«Abbiamo visto – riprende Bruno Reverberi – che il binomio pista e strada funziona bene. Soprattutto per i velocisti. Si è avuto conferma di ciò dal grande Giro d’Italia fatto da Milan, e prima di lui dalla carriera di Viviani. Il problema sarà abbinare strada e pista al meglio, trovare il giusto equilibrio. Pinazzi è un nostro corridore, quindi prima andrà curata la strada. Su pista potrà correre, ma gli appuntamenti più importanti: mondiali, europei e corse internazionali. Il calendario lo decideremo noi, questo Pinazzi lo sa e ne abbiamo parlato: sì la pista, ma non sarà un pistard. L’attività al velodromo è importante, non va trascurata, insegna a guidare la bici e a lanciarsi nelle volate». 

Ai recenti campionati europei su pista, per juniores e U23, Pinazzi ha conquistato l’argento nel quartetto (foto Federciclismo)
Ai recenti campionati europei su pista, per juniores e U23, Pinazzi ha conquistato l’argento nel quartetto (foto Federciclismo)

Futuro incerto

La sensazione è quella che l’equilibrio tra strada e pista sarà difficile da trovare. Va bene partecipare alle competizioni più importanti sul parquet, ma la qualificazione passa anche dalle gare minori. Pinazzi in questi anni ha avuto molto spazio per mettersi in gioco, con meno frecce al suo arco riuscirà a mantenere il posto all’interno di un movimento in crescita? Nell’ultimo europeo su pista, chiuso due giorni fa ad Anadia, l’Italia ha portato a casa 22 medaglie, di cui 14 d’oro. 

«Fin dall’inizio di quest’anno – dice Pinazzi – volevo far bene su strada per passare professionista. Nel 2022 ho avuto anche la possibilità di entrare in un corpo militare, occasione non concretizzata per problemi esterni. Dopo la prima prova di Coppa del mondo ho vinto la Vicenza-Bionde ed il Circuito del Porto. Da lì sono arrivate le prime offerte, quella della Green Project è stata la più concreta. E’ una squadra forte ed attrezzata che mi potrà dare molto. Sarà diverso rispetto all’Arvedi, qui ogni volta che la pista chiamava andavo a correre. L’anno prossimo sarà più difficile, ma lo stesso Villa è favorevole. Ci ha sempre detto che fare bene su strada torna buono anche in pista, si vede da Ganna, Milan, Consonni e Viviani. Correre su strada dà un bel fondo, per questo fin dall’inizio del 2023 ho aumentato i chilometri, partendo da San Juan».

Pinazzi ha una forte impronta da pistard, dovrà adattarsi a correre su strada con maggior continuità (foto Federciclismo)
Pinazzi ha una forte impronta da pistard, dovrà adattarsi a correre su strada con maggior continuità (foto Federciclismo)

Calendario più semplice

Il tema principale sarà coordinare al meglio le due attività, tenere un piede in due scarpe non sarà semplice. Le esigenze sono alte da entrambe le parti, ma Pinazzi sembra fiducioso. 

«Secondo me sarà più semplice – dice – il calendario under 23 non aiuta a coordinare le due attività. Ogni settimana c’è una gara, quindi non hai un vero momento di “riposo”. Tra i professionisti è diverso, ci sono più corse a tappe, quindi si può programmare al meglio il tutto. La pista è un’attività che dà tanto, ma allo stesso tempo va curata, soprattutto un’attività importante come il quartetto. Da gennaio avrò il calendario per le corse su strada e da lì programmerò anche la stagione su pista».

Classiche, Giro e Tour: «Mai senza la mia EnviLiv»

25.07.2023
5 min
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«Ero molto emozionata – dice subito Rachele Barbieri – non vedevo l’ora di provare la EnviLiv. Già l’anno scorso era uscita la Propel, la versione maschile. Io mi trovavo molto bene con la bici 2022, ma sapendo che il modello da uomo era migliorato tantissimo, ero curiosa di provare gli ulteriori miglioramenti apportati».

Seconda tappa del Tour Femmes, ieri. Barbieri con le altre velociste, ha pagato pioggia e freddo
Seconda tappa del Tour Femmes, ieri. Barbieri con le altre velociste, ha pagato pioggia e freddo

Aero per sole donne

Liv Cycling ha lanciato come novità per il 2023 il modello EnviLiv Advanced Pro AXS, la bicicletta aerodinamica della linea Giant pensata appositamente per le donne.

Il telaio rispetto ai modelli precedenti si presenta completamente rinnovato, grazie alla forma dei tubi a profilo alare ad ellisse troncata ed il nuovo cockpit Contact SLR aero a profilo piatto, che conferiscono maggiore aerodinamica, controllo e comfort nella guida della bicicletta. Le forme dei tubi sono state progettate utilizzando la fluidodinamica computazionale (CFD) e i dati della galleria del vento, per ottimizzare ogni segmento.

Per la realizzazione del telaio (disponibile in 4 misure, dalla XXS alla M) è stato usato il nuovo carbonio Advanced-Grade composite, che ha permesso di alleggerire EnviLiv 2023 di ben 205 grammi rispetto ai modelli precedenti.

Inoltre il passaggio dei cavi è completamente interno, migliorando così, oltre all’estetica, anche l’aerodinamica (alla quale concorre anche l’adozione di borracce schiacciate) e l’affidabilità del mezzo in generale.

La bici è leggera e aerodinamica (qui in colorazione Hibana). Barbieri conferma di averla usata in tutte le corse, salvo la Roubaix
La bici è leggera e aerodinamica (qui in colorazione Hibana). Barbieri conferma di averla usata in tutte le corse, salvo la Roubaix

Feeling immediato

L’entusiasmo di Rachele Barbieri nel parlarne ci ha spinto a chiamarla. L’atleta olimpica della pista sta correndo il Tour de France Femmes in maglia Liv Racing-TeqFind (le cui bici sono montate con gruppi Sram) e sta usando dall’inizio dell’anno (in gara e in allenamento) la EnviLiv 2023. Che cosa trova di così entusiasmante nella sua nuova bici?

«E’ fantastica – dice – ho subito trovato feeling con il nuovo telaio, tant’è che da quest’anno uso solo EnviLiv anche per allenarmi, mentre l’anno scorso l’alternavo con Langma: l’altro modello di casa Liv dalle geometrie più sottili, pensato per le salite».

Parlando della guidabilità e aerodinamica, cosa ci puoi raccontare? Controllo della bici in discesa, e soprattutto volate, la tua specialità…

Noi in squadra la chiamiamo Machine: hai la sensazione che quando prendi velocità, lei ti spinga ancora più veloce! Ovviamente essendo una bici pensata per velocisti risulta un po’ più rigida del modello da salita, ma sinceramente non ho mai avuto problemi.

Quindi in volata sarà super?

Per quanto riguarda le sensazioni in volata, me la sono sentita subito molto mia e questo è un grande aiuto per un velocista. Mi devo saper destreggiare in mezzo al gruppo, bisogna avere massima fiducia nel proprio mezzo, soprattutto quando aumentano le velocità, per dare il meglio delle proprie capacità nello sprint finale.

A questa rigidità concorre la porzione di telaio composta dal movimento centrale e dal fodero orizzontale, enormemente sovradimensionata. La scatola è larga 86 millimetri (nelle bici da fuoristrada la misura è di 92 millimetri). I foderi orizzontali asimmetrici forniscono inoltre ulteriore rigidità sul lato guida e stabilità sul lato opposto.

Gand-Wevelgem, ci sono i muri, ma è probabile l’arrivo in volata. EnviLiv, ruote non troppo alto e il gioco è fatto
Gand-Wevelgem, ci sono i muri, ma è probabile l’arrivo in volata. EnviLiv, ruote non troppo alto e il gioco è fatto
Recentemente hai corso al Giro d’Italia ora sei in Francia. Già in allenamento da quest’anno usi solo EnviLiv, in corsa che scelta hai fatto? Alterni i vari modelli di bicicletta per le tappe di montagna?

In corsa sempre EnviLiv. Come peso cambia pochissimo rispetto alla Langma. La EnviLiv ti porta leggerezza e reattività. Ogni minimo dettaglio fa la differenza, si cerca sempre di limare su tutto. E’ bello sapere che abbiano fatto dei telai dalle geometrie pensate appositamente per donne.

L’hai utilizzata anche per le classiche del Nord?

Al di là della Roubaix, dove per una questione di ruote ho utilizzato Langma, perché si può montare un copertone più grande, molto spesso parliamo di gare che si concludono in volata. Avere EnviLiv ti può dare un gran vantaggio in quelle circostanze. Poi alla fine per quanto riguarda le classiche del Nord, più che sul telaio te la giochi con copertoni e ruote. E anche su quel fronte, noi abbiamo Cadex, che fornisce davvero degli ottimi prodotti (il team corre con pneumatici tubeless, avendo sperimentato meno forature, minore resistenza al rotolamento e una guida più fluida e veloce, ndr).

Busatto dal Sestriere mette il mondiale nel mirino

25.07.2023
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SESTRIERE – Il sole su Sestriere cala dietro i picchi appuntiti, colorando di arancione tutto quello che incontra, mentre il vento mischia le voci e i rumori della montagna. La nazionale under 23 di Marino Amadori alloggia in un residence che si affaccia sul centro sportivo. I bambini di un camp giocano a calcio, mentre noi siamo in compagnia di Busatto, che placidamente scioglie la lingua. 

Venerdì una giornata di scarico per Busatto e compagni nel ritiro di Sestriere
Venerdì una giornata di scarico per Busatto e compagni nel ritiro di Sestriere

Due settimane di ritiro

La nazionale, guidata dal cittì Amadori, è arrivata a Sestriere il 9 luglio, e rimarrà qui fino al 6 agosto. Gli atleti si alterneranno all’interno del residence, con l’obiettivo di arrivare pronti ai prossimi impegni: mondiale e Avenir. La corsa iridata riservata agli under 23 si correrà il 12 agosto, mancano ancora tre settimane. Prima della corsa Busatto andrà in Repubblica Ceca, con la sua squadra, al Czech Tour.

«Mondiale ed Avenir – racconta Busatto – saranno gli obiettivi principali della stagione. Dovrò presentarmi lì al massimo della condizione con l’obiettivo di fare bene. Il fatto di aver avuto il modo di visionare le ultime tappe dell’Avenir è utile per capirne la durezza. Le salite sono toste ed il livello sarà altissimo».

Sabato gli azzurri sono andati a perlustrare le strade delle ultime due semitappe dell’Avenir
Sabato gli azzurri sono andati a perlustrare le strade delle ultime due semitappe dell’Avenir
Facciamo un passo indietro rispetto all’Avenir, tu sarai a Glasgow per correre il mondiale, emozionato?

E’ la prima volta che corro una corsa così importante (l’anno scorso a Wollongong Busatto è andato come riserva, ndr). Vero che l’anno scorso ho fatto gli europei in Portogallo. Ma il mondiale è un’altra cosa, altre emozioni. L’anno scorso sono andato in Australia ma non ho corso, ero pronto, sì ma non al top della condizione. Quest’anno, invece, avendo avuto la conferma di fare il mondiale con anticipo ho potuto prepararmi al meglio.

Arrivi da campione italiano e con la vittoria della Liegi, sei più sicuro dei tuoi mezzi?

Quest’anno mi sono evoluto molto, la vittoria alla Liegi U23 e quella del titolo italiano, sempre under 23, mi hanno dato tanta consapevolezza dei miei mezzi. Sicuramente so quanto valgo. 

Il percorso di Glasgow assomiglia un po’ a questi: molto selettivo. 

Forse il percorso del mondiale è meno selettivo, devo essere sincero: per il momento non ci sto pensando molto. L’ho già visto più volte su Veloviewer per capire bene cosa aspettarmi. Non ho idea di chi possano essere i miei avversari, ci saranno tante incognite, soprattutto chi ci troveremo contro nella prova under 23. Quel che più mi ha colpito del percorso sono le curve, non c’è mai un tratto di rettilineo lungo. Tante curve significa avere rilanci continui, le posizioni in gruppo saranno fondamentali. Anche la fuga è un fattore da non sottovalutare, in un percorso del genere sarà difficile fare tanta velocità. Quindi, se si lascia troppo spazio ai fuggitivi si rischia di perdere la corsa.

Tanti lavori di qualità per Busatto sulle strade di Sestriere
Tanti lavori di qualità per Busatto sulle strade di Sestriere
Chi ti aspetti possa essere favorito?

Non saprei, ci sono tanti nomi. Ci sono ragazzi che hanno avuto dei metodi di approccio diversi, chi ha già corso in gare WorldTour avrà un vantaggio. Lo si è visto l’anno scorso con la vittoria di Fedorov, uscito in grande condizione dalla Vuelta. Non tutti abbiamo l’opportunità di correre gare così importanti, questo fa la differenza.

Quando vedrai il percorso dal vivo per la prima volta?

Dovremmo partire il 9 agosto per Glasgow, nei giorni prima vedremo bene il percorso e capiremo quali potranno essere i punti salienti. 

Tornerai ad attaccare il numero in Repubblica Ceca, come ti senti?

Sarà un breve giro a tappe che correrò in funzione del mondiale, cercherò di non fare troppi fuorigiri. Chiaro, se mi sentirò bene non mi tirerò indietro, dipende come sentirò la gamba. L’obiettivo è quello di affinare la preparazione, la parte fondamentale sarà quella che dividerà la gara in Repubblica Ceca ed il mondiale. 

Quella di Glasgow sarà la seconda convocazione iridata, prima è stata quella di Wollongog vissuta però da riserva
Quella di Glasgow sarà la seconda convocazione iridata, prima è stata quella di Wollongog vissuta però da riserva
Hai già idea di come gestirai quei giorni?

Il blocco importante di lavoro è questo che stiamo facendo al Sestriere. In quella settimana penso che non farò volume, ma mi concentrerò sul migliorare il ritmo gara e dietro motore, per arrivare brillante. 

Ti abbiamo visto in questi due giorni al Sestriere come uno dei più pimpanti e rilassati, questo mese di riposo ti ha fatto bene?

Ho fatto una settimana di riposo completo dopo il campionato italiano, più per la testa che per il fisico. Una volta ripreso a pedalare non ero subito al top ma ho visto che la condizione c’è. Se stai bene di testa e rimani concentrato tutto arriva di conseguenza. 

La prima vittoria di Busatto è arrivata alla Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)
La prima vittoria di Busatto è arrivata alla Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)
Hai già indossato la maglia di campione italiano?

Non ancora. Da un lato meglio, magari vedermi spesso con quella maglia mi avrebbe fatto rilassare troppo, meglio rimanere concentrati. 

Quando sarà la prima occasione allora?

Probabilmente al Piccolo Lombardia. Da qui a fine stagione farò cinque o sei gare, ma quasi tutte con i professionisti, visto che l’anno prossimo passerò nel team WorldTour. 

Giro, Tour e adesso la Vuelta. Prosegue il viaggio di Kuss

25.07.2023
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Adesso la Vuelta. In un certo senso, al di là della sua voglia di esserci, Sepp Kuss lo stanno tirando per la manica. Da una parte Roglic, che lo aspetta dal Giro d’Italia. Dall’altra Vingegaard, cui ha cavato le castagne dal fuoco più d’una volta al Tour de France. E adesso che l’americano ha ufficializzato la sua presenza alla Vuelta al fianco dei due capitani, resta il dubbio di chi dovrà aiutare e per chi invece, chissà, preferirebbe farlo.

Quasi mezz’ora a parlare di sé: così Kuss si è concesso nel secondo giorno di riposo
Quasi mezz’ora a parlare di sé: così Kuss si è concesso nel secondo giorno di riposo

La seconda parte

Questa è la seconda parte di un’intervista fatta con Kuss nel secondo giorno di riposo del Tour. Nella prima ci ha raccontato di sé e dei suoi capitani. Dei pensieri al momento di infliggere fatica ai rivali. Del suo apporto alla Jumbo-Visma e la sua aspirazione di esserne semmai un giorno il capitano. Dovevano ancora andare in scena la crono e il giorno di Courchevel. Vingegaard si aggirava nel ristorante dell’hotel, raggiungendo a tratti la tavola del team e a tratti quella di sua moglie e sua figlia. Fra lui e Pogacar c’erano ancora 10 secondi, chissà se in cuor suo il danese era sicuro di poter scavare il solco.

«Penso che Jonas vincerà sulle montagne – diceva Kuss – non so dire però con quale distacco. Anche un secondo sarebbe abbastanza, giusto? Sì, un secondo basterebbe, ma io penso che sarà molto di più e a quel punto faremo parte della storia. Già l’anno scorso è stato super memorabile, emozionante da guardare e farne parte. Anche quest’anno è stato davvero eccitante, i percorsi sono stati ben progettati e c’è stata molta azione ogni giorno. Anche grazie ai corridori che ci sono in gara e al modo in cui stanno correndo. Forse le altre squadre non capiscono bene cosa stia succedendo, ma è bello farne parte».

Ci hai detto che vivi ad Andorra, passi molto tempo negli Stati Uniti?

Non così tanto. Soltanto un mese o due all’anno, di solito fuori stagione. In estate è difficile tornare, per cui la mia vita si svolge sempre più in Europa.

In America il ciclismo professionistico ha un suo seguito?

Penso che stia diventando uno sport di moda anche negli Stati Uniti. Conosco persone di quando ero più giovane che non sarebbero mai andate in bicicletta, mentre ora pensano che sia davvero uno sport superlativo. Puoi vestirti bene e avere una bici fantastica. E’ uno sport per la classe più istruita, che guarda il Tour. Magari non c’è una base di fan per guardare le classiche, ma il Tour sì…

L’effetto Armstrong sta diminuendo?

Penso che tanti negli Stati Uniti ritengano che siccome Armstrong si drogava, di riflesso anche tutti gli altri lo facciano ancora. Questa è la loro opinione ed è difficile cambiarla, ma io penso che sono passati parecchi anni da quello che è successo. Le persone vanno avanti, il ciclismo va avanti.

Al Tour of Utah 2018 vince tre tappe e la classifica finale: è appena arrivato alla Jumbo, ha 24 anni
Al Tour of Utah 2018 vince tre tappe e la classifica finale: è appena arrivato alla Jumbo, ha 24 anni
Lance era il tuo campione preferito?

Ero un suo fan, ma non era il mio preferito. Mi sono sempre piaciuti di più Contador, Valverde oppure Pantani, anche se lui è stato prima della mia generazione. Erano più spettacolari, mi piaceva il loro modo di correre, era emozionante da guardare.

Quali sono stati i tuoi primi ricordi guardando il Tour de France? 

Sicuramente gli anni di Armstrong, ma il ricordo più vivo è di quanto vinse Cadel Evans. All’epoca ero un ciclista di mountain bike e anche lui lo era stato. Per questo tifavo Cadel.

Tutto questo accadeva a Durango?

Sì, con la mia famiglia intorno. Guardavamo il Tour a colazione prima di uscire.

Con sua moglie ai piedi del palco del Giro in Via dei Fori Imperiali. Il ciclismo esalta i posti belli (foto Bram Berkien)
Con sua moglie ai piedi del palco del Giro in Via dei Fori Imperiali. Il ciclismo esalta i posti belli (foto Bram Berkien)
Il fatto che tu sia così forte in salita dipende dal fatto che arrivi da Durango?

Certo. Lì intorno ci sono un sacco di montagne davvero alte e soprattutto con la mountain bike si riesce ad arrivare proprio in cima. In Colorado non ci sono molte strade pianeggianti. A Durango invece è come se metà fosse davvero piatta e metà fosse veramente alta montagna. Quindi c’è un po’ di tutto.

Hai un messaggio per i fan americani?

Grazie per il supporto. Anche i miei genitori sono dall’altra parte dell’Oceano a guardare, ma posso sentire la loro energia. Ho anche letto tutti i messaggi di supporto che le persone inviano dagli Stati Uniti e penso che sia davvero bello rendermene conto.

Che tipo di messaggi?

Un signore mi ha scritto che non guardava il Tour da dieci anni, ma ora con tanti corridori americani che si fanno vedere, era davvero eccitato. Cosa dire? Sono orgoglioso di farne parte.

L’annuncio della partecipazione alla Vuelta è stato fatto sul podio finale del Tour, a margine delle feste, delle sfilate e delle passerelle. E Kuss, ancora incerottato, ha sfoggiato il suo sorriso gentile ed ha annuito. «Due settimane per riprendermi – ha detto – e poi sarò prontissimo».